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Visualizza/apri - Università Cattolica del Sacro Cuore

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solitudine <strong>del</strong>la propria memoria, il rimpianto <strong>del</strong>la felicità» 120.<br />

In queste lezioni sui sonetti petrarcheschi lo sforzo maggiore <strong>del</strong> discorso<br />

ungarettiano è diretto all’interpretazione dei testi. Non di meno il concetto di<br />

memoria rimane un fondamento <strong>del</strong>le sue letture, e la memoria è definita<br />

come quella facoltà che ci permette di avere coscienza di sé, che è attività<br />

spirituale che filtra e modifica la percezione dei ricordi, che ci permette di<br />

conservare l’intuizione di una felicità remota. Insistiamo sul fatto che la<br />

memoria, nelle lezioni universitarie, non può essere considerata, in maniera<br />

riduttiva, l’equivalente <strong>del</strong>la tradizione letteraria: l’elaborazione <strong>del</strong> docente la<br />

arricchisce di nuove accezioni e di nuove prerogative che ne dilatano àmbiti<br />

d’azione e competenze, come abbiamo visto, in particolare quando Ungaretti<br />

interpreta i testi di Jacopone. La memoria intesa come serie di soluzioni<br />

letterarie però non viene abbandonata e torna utile per interpretare alcuni<br />

autori: Manzoni è uno di questi.<br />

Se nelle letture interpretative <strong>del</strong>la poesia di Petrarca o Jacopone il concetto<br />

di memoria poteva assumere la funzione di chiave, poteva assumere<br />

connotazioni e sfumature utili a definire alcune particolarità dei testi<br />

due/trecenteschi, nell’interpretazione dei passi manzoniani questo non<br />

accade. Nell’analisi fatta sul Cinque maggio 121 Ungaretti, dopo aver espresso<br />

alcune non lievi riserve sui versi di Manzoni 122, si concentra sul distico «Tal<br />

su quell’alma il cumulo / Delle memorie scese!» che giudica un’immagine<br />

veramente solenne, [che] spazza d’un colpo d’ale d’aquila la musichetta, occupa il<br />

silenzio e il vuoto, riempie di sé il mondo, confonde l’uomo. Dunque il divino [...]<br />

non è che un’orma, non è se non quest’umanità incorporea rimasta nella mente: la<br />

120 Ivi, p. 581.<br />

121 GIUSEPPE UNGARETTI, Il cinque maggio (1937), in IDEM, Vita d’un uomo. Viaggi e lezioni, cit., p.<br />

607-617.<br />

122 Ma rimproveri veri e propri si possono leggere anche nei precedenti due articoli: Scrittura,<br />

linguaggio e lingua in Manzoni (1937) e Lingua, linguaggio e mito in Manzoni (1937), entrambi in GIUSEPPE<br />

UNGARETTI, Vita d’un uomo. Viaggi e lezioni, cit., rispettivamente alle pp. 584-593 e 594-606.<br />

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