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Visualizza/apri - Università Cattolica del Sacro Cuore

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«Quand’io son tutto vòlto...» al passato di «E m’è rimasa...» 117 perché la luce<br />

si trasformi in ricordo e quindi in memoria. È sufficiente questo piccolo<br />

accorgimento per attribuire alla parola petrarchesca quel «minimo di<br />

passato» 118 che, caricandola di memoria, la rende parola poetica. Il differente<br />

tempo verbale conferisce a quel verso anche uno statuto proprio perché<br />

manifesta quella felicità che consuma il poeta. La felicità però, nella filosofia<br />

petrarchesca, può essere intuita ma non posseduta:<br />

dunque l’uomo – è la filosofia <strong>del</strong> Petrarca – può avere intuizione <strong>del</strong>la felicità ma<br />

non mai averne il possesso – troppo superiore alle forze umane –, e può avere la<br />

memoria quindi d’una visione, d’un’intuizione <strong>del</strong>la felicità; ma non d’un possesso.<br />

Questo pensiero è reso più cocente al Petrarca, dalla convinzione che un uomo dei<br />

suoi tempi non potesse avere nemmeno intuizione <strong>del</strong>la felicità, se non come<br />

memoria. Voi sapete che per il Petrarca, per l’Umanesimo che nasceva,<br />

quest’intuizione l’avevano avuta gli Antichi; ma ora non poteva essere più offerta<br />

dalle cose presenti, ma solo dalle passate, dalle assenti. Non mai possesso <strong>del</strong>la<br />

felicità; ma solo intuizione; ed ora neppure intuizione; ma solo memoria<br />

<strong>del</strong>l’intuizione 119.<br />

In questo passaggio particolarmente pessimista, Ungaretti – contrariamente a<br />

quanto sosterrà in altre occasioni – la memoria non può farci risalire alla<br />

felicità originaria e l’uomo è condannato a non averne nemmeno il ricordo<br />

ma si deve accontentare <strong>del</strong> ricordo <strong>del</strong>l’intuizione. La teoria platonica <strong>del</strong>la<br />

reminiscenza qui fa capolino, ma l’accenno agli «Antichi» rimanda ancora a<br />

Leopardi e, forse, ai residui di teorie vichiane che si possono rinvenire nello<br />

Zibaldone; di sicura marca recanatese è invece la conclusione: se la poesia<br />

consiste in una scoperta <strong>del</strong> mondo, Petrarca l’ha scoperto come memoria, e<br />

con essa il destino <strong>del</strong>l’uomo: che è «di portare irrimediabilmente, nella<br />

117 Ivi, p. 574.<br />

118 Ivi, p. 575.<br />

119 Ivi, p. 579.<br />

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