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Visualizza/apri - Università Cattolica del Sacro Cuore

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vostro nuovo mondo. La civiltà mediterranea, in mezzo alle influenze esercitate o<br />

subite, alle reazioni provocate o provate, s’è sviluppata applicandosi a sciogliere<br />

difficoltà <strong>del</strong>l’ora, difficoltà per conseguenza legate al divenire dei mezzi e, nel<br />

medesimo atto, ad affrontare problemi d’ordine universale e i problemi <strong>del</strong>l’eterno.<br />

La nostra civiltà è dunque stata sollevata senza requie dal tragico umano, poiché<br />

nella sua idea <strong>del</strong>la persona umana, e per estensione <strong>del</strong>la natura e <strong>del</strong>l’universo, essa<br />

non s’è mai staccata dall’idea di unità. E infatti, il tragico <strong>del</strong>l’uomo, e per estensione<br />

<strong>del</strong>la natura <strong>del</strong>la società e <strong>del</strong>l’universo – essa non riesce a concepirlo se non come<br />

conseguenza d’un errore di misura. [...]<br />

Dicevamo misura. Non vi sembra che converrebbe ridare di nuovo alla parola<br />

ragione, alla grande parola ragione il suo senso semplice? E intenderla di nuovo<br />

senza sforzarne il senso, già di per sé vastissimo se essa è la facoltà che ha l’uomo di<br />

distinguere fra più cose, la migliore per bontà, per bellezza, per utilità?<br />

Dicevamo unità: e difatti la ragione non risiede in un particolare settore <strong>del</strong>l’essere,<br />

ma circola in tutto l’essere e si manifesta tanto per le vie <strong>del</strong>l’intelletto quanto per<br />

quelle <strong>del</strong> sentimento, tanto nel gusto quanto nel sogno.<br />

Vorrei dunque alla buona considerare la ragione come misura <strong>del</strong>l’essere, e dal<br />

modo ch’essa apparirà inugualmente viva e attiva nelle diverse facoltà d’un essere, e<br />

dal modo ch’essa inseguirà l’alternarsi d’eccessi e di difetti ritracciandoci l’unità<br />

d’un’epoca e d’un essere, impareremo a fare <strong>del</strong>le distinzioni molto meno<br />

superficiali di quelle <strong>del</strong>la critica romantica ancora imperante. [...]<br />

Questa è la ragione. E il mistero cos’è? Se lo sapessi non sarebbe più mistero. Esso<br />

è <strong>del</strong>la vita e <strong>del</strong>l’essere, esso è <strong>del</strong>l’eterno e <strong>del</strong> tempo. Senza mistero non ci<br />

sarebbe tragico umano, poiché questo tragico, secondo leggi che non potremo mai<br />

conoscere e che saranno sempre mistero, oppone il limite temporale alla libertà<br />

<strong>del</strong>l’essere. Ma se la ragione è misura umana, il mistero è misura divina, è assoluto.<br />

Ciò che so è che subordinando i suoi atti al mistero, l’uomo può muoversi in libertà<br />

e giustizia. È – non so – una grazia che mette in armonia sensi, pensieri, sentimenti<br />

e sogni 519.<br />

519 GIUSEPPE UNGARETTI Poesia e civiltà, in IDEM, Vita d’un uomo. Saggi e interventi, cit., pp. 305-<br />

307.<br />

210

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