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Visualizza/apri - Università Cattolica del Sacro Cuore

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Anche Vico, infatti, come Ungaretti, si pone la questione <strong>del</strong>la sacralità <strong>del</strong>la<br />

lingua, anche se si tratta solamente di descriverla (i famosi «geroglifici» e «atti<br />

muti»); Ungaretti ne è consapevole e lo dice:<br />

Il linguaggio di cui l’uomo si serve durante la sua fase terrena può contenere una<br />

rivelazione, intendo dire può oltrepassare i termini <strong>del</strong>l’esperienza storica? È un<br />

problema che Vico s’era posto elaborando la sua storia dei cicli e dei ricorsi storici,<br />

e quando dichiarava che non può conoscersi che ciò che si fa 515.<br />

Da affermazioni come questa si comprende che Ungaretti si era posta la<br />

questione di una possibile rivelazione contenuta nel linguaggio, sintomo di<br />

una innocenza umana perduta, e che tale questione è posta in stretta<br />

relazione con la riflessione vichiana, non a caso il filosofo napoletano è il<br />

primo ad essere chiamato in causa. La riflessione di Vico, va da sé, non può<br />

sostenere l’indagine di Ungaretti quando mette in relazione parola e verità 516,<br />

quando i quesiti posti giungono al tentativo di comprendere la funzione <strong>del</strong><br />

linguaggio nella definizione <strong>del</strong>la natura intima <strong>del</strong>l’individuo; altre sono le<br />

fonti cui Ungaretti attinge, certo più adeguate e sulle quali, prima di<br />

concludere, rileviamo qualche indizio.<br />

Quando Ungaretti pensa alla parola originaria, innocente, la intende sacra.<br />

L’attributo di sacralità porta con sé, in dote, verrebbe da dire, una serie di<br />

515 Il brano è ripreso da una nota che riporta uno stralcio <strong>del</strong>l’articolo Ragioni d’una poesia, lo si<br />

trova nell’apparato di note, sezione Saggi e scritti vari, curata da Mario Diacono, in GIUSEPPE<br />

UNGARETTI, Vita d’un uomo. Saggi e interventi, cit., p. 1003.<br />

516 Se la riflessione filosofica vichiana non può essere da sostegno a Ungaretti quando mette in<br />

relazione parola e verità, sarà però da segnalare l’affermazione (tra le poche dettate in prima<br />

persona): «per me la tragedia è nel trasformarsi <strong>del</strong>la parola in rivelazione: tutto il tormento<br />

<strong>del</strong>l’artista è lì […] e da questa affermazione e dimostrazione ho visto nascere la nuova poesia<br />

italiana; e sento fermamente che è poesia sulla strada <strong>del</strong>la verità»; GIUSEPPE UNGARETTI, Influenza<br />

di Vico sulle teorie estetiche d’oggi, in IDEM, Vita d’un uomo. Saggi e interventi, cit., pp. 361-362.<br />

Affermazione che conclude la capitale conferenza su Vico. Sarà appena da notare l’uso, certo non<br />

casuale, <strong>del</strong> vocabolo ‘rivelazione’, che richiama inequivocabilmente la tradizione di pensiero e di<br />

testi cristiani; che poi tali riflessioni trovino posto nella stesura di un testo su Vico, ci pare conferma<br />

<strong>del</strong>l’ipotesi che avanziamo, ossia che il progetto di ricerca di una lingua <strong>del</strong>le origini e, nel contempo,<br />

sacra secondo i dettami <strong>del</strong>la religione cristiana, è stato suggerito dalla lettura <strong>del</strong>l’opera vichiana.<br />

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