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Che il discorso su Leopardi sia anche un autocommento è confermato dalle<br />

parole finali <strong>del</strong>la lezione:<br />

Molta poesia venuta dopo di lui [Leopardi], la migliore poesia venuta dopo di lui, s’è<br />

fondata su ricerche analoghe. Ma solo la sua che, nello spavento <strong>del</strong>la bellezza,<br />

scioglieva ogni ironia e si rigenerava e tornava a farsi veramente iniziale e sacra; ma solo<br />

la sua, nel porre in contatto così intimo, straziante e prodigioso, innocenza e<br />

memoria, non era mai né strana né orrida né minimamente turbata da indecenze;<br />

ma sempre innalzata in un disegno eroico 500.<br />

Queste parole sono la conferma <strong>del</strong> tentativo «eroico» (ancora sotto il segno,<br />

anche, di Vico) di ricercare una lingua sacra 501, come anche Vico definiva la<br />

lingua <strong>del</strong>le origini; una lingua tale per cui l’aspetto originale, veramente<br />

innovativo, <strong>del</strong> quale Ungaretti si attribuisce il merito, è «il valore religioso<br />

<strong>del</strong>la parola» 502.<br />

Questa accentuazione <strong>del</strong> valore religioso <strong>del</strong>la parola che Ungaretti<br />

propone 503 non può non essere declinata in senso cristiano, come si capisce<br />

fanciulli e <strong>del</strong> popolo, e un momento degli affetti e <strong>del</strong>la malinconia: un momento omerico e un<br />

momento petrarchesco»; ivi, p. 867. È evidente che i due ‘momenti’ leopardiani, come li definisce<br />

Ungaretti, sono all’insegna di Vico: il primo è caratterizzato dalla forte immaginazione legata al<br />

sentimento dei fanciulli e <strong>del</strong> popolo; il secondo è caratterizzato, sempre secondo Ungaretti, da una<br />

rilettura in chiave sentimentale <strong>del</strong>l’autore greco, fulcro <strong>del</strong>l’indagine poetica vichiana, GIUSEPPE<br />

UNGARETTI, Idee <strong>del</strong> Leopardi intorno ad usi <strong>del</strong>la lingua, e prime indicazioni sulla metrica <strong>del</strong>le canzoni e sul<br />

rapporto col Petrarca, in IDEM, Vita d’un uomo. Viaggi e lezioni, cit., pp. (790-791).<br />

500 GIUSEPPE UNGARETTI, Rapporto con il Petrarca e introduzione al commento <strong>del</strong>l’«Angelo Mai», cit.,<br />

p. 870.<br />

501 «Il problema <strong>del</strong>la risacralizzazione <strong>del</strong> linguaggio stesso era il tema principale <strong>del</strong> suo autocommento»,<br />

MARGARET BROSE, Ungaretti e l’autocommento: La terra promessa come Harmonium, in<br />

«Critica <strong>del</strong> testo», 2001, 2, pp. 431-459; poi in Il commento e i suoi dintorni, a cura di Bianca Maria Da<br />

Rif, con una nota di Guido Capovilla, Milano, Guerini e Associati, 2002, pp. 298-322 : 309.<br />

502 «La poesia italiana odierna [la poesia di Ungaretti] forse ha accentuato, rispetto al Leopardi, il<br />

valore religioso <strong>del</strong>la parola, come le circostanze, fattesi più tragiche oggi, comandavano»; GIUSEPPE<br />

UNGARETTI, Rapporto con il Petrarca e introduzione al commento <strong>del</strong>l’«Angelo Mai», cit., p. 870 (corsivo<br />

nostro).<br />

503 Per quanto riguarda la poesia come forma di conoscenza che attinge alle origini <strong>del</strong>l’umanità,<br />

al rapporto privilegiato che l’uomo aveva con Dio, per coglierne la scintilla divina che ancora alberga<br />

in ogni individuo, si veda il passo: «dunque il primo modo di conoscere <strong>del</strong>l’uomo è la poesia: è il<br />

suo modo innato di avere nozione di ciò che nella natura permane immortale, e vedremo che sarà<br />

anche il suo supremo modo, quando l’uomo stesso avrà saputo fare in sé luce completa sino ad<br />

immedesimarsi nella poesia ed essere, per conseguita potenza morale e per possesso di chiaro<br />

intelletto, un libero uomo»: la poesia che rende libero l’uomo è la poesia che gli permette di<br />

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