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numerosi passi in cui è difficile distinguere se Ungaretti stia commentando il<br />

testo o si produca in autoesegesi) il poeta e professore dice:<br />

Leopardi [...] volendosi rappresentare il corso storico d’una civiltà al lume d’una<br />

tradizione letteraria, lo concepisce sottoposto, per potersi manifestare, al<br />

commercio coi sensi, come un qualsiasi ente fisico. [...] E, poiché si prefigge di<br />

giungere a un uso personalissimo <strong>del</strong>la propria lingua, il tormentato poeta invita se<br />

stesso a immedesimarsi nel corpo vetusto, a riviverne a una a una le epoche sino a<br />

incontrarne la fanciullezza, non per diminuirgli l’età, il che sarebbe mostruoso, anzi<br />

per averne l’intera esistenza presente e riscattarne, colla memoria <strong>del</strong>la naturalezza<br />

dei pensieri e <strong>del</strong>le immaginazioni <strong>del</strong> primo tempo, il peso degli anni sempre più<br />

grave nel progresso dei secoli. Al medesimo modo, nell’esperienza strettamente<br />

personale di ciascuno di noi, i nostri atti infantili ci tracciano nel ricordo come la<br />

linea più sincera e felice <strong>del</strong> nostro operare. Il Leopardi non era diverso dagli altri<br />

romantici, e sentiva bene che in Europa era scoppiata una lunga calamità, e che le<br />

forme in rivolgimenti tremendi si sarebbero rinnovate o sarebbero andate distrutte;<br />

ma non poteva consentire all’idea che raccogliendo le più ridicole e superstiziose<br />

opinioni e novelle solo perché popolari o facendo incetta di fole forestiere perché<br />

tali, la poesia italiana avrebbe ammassato cibo miracoloso buono a ridonarle il<br />

colorito <strong>del</strong>la gioventù, a farle ritrovare naturalezza e magari anche innocenza 492.<br />

Per Ungaretti, dunque, tornare alle origini è una necessità che inerisce alla<br />

poetica, necessaria a ridonare alla lingua quella indispensabile «giovanezza»,<br />

quell’innocenza, che la renderebbe unica. Ma c’è di più: per Vico la lingua dei<br />

primordi era «sagra» (e i primi poeti ‘teologi’), dato che sostiene che «la prima<br />

[lingua era] geroglifica ovvero per caratteri sagri» 493, affermazione poi ribadita<br />

nella Degnità XXVIII («la lingua geroglifica ovvero sagra») 494.<br />

I primi popoli, dunque, vivevano immersi in una dimensione religiosa e il<br />

492 GIUSEPPE UNGARETTI, Immagini <strong>del</strong> Leopardi e nostre, cit., p. 433.<br />

493 GIAMBATTISTA VICO, Opere, cit., p. 461.<br />

494 Ivi, p. 506. A cui si può aggiungere che «prima tra loro [nazioni gentili] nacque la poesia<br />

divina: dopo, l’eroica»; ivi, p. 512 (Degnità XLIV)<br />

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