Visualizza/apri - Università Cattolica del Sacro Cuore
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legata al pensiero, simultanea al pensiero, autorità <strong>del</strong> pensiero, può conservare la<br />
rivelazione <strong>del</strong>le origini, e accumulare in sé, nello sviluppo e nell’arricchimento <strong>del</strong> suo<br />
significato, la profondità <strong>del</strong>l’uomo, la storia 480.<br />
La legittimità <strong>del</strong>la lettura ungarettiana è confortata dalle affermazioni,<br />
successive di qualche decennio, di Pagliaro, secondo il quale già nel De<br />
constantia iurisprudentis 481 Vico «qualifica la poesia in base al linguaggio, in cui<br />
essa si dispiega. Si tratta di un particolare linguaggio, per attuare il quale è<br />
indispensabile abbandonare la lingua comune fatta di valori saputi, e così<br />
riprendere direttamente il contatto con il reale, in modo che il mondo<br />
affettivo e fantastico, che si crea in tale rinnovata infanzia <strong>del</strong>lo spirito, si<br />
esprima con la raccolta potenza espressiva di segni, nei quali si rifletta la<br />
vivezza <strong>del</strong>l’ontologia. È questa la nuova poetica che il Vico avanza, in base ai<br />
suoi nuovi princìpi; non si può non riconoscere in essa una veracità<br />
essenziale, che la pone nella luce di una sorprendente modernità» 482.<br />
È dunque nel particolare linguaggio (poetico) dei primi uomini che è<br />
possibile riprendere il contatto con «il reale» ed è nella potenza espressiva dei<br />
segni che si può dispiegare la «vivezza <strong>del</strong>l’ontologia»; ma riprendere contatto<br />
con «il reale», come dice Pagliaro, o riavvicinarsi alla natura, come dice<br />
Ungaretti, non ha solo l’effetto di ringiovanire formalmente la lingua, ma ha<br />
la pretesa, nella lettura di Ungaretti, di recuperare l’istanza morale insita nel<br />
linguaggio. Il ritorno alle origini <strong>del</strong> linguaggio significa anche recuperare<br />
l’innocenza <strong>del</strong>lo sguardo <strong>del</strong>l’artista, un’innocenza che non può non avere<br />
risvolti morali, anzi: religiosi. La poesia, per come la intende Ungaretti, ha<br />
una funzione religiosa: di metterci in contatto col divino, come dice fin da<br />
Barbe finte:<br />
480 GIUSEPPE UNGARETTI, Lingua, linguaggio e mito in Manzoni, in IDEM, Vita d’un uomo. Viaggi e<br />
lezioni, cit., p. 601 (corsivi nostri).<br />
481 «con il quale si può considerare già nata la ‘scienza nuova’ [...] non per nulla il capitolo<br />
primo» <strong>del</strong>la seconda parte, intitolata De constantia philologiae, «porta il titolo Nova scientia tentatur»;<br />
ANTONIO PAGLIARO, Lingua e poesia in G. B. Vico, in IDEM, Altri saggi di critica semantica, cit., p. 345.<br />
482 Ivi, p. 350.<br />
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