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Visualizza/apri - Università Cattolica del Sacro Cuore

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un processo che riguarda il linguaggio ma anche l’uomo.<br />

Quando Ungaretti, in molti interventi, cita la questione <strong>del</strong>la lingua<br />

nell’Ottocento, affrontata sia da Manzoni che da Leopardi, propone<br />

quest’ultimo come colui che meglio di chiunque altro avrebbe avvertito<br />

l’esigenza di un ringiovanimento <strong>del</strong>la lingua, da effettuarsi grazie ad un<br />

confronto serrato con la tradizione; in tutti questi interventi la lingua, per<br />

rigenerarsi, deve essere ricondotta alle origini, deve ricorrere ai mo<strong>del</strong>li<br />

originari, deve confrontarsi con i grandi mo<strong>del</strong>li <strong>del</strong>la tradizione, deve<br />

rinnovarsi attingendo alle origini. Questa idea di un’origine che conserva il<br />

proprio significato, in cui è iscritto il senso <strong>del</strong>le cose, che determina come le<br />

cose saranno è, anche, vichiana 473; certamente Ungaretti la rinviene nel De<br />

antiquissima, in quanto opera che prelude alla Scienza Nuova, un’opera che il<br />

poeta e professore presenta ai suoi studenti con queste parole:<br />

Il libro è <strong>del</strong> 1710. Dall’etimologia di alcune voci latine, considerate pregne di senso<br />

filosofico, il Vico si propone, in quest’opera, di rintracciare le dottrine d’un’antica<br />

scuola filosofica italiana, molto più antica di Pitagora, rispetto alla quale la filosofia<br />

di Pitagora non sarebbe che un’eco tarda e fievole. Ecco affermarsi il pensiero <strong>del</strong>le<br />

origini, e l’idea che solo la parola, inscindibilmente legata al pensiero, simultanea al<br />

pensiero, autorità <strong>del</strong> pensiero, può conservare la rivelazione <strong>del</strong>le origini, e<br />

accumulare in sé, nello sviluppo e nell’arricchimento <strong>del</strong> suo significato, la<br />

profondità <strong>del</strong>l’uomo, la storia. Come da questo primo saggio, il Vico giunga alla<br />

sua teoria sull’origine <strong>del</strong> linguaggio considerato come un prodotto iniziale <strong>del</strong><br />

sentimento e <strong>del</strong>la fantasia, come giunga ai Principî d’una scienza nuova, pubblicati sul<br />

finire <strong>del</strong> 1725, sarebbe argomento che ci allontanerebbe di troppo da quello che ci<br />

siamo prefissi di svolgere 474.<br />

473 «L’atto <strong>del</strong> cominciare costituisce sempre un’operazione rischiosa e traumatica, in quanto si<br />

realizza sull’orlo <strong>del</strong> nulla e <strong>del</strong> caos, proprio mentre si abbandonano luoghi e tempi familiari e<br />

rassicuranti. D’altra parte la risalita all’istante unico e irripetibile <strong>del</strong>l’esordio, all’attimo che, preso<br />

come primo caposaldo di riferimento, genera la coscienza <strong>del</strong>la diversità, consente l’individuazione di<br />

un vortice generatore di tutto il successivo flusso <strong>del</strong> divenire»: ANDREA BATTISTINI, Introduzione a<br />

GIAMBATTISTA VICO, Opere, cit., p. XI.<br />

474 GIUSEPPE UNGARETTI, Lingua, linguaggio e mito in Manzoni, in IDEM, Vita d’un uomo. Viaggi e<br />

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