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Vocaboli come ‘semplicità’, ‘favolosa’, ‘ingenuità’, ‘popolare’, ‘naturale’, che nello Zibaldone assumono il ruolo di valori estetici cui tendere e quindi, in un certo senso, esterni all’opera e che l’opera dovrebbe incarnare, nella Scienza Nuova assumono l’ufficio ben più rilevante di componenti che determinano la natura dell’oggetto – la lingua –, caratteristiche determinanti il fenomeno, ruolo che nello Zibaldone non hanno. Come Vico, anche Ungaretti è un letterato che cerca le origini; questo atteggiamento di fondo emerge anche nello studio: la rilettura di Agostino è funzionale alla migliore comprensione della poesia petrarchesca, così la riscoperta di Vico, che è funzionale all’investigazione della poetica di Leopardi. Una volta identificata una delle fonti dell’estetica del suo maestro ottocentesco, non importa se mediata o meno da Rousseau e dagli ideologues francesi, Ungaretti attingerà direttamente a quella. Abbiamo rilevato, però, che l’innocenza non è solo un attributo della poesia o dell’arte che abbia una validità estetica o formale; essa ha anche forti implicazioni etiche e morali; connotati che vanno ben al di là delle implicazioni estetiche che abbiamo appena segnalato. L’innocenza è anche caratteristica imprescindibile della lingua delle origini, la quale è lingua sacra, tanto per Ungaretti quanto per il suo ispiratore Vico. Ecco un altro punto sul quale andrà registrata una forte convergenza tra i due autori. Per mettere a fuoco la questione, però, è necessario fare un passo indietro e provare a riconsiderarla. L’istante primordiale in quanto evento che genera, è l’istante di massima vicinanza alla natura, lo stadio di maggiore prossimità con la forza che tutto crea; tendervi significa tentare di riconquistare la «gioventù», fatta di slancio, di spontaneità e di libertà che animava i primi uomini e che è andata perduta; in un processo evolutivo che va da un punto di massima positività, l’origine appunto, ad un punto di massima negatività, che coincide con i tempi coevi, 190
un processo che riguarda il linguaggio ma anche l’uomo. Quando Ungaretti, in molti interventi, cita la questione della lingua nell’Ottocento, affrontata sia da Manzoni che da Leopardi, propone quest’ultimo come colui che meglio di chiunque altro avrebbe avvertito l’esigenza di un ringiovanimento della lingua, da effettuarsi grazie ad un confronto serrato con la tradizione; in tutti questi interventi la lingua, per rigenerarsi, deve essere ricondotta alle origini, deve ricorrere ai modelli originari, deve confrontarsi con i grandi modelli della tradizione, deve rinnovarsi attingendo alle origini. Questa idea di un’origine che conserva il proprio significato, in cui è iscritto il senso delle cose, che determina come le cose saranno è, anche, vichiana 473; certamente Ungaretti la rinviene nel De antiquissima, in quanto opera che prelude alla Scienza Nuova, un’opera che il poeta e professore presenta ai suoi studenti con queste parole: Il libro è del 1710. Dall’etimologia di alcune voci latine, considerate pregne di senso filosofico, il Vico si propone, in quest’opera, di rintracciare le dottrine d’un’antica scuola filosofica italiana, molto più antica di Pitagora, rispetto alla quale la filosofia di Pitagora non sarebbe che un’eco tarda e fievole. Ecco affermarsi il pensiero delle origini, e l’idea che solo la parola, inscindibilmente legata al pensiero, simultanea al pensiero, autorità del pensiero, può conservare la rivelazione delle origini, e accumulare in sé, nello sviluppo e nell’arricchimento del suo significato, la profondità dell’uomo, la storia. Come da questo primo saggio, il Vico giunga alla sua teoria sull’origine del linguaggio considerato come un prodotto iniziale del sentimento e della fantasia, come giunga ai Principî d’una scienza nuova, pubblicati sul finire del 1725, sarebbe argomento che ci allontanerebbe di troppo da quello che ci siamo prefissi di svolgere 474. 473 «L’atto del cominciare costituisce sempre un’operazione rischiosa e traumatica, in quanto si realizza sull’orlo del nulla e del caos, proprio mentre si abbandonano luoghi e tempi familiari e rassicuranti. D’altra parte la risalita all’istante unico e irripetibile dell’esordio, all’attimo che, preso come primo caposaldo di riferimento, genera la coscienza della diversità, consente l’individuazione di un vortice generatore di tutto il successivo flusso del divenire»: ANDREA BATTISTINI, Introduzione a GIAMBATTISTA VICO, Opere, cit., p. XI. 474 GIUSEPPE UNGARETTI, Lingua, linguaggio e mito in Manzoni, in IDEM, Vita d’un uomo. Viaggi e 191
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Vocaboli come ‘semplicità’, ‘favolosa’, ‘ingenuità’, ‘popolare’, ‘naturale’, che<br />
nello Zibaldone assumono il ruolo di valori estetici cui tendere e quindi, in un<br />
certo senso, esterni all’opera e che l’opera dovrebbe incarnare, nella Scienza<br />
Nuova assumono l’ufficio ben più rilevante di componenti che determinano la<br />
natura <strong>del</strong>l’oggetto – la lingua –, caratteristiche determinanti il fenomeno,<br />
ruolo che nello Zibaldone non hanno. Come Vico, anche Ungaretti è un<br />
letterato che cerca le origini; questo atteggiamento di fondo emerge anche<br />
nello studio: la rilettura di Agostino è funzionale alla migliore comprensione<br />
<strong>del</strong>la poesia petrarchesca, così la riscoperta di Vico, che è funzionale<br />
all’investigazione <strong>del</strong>la poetica di Leopardi. Una volta identificata una <strong>del</strong>le<br />
fonti <strong>del</strong>l’estetica <strong>del</strong> suo maestro ottocentesco, non importa se mediata o<br />
meno da Rousseau e dagli ideologues francesi, Ungaretti attingerà direttamente<br />
a quella.<br />
Abbiamo rilevato, però, che l’innocenza non è solo un attributo <strong>del</strong>la poesia<br />
o <strong>del</strong>l’arte che abbia una validità estetica o formale; essa ha anche forti<br />
implicazioni etiche e morali; connotati che vanno ben al di là <strong>del</strong>le<br />
implicazioni estetiche che abbiamo appena segnalato. L’innocenza è anche<br />
caratteristica imprescindibile <strong>del</strong>la lingua <strong>del</strong>le origini, la quale è lingua sacra,<br />
tanto per Ungaretti quanto per il suo ispiratore Vico. Ecco un altro punto sul<br />
quale andrà registrata una forte convergenza tra i due autori. Per mettere a<br />
fuoco la questione, però, è necessario fare un passo indietro e provare a<br />
riconsiderarla.<br />
L’istante primordiale in quanto evento che genera, è l’istante di massima<br />
vicinanza alla natura, lo stadio di maggiore prossimità con la forza che tutto<br />
crea; tendervi significa tentare di riconquistare la «gioventù», fatta di slancio,<br />
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