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significante e significato, si fa come ‘fatto’, cioè come verità» 436. L’uso<br />

<strong>del</strong>l’etimologia è, per Vico, una garanzia di ricerca <strong>del</strong>la verità intorno alle<br />

origini dei primi uomini, non solo perché tutte le lingue sono governate<br />

dall’«universal principio d’etimologia» secondo cui «i vocaboli sono<br />

trasportati [traslati] da’ corpi e dalle proprietà de’ corpi a significare le cose<br />

<strong>del</strong>la mente e <strong>del</strong>l’animo» 437, ma soprattutto perché «l’etimologie <strong>del</strong>le lingue<br />

natie, [...] ne narrano le storie <strong>del</strong>le cose ch’esse voci significano,<br />

incominciando dalla propietà <strong>del</strong>le lor origini e prosieguendone i naturali<br />

progressi de’ lor trasporti secondo l’ordine <strong>del</strong>l’idee, sul quale dee procedere<br />

la storia <strong>del</strong>le lingue» 438.<br />

Il tema <strong>del</strong>le origini è certamente un tema vichiano, forse si potrebbe<br />

azzardare che sia il tema vichiano per eccellenza 439. Ma torniamo ad<br />

436 ANTONIO PAGLIARO, Lingua e poesia in G. B. Vico, in IDEM, Altri saggi di critica semantica,<br />

Firenze-Messina, Casa Editrice G. D’Anna, 1961, p. 330; il quale aggiunge: «Nel De constantia è<br />

documentato lo sforzo diretto e persistente, con cui il Vico si impegna a chiarire il valore conoscitivo<br />

che si annida nella lingua, in rapporto al processo genetico, con cui essa si forma. Egli ha qui<br />

chiaramente ed espressamente assunto la speculazione linguistica come la via più adatta per<br />

conseguire una effettiva scienza <strong>del</strong>l’uomo nel suo essere e divenire. Infatti, dalla natura,<br />

essenzialmente poetica <strong>del</strong> linguaggio dei primordi, egli deduce l’esistenza di un mondo umano, tutto<br />

“poetico”, cioè dominato da quei fattori che danno origine e forma alla creazione poetica.<br />

Nell’ambito <strong>del</strong>la speculazione propriamente linguistica, si dovrà riconoscere al Vico il merito di aver<br />

affrontato il problema <strong>del</strong>l’origine <strong>del</strong>le lingue, nel modo più razionale, proiettando, cioè, in una fase<br />

primaria, anteriore alla nascita <strong>del</strong> segno come nesso indissolubile di un significante e di un<br />

significato, i medesimi fattori, per dir così, extrafunzionali al segno o al sistema, che operano nel<br />

momento soggettivo»; ivi, p. 357. Anche Di Cesare sostiene, in accordo con Pagliaro, che: «e in<br />

effetti dove, se non nel linguaggio, Vico avrebbe potuto cogliere quella connessione indissolubile <strong>del</strong><br />

soggetto con l’oggetto <strong>del</strong>la conoscenza che egli, insoddisfatto come Leibniz <strong>del</strong>l’idea chiara e<br />

distinta di Cartesio, eleggeva a nuovo criterio di verità?»; DONATELLA DI CESARE, Sul concetto di<br />

metafora in G. B. Vico, «Bollettino <strong>del</strong> Centro di Studi Vichiani», XVI (1986), p. 326; concetto ribadito<br />

con più forza, dalla stessa autrice, con queste parole: in Vico, «superata la concezione strumentale<br />

che caratterizza nel complesso la tradizione filosofica precedente, il linguaggio viene esaminato non<br />

in relazione ad altro ma in sé e per sé. Il linguaggio non è lo strumento più o meno adeguato ad<br />

esprimere una verità separata o esterna ad esso; piuttosto esso contiene la propria verità, verità che è<br />

non una sapienza riposta, ma una prima esperienza umana <strong>del</strong> reale»; DONATELLA DI CESARE,<br />

Parola, lògos, dabar, cit., p. 258 (ma si veda anche p. 263).<br />

437 GIAMBATTISTA VICO, Opere, cit., p. 518-519.<br />

438 Ivi, p. 554.<br />

439 Come ultimo tassello di un discorso che forse si è protratto troppo a lungo, segnaliamo<br />

alcune affermazioni di un commentatore avvertito come Battistini il quale, nel suo nel suo La<br />

sapienza retorica di Giambattista Vico, insiste a più riprese sul motivo <strong>del</strong>le origini: la scienza di Vico è<br />

una «antropologia <strong>del</strong>le origini» (p. 71); Vico è il «filosofo <strong>del</strong>l’alba» (p. 77 e 80, riprendendo una<br />

definizione di Giuseppe Capograssi); il libro II <strong>del</strong>la Scienza Nuova «ricerca le origini <strong>del</strong>l’umanità» (p.<br />

100); «Vico [...] cerca e crede di trovare la coesione <strong>del</strong>la cultura retrocedendo fino all’istante unico<br />

<strong>del</strong>le origini, all’attimo comune a tutta l’umanità, al confine remotissimo ma semplificato che separa<br />

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