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come fa Vico, dalla metà degli anni Trenta in poi compare frequentemente<br />
negli scritti ungarettiani. In Riflessioni sulla letteratura (anch’esso <strong>del</strong> 1935)<br />
Ungaretti parla <strong>del</strong>la propria esperienza artistica e <strong>del</strong>la ricerca <strong>del</strong> canto <strong>del</strong>la<br />
poesia italiana attraverso la lettura dei grandi poeti <strong>del</strong>la tradizione, in questo<br />
scritto sostiene che l’artista può richiedere alla «memoria un intervento<br />
chiarificatore. Le cose, a questo solo patto muovono la nostra fantasia» 389.<br />
Memoria e fantasia sono quindi strettamente correlate, nel senso che solo a<br />
patto che sia intervenuta la prima la seconda può, a sua volta, agire sui<br />
contenuti <strong>del</strong>la mente. Anche Vico aveva detto qualcosa di molto simile: tra<br />
memoria e fantasia (e ingegno) c’è una forte interdipendenza; un rapporto,<br />
chiosiamo noi, che ricorda la sudditanza: la memoria intesa come facoltà<br />
<strong>del</strong>la mente può essere declinata come memoria vera e propria, ma anche<br />
come fantasia (o ingegno); in ogni caso non si dà la seconda (e la terza) se<br />
non si è data la prima.<br />
In Poesia e civiltà (testo <strong>del</strong> 1933 ripreso nel 1936) il rapporto di contiguità e<br />
complicità fra memoria e fantasia è ribadito ed, anzi, sembra essere<br />
riproposto proprio nei termini di Vico. Ungaretti afferma: «l’Umanesimo e la<br />
Rinascenza avevano stabilito il loro campo d’avventure nell’Antichità.<br />
Avevano dunque indotto la fantasia a dipendere dalla memoria» 390 e poche<br />
pagine dopo, riprendendo il discorso sull’arte nel sedicesimo secolo, sostiene<br />
che «l’Umanista [...] trovava nell’identità tra memoria e fantasia, quell’eccesso<br />
di fantasia che gli permetteva di ricongiungere gli spezzati mo<strong>del</strong>li in una<br />
forma nuova» 391. In queste affermazioni ci sembra evidente l’influenza <strong>del</strong>la<br />
ordini d’intorno alle faccende degli uomini, che non ne hanno punti, linee, superfici e figure»,<br />
GIAMBATTISTA VICO, Opere, cit., p. 552; da cui si evince che Vico attribuisce alla propria Scienza la<br />
capacità descrittiva <strong>del</strong>la geometria ma non l’astrattezza; anche Ungaretti ha sempre insistito sul<br />
coinvolgimento <strong>del</strong>l’artista, e <strong>del</strong>la poesia che egli esprime, con la vita, con la realtà, anche se in<br />
questo passo l’espressione «forza geometrica» sembra voler significare ‘forza interna’ o ‘intrinseca’ o<br />
‘interiore’, comunque generata dall’arte.<br />
389 GIUSEPPE UNGARETTI, Riflessioni sulla letteratura, in IDEM, Vita d’un uomo. Saggi e interventi, cit.,<br />
p. 275.<br />
390 GIUSEPPE UNGARETTI Poesia e civiltà (1933-1936), in IDEM, Vita d’un uomo. Saggi e interventi,<br />
cit., pp. 312.<br />
391 Ivi, p. 317.<br />
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