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migliore umanità deve fondarsi sulle arti, sull’erudizione <strong>del</strong>le lingue e <strong>del</strong>le istorie,<br />

sulle invenzioni e sulla prudenza 373.<br />

La citazione ci suggerisce che l’ammirazione di Ungaretti andava oltre le<br />

teorie <strong>del</strong> filosofo per abbracciare anche i valori <strong>del</strong>l’uomo 374; suggerisce<br />

inoltre che la memoria è intesa dal poeta come una <strong>del</strong>le facoltà<br />

fondamentali, insieme alla fantasia e all’ingegno – esattamente come<br />

proponeva Vico – per la formazione culturale <strong>del</strong>l’individuo. Anche in altri<br />

punti <strong>del</strong>la Scienza Nuova, il filosofo fa riferimenti espliciti alla memoria, per<br />

esempio dove sostiene che<br />

Ne’ fanciulli è vigorosissima la memoria, quindi vivida all’eccesso la fantasia,<br />

ch’altro non è che memoria o dilatata o composta.<br />

Questa degnità è ’l principio <strong>del</strong>l’evidenza <strong>del</strong>l’immagini poetiche che dovette<br />

formare il primo mondo fanciullo 375.<br />

373 GIUSEPPE UNGARETTI, Posizione storica e grandezza di Giambattista Vico (1937), in IDEM, Vita<br />

d’un uomo. Viaggi e lezioni, cit., pp. 684. Il passo a cui si riferisce Ungaretti è, probabilmente, quello<br />

<strong>del</strong>la Degnità XXI in cui Vico, dopo aver proposto un parallelo fra la storia culturale greca e quella<br />

francese (entrambe, a suo dire, «essendo ancor cruda la lor barbarie, [...] passarono immediatamente<br />

ad una somma dilicatezza, e nello stesso tempo serbaronv’intiere le loro storie favolose così divine<br />

com’eroiche»), aggiunge: «E, per tal immaturo passaggio dalla barbarie alle scienze più sottili, la<br />

francese restonne una lingua dilicatissima, talché, di tutte le viventi, sembra aver restituito a’ nostri<br />

tempi l’atticismo de’ greci e più c’ogni altra è buona a ragionar <strong>del</strong>le scienze, come la greca; e come<br />

a’ greci così a’ francesi restarono tanti dittonghi, che sono propi di lingua barbara, dura ancor e<br />

difficile a comporre le consonanti con le vocali. In confermazione di ciò ch’abbiamo detto di tutte e<br />

due queste lingue, aggiugniamo l’osservazione che tuttavia si può fare ne’ giovani, i quali, nell’età<br />

nella qual è robusta la memoria, vivida la fantasia e focoso l’ingegno – ch’eserciterebbero con frutto<br />

lo studio <strong>del</strong>le lingue e <strong>del</strong>la geometria lineare, senza domare con tali esercizi cotal acerbezza di<br />

menti contratta dal corpo, che si potrebbe dire la barbarie degl’intelletti, – passando ancor crudi agli<br />

studi troppo assottigliati di critica metafisica e d’algebra, divengono per tutta la vita affilatissimi nella<br />

loro maniera di pensare e si rendono inabili ad ogni grande lavoro»; GIAMBATTISTA VICO, Opere, cit.,<br />

pp. 501-502. Si noterà che Ungaretti elenca quattro facoltà da sviluppare nei giovani: fantasia,<br />

memoria, ingegno e intendimento mentre Vico cita solo le prime tre; è facile però riconoscere<br />

l’«intendimento» citato da Ungaretti in quel «divengono per tutta la vita affilatissimi nella loro<br />

maniera di pensare» <strong>del</strong>l’ultima frase vichiana. Rileviamo anche, qui per la prima volta ma ne<br />

riparleremo a breve, la prima spia <strong>del</strong> legame che, secondo Vico, unisce memoria, fantasia e ingegno,<br />

da Ungaretti puntualmente rilevato.<br />

374 «Non ho scelto dunque a caso, per queste due lezioni inaugurali, l’opera di Giambattista<br />

Vico. Non è tanto la grandezza <strong>del</strong> suo nome che mi ha persuaso quanto il valore esemplare <strong>del</strong> suo<br />

insegnamento»; GIUSEPPE UNGARETTI, Posizione storica e grandezza di Giambattista Vico (1937), in<br />

IDEM, Vita d’un uomo. Viaggi e lezioni, cit., p. 683.<br />

375 GIAMBATTISTA VICO, Opere, cit., p. 514.<br />

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