Visualizza/apri - Università Cattolica del Sacro Cuore
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sorpresa o di timore, i primi uomini si rivolgevano alle altre creature o piante<br />
con intenzione comunicativa; la meraviglia era un’esperienza quotidiana; da<br />
essa e dalla fantasia che ci governavano e dalle emozioni che connotavano la<br />
nostra vita sarebbe potuta nascere una quantità di poesia. Tutti i punti che<br />
abbiamo qui rapidamente richiamato rimandano alle teorie di Vico,<br />
indipendentemente da dove Leopardi li abbia attinti. Ungaretti dimostra di<br />
conoscere bene questo brano, tanto che lo riutilizza nella lezione intitolata<br />
Rapporto con il Petrarca e introduzione al commento <strong>del</strong>l’«Angelo Mai» 362.<br />
Anche in pagine successive <strong>del</strong> Discorso leopardiano non mancano altri<br />
richiami alle teorie vichiane; eccone un esempio che riguarda la fantasia<br />
rapportata alle età <strong>del</strong>l’individuo:<br />
ed il vero conosciuto ed il certo hanno per natura di togliere la libertà d’imaginare.<br />
E se il fatto stesse come vogliono i romantici, il confine <strong>del</strong>l’immaginazione sarebbe<br />
ristrettissimo ne’ fanciulli, e s’allargherebbe a proporzione che l’intelletto venisse<br />
acquistando; ma per lo contrario avviene ch’egli ne’ putti sia distesissimo, negli<br />
adulti mezzano, ne’ vecchi brevissimo. Laonde, come vediamo chiarissimamente in<br />
ciascuno di noi che il regno <strong>del</strong>la fantasia da principio è smisurato, poi tanto si va<br />
restringendo quanto guadagna quello <strong>del</strong>l’intelletto, e finalmente si riduce quasi a<br />
nulla, così né più né meno è accaduto nel mondo; e la fantasia che ne’ primi uomini<br />
andava liberamente vagando per immensi paesi, a poco a poco dilatandosi l’imperio<br />
<strong>del</strong>l’intelletto, vale a dire crescendo la pratica e il sapere, fugata e scacciata dalle sue<br />
terre antiche, e sempre incalzata e spinta, alla fine s’è veduta, come ora si vede,<br />
stipata e imprigionata e pressoch’immobile 363.<br />
Anche in questo passo sono evidenti alcuni riflessi vichiani: il paragone tra le<br />
età <strong>del</strong>l’individuo e quelle <strong>del</strong>la società; la convinzione espressa che nei<br />
362 Ungaretti fa precedere la citazione da un altro passo: «“Non può essere” aveva dettato<br />
[Leopardi] “che la natura incorrotta, che il primitivo, che la candida semplicità, che la lezione de’<br />
poeti antichi non v’abbia inebbriato mille volte di squisitissimo diletto”», ove la «candida semplicità»<br />
richiama in modo evidente l’innocenza ungarettiana; GIUSEPPE UNGARETTI, Rapporto con il Petrarca e<br />
introduzione al commento <strong>del</strong>l’«Angelo Mai», cit., p. 856-857.<br />
363 GIACOMO LEOPARDI, Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica, cit., pp. 362-363.<br />
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