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20.06.2013 Views

slancio verso il Bene; Ungaretti, però, pur avvertendo la potenza dell’eros «non può ritenerla decisiva per ricomporre l’antinomia effimero-eterno» 285, troppo grandi le differenze culturali che lo distanziano dalla Grecia classica. Il mito della memoria-anamnesi è anche uno dei motivi ispiratori della Canzone di Ungaretti: infatti, quando il poeta commenta se stesso, trova frasi molto simili al pensiero platonico esposto nel X libro della Repubblica. Se nell’autocommento il poeta fa un esplicito riferimento a «impalpabili muri» che rendono impossibile la riconciliazione di «effimero» ed «eterno» nella lirica ritorna il termine «echi»: entrambi gli indizi possono essere facilmente ricondotti al libro VII della Repubblica e alla celebre narrazione della caverna. La studiosa conclude che «Platone è [...] presente al fondo della poesia ungarettiana», il cui platonismo è «se si vuole, rivissuto alla luce dell’esperienza agostiniana e petrarchesca», ma inequivocabile 286. Questi due articoli sono i soli, a quanto ci è dato sapere, che affrontano esplicitamente il nodo Ungaretti-Platone; proviamo a radunare altri cenni più o meno recenti. Guglielmi, per esempio, afferma che «Ungaretti enuncia un programma ontologico di poetica, fa della poetica un’ermeneutica» 287 quindi conduce un confronto con alcuni sviluppi della filosofia di Benjamin, e mette in evidenza alcune analogie tra i due autori: essere partiti da posizioni di avanguardia, aver proposto «la riscoperta del barocco come mondo lacerato da antinomie» 288 e, meno ovvia, l’analogia che riguarda «il tipo di platonismo che sta alla base delle due poetiche: un platonismo che vuole “salvare i fenomeni” – la carne dei fenomeni –, e vuole salvarli nell’immanenza: un platonismo, cioè, «teso e drammatico» 289. Un altro cenno si trova nello studio di Rosario Gennaro: a conclusione del capitolo dedicato all’influenza del pensiero di Bergson su Ungaretti, lo studioso sostiene che c’è «una forte 285 Ivi, p. 1253. 286 Ivi, p. 1255. 287 GUIDO GUGLIELMI, «Innocenza e memoria», in IDEM, Interpretazione di Ungaretti, Bologna, Il Mulino, 1989, pp. 123-156 : 136. 288 Ivi, p. 137. 289 ivi, pp. 137-138. 114

divaricazione» 290 fra la poetica dei due autori, poiché il poeta, soprattutto nella fase matura della sua parabola, preferirebbe seguire Platone. Riprendiamo il nostro discorso notando che, nella lezione intitolata Manzoni e Platone, il ricorso di Ungaretti a Platone è esplicito; il poeta indica il Gorgia come strumento che «potrebbe servire, con un’esattezza impressionante, di commento ai Promessi Sposi» e chiosa l’idea di giustizia manzoniana con queste parole: D. Dunque il Manzoni s’immagina una città dei giusti? R. Certo, se l’immaginava, come ogni moralista, a incominciare dall’autore della Repubblica. Ed è tutto teso verso la riconquista del mondo soprannaturale perduto, di cui però abbiamo reminescenza, reminescenza che egli cerca, coll’umorismo e con cento altre risorse dell’arte, di rappresentarci ironicamente, attraverso le ridicole imperfezioni di noi peccatori. La perfezione concepibile da un uomo, va, come già c’insegnava Platone, sino al punto dove il velo della reminescenza ci divide dalla realtà. La Provvidenza, il mistero del divino del Manzoni, sono in questo velo, il quale all’uomo in questo mondo non permetterà mai di partecipare alla realtà, ma solo d’imitarla. Dunque, secondo il Manzoni, la realtà è cosa soprannaturale, e le cose di quaggiù, operate dall’uomo, non sono se non illusione e vanità, frutti della sua ridicola superbia; e quel poco di buono che fa non è se non imitazione 291. Ciò che importa qui sottolineare è, al di là della personale interpretazione dell’ideologia manzoniana 292, il reimpiego in sede critica della teoria della reminescenza platonica; un accorgimento che Ungaretti utilizza anche in 290 ROSARIO GENNARO, Bergson e i miraggi della durata, in IDEM, Le patrie della poesia. Ungaretti, Bergson e altri saggi, Fiesole, Cadmo, 2004, pp. 127-128. 291 GIUSEPPE UNGARETTI, Manzoni e Platone, in IDEM, Vita d’un uomo. Viaggi e lezioni, cit., pp. 636-645 : 644. 292 Così Montefoschi nelle note accluse: «Non solo [...] il poeta inserisce il riluttante Manzoni nell’amata linea platonico-petrarchesca, ma piega il dialogo antico alle ragioni distanti, seppure non in contraddizione, della morale cattolica»; PAOLA MONTEFOSCHI, Note e notizie sui testi, in GIUSEPPE UNGARETTI, Vita d’un uomo. Viaggi e lezioni, cit., p. 1435. 115

slancio verso il Bene; Ungaretti, però, pur avvertendo la potenza <strong>del</strong>l’eros<br />

«non può ritenerla decisiva per ricomporre l’antinomia effimero-eterno» 285,<br />

troppo grandi le differenze culturali che lo distanziano dalla Grecia classica. Il<br />

mito <strong>del</strong>la memoria-anamnesi è anche uno dei motivi ispiratori <strong>del</strong>la Canzone<br />

di Ungaretti: infatti, quando il poeta commenta se stesso, trova frasi molto<br />

simili al pensiero platonico esposto nel X libro <strong>del</strong>la Repubblica. Se<br />

nell’autocommento il poeta fa un esplicito riferimento a «impalpabili muri»<br />

che rendono impossibile la riconciliazione di «effimero» ed «eterno» nella<br />

lirica ritorna il termine «echi»: entrambi gli indizi possono essere facilmente<br />

ricondotti al libro VII <strong>del</strong>la Repubblica e alla celebre narrazione <strong>del</strong>la caverna.<br />

La studiosa conclude che «Platone è [...] presente al fondo <strong>del</strong>la poesia<br />

ungarettiana», il cui platonismo è «se si vuole, rivissuto alla luce<br />

<strong>del</strong>l’esperienza agostiniana e petrarchesca», ma inequivocabile 286.<br />

Questi due articoli sono i soli, a quanto ci è dato sapere, che affrontano<br />

esplicitamente il nodo Ungaretti-Platone; proviamo a radunare altri cenni più<br />

o meno recenti. Guglielmi, per esempio, afferma che «Ungaretti enuncia un<br />

programma ontologico di poetica, fa <strong>del</strong>la poetica un’ermeneutica» 287 quindi<br />

conduce un confronto con alcuni sviluppi <strong>del</strong>la filosofia di Benjamin, e mette<br />

in evidenza alcune analogie tra i due autori: essere partiti da posizioni di<br />

avanguardia, aver proposto «la riscoperta <strong>del</strong> barocco come mondo lacerato<br />

da antinomie» 288 e, meno ovvia, l’analogia che riguarda «il tipo di platonismo<br />

che sta alla base <strong>del</strong>le due poetiche: un platonismo che vuole “salvare i<br />

fenomeni” – la carne dei fenomeni –, e vuole salvarli nell’immanenza: un<br />

platonismo, cioè, «teso e drammatico» 289. Un altro cenno si trova nello studio<br />

di Rosario Gennaro: a conclusione <strong>del</strong> capitolo dedicato all’influenza <strong>del</strong><br />

pensiero di Bergson su Ungaretti, lo studioso sostiene che c’è «una forte<br />

285 Ivi, p. 1253.<br />

286 Ivi, p. 1255.<br />

287 GUIDO GUGLIELMI, «Innocenza e memoria», in IDEM, Interpretazione di Ungaretti, Bologna, Il<br />

Mulino, 1989, pp. 123-156 : 136.<br />

288 Ivi, p. 137.<br />

289 ivi, pp. 137-138.<br />

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