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tesi Albano.pdf - Università degli Studi del Molise

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eato, siano individuati i limiti minimo e massimo entro i quali va<br />

concretamente determinata la sanzione 134 .<br />

Invero, al di là <strong>del</strong>le affermazioni teoriche, è innegabile che se per<br />

l’appellante vale la norma di cui all’art 597 comma 3, secondo cui il giudice<br />

d’appello può dare al fatto una definizione giuridica più grave purché non<br />

esuli dalla competenza <strong>del</strong> giudice di primo grado, per il non impugnante<br />

vale in ogni caso la clausola di garanzia <strong>del</strong>l’art. 587 c.p.p., che subordina<br />

l’operatività <strong>del</strong>l’estensione al dispiegarsi, nei suoi confronti, di un<br />

beneficio.<br />

Una considerazione a parte merita un’altra interessante questione. Il<br />

Collegio ha escluso che di fronte ad una causa estintiva <strong>del</strong> reato, relativa<br />

alla posizione <strong>del</strong>l’impugnante, sussista l’obbligo <strong>del</strong> giudice di<br />

pronunziarsi sui motivi non strettamente personali, attinenti alla<br />

determinazione <strong>del</strong>la pena, a cui il non appellante intervenuto in giudizio si<br />

sia associato 135 .<br />

Una conclusione così radicale non persuade.<br />

Accogliendo tale prospettiva, viene di fatto estremamente ridotta, se<br />

non proprio annullata, la funzione <strong>del</strong>l’istituto: sarebbe <strong>del</strong> tutto inutile oltre<br />

che antieconomico consentire al coimputato di partecipare al giudizio<br />

d’appello per poi negargli la decisione su quelle stesse censure estensibili,<br />

fatte valere dall’impugnante e a cui abbia aderito.<br />

Si può, quindi, ritenere che il giudice di secondo grado sia tenuto a<br />

dichiarare l’assoluzione <strong>del</strong>l’appellante e contestualmente <strong>del</strong> non<br />

134<br />

In questi termini, Sez. VI, 16 aprile 1999, n. 8635, che specifica come la<br />

riqualificazione <strong>del</strong> fatto è operata non già in applicazione <strong>del</strong>l’effetto estensivo <strong>del</strong>la favorevole<br />

decisione sull'impugnazione proposta dai coimputati ma nell'esercizio <strong>del</strong>la facoltà riconosciuta al<br />

giudice d’appello dall'art. 597, comma 3, c.p.p.<br />

135 Sez. III, 28 gennaio 2002, n. 8791, che affronta l’ipo<strong>tesi</strong> di estinzione <strong>del</strong> reato per<br />

morte <strong>del</strong>l’appellante; la sentenza è, altresì interessante per la definizione che fornisce <strong>del</strong>la<br />

partecipazione in giudizio <strong>del</strong> non impugnante, definito come intervento adesivo: «la posizione<br />

processuale <strong>del</strong>l'imputato non impugnante, concorrente nel medesimo reato, è accessoria e<br />

subordinata rispetto a quella <strong>del</strong>l'imputato che ha proposto rituale impugnazione, e solo in caso di<br />

esito positivo di questa può risentire <strong>del</strong> beneficio estensivo <strong>del</strong>la decisione, ove modificata quella<br />

impugnata per motivi non esclusivamente personali, essendo l'istituto finalizzato ad evitare<br />

contrasti di giudicato e disparità di trattamento in situazioni uniformi, ma non certo a rimettere in<br />

termini l'imputato negligente ai fini <strong>del</strong>la proposizione di motivi di gravame comuni».<br />

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