PENTATEUCO 3 STORIA DI GIUSEPPE - Home Page FTTR
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B.42,6 I fratelli di Giuseppe arrivarono e si /prostrarono davanti a lui<br />
42,7 Giuseppe//vide//i suoi fratelli... e parlò loro duramente<br />
42,24 Si ritirò da essi e pianse... e parlò loro<br />
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43,26 Essi gli offrirono il dono... e / si prostrarono a terra/<br />
43,27 Egli li salutò amichevolmente (šālôm)<br />
43,30 Giuseppe si affrettò a uscire,... entrò nella sua camera e là pianse_<br />
43,34 Con lui bevvero e gioirono (riconciliazione implicita)<br />
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44,14 Essi / caddero a terra / davanti a lui<br />
44,16 È Dio che ha [trovato] la colpa dei tuoi servitori<br />
45,12 Voi//vedete//con i vostri occhi... che è la mia bocca che vi parla<br />
45,14s Egli baciò tutti i suoi fratelli piangendo...<br />
dopo di che i suoi fratelli si misero a parlargli (riconciliazione esplicita)<br />
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Epilogo<br />
50,17 Giuseppe pianse alle parole che gli rivolsero<br />
50,18 I suoi fratelli / si gettarono ai suoi piedi /... Noi siamo i tuoi servi<br />
50,21 Egli (Giuseppe) li consolò e parlò loro affettuosamente (‘al libbam)<br />
Commento<br />
Le equivalenze e correlazioni riportate fanno apparire «la storia di famiglia» come oggetto<br />
del racconto. I sogni fanno presagire a Giuseppe la sua esaltazione e la sottomissione<br />
dei suoi fratelli. La tensione del racconto sale con la gelosia, anzi l’odio, dei fratelli rappresentata<br />
nella parola: l’incapacità psicologica di parlare pacificamente (b e šālôm) con<br />
Giuseppe. E con la parola si placa: «dopo di che essi gli parlarono» (45,15). L’equilibrio<br />
è ricostituito e il legame fraterno è riannodato mediante la parola. Si avvera la sottomissione<br />
dei fratelli previsto nei sogni. Ogni colloquio si apre con la «prostrazione» e si conclude<br />
con l’atto di sottomissione: «Siamo tuoi servi». Ma Giuseppe rifiuta questo ruolo e<br />
parla al loro cuore, come fratello (50,12ss). Il culmine è nel riconoscimento. L’epilogo<br />
aggiunto riprende le parole chiave.<br />
Emergono alcuni elementi importanti.<br />
❑ Anzitutto, la terapia della parola (da Gen 42 in poi) che trasforma l’odio in affetto:<br />
parole dure (42,7); parola, semplicemente (42,24); saluto di pace (43,27); «Vedete! è la<br />
mia bocca che vi parla» (45,12, congiunge sguardo e parola).<br />
❑ La storia segnala anche il vedere e guardare.<br />
• Giuseppe giunge e i fratelli lo vedono da lontano e decidono la sua sorte; egli è nudo e indifeso<br />
davanti a loro; esposto ai loro sguardi, non si accorge di nulla.<br />
• Poi, i ruoli si invertono: Giuseppe li vede e riconosce senza essere riconosciuto; sono loro<br />
in sua balia, senza comprendere. Essere visto è diventare oggetto, vedere è condurre il gioco<br />
e dirigere il destino.<br />
• Quando Giuseppe si fa riconoscere, avviene la riconciliazione nell’equilibrio della parola e<br />
del vedere.<br />
E così finisce la storia iniziata nel segno dell’orgoglio (Giuseppe e la sua volontà di<br />
dominio) e della gelosia o rifiuto di umiliarsi (i fratelli e il padre). La fraternità si riannoda<br />
nel servizio reciproco: i fratelli, prostrati, si dichiarano servi, mentre Giuseppe li abbraccia,<br />
si pone al loro servizio prendendoli sotto la sua responsabilità, parla a loro con<br />
cuore.<br />
❑ Appare ancora la scoperta (mÂêÂù) – Dalla falsità alla verità.<br />
• «Noi abbiamo trovato questo» (37,32), era la menzogna dei fratelli.<br />
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