PENTATEUCO 3 STORIA DI GIUSEPPE - Home Page FTTR

a, il termine «resto» in 45,7 fa pensare a un giudizio divino, superato (cf Gen 6,8; 7,1.25).
La salvezza, in realtà, è accordata al popolo di cui i dodici fratelli sono il nucleo.
La riconciliazione è simboleggiata nelle progressioni, come nel simbolo della casa (in
Gen 43). La storia si snoda a partire dal capitolo 37: parlare, vedere, discendere.
• La svolta decisiva era avvenuta al secondo viaggio. I fratelli si sono allora avvicinati, come
appare nei 4 usi di nāgaš: – 43,19, i fratelli si avvicinano al maggiordomo; – 44,18, Ruben/Giuda
si avvicina a Giuseppe per la difesa decisiva; – 45,4, Giuseppe invita i suoi fratelli
a venirgli vicino; essi si avvicinano a lui e il dialogo, interrotto al c.37, riprende.
• Vedere: in Gen 37, i fratelli avevano visto avvicinarsi Giuseppe; in 42, al contrario, Giuseppe
vede arrivare i fratelli completamente abbandonati in suo potere. In 45,12: lo sguardo connota
reciprocità: «Voi vedete con i vostri occhi, e mio fratello Beniamino vede con voi, che è la
mia bocca che vi parla».
• Discendere: in Gen 37,35, Giacobbe voleva scendere nello Sheol, accanto al figlio; ora è invitato
a raggiungerlo discendendo in Egitto (35,9.13).
Gen 50 – Epilogo
Il capitolo nella prima parte (Gen 50,1-14) appare come una “solenne marcia funebre”
per Giacobbe-Israele. Imbalsamato, secondo il costume egiziano, è ricondotto nella terra,
nel sepolcro di Abramo. Così è realizzato il ritornello-promessa-comando di ritornare alla
terra presente nel racconto della sua storia.
Ma per la storia di famiglia e della fraternità ristabilita è importante la finale che riprende
le tematiche conosciute (Gen 50,15-26). In 50,15-21 emerge il tema della possibile
vendetta e del “male” (vv.15.17.21). Nei fratelli si insinua il dubbio che, morto il padre,
Giuseppe possa vendicarsi per il “male” subìto (cf 1Re 2 con gli ultimi consigli di
Davide al figlio Salomone). Per evitare questa possibilità, mandano un messaggio a Giuseppe
(vv.16-17) nel quale ricordano che il padre prima di morire invocava il perdono per
i fratelli e il nome del “Dio di tuo padre”, del quale si proclamano “servi”. La risposta di
Giuseppe con il pianto è un segno positivo.
Nel frattempo, presentandosi a lui, compiono l’ultima prostrazione e si dichiarano
suoi “servi”: si avvera ancora una volta il contenuto del sogno iniziale. Ma il “fratello” lo
proibisce perché essi sono “servi di Dio” ed egli non è Dio, solo fratello. Non li potrà
dominare (vv.18-19), ma è chiamato a essere per loro uomo della provvidenza. Perciò la
storia si conclude con Giuseppe che consola i fratelli, promette loro di prendersi cura di
tutto il popolo (di voi e dei vostri figli) e parla al “loro cuore” (v.21). Ancora una volta la
parola – il dialogo – diventa fondamentale: realizza la pace interrotta all’inizio. Ora anche
Giuseppe è veramente convertito dalle sue pretese di dominio.
Il motivo principale dell’atteggiamento di Giuseppe è esplicitato nella lettura che egli
dà di tutta la storia alla luce della fede (v.20): Dio ha saputo “volgere in bene” il progetto
umano di “male”, per dar vita a un popolo numeroso, quello che essi sono diventati. «Il
lettore che ha letto tutto Genesi ode qui un’altra grande affermazione: la finale richiama
l’inizio. In principio Dio aveva fatto tutto buono, entrò il male, e con il male la morte, il
fratricidio, il male è cresciuto. Però quando Dio interviene, il bene si impone, riesce a
trionfare sul male: non si consuma il fratricidio, si ricompone una famiglia, continua la
promessa e la storia della salvezza, via del bene crescente. Questa parola, che è di conso-
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