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PENTATEUCO 3 STORIA DI GIUSEPPE - Home Page FTTR

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percorrere il cammino che va dalla rottura (Gen 37) alla ripresa di rapporti fraterni e alla<br />

ricostruzione della famiglia (Gen 45).<br />

1 – Il procedimento – le domande. La prima risposta dei fratelli è pura informazione: «Da<br />

dove venite?»; «Dal paese di Canaan, per acquistare viveri». Vi è quindi il passaggio<br />

progressivo dal piano politico («voi siete delle spie») al piano della famiglia («riconducete<br />

il vostro giovane fratello») e quindi alla sfera intima della coscienza («noi espiamo ciò<br />

che abbiamo fatto»). In tal modo, i fratelli a passano dalla complicità alla solidarietà, che<br />

comincia a far sentire gli effetti:<br />

• v.11: «...siamo figli di uno stesso uomo»;<br />

• v.13: «... i tuoi servitori sono dodici (si pensa a tutta la famiglia e non soltanto ai presenti),<br />

noi siamo tutti fratelli, il più piccolo è con nostro padre; e ce n’è uno che non è più».<br />

L’accusa di spionaggio tendeva a fare dei figli di Giacobbe dei complici banditeschi<br />

(forse per mettere in crisi o verificare la solidarietà?). I dieci fratelli oppongono<br />

l’argomento della parentela che li unisce: non sono una banda ma una famiglia. Nella<br />

stessa occasione imparano a dire «noi» (vv.11.13.21.31.32); si nota anche l’uso di «un»<br />

(7 x, eccettuato v.13, disarmonico e non attestato in LXX).<br />

• In un primo tempo tutti sono messi in prigione, uno solo deve partire. In un secondo<br />

tempo, uno solo resterà, tutti gli altri partiranno.<br />

2 – La vicenda del sacco. I fratelli prendono coscienza collettivamente della responsabilità<br />

avuta nei confronti di Giuseppe. La famiglia comincia a riunirsi.<br />

• «Essi dissero, ciascuno a suo fratello..., si misero a tremare, ciascuno per i suoi fratelli<br />

(v.28).<br />

• Nel racconto originale, Giuseppe è chiamato per la prima volta «nostro fratello» (v.21). Nel<br />

decorso della storia, il v.21 costituisce una analessi: quando lo gettarono nella cisterna, i<br />

fratelli videro la sua angoscia, ma non ne ascoltarono le suppliche. La narrazione entra nella<br />

categoria del “riconoscimento”. Solo ora le sue grida giungono alla loro coscienza. Il narratore<br />

gioca sulle radici šāma‛ (ascoltare), ’āšam (essere punibile) e sul nome stesso di ‘Simeone’<br />

(vv.21-23), il fratello maggiore colpevole (segue a Ruben, il primogenito, innocente)<br />

3 – Nell’angoscia i fratelli sospettano una causa divina. «Forse Dio ci ha fatto questo?».<br />

Da parte sua, Giuseppe assicura che la sua condotta non è arbitraria: «Io temo Dio». Nella<br />

lettura di fede, le vicissitudini umane sono sottratte alla fatalità interna, per entrare nella<br />

coerenza di un disegno di salvezza universale.<br />

4 – Nel rendiconto a Giacobbe, i fratelli sostituiscono il duplice «voi sarete messi alla<br />

prova» (vv.15-16) con un duplice «io saprò se voi siete sinceri» (vv.33-34). Essi non conoscono<br />

ancora la vera posta in gioco della verifica che verte sulla moralità non<br />

sull’identità. In ogni caso, una certa ironia si intravede nel fatto che i fratelli insistano<br />

sulla loro sincerità di fronte al padre al quale hanno così gravemente mentito.<br />

B, 2 Gen 43-44: SECONDO VIAGGIO, SECONDA PROVA<br />

Gen 43 narra la ricostituzione della famiglia ancora su un piano materiale non cosciente.<br />

1 – La topografia della prima udienza è simbolica, imperniata sulla casa (bêt). I fratelli<br />

sono convocati nella «casa» di Giuseppe per condividervi il pranzo; nell’intenzione di<br />

Giuseppe è una riunione di famiglia (bêt); si susseguono diversi rapporti umani:<br />

a – Sulla porta di casa, si regolano le questioni di denaro; per regolare il punto della<br />

somma ritrovata nei sacchi basta un maggiordomo, l’«uomo di casa».<br />

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