PENTATEUCO 3 STORIA DI GIUSEPPE - Home Page FTTR

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Ma in 39,2.21-23 il narratore offre la chiave di tutto il racconto: «Il Signore fu con Giuseppe» e «a lui tutto riusciva bene» (cf vv.2.3.23). La storia è ancora in mano di Dio che la volgerà in bene anche servendosi dei sentimenti umani perversi. Giuseppe sarà protetto dalle seduzioni e sostenuto nelle tribolazioni e, come i Patriarchi, diventerà strumento di benedizione-b e rakah per l’Egitto (39,5). Perciò, il racconto in Gen 39 segna la discesa, ma pone anche le premesse per la risalita. • In Gen 39 ritorna il tema della veste: lasciata in mano alla seduttrice, diventa prova per Potifar (39,12ss); alla fine gli cambieranno il vestito, quando sarà presentato al faraone (41,14), e vestirà abiti di lino quando sarà nominato visir (41,42). • La scena con la moglie di Potifar può essere riassunta nella classica sequenza: seduzione (vv.7-12a: il ragazzo risponde al canone classico dell’estetica, v.6), rifiuto (v.12b), accusa (vv.13-20). L’onestà di Giuseppe di fronte al padrone che gli aveva dato in mano, cioè in potere, tutti i suoi averi, è riassunta nella sua risposta alla donna (vv.8-9). È fedeltà ai beni che il padrone gli aveva affidato: non gli aveva proibito nulla “se non te che sei sua moglie” (cf vv.4-6 il comando: non gli domandava conto se non del “cibo” che mangiava, probabile eufemismo per indicare il sesso); è fedeltà a Dio: “sarebbe un peccato contro Dio”, infrazione contro il sesto e il nono comandamento. Il tema della donna “straniera seduttrice” è un motivo conosciuto (cf Prov 6,23-26; 7,10-20). Ma l’autore non insiste sul tema, dal momento che lo stesso Giuseppe sposerà una straniera e si vestirà come loro. A, 2 – Gen 40: LA PROVA QUALIFICANTE – GIUSEPPE INTERPRETE Il capitolo serve da intervallo distensivo nel racconto, dopo le emozioni drammatiche dei cc.37 e 39, ma prepara i dati necessari per comprendere il c.41. La storia si riconcentra su Giuseppe: il Faraone > il comandante delle guardie > Giuseppe (vv.2-4). L’orizzonte si allarga con nuovi personaggi dell’alta gerarchia egiziana: un contatto con loro è possibile. La prova qualificante è nelle capacità divinatorie dell’eroe (7 usi della radice pātar, interpretare). I sogni si evolvono secondo uno schema ternario: tutto vi è contato per tre, con due effetti opposti [il sogno del coppiere è fatto di atti mancanti]. Da notare l’umorismo nero con il panettiere. Tuttavia, Giuseppe è dimenticato. Il racconto mette in risalto le capacità (vv.9-13.16- 22), ma anche la precarietà e il dramma che investe il protagonista: deve supplicare mentre langue in prigione, affidarsi a un gesto di solidarietà umana, al ricordo del coppiere che, una volta libero, si dimentica di lui: la riconoscenza è breve (vv.14-15.23). Deve attendere l’avvento di fatti nuovi, che si realizzano nel capitolo seguente: si tratta ancora di sogni. Allora lo smemorato ricorda e confessa la dimenticanza durata due anni (41,9-13). A, 3 – Gen 41: LA PROVA GLORIFICANTE – GIUSEPPE VIZIR Diversamente da Gen 37, questo capitolo è caratterizzato da una lunga esposizione (vv.1-8). Il capitolo è organizzato come in un solo movimento: • vv.1-8+9-13: narrazione senza dialoghi né discorsi, che incorpora la prima versione dei sogni del Faraone; la scena continua con il ricordo del coppiere e la convocazione di Giuseppe • vv.14-46: dialogo di Giuseppe con Faraone • vv.47-57: realizzazione (dei sogni) – esecuzione (delle misure convenute) 120

Osservazioni: 1 – Come in Gen 40 l’orizzonte si restringe dal Faraone al coppiere, poi dal coppiere a Giuseppe. Ma non si chiude più nella prigione, si apre invece su «tutta la terra d’Egitto» (espressione che ritorna 6 x); Giuseppe è «ingrandito»: solo il Faraone sarà più grande di lui (v.40). 2 – Giuseppe è catalogato dal Faraone tra gli «interpreti» o «indovini»: ptr (7 x). Ma è Elohim (7 x, eccetto vv.50-52 secondari) il personaggio principale, benché invisibile (41,16.28.32, cf 40,8): Egli darà la risposta, Giuseppe è suo strumento. Ha lo spirito di Elohim (v.38), perciò è personaggio chiave allo sguardo umano: «non si leveranno né mani né piedi senza il tuo permesso» (v.44). È messaggio di Dio dato in risposta al Faraone (v.16): egli informa (v.25) e fa vedere (v.28). Se Dio fa vedere (v.28) è perché Faraone preveda: la rivelazione divina chiama l’azione umana: l’uomo deve prendere le sue decisioni. Perciò, Giuseppe divide la sua risposta in due parti: interpretazione e, strettamente congiunti ad essa, consigli pratici, perché i beni accumulati durino. La risposta va oltre il richiesto e qualifica l’interprete come un eminente “saggio”. 3 – La terza parte (vv.47ss) gioca sul termine ºereê. Il suolo si mostra puntuale ad eseguire il piano di Dio. Il paese d’Egitto diventa un’oasi di abbondanza al centro di tutta la terra che, affamata, si rivolge verso i granai riempiti da Giuseppe. In tal modo il racconto si appresta a cercare i fratelli di Giuseppe per ricondurli a lui. La reiterazione di tuttotutti (cf vv.46.48.51.54.56.57 e Sal 145 dossologia al Signore) evidenzia la sovranità di Giuseppe la cui autorità ed efficacia contrasta con la inadeguatezza iniziale del faraone (vv.1-8). 4 – Infine, la nota sui due figli di Giuseppe (vv.50-52) diventa anticipazione di ciò che avverrà in seguito (c.48). Anche se il padre viene chiamato dal Faraone con un nome egiziano, Zafnat-Paneh, “Dio dice che viva” – perché dispensi la vita – (o “l’uomo che sa le cose”), i nomi dei figli sono ebrei non egiziani. Benché sposi una egiziana, il padre resta legato alla sua terra. Le due etimologie imprimono una svolta alla storia. Manasse, “Dio mi ha fatto dimenticare” (v.51) riguarda il passato, la vita di tribolazioni e sofferenze è finita; anche la famiglia che l’aveva perseguitato (ma questo avrà valore relativo, si richiama alla vita attuale). Efraim, “fecondità”, esprime la crescita nella terra dell’afflizione, quindi il futuro; al di là delle sofferenze che accompagnano ogni nascita (cf Beniamino, prima chiamato Ben-‘onî, “figlio della mia afflizione”), Giuseppe è ormai innalzato e onorato. B, 1 – Gen 42: PRIMO INCONTRO DI GIUSEPPE E DEI SUOI FRATELLI Il capitolo va letto in riferimento al capitolo 37. Ora è Giuseppe a veder venire i suoi fratelli e a fare un piano (v.7: gioca sul termine venire: «Siete venuti!»). Egli forma la sua linea di condotta per tocchi successivi, ponendo domande e mettendo a profitto le risposte dei fratelli. La prova (v.16) non è destinata a verificare le risposte date – sa bene con chi ha a che fare – ma la sincerità dei sentimenti: (a) la loro salvezza esige un cammino di purificazione e conversione che permetta loro di riconoscere la colpa; (b) i fratelli di sangue devono esserlo negli affetti, scoprire e mostrare l’amore fraterno. L’atteggiamento di Giuseppe sembra duro, ma, superato forse il primo momento di rivincita, tutto il processo tende a trasformare l’incontro materiale in riconciliazione; egli si inserisce così nel disegno di Dio. Egli tratta i suoi fratelli da stranieri e spie: dovranno ri- 121

Ma in 39,2.21-23 il narratore offre la chiave di tutto il racconto: «Il Signore fu con<br />

Giuseppe» e «a lui tutto riusciva bene» (cf vv.2.3.23). La storia è ancora in mano di Dio<br />

che la volgerà in bene anche servendosi dei sentimenti umani perversi. Giuseppe sarà<br />

protetto dalle seduzioni e sostenuto nelle tribolazioni e, come i Patriarchi, diventerà<br />

strumento di benedizione-b e rakah per l’Egitto (39,5). Perciò, il racconto in Gen 39 segna<br />

la discesa, ma pone anche le premesse per la risalita.<br />

• In Gen 39 ritorna il tema della veste: lasciata in mano alla seduttrice, diventa prova<br />

per Potifar (39,12ss); alla fine gli cambieranno il vestito, quando sarà presentato al<br />

faraone (41,14), e vestirà abiti di lino quando sarà nominato visir (41,42).<br />

• La scena con la moglie di Potifar può essere riassunta nella classica sequenza: seduzione<br />

(vv.7-12a: il ragazzo risponde al canone classico dell’estetica, v.6), rifiuto<br />

(v.12b), accusa (vv.13-20). L’onestà di Giuseppe di fronte al padrone che gli aveva<br />

dato in mano, cioè in potere, tutti i suoi averi, è riassunta nella sua risposta alla<br />

donna (vv.8-9). È fedeltà ai beni che il padrone gli aveva affidato: non gli aveva<br />

proibito nulla “se non te che sei sua moglie” (cf vv.4-6 il comando: non gli domandava<br />

conto se non del “cibo” che mangiava, probabile eufemismo per indicare<br />

il sesso); è fedeltà a Dio: “sarebbe un peccato contro Dio”, infrazione contro il sesto<br />

e il nono comandamento. Il tema della donna “straniera seduttrice” è un motivo<br />

conosciuto (cf Prov 6,23-26; 7,10-20). Ma l’autore non insiste sul tema, dal momento<br />

che lo stesso Giuseppe sposerà una straniera e si vestirà come loro.<br />

A, 2 – Gen 40: LA PROVA QUALIFICANTE – <strong>GIUSEPPE</strong> INTERPRETE<br />

Il capitolo serve da intervallo distensivo nel racconto, dopo le emozioni drammatiche<br />

dei cc.37 e 39, ma prepara i dati necessari per comprendere il c.41. La storia si riconcentra<br />

su Giuseppe: il Faraone > il comandante delle guardie > Giuseppe (vv.2-4).<br />

L’orizzonte si allarga con nuovi personaggi dell’alta gerarchia egiziana: un contatto con<br />

loro è possibile.<br />

La prova qualificante è nelle capacità divinatorie dell’eroe (7 usi della radice pātar,<br />

interpretare). I sogni si evolvono secondo uno schema ternario: tutto vi è contato per tre,<br />

con due effetti opposti [il sogno del coppiere è fatto di atti mancanti]. Da notare<br />

l’umorismo nero con il panettiere.<br />

Tuttavia, Giuseppe è dimenticato. Il racconto mette in risalto le capacità (vv.9-13.16-<br />

22), ma anche la precarietà e il dramma che investe il protagonista: deve supplicare mentre<br />

langue in prigione, affidarsi a un gesto di solidarietà umana, al ricordo del coppiere<br />

che, una volta libero, si dimentica di lui: la riconoscenza è breve (vv.14-15.23). Deve attendere<br />

l’avvento di fatti nuovi, che si realizzano nel capitolo seguente: si tratta ancora di<br />

sogni. Allora lo smemorato ricorda e confessa la dimenticanza durata due anni (41,9-13).<br />

A, 3 – Gen 41: LA PROVA GLORIFICANTE – <strong>GIUSEPPE</strong> VIZIR<br />

Diversamente da Gen 37, questo capitolo è caratterizzato da una lunga esposizione<br />

(vv.1-8). Il capitolo è organizzato come in un solo movimento:<br />

• vv.1-8+9-13: narrazione senza dialoghi né discorsi, che incorpora la prima versione<br />

dei sogni del Faraone; la scena continua con il ricordo del coppiere e la convocazione<br />

di Giuseppe<br />

• vv.14-46: dialogo di Giuseppe con Faraone<br />

• vv.47-57: realizzazione (dei sogni) – esecuzione (delle misure convenute)<br />

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