Dante e Cavalcanti in Quaderno Gotico di Mario Luzi La crisi della ...

Dante e Cavalcanti in Quaderno Gotico di Mario Luzi
La crisi della guerra e il suo superamento
Caterina Marras
Poeta, drammaturgo e critico d’eccezionale importanza fu Mario Luzi,
la cui produzione copre un arco di tempo di circa tre quarti di secolo
(da La barca del 1935 a Dottrina dell’estremo principiante del 2004) e si
caratterizza per la molteplicità dei temi, la vastità degli interessi e la
complessità degli studi letterari e non che traspaiono costantemente in
filigrana nell’opera dell’autore. Si concentrerà qui l’attenzione sul
Quaderno gotico, 1 sulla presenza di alcune sue fonti e sulla loro
importanza nel processo conoscitivo e umano del poeta.
Mario Luzi, nella nota bibliografica al suo primo volume di versi Il
giusto della vita, edito per i tipi Garzanti nel 1960, precisava: «Quaderno
gotico è l'album di un amore tanto più esaltante e spiritato quanto più
l'animo ne aveva bisogno dopo l'aridità, la paura, l'angoscia, l'odio. Fu
stampato prima sulla rivista «Inventario», poi presso Vallecchi nel 1947.
1 M. Luzi, Quaderno gotico, Vallecchi, Firenze, 1947, ora in M. Luzi, L’opera poetica, a
cura di S. Verdino, Mondadori, Milano, 1998, pp. 131-154. Tutte le citazioni delle poesie
luziane avranno come fonte l’ora citata edizione Mondadori.

Reca qui un’appendice di due poesie inedite». 2
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La raccolta in oggetto comprende quattordici liriche corredate da
numerazione progressiva ma prive di titolo «perché è un quaderno, un
diario certamente […] personale. È tutta una poesia […] con le sue
incidenze varie. È un poemetto insomma. Sono occasioni interiori di
uno stesso sentimento, di una stessa idea, di uno stesso proponimento
espressivo». 3 L’appendice, invece, come già indicava l’autore, ospita due
sole poesie, La notte viene col canto e Di gennaio, di notte che risalgono
rispettivamente al 1951 e al 1956, mentre le precedenti quattordici
liriche sono state tutte composte nel 1945. Per avviare la nostra analisi,
prenderemo spunto dai suggerimenti esegetici di Sergio Pautasso, in
particolare da quello secondo cui:
«…nel lavoro di Luzi poesia e critica non sono discorsi che possono essere
considerati complementari l'uno all'altro – sia pure con una predominanza
privilegiata per il genere poetico – ma procedono paralleli, costituiscono un
blocco univoco e tutto tramato da un interscambio di suggestioni che conferisce
all'insieme dell'opera un carattere unitario e coerente». 4
Luzi, parallelamente al Quaderno gotico, scrive, tra gli altri, un saggio
costantemente citato, o a cui fa più o meno direttamente riferimento:
2 M. Luzi, Il giusto della vita, Garzanti, Milano, 1960. La nota è ora riprodotta in M.
Luzi, L’opera poetica, pp. 1307-1309. Il presente stralcio si trova a p. 1308.
3 Nel corso di questa analisi ci permettiamo di rinviare più volte a un nostro
precedente lavoro che aveva per oggetto un’intervista al poeta concernente
esclusivamente il Quaderno. Cfr. C. Marras, Quaderno gotico. Intervista a Mario Luzi, in
«Annali della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Cagliari»,
Nuova Serie, XXI, vol. LVIII, 2003, pp. 473-496. La presente citazione si trova a p. 479.
4 S. Pautasso, Mario Luzi. Storia di una poesia, Rizzoli, Milano, 1981, pp. 8-9.

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L’inferno e il limbo 5 che, per la sua importanza nel percorso poetico
dell’autore, verrà accluso nel suo ultimo volume, Autoritratto, 6
comprendente la produzione poetica, critica e teatrale dall’autore
stesso giudicata più significativa. Nel saggio eponimo del volume,
L’inferno e il limbo, il Poeta, confrontando la produzione poetica dantesca
con quella petrarchesca, le definisce rispettivamente infernale e limbica, e
sostiene che le linee letterarie evolutive fanno capo a Petrarca piuttosto che
a Dante. Se la seconda (limbica o petrarchesca) è aporetica o, meglio,
Petrarca «impareggiabile commentatore dell’esistente» 7 vede quale unica
via d’uscita al dolore il ricordo, la prima (infernale o dantesca) mira ad
«accrescere l’esistente», 8 essendo, come sostiene Verdino, «catabasi e
anche conoscenza, per lo meno a carattere oppositivo (è un negativo
opposto a un positivo)». 9 Più volte e autorevolmente i critici si sono
soffermati e hanno commentato questa tesi luziana, 10 pertanto ci basti qui
5 M. Luzi, L’inferno e il limbo, in L’inferno e il limbo, Il saggiatore, Milano, 1964, pp. 16-25.
6 M. Luzi, Autoritratto, a cura di P. A. Mettel e S. Verdino, Garzanti, Milano, 2007.
7 M. Luzi, Autoritratto, p. 12.
8 M. Luzi, Autoritratto, p. 12.
9 M. Luzi, La porta del cielo. Conversazioni sul cristianesimo, Piemme, Casale
Monferrato, 1997, p. 36.
10 Si vedano, tra gli altri, G. Cavallini, La vita nasce alla vita. Saggio sulla poesia di Mario
Luzi, Studium, Roma, 2000; A. Serrao, M. Nifosì (a cura di), Contributi per una
bibliografia luziana, [s.n.], Firenze, 1984; M. Petrucciani, Luzi e Dante: nell’inferno, per la
speranza, in L. Luisi (a cura di), Mario Luzi. Una vita per la cultura, Ente Fiuggi, Roma,
1983, pp. 153-155, M. C. Papini, Il linguaggio del moto. Storia esemplare di una generazione,
La Nuova Italia, Firenze, 1981; G. Quiriconi, Il fuoco e la metamorfosi. La scommessa
totale di Mario Luzi, Cappelli, Bologna, 1980; C. Scarpati, Mursia, Mario Luzi, Milano,
1970; G. Zagarrio, Luzi, La Nuova Italia, Firenze, 1968.

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ricordare che Luzi predilige la poesia dantesca poiché «produce un
incremento del nostro conoscere» grazie alla sua capacità di «leggere
in profondo lo stato delle cose». 11
La letteratura italiana posteriore ha creato, come si accennava, un
proprio limbo, ha messo al centro l’io del poeta, senza però tener conto
di quella che altrove Luzi chiama la vita «tout court». 12
«…Nella poesia novecentesca già costituitasi in tradizione quando cominciai a
scrivere, mi metteva a disagio una sorta di a priori e di parzialità nei riguardi di
quello che Heidegger chiamerebbe l'”essente”, una sorta di squilibrio che
avvertivo tra il soggetto e l'oggetto, una centralità non sempre creativa ma
spesso critica e pregiudiziale dell'io riguardo ai termini dell'esperienza». 13
Fu la tragedia della guerra, col suo clima angoscioso, a influire
notevolmente sulle raccolte postbelliche luziane. Egli stesso in merito dice:
«Si deve a un'esperienza di questo genere – intraducibile in frasi definitorie – la ripresa
della mia poesia in termini più oggettivi riguardo al linguaggio e alla sostanza della
meditazione: il tema era sempre lo stesso – la vita tout court – ma non più ora nella
sua sola presenza inafferrabile, bensì nella sua sofferenza reale e nella sua dialettica tra
male e bene, tra principio e fine e perennità. Quasi relegato fuori dal testo, pretendevo
che essa compiesse da sé l'operazione di articolare la sua giusta pagina e tutt'al più
prestavo all'uomo la voce perché meditasse sulla sua sorte. Parlo, sia ben chiaro, di
illusioni, ma forse non c'è modo migliore per farsi comprendere: così nacquero
Quaderno gotico, Primizie del deserto, Onore del vero…». 14
Siamo fortemente persuasi che questa nuova oggettività veda proprio il
Quaderno gotico come primo ed essenziale momento poetico della
11 M. Luzi, Autoritratto, p. 13.
12 M. Luzi, Discretamente personale, in L’inferno e il limbo, p. 240.
13 M. Luzi, Dove va la poesia?, in L’inferno e il limbo, p. 53.
14 M. Luzi, Discretamente personale, in L’inferno e il limbo, p. 240.

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scelta di avviarsi verso una “dantità”. 15 A una domanda sui precedenti
letterari del suddetto Quaderno, Luzi risponde che
«gli stilnovisti non sono un modello, questo per il Quaderno gotico. L’atmosfera,
Firenze che usciva dal conflitto, molto ferita, c’è forse un risentimento di questo
genere, quindi la scelta fiorentina, quindi anche gli stilnovisti naturalmente. Gli
stilnovisti sono quelli che portano all’estremo questa tensione spirituale che io in
quel momento sentivo. […] Fra gli stilnovisti c’è anche Dante, Dante giovane, ma
Dante vero, Dante che cerca identità assolute…». 16
Due, a nostro parere, le motivazioni della presenza dantesca nel
Quaderno che s’intravedono dietro queste parole: una contingente e
l’altra sostanziale. La prima riguarda la sua Firenze, «ferita» o, come il
Poeta afferma, «orrendamente violata»; 17 per quella sostanziale, invece,
occorre rifarsi agli slanci e ai ritorni dell’anima, a quella «tensione
spirituale» che è, per l’appunto, l’ordito del quaderno, gotico. 18
Allargando il discorso, si potrebbe affermare che, nonostante
l’affermazione di Luzi secondo cui gli stilnovisti non costituiscono un
modello, non sembrerebbe peregrino ritenere che, quantomeno, parte
dello spirito stilnovista sia presente nella plaquette. Altrimenti detto, e
15 Un preludio alla “dantità” è riscontrabile nell’ultima lirica di Un brindisi: Diana,
risveglio in cui ai vv. 5-6 il poeta annuncia che «È tempo di levarsi su, di vivere /
puramente». M. Luzi, Un brindisi, in L’opera poetica, p. 130.
16 C. Marras, Quaderno gotico. Intervista a Mario Luzi, p. 481.
17 M. Luzi, Colloquio, un dialogo con Mario Specchio, Garzanti, Milano, 1999, p. 46.
18 Basterebbe tenere in considerazione il solo titolo per leggere all’interno della
plaquette la tensione all’ascesa; si rimanda, tra gli altri, a N. Bonifazi, Mario Luzi, in AA.
VV., Letteratura italiana: i contemporanei, Marzorati, Milano, 1963, pp. 1665-1666; C.
Scarpati, Mario Luzi, p. 69; A. Panicali, Saggio su Mario Luzi, Garzanti, Milano, 1987, p.
112, nota 1; M. Luzi, L’opera poetica, p. XXII; L. Formisano, Intervista a Mario Luzi, in M.
Luzi, Conversazione. Interviste 1953-1998, Cadmo, Fiesole, 1999, p. 60.

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confortati anche dalle osservazioni di Verdino, Zagarrio, Macrì e
Fortini 19 (solo pochi nomi fra i tanti che si potrebbero ricordare),
pensiamo che due stilnovisti, in particolare, siano presenti: il primo,
come dice lo stesso Luzi, è Dante, il secondo Cavalcanti.
Il Dante a cui Luzi si riferisce, quello «giovane», è certamente quello
della Vita Nuova, opera di cui il Poeta coglie soprattutto «i suoi
trasalimenti e le sue intese profonde, con i suoi sgomenti e le sue
estasi». 20 I «trasalimenti», gli «sgomenti», le «estasi» e le «identità
assolute» danteschi sembrano propri anche del Quaderno luziano in cui
si possono rintracciare alcune tematiche costanti: la sofferenza – di cui
parleremo in seguito – lo sgomento del poeta e le epifanie della figura
femminile che si stagliano su uno sfondo in cui l’aria, l’acqua, la terra –
simboleggiata soprattutto da elementi florali – e il fuoco, elementi
costitutivi dell’universo, sono immersi nella luce o/e nell’oscurità.
A titolo di esempio si vedano i seguenti versi: «E quando sulla scorta d’un
istante / di luce e di delizia ti sciogliesti / nel vento raro fertile di fiori, / ah
un soffio sulla fronte era passato, / era tardi, dovevo insinuarmi / nel fitto
19 G. Zagarrio, Luzi; O. Macrì, Realtà del simbolo. Poeti e critici del Novecento italiano,
Vallecchi, Firenze, 1968, pp. 149-191, in particolare pp. 177-183; F. Fortini, Quaderno
gotico, in L. Luisi (a cura di), Mario Luzi. Una vita per la cultura, pp. 205-206; per quanto
concerne S. Verdino, si veda l’Apparato critico in M. Luzi, L’opera poetica, pp. 1410-1420.
20 M. Luzi, Dante e Leopardi o della modernità, Editori Riuniti, Roma, 1992, p. 49. Luzi,
riguardo alle sue prime letture afferma esplicitamente che fu: «la Vita nuova a
prendermi con la sua alchimia e sublimazione dell’esperienza giovanile» (p.49) e più
oltre: «Vidi dunque in principio Dante come Cavalcanti, un Cavalcanti più luminoso
che avesse varcato la siepe della malinconia…» (p. 50).

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delle tenebre». 21 Se gli elementi naturali pervengono soprattutto dall’opera
dantesca, la tematica della sofferenza e della figura femminile presenta,
invece, notevoli somiglianze con le Rime cavalcantiane. Si evince dalla tesi del
già citato Pautasso che quest’ultimo influì notevolmente sulla produzione
poetica luziana, affermazione di cui, peraltro, suona conferma lo stesso
21 M. Luzi, Quaderno gotico, XIII, 2, p. 146. Si vedano anche i seguenti versi come
ulteriori esempi: per lo sgomento: «ah» (I, 3; II, 1; IV, 9; V, 13; VI, 9; VIII, 13; X, 19; XII, 1;
XIII, 22); «ecco» (V, 23; VI, 6); «sgomento» (I, 17; II, 7); ecc. L’acqua: «acque» (VII, 5);
«bere» (VII, 4); «bevevi» (III, 10); «fontane» (VII, 4); «fonte» (XIII, 12); «fonti» (XIV,
4); «lacrime» (X, 15); «lagrime» (V, 15); «piangere» (La notte viene col canto, 25);
«piangevi» (V, 12, 15; X, 14; XIII, 18); «pianto» (V, 12; IX, 4; X, 14); «pioggia» (VIII, 10; IX,
9); «piove» (VI, 6); «rive» (III, 4); «rivi» (I, 24); «sgorgava» (XIII, 12) ecc. L’aria:
«aereo» (V, 2); «aleggia» (I, 16); «aria» (IV, 3; VI, 2; VII, 6; VIII, 8); «prendo fiato» (Di
gennaio, di notte, 36); «respira» (II, 3; VI, 4; VIII, 2); «respiro» (I, 20; IV, 5); «soffia» (Di
gennaio, di notte, 27); «soffio» (VIII, 3; XI, 1; XIII, 22); «spira» (I, 16; IV, 2; VI, 2); «vento»
(I, 10; IV, 10; VII, 7; VIII, 7; XI, 3; XII, 4; XIII, 21; Di gennaio, di notte, 3, 32) ecc. La terra:
«alberi» (IV, 5; VII, 4; XI, 16; XII, 4; XIV, 2; Di gennaio, di notte,4); «cenere» (XIII, 14);
«cime» (Di gennaio, di notte, 6); «conca» (La notte viene col canto, 3); «crocevia» (XIV,
15; Di gennaio, di notte, 8); «erba» (IV, 12; VIII, 6); «fiori» (XII, 9; XIII, 10); «fronde» (IV,
1); «giacinto» (VI, 1); «lamponi» (XII, 10); «pendici» (La notte viene col canto, 4);
«pendii» (V, 2); «piante» (V, 8; VIII, 11); «monti» (V, 21); «prato» (IV, 4; VIII, 2; XI, 10);
«radici» (Di gennaio, di notte, 7); «rocce» (VII, 12); «roccia» (XIII, 14); «rovi» (XI, 12; XII,
10); «siepe» (IV, 13); «strade» (XIV, 3); «terra» (I, 20) ecc. Il fuoco: «accendersi» (IV,
15); «ardore» (I, 30); «brucia» (I, 7); «cenere» (XIII, 14); «febbre» (III, 8; VII, 8; IX, 5);
«febbrili» (I, 15); «fiamma» (I, 1); «fiamme» (XII, 10); «fuochi» (XIII, 8); «fuoco» (I, 30;
II, 7; V, 4; VI, 6; XI, 3); «fuso» (III, 10; VI, 7); «incandescente» (V, 10); «incenerisce» (I,
7); «riaccesero» (V, 28); «spenge» (IX, 16); «spenti» (Di gennaio, di notte, 26); «spento
(ha)» (XI, 1) ecc. La luce: «abbaglio» (La notte viene col canto, 21); «accendersi» (IV, 15);
«barbaglio» (VII, 5; XI, 2; XII, 1); «brillava» (XIV, 7); «candore» (XIV, 15);
«chiarezza» (VIII, 6); «chiari» (XIII, 14); «elucidati» (XIII, 2); «fari» (La notte viene col
canto, 21); «giorni» (XII, 3 (bis); XIII, 13; Di gennaio, di notte, 8); «giorno» (V, 2, 21; XI, 5);
«illuminato» (XI, 3); «lampanti» (XIV, 9); «lucciola» (IV, 14); «lucciole» (La notte viene
col canto, 19); «luce» (I, 23; III, 6; VI, 15; XI, 14; XIII, 20); «luci» (La notte viene col canto,
3); «lucida» (VI, 12); «lucide» (II, 4; XIII, 5; La notte viene col canto, 34); «lucidi» (III, 2);
«lucido» (IV, 12; V, 1; XI, 8); «luminoso» (I, 13); «mattino» (V, 10; X, 17); «raggiava» (III,
9; VII, 1); «riaccesero» (V, 28) ecc. L’oscurità: «brune» (VI, 2); «buio» (VI, 16; X, 1; XIV,

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saggio luziano Sulla poesia di Guido Cavalcanti. 22 Tra i due canzonieri, quello
luziano e quello cavalcantiano, la somiglianza che immediatamente s’impone
è che entrambi trattano di un amore, di quell’amore “gotico”, che porta a un
innalzamento dell’uomo ed è rivolto verso un altro da sé, incarnato da una
figura femminile. Il lavoro critico di Luzi ci fornisce alcuni elementi di
intelligenza di Cavalcanti e della sua stessa opera. Riguardo al primo afferma:
«La donna stessa, l'oggetto comune cioè della lirica secolare […] esiste prima di
tutto come figura, come volto di eccezionale potenza. I movimenti interni che
seguono questa rivelazione testimoniano che egli aderiva intensamente ad essa,
non soccorso da alcuna maniera, con una semplicità inerme e viva; fisso nella
figura, trascura i particolari e i decori, per esaltarne il valore accentua in essa gli
attributi essenziali d'umanità e giunge al punto di identificare i pregi estetici in
quelli morali. L'eccellenza della donna consiste nel manifestare e nel suggerire
con più efficace espressione attraverso il volto e lo sguardo, uno stato interiore
più alto: e cioè nell'essere al massimo grado figura o al massimo grado umana». 23
Nell’intervista che abbiamo poc’anzi ricordato, a una domanda che si
riferiva alla “sua” donna, Luzi dichiara:
«…io trovavo questa immagine reale che avevo davanti in quell’epoca, e che però,
come le dicevo, è talmente trascesa […] non è importante la singola donna, però la
donna, come dire, era presente, come volto, era presente! Quando pensavo, vedevo gli
occhi, vedevo lei! […] È un’immagine, però un’immagine che allora era costante…». 24
4); «cupa» (I, 1); «notte» (XI, 9, 11; La notte viene col canto, 1; Di gennaio, di notte, 1);
«notti» (La notte viene col canto, 17); «notturno» (I, 13); «ombra» (IV, 3; VI, 7; VII, 12; X,
10; XI, 10; XII, 8); «ombre» (VII, 6); «opaca» (XIV, 12); «opache» (I, 11; III, 2);
«oscura» (IV, 9; X, 3); «penombra» (II, 11); «sera» (VI, 10; XII, 5); «tenebra» (IV, 16) ecc.
22 M. Luzi, Sulla poesia di Guido Cavalcanti, in L’inferno e il limbo, pp. 82-89. I limiti imposti al
presente lavoro non consentono un confronto esaustivo fra gli autori in questione; in
questa sede, dunque, forniremo solo alcuni elementi dai quali non è possibile prescindere.
23 M. Luzi, Sulla poesia di Guido Cavalcanti, p. 85.
24 C. Marras, Quaderno gotico. Intervista a Mario Luzi, pp. 484-485.

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Gli occhi, lo sguardo, campo semantico di forte occorrenza in entrambi,
sono certamente la parte più pura, più eterea della donna, ma le
conferiscono, al contempo, una carnalità, caratterizzandola come
persona reale, umana. Questa figura trascende quindi se stessa, è
simbolo di qualcos’altro ma, in tutti e due i casi, è esistita. In
Cavalcanti Giovanna rappresenta le virtù morali; in Luzi, come dice
Zagarrio, è la «Donna-Anima-Vita perfetta». 25
La donna è ovviamente altro da sé. Questa alterità però, ben lungi
dall’essere posseduta, viene perennemente ricercata e i poeti ne
attendono la comparsa. Anche la sua epifania, comunque, non porta
tranquillità nell’animo ma, al contrario, angoscia. La donna amata,
veicolo di una trascendenza, di una verità, non è raggiungibile in modo
definitivo, non ci si appropria in eterno di lei. È l’altro e tale rimane. I
poeti di volta in volta le si accostano, la sfiorano – sfiorando così la
luce – per poi ricadere nel buio. Da qui l’angoscia, il tormento ma mai
la disperazione. In altre parole, si potrebbe dire che Luzi e Cavalcanti
aspirano all’altezza, vedono il mezzo per raggiungerla nella figura reale
e simbolica della donna, e ricevono dal suo apparire qualche barlume
di verità. Ben presto, però, ella scompare riconducendo i poeti sul
cammino della ricerca e dell’ascesa verso la conoscenza. Da ciò il
tormento, l’angoscia, che si tramuteranno in stupore non appena la
donna diventerà di nuovo visibile.
25 G. Zagarrio, Luzi, p. 86.

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L’assenza della donna salvifica porta ad un «dolore totale che», pure,
«rimane miracolosamente ancora uno strumento di vita». 26 Difficile
quindi ipotizzare per entrambi una condizione limbica, petrarchesca.
Si può intravedere con una certa chiarezza la volontà luziana di uscire
dal limbo e di superare così la crisi drammaticamente percepita e
vissuta con la guerra in alcuni versi del Quaderno. Tra i molti esempi
che si potrebbero citare, si considerino almeno questi, in cui la
presenza della donna si associa alla sofferenza per la sua prossima
assenza e nei quali Luzi cerca di sintetizzare gli opposti per cercare le
già citate «identità assolute». Ci si riferisce alle liriche I, 6-8:
«L’incolume delizia, la penosa ansietà / d’esistere ci brucia e incenerisce
/ ugualmente ambedue»; I, 14-18: «ora noi ci leviamo acuminati, /
febbrili d’un futuro senza fine. // Così spira ed aleggia nell’anima
veemente / un desiderio prossimo a sgomento, / una speranza simile a
paura»; I, 27-29: «e io mi levo, mi libro e mi tormento / a far di me un
Mario irraggiungibile / da me stesso…»; II, 6-7: «Camminare è venirti
incontro, vivere / è progredire a te, tutto è fuoco e sgomento»; V, 23-26:
«Ed ecco, ora sentivo di soffrire: / quanti limiti avevo valicati, / le siepi
che m’avevano difeso, / orgoglio e indifferenza d’esistere»; VII, 1-4: «Era
una viva attesa che raggiava / in te paura e tremito ed in me / sensibile
delizia d’inoltrarmi / fra gli alberi, di bere alle fontane»; VIII, 9-11: «Sei
tu, l’attesa non è stata vana. / Sei venuta fin qui dove la pioggia /
26 M. Luzi, Sulla poesia di Guido Cavalcanti, in L’inferno e il limbo, p. 89.

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affumica le piante e s’allontana» e 13-16: «Ah ma l’angoscia in me non è
finita! / Mentre il cielo si fa tardo e non muta / l’incubo ancora sei, sei
tu perita / in un luogo dell’anima e perduta»; X, 19-20: «ah il viaggio
nell’Ade era compiuto, / ero giunto, potevo abbandonarmi»; Di gennaio,
di notte, 36: «prendo fiato, poi seguo la via crucis». La sofferenza, in
Luzi, è quindi veicolo al trascendente, ma anche e soprattutto,
immersione nei fatti del mondo, in quell’inferno da cui poi si dovrà
risalire. In La notte viene col canto questo valore è affermato
esplicitamente dalla donna. La voce femminile prende la parola solo
ora, a distanza di sei anni dal Quaderno, e ai vv. 31-38 afferma:
«La salvezza sperata così non si conviene
né a te, né ad altri come te. La pace,
se verrà, ti verrà per altre vie
più lucide di questa, più sofferte;
quando soffrire non ti parrà vano
ché anche la pena esiste e deve vivere
e trasformarsi in bene tuo ed altrui.
La fede è in te, la fede è una persona».