19.06.2013 Views

Restituire il mito. Sulla traduzione dei testi biblici di Emilio Villa

Restituire il mito. Sulla traduzione dei testi biblici di Emilio Villa

Restituire il mito. Sulla traduzione dei testi biblici di Emilio Villa

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

MARTA PENSI<br />

<strong>Restituire</strong> <strong>il</strong> <strong>mito</strong>.<br />

<strong>Sulla</strong> <strong>traduzione</strong> <strong>dei</strong> <strong>testi</strong> <strong>biblici</strong> <strong>di</strong> Em<strong>il</strong>io V<strong>il</strong>la<br />

Il <strong>mito</strong> è intraducib<strong>il</strong>e, inesplicab<strong>il</strong>e, sempre, senza<br />

speranza. Il <strong>mito</strong> è la strada tumultuosa ove un<br />

sentimento infinito trova stanza. Il suo periodo è<br />

un punto, la sua frequenza irreale, fittizia.<br />

EMILIO VILLA, introduzione alla <strong>traduzione</strong> dell’Enuma<br />

elis<br />

Il poeta lombardo Em<strong>il</strong>io V<strong>il</strong>la, morto nel 2003 a quasi novant’anni, nel<br />

corso della sua vita ha tradotto integralmente la Bibbia ebraica: la tôrah (istruzione),<br />

i profeti e gli scritti sapienziali, ovvero <strong>il</strong> complesso <strong>di</strong> libri che per <strong>il</strong><br />

canone cristiano costituisce l’Antico Testamento. La <strong>traduzione</strong> v<strong>il</strong>liana venne<br />

realizzata <strong>di</strong>rettamente dalle lingue originali – l’ebraico e l’aramaico (quest’ultimo<br />

per alcune sezioni <strong>di</strong> Daniele ed Esdra) – ed è l’unico esempio in Italia <strong>di</strong><br />

una <strong>traduzione</strong> integrale dell’Antico Testamento compiuta da una sola persona.<br />

Nonostante ciò soltanto alcune parti <strong>di</strong> questa <strong>traduzione</strong> sono state pubblicate.<br />

V<strong>il</strong>la, poeta, critico d’arte (è stato scopritore e sodale <strong>di</strong> molti talenti artistici<br />

del secolo: Burri, Matta, Schifano, Cagli, Capogrossi…), artista visivo egli stesso,<br />

è stato un <strong>di</strong>spersore ostinato <strong>dei</strong> suoi scritti ed è stato ugualmente ostinato<br />

nel coltivare una posizione nettamente marginale, irrequieta e non conformista<br />

rispetto alla “cultura ufficiale”. Ha compiuto tuttavia un imponente lavoro <strong>di</strong><br />

<strong>traduzione</strong> dalle lingue antiche, affrontando, oltre alla Bibbia, l’O<strong>di</strong>ssea, <strong>il</strong><br />

poema bab<strong>il</strong>onese Enuma elis (pubblicato nel 1939 su «Letteratura») e <strong>il</strong> Dies<br />

Irae <strong>di</strong> Tommaso da Celano. Tale profonda competenza linguistica era dovuta<br />

alla sua storia personale: fra <strong>il</strong> 1925 e <strong>il</strong> 1932 visse in <strong>di</strong>versi seminari lombar<strong>di</strong><br />

e, dopo aver abbandonato <strong>il</strong> percorso <strong>di</strong> formazione al sacerdozio, fra <strong>il</strong> 1934 e<br />

<strong>il</strong> 1938 frequentò come laico <strong>il</strong> Pontificio Istituto Biblico <strong>di</strong> Roma, stu<strong>di</strong>ando<br />

201


Marta Pensi<br />

assiriologia, le lingue semitiche e del settore cananaico, l’ugaritico, <strong>il</strong> fenicio,<br />

l’acca<strong>di</strong>co, <strong>il</strong> caldeo, i geroglifici egizi, oltre ovviamente ad approfon<strong>di</strong>re lo stu<strong>di</strong>o<br />

del latino e del greco 1 .<br />

Accostatosi alla storia delle versioni dell’Antico Testamento e alla lingua<br />

nella quale esso fu redatto – racconta Aldo Tagliaferri che ha scritto una vivacissima<br />

biografia <strong>di</strong> V<strong>il</strong>la – si convinse che era necessario accostarsi <strong>di</strong>rettamente<br />

ai <strong>testi</strong> originari e non era legittimo limitarsi alle versioni delle Scritture tramandate<br />

(rispettivamente <strong>il</strong> testo masoretico giudaico 2 , la <strong>traduzione</strong> <strong>dei</strong> Settanta, la<br />

Vulgata <strong>di</strong> san Girolamo), e che era altrettanto necessario rivalutare la parentela<br />

culturale con le antiche civ<strong>il</strong>tà mesopotamiche e con l’Egitto.<br />

Negli anni Quaranta V<strong>il</strong>la iniziò in maniera <strong>di</strong>scontinua a de<strong>di</strong>carsi a questa<br />

<strong>traduzione</strong>, ma risale solo al principio del decennio successivo la concezione <strong>di</strong><br />

un progetto <strong>di</strong> <strong>traduzione</strong> integrale, che <strong>di</strong>ede <strong>il</strong> via a una serie <strong>di</strong> abbozzi man<br />

mano rimaneggiati. A partire dal 1954 Bobi Bazlen convinse V<strong>il</strong>la a stipulare un<br />

contratto con la casa e<strong>di</strong>trice Einau<strong>di</strong> in base al quale, <strong>di</strong>etro <strong>il</strong> pagamento <strong>di</strong><br />

una somma fissa mens<strong>il</strong>e, si impegnava a portare a compimento l’intera <strong>traduzione</strong>.<br />

Fino alla fine <strong>di</strong> quel decennio V<strong>il</strong>la continuò ad onorare <strong>il</strong> suo compito,<br />

ma la <strong>traduzione</strong> venne rifiutata dall’e<strong>di</strong>tore. La storia <strong>di</strong> V<strong>il</strong>la è effettivamente<br />

costellata <strong>di</strong> ar<strong>di</strong>ti progetti e<strong>di</strong>toriali bloccati (e probab<strong>il</strong>mente avv<strong>il</strong>iti) da una<br />

serie <strong>di</strong> rinunce e rifiuti, ma l’interesse per i <strong>testi</strong> <strong>biblici</strong> aveva, come abbiamo<br />

visto, ra<strong>di</strong>ci lontane e si prolungò per tutto <strong>il</strong> corso della sua vita 3 .<br />

Nel 1947 infatti aveva stampato sotto <strong>il</strong> titolo <strong>di</strong> Antico teatro ebraico la <strong>traduzione</strong><br />

del libro <strong>di</strong> Giobbe e del Cantico <strong>dei</strong> cantici, ma questa operazione non<br />

1 «Lo stu<strong>di</strong>o, sia pure ancora amatoriale, del fenicio lascia intravedere avvincenti orizzonti<br />

sulle origini dell’alfabeto, e quello del caldeo sulle culture mesopotamiche, alle quali<br />

egli più tar<strong>di</strong> si de<strong>di</strong>cherà con incontenib<strong>il</strong>e e tenace entusiasmo», A. TAGLIAFERRI, Il clandestino.<br />

Vita e opere <strong>di</strong> Em<strong>il</strong>io V<strong>il</strong>la, Roma, DeriveAppro<strong>di</strong>, 2004, p. 17.<br />

2 Masorah in ebraico significa tra<strong>di</strong>zione, e masòra o massòra è <strong>il</strong> complesso <strong>di</strong> annotazioni<br />

critiche relative al testo della Bibbia, opera compiuta tra <strong>il</strong> VI e <strong>il</strong> X sec. d.C. che chiuse<br />

definitivamente la porta a qualsiasi variazione e interpolazione nel testo biblico. In precedenza<br />

gli scribi ne avevano fissato <strong>il</strong> testo consonantico e i punteggiatori ne avevano fissato la<br />

vocalizzazione.<br />

3 Aldo Tagliaferri commenta così l’esito negativo: «La male<strong>di</strong>zione che pesa su coloro che,<br />

lavorando nel settore dell’industria culturale, vogliono far quadrare presto i conti, è che <strong>di</strong> solito<br />

ci riescono al prezzo <strong>di</strong> sbarazzarsi delle proposte che abbisognano <strong>di</strong> tempi lunghi per essere<br />

recepite e per tramutarsi in vantaggi economici: quella <strong>di</strong> Em<strong>il</strong>io è una vita straor<strong>di</strong>nariamente<br />

produttiva <strong>di</strong> proposte, spesso generose e vitali, frustrate da un sistema incline a chiudere porte<br />

e finestre in faccia alle idee autenticamente innovative, per adattarsi alla logica della continuità<br />

e del crisma autorevole, accampata da d<strong>il</strong>aganti orde <strong>di</strong> “specialisti” universitari», ID., Il clandestino,<br />

cit., p. 95. E sono affascinanti i termini in cui descrive <strong>di</strong> V<strong>il</strong>la <strong>il</strong> «sovrano <strong>di</strong>stacco che gli<br />

impe<strong>di</strong>sce <strong>di</strong> godere della proprietà delle cose e lo esime dal prendere sul serio una concezione<br />

contab<strong>il</strong>e delle energie investite nella <strong>traduzione</strong> della Bibbia», ivi, p. 83.<br />

202


<strong>Restituire</strong> <strong>il</strong> <strong>mito</strong>. <strong>Sulla</strong> <strong>traduzione</strong> <strong>dei</strong> <strong>testi</strong> <strong>biblici</strong> <strong>di</strong> Em<strong>il</strong>io V<strong>il</strong>la<br />

era affatto legata a quel «progetto sistematico <strong>di</strong> <strong>traduzione</strong> integrale» che<br />

avrebbe affrontato nel decennio successivo e che avrebbe conosciuto costanti<br />

mo<strong>di</strong>fiche nel corso della sua esistenza. Nel 1970 nella nota biografica che scrive<br />

per <strong>il</strong> suo volume Attributi dell’arte o<strong>di</strong>erna, V<strong>il</strong>la dà <strong>testi</strong>monianza <strong>di</strong> questo<br />

work in progress raccontando <strong>di</strong> sé che, nei <strong>di</strong>eci anni <strong>di</strong> «assoluto s<strong>il</strong>enzio» tra<br />

<strong>il</strong> 1937 e <strong>il</strong> 1947, si era de<strong>di</strong>cato «alla f<strong>il</strong>ologia semitica (traduzioni dall’assiro,<br />

poi dall’ugaritico), allo stu<strong>di</strong>o <strong>dei</strong> problemi lessicali e testuali della Bibbia (è in<br />

continua elaborazione la sua <strong>traduzione</strong> dell’Antico Testamento), a stu<strong>di</strong> micenei<br />

e paleogreci (<strong>traduzione</strong>, anche, dell’O<strong>di</strong>ssea) […]» 4 .<br />

È noto inoltre che nel 1966 V<strong>il</strong>la prestò la sua consulenza per <strong>il</strong> kolossal<br />

cinematografico La Bibbia del regista John Houston, per <strong>il</strong> quale aveva lavorato<br />

gran parte della cerchia <strong>di</strong> artisti vicini a V<strong>il</strong>la (Cagli, Fontana…). Nel 1975<br />

sfumò tuttavia anche la pubblicazione <strong>di</strong> Genesi presso la casa e<strong>di</strong>trice<br />

Feltrinelli e più o meno nello stesso periodo V<strong>il</strong>la rifiutò un incarico <strong>di</strong> semitista<br />

che gli era stato proposto dall’Università <strong>di</strong> Ankara.<br />

La maggior parte del materiale della <strong>traduzione</strong> è rimasta sostanzialmente<br />

ine<strong>di</strong>ta: solo nel 1998 sulla rivista «<strong>il</strong> verri», in un numero monografico de<strong>di</strong>cato<br />

a V<strong>il</strong>la, vide la pubblicazione l’unico testo teorico v<strong>il</strong>liano sulla <strong>traduzione</strong><br />

della Bibbia, intitolato <strong>Sulla</strong> <strong>traduzione</strong> <strong>dei</strong> <strong>testi</strong> <strong>biblici</strong>, assieme ad una parte<br />

del terzo capitolo <strong>di</strong> Genesi. Poi nel 2004 sono state pubblicate, con la cura <strong>di</strong><br />

Cec<strong>il</strong>ia Bello, le traduzioni del libro <strong>dei</strong> Proverbi e del Cantico <strong>dei</strong> cantici. Tutto<br />

<strong>il</strong> materiale ine<strong>di</strong>to relativo alla Bibbia (per ogni libro <strong>traduzione</strong>, note e commento)<br />

è conservato in un fondo presso la Biblioteca Panizzi <strong>di</strong> Reggio Em<strong>il</strong>ia.<br />

L’intento primario della <strong>traduzione</strong> v<strong>il</strong>liana era restituire al testo biblico <strong>il</strong> suo<br />

valore pienamente umano e letterario, prima della sua portata sacra e religiosa, in<br />

un’ottica assolutamente laica e aconfessionale. È lui stesso a <strong>di</strong>re <strong>di</strong> voler recuperare<br />

<strong>il</strong> testo “attivo” al <strong>di</strong> là delle esegesi giudaica, ellenistica e cristiana che si<br />

sono avvicendate nella lettura delle opere della letteratura ebraica antica. Nel ’74<br />

in una scheda che doveva servire da proposta e<strong>di</strong>toriale V<strong>il</strong>la scriveva appunto:<br />

Non esiste in Italia, e nemmeno fuori d’Italia, una <strong>traduzione</strong> della Bibbia, o Antico<br />

Testamento, che non sia solo a-confessionale, ma proprio intimamente, interamente laica.<br />

Proponiamo quin<strong>di</strong> un progetto per una e<strong>di</strong>zione dell’Antico Testamento, cioè del corpus<br />

della letteratura ebraica antica, che contempli la necessità <strong>di</strong> una versione critica e tenga<br />

conto dell’in<strong>di</strong>spensab<strong>il</strong>e libertà che la cultura avanzata esige nella ricostruzione del testo 5 .<br />

4 E. VILLA, Attributi dell’arte o<strong>di</strong>erna 1947-1967, M<strong>il</strong>ano, Feltrinelli, 1970, p. 4. È documentato<br />

inoltre che nella sua biblioteca vi erano libri pubblicati dal Biblico negli anni<br />

Sessanta.<br />

5 Citato da Aldo Tagliaferri nella nota introduttiva non firmata a E. VILLA, <strong>Sulla</strong> <strong>traduzione</strong><br />

<strong>dei</strong> <strong>testi</strong> <strong>biblici</strong>, in «Il Verri», XLIII, nn. 7-8, 1998, p. 9.<br />

203


Marta Pensi<br />

Nella nota del traduttore (che risale al 1971) stampata in calce alla sua <strong>traduzione</strong><br />

dell’O<strong>di</strong>ssea assumeva del resto la medesima prospettiva, sancendo la<br />

necessità <strong>di</strong> affrontare <strong>il</strong> testo con onestà tentando <strong>di</strong> ritrovarne e ristab<strong>il</strong>irne <strong>il</strong><br />

senso originario al <strong>di</strong> là delle sovrainterpretazioni prodotte dalle letture che si<br />

sono succedute nei secoli:<br />

su alcuni <strong>testi</strong> “monstre”, poggiano a volte sterminate impalcature culturali, ideologiche,<br />

e, alla fine, attuali; come può essere l’Antico Testamento e come può essere, sia pure in altra<br />

misura, <strong>il</strong> testo detto <strong>di</strong> Omero […] <strong>di</strong> fronte a un sim<strong>il</strong>e stato <strong>di</strong> cose, la posizione del linguista,<br />

e dello storico, è <strong>di</strong> relativa serenità: si tratta <strong>di</strong> ritrovare, recuperare tutti i f<strong>il</strong>i, le vene,<br />

ripercorrere tutte le stazioni cellulari; e in questo senso bisogna <strong>di</strong>re che siamo proprio soltanto<br />

agli albori, forse nemmeno. Il lavoro fatto dalla f<strong>il</strong>ologia passata e moderna, in un paio <strong>di</strong><br />

secoli è da considerarsi, né più né meno, come preparatorio 6 .<br />

Il semitista Giancarlo Lacerenza, descrivendo la <strong>traduzione</strong> v<strong>il</strong>liana del corpus<br />

biblico, ne ha dato tre definizioni particolarmente significative: la <strong>traduzione</strong><br />

<strong>di</strong> V<strong>il</strong>la è concretizzante, etimologizzante e <strong>mito</strong>logizzatrice, tre tendenze<br />

inequivocab<strong>il</strong>mente connesse tra loro. È una <strong>traduzione</strong>, ha spiegato inoltre,<br />

«orientata a seguire <strong>il</strong> principio delle cosiddette equivalenze <strong>di</strong>namiche o funzionali<br />

rispetto a quello delle corrispondenze formali» 7 .<br />

In questo vasto lavoro su alcune opere fondative del «canone occidentale»,<br />

l’O<strong>di</strong>ssea e la Bibbia in primis, e risalendo alle loro origini ancora più antiche,<br />

<strong>il</strong> f<strong>il</strong>o conduttore <strong>di</strong> V<strong>il</strong>la è infatti un ra<strong>di</strong>cale interesse per le potenzialità della<br />

parola umana. Questo risalire alle ra<strong>di</strong>ci per restituire l’inizio significa infatti<br />

anche ripercorrere le stratificazioni storiche depositate all’interno della singola<br />

parola, per <strong>di</strong> più nella convinzione ra<strong>di</strong>cata che tutte le lingue possano «essere<br />

fatte risalire a una loro unità originaria» 8 .<br />

Fin dall’apertura del testo teorico <strong>Sulla</strong> <strong>traduzione</strong> <strong>dei</strong> <strong>testi</strong> <strong>biblici</strong> V<strong>il</strong>la<br />

<strong>di</strong>chiara precisamente <strong>il</strong> suo progetto: «Questa <strong>traduzione</strong> del primo libro della<br />

bibbia, definito in epoca ellenistica “Genesi” cioè “Origine”, propone l’abbandono<br />

della nozione confessionale <strong>di</strong> rivelazione “<strong>di</strong>vina”, in cui <strong>il</strong> celebre<br />

monumento letterario è andato storicamente a <strong>di</strong>ssolversi» 9 . E mette in luce proprio<br />

le origini <strong>mito</strong>logiche della letteratura ebraica antica:<br />

6 E. VILLA, Nota del traduttore, in OMERO, O<strong>di</strong>ssea, <strong>traduzione</strong> <strong>di</strong> E. V<strong>il</strong>la, Roma,<br />

DeriveAppro<strong>di</strong>, 2005 4 , pp. 421 e 419. V<strong>il</strong>la cominciò a tradurre l’O<strong>di</strong>ssea durante la guerra<br />

mon<strong>di</strong>ale e la <strong>di</strong>ede alle stampe per i tipi dell’e<strong>di</strong>tore Guanda (Parma) nel 1964 e poi, in una<br />

versione riveduta, per la Feltrinelli nel 1972.<br />

7 G. LACERENZA, V<strong>il</strong>la traduttore della Bibbia ebraica, contributo a un convegno su<br />

Em<strong>il</strong>io V<strong>il</strong>la svoltosi nel 2005 presso la Facoltà <strong>di</strong> Lettere e F<strong>il</strong>osofia dell’Università <strong>di</strong><br />

Salerno, atti in corso <strong>di</strong> pubblicazione.<br />

8 TAGLIAFERRI, Il clandestino, cit., p. 21. Ritornare «all’atto originario col quale si creano<br />

le cose nominandole», scrive sempre Tagliaferri nella nota introduttiva su «Il Verri», cit.<br />

9 VILLA, <strong>Sulla</strong> <strong>traduzione</strong> <strong>dei</strong> <strong>testi</strong> <strong>biblici</strong>, cit., p. 12.<br />

204


<strong>Restituire</strong> <strong>il</strong> <strong>mito</strong>. <strong>Sulla</strong> <strong>traduzione</strong> <strong>dei</strong> <strong>testi</strong> <strong>biblici</strong> <strong>di</strong> Em<strong>il</strong>io V<strong>il</strong>la<br />

Il delirio storico della letteratura ebraica nasce da un groviglio <strong>di</strong> nozioni e invenzioni<br />

<strong>mito</strong>logiche sulle origini del mondo. Una pura fictio mitica […] rappresenta e fonda <strong>il</strong> valore<br />

fittivo della parola creante e operante; una concezione geo<strong>di</strong>namica che è fondamento <strong>di</strong> ogni<br />

religione; e che, nella letteratura degli ebrei, sembra aver ricevuto una particolare e decisiva<br />

impronta dalla più ferma e antica teologia egiziana 10 .<br />

Il Genesi è infatti «una <strong>di</strong>sorganica accolta <strong>di</strong> miti da epoche immemorab<strong>il</strong>i»<br />

redatti tra X e III secolo, che provengono in larga parte dall’«ecumene letterario<br />

delle coste siro-palestinesi e delle aree mesopotamiche ed egizie». Originariamente<br />

la funzione <strong>di</strong> tali miti – spiega V<strong>il</strong>la – era liturgica e la lingua stessa è<br />

<strong>testi</strong>mone della destinazione cultuale del materiale narrativo che è <strong>il</strong> risultato<br />

della fissazione <strong>di</strong> quei miti antichi.<br />

La lingua ebraica, dunque, va intesa come lingua adottata, in secoli lontani, che cessò <strong>di</strong><br />

essere lingua parlata popolarmente, più o meno nel secolo V a.C., praticamente sostituita dall’aramaico;<br />

mentre l’ebraico sopravvisse come lingua ufficiale del sacerdozio e del culto;<br />

quasi lingua “sacra”, <strong>di</strong> quel sacerdozio che co<strong>di</strong>ficò in un unico grande corpus storico, letterario,<br />

liturgico e teologico <strong>il</strong> complesso <strong>di</strong> prodotti <strong>di</strong> varia epoca, genere, formazione e<br />

ascendenza. Quel corpus, canonicamente chiuso nel II sec. a.C., che venne, in epoca ellenistica,<br />

dai f<strong>il</strong>ologi giudeo-ellenistici mandato sotto <strong>il</strong> nome <strong>di</strong> tà biblìa, “i libri”; esattamente i<br />

libri dell’Antico Patto (berit, synthèke), tradotto dai “Settanta” traduttori <strong>di</strong> Alessandria come<br />

palaiè <strong>di</strong>athèke, “Antico Testamento”, continuato nelle versioni latine, vetus testamentum 11 .<br />

Fissando alcuni punti certi frutto delle indagini della critica testuale moderna,<br />

<strong>il</strong> traduttore spiega come questo «vasto materiale <strong>di</strong> formazione spontanea,<br />

collettiva, nato e destinato ai suoi fini culturali», «osc<strong>il</strong>lando da formazione<br />

orale a tra<strong>di</strong>zione orale e scritta», è stato infine, sotto la gestione del sacerdozio<br />

colto, <strong>di</strong>sposto secondo una griglia d’arte «narrativa, epica, etiologica, innica,<br />

oracolare». La questione della cronologia e della datazione <strong>dei</strong> <strong>di</strong>versi materiali<br />

è <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e però a causa della «durezza conservativa della lingua ebraica».<br />

Questo materiale, <strong>di</strong> provenienza <strong>mito</strong>logica e rituale, è stato poi coperto nei<br />

secoli da incrostazioni <strong>di</strong> varia natura, che hanno prodotto molteplici letture<br />

allegoriche del testo, che hanno superato e annientato quelle letterali:<br />

La confusione <strong>dei</strong> livelli ha portato a uno svuotamento <strong>dei</strong> miti e <strong>dei</strong> simboli arcaici; che<br />

reinterpretati e deformati, poi entrati in collusione con altre nozioni neo-mesopotamiche, iraniche<br />

e me<strong>di</strong>terranee, si sono <strong>di</strong>ssolti in nuovi vaghi contenuti dove l’esegesi giudaica, quella<br />

ellenistica, e infine <strong>il</strong> cristianesimo hanno riversato le proprie intenzioni e attinto i propri<br />

poteri […] Nel lungo travaglio giudaico-ellenistico-cristiano, <strong>il</strong> testo venne allora ad immergersi<br />

nelle ondate allegoristiche. E l’aggressione “allegorica” al testo non è da intendersi<br />

come fase organica del testo; ma, proprio, un incidente <strong>di</strong> <strong>di</strong>sgregazione. È la fine (forse <strong>il</strong><br />

10 Ivi, p. 13.<br />

11 Ivi, pp. 17-18.<br />

205


Marta Pensi<br />

fine, <strong>il</strong> destino) del testo. Per questo, <strong>il</strong> testo attivo va recuperato, nei limiti del possib<strong>il</strong>e,<br />

sotto le manomissioni e i rimaneggiamenti, adattamenti e obliterazioni. Il lavoro <strong>di</strong> recupero<br />

è stato lungamente tentato dalle moderne scienze storiche; e lungamente contrastato dalla<br />

conservazione confessionale […] 12 .<br />

Se le interpretazioni allegoriche del materiale <strong>mito</strong>logico sono frutto <strong>di</strong><br />

appropriazioni successive, solo restituendo la lettera del testo, si può provare a<br />

scorgerne <strong>il</strong> significato originario. Il risalire al passato e la ricostruzione del<br />

materiale <strong>mito</strong>logico e cultuale passa dunque per lo stu<strong>di</strong>o della lingua, con<br />

un’attenzione specifica per la storia della parola e per <strong>il</strong> suo statuto sacro. La<br />

passione per l’etimologia nasce dunque da qui, da questa inesausta tensione a<br />

ritroso sino alle origini del linguaggio umano:<br />

La ricerca sistematica dell’etimologia sacra e organica (speciale paretimologia) è, nel<br />

complesso corpo biblico, la vertebra che lo percorre tutto, a perpen<strong>di</strong>colo e in orizzontale, in<br />

ogni tempo e in or<strong>di</strong>ne al principio della creatività della parola, concezione propria dell’antico<br />

pastore arameo come del colto sacerdote <strong>di</strong> epoca ellenistica. (E la presente versione cerca<br />

<strong>di</strong> segnalare, scegliendole nella maggiore congerie, in parte ermetica, in parte incerta, in parte<br />

irrecuperab<strong>il</strong>e, le mosse principali del proce<strong>di</strong>mento etimologizzante, etiologico o demonologico)<br />

13 .<br />

In questa ricerca <strong>di</strong> un «linguaggio originario» – i cui frutti, nella visione v<strong>il</strong>liana,<br />

si offrono alla «considerazione moderna» per essere re-investiti fecondamente<br />

– è naturale che la pred<strong>il</strong>ezione <strong>di</strong> V<strong>il</strong>la sia per le parole «caric[he] <strong>di</strong><br />

riferimenti e sovrapposizioni culturali e cultuali» 14 o, in altre parole, per <strong>il</strong> «se<strong>di</strong>mento<br />

verbale concreto, che <strong>il</strong> più possib<strong>il</strong>e si avvicini alla deflagrazione babelica,<br />

e quin<strong>di</strong> che maggiormente rechi i segni dell’“unità strutturale” a essa<br />

deflagrazione precedente» 15 .<br />

La Bibbia <strong>di</strong>venta per V<strong>il</strong>la <strong>il</strong> campo <strong>di</strong> prova ideale in cui sperimentare <strong>il</strong><br />

rapporto tra parola umana e parola <strong>di</strong>vina, in un’ottica secondo cui la parola<br />

umana è sacra perché è magica, è azione, emette energia e produce effetti sul<br />

mondo, «<strong>il</strong> puro linguaggio come origine <strong>dei</strong> mon<strong>di</strong>, sia esso <strong>il</strong> logos <strong>di</strong>vino o<br />

quello poetico e artistico» 16 . Nel libro <strong>dei</strong> Proverbi ad esempio approda a notevoli<br />

risultati questo laboratorio sulla parola, stu<strong>di</strong>ata nelle sue potenzialità<br />

12 Ivi, pp. 16-17.<br />

13 Ivi, p. 19.<br />

14 C. BELLO, Renovatum Mund<strong>il</strong>oqium: sul latino <strong>di</strong> Em<strong>il</strong>io V<strong>il</strong>la, in «Il Verri», XLIII,<br />

nn. 7-8, 1998, pp. 82-83.<br />

15 A. CORTELLESSA, Una nuova scienza dell’occhio rovesciato. Em<strong>il</strong>io V<strong>il</strong>la scrive l’arte,<br />

ivi, p. 100.<br />

16 A. TAGLIAFERRI, Prefazione a E. VILLA, Conferenza, Roma, Coliseum, 1997, p. 13. Ma<br />

cfr. anche E. VILLA, L’arte dell’uomo primor<strong>di</strong>ale, M<strong>il</strong>ano, Abscon<strong>di</strong>ta, 2005.<br />

206


<strong>Restituire</strong> <strong>il</strong> <strong>mito</strong>. <strong>Sulla</strong> <strong>traduzione</strong> <strong>dei</strong> <strong>testi</strong> <strong>biblici</strong> <strong>di</strong> Em<strong>il</strong>io V<strong>il</strong>la<br />

magiche <strong>di</strong> intervento sul mondo. È frequente infatti in questo libro biblico,<br />

spiega V<strong>il</strong>la, un uso del linguaggio «rifatto sul calco della fraseologia magica» e<br />

dettato da una penetrante «visione magica del mondo». Nella concezione<br />

sapienziale – scrive <strong>il</strong> traduttore – «anche le formule della <strong>di</strong>vinazione, del sort<strong>il</strong>egio,<br />

della mantica […] sono fondamento <strong>di</strong> conoscenza, <strong>di</strong> scienza e <strong>di</strong> giustizia,<br />

in quanto partecipi della potenza creativa della parola, secondo la concezione<br />

<strong>mito</strong>logica, specialmente paleo-egiziana» 17 .<br />

Proprio la peculiarità della lingua ebraica, che necessita – com’è noto – <strong>di</strong><br />

essere vocalizzata per essere letta, apre la strada nella sua indeterminatezza<br />

costitutiva a infiniti giochi <strong>di</strong> omofonie, polisemie, etimologie e paretimologie.<br />

Possiamo infatti affermare che la <strong>traduzione</strong> della Bibbia costituisce per V<strong>il</strong>la un<br />

vastissimo laboratorio sul linguaggio e sulla parola, che gli consente uno scavo<br />

dall’interno alla ricerca <strong>di</strong> etimologie <strong>il</strong> più possib<strong>il</strong>e arretrate, forzate a volte<br />

sino a false etimologie, basate sul suono, sulle assonanze. È significativo che tra<br />

i suoi progetti culturali vi fosse un <strong>di</strong>zionario etimologico italiano (oltre a un<br />

<strong>di</strong>zionario <strong>mito</strong>logico, entrambi rimasti ine<strong>di</strong>ti), <strong>di</strong> cui sono pervenute migliaia<br />

<strong>di</strong> schede, che intendeva mostrare <strong>il</strong> reale peso dell’influenza delle lingue semitiche,<br />

sumeriche e mesopotamiche nella formazione delle parole italiane. Nella<br />

scheda che <strong>il</strong>lustrava <strong>il</strong> progetto e<strong>di</strong>toriale della Bibbia, V<strong>il</strong>la deplorava proprio<br />

<strong>il</strong> fatto che «storicamente i nostri <strong>di</strong>zionari non conoscevano mai i rapporti storico-morfologici<br />

con le lingue mesopotamiche antiche, con le lingue me<strong>di</strong>oorientali,<br />

con i linguaggi preistorici paleo-me<strong>di</strong>terranei, paleo-africani, paleoalpini<br />

ecc.».<br />

In un articolo degli anni Cinquanta V<strong>il</strong>la sosteneva: «rimane <strong>il</strong> fatto che la<br />

parte più sollevata, più solenne, più audace della produzione artistica moderna,<br />

e ormai anche statisticamente più ricca, è quella che cerca <strong>il</strong> suo orientamento<br />

nella naturale reviviscenza delle etimologie sorprese nel loro trasalimento originario,<br />

e nella sua alterna condotta storica» 18 , ma era tuttavia consapevole che –<br />

come spiega ancora Tagliaferri – «proprio inseguendo <strong>il</strong> senso originario delle<br />

parole, e quin<strong>di</strong> rinnovando lo scandalo dello iato tra significante e significato»<br />

non si può che giungere ad ammettere «l’inevitab<strong>il</strong>ità della re-etimologizzazione<br />

infinita» 19 .<br />

V<strong>il</strong>la, che per <strong>il</strong> testo fa riferimento alla masòra, alla versione <strong>dei</strong> Settanta e<br />

alla Vulgata, nella sua <strong>traduzione</strong> espunge ciò che ritiene glossa e interpolazione,<br />

anche le aggiunte <strong>dei</strong> Settanta, riportando però in nota i versetti espunti e le<br />

17 E. VILLA, Proverbi e Cantico. Traduzioni dalla Bibbia, cura e prefazione <strong>di</strong> C. Bello<br />

Minciacchi, Napoli, Bibliopolis, 2004, nota 89 p. 175 (corsivo mio).<br />

18 E. VILLA, Noi e la preistoria, in «Arti Visive», s. II, n. 1, 1954.<br />

19 TAGLIAFERRI, Nota introduttiva, cit., p. 10.<br />

207


Marta Pensi<br />

scelte delle traduzioni convenzionali, e si d<strong>il</strong>unga nel fitto apparato <strong>di</strong> note a<br />

spiegare attraverso quali vicende testuali questi libri sono pervenuti. Cerca coincidenze<br />

tra miti <strong>di</strong> ambiti culturali <strong>di</strong>versi, formula (e azzarda) ricostruzioni<br />

morfologiche e ipotesi interpretative, censurando le «pigrizie» f<strong>il</strong>ologiche e<br />

offrendo «provocazioni esegetiche». Nel lavoro v<strong>il</strong>liano «<strong>traduzione</strong> e interpretazione<br />

si intrecciano e con<strong>di</strong>zionano reciprocamente» 20 , e attraverso <strong>il</strong> suo<br />

commento e le sue annotazioni si viene tessendo una vera e propria ragnatela <strong>di</strong><br />

continui riman<strong>di</strong> tra i libri dell’Antico Testamento.<br />

Per V<strong>il</strong>la la teofania, la «resa visib<strong>il</strong>e» del <strong>di</strong>vino, agiscono nella Bibbia<br />

come <strong>mito</strong> allo stato puro, oppure, <strong>il</strong> che è lo stesso, come «culto operante».<br />

V<strong>il</strong>la è convinto, appunto, che <strong>il</strong> <strong>mito</strong> teologico ha ra<strong>di</strong>ci nel culto liturgico e<br />

tale convinzione trova una conferma parallela nel materiale <strong>mito</strong>logico che è<br />

andato a formare l’O<strong>di</strong>ssea, che V<strong>il</strong>la r<strong>il</strong>egge (e traduce interamente) come una<br />

lunga serie <strong>di</strong> scene cultuali e liturgiche montate assieme, che sono a loro volta,<br />

in un continuo cortocircuito, rievocazioni <strong>di</strong> miti e delle azioni rituali che li<br />

accompagnavano. Scriveva infatti nella Nota del traduttore apposta alla fine<br />

della <strong>traduzione</strong> dell’O<strong>di</strong>ssea:<br />

[…] proprio la realtà e la poesia dell’altissimo prodotto consistono appunto in questo suo<br />

sommo essere, e essere al sommo, tutta realtà e pura manifestazione <strong>di</strong> musica rituale, mossa<br />

in mo<strong>di</strong> storicamente sussultori, attorno ad alcuni nuclei e morfemi <strong>di</strong> natura cultuale, solo<br />

più tar<strong>di</strong> trasferiti in istituto cerimoniale; poi ancora, celebratoria; e infine caduta nella rete<br />

letteraria.<br />

L’epos omerico, noi cre<strong>di</strong>amo, proviene <strong>di</strong>rettamente, come spinta morfologica, e come<br />

progressiva aggregazione, dall’azione rappresentativa liturgica <strong>di</strong> stanze <strong>mito</strong>logiche; o,<br />

ad<strong>di</strong>rittura, <strong>di</strong> un <strong>mito</strong>. Per vie e gra<strong>di</strong> <strong>di</strong>scendenti, l’epos organizzò o aggregò un materiale<br />

accatastatosi nel corso <strong>di</strong> alcuni secoli, fino a prendere una intelaiatura bassa e lenta, che è<br />

quella, forse, dell’VIII-VII secolo a.C., prima costellazione <strong>di</strong> nuclei che successivamente<br />

verranno accolti e quasi come consumati, già logori e confusi, in una progressiva incastellatura<br />

letteraria, gonfiata da elementi eterogenei, tuttavia adattab<strong>il</strong>i a una specie <strong>di</strong> antologia quasi<br />

<strong>di</strong>sponib<strong>il</strong>e a tutto, come una parvenza <strong>di</strong> nuova genesi, origine. Invece, arcaicamente,<br />

doveva trattarsi, con grande probab<strong>il</strong>ità, <strong>di</strong> una lunga teomachia. […] Ho tentato, dunque,<br />

varianze e mob<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> toni, <strong>di</strong> misure, <strong>di</strong> timbri, <strong>di</strong> accenti, per riflettere, in modo s’intende<br />

del tutto e soltanto in<strong>di</strong>zievole, una ben complessa, e <strong>di</strong>ciamo pure <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>natissima stratigrafia<br />

tonale e timbrica del testo, messo insieme da una evoluzione abbastanza inafferrab<strong>il</strong>e, su<br />

materiali forse già obsolescenti, per l’usura cui erano andati sottoposti, e per la naturale decadenza<br />

della funzione cultuale e rituale cui i materiali stessi erano naturalmente destinati 21 .<br />

Il cosiddetto Pentateuco, quello che V<strong>il</strong>la chiama «l’appassionato congegno<br />

antologico <strong>dei</strong> primi cinque libri della Bibbia, nato nella <strong>di</strong>dascalica sacerdota-<br />

208<br />

20 Ivi, p. 9.<br />

21 VILLA, Nota del traduttore, cit., pp. 413-414, 444 (corsivi miei).


<strong>Restituire</strong> <strong>il</strong> <strong>mito</strong>. <strong>Sulla</strong> <strong>traduzione</strong> <strong>dei</strong> <strong>testi</strong> <strong>biblici</strong> <strong>di</strong> Em<strong>il</strong>io V<strong>il</strong>la<br />

le», si serve d’altro canto proprio della <strong>mito</strong>logia per rappresentare un’ideale<br />

cronologia sacra piegata in senso precisamente apocalittico ed escatologico.<br />

Anche lo stesso Cantico – come vedremo – è per V<strong>il</strong>la la rappresentazione puntuale<br />

<strong>di</strong> un rito ricorrente sotto forme <strong>di</strong>verse ma omologhe in più <strong>di</strong> una tra<strong>di</strong>zione<br />

cultuale (ammonea, amorrea, ugaritica…). E anche nella prima lunga nota<br />

al libro <strong>dei</strong> Proverbi <strong>il</strong> traduttore spiegava che <strong>il</strong> vasto materiale <strong>di</strong> argomento<br />

sapienziale che forma <strong>il</strong> libro è arrivato attraverso una lunga tra<strong>di</strong>zione orale,<br />

frutto <strong>di</strong> una “Internazionale del sapienzalismo” sv<strong>il</strong>uppatasi tra Mesopotamia,<br />

Siria, Egitto e Palestina a partire da un substrato “proverbialistico” <strong>di</strong> fondo<br />

semitico nomade 22 .<br />

Per fornire qualche prelievo esemplificativo del modus operan<strong>di</strong> v<strong>il</strong>liano,<br />

accostiamoci ora ai <strong>testi</strong> tradotti che sono stati pubblicati: <strong>il</strong> frammento <strong>di</strong><br />

Genesi, i Proverbi e <strong>il</strong> Cantico <strong>dei</strong> cantici. Guar<strong>di</strong>amo innanzi tutto ai primi versetti<br />

del terzo capitolo <strong>di</strong> Genesi che narrano l’episo<strong>di</strong>o biblico in cui la donna<br />

mangia del frutto dell’albero e ne dà anche all’uomo:<br />

6 La Femmina allora si accorse che l’albero era buono da mangiare, e che solo a guardarlo<br />

metteva appetito. L’albero dava la concupiscenza <strong>di</strong> comprendere le cose. Essa staccò un frutto<br />

dall’albero e mangiò; e ne <strong>di</strong>ede anche al suo Maschio, che le stava accanto; e questi mangiò.<br />

7 Si aprirono allora gli occhi a tutt’e due, e s’accorsero che loro eran nu<strong>di</strong>! Cucirono subito<br />

insieme delle foglie <strong>di</strong> fico, e si fecero <strong>dei</strong> perizomi. 8 A un certo punto u<strong>di</strong>rono <strong>il</strong> rumore <strong>di</strong><br />

Jahwè che passeggiava su e giù per l’Oasi, alla brezza marina; l’Uomo e la Donna si nascosero,<br />

lontano dalla presenza <strong>di</strong> Jahwè, in mezzo agli alberi dell’Oasi.<br />

Possiamo verificare in questi versetti uno <strong>dei</strong> proce<strong>di</strong>menti tipici della <strong>traduzione</strong><br />

v<strong>il</strong>liana, che consiste nel piegare <strong>il</strong> significato del testo <strong>di</strong> partenza con <strong>il</strong><br />

fine <strong>di</strong> ristab<strong>il</strong>irne l’interpretazione originaria. Come <strong>di</strong>re che nell’intento <strong>di</strong><br />

«restituire <strong>il</strong> <strong>mito</strong>» non si può percorrere altra strada che quella <strong>di</strong> deformarlo <strong>di</strong><br />

nuovo per renderlo nella sua assoluta contemporaneità. Lacerenza ha infatti<br />

notato che V<strong>il</strong>la, parlando <strong>di</strong> Femmina e <strong>di</strong> Maschio nonostante l’ebraico biblico<br />

<strong>di</strong>sponga, per le definizioni <strong>di</strong> genere, <strong>di</strong> altri sostantivi specifici, «introduce tramite<br />

una forzatura lessicale […] la sua lettura del racconto della Genesi come<br />

un testo <strong>di</strong> <strong>mito</strong>grafia delle origini: l’uomo e la donna <strong>di</strong>vengono, sottolineandolo<br />

con l’uso delle maiuscole, <strong>il</strong> Maschio e la Femmina <strong>dei</strong> primor<strong>di</strong>; prototipi,<br />

22 Siamo <strong>di</strong> fronte a un testo, spiega V<strong>il</strong>la, «spesso mal conservato; spesso avariato dai<br />

redattori <strong>di</strong> ogni epoca; spesso internamente ambiguo; spesso deformato dalla traf<strong>il</strong>a della<br />

memoria; e spesso co<strong>di</strong>ficato in un lessico <strong>di</strong> cui non riusciamo a ricostruire l’etimologia e la<br />

storia; spesso vessato da reinterpretazioni tar<strong>di</strong>ve o rifatto sulla lingua più tarda, e sottoposto<br />

a processi <strong>di</strong> demagizzazione sia dai massoreti sia nell’ambito ellenistico», VILLA, Proverbi e<br />

Cantico, cit., nota 1, p. 160.<br />

209


Marta Pensi<br />

più che progenitori, della specie umana». Anche <strong>il</strong> maiuscolo Oasi ne rafforza<br />

«la proiezione in uno spazio non riconducib<strong>il</strong>e a un qualche luogo della terra,<br />

ma alla sfera della <strong>mito</strong>poiesi». «V<strong>il</strong>la – chiosa ancora Lacerenza – sceglie, per<br />

le gran<strong>di</strong> realtà, le categorie del mitico». Nelle poche note alla <strong>traduzione</strong> <strong>di</strong><br />

questi versetti <strong>di</strong> Genesi V<strong>il</strong>la mette appunto in comunicazione «elementi e<br />

mitemi tipici <strong>di</strong> questo racconto» biblico con quel «comune patrimonio <strong>mito</strong>logico»<br />

<strong>di</strong>ffuso in tutta la zona me<strong>di</strong>o-orientale e paleo-me<strong>di</strong>terranea e con miti<br />

analoghi presenti nella cultura egiziana e nella letteratura akka<strong>di</strong>ca, arrivando ad<br />

augurarsi che «analogie testuali, o nuove comparazioni letterarie nell’ambito<br />

dell’Antico Oriente, possano offrire mezzi più sicuri che ci aprano <strong>il</strong> testo» 23 .<br />

I Proverbi e <strong>il</strong> Cantico, pubblicati assieme nel 2004, l’anno successivo alla<br />

morte <strong>di</strong> V<strong>il</strong>la, sono invece, tra tutti i libri della Bibbia, i più improntati a un’ottica<br />

umana e mondana ed entrambi presentano una forma poetica. Soprattutto <strong>il</strong><br />

Cantico è <strong>il</strong> libro biblico che in misura più incisiva è stato fonte <strong>di</strong> contrastanti<br />

interpretazioni e <strong>di</strong> conflitti esegetici, finendo per essere sovrastato da congetture<br />

e chiose eru<strong>di</strong>te. V<strong>il</strong>la nell’e<strong>di</strong>zione del ’47 forniva l’immagine particolarmente<br />

vivace <strong>di</strong><br />

Trenta secoli nei quali indagini, spiegazioni, torture e storture <strong>di</strong> vario genere, sovrastrutture,<br />

sovrintenzioni e sottintenzioni, tentativi <strong>di</strong> raddrizzamenti, lotte <strong>di</strong>spute passioni polemiche<br />

dubbi scrupoli e godurie <strong>di</strong> scribi e farisei, <strong>di</strong> poeti e <strong>di</strong> santi padri, <strong>di</strong> gesuiti domenicani<br />

carmelitani scalzi e <strong>di</strong> critici razionalisti f<strong>il</strong>ologi glottologi amatori <strong>di</strong> letterature comparate,<br />

<strong>di</strong> monache e <strong>di</strong> seminaristi, <strong>di</strong> mistici e <strong>di</strong> erotomani, <strong>di</strong> parroci, <strong>di</strong> professori, e altre umane<br />

agitazioni hanno sommosso i fondali <strong>di</strong> un testo, in sé scabroso dal punto <strong>di</strong> vista della letteratura<br />

così detta ispirata a superis, in sé anche leggermente torbido, ma, in realtà, non così<br />

oscuro, o tale da giustificare tutte le vicende e le peripezie alle quali un ingenuo e sfrenato<br />

cantico amoroso ha dovuto sobbarcarsi per comunque resistere 24 .<br />

V<strong>il</strong>la si tiene nel solco della lettura esegetica che lo considera una descrizione<br />

<strong>dei</strong> riti della fecon<strong>di</strong>tà propri del culto ierogamico <strong>di</strong>ffuso tra i Cananei. La<br />

sua principale innovazione consiste nella <strong>di</strong>visione in battute teatrali, secondo<br />

un criterio <strong>di</strong> attribuzione ai personaggi che si <strong>di</strong>scosta da quello tra<strong>di</strong>zionale.<br />

Per spiegare i nomi <strong>dei</strong> due protagonisti (Shalma e Shulmit 25 ) risale alle <strong>di</strong>vinità<br />

23 Cfr. ivi, nota 4, p. 25.<br />

24 E. VILLA, Antico teatro ebraico. Giobbe. Cantico <strong>dei</strong> cantici, M<strong>il</strong>ano, Il Poligono,<br />

1947, citato da Tagliaferri (Il clandestino, cit., p. 43).<br />

25 Shalma, <strong>il</strong> personaggio che viene comunemente inteso come Salomone – <strong>il</strong> primo versetto<br />

del Cantico viene infatti letto «Cantico <strong>dei</strong> cantici, che è <strong>di</strong> Salomone», nel solco <strong>di</strong> una<br />

«tra<strong>di</strong>zione incontrollata» secondo cui <strong>il</strong> re sarebbe stato autore del componimento –, è <strong>il</strong><br />

nome della <strong>di</strong>vinità. Shulmit, che nelle versioni tra<strong>di</strong>zionali è la Sulamita – ma in realtà <strong>il</strong><br />

nome compare esclusivamente al versetto 7,1 e spesso gli esegeti lo ricollegano alla sunamita<br />

<strong>di</strong> cui si parla nel I libro <strong>dei</strong> Re –, è la fanciulla. Tuttavia bisogna tenere presente che – come<br />

210


<strong>Restituire</strong> <strong>il</strong> <strong>mito</strong>. <strong>Sulla</strong> <strong>traduzione</strong> <strong>dei</strong> <strong>testi</strong> <strong>biblici</strong> <strong>di</strong> Em<strong>il</strong>io V<strong>il</strong>la<br />

dell’antico pantheon ammoneo 26 contestando la canonica attribuzione al re<br />

Salomone. Il Cantico è una scena <strong>di</strong> valore liturgico: la rievocazione <strong>di</strong> un <strong>mito</strong><br />

e della processione rituale che lo celebra. È <strong>il</strong> <strong>mito</strong> <strong>di</strong>ffuso con <strong>di</strong>verse varianti<br />

in molte culture, secondo cui <strong>il</strong> <strong>di</strong>o della fecon<strong>di</strong>tà, rimasto imprigionato negli<br />

inferi durante l’inverno, viene cercato dalla dea sua sposa e, una volta ritrovatisi,<br />

provocano riunendosi <strong>il</strong> rifiorire della natura. V<strong>il</strong>la legge tutto <strong>il</strong> libro in questa<br />

ottica, spiegando ogni simbolo e ogni gesto con riferimenti ai culti ammonei<br />

e amorrei, suffragando le sue osservazioni con prove e documenti etnologici e<br />

archeologici 27 . Anche nel Cantico «astrazioni come la morte, l’amore e la passione,<br />

realtà in<strong>di</strong>mostrab<strong>il</strong>i come l’inferno, o forze elementari come le acque<br />

abissali, sono r<strong>il</strong>etti come <strong>mito</strong>logemi». Leggiamo nella <strong>traduzione</strong> v<strong>il</strong>liana due<br />

famosi versetti dalla conclusione:<br />

6b Sì, forte come Mawet è l’Amore<br />

e la Passione è ostinata come l’Inferno.<br />

I suoi ardori sono ardori <strong>di</strong> fuoco,<br />

e le sue fiamme …<br />

7 Le Acque dell’Abisso infernale<br />

non possono estinguere Amore,<br />

né i Fiumi rapirlo.<br />

In essi ritroviamo l’uso delle maiuscole notate in Genesi: l’Amore, la<br />

Passione, l’Inferno, le Acque dell’Abisso infernale, tutti gli elementi sono personificati<br />

(Mawet è <strong>il</strong> <strong>di</strong>o della Morte, «la <strong>di</strong>vinità somma degli inferni» come scrive<br />

V<strong>il</strong>la in una nota al libro <strong>dei</strong> Proverbi). V<strong>il</strong>la lascia la lacuna del versetto 6 dopo<br />

«le sue fiamme», laddove le versioni convenzionali traducono solitamente più o<br />

meno in questo modo: «le sue vampe son vampe <strong>di</strong> fuoco, una fiamma del<br />

Signore!», che sarebbe l’unico punto in cui nell’intero libro compare la menzione<br />

<strong>di</strong> Dio, ma che tuttavia secondo <strong>il</strong> traduttore è soltanto un’interpolazione.<br />

avverte Bello Minciacchi – «nelle più recenti r<strong>il</strong>etture del Cantico V<strong>il</strong>la ha cancellato la <strong>di</strong>stribuzione<br />

e le attribuzioni <strong>dei</strong> versetti ai tre personaggi, ovvero ha cassato le in<strong>di</strong>cazioni nominali<br />

– “(Shalma)”, “(Shulmit)” e “(Coro)” – che aveva posto sul margine sinistro del testo»,<br />

C. BELLO MINCIACCHI, Appen<strong>di</strong>ce II, in VILLA, Proverbi e Cantico, cit., p. 215.<br />

26 Adone e Tanit (ovvero Tammuz e Ishtar), <strong>di</strong>vinità della «primavera rinascente», vocalizzando<br />

mlk in Malic, ovvero Malkishalma, <strong>il</strong> corrispondente amorreo del <strong>di</strong>o Tammuz (o<br />

Baal), cfr. ivi, note 1 e 3, pp. 217-218.<br />

27 Cfr. ivi, note 35 e 37, p. 221. Al termine del poema, spiega V<strong>il</strong>la, sono stati inoltre<br />

aggiunti materiali eterogenei <strong>di</strong> <strong>di</strong>sparata provenienza: «componimenti brevi, forse canzoni<br />

liturgiche popolari: una giaculatoria erotica, una canzone gnomica <strong>di</strong> grande valore espressivo,<br />

due indovinelli, una storia <strong>di</strong> una vigna e un’altra canzone brevissima <strong>di</strong> origine certamente<br />

popolare. Forse erano componimenti da recitare o cantare, ad libitum, durante la rappresentazione<br />

del <strong>mito</strong>», ivi, nota 42, p. 222.<br />

211


Marta Pensi<br />

Nella <strong>traduzione</strong> del libro <strong>dei</strong> Proverbi – come si accennava – preme a V<strong>il</strong>la<br />

ristab<strong>il</strong>ire la portata dell’influenza sulla cultura ebraica <strong>di</strong> altre tra<strong>di</strong>zioni cultuali<br />

e sapienziali, specialmente egiziane, rivelandone i residui ormai celati nelle<br />

versioni tra<strong>di</strong>zionali 28 . Perciò ad esempio laddove le versioni canoniche, in alcuni<br />

punti oscuri segnalati come passi incerti, impiegano <strong>il</strong> concetto <strong>di</strong> malleveria<br />

prestata avventatamente V<strong>il</strong>la nella sua <strong>traduzione</strong> cerca <strong>di</strong> far emergere con<br />

maggiore evidenza le formule <strong>di</strong> buono e cattivo augurio, che invocano la fortuna<br />

o i malefici, e che in<strong>di</strong>cano in tal modo <strong>il</strong> potere della parola pronunciata, che<br />

è azione, gesto, immissione <strong>di</strong> energia nel mondo. V<strong>il</strong>la la definisce «provvista<br />

<strong>di</strong> energia cosmica operante» 29 : «Morte e vita sono in balia <strong>di</strong> una formula<br />

magica:/ ognuno avrà <strong>il</strong> frutto della formula che preferisce» (Proverbi 18,21).<br />

Per V<strong>il</strong>la la qualità poetica del testo sta proprio nelle sue virtù espressive legate<br />

all’uso della parola:<br />

<strong>il</strong> sott<strong>il</strong>e piacere dell’enigma svolto in una tendenza verso l’or<strong>di</strong>ne; l’estro del calembour<br />

secco; <strong>il</strong> gioco fine degli echi fonetici e delle rispondenze omofoniche; la rima mentale concreta;<br />

i richiami vistosi e ingenui delle coincidenze etimologistiche, delle assonanze del pensiero;<br />

l’attrito o l’aderenza delle connessioni vocali e ritmiche; la musica intuita e captata<br />

nella passione iterativa della parola esemplare 30 .<br />

Nella prima nota al libro <strong>dei</strong> Proverbi V<strong>il</strong>la dava inoltre delle in<strong>di</strong>cazioni circa<br />

<strong>il</strong> rapporto da tenere con <strong>il</strong> testo che possono valere per l’intera sua operazione:<br />

È spesso un errore della lettura moderna, o almeno una ingenuità, <strong>il</strong> voler ritrovare, in una<br />

letteratura che ha altri interessi, gli interessi che noi abbiamo fatti nostri per altre ragioni;<br />

invece <strong>di</strong> trovare, nei <strong>testi</strong> stessi, quella natura obbiettiva, che può venire assorbita, sia come<br />

termine <strong>di</strong> paragone sia come <strong>di</strong>versa energia, nei nostri interessi, per nuovamente animarli<br />

con nuova energia, e arricchirli pertanto…<br />

De<strong>di</strong>carsi a questo punto alla verifica sistematica <strong>di</strong> quelle che sono state<br />

definite le «improvvise intrusioni della Bibbia ebraica nell’opera originale v<strong>il</strong>liana»<br />

31 sarebbe davvero un compito imponente ma credo sia ut<strong>il</strong>e presentare,<br />

28 Denunciando i residui <strong>di</strong> visioni religiose più antiche, confluite in forma adattata nel<br />

testo biblico, e le contaminazioni con civ<strong>il</strong>tà culturali prossime da un punto <strong>di</strong> vista spaziale,<br />

V<strong>il</strong>la <strong>di</strong>mostra ad esempio che molti <strong>di</strong> quelli che in <strong>testi</strong> «tar<strong>di</strong>vi» e «laicizzati» sono <strong>di</strong>venuti<br />

concetti astratti erano in realtà personificazioni demoniache. Dove le traduzioni convenzionali<br />

rendono con <strong>il</strong> termine “morte” V<strong>il</strong>la preferisce infatti reinserire invece <strong>il</strong> nome del <strong>di</strong>o<br />

della Morte, El Mawet. Numerosi sono i passi che mette in collegamento con le figure del<br />

pantheon egiziano come Osiride, Horus e Râ, che nei <strong>testi</strong> sapienziali egiziani è «<strong>il</strong> “<strong>di</strong>o della<br />

respirazione”, e principio <strong>di</strong> vita cosmica, e, insieme, luce solare» (ivi, nota 128, p. 180).<br />

29 Ivi, nota 1, p. 159.<br />

30 Ivi, nota 1, p. 161.<br />

31 LACERENZA, V<strong>il</strong>la traduttore della Bibbia ebraica, cit.<br />

212


<strong>Restituire</strong> <strong>il</strong> <strong>mito</strong>. <strong>Sulla</strong> <strong>traduzione</strong> <strong>dei</strong> <strong>testi</strong> <strong>biblici</strong> <strong>di</strong> Em<strong>il</strong>io V<strong>il</strong>la<br />

con un fine puramente <strong>il</strong>lustrativo, almeno alcuni esempi tratti da tre ambiti fondamentali<br />

della sua opera: la poesia, la critica d’arte, gli oggetti <strong>di</strong> poesia.<br />

Tagliaferri ha infatti messo in luce la tendenza v<strong>il</strong>liana,<br />

sempre più accentuata a partire dai primi anni Cinquanta, a travolgere le paratie <strong>di</strong>visorie<br />

convenzionali tra campi del sapere e tra lingue <strong>di</strong>verse, e per contro a intrecciare in<strong>di</strong>ssolub<strong>il</strong>mente<br />

le attività <strong>di</strong> semitista, traduttore, poeta e critico d’arte, scompaginando le or<strong>di</strong>nate<br />

nomenclature dell’enciclope<strong>di</strong>a del sapere e affidando essenzialmente a una scrittura sempre<br />

più enigmatica e lessicalmente stratificata <strong>il</strong> senso del proprio appassionato interrogarsi attorno<br />

al tema dell’origine […] 32 .<br />

Elementi <strong>biblici</strong> e più genericamente liturgici ricorrono costantemente nella<br />

sua produzione poetica, soprattutto nella raccolta Oramai dello stesso 1947 in<br />

cui escono le traduzioni <strong>di</strong> Antico teatro ebraico (alcuni titoli sono Genesis,<br />

Letanie, Maria Virgo, Antiphona, Natus de muliere, brevi vivens, citazione quest’ultima<br />

fin dal titolo del libro <strong>di</strong> Giobbe), e una memoria testuale <strong>dei</strong> libri<br />

<strong>biblici</strong> fermenta e riaffiora anche nella critica d’arte, considerando soprattutto<br />

che uno <strong>dei</strong> caratteri essenziali della scrittura v<strong>il</strong>liana è la mescidazione <strong>di</strong> lingue<br />

<strong>di</strong>verse dall’italiano, in primo luogo <strong>il</strong> latino e <strong>il</strong> francese, deformate e<br />

smontate dall’interno, forzate nelle etimologie, nella grafia e accostate in ragione<br />

esclusivamente del loro suono.<br />

Basterebbe leggere anche solo qualche pagina dagli Attributi dell’arte o<strong>di</strong>erna<br />

(raccolta <strong>di</strong> scritti d’arte stesi tra <strong>il</strong> ’47 e <strong>il</strong> ’67) per imbattersi quasi ad ogni<br />

riga in formule liturgiche, riferimenti puntuali o meno a passi dell’Antico e<br />

Nuovo Testamento, della patristica (regolarmente in latino, ma non solo), intessuti<br />

su uno «sfondo teologico» 33 , a volte con intenti apertamente blasfemi 34 , in<br />

continuo cortocircuito tra passato e presente. Solo qualche esempio:<br />

vox clamantis in tenebris: rectas facite vias;<br />

in imo, in intumo homine;<br />

O crux ave spes;<br />

bereshit;<br />

repromisti ut resurgerem 35 …<br />

In un testo in francese per Barnett Newman del 1952 compare per esempio a<br />

un certo punto l’espressione letterale bereshit, la prima parola del libro del<br />

32 TAGLIAFERRI, Nota del curatore, cit., p. 6.<br />

33 È stato Aldo Tagliaferri a scrivere che la poetica <strong>di</strong> V<strong>il</strong>la propone uno «sfondo teologico»<br />

per «l’avventura dell’arte». Cfr. ID., Prefazione a E. VILLA, Conferenza, cit., 1997.<br />

34 C. BELLO MINCIACCHI ha parlato <strong>di</strong> «vivida frizione <strong>di</strong> laicità e sacralità che tanta<br />

espressione ironica e drammatica ha avuto nelle sue opere». Cfr. EAD., Prefazione a E. VILLA,<br />

Proverbi e Cantico, cit., p. 11.<br />

35 VILLA, Attributi dell’arte o<strong>di</strong>erna, cit., pp. 17, 19, 23, 33.<br />

213


Marta Pensi<br />

Genesi (che è anche <strong>il</strong> suo titolo in ebraico), «in principio»: V<strong>il</strong>la scrive proprio<br />

«au commencement (bereshit)». Se non si tratta <strong>di</strong> citazioni testuali vi sono<br />

comunque riferimenti al linguaggio e al mondo biblico: «(come un umano deus<br />

firmus, che io ho scoperto nell’antico testamento…)» 36 …<br />

La formula che invece avevamo incontrato nel Cantico, che V<strong>il</strong>la aveva tradotto<br />

«le Acque dell’Abisso infernale» con pregnanza ben superiore rispetto alla<br />

<strong>traduzione</strong> canonica («le gran<strong>di</strong> acque»), si può ritrovare significativamente in<br />

due <strong>testi</strong> <strong>di</strong>versi. Sia Lacerenza che Bello mettono in evidenza che in un verso<br />

<strong>di</strong> Holocaustulum eros (una poesia contenuta nella raccolta Zo<strong>di</strong>aco) l’espressione<br />

è riportata nella trascrizione dall’ebraico assieme alla <strong>traduzione</strong> in latino<br />

della Vulgata: «a magnis aquis, mimmaim rabbìm», ma compare anche in italiano<br />

in un testo del 1961 contenuto in Attributi dell’arte o<strong>di</strong>erna, con un’allusione<br />

precisa al significato in<strong>di</strong>viduato nel Cantico: «liberare <strong>testi</strong>monianze sorgive,<br />

fonde, tempestose, dalle “gran<strong>di</strong> acque”», preceduta nella pagina da due altrettanto<br />

tremen<strong>di</strong> «giorno dell’uomo» e «giorno <strong>di</strong> Jahvè» che biblicamente rappresentano<br />

la fine del mondo, <strong>il</strong> giu<strong>di</strong>zio universale.<br />

Un ultimo cenno a un «oggetto <strong>di</strong> poesia» <strong>di</strong> V<strong>il</strong>la, un’opera realizzata per<br />

una mostra nel 1982, composta da una tovaglia, <strong>dei</strong> piatti <strong>di</strong> cartoncino, che<br />

recano scritte a mano dell’autore, e delle brocche <strong>di</strong> vetro su cui sono incise<br />

frasi in varie lingue. Su un piatto si trova una r<strong>il</strong>ettura dell’incipit del Genesi<br />

scritto in un tedesco alterato:<br />

Im Amfang / es war nicht Ein / und was das Ein / kein Verkehr / und es wird<br />

nicht kein / kein Umschlag / aber mindesten / ein Zwei verfügbar<br />

che riporto secondo la <strong>traduzione</strong> <strong>di</strong> Tagliaferri:<br />

214<br />

All’inizio non c’era Uno, e l’Uno non era un transito, e non c’è <strong>di</strong>venire, nessun<br />

ribaltamento, bensì, come minimo, un Due a <strong>di</strong>sposizione 37 .<br />

36 Ivi, p. 19.<br />

37 L’opera è descritta da Tagliaferri, in ID., Il clandestino, cit., p. 183.

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!