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l'esperanto: la lingua che avvicina i cuori - Federazione Esperantista ...

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PAVIA<br />

FACOLTA’ DI LETTERE E FILOSOFIA<br />

Corso di <strong>la</strong>urea in Lingue e Culture Moderne<br />

L’ESPERANTO:<br />

LA LINGUA CHE AVVICINA I CUORI<br />

Re<strong>la</strong>tore Heinz Georg Held Presentata da<br />

Corre<strong>la</strong>tore Gianguido Manzelli Pao<strong>la</strong> Giovangrandi<br />

Anno Accademico<br />

2010/2011<br />

Matrico<strong>la</strong> 362148


L’ESPERANTO: LA LINGUA CHE AVVICINA I CUORI<br />

INDICE:<br />

Indice.................................................................................................<br />

Introduzione.......................................................................................<br />

Capitolo 1 Caratteristi<strong>che</strong> grammaticali.............................................<br />

1.1 Le 16 regole......................................................................<br />

1.2 Spiegazione, chiarimento ed esempi ad alcune regole....<br />

1.2.1 Rego<strong>la</strong> n°2: Il sostantivo e il caso accusativo....<br />

1.2.2 Rego<strong>la</strong> n°3: L’aggettivo.......................................<br />

1.2.3 Rego<strong>la</strong> n°4: I numerali.........................................<br />

1.2.4 Rego<strong>la</strong> n°5: I pronomi..........................................<br />

1.2.5 Rego<strong>la</strong> n°6: Il verbo.............................................<br />

1.2.6 Rego<strong>la</strong> n°7: Gli avverbi........................................<br />

1.2.7 Rego<strong>la</strong> n°8: Le preposizioni................................<br />

1.2.8 Rego<strong>la</strong> n°9 e 10: La pronuncia e l’accento..........<br />

1.2.9 Rego<strong>la</strong> n°11: Le parole composte......................<br />

1.3 L’alfabeto...........................................................................<br />

1.4 La morfologia....................................................................<br />

1.4.1 Prefissi e suffissi............................................................<br />

1.5 I lessemi............................................................................<br />

1.6 La sintassi.........................................................................<br />

Capitolo 2: Vita e ideologia di Zamenhof...........................................<br />

2.1 Lazar Ludwik Zamenhof: vita e opere...............................<br />

2.2 Come nacque il progetto...................................................<br />

2.3 L’ideologia di Zamenhof e <strong>la</strong> “Interna Ideo”.......................<br />

Capitolo 3: Storia del movimento.......................................................<br />

3.1: Criti<strong>che</strong> e tendenze evolutive...........................................<br />

3.2: Organizzazione e associazioni........................................<br />

Capitolo 4: Esiti artistici in Esperanto................................................<br />

4.1: Traduzioni in Esperanto...................................................<br />

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4.2: La letteratura....................................................................<br />

4.3: Giornali e riviste...............................................................<br />

Capitolo 5: Altri aspetti legati all’Esperanto.......................................<br />

5.1: Perché l’Esperanto non viene utilizzato a livello<br />

internazionale?.............................................................<br />

5.2: Tappe per l’inserimento dell’Esperanto nel<strong>la</strong> Comunità<br />

Europea........................................................................<br />

5.3: Risvolti pedagogici dell’Esperanto...................................<br />

Conclusioni........................................................................................<br />

Abstract: Das Esperanto: die Spra<strong>che</strong>, die die Herzen einander<br />

annähert.................................................................................<br />

Bibliografia........................................................................................<br />

Sitografia...........................................................................................<br />

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INTRODUZIONE<br />

Nel 1887 viene dato alle stampe un volume in russo dal nome Lingvo<br />

Internacia, <strong>che</strong> in seguito diverrà noto come Unua Libro (Primo Libro). In<br />

questa prima opera, l’autore si firma come D.ro Esperanto, pseudonimo di<br />

Lazar Ludwik Zamenhof, nato ventisette anni prima da una famiglia ebrea<br />

a Białystok, una città di provincia dell'impero russo, contesa dal<strong>la</strong> Prussia 1 .<br />

Negli anni successivi a questa pubblicazione lo pseudonimo, <strong>che</strong><br />

letteralmente significa “Dottore Speranzoso”, verrà utilizzato per riferirsi<br />

al<strong>la</strong> <strong>lingua</strong> ivi descritta, l’Esperanto, definita dal suo stesso ideatore come<br />

<strong>la</strong> <strong>lingua</strong> <strong>che</strong> <strong>avvicina</strong> i <strong>cuori</strong> 2 .<br />

Due sono gli scopi <strong>che</strong> si era prefissato l’ideatore del progetto: fornire uno<br />

strumento di comunicazione veloce da apprendere e facile da utilizzare, e<br />

proporre un nuovo atteggiamento basato sul<strong>la</strong> tolleranza delle differenze<br />

linguisti<strong>che</strong>, etni<strong>che</strong> e religiose.<br />

I momenti fondamentali per <strong>la</strong> nascita di questo progetto risiedono senza<br />

dubbio nell’infanzia e nell’adolescenza di Ludwik. In un periodo storico<br />

instabile come <strong>la</strong> fine dell’Ottocento, nel quale i fermenti nazionalistici e<br />

movimenti antisemitici stavano acquistando sempre più forza e<br />

importanza, il fatto di essere nato in una famiglia di origine ebrea<br />

rappresentò spesso un problema: il padre infatti era ateo e l'ebraismo,<br />

piuttosto <strong>che</strong> essere un appiglio nei momenti di sconforto, veniva percepito<br />

come un fattore negativo e alle volte opprimente. Inoltre, dopo l'assassinio<br />

dello zar Alessandro II l'atmosfera politica andò rapidamente<br />

deteriorandosi, a scapito soprattutto degli ebrei: nell'aprile 1881 iniziarono<br />

infatti i pogrom.<br />

La situazione geografica non faceva <strong>che</strong> aumentare il disagio del giovane:<br />

<strong>la</strong> cittadina in cui era nato era, infatti, un crogiolo di razze, lingue, religioni<br />

e culture diverse, le quali spesso non riuscivano a convivere in armonia. Il<br />

tutto era avvertito come un’esperienza drammatica, <strong>che</strong> tuttavia non si<br />

risolse in un momento di sconforto e inattività, bensì diede al ragazzo le<br />

1 Attualmente si trova nel<strong>la</strong> Polonia nord-orientale.<br />

2 Originalia Verkaro pg 373.<br />

3


forze per tentare di superare queste difficoltà: a soli 19 anni il giovane<br />

Ludwig iniziò a <strong>la</strong>vorare sul suo progetto, <strong>che</strong> vedrà <strong>la</strong> luce nove anni più<br />

tardi, appunto con il volume Lingvo Internacia.<br />

4


CAPITOLO 1: CARATTERISTICHE GRAMMATICALI<br />

Nell’Introduzione si è voluto dare un piccolo accenno su quale siano stati i<br />

momenti e le cause principali <strong>che</strong> diedero vita al progetto. Tuttavia ritengo<br />

<strong>che</strong> sia più utile partire da un’analisi del<strong>la</strong> struttura grammaticale per poi<br />

occuparsi successivamente dell’ideologia del suo inventore.<br />

1.1 LE 16 REGOLE<br />

L’Esperanto è stata definita da molti una <strong>lingua</strong> democratica. Zamenhof era<br />

infatti convinto <strong>che</strong> lo studio dei lingue naturali, viventi e morte, fosse un<br />

processo troppo faticoso e richiedesse inoltre troppo tempo e denaro. Una<br />

<strong>lingua</strong> internazionale semplice e facilmente apprendibile sarebbe invece a<br />

disposizione di un vasto gruppo di persone, an<strong>che</strong> dei ceti meno abbienti.<br />

Per questo motivo egli cercò con successo di creare una grammatica <strong>che</strong><br />

godesse di tre qualità principali, ovvero Semplicità, Brevità, Logicità 3 .<br />

Andiamo quindi ora ad analizzare le suo le 16 regole logi<strong>che</strong> e senza<br />

eccezioni a cui tutti gli esperantisti si devono attenere, <strong>che</strong> apparirono nel<br />

Fundamento de Esperanto del 1905: 4<br />

1 L'articolo indeterminativo non esiste, esiste soltanto l’articolo<br />

determinativo invariabile, <strong>la</strong>, uguale per tutti i generi, casi e numeri.<br />

2 Il sostantivo è caratterizzato dal<strong>la</strong> finale -o. Per formare il plurale si<br />

aggiunge <strong>la</strong> finale -j.<br />

Esistono soltanto due casi: nominativo e accusativo, il secondo<br />

deriva dal nominativo con l'aggiunta del<strong>la</strong> finale -n. Gli altri casi<br />

sono espressi mediante preposizioni.<br />

3 Si rimanda al capitolo 5.3 Risvolti pedagogici in Esperanto. Per ulteriori informazioni si veda<br />

il saggio di Fabrizio Pennacchietti La riflessione sul valore pedagogico dell'Esperanto, nel<br />

volume Esperanto: una concreta esperienza di educazione internazionale.<br />

4 Le 16 regole sono riportate nel<strong>la</strong> forma in cui compaiono nel libro di Janton Esperanto Lingua<br />

Letteratura Movimento<br />

5


3 L’aggettivo termina con <strong>la</strong> finale -a. Casi e numeri come per il<br />

sostantivo. Il comparativo si forma con pli e <strong>la</strong> congiunzione ol, il<br />

super<strong>la</strong>tivo con plej e <strong>la</strong> congiunzione el.<br />

4 I numerali fondamentali (<strong>che</strong> non sono declinati) sono: unu, du, tri,<br />

kvar, kvin, ses, sep, ok, naǔ, dek, cent, mil, nul. Le decine e<br />

centinaia si formano con <strong>la</strong> semplice unione dei numerali. Per<br />

indicare i numeri ordinali si aggiunge <strong>la</strong> finale dell’aggettivo, per i<br />

moltiplicativi il suffisso –obl-, per i frazionari il suffisso –on-, per i<br />

collettivo si aggiunge il suffisso –op-; per i distributivi si usa <strong>la</strong><br />

preposizione po. I numerali possono an<strong>che</strong> essere usati come<br />

sostantivi e avverbi.<br />

5 I pronomi personali sono: mi, vi, li (riferito al genere maschile), ŝi<br />

(riferito al genere femminile), ĝi (riferito al genere neutro, per animali<br />

o cose), si (riflessivo), ni, vi, ili, oni (indefinito). In espressioni<br />

poeti<strong>che</strong> e famigliari il pronome di 2’ persona singo<strong>la</strong>re può essere:<br />

ci. I pronomi o gli aggettivi possessivi si formano con l’aggiunta<br />

del<strong>la</strong> finale dell’aggettivo. La declinazione è come per i sostantivi.<br />

6 Il verbo non si modifica secondo persone o numeri. Forme del<br />

verbo: il tempo presente termina in -as, il tempo passato in -is, il<br />

tempo futuro in -os, il modo condizionale in -us, il modo imperativo<br />

in -u, il modo infinito in -i. I participi (con senso di aggettivo o di<br />

avverbio) hanno, se attivi, il suffisso –ant- per il presente, -int- per il<br />

passato, –ont, per il futuro; se passivi il suffisso -at- per il presente,<br />

-it- per il passato, -ot- per il futuro. Tutte le forme del passivo sono<br />

composte dal corrispondente tempo del verbo ausiliare esti e dal<br />

participio del verbo da esprimere; <strong>la</strong> preposizione <strong>che</strong> accompagna<br />

il passivo (complemento d’agente) è de.<br />

7 Gli avverbi derivati terminano in –e, i gradi di comparazione come<br />

per gli aggettivi.<br />

8 Tutte le preposizioni reggono il nominativo.<br />

9 Ogni paro<strong>la</strong> si pronuncia come è scritta, col suono proprio di<br />

ciascuna lettera.<br />

6


10 L'accento tonico cade sempre sul<strong>la</strong> penultima sil<strong>la</strong>ba o vocale.<br />

11 Le parole composte sono formate dal<strong>la</strong> semplice unione delle parole<br />

(<strong>la</strong> paro<strong>la</strong> principale sta per ultima); le finali grammaticali sono<br />

considerate an<strong>che</strong> come parole autonome.<br />

12 Nel<strong>la</strong> frase si tra<strong>la</strong>scia <strong>la</strong> paro<strong>la</strong> ne se esiste altra paro<strong>la</strong> negativa.<br />

13 Per indicare una direzione le parole prendono <strong>la</strong> finale<br />

dell'accusativo.<br />

14 Ogni preposizione ha un significato preciso e costante, ma se si<br />

deve usare una preposizione e non è chiaro quale preposizione<br />

dobbiamo usare, allora si usa <strong>la</strong> preposizione je, <strong>che</strong> non ha un<br />

significato proprio. In tal caso si può an<strong>che</strong> usare l’accusativo senza<br />

preposizione.<br />

15 Le cosiddette parole straniere, <strong>che</strong> nel<strong>la</strong> maggior parte delle lingue<br />

sono derivate da una stessa fonte, sono usate in Esperanto senza<br />

variazioni e assumono di questa <strong>lingua</strong> soltanto l’ortografia.<br />

16 Si possono tra<strong>la</strong>sciare le vocali finali del sostantivo e dell’articolo e<br />

sostituirle con un apostrofo.<br />

1.2 SPIEGAZIONE, CHIARIMENTO ED ESEMPI AD ALCUNE REGOLE<br />

Nel Fundamento de Esperanto si afferma <strong>la</strong> presenza delle 16 regole<br />

fondamentali dell’Esperanto. Tuttavia, sarebbe a dir poco semplicistico<br />

pensare <strong>che</strong> una <strong>lingua</strong> funzionante possa basarsi su uno scarno elenco di<br />

16 regole, le quali sono inoltre molto generali. Per questo motivo cer<strong>che</strong>rò<br />

di analizzare più a fondo <strong>la</strong> maggior parte delle regole per approfondire<br />

meglio il loro contenuto, e mostrarne <strong>la</strong> complessità.<br />

7


1.2.1 REGOLA N°2: IL SOSTANTIVO E IL CASO ACCUSATIVO<br />

In questa rego<strong>la</strong> si legge <strong>che</strong> il sostantivo termina sempre con <strong>la</strong> vocale<br />

–o. In Esperanto non esiste infatti alcuna distinzione di genere, ma<br />

ovviamente, come in tutte le lingue naturali, esistono parole <strong>che</strong> designano<br />

esclusivamente persone o animali di sesso femminile. Per specificare il<br />

genere femminile viene aggiunta <strong>la</strong> particel<strong>la</strong> –in, così se il termine per<br />

indicare padre è patr-o <strong>la</strong> paro<strong>la</strong> madre si formerà grazie all’aggiunta del<br />

suddetto suffisso quindi otterremo patr-in-o 5 .<br />

Questa rego<strong>la</strong> prende in considerazione an<strong>che</strong> il caso accusativo, <strong>che</strong> si<br />

ricava dal nominativo con l’aggiunta del<strong>la</strong> consonante –n. Il caso<br />

accusativo non serve so<strong>la</strong>mente per indicare il complemento oggetto, o in<br />

sostituzione ad una preposizione: si usa infatti per esprimere an<strong>che</strong> il<br />

tempo, <strong>la</strong> direzione e <strong>la</strong> misura. Esso viene quindi utilizzato per esprimere<br />

<strong>la</strong> data (es. <strong>la</strong> unuan de majo = il primo maggio 6 ) e <strong>la</strong> durata dell’azione,<br />

per esprimere il moto a luogo se non c’è una preposizione <strong>che</strong> lo<br />

specifichi, e infine il complemento di misura, sia esso peso, prezzo o<br />

lunghezza.<br />

Indica inoltre il modo in cui l’azione viene svolta: oni pendigis lin kapon<br />

malsupren = oni pendigis lin kun <strong>la</strong> kapo malsupre <strong>che</strong> significa in<br />

entrambi i casi “lo appesero con il capo all’ingiù” 7 (nel primo caso viene<br />

usato l’accusativo, mentre per il secondo il modo è espresso dal<strong>la</strong><br />

preposizione). Il caso accusativo dona quindi all’Esperanto una<br />

sorprendente flessibilità e chiarezza.<br />

1.2.2 REGOLA N°3: L’AGGETTIVO<br />

L’aggettivo viene sempre ricavato dal sostantivo e non avviene nessun<br />

mutamento nel<strong>la</strong> radice, come accade, ad esempio, in italiano (cuore –<br />

5 Pierre Janton Esperanto Lingua Letteratura Movimento, capitolo 3.3.2.2 Identificatori di<br />

flessione o funzione (flessivi)<br />

6 Pierre Janton Esperanto Lingua Letteratura Movimento, capitolo 3.4.3 Il caso<br />

7 Pierre Janton Esperanto Lingua Letteratura Movimento, capitolo 3.4.3 Il caso<br />

8


cordiale). Ogni aggettivo termina con <strong>la</strong> vocale –a (es. patr-a significa<br />

“paterno”), mentre per i plurali si aggiunge –aj ( es. “buoni” diventa bon-<br />

aj). Per formare aggettivi contrari si aggiunge mal- all’aggettivo di<br />

partenza, così dall’aggettivo juna (giovane) otteniamo mal-juna (vecchio).<br />

Per quanto riguarda i comparativi dobbiamo distinguere tra le tre forme,<br />

ovvero comparativo di uguaglianza, di maggioranza, di minoranza. Il<br />

comparativo di uguaglianza si esprime con tiel…kiel. Il comparativo di<br />

maggioranza si traduce con pli seguito dal<strong>la</strong> congiunzione ol; errore<br />

comune dei par<strong>la</strong>nti di madre <strong>lingua</strong> italiana è usare <strong>la</strong> forma pli...de, <strong>che</strong><br />

non esiste in Esperanto. Il comparativo di minoranza si traduce con<br />

malpli…ol.<br />

Per quanto riguarda i super<strong>la</strong>tivi bisogna invece distinguere tra: super<strong>la</strong>tivo<br />

re<strong>la</strong>tivo di maggioranza, super<strong>la</strong>tivo re<strong>la</strong>tivo di minoranza, super<strong>la</strong>tivo<br />

assoluto. Il super<strong>la</strong>tivo re<strong>la</strong>tivo di maggioranza (il più…di… , il più…fra…)<br />

si esprime con <strong>la</strong> plej…el… . Se le persone messe a confronto sono<br />

soltanto due non si userà <strong>la</strong> forma del super<strong>la</strong>tivo re<strong>la</strong>tivo ma il semplice<br />

comparativo; ciò vale an<strong>che</strong> per il super<strong>la</strong>tivo re<strong>la</strong>tivo di minoranza. Il<br />

super<strong>la</strong>tivo re<strong>la</strong>tivo di minoranza (il meno…di… , il meno…fra…) viene<br />

espresso con <strong>la</strong> forma <strong>la</strong> malplej… el…. Il super<strong>la</strong>tivo assoluto (-issimo) si<br />

forma con <strong>la</strong> particel<strong>la</strong> tre (molto) posto davanti all’aggettivo, avverbio o<br />

verbo <strong>che</strong> modifica: tre bone! (benissimo). Infine prendiamo in analisi<br />

an<strong>che</strong> l’espressione il più…possibile, il più…<strong>che</strong> sia possibile, <strong>che</strong> viene<br />

espressa con kiel eble plej: và il più presto possibile viene tradotto come<br />

iru kiel eble plej rapide 8 .<br />

1.2.3 REGOLA N°4: I NUMERALI<br />

Nel<strong>la</strong> rego<strong>la</strong> del Fundamento de Esperanto vengono elencati i numerali<br />

principali ma nul<strong>la</strong> viene detto su quelli composti. Essi si formano con <strong>la</strong><br />

semplice unione dei termini in questione e perciò il numero 17 si dirà dek<br />

8 Per il funzionamento di comparativi e super<strong>la</strong>tivi si veda il Manuale di Esperanto di Bruno<br />

Migliorini, pagina58-62.<br />

9


sep o deksep. I numerali possono inoltre essere usati come sostantivi<br />

aggiungendo l’apposita desinenza, oppure come avverbi, creando ad<br />

esempio unue (in primo luogo). Gli ordinali si formano aggiungendo <strong>la</strong><br />

terminazione -a degli aggettivi. I multipli si formano con l’aggiunta del<br />

suffisso obl e bisogna stare molto attenti a non confondersi con fojo<br />

(volta): mi manĝis duoble (ho mangiato il doppio) è molto diverso da mi<br />

manĝis dufoje (ho mangiato due volte). Le frazioni si esprimono con il<br />

suffisso on, i collettivi col suffisso op, per i distributivi si usa <strong>la</strong> paro<strong>la</strong> po.<br />

Mentre in italiano per esprimere le ore, le date, il numero di pagina ecc, si<br />

usano i numeri cardinali, in Esperanto si usano gli ordinali, e se è<br />

necessario all’accusativo: <strong>la</strong> oka (tago) de aǔgusto estis be<strong>la</strong> tago (l’otto<br />

agosto era un bel giorno) 9 .<br />

1.2.4 REGOLA N°5: I PRONOMI<br />

Il pronome li si usa per persone o animali di sesso maschile, ŝi per<br />

persone o animali di sesso femminile, ĝi per cose o quando il sesso del<strong>la</strong><br />

persona o dell’animale a cui ci si riferisce non è rilevante. Il pronome di<br />

seconda persona plurale può essere ci se usato in espressioni poeti<strong>che</strong> o<br />

familiari. Il pronome riflessivo di terza persona è si e vale per tutti i generi e<br />

tutti i numeri; non può mai essere usato come soggetto. Il pronome<br />

indefinito si differenzia tra <strong>la</strong> forma neutra io e quel<strong>la</strong> per il femminile iu.<br />

Quando il soggetto è una persona indeterminata si una il pronome<br />

indefinito oni, <strong>che</strong> corrisponde al si impersonale dell’italiano, o al tedesco<br />

man.<br />

I pronomi personali possono prendere <strong>la</strong> desinenza dell’accusativo o <strong>la</strong><br />

preposizione richiesta dal senso.<br />

La forma di cortesia si traduce in Esperanto con il semplice tu, quindi per<br />

chiedere come sta? si dirà kiel vi fartas? 10<br />

9 Manuale di Esperanto, pagine 68-71<br />

10 Manuale di Esperanto, pagine 43-45<br />

10


1.2.5 REGOLA N°6: IL VERBO<br />

Il verbo non si accorda al numero o al<strong>la</strong> persona, ma è importante non<br />

dimenticare il soggetto, <strong>che</strong> può essere espresso da un sostantivo o da un<br />

pronome personale.<br />

Bisogna inoltre ricordare <strong>che</strong> il congiuntivo in Esperanto non esiste. Esso<br />

verrà reso di volta in volta in vari modi a seconda del senso. Quando si<br />

indica una supposizione, un’ipotesi o un fatto non reale si userà <strong>la</strong><br />

terminazione del condizionale –us; quando <strong>la</strong> proposizione implica un’idea<br />

di comando, desiderio, necessità si userà invece <strong>la</strong> terminazione<br />

dell’imperativo –u; si userà <strong>la</strong> forma del futuro –os se sarà inclusa un’idea<br />

di futuro 11 .<br />

Per quanto riguarda i participi dobbiamo ricordare <strong>che</strong> ad essi va aggiunta<br />

<strong>la</strong> desinenza –a in quanto funzionano come normali aggettivi: paro<strong>la</strong>nta,<br />

parolinta, parolonta (<strong>che</strong> par<strong>la</strong>/par<strong>la</strong>nte, <strong>che</strong> ha par<strong>la</strong>to, <strong>che</strong> parlerà);<br />

mortanta, mortinta, mortonta (<strong>che</strong> muore/morente, <strong>che</strong> è morto/morto,<br />

<strong>che</strong> morirà/morituro). I tempi composti si formano con il verbo esti<br />

(essere), <strong>che</strong> è l’unico ausiliare, e i participi attivi. Se dobbiamo tradurre il<br />

congiuntivo presente avrò par<strong>la</strong>to dobbiamo prima operare un’analisi del<br />

suo significato: avrò è un futuro, quindi dobbiamo utilizzare <strong>la</strong> forma futura<br />

del verbo essere. Otteniamo quindi una forma in Esperanto <strong>che</strong><br />

signifi<strong>che</strong>rà sarò stato par<strong>la</strong>nte: mi estos parolinta. Per esprimere il<br />

gerundio invece di utilizzare <strong>la</strong> desinenza dell’aggettivo –a usiamo <strong>la</strong><br />

desinenza dell’avverbio –e: dirante (dicendo), dirinte (avendo detto),<br />

amante (amando), aminte (avendo amato).<br />

-At, -it, -ot sono rispettivamente i suffissi per il participio passivo presente,<br />

passato e futuro. Se uniti al verbo esti otteniamo<strong>la</strong> coniugazione passiva;<br />

l’agente dell’azione viene introdotto dal<strong>la</strong> preposizione de. An<strong>che</strong> per i<br />

participi passivi vale ciò <strong>che</strong> abbiamo affermato per quelli attivi, ovvero <strong>che</strong><br />

possono prendere le terminazioni –o e –e: via amato estas tre <strong>la</strong>borema<br />

(il tuo amato è molto <strong>la</strong>borioso), ĉiuj dormantoj vekiĝas timigite (tutti i<br />

11 Manuale di Esperanto, pagine 33-35<br />

11


dormienti si svegliarono impauriti), amato <strong>la</strong>ǔdas amatinon ( <strong>che</strong> è amato<br />

loda l’amata) 12 .<br />

1.2.6 REGOLA N°7: GLI AVVERBI<br />

Gli avverbi derivati terminano in –e. Esistono an<strong>che</strong> avverbi non derivati e<br />

invariabili come: nun (adesso), hodiaǔ (oggi), tuj (subito) ĵus (or ora),<br />

hieraǔ (ieri), baldaǔ (presto), morgaǔ (domani), jam (già), ankoraǔ<br />

(ancora), ne (non), jes (sì), ja (vero) eč (perfino), pli (più), plej (il più), nur<br />

(soltanto), tre (molto), tro (troppo) 13 .<br />

1.2.7 REGOLA N°8 E 14: LE PREPOSIZIONI<br />

Tutte le preposizioni reggono il nominativo.<br />

Tra le preposizioni con valore di congiunzione troviamo: dum (mentre,<br />

durante), ĝis (fino a ), ek de (fino da).<br />

L’identificativo –e dà <strong>la</strong> possibilità di trasformare preposizioni in avverbi e<br />

avverbi non derivati in avverbi derivati. Questa pratica è molto frequente in<br />

Esperanto e il <strong>che</strong> produce ad un aumento significativo di avverbi sinonimi<br />

(da nun otteniamo nune, da jen jene). Esistono inoltre an<strong>che</strong> coppie di<br />

sinonimi come si può vedere nelle espressioni sub <strong>la</strong> tablo e sube de <strong>la</strong><br />

tablo, en <strong>la</strong> domo e ene de <strong>la</strong> domo <strong>che</strong> sono equivalenti.<br />

Partico<strong>la</strong>rmente usati sono gli avverbi apude (vicino), kune (insieme),<br />

dume (intanto), poste (dopo) 14 .<br />

L’uso delle preposizioni in Esperanto è estremamente semplice. Nelle<br />

lingue naturali le preposizioni esprimono i significati più disparati, in<br />

Esperanto, invece, ogni preposizione ha un significato e un uso specifico:<br />

en (in), cê (presso), al (a, verso), sur (su), sub (sotto), apud (vicino a ),<br />

12 Manuale di Esperanto, pagine 79-82<br />

13 Esperanto Lingua Letteratura Movimento, capitolo 3.3.2.5 Particelle, avverbi, preposizioni<br />

14 Esperanto Lingua Letteratura Movimento, capitolo 3.3.2.5 Particelle, avverbi, preposizioni<br />

12


antaǔ (avanti, davanti a), post (dopo), čircaǔ (circa, intorno), kontraǔ<br />

(contro, di fronte), de (di, da), el (da, tra – nel super<strong>la</strong>tivo) ekster (fuori di),<br />

tra (passaggio, percorso), trans (attraverso), jen (ecco), pro (per, a causa<br />

di), per (per mezzo di), por (per, allo scopo di), pri (circa, di,argomento),<br />

malgraǔ (malgrado, benché), kun (con), sen (senza), krom (oltre <strong>che</strong>,<br />

eccetto <strong>che</strong>), preter (oltre, in avanti), po (del<strong>la</strong> quantità di), da (di –<br />

quantità). Se non è ben chiaro quale preposizione sia <strong>la</strong> più adeguata si<br />

può usare <strong>la</strong> preposizione je oppure l’accusativo non preceduto da<br />

preposizione 15 .<br />

1.2.8 REGOLA N°9 E 10: LA PRONUNCIA E L’ACCENTO<br />

Ad ogni lettera corrisponde un suono solo e perciò ogni paro<strong>la</strong> si pronuncia<br />

così come è scritta. L’alfabeto dell’esperanto si compone di 28 lettere,<br />

corrispondenti ognuna ad uno e un solo fonema, così da evitare ogni<br />

problema di pronuncia. Questa rego<strong>la</strong> verrà ulteriormente affrontata nel<br />

paragrafo successivo.<br />

L’accento cade sempre sul<strong>la</strong> penultima sil<strong>la</strong>ba. E’ necessario fare una<br />

picco<strong>la</strong> precisazione an<strong>che</strong> a questa rego<strong>la</strong>, <strong>che</strong> a prima vista può<br />

sembrare chiarissima: j e ǔ non sono vocali, bensì semivocali. Ciò significa<br />

<strong>che</strong> queste due lettere non rientrano nel calcolo del<strong>la</strong> penultima vocale<br />

sul<strong>la</strong> quale cade l’accento. Per questo si dirà gramatìko (grammatica),<br />

lìngvoj (<strong>lingua</strong>), semàjno (settimana) e non semaìno 16 .<br />

1.2.9 REGOLA N°11: LE PAROLE COMPOSTE<br />

Le parole composte, <strong>che</strong> questa <strong>lingua</strong> predilige, sono formate dal<strong>la</strong><br />

semplice unione di parole. Tutti i composti si formano con testa a destra,<br />

15 Manuale di Esperanto, pagine 93-99 e Esperanto Lingua Letteratura Movimento, capitolo<br />

3.3.2.5 Particelle, avverbi, preposizioni<br />

16 Manuale di Esperanto, pagine 17-19<br />

13


quindi il termine principale segue il secondario (es. scrivania, ovvero<br />

“tavolo per scrivere” diventa skribotablo). L’utilizzo di composti permette<br />

l’utilizzo di un numero ridotto di radici. Inoltre bisogna ricordare <strong>che</strong> <strong>la</strong><br />

desinenza del<strong>la</strong> prima paro<strong>la</strong> viene mantenuta solo quando l’eufonia lo<br />

richiede, oppure per specificare meglio il concetto del<strong>la</strong> prima parte 17 .<br />

E’ interessante notare altri due fattori del<strong>la</strong> composizione <strong>che</strong> sono:<br />

a) <strong>la</strong> ripetizione del lessema (foj-foje ovvero di tanto in tanto e plen-plena<br />

cioè pieno fino all’orlo);<br />

b) composizione del verbo e del suo complemento (man-premi iun<br />

significa stringere <strong>la</strong> mano a qualcuno, mort-bati iun significa invece<br />

picchiare a morte qualcuno) 18 .<br />

Spero di aver dimostrato esaustivamente <strong>che</strong> non è del tutto corretto<br />

affermare <strong>che</strong> le regole dell’Esperanto siano solo 16. Il Fundamento de<br />

Esperanto era infatti provvisto di eserciziario e vocabo<strong>la</strong>rio in cui lo<br />

studente può trovare altre piccole regole, facilmente assimi<strong>la</strong>bili in vista<br />

delle 16 regole fondamentali.<br />

Tra le 16 regole non si legge nul<strong>la</strong>, ad esempio sul<strong>la</strong> struttura delle frasi<br />

interrogative, ma il suo funzionamento viene spiegato in modo esaustivo<br />

nell’eserciziario, dove si legge <strong>che</strong> ogni frase di questo tipo <strong>che</strong> non<br />

contenga un’altra particel<strong>la</strong> interrogativa è introdotta da ĉu, <strong>che</strong> significa<br />

forse <strong>che</strong>. Ĉu viene an<strong>che</strong> usato nelle proposizioni interrogative indirette<br />

ed equivale al dubitativo italiano 19 .<br />

1.3 L’ALFABETO<br />

La nona rego<strong>la</strong> recita “ogni paro<strong>la</strong> si pronuncia come è scritta, col suono<br />

proprio di ciascuna lettera”. Ciò significa <strong>che</strong> tra grafema e fonema esiste<br />

una corrispondenza biunivoca, il <strong>che</strong> rende facilmente pronunciabile e<br />

17 Manuale di Esperanto, pagine 46-47<br />

18 Esperanto Lingua Letteratura Movimento, capitolo 3.3.3 Composizione di monemi<br />

19 Manuale di Esperanto, pagina 46<br />

14


trascrivibile qualsiasi paro<strong>la</strong>, an<strong>che</strong> sconosciuta.<br />

L’alfabeto dell’Esperanto si compone di 28 lettere: 21 consonanti, 5 vocali<br />

e 2 semivocali.<br />

a b c ĉ d e f g ĝ h ĥ i j ĵ k l m n o p r s ŝ<br />

t u ǔ v z<br />

Possiamo facilmente notare <strong>che</strong> in questo alfabeto compaiono delle<br />

consonanti inconsuete per un par<strong>la</strong>nte di <strong>lingua</strong> italiana, provviste infatti di<br />

segni diacritici (supersignoj), nel<strong>la</strong> forma di accento circonflesso (ĉapelo) o<br />

di segno breve (haketo) 20 . Per rendere più chiara <strong>la</strong> pronuncia dei suoni<br />

più problematici, fornirò qui di seguito alcuni esempi 21 :<br />

- C e Ĉ : c le/z/ione<br />

ĉ /c/en/ci/o<br />

- G e Ĝ : g /g/ondo<strong>la</strong><br />

ĝ /gi/un/ge/re<br />

- H e Ĥ : h (leggere aspirata)<br />

ĥ (k strisciata / ch tedesco)<br />

- J e Ĵ : j a/i/a (semivocale)<br />

ĵ /j/ournal (al<strong>la</strong> francese)<br />

- K : k /chi/mi/c/a<br />

- S e Ŝ : s /s/eme<br />

ŝ /sci/ame, /sc/ena<br />

- U e Ǔ : u t/u/ono<br />

ǔ /u/omo (semivocale)<br />

- Z : z te/s/oro<br />

E’ molto importante pronunciare correttamente le parole. An<strong>che</strong> solo un<br />

piccolo errore può infatti compromettere <strong>la</strong> buona riuscita del<strong>la</strong><br />

20 Manuale di Esperanto, pagine 17-18<br />

21 Esperanto Lingua Letteratura Movimento, capitolo 3.2.1 Alfabeto<br />

15


conversazione.<br />

Riportiamo alcuni esercizi di pronuncia 22 :<br />

- sumi – zumi sommare, ronzare<br />

- resonas – rezonas risuona, ragiona<br />

- meso – mezo messa, mezzo<br />

- aveno – haveno avena, porto<br />

- aro – haro un insieme, cappello<br />

- oro – horo- ĥoro oro, ora, coro<br />

- selo – ŝelo sel<strong>la</strong>, buccia<br />

- aĵo – aĝo cosa, età<br />

Per quanto riguarda le caratteristi<strong>che</strong> delle consonanti secondo <strong>la</strong><br />

tradizionale descrizione a tratti, si può tracciare uno s<strong>che</strong>ma <strong>che</strong> tenga<br />

conto del luogo e del modo di artico<strong>la</strong>zione. 23<br />

consonanti <strong>la</strong>biali Labio<br />

dentali<br />

plosive p<br />

b<br />

affricate c ĉ<br />

ĝ<br />

fricative f<br />

v<br />

nasali m n<br />

liquide l<br />

Semivocali<br />

dentali alveo<strong>la</strong>ri pa<strong>la</strong>tali ve<strong>la</strong>ri glottali<br />

t<br />

d<br />

s<br />

z<br />

ŭ j<br />

ŝ<br />

ĵ<br />

k<br />

g<br />

ĥ h<br />

Come già detto, ad ogni suono corrisponde una so<strong>la</strong> lettera. Ciò significa<br />

<strong>che</strong> non esistono gruppi di consonanti per un suono unico, come invece<br />

avviene in italiano. Se in Esperanto si trovano gruppi consonantici come<br />

gl, gn, sc, ph, essi devono venire pronunciati secondo le norme generali.<br />

22 Manuale di Esperanto, pagina 19-20<br />

23 Esperanto Lingua Letteratura Movimento, capitolo 3.2.2 Pronuncia<br />

16


Per cui g<strong>la</strong>so, ligno, scienco, lipharoj si pronunciano come g-<strong>la</strong>so, lig-no,<br />

s-zzienzo, lip-haroj. Nelle radici in Esperanto non si trovano mai<br />

consonanti doppie, le quali sono invece presenti nelle parole composte:<br />

lezuolo, lit-tuko, è composto da lit-o (letto) e tuk-o (panno) 24 .<br />

La pronuncia delle vocali (a, e, i, o, u) corrisponde a quel<strong>la</strong> dell’italiano. La<br />

pronuncia delle singole consonanti richiede invece l’appoggio vocalico di o.<br />

Esistono sei dittonghi discendenti, con accento sul<strong>la</strong> vocale sil<strong>la</strong>bica.<br />

1.4 MORFOLOGIA<br />

aj /ai/ ej /ei/ oj /oi/ uj/ui/<br />

aǔ /au/ eǔ /eu/ 25<br />

Tradizionalmente, gli esperantologi distinguono tre categorie di morfemi:<br />

radici, affissi e finali 26 .<br />

Le radici sono una o più sil<strong>la</strong>be <strong>che</strong> “significano qual<strong>che</strong> concetto”; gli<br />

affissi, nel<strong>la</strong> forma di prefissi o suffissi, attenuano o modificano il senso<br />

del<strong>la</strong> radice al<strong>la</strong> quale si uniscono, senza però influire sul suo carattere<br />

grammaticale; le finali si trovano al<strong>la</strong> fine di tutti i sostantivi, aggettivi, verbi<br />

e avverbi, e ne definiscono <strong>la</strong> sua caratteristica grammaticale.<br />

Per chiarire meglio il concetto, Janton nel suo scritto Esperanto. Lingua<br />

letteratura movimento riporta l’esempio del<strong>la</strong> paro<strong>la</strong> ne-san-ig-ebl-a<br />

(inguaribile), <strong>che</strong> analizza nel modo seguente:<br />

ne-: prefisso <strong>che</strong> determina negazione;<br />

san-: radice comune all’aggettivo sana (sano), al nome sano (salute), al<br />

verbo sani (essere in buono stato di salute) e all’avverbio sane<br />

(sanamente);<br />

-ig-: suffisso <strong>che</strong> indica azione causativa o fattiva;<br />

-ebl-: suffisso <strong>che</strong> indica <strong>la</strong> possibilità;<br />

24 Manuale di Esperanto, pagina 18<br />

25 Esperanto Lingua Letteratura Movimento, capitolo 3.2.2 Pronuncia<br />

26 Esperanto Lingua Letteratura Movimento, capitolo 3.3 Morfologia. La teoria linguistica di<br />

Zamenhof, monemi: lessemi (o morfemi)<br />

17


-a: finale identificativa dell’aggettivo.<br />

Da questa analisi non possiamo però cogliere <strong>la</strong> caratteristica più originale<br />

dell’Esperanto, cioè quel<strong>la</strong> di aver scomposto le idee in parole indipendenti<br />

“in modo <strong>che</strong>”, afferma Zamenhof in Fundamenta Krestomatio 27<br />

l’insieme del<strong>la</strong> <strong>lingua</strong> non consista di parole sotto<br />

diverse forme grammaticali, ma esclusivamente di<br />

parole invariabili…Così per esempio <strong>la</strong> paro<strong>la</strong><br />

“fratino” (sorel<strong>la</strong>) in effetti consiste di tre parole: “frat”<br />

(concetto di fratello), “in” (concetto di femmina), “o”<br />

(concetto di cosa o idea esistente), dunque fratello +<br />

femmina = sorel<strong>la</strong>. Ma nel manuale <strong>la</strong> paro<strong>la</strong> “fratino”<br />

è spiegata come segue: fratello = “frat”, ma poiché<br />

ogni sostantivo al nominativo finisce per “o”, si ha<br />

“frato”; per formare il femminile dello stesso concetto<br />

si inserisce il suffisso in “in” perciò sorel<strong>la</strong> = frat-in-o<br />

(i trattini sono apposti per mostrare le diverse parti<br />

grammaticali costitutive del<strong>la</strong> paro<strong>la</strong>). In questa<br />

maniera l’analisi del<strong>la</strong> <strong>lingua</strong> non mette in difficoltà lo<br />

studente, il quale non suppone <strong>che</strong> le parole<br />

chiamate desinenze o prefisso o suffisso siano<br />

parole del tutto indipendenti <strong>che</strong> mantengono<br />

sempre il rispettivo senso, qualunque sia <strong>la</strong> loro<br />

posizione al<strong>la</strong> fine o all’inizio di un’altra paro<strong>la</strong> o se<br />

siano usate in forma autonoma. Perciò ogni paro<strong>la</strong><br />

ha uguale valore per essere usata come radicale o<br />

come parte grammaticale.<br />

Il Fundamenta Krestomatio è un testo fondamentale e innovativo, in<br />

quanto è il solo scritto nel quale Zamenhof ha definito <strong>la</strong> sua teoria<br />

27 Fundamento Krestomatio, pg 234-5, citazione reperibile in Esperanto Lingua Letteratura<br />

Movimento, capitolo 3.3 Morfologia. La teoria linguistica di Zamenhof, monemi: lessemi (o<br />

morfemi)<br />

18


linguistica e nel quale si possa realmente comprendere <strong>la</strong> vera essenza<br />

dell’Esperanto.<br />

Per quanto riguarda <strong>la</strong> composizione delle parole valgono due principi<br />

fondamentali. Il primo può venir definito come “derivazione immediata”: <strong>la</strong><br />

nuova paro<strong>la</strong> si forma grazie ad una semplice sostituzione del<strong>la</strong> finale. Il<br />

secondo caso è, invece, quello del<strong>la</strong> “derivazione mediata” dove<br />

intervengono i suffissi. Essi possono venir descritti an<strong>che</strong> come principio di<br />

necessità e principio di sufficienza 28 . Nel principio di necessità si afferma<br />

<strong>che</strong> ogni paro<strong>la</strong> deve contenere tutti gli elementi necessari per evocare<br />

l’idea <strong>che</strong> deve esprimere. Secondo il principio di sufficienza, invece, ogni<br />

paro<strong>la</strong> deve contenere soltanto gli elementi necessari per evocare l’idea,<br />

escludendo così ogni altro elemento superfluo o ridondante.<br />

Prendiamo alcuni esempi. Bona è un aggettivo <strong>che</strong> significa “buono”,<br />

mentre il sostantivo bono indica <strong>la</strong> “bontà”. Come si tradurrà quindi “i<br />

buoni”? Non possiamo avvalerci del principio di derivazione immediata<br />

perché abbiamo visto <strong>che</strong> bono non può essere utilizzato come sostantivo<br />

per “buono”. Dovremo quindi ricorrere al principio di sufficienza ,<br />

utilizzando un suffisso. Nel paragrafo successivo verranno riportati i più<br />

importanti prefissi e suffissi ma possiamo anticipare <strong>che</strong> il suffisso utilizzato<br />

per indicare l’idea di individuo è –ul. “I buoni” si dirà quindi <strong>la</strong> bonuloj.<br />

Differente è il caso dell’aggettivo “nobile”. Nel concetto di nobiltà è<br />

intrinseco il concetto di “essere umano” e “individuo”, quindi non dovremo<br />

ricorrere al suffisso –ul, in quanto sarebbe una particel<strong>la</strong> ridondante.<br />

1.4.1 PREFISSI E SUFFISSI<br />

Nel paragrafo precedente abbiamo messo in evidenza <strong>la</strong> caratteristica più<br />

originale dell’Esperanto, ovvero il fatto di aver scomposto le idee in parole<br />

indipendenti. Ciò è possibile soltanto in primo luogo grazie a prefissi e<br />

suffissi. Nelle lingue naturali esse hanno solitamente significati molto<br />

28 Fabrizio Pennacchietti, La riflessione sul valore pedagogico dell'Esperanto in Esperanto: una<br />

concreta esperienza di educazione internazionale, pagina 20<br />

19


differenti, mentre in Esperanto ogni prefisso e suffisso ha un solo e unico<br />

significato.<br />

Si veda, ad esempio, quanti suffissi esistano in italiano per descrivere le <strong>la</strong><br />

professione: -ario (bibliotecario), -aio (calzo<strong>la</strong>io, marinaio), -iere<br />

(trombettiere), -iero (guerriero), -ale (ufficiale), -ante (commerciante), -ico<br />

(diplomatico), -ato (impiegato), -ente (presidente), -ino (scalpellino), -ore<br />

(pastore), -ista (dentista). In Esperanto tutto questo è molto semplificato,<br />

perché infatti esiste un solo suffisso per esprimere <strong>la</strong> professione, ovvero –<br />

isto (dent-isto, mar-isto, milit-isto <strong>che</strong> significano dentista, marinaio e<br />

guerriero) 29 .<br />

Riporto qui di seguito i suffissi citati nel Manuale di Esperanto di Bruno<br />

Migliorini:<br />

-ad: indica un’azione o uno stato prolungati. Akzept-ad-i (accettare più<br />

volte), leg-ad-o (lettura per un tempo prolungato), nombr-ad-o<br />

(numerazione);<br />

-aĵ: indica <strong>la</strong> materia, <strong>la</strong> cosa concreta. Dolĉ-aĵ-o (una cosa dolce, un<br />

dolce), bon-a ĵ-o (atto di bontà), lign-aĵ-o (oggetto di legno), teatr-aĵ-o<br />

(presentazione teatrale);<br />

-an: questo suffisso indica il seguace, il partigiano di un’idea politica o<br />

simile, il membro di un’associazione, l’abitante di una città o un paese,<br />

perciò otterremo krist-an-o (cristiano), grup-an-o (membro di un gruppo),<br />

pariz-an-o (parigino), ŝtat-an-o (cittadino);<br />

-ar: indica un gruppo, complesso, insieme, collezione o riunione. Arb-ar-o<br />

(foresta, vista come insieme di alberi), vort-ar-o (insieme di parole quindi<br />

vocabo<strong>la</strong>rio), ŝtup-ar-o (sca<strong>la</strong>, da ŝtupo <strong>che</strong> significa scalino);<br />

-bo: indica <strong>la</strong> parente<strong>la</strong> <strong>che</strong> si acquisisce per mezzo del matrimonio.<br />

Bo-patro (suocero), bo-frato (cognato), bo-filino (nuora);<br />

-ebl: indica <strong>la</strong> possibilità passiva (ciò <strong>che</strong> può essere fatto, detto…). Ecco<br />

alcuni esempi: manĝ-ebl-e (mangiabile, dal verbo mangiare manĝi),<br />

vid-ebl-e (dal verbo vidi), prezent-ebl-e (presentabile, dal verbo prezenti),<br />

ebl-e (possibilmente, forse);<br />

29 Manuale di Esperanto, pagina 36<br />

20


-ec: indica una qualità astratta. Bel-ec-o (bellezza), bon-ec-o (bontà),<br />

regul-ec-o (rego<strong>la</strong>rità);<br />

-eg: indica forte accrescimento. Come nel caso precedente, si può<br />

applicare a tutte le radici: pord-eg-o (portone), fort-eg-a (robustissimo, da<br />

fort-a ovvero forte), pluv-eg-i (diluviare, da pluv-i piovere);<br />

-ej: indica il luogo destinato all’uso espresso dal<strong>la</strong> radice. Kuir-ej-o (cucina,<br />

dal verbo cuocere kuiri), lern-ej-o (scuo<strong>la</strong>), direkt-ej-o (direzione);<br />

-em: significa incline a. Dorm-em-a (dormiglione), <strong>la</strong>bor-em-a (<strong>la</strong>voratore),<br />

stud-em-a (studioso);<br />

-end: da fare per obbligo, per legge. Pag-end-a (<strong>che</strong> deve essere pagato),<br />

lern-end-a (da imparare), far-end-a (<strong>che</strong> deve essere fatto);<br />

-et: indica forte diminuzione e non si applica soltanto ai sostantivi, ma<br />

an<strong>che</strong> ad aggettivi, verbi e avverbi, cioè a tutte le radici dell’Esperanto. Per<br />

ciò otterremo: dom-et-o (casetta), bel-et-a (carino), kant-et-i (canticchiare);<br />

-ge: indica una coppia o un gruppo di persone di sesso diverso. Ge-patroj<br />

(genitori), ge-filoj (figli), ge-amikoj (amici);<br />

-ig: dà al<strong>la</strong> radice il significato di rendere, fare. Ruĝ-ig-i (rendere rosso),<br />

popu<strong>la</strong>r-ig-i (rendere popo<strong>la</strong>re), mort-ig-i (uccidere, far morire), sid-ig-i (far<br />

sedere),atent-ig-i (richiamare l’attenzione);<br />

-iĝ: dà al<strong>la</strong> radice il significato di diventare, farsi. . Normal-iĝ-i<br />

(normalizzarsi), grand-iĝ-i (diventare grande), f<strong>la</strong>v-iĝ-i (ingiallire, da f<strong>la</strong>va<br />

<strong>che</strong> significa giallo), frenez-iĝ-i (impazzire, da freneza, pazzo), kurac-iĝ-i<br />

(farsi curare), nask-iĝ-i (nascere, da naski, generare o partorire). I verbi<br />

<strong>che</strong> contengono questo suffisso sono sempre intransitivi e per questa<br />

ragione generalmente non sono accompagnati dall’accusativo e non sono<br />

usati nemmeno nel<strong>la</strong> forma passiva del participio (naskiĝinta significa<br />

quindi <strong>che</strong> è nato, <strong>che</strong> è stato partorito). Inoltre bisogna far attenzione a<br />

non confondere i verbi propriamente riflessivi, dove si dovrà usare <strong>la</strong><br />

particel<strong>la</strong> si, da quelli in iĝ, <strong>che</strong> hanno un significato affine ai primi.<br />

Prendiamo quindi in analisi due frasi:<br />

<strong>la</strong> tuko bone leviĝis en <strong>la</strong> akvujo (il panno si <strong>la</strong>vò bene nel catino),<br />

<strong>la</strong> knabo sin <strong>la</strong>vas ĉiumatene (il ragazzo si <strong>la</strong>va tutte le mattine).<br />

21


Entrambe le frasi traducono il verbo <strong>la</strong>varsi ma solo nel secondo caso il<br />

verbo è riflessivo, quindi le strutture saranno diverse a seconda dei casi.<br />

-il: suffisso <strong>che</strong> indica l’oggetto o lo strumento con cui si compie un’azione.<br />

Otteniamo così tranĉ-il-o (coltello, dal verbo tagliare tranĉi), komb-il-o<br />

(pettine, dal verbo kombi pettinare), ŝlos-il-o (da ŝlosi, chiudere a chiave),<br />

pres-il-o (da presi, stampare);<br />

-in: suffisso per formare il femminile;<br />

-ind: significa degno di. Admir-ind-a (degno d’ammirazione, ammirabile),<br />

memor-ind-a (degno di memoria, memorabile), bedaǔr-ind-a (spiecevole,<br />

da compiangere);<br />

-ing: indica un contenitore in cui si introduce parzialmente l’oggetto<br />

indicato dal<strong>la</strong> radice. Fingr-ing-o (ditale), g<strong>la</strong>v-ing-o (fodero, dal sostantivo<br />

g<strong>la</strong>vo, ovvero spada), ov-ing-o (portauovo).<br />

-mal: prefisso <strong>che</strong> serve per formare il contrario e <strong>la</strong> negazione assoluta.<br />

An<strong>che</strong> in questo caso è applicabile a tutte le radici: mal-bona (cattivo),<br />

mal-kapablo (incapacità), mal-ami (odiare), mal-aperi (sparire, da aperi<br />

apparire), mal-ordo (disordine). Se non si vuole invece indicare un<br />

contrario assoluto si usa <strong>la</strong> particel<strong>la</strong> ne. Si veda quindi <strong>la</strong> differenza tra<br />

ne-uti<strong>la</strong> (inutile) e mal-uti<strong>la</strong> (nocivo);<br />

-pra: indica antichità o posterità remota. Pra-historio (preistoria), pra-patroj<br />

(progenitori), pra-lingvo (<strong>lingua</strong> primitiva);<br />

-uj: indica ciò <strong>che</strong> racchiude completamente uno o più oggetti indicati dal<strong>la</strong><br />

radice, siano essi alberi da frutto (pir-uj-o, pero), nazioni (Ital-uj-o, Italia) o<br />

contenitori (mon-uj-o, portamonete).<br />

-ul: indica un individuo con una specifica qualità. Ecco riportati alcuni<br />

esempi: bon-ul-o (persona buona), riĉ-ul-o (persona ricca), kuraĝ-ul-o<br />

(persona coraggiosa).<br />

Prima di concludere questo paragrafo bisogna fare ancora alcune<br />

precisazioni. In Esperanto tutte le radici possono combinarsi tra loro;<br />

inoltre, ogni elemento in Esperanto può funzionare come prefisso o<br />

suffisso. Alcuni avverbi, preposizioni e esc<strong>la</strong>mazioni vengono utilizzati con<br />

22


molta frequenza come prefissi. Tra questi troviamo le preposizioni al, en,<br />

el:<br />

-al: indica direzione, aggiunta. Alveni (arrivare), aldoni (aggiungere) algvidi<br />

(condurre, guidare fino a );<br />

-el: indica movimento dall’interno all’esterno e viene usato an<strong>che</strong> per<br />

indicare <strong>che</strong> l’azione viene svolta fino al<strong>la</strong> fine. Eltiri (tirare fuori), elskatoligi<br />

(tirare fuori da una scato<strong>la</strong>), ellerni (imparare a fondo);<br />

-en: indica movimento dall’esterno verso l’interno. Eniri (entrare).<br />

Tra gli avverbi usati come preposizioni troviamo invece:<br />

-for: significa fuori, via. Foriri (andare via).<br />

Tra le esc<strong>la</strong>mazioni:<br />

-fi: indica disprezzo morale. Fivirino (donnaccia).<br />

1.5 I LESSEMI<br />

Lo scopo principale di Zamenhof era quello di creare una <strong>lingua</strong><br />

internazionale facendo incontrare diverse lingue. Per questo motivo egli<br />

consultò dizionari di varie lingue per ricercare termini con radici comuni. Si<br />

può quindi affermare <strong>che</strong> egli avesse in mente una <strong>lingua</strong> a posteriori 30 .<br />

Quando invece non fu in grado di trovare radici comuni creò termini nuovi<br />

privilegiando lingue neo<strong>la</strong>tine, e in seguito le lingue germani<strong>che</strong> e s<strong>la</strong>ve. Il<br />

75% dei lessemi proviene dal <strong>la</strong>tino e da lingue neo-<strong>la</strong>tine, in partico<strong>la</strong>re<br />

dal francese, per il 20% da lingue da quelle germani<strong>che</strong>, mentre per il<br />

restante 5% utilizza lessemi di origine greca soprattutto per quanto<br />

riguarda le parole scientifi<strong>che</strong>, poi dalle lingue s<strong>la</strong>ve e in minima porzione<br />

dall’ebraico, dall’arabo, dal giapponese, dal cinese e da altre lingue<br />

ancora. Nonostante Zamenhof crei lessemi a partire da diverse lingue, <strong>la</strong><br />

loro origine rimane sempre facilmente individuabile; inoltre, per <strong>la</strong> maggior<br />

parte dei casi i lessemi sono passati in Esperanto senza alcuna<br />

modificazione, ad esempio dal francese commencer otteniamo komenci,<br />

30 Per informazioni dettagliate sull'argomento si rimanda a La ricerca del<strong>la</strong> <strong>lingua</strong> perfetta nel<strong>la</strong><br />

cultura europea di Umberto Eco.<br />

23


dal <strong>la</strong>tino timere timi, dal tedesco <strong>la</strong>ut <strong>la</strong>ǔte 31 .<br />

Per questo, uno dei grandi privilegi dell’Esperanto è quello di produrre<br />

re<strong>la</strong>tivamente pochi problemi riguardo al lessico. Infatti, un par<strong>la</strong>nte<br />

europeo troverà molti termini identici o riconducibili al<strong>la</strong> sua <strong>lingua</strong> madre,<br />

mentre per quanto riguarda i termini apparentemente sconosciuti, una<br />

volta appreso il loro significato, troverà collegamenti con altre lingue e<br />

soltanto pochi termini saranno da imparare ex novo. Infatti, ad un confronto<br />

con altre lingue pianificate, l’Esperanto presenta un buon equilibrio tra le<br />

varie lingue indo-europee. In partico<strong>la</strong>re l’Esperanto condivide <strong>la</strong> sua<br />

struttura linguistica col <strong>la</strong>tino, il <strong>che</strong> si rive<strong>la</strong> come un grosso vantaggio.<br />

E’ importante notare <strong>che</strong> i lessemi dell’Esperanto si caratterizzano per<br />

alcuni tratti non presenti in altre lingue pianificate. L’Esperanto si<br />

differenzia dalle lingue naturalisti<strong>che</strong> per il suo grado di monomorfismo,<br />

ovvero uniformità: parole legate allo stesso concetto vengono prodotte a<br />

partire da un solo lessema. Si tende ad eliminare qualsiasi caso di<br />

omofonia attuando alcuni mutamenti consonantici: per distinguere il<br />

termine tedesco locken dal <strong>la</strong>tino locus si opterà quindi per i termini log-<br />

nel primo caso e lok- nel secondo. Si cerca inoltre di evitare confusione tra<br />

lessema e morfema, per ciò il termine francese cigarette passerà in<br />

Esperanto nel<strong>la</strong> forma cigarendo, in modo da evitare il suffisso –et, <strong>che</strong><br />

corrisponde al diminutivo. Inoltre si ha <strong>la</strong> tendenza ad evitare parole<br />

polisensi, prestando partico<strong>la</strong>re attenzione ai termini simili ma appartenenti<br />

a lingue diverse, ad alleggerire espressioni complesse (dal russo<br />

nepremenno si ottiene infatti nepre) e ad altre abbreviazioni (kvanto dal<br />

<strong>la</strong>tino quantitas) 32 .<br />

Da sottolineare, inoltre, è <strong>la</strong> differenza tra le radici in Esperanto e quelle in<br />

altre lingue. Ad esempio nel<strong>la</strong> radice esperanto inspir non si distingue il<br />

prefisso <strong>la</strong>tino in- dal<strong>la</strong> radice spir-, ma questi due elementi vengono fusi in<br />

un solo lessema. Le radici in Esperanto non si basano quindi sul<strong>la</strong><br />

etimologia nazionale del<strong>la</strong> paro<strong>la</strong>, ma costituiscono sempre una nuova<br />

unità.<br />

31 Esperanto Lingua Letteratura Movimento, capitolo 3.3.1 I lessemi (o morfemi lessicali).<br />

32 Esperanto Lingua Letteratura Movimento, capitolo 3.3.1 I lessemi (o morfemi lessicali).<br />

24


Un fattore molto originale è il fatto <strong>che</strong> l’inventore dell’Esperanto non<br />

propose il suo lessico come una serie di parole, bensì di lessemi. A<br />

differenza delle lingue naturali, in Esperanto le parole derivate vengono<br />

espresse da lessemi invariabili. I lessemi in Esperanto non appartengono a<br />

nessuna categoria specifica, ma formano parole c<strong>la</strong>ssificabili come verbi o<br />

sostantivi, quando ad essi si aggiungono morfemi verbali o lessicali, <strong>che</strong><br />

ne indicano <strong>la</strong> funzione grammaticale.<br />

Janton in Esperanto Lingua, letteratura, movimento propone alcuni esempi<br />

pratici tra cui il caso di jes- 33 :<br />

jes: jes sì (avverbio)<br />

jes-o affermazione<br />

jes-a affermativo<br />

jes-e affermativamente<br />

jes-i affermare<br />

1.6 LA SINTASSI<br />

Grazie alle sue semplici regole grammaticali, e soprattutto grazie<br />

all’accusativo e i flessivi, l’Esperanto gode di una grande libertà di<br />

costruzione del<strong>la</strong> frase. Ci sono, tuttavia, alcune caratteristi<strong>che</strong> ricorrenti.<br />

Ad esempio, solitamente l’attributo si pone davanti al nome, il verbo è<br />

preceduto dal soggetto ma seguito dai vari complementi, mentre l’avverbio<br />

precede <strong>la</strong> paro<strong>la</strong> <strong>che</strong> modifica. L’Esperanto appartiene a quelle <strong>che</strong> i<br />

linguisti definiscono lingue SVO, nelle quali si trovano in ordine soggetto,<br />

verbo e oggetti diretti e indiretti. E’ da notare infine <strong>che</strong> tra le 16 regole<br />

presenti nel Fundamento de Esperanto non compare nessuna rego<strong>la</strong><br />

sintattica, e ciò implica <strong>che</strong> ogni par<strong>la</strong>nte, almeno in fase iniziale di<br />

apprendimento, può attenersi alle regole sintatti<strong>che</strong> del<strong>la</strong> propria <strong>lingua</strong><br />

madre. Perciò un arabo e un giapponese potrebbero dire <strong>la</strong> stessa frase<br />

ordinando le singole parole in maniera diversa, senza tuttavia cambiare il<br />

33 Pierre Janton, Esperanto Lingua Letteratura Movimento, capitolo 3.3.1.1 Caratteri specifici<br />

dei lessemi.<br />

25


significato. Ad esempio, una frase come “il cane ha visto il gatto”<br />

probabilmente verrebbe formu<strong>la</strong>ta da un arabo come “vidis <strong>la</strong> hundo <strong>la</strong><br />

katon”, mentre per un giapponese sarebbe più naturale produrre una<br />

stringa come “<strong>la</strong> hundo <strong>la</strong> katon vidis” 34 . Al di là del<strong>la</strong> diversa disposizione<br />

delle parole <strong>la</strong> frase non pone problemi perché infatti l’accusativo rende<br />

chiaramente distinguibili il complemento oggetto e il soggetto, mentre <strong>la</strong><br />

desinenza –is ci fa capire chiaramente <strong>che</strong> si tratta di un verbo al tempo<br />

passato.<br />

La frase in Esperanto può ridursi ad un solo monema con funzione<br />

verbale, ad esempio ek! (cominciamo), o a forme verbali senza un<br />

soggetto specifico, come ad esempio pluvas (piove) e sufiĉas (basta). Il<br />

predicato costituisce infatti il nucleo del<strong>la</strong> frase al<strong>la</strong> quale devono fare<br />

riferimento tutte le diverse parti costitutive 35 .<br />

E’ importante notare il fatto <strong>che</strong> in Esperanto, oltre alle regole interne al<br />

sintagma, ovvero quelle <strong>che</strong> stabiliscono, ad esempio, <strong>la</strong> posizione di radici<br />

e finali, esistono an<strong>che</strong> regole intersintagmati<strong>che</strong>, <strong>che</strong> stabiliscono quindi<br />

<strong>la</strong> posizione dei diversi sintagmi 36 . Le regole intersintagmati<strong>che</strong> si dividono<br />

in due categorie:<br />

1) regole di posizione <strong>che</strong> stabiliscono <strong>la</strong> posizione del sintagma all’interno<br />

dei sintagmi, oppure <strong>che</strong> stabiliscono quali preposizioni possano collocarsi<br />

prima o dopo il verbo ( ad esempio: iri en domon è uguale a eniri domon);<br />

2) regole re<strong>la</strong>zionali <strong>che</strong> precisano le re<strong>la</strong>zioni grammaticali tra i sintagmi,<br />

non prendendo in considerazione <strong>la</strong> loro posizione. Tra di esse si<br />

distinguono le regole dirette <strong>che</strong> prescrivono l’uso obbligatorio di alcuni<br />

monemi in re<strong>la</strong>zione con altri, e le regole di continuità, <strong>che</strong> consentono <strong>la</strong><br />

ripetizione di certi monemi in posizione definita. 37<br />

34 Pierre Janton, Esperanto Lingua Letteratura Movimento, capitolo 3.4.11 Ordine delle parole.<br />

35 Esperanto Lingua Letteratura Movimento, capitolo 4.3.1 Parti costitutive.<br />

36 Esperanto Lingua Letteratura Movimento, capitolo 3.5.1 Regole interne ai sintagmi e regole<br />

tra i sintagmi.<br />

37 Per ulteriori informazioni riguardo l’argomento si veda il capitolo Esiti artistici in Esperanto.<br />

26


CAPITOLO 2: VITA E IDEOLOGIA DI ZAMENHOF<br />

Prima di analizzare <strong>la</strong> storia e l’evoluzione del movimento esperantista<br />

ritengo doveroso un capitolo riguardante <strong>la</strong> vita dell’ideatore<br />

dell’Esperanto, Lazar Ludwik Zamenhof, ed un accenno sul<strong>la</strong> sua<br />

ideologia, normalmente indicata col termine Intena Ideo.<br />

2.1 LAZAR LUDWIK ZAMENHOF: VITA E OPERE 38<br />

Lazar Ludwik Zamenhof nacque il 15 dicembre 1859, a Białystok,<br />

nell’attuale Polonia. Il padre era professore di geografia e lingue in un<br />

collegio di Białystok ed era un uomo dal carattere molto rigido; <strong>la</strong> madre<br />

invece era uno spirito molto sensibile e dolce, decisamente più in sintonia<br />

col carattere di Ludwik.<br />

Dal padre ereditò <strong>la</strong> sua passione per lo Stato russo: sia padre <strong>che</strong> figlio<br />

amavano molto <strong>la</strong> patria degli zar e si sentivano in tutto e per tutto cittadini<br />

russi. Durante l'infanzia Ludwik si era infatti proposto di diventare un poeta<br />

di <strong>lingua</strong> russa ma in seguito <strong>la</strong> sua vera passione divenne lo studio delle<br />

lingue. In un primo momento egli aveva pensato di far rivivere una delle<br />

lingue anti<strong>che</strong> e di reintrodurre l'ebraico come <strong>lingua</strong> par<strong>la</strong>ta, ma in seguito<br />

capì <strong>che</strong> era necessaria una <strong>lingua</strong> artificiale. 39<br />

Dal 1873 <strong>la</strong> famiglia si trasferì a Varsavia dove il padre aveva ottenuto una<br />

cattedra di tedesco in un istituto ufficiale.<br />

Nel 1879, stesso anno in cui venne pubblicato un importante progetto di<br />

<strong>lingua</strong> internazionale, il Vo<strong>la</strong>pük 40 , il giovane Ludwik aveva già portato a<br />

38 Per ulteriori informazioni riguardanti <strong>la</strong> bibliografia di Lazar Ludwik Zamenhof si vedano i<br />

volumi Esperanto Lingua Letteratura Movimento di Pierre Janton, capitolo 2.1, La <strong>lingua</strong><br />

pericolosa di Ulrich Lins, capitolo 1.1, e le biografie romanzes<strong>che</strong> Una voce per il mondo di<br />

Vitaliano Lamberti e Zamenhof: iniziatore del<strong>l'esperanto</strong> di Anastasio Lopez Luna.<br />

39 Probabilmente l'idea nacque nel givane in seguito al<strong>la</strong> lettura biblica sul<strong>la</strong> Torre di Babele. Egli<br />

infatti affermò nel 1908: “Ciò <strong>che</strong> un tempo fu effetto del<strong>la</strong> torre di Babele, ora funge da<br />

causa; allora <strong>la</strong> <strong>lingua</strong> si confuse quale punizione dei peccati, ma ora <strong>la</strong> confusione delle<br />

lingue è causa dei peccati”.<br />

40 Il Vo<strong>la</strong>pük è il progetto del pastore cattolico Joahnn Martin Schleyer. Egli, con <strong>la</strong> finalità<br />

dell'unificazione, propose un alfabeto fonetico universale di 28 lettere e una grammatica<br />

27


termine un primo progetto linguistico, <strong>la</strong> lingwe universa<strong>la</strong>, il quale non<br />

venne però mai pubblicato. Infatti, quando Ludwik si trasferì a Mosca per<br />

frequentare <strong>la</strong> facoltà di medicina, l'unica accessibile an<strong>che</strong> agli ebrei, il<br />

padre distrusse il progetto affidatogli dal figlio, in quanto, come censore<br />

del<strong>la</strong> stampa ebraica, era cosciente dei rischi <strong>che</strong> esso avrebbe potuto<br />

comportare.<br />

Nel marzo 1881 venne assassinato a Mosca lo zar Alessandro II e a<br />

questo seguì un duro momento per gli ebrei russi: è proprio in questo anno<br />

<strong>che</strong> cominciarono i pogrom. Gli ebrei russi si accorsero dolorosamente <strong>che</strong><br />

l'antisemitismo era tutt'altro <strong>che</strong> debel<strong>la</strong>to e decisero quindi di creare dei<br />

gruppi per cercare una soluzione al problema ebraico. Uno dei gruppi più<br />

importanti è senza dubbio il movimento sionista Ĥibat Sion 41 , al quale<br />

Zamenhof prese parte attiva dal 1882 al 1887. Durante questi anni di lotta,<br />

egli si rese conto <strong>che</strong> il solo progetto di una <strong>lingua</strong> comune non era<br />

sufficiente per riunificare in modo pacifico i popoli: era necessaria an<strong>che</strong><br />

una religione universale 42 .<br />

Nel 1886 si specializzò in oftalmologia e l’anno seguente incominciò ad<br />

esercitare <strong>la</strong> professione a Varsavia. Nel 1887 sposò Car<strong>la</strong> Zilbernik e<br />

nello stesso anno diede alle stampe un opuscolo dal titolo Internacia<br />

Lingvo.<br />

L’Internacia Lingvo apparve prima in russo e successivamente in po<strong>la</strong>cco,<br />

francese, tedesco e inglese. Questo piccolo testo di appena 40 pagine si<br />

rive<strong>la</strong> di importanza fondamentale per <strong>la</strong> nascita dell’Esperanto, in quanto<br />

comprende le 16 regole fondamentali, un vocabo<strong>la</strong>rio contenente circa 900<br />

radici, esperimenti linguistici ed esempi di traduzione e di composizione<br />

originale, sia in prosa <strong>che</strong> in poesia. E’ grazie a questo opuscolo <strong>che</strong> <strong>la</strong><br />

<strong>lingua</strong> ideata da Zamenhof prese il suo nome attuale: l’autore si era infatti<br />

rego<strong>la</strong>re ma alquanto difficile. Questa <strong>lingua</strong> visse un periodo di rapida diffusione, ma quando<br />

Schleyer si oppose a qualsiasi modifica si creò uno scisma <strong>che</strong> portò al<strong>la</strong> rovina.<br />

Per ulteriori informazioni si rimanda a Esperanto Lingua Letteratura Movimento.<br />

41 Il nome del movimento significa “Amore per Sion”, ma esso è conosciuto an<strong>che</strong> come Hovevei<br />

Zion. Il progetto di questo gruppo era quello di far rivivere uno Stato ebraico in Palestina.<br />

42 Questa convinzione diede vita, in seguito, al progetto di Homaranismo, ovvero “dottrina per<br />

l'umanità. Si tratta di una dottrina <strong>che</strong> riguarda l'uomo neutrale, considerato al di là delle<br />

differenze religiose e evidenzia il concetto di uomo sopra a quelli di popolo, gente, razza e<br />

c<strong>la</strong>sse sociale.<br />

28


firmato come Doktoro Esperanto, “dottore speranzoso”.<br />

Il 1888 è l’anno in cui viene dato alle stampe un secondo volume, il Dua<br />

Libro de l’Lingvo Internacia, ovvero il “Secondo Libro del<strong>la</strong> Lingua<br />

Internazionale”. Esso consiste in un sostanziale ampliamento del volume<br />

del 1887. Su questa scia venne pubblicato, nel 1889, l’Aldono al <strong>la</strong> Dua<br />

Libro de l’Lingvo Internacia, cioè un “Supplemento al Secondo Libro del<strong>la</strong><br />

Lingua Internazionale”. In questo anno il progetto trovò l'appoggio an<strong>che</strong> di<br />

Lev Tolstoj 43 , sul quale si narra <strong>che</strong> avesse imparato l'Esperanto in sole<br />

due ore. I rapporti tra tolstojani ed esperantisti si fecero sempre più<br />

evidenti quando al<strong>la</strong> redazione del<strong>la</strong> casa editrice Posrednik, divulgatrice<br />

dei pensieri di Lev Tolstoj, venne affidata una rubrica sul<strong>la</strong> rivista La<br />

Esperantisto. 44<br />

Le spese dovute alle diverse pubblicazioni diventarono sempre più<br />

opprimenti, tanto <strong>che</strong> Zamenhof si trovò costretto a trasferire il suo studio<br />

oculistico in diverse città, per poi stabilirsi in modo definitivo nel 1898, a<br />

Varsavia. Nonostante questo fu per Zamenhof il periodo più difficile a<br />

livello finanziario, ciò non lo sconfortò ma anzi gli diede nuove energie per<br />

<strong>la</strong> stesura dei suoi scritti più importanti. Durante il 1891-92 Zamenhof non<br />

riuscì a pubblicare un nuovo libro, né a ristamparne uno precedente a<br />

causa del<strong>la</strong> censura, ma gli fu possibile importare in Russia pubblicazioni<br />

in Esperanto dagli altri stati, tra le quali l'organo principale del movimento<br />

La Esperantisto, nato a Norimberga il 1° settembre 1889.<br />

Nel 1894 venne pubblicato l’Universa<strong>la</strong> Vortaro, “Vocabo<strong>la</strong>rio Universale”,<br />

con traduzioni del lessico esperanto in 5 lingue. Nello stesso anno apparve<br />

an<strong>che</strong> Ekzercaro, una raccolta di esercizi e nel 1903 venne invece<br />

pubblicata <strong>la</strong> Fundamenta Krestomatio, ovvero una “Antologia<br />

43 Le idee rivoluzionarie di Lev Tolstoj erano seguite da un folto numero di discepoli, i quali<br />

avrebbero poi condiviso con gli esperantisti l'idea di una resistenza non violenta contro<br />

l'iniquità, resa possibile solo grazie all'opera di individui creativi, con uno spiccato senso di<br />

responsabilità, ma <strong>che</strong> si opponevano fortemente a forme religiose soltanto esteriori. Per<br />

ulteriori informazioni sull'argomento si rimanda a Erwin Oberländer, Tolstoj und die<br />

revolutionäre Bewegung, Mün<strong>che</strong>n, Salzburg 1965.<br />

44 Il primo articolo pubblicato da Posrednik sul<strong>la</strong> rubrica dell'Esperantisto fu “Saggezza o fede”<br />

di Tolstoj. A seguito di questa pubblicazione il governo zarista impedì l'ulteriore entrata<br />

dell'Esperantisto in Russia, <strong>la</strong> quale, perdendo tre quarti dei suoi circa 600 abbonati, smise di<br />

essere pubblicata.<br />

29


fondamentale”, <strong>la</strong> quale comprendeva esercizi, articoli, discorsi, aneddoti,<br />

poesie e prose, sia originali <strong>che</strong> tradotti.<br />

Il 1905 è invece l’anno di pubblicazione del celeberrimo Fundamento de<br />

Esperanto, il quale riprende le 16 regole del<strong>la</strong> Lingvo Internacia ma<br />

comprende an<strong>che</strong> una serie di esercizi ed un vocabo<strong>la</strong>rio. In questo stesso<br />

anno vi fu an<strong>che</strong> il primo Congresso Mondiale di Esperanto, a Boulogne-<br />

Sur-Mer, al quale parteciparono 668 esperantisti provenienti da 20 paesi.<br />

Questo primo incontro diede inizio ad una serie di congressi mondiali <strong>che</strong><br />

continua fino ai nostri giorni.<br />

Lazar Ludwig Zamenhof si spense il 14 aprile 1917, esausto dal <strong>la</strong>voro e<br />

afflitto dal<strong>la</strong> caduta del suo ideale di pace.<br />

2.2 COME NACQUE IL PROGETTO<br />

Credo sia impossibile analizzare l’Esperanto dal solo punto di vista<br />

linguistico: a mio avviso, l’aspetto ideologico è il tratto più affascinante di<br />

questa <strong>lingua</strong>, sebbene esso non abbia dato vita a fiumi di inchiostro. Molti<br />

Esperantisti sono infatti convinti <strong>che</strong> l’Esperanto sia in primo luogo una<br />

<strong>lingua</strong>, e <strong>che</strong> questa sia l’unica cosa <strong>che</strong> realmente debba essere ritenuta<br />

importante. Ma lo pseudonimo con cui Zamenhof firmò i suoi testi <strong>la</strong> dice<br />

lunga sul forte impianto ideologico: come è già stato detto, Esperanto<br />

significa “colui <strong>che</strong> spera”.<br />

Fin dall’inizio Zamenhof collegò l’idea di <strong>lingua</strong> internazionale con un<br />

ideale più alto. Egli voleva infatti stimo<strong>la</strong>re tutti gli uomini al<strong>la</strong> costruzione di<br />

un mondo migliore, ma prima di entrare in modo più approfondito nel<strong>la</strong><br />

tematica è bene portare al<strong>la</strong> luce quali siano stati i fattori <strong>che</strong> portarono il<br />

ragazzo a creare un progetto tanto <strong>la</strong>borioso.<br />

Tre furono gli aspetti fondamentali <strong>che</strong> portarono Zamenhof all’idea di<br />

creare una <strong>lingua</strong> internazionale: ovvero, il suo luogo di nascita, <strong>la</strong> sua<br />

origine ebraica e il suo forte idealismo.<br />

Come già detto, Zamenhof nacque il 15 dicembre 1959, a Białystok.<br />

30


Questa città si trova attualmente in Polonia, ma all’epoca in cui nacque e<br />

visse l’ideatore dell’Esperanto essa era una città di provincia dell'impero<br />

zarista, contesa dal<strong>la</strong> Prussia. Niente può farci capire meglio lo stato<br />

d’animo del giovane <strong>che</strong> le sue stesse parole. Egli scriveva infatti:<br />

Questo luogo del<strong>la</strong> mia nascita e degli anni del<strong>la</strong> mia<br />

fanciullezza ha impresso il primo corso a tutte le mie<br />

aspirazioni successive. La popo<strong>la</strong>zione di Białystok è<br />

formata da quattro elementi: russi, po<strong>la</strong>cchi, tedeschi<br />

e ebrei. Ciascuno di questi gruppi par<strong>la</strong> una <strong>lingua</strong><br />

diversa e ha re<strong>la</strong>zioni non ami<strong>che</strong>voli con gli altri<br />

gruppi. In tale città, più <strong>che</strong> altrove, una natura<br />

sensibile percepisce <strong>la</strong> pesante infelicità del<strong>la</strong><br />

diversità linguistica e si convince ad ogni passo <strong>che</strong><br />

<strong>la</strong> diversità delle lingue è <strong>la</strong> so<strong>la</strong> causa o almeno <strong>la</strong><br />

principale <strong>che</strong> allontana <strong>la</strong> famiglia umana e <strong>la</strong> divide<br />

in fazioni nemi<strong>che</strong>. Sono stato educato all’idealismo;<br />

mi hanno insegnato <strong>che</strong> tutti gli uomini sono fratelli e<br />

intanto sul<strong>la</strong> strada e nel cortile tutto a ogni passo mi<br />

hanno fatto sentire <strong>che</strong> non esistono uomini,<br />

esistono soltanto russi, po<strong>la</strong>cchi, tedeschi, ebrei,<br />

ecc. Questo ha sempre tormentato il mio animo<br />

infantile, an<strong>che</strong> se molti sorrideranno su questo<br />

dolore per il mondo da parte di un bambino. Poiché a<br />

me allora sembrava <strong>che</strong> i “grandi” fossero<br />

onnipotenti, mi ripetevo <strong>che</strong> quando sarei stato<br />

grande io senz’altro avrei eliminato questo male. 45<br />

Credo <strong>che</strong> queste parole siano sufficienti a spiegare quanto il problema<br />

dell’identità linguistica fosse fortemente sentito da Zamenhof. Egli doveva<br />

infatti par<strong>la</strong>re russo con il padre ateo mentre con <strong>la</strong> madre, molto devota,<br />

45 Lettera a Borovko 1896, da Lettere di L.L. Zamanhof. La lettera a Borovko venne pubblicata<br />

nel 1896, ma probabilmente Zamenhof l'aveva già scritta nel 1894.<br />

31


par<strong>la</strong>va yiddish; al di fuori di casa par<strong>la</strong>va po<strong>la</strong>cco, e come studente<br />

doveva studiare tedesco, francese, <strong>la</strong>tino e greco. Non è da escludere <strong>che</strong><br />

avesse delle conoscenze base an<strong>che</strong> di lituano 46 . Avendo dovuto studiare<br />

molte lingue, il ragazzo era cosciente di quanto tempo, fatica e denaro ciò<br />

significasse, ed appunto nel<strong>la</strong> prefazione del<strong>la</strong> Internacia Lingvo egli<br />

sottolinea uno dei principali vantaggi di una <strong>lingua</strong> come l’Esperanto. Essa<br />

farebbe risparmiare denaro e tempo, il quale potrebbe venir meglio<br />

utilizzato per approfondire gli elementi delle culture straniere. Per questo<br />

motivo tra gli obiettivi principali di Zamenhof traviamo il suo desiderio di dar<br />

vita ad una <strong>lingua</strong> semplice <strong>che</strong> potesse essere imparata come un gioco,<br />

render<strong>la</strong> immediatamente utilizzabile grazie al<strong>la</strong> logica e al<strong>la</strong> semplicità<br />

del<strong>la</strong> sua struttura ed infine trovare un sistema per stimo<strong>la</strong>re il pubblico a<br />

praticar<strong>la</strong> in modo generalizzato<br />

Occupiamoci ora degli altri due aspetti fondamentali, ovvero ebraismo e<br />

idealismo. Questi due concetti sono strettamente collegati, come si può<br />

leggere da un’altra lettera:<br />

Se io non fossi un ebreo del ghetto, l’idea sull’unione<br />

dell’umanità non mi sarebbe affatto venuta in mente,<br />

né mi avrebbe ossessionato tanto ostinatamente per<br />

tutta <strong>la</strong> vita. Nessuno può sentire così fortemente<br />

l’infelicità del<strong>la</strong> divisione umana come l’ebreo di un<br />

ghetto. Nessuno può sentire <strong>la</strong> necessità di una<br />

<strong>lingua</strong> libera dal senso di nazionalità e umanamente<br />

neutrale come <strong>la</strong> sente un ebreo, obbligato a pregare<br />

Dio in una <strong>lingua</strong> morta già da lungo tempo, educato<br />

ed istruito nel<strong>la</strong> <strong>lingua</strong> di un popolo <strong>che</strong> lo respinge e<br />

<strong>che</strong> ha dei compagni di sofferenza sparsi per tutto il<br />

mondo, senza potersi comprendere con loro… Il mio<br />

ebraismo è stato, fin dal<strong>la</strong> più tenera infanzia, <strong>la</strong><br />

causa principale del<strong>la</strong> mia dedizione ad un’idea e ad<br />

46 Esperanto Lingua Letteratura Movimento, capitolo 2.1 Lazar Ludwik Zamenhof.<br />

32


un sogno essenziale come quello di unire l’umanità. 47<br />

Zamenhof descrive il suo ideale come “un sogno essenziale come quello<br />

di unire l’umanità”. Ciò non significa creare una <strong>lingua</strong> <strong>che</strong> ci sostituisca a<br />

quelle naturali, cercando quindi di ricreare una condizione pre-babelica.<br />

Bensì, egli era convinto <strong>che</strong> l’utilizzo di una <strong>lingua</strong> internazionale “neutra”,<br />

<strong>che</strong> sia di tutti ma allo stesso tempo tipica di nessuno, aiutasse i popoli a<br />

non creare alcun conflitto o desiderio di superiorità sugli altri: l’imposizione<br />

del<strong>la</strong> <strong>lingua</strong> era sentita appunto come un fattore estremamente doloroso.<br />

2.3 L’IDEALE DI ZAMENHOF E LA “INTERNA IDEO”<br />

L’Esperanto non nasce puramente come <strong>lingua</strong> universale. Ad esso si<br />

collegano infatti altri due concetti <strong>che</strong> occuparono lungamente Zamenhof e<br />

<strong>che</strong> qui citeremo so<strong>la</strong>mente, ovvero l’Hillelismo, dottrina basata sui principi<br />

di reciproca fratel<strong>la</strong>nza, uguaglianza e giustizia, e l’Homaranismo, dottrina<br />

<strong>che</strong> afferma il concetto di uomo <strong>che</strong> trascende l’idea di popolo, di nazione,<br />

di razza, di c<strong>la</strong>sse e di religione. In quest’ottica, l’Esperanto è soltanto il<br />

mezzo linguistico per raggiungere obiettivi più nobili.<br />

Tuttavia, durante il primo Congresso Mondiale del 1905 Zamenhof dichiarò<br />

di voler tenere separato l’aspetto linguistico da quello ideologico, legato a<br />

Hillelismo e Homaranismo, in quanto temeva <strong>che</strong> ciò avrebbe portato al<strong>la</strong><br />

formazione di un gruppo settario e ideologico, e durante il discorso<br />

dell’anno seguente, tenutosi a Ginevra, richiese apertamente a tutti i<br />

partecipanti ad impegnarsi in modo <strong>che</strong> i Congressi si svolgessero in<br />

armonia ed in modo neutrale.<br />

Ma ciò non significa <strong>che</strong> all’interno di qualsiasi organizzazione esperantista<br />

neutrale non vi si possa leggere un ideale comune, <strong>che</strong> generalmente<br />

viene definito come “idea interna”, Interna Ideo.<br />

47 Lettera a Michaux, 21 febbraio 1905, da Lettere di L.L. Zamenhof, vol I p. 107. In questa lettera<br />

Zamenhof esalta fortemente <strong>la</strong> sua origine ebraica e <strong>la</strong> sua appartenenza “a questo popolo così<br />

antico <strong>che</strong> così tanto ha sofferto e combattuto, <strong>la</strong> cui intera missione consiste...nel rendere<br />

unite le nazioni e nell'aspirazione verso un solo dio”.<br />

33


Il concetto di Interna Ideo venne affermato per <strong>la</strong> prima volta nel 1906, al<br />

Congresso Mondiale di Ginevra. In questo Congresso venne infatti<br />

affermato <strong>che</strong>, oltre ad un aspetto pratico, l’Esperanto ne possiede an<strong>che</strong><br />

uno ideale fondamentale, an<strong>che</strong> se non obbligatorio. Per opporsi a tutti<br />

coloro i quali affermavano <strong>che</strong> l’Esperanto doveva mantenere soltanto un<br />

aspetto pratico egli rivolge forti parole di critica:<br />

Se qualcuno ci obbligasse noi primi combattenti per<br />

l’Esperanto ad evitare nel<strong>la</strong> nostra azione tutto ciò<br />

<strong>che</strong> in esso c’è di ideale, noi strapperemmo e<br />

bruceremmo indignati tutto quanto abbiamo scritto<br />

per l’Esperanto, noi annulleremmo con dolore il<br />

<strong>la</strong>voro e <strong>la</strong> dedizione di tutta <strong>la</strong> nostra vita… e<br />

grideremmo con orrore: con un tale Esperanto, <strong>che</strong><br />

debba servire soltanto a scopi di commercio e di<br />

utilità pratica, noi non vogliamo aver nul<strong>la</strong> in<br />

comune. 48<br />

Inoltre, secondo Zamenhof, quando e se <strong>la</strong> <strong>lingua</strong> perderà il suo carattere<br />

ideale, <strong>la</strong> sua diffusione su sca<strong>la</strong> mondiale diminuirà di conseguenza.<br />

Perché ciò <strong>che</strong> <strong>avvicina</strong> le persone all’Esperanto è quell’ideale di<br />

fratel<strong>la</strong>nza e giustizia tra i popoli, e quindi non è merito di alcun fattore<br />

pratico.<br />

In questo modo l’Esperanto stimo<strong>la</strong> le persone a cercar di migliorare<br />

l’ordine sociale del mondo, a creare una società senza discriminazioni e<br />

<strong>che</strong> sia uguale per tutti 49 .<br />

Zamenhof ribadisce e sottolinea il concetto di “idea interna” in questo<br />

modo:<br />

48 Origina<strong>la</strong> Verkaro, p 371-2.<br />

49 Esperanto Lingua Letteratura Movimento, capitolo 2.3 L'esperantismo.<br />

34


Il paese dell’Esperanto è retto non soltanto dal<strong>la</strong><br />

<strong>lingua</strong> Esperanto ma an<strong>che</strong> dal<strong>la</strong> idea interna<br />

dell’esperantismo; […] <strong>la</strong> rego<strong>la</strong> degli esperantisti<br />

idealisti è: intendiamo creare un fondamento<br />

neutrale sul quale i diversi gruppi umani possano<br />

pacificamente e fraternamente mettersi in<br />

comunicazione fra loro senza imporre le rispettive<br />

partico<strong>la</strong>ri tradizioni. 50<br />

Ciò <strong>che</strong> spinse Zamenhof all'ideazione di un progetto come l'Esperanto<br />

era il suo desiderio di creare una <strong>lingua</strong> <strong>che</strong> fosse capace di adattarsi ad<br />

un numero quanto più possibile di persone, senza distinzioni di c<strong>la</strong>ssi<br />

sociali, idee politi<strong>che</strong> o religiose. Tuttavia non bisogna dimenticare <strong>che</strong> il<br />

suo primo pensiero era rivolto alle c<strong>la</strong>ssi debole, oppresse ed emarginate,<br />

e quindi, in primo luogo agli ebrei.<br />

Lo scopo dei Congressi Mondiali viene invece definito nel modo seguente:<br />

Ma poiché di 100 congressi almeno novantanove<br />

hanno dell’Esperanto soltanto una soddisfazione<br />

morale, per <strong>che</strong> cosa dunque noi lo propagandiamo?<br />

[…] Come gli antichi ebrei tre volte all’anno si<br />

riunivano in Gerusalemme per rafforzarsi nell’amore<br />

all’idea monoteista, così noi ogni anno ci riuniamo<br />

nel<strong>la</strong> capitale del paese di Esperanto (Esperantujo),<br />

per rafforzare in noi l’amore all’idea<br />

dell’esperantismo. E questo è l’essenza principale e<br />

lo scopo prioritario dei nostri congressi. 51<br />

50 Origina<strong>la</strong> Verkaro, p 378-9.<br />

51 Origina<strong>la</strong> Verkaro, p 377.<br />

35


CAPITOLO 3: STORIA DEL MOVIMENTO<br />

3.1 CRITICHE E TENDENZE EVOLUTIVE<br />

Il 1907 si rive<strong>la</strong> un anno fondamentale per il movimento. Durante il<br />

congresso mondiale di Esperanto svoltosi in quell’anno a Cambridge,<br />

Zamenhof ribadì lo scopo di quegli incontri, ovvero quello di diffondere e<br />

propagandare l’Esperantismo non per qual<strong>che</strong> unità, ma per il significato<br />

<strong>che</strong> esso ha per l’umanità tutta.<br />

Questo accorato appello può essere facilmente spiegato prendendo in<br />

considerazione alcuni eventi precedenti a quell’anno. Nel 1894, grazie ad<br />

una consultazione generale sul<strong>la</strong> base di un sondaggio svolto dal<strong>la</strong> rivista<br />

La Esperantisto, e in seguito nel 1906, durante il Congresso mondiale di<br />

Ginevra , si era stabilita l’intoccabilità del Fundamento de Esperanto 52 :<br />

Nel<strong>la</strong> prefazione si legge infatti <strong>che</strong> “nessuno ha il diritto di fare<br />

cambiamenti”. Lo scopo era quello di sconsigliare iniziative di gruppi<br />

autonomi, <strong>che</strong> in quell’anno si erano fatti sempre più insistenti.<br />

Bisogna mettere in luce il fatto <strong>che</strong>, in principio, Zamenhof non era<br />

contrario a cambiamenti an<strong>che</strong> radicali: con grande umiltà egli aveva preso<br />

in considerazione qualsiasi proposta migliorativa, ed anzi fu lui stesso ad<br />

incoraggiare i lettori dei suoi libri a proporre soluzioni diverse ai tratti più<br />

problematici. La maggior parte degli esperantisti si era dichiarata a favore<br />

del mantenimento del<strong>la</strong> <strong>lingua</strong> così come essa era stata ideata ma,<br />

tuttavia, questo non fermò movimenti riformatori. Per fronteggiare questo<br />

problema Zamenhof ripropose nel 1907 una semplificazione del<strong>la</strong> <strong>lingua</strong>,<br />

con l’abolizione cioè di consonanti con soprassegno, <strong>che</strong> sarebbero state<br />

sostituite da una h subito dopo <strong>la</strong> consonante interessata, <strong>la</strong> sostituzione di<br />

ĥ con k, l’abolizione dell’accusativo, l’invariabilità dell’aggettivo attributivo.<br />

Queste modifi<strong>che</strong> avrebbero senza dubbio semplificato <strong>la</strong> <strong>lingua</strong>, ma<br />

tuttavia le persone <strong>che</strong> <strong>la</strong> utilizzavano si erano ben presto abituate al<strong>la</strong> sua<br />

grammatica e si opposero quindi ad ogni riforma.<br />

52 Durante questo congresso si adottò infatti <strong>la</strong> dichiarazione sul<strong>la</strong> neutralità dei congressi di<br />

Esoeranto, (Esperanto Lingua Letteratura Movimento, capitolo 2.3 L'esperantismo).<br />

36


Nel 1908 alcuni riformatori accaniti uscirono dal movimento per aderire<br />

all’Ido, ovvero l’Esperanto riformato secondo i principi linguistici di Louis<br />

Cuoturat e di Louis De Beaufront 53 , i quali non intendevano limitarsi al<br />

miglioramento di aspetti linguistici e grammaticali. Essi puntavano a un<br />

completo rimodel<strong>la</strong>mento del<strong>la</strong> <strong>lingua</strong>, il <strong>che</strong> mal si conciliava con lo spirito<br />

stesso dell’Esperanto. L’intenzione era infatti quel<strong>la</strong> di <strong>avvicina</strong>re<br />

l’Esperanto al modello delle lingue neo<strong>la</strong>tine, privandolo quindi del suo<br />

valore universalistico. Partico<strong>la</strong>rmente criticato era inoltre il suo eccessivo<br />

grado di razionalità, <strong>che</strong> a mio avviso è invece uno dei suoi grandi punti di<br />

forza.<br />

L’Ido non è l’unico progetto riformatorio nei confronti dell’Esperanto. In<br />

quegli anni apparvero infatti almeno una quarantina di altri progetti derivati<br />

dall’Esperanto <strong>che</strong> condividevano una tendenza naturalistica guidata<br />

dall’imitazione delle lingue neo<strong>la</strong>tine.<br />

Questi movimenti non <strong>la</strong>sciarono indifferente l’Accademia di Esperanto,<br />

<strong>che</strong> infatti nel 1908 assunse il ruolo di far rispettare i principi fondamentali<br />

e di control<strong>la</strong>re l’evoluzione del<strong>la</strong> <strong>lingua</strong>. Alcune delle modifi<strong>che</strong> proposte<br />

nel 1907 vennero accettate. Ad esempio, nei neologismi non può venire<br />

usato il suono ĥ, vengono permessi alcuni derivati non presenti nell’elenco<br />

originale, vengono introdotti neologismi naturalistici per evitare confusione<br />

e precisare il senso di alcune parole composte (il termine malrekta viene<br />

affiancato dal neologismo oblikva) e infine alcune parole sono passate in<br />

Esperanto senza alcuna modifica ( è il caso di samovaro, dal russo<br />

samovar). E’ però fondamentale notare <strong>che</strong> questi cambiamenti non<br />

riguardarono <strong>la</strong> struttura di base del<strong>la</strong> <strong>lingua</strong>.<br />

53 Louis de Beaufront fu l'esponente di maggior rilievo del cosiddetto periodo francese <strong>che</strong> ebbe<br />

luogo a metà degli anni 1890. A differenza dell'Esperantismo russo quello francese è<br />

caratterizzato da un minor idealismo ma da un maggiore accento sulle finalità prati<strong>che</strong> e<br />

desiderio di neutralità “di fronte a tutti gli interrogativi sui quali gli uomini sono discordi”<br />

(Gaston Moch, Ĝene<strong>la</strong><strong>la</strong>j observoj, p.27).<br />

37


3.2 ORGANIZZAZIONE E ASSOCIAZIONI 54<br />

Al<strong>la</strong> nascita del movimento gli esperantisti decisero di organizzarsi in<br />

associazioni, prima locali e poi nazionali, con lo scopo di propagandare e<br />

praticare <strong>la</strong> <strong>lingua</strong>.<br />

La più vasta delle associazioni internazionali è <strong>la</strong> Universa<strong>la</strong> Esperanto-<br />

Asocio (UEA) 55 , fondata nel 1908. Attualmente ha sede a Rotterdam e,<br />

oltre ai membri individuali, vi aderiscono 44 organizzazioni esperantiste<br />

nazionali e 36 associazioni internazionali specializzate. Al suo interno<br />

presenta una sezione giovanile, <strong>la</strong> Tutmonda <strong>Esperantista</strong> Junu<strong>la</strong>ra<br />

Organizo, <strong>che</strong> ogni anno organizza in diversi stati congressi mondiali a cui<br />

partecipano centinaia di giovani. La UEA pubblica due riviste, Esperanto e<br />

Kontakto, diversi documenti ed un importante e completo annuario <strong>che</strong> può<br />

essere considerato un documento fondamentale sull’esperantismo.<br />

La UEA organizza inoltre progetti di corrispondenza a cui tutti possono<br />

partecipare: basta so<strong>la</strong>mente rispondere agli annunci del<strong>la</strong> rubrica<br />

Korespondi deziras per mettersi in contatto con altri esperantisti.<br />

Tra le altre associazioni è doveroso ricordare <strong>la</strong> Sennacieca Asocio<br />

Tutmonda (Associazione Mondiale Anazionale, SAT), fondata nel 1921 dal<br />

francese Eugéne Adam con lo scopo di utilizzare l’Esperanto nell’ambito<br />

del<strong>la</strong> c<strong>la</strong>sse dei <strong>la</strong>voratori. Questo movimento deve molto al concetto di<br />

Homaranismo proposto da Zamenhof: mette infatti in evidenza gli effetti<br />

sociali e politici di una <strong>lingua</strong> comune per <strong>la</strong> maggior parte dell’umanità,<br />

ovvero per i <strong>la</strong>voratori.<br />

E’ doveroso ricordare <strong>che</strong> a partire dal 1905, si sono tenuti praticamente<br />

ogni anno dei Congressi internazionali sull’Esperanto. Il primo di essi,<br />

come già citato, si è svolto a Boulogne-sur-mer in Francia; negli anni<br />

successivi si sono svolti a Ginevra, Dresda, Barcellona, Washington,<br />

Anversa, Cracovia, Berna. Nel 1914 il Congresso avrebbe dovuto svolgersi<br />

a Parigi, ma a causa dello scoppio del<strong>la</strong> Prima Guerra Mondiale le 3739<br />

54 Esperanto Lingua Letteratura Movimento, capitolo 6.1 Organizzazione.<br />

55 Questa associazione è stata più volte candidata al Premio Nobel per <strong>la</strong> Pace per <strong>la</strong> sua opera<br />

umanitaria durante le guerre mondiali. (Esperanto: dati e fatti, pagina 45).<br />

38


persone <strong>che</strong> vi avevano aderito non poterono parteciparvi. La tradizione<br />

riprese nel 1920, per venire nuovamente interrotta dal 1940 al 1947, e da<br />

allora si rinnova di anno in anno e di paese in paese. L’ultimo congresso si<br />

è svolto in Italia, a Torino, al<strong>la</strong> fine di agosto.<br />

An<strong>che</strong> <strong>la</strong> Universa<strong>la</strong> Esperanto-Asocio e <strong>la</strong> Sennacieca Asocio Tutmonda<br />

organizzano dei congressi, ai quali si affiancano an<strong>che</strong> attività culturali ed<br />

artisti<strong>che</strong>, tra le quali gite, congressi per bambini, teatro, teatro dei<br />

burattini, varietà, canti, musi<strong>che</strong> e concorsi letterari. Tra i progetti più<br />

originali possono essere menzionati <strong>la</strong> Someraj Universitatoj (Università<br />

estive), Geonkloj esperantistaj e Kastora klubo, entrambi rivolti ai bambini<br />

con lo scopo di invogliarli all’utilizzo del<strong>la</strong> <strong>lingua</strong>.<br />

L’organizzazione esperantista ha dato vita fin dall’inizio all’Accademia<br />

Internazionale di Esperanto, <strong>la</strong> quale ha lo scopo di control<strong>la</strong>re l’evoluzione<br />

del<strong>la</strong> <strong>lingua</strong> e risolvere i problemi ad essa connessi. Il 1986 è invece l’anno<br />

di fondazione dell’Accademia Scientifica Internazionale Comenius ad<br />

Uppsa<strong>la</strong>, in Svezia, <strong>la</strong> quale ha lo scopo di estendere l’uso dell’Esperanto<br />

nelle scienze. Allo scopo di incrementare <strong>la</strong> col<strong>la</strong>borazione scientifica è<br />

invece l’Accademia Internazionale delle Scienze di San Marino 56 .<br />

56 Esperanto Lingua Letteratura Movimento, capitolo 6.2.1 Incontri e comunicazioni per tutte le<br />

età, bibliote<strong>che</strong> e centri di studio.<br />

39


CAPITOLO 4: ESITI ARTISTICI IN ESPERANTO<br />

Leo Longanesi 57 , in una celebre buotade 58 , afferma <strong>che</strong> non si può essere<br />

grandi poeti scrivendo in una <strong>lingua</strong> par<strong>la</strong>ta da pochi milioni di persone.<br />

Ovviamente questa obiezione non potrebbe essere mossa ad una LIA in<br />

quanto sarebbe par<strong>la</strong>ta da nativi di culture e lingue diverse, e non<br />

rimarrebbe limitata in uno spazio circoscritto. Un suo limite ovviamente<br />

sarebbe quello di non avere un eredità storica e tutta <strong>la</strong> sua ric<strong>che</strong>zza<br />

intertestuale.<br />

In Esperanto esistono numerose opere letterarie sia in prosa <strong>che</strong> in poesia.<br />

Inoltre sono state an<strong>che</strong> tradotte le maggiori opere di sempre come <strong>la</strong><br />

Bibbia, il Corano, l’Iliade, <strong>la</strong> Divina Commedia e varie antologie.<br />

L’uso di questa <strong>lingua</strong> per produzioni letterarie e artisti<strong>che</strong> solleva, tuttavia,<br />

una problematica più complessa rispetto al suo utilizzo in ambito<br />

scientifico. Gli scienziato infatti userebbero <strong>la</strong> <strong>lingua</strong> solo per riferirsi a dati<br />

oggettivi e quindi non per esprimere emozioni o produrre opere aventi<br />

an<strong>che</strong> un certo livello estetico.<br />

L’aspetto estetico, certo, non venne trascurato dall’ideatore dell’Esperanto.<br />

Zamenhof infatti, dedica circa un terzo di Fundamenta Krestomatio<br />

(Antologia Fondamentale) del 1887 al<strong>la</strong> poesia originale e tradotta, an<strong>che</strong><br />

se, inizialmente, <strong>la</strong> letteratura originale in Esperanto ebbe esclusivamente<br />

<strong>la</strong> funzione di e<strong>la</strong>borare e di verificare le regole esteti<strong>che</strong> contenute nel<strong>la</strong><br />

struttura e nei principi del<strong>la</strong> <strong>lingua</strong> 59 .<br />

Abbiamo già sottolineato il privilegio dell’Esperanto di essere una <strong>lingua</strong><br />

molto economica, tuttavia questa caratteristica si rileva completamente<br />

controproducente per quanto riguarda <strong>la</strong> produzione artistica. Per questo<br />

motivo sono state ammesse alcune forme naturalisti<strong>che</strong>. Ad esempio, i<br />

termini “salire” e “scendere” si traducono in Esperanto con i termini<br />

supreniri e malsupreniri, ma oltre ad essi sono stati ammessi an<strong>che</strong> i<br />

sinonimi ascendi e discendi, in modo da poter esprimere sfumature o<br />

57 Leo Longanesi (Bagnacavallo, 30 agosto 1905 – Mi<strong>la</strong>no, 27 settembre 1957) fu giornalista,<br />

editore, disegnatore, umorista e caricaturista.<br />

58 Motto pungente o arguto, battuta di spirito, spesso provocatoria e paradossale.<br />

59 Esperanto Lingua Letteratura Movimento, capitolo 5 La letteratura.<br />

40


aggiungere effetti ricercati 60 . In partico<strong>la</strong>re, a forme semplici si alternano<br />

forme composte, come accade per esempio in inglese, dove a parole di<br />

origine germanica se ne alternano altre di origine <strong>la</strong>tina. Esse però sono da<br />

usare esclusivamente in ambito letterario e artistico, e specialmente in<br />

poesia.<br />

Un’altra caratteristica interessante dell’Esperanto è quel<strong>la</strong> di poter unire<br />

concetti complessi in una so<strong>la</strong> paro<strong>la</strong>. Ad esempio, si può tradurre il<br />

concetto di “far entrare una paro<strong>la</strong> nel vocabo<strong>la</strong>rio” con il lemma<br />

en-vort-ar-ig-o. Ovviamente questi termini composti possono essere<br />

espressi an<strong>che</strong> con delle circonlocuzione. Ad esempio, “salire sul vagone”<br />

può essere espresso con <strong>la</strong> paro<strong>la</strong> envagoniĝi oppure con l’espressione<br />

eniri en vagonon 61 .<br />

L’Esperanto ha <strong>la</strong> sorprendente capacità di assimi<strong>la</strong>re le strutture<br />

sintatti<strong>che</strong> diverse meglio di qualsiasi altra <strong>lingua</strong>. Prendiamo ad esempio<br />

<strong>la</strong> frase:<br />

- li sendas paketojn per <strong>la</strong> poŝto trans <strong>la</strong> limojn.<br />

Essa si model<strong>la</strong> principalmente secondo <strong>la</strong> sintassi del francese, inglese,<br />

tedesco e italiano. La stessa frase però si potrebbe an<strong>che</strong> esprimere con<br />

un’altra forma, ovvero:<br />

- li sendas paketojn perpoŝte translimen.<br />

Un esperantista non riscontrerà difficoltà in nessuna delle due versioni in<br />

quanto è abituato a scomporre le parole nelle sue componenti<br />

fondamentali. Nonostante <strong>la</strong> sua struttura superficiale sia stata modificata<br />

molto, <strong>la</strong> sua struttura profonda è sostanzialmente <strong>la</strong> stessa: i sintagmi<br />

preposizionali si sono trasformati in avverbi e <strong>la</strong> generale struttura analitica<br />

è diventata più sintetica 62 .<br />

In precedenza ho sottolineato quanto l’Esperanto sia una <strong>lingua</strong><br />

economica, ma questo è vero solo a livello del lessico, e spero <strong>che</strong> gli<br />

esempi sopra riportati siano sufficientemente esaustivi. L’espressività<br />

sintattica è molto ampliata infatti dal<strong>la</strong> presenza del caso accusativo e dal<strong>la</strong><br />

60 Esperanto Lingua Letteratura Movimento, capitolo 4.2.1 Varietà di composizione e di flessioni.<br />

61 Esperanto Lingua Letteratura Movimento, capitolo 4.2.1 Varietà di composizione e di flessioni.<br />

62 Esperanto Lingua Letteratura Movimento, capitolo 4.2.1 Varietà di composizione e di flessioni.<br />

41


concordanza, <strong>che</strong> permettono infatti di invertire o trasformare le varie parti<br />

del<strong>la</strong> frase, in modo da far risaltare di volta in volta una paro<strong>la</strong> piuttosto <strong>che</strong><br />

le altre.<br />

Gli esiti artistici in Esperanto, e specialmente le poesie, non hanno nul<strong>la</strong> da<br />

invidiare a quelli espressi in altre lingue naturali. La presenza di sostantivi<br />

composti, l’incredibile possibilità di muovere gli elementi del<strong>la</strong> frase, il<br />

diverso uso delle preposizioni concorrono a creare in Esperanto un ritmo e<br />

un intreccio di concetti straordinari. La posizione dell’accento, inoltre, non<br />

costituisce un problema, perché, infatti, grazie al<strong>la</strong> possibilità di elisione si<br />

può alternare all’andamento giambico quello trocaico 63 .<br />

4.1 TRADUZIONI IN ESPERANTO<br />

Le sorprendenti qualità dell’Esperanto hanno permesso di dare vita a<br />

traduzioni di opere <strong>che</strong> superano perfino quelle in altre lingue naturali. E’<br />

forse per questo motivo <strong>che</strong> in poco più di un solo secolo l’Esperanto è<br />

stato in grado di dare al<strong>la</strong> luce una straordinaria quantità di opere originali<br />

e ottime traduzioni. Lo stesso Zamenhof si dedicò ad un’intensa attività<br />

traduttiva. Tra le opere da lui tradotte si possono citare capo<strong>la</strong>vori come<br />

Amleto di Shakespeare (1894), Ifigenia in Tauride di Goethe (1908), I<br />

Masnadieri di Schiller (1908), Giorgio Dandin di Molière (1908), Il Revisore<br />

di Gogol (1908), Racconti di Andersen e parte del<strong>la</strong> Bibbia. Egli diede<br />

an<strong>che</strong> consigli pratici ai traduttori, come quello di scegliere opere<br />

importanti, di non <strong>la</strong>sciarsi scoraggiare dalle difficoltà traduttive e di<br />

ricercare sempre una soluzione il più possibile vicina e fedele all’originale:<br />

ciò comporterà un arricchimento del<strong>la</strong> <strong>lingua</strong> a livello lessicale 64 .<br />

Le traduzioni in Esperanto hanno avuto, e hanno tutt’ora, il grande pregio<br />

di aver diffuso opere di autori poco sconosciuti ad un vasto pubblico.<br />

Opere di poesia lettone e is<strong>la</strong>ndese, così come racconti frisoni e cata<strong>la</strong>ni<br />

possono essere a disposizione degli esperantisti, mentre il pubblico non<br />

63 Esperanto Lingua Letteratura Movimento, capitolo 4.2.2 Espressività ed estetica in poesia.<br />

64 Esperanto Lingua Letteratura Movimento, capitolo 5 La letteratura.<br />

42


esperantista il più delle volte non ha neppure <strong>la</strong> consapevolezza<br />

dell’esistenza di tali capo<strong>la</strong>vori. In questo modo l’Esperanto è diventato<br />

un’importante <strong>lingua</strong> ponte tra diverse lingue e diverse culture 65 .<br />

Ovviamente l’attività traduttiva non avviene a senso unico. Ciò significa<br />

<strong>che</strong> non sono solo opere scritte in lingue nazionali a venire tradotte, bensì<br />

avviene an<strong>che</strong> il contrario, cioè <strong>che</strong> opere in Esperanto vengano tradotte in<br />

lingue naturali, sebbene si tratti di un’attività molto meno praticata rispetto<br />

al<strong>la</strong> prima. Questo è il caso dell’opera Kon-Tiki, <strong>la</strong> quale è stata tradotta in<br />

numerose lingue 66 .<br />

Per non <strong>la</strong>sciare queste affermazioni ad un puro stato di commento, riporto<br />

di seguito l’esempio fornito da Pierre Janton, ovvero il confronto tra due<br />

traduzioni di un passo del<strong>la</strong> Divina Commedia, ed in partico<strong>la</strong>re il quinto<br />

canto dell’Inferno. Riporto qui di seguito prima <strong>la</strong> versione originale e poi <strong>la</strong><br />

traduzione di Giovanni Peterlongo ed in seguito quel<strong>la</strong> di Kálmán<br />

Kalocsay 67 :<br />

Inferno, canto V, versi 127-142<br />

Noi leggevamo un giorno per diletto<br />

di Lancillotto come Amor lo strinse:<br />

soli eravamo e sanza alcun sospetto.<br />

Per più fiate li occhi ci sospinse<br />

quel<strong>la</strong> lettura, e scolorocci il viso;<br />

ma solo un punto fu quel <strong>che</strong> ci vinse.<br />

Quando leggemmo il disiato riso<br />

esser baciato da cotanto amante,<br />

questi, <strong>che</strong> mai da me non fia diviso,<br />

<strong>la</strong> bocca mi baciò tutto tremante.<br />

Galeotto fu il libro e chi lo scrisse:<br />

quel giorno più non vi leggemmo avante.<br />

65 Esperanto Lingua Letteratura Movimento, capitolo 5.1 Le traduzioni.<br />

66 Esperanto Lingua Letteratura Movimento, capitolo 5.1 Le traduzioni.<br />

67 Esperanto Lingua Letteratura Movimento, capitolo 4.2.2 Espressività ed estetica in poesia.<br />

43


Mentre <strong>che</strong> l’un spirto questo disse,<br />

l’altro piangea sì, <strong>che</strong> di pietade<br />

io venni men così com’io morisse;<br />

e caddi come corpo morto cade.<br />

Traduzione di Giovanni Peterlongo:<br />

Iam pri Lanceloto ni por distro<br />

legadis kiel lin amor’ ekkaptis;<br />

sa<strong>la</strong>j ni esti, tute sen suspekto.<br />

Ofte ŝovetis ja okulojn niain<br />

tiu legado, kaj paligis fruntojn;<br />

sed jen, <strong>la</strong> so<strong>la</strong> punkto nin venkinta.<br />

Kiam ni legis, ke l’dezira rido<br />

esti kisata de amanto tia,<br />

li, kiu jam de mi ne plu disiĝos,<br />

buŝon kisis al mi tute tremanta.<br />

Galeot’ estis libro kaj verkinto:<br />

dum tiu tago ni plu ne legadis.<br />

Dum unu el spiritoj tion diris,<br />

<strong>la</strong> dua ploris; tial, pro kompato,<br />

tiel mi svenis, kiel se mi mortus,<br />

kaj falis kiel korpo morta fa<strong>la</strong>s.<br />

Traduzione di Kálmán Kalocsay:<br />

Ni, so<strong>la</strong>j, iun tagon legis pri <strong>la</strong><br />

kreskanta am’ de Lancelot. Suspektis<br />

nenion ni en <strong>la</strong> duop’ trankvi<strong>la</strong>.<br />

Rigardon ni multefoje interplektis<br />

44


dum lego, kun vizaĝo paligita,<br />

sed jen <strong>la</strong> punkto, kiu nin infektis:<br />

kiam ni legis pri l’ridet’ ekscita<br />

de l’ kisderiz’, pri ĝia dolĉa vibro,<br />

li, por eterne jam al mi ligita,<br />

buŝkisis min kum trem’ en ĉiu fibro.<br />

Galeotto iĝis libro kaj aǔtoro,<br />

ĉi-tage ni ne legis plu de l’ libro.<br />

Dum ŝi parolis, <strong>la</strong> kunul’ kun ploro<br />

<strong>la</strong>mentis tiel, ke mi tute palis,<br />

kaj sentis kvazaǔ morton ĉirkau l’ koro,<br />

kaj kvazaǔ morta korp’ mi terenfalis.<br />

Ad una prima analisi di queste due traduzioni è evidente quanto i risultati<br />

siano, e possano essere diversi. Le traduzioni sono entrambe corrette ma<br />

nel primo caso, ovvero quel<strong>la</strong> di Giovanni Peterlongo, si può osservare una<br />

maggiore corrispondenza con il testo originale, mentre nel<strong>la</strong> versione di<br />

Kálmán Kalocsay troviamo tratti tradotti con maggiore libertà <strong>che</strong><br />

permettono di raggiungere un risultato straordinario, ricco di endecasil<strong>la</strong>bi<br />

e terza rima e <strong>che</strong> riproduce magistralmente <strong>la</strong> prosodia dantesca.<br />

Con questo esempio spero di aver fatto notare quanto l’attività traduttiva in<br />

Esperanto non abbia nul<strong>la</strong> di diverso da quel<strong>la</strong> realizzata nelle altre lingue<br />

naturali. Le problemati<strong>che</strong> traduttive rimangono le stesse, nonostante<br />

l’apprendimento di questa <strong>lingua</strong> risulti più veloce e immediato. Il solo<br />

vantaggio sta nel fatto <strong>che</strong> il traduttore avrà meno problemi nel tradurre le<br />

diverse forme sintatti<strong>che</strong> e potrà concentrarsi maggiormente sul<strong>la</strong><br />

comprensione del significato e del<strong>la</strong> forma.<br />

45


4.2 LA LETTERATURA<br />

L’Esperanto, a differenza delle lingue naturali, nasce come <strong>lingua</strong> scritta,<br />

quindi non si può separare <strong>la</strong> letteratura dal<strong>la</strong> <strong>lingua</strong>, ed è proprio grazie<br />

al<strong>la</strong> letteratura <strong>che</strong> l'Esperanto acquistò <strong>la</strong> sua perfezione linguistica e<br />

prese coscienza delle sue capacità espressive 68 .<br />

Si possono distinguere tre periodi fondamentali nello sviluppo dell’attività<br />

artistica in questa <strong>lingua</strong> 69 . Durante il primo periodo, <strong>che</strong> va dai primi anni<br />

del<strong>la</strong> sua creazione al 1914, <strong>la</strong> letteratura serviva so<strong>la</strong>mente come campo<br />

per esercitare e provare le diverse teorie linguisti<strong>che</strong>; partico<strong>la</strong>rmente<br />

diffusa era l’attività traduttiva. Inoltre, gli scritti prodotti avevano<br />

principalmente lo scopo di propagandare <strong>la</strong> <strong>lingua</strong> e <strong>la</strong> sua dignità. Il<br />

secondo periodo, <strong>che</strong> si estese tra le due guerre mondiali, è senza dubbio<br />

uno dei periodi più critici per l’Esperanto, <strong>che</strong> vide continue dispute tra<br />

conservatori e modernisti. La <strong>lingua</strong> venne analizzata da numerosi teorici<br />

linguistici, ma numerosi furono an<strong>che</strong> gli esiti artistici, <strong>che</strong> impegnavano gli<br />

autori quasi in modo professionale. E’ il periodo del<strong>la</strong> sperimentazione<br />

linguistica <strong>che</strong> culminò nel c<strong>la</strong>ssicismo didattico. Dal 1945 si assiste ad<br />

una vera e propria fioritura dell’attività artistica in Esperanto in tutto il<br />

mondo. Fondamentale si rive<strong>la</strong> <strong>la</strong> Scuo<strong>la</strong> di Budapest, <strong>che</strong> influenzò <strong>la</strong><br />

cosiddetta Scuo<strong>la</strong> Scozzese. Nascono numerose riviste e si assistette ad<br />

un’intensa attività editoriale. Gli autori ungheresi ricoprono un ruolo di<br />

prima importanza. In questo periodo gli autori esprimono finalmente<br />

contenuti originali, sia individuali <strong>che</strong> collettivi.<br />

Non si può tuttavia trascurare di menzionare il più produttivo degli autori<br />

del<strong>la</strong> Scuo<strong>la</strong> Scozzese. William Auld non diede al<strong>la</strong> luce soltanto un<br />

numero sbalorditivo di opere, ma tentò an<strong>che</strong> alcuni esperimenti innovativi:<br />

<strong>la</strong> sua Infana raso (La razza bambina) 70 del 1958 è un’opera in 25 canti<br />

<strong>che</strong> può essere comparata ad un poema epico, mentre Unufingraj melodioj<br />

(Melodie con un solo dito) è un esempio eccellente di liricità me<strong>la</strong>nconica.<br />

68 Esperanto Lingua Letteratura Movimento, capitolo 5 La letteratura.<br />

69 Pierre Janton, Esperanto Lingua Letteratura Movimento, capitolo 5.2.1 Il primo periodo,<br />

capitolo 5.2.2 Il secondo periodo, capitolo 5.2.3 Il terzo periodo.<br />

70 Si può leggere un estratto dall'opera in Esperanto: dati e fatti, pagina 71.<br />

46


L’attività letteraria è stata fondamentale per lo sviluppo del<strong>la</strong> <strong>lingua</strong>, in<br />

quanto ha arricchito e perfezionato <strong>la</strong> struttura grammaticale e lessicale 71 .<br />

Questa attività ha dimostrato <strong>che</strong> l’Esperanto gode del<strong>la</strong> stessa dignità<br />

delle lingue naturali: <strong>la</strong> sua capacità di creare neologismi <strong>che</strong> si impongono<br />

al posto degli arcaismi dimostra <strong>che</strong> l’Esperanto è una <strong>lingua</strong> viva e in<br />

evoluzione.<br />

Tra i vari generi artistici il romanzo sembra il campo in cui si potranno<br />

attuare le maggiori innovazioni, in quanto è il campo mono sviluppato.<br />

Partico<strong>la</strong>rmente povero e sottovalutato è an<strong>che</strong> il campo del<strong>la</strong> produzione<br />

teatrale, benché esistano alcune compagnie teatrali 72 . Da ricordare è<br />

an<strong>che</strong> <strong>la</strong> presenza di film documentari e pubblicitari in Esperanto: i primi<br />

film a episodi furono prodotti da Mahé (Angoroj del 1966) e da Paramount<br />

(Incubus del 1966) 73 .<br />

4.3 GIORNALI E RIVISTE<br />

Il fenomeno letterario non si limita so<strong>la</strong>mente ad una produzione artistica<br />

autonoma, ma ha dato vita an<strong>che</strong> ad un’attività editoriale importante.<br />

Il primo periodico del<strong>la</strong> <strong>lingua</strong> Esperanto apparve il 1° settembre 1889, e<br />

negli anni seguenti vennero pubblicate altre famose riviste, tra cui<br />

Literatura Mondo, pubblicata in Ungheria dal 1920 al 1940, Norda Prismo,<br />

pubblicata in Scandinavia, e <strong>la</strong> francese Nica Literatura Revuo. L’attività<br />

editoriale si è sviluppata an<strong>che</strong> in Giappone, nelle zone del<strong>la</strong> Ex<br />

Jugos<strong>la</strong>via, in Svizzera e in Brasile. Tra le varie riviste in Esperanto è<br />

importante ricordare Esperanto Ligilo, pubblicata dal 1904 per non vedenti.<br />

Alcune di queste riviste ricevono sostegni finanziari dai governi del paese,<br />

an<strong>che</strong> se <strong>la</strong> maggior parte di esse non ricevono alcuna sovvenzione<br />

71 Esperanto: dati e fatti, pagina 36.<br />

72 La prima opera teatrale recitata in Esperanto fu Il matrimonio per forza di Molière, nel 1905, a<br />

Boulogne-sur-Mer. La più importante compagnia teatrali <strong>che</strong> recita in Esperanto si trova in<br />

Bulgaria (Bulgara Esperanto Teatro). Esperanto: dati e fatti, pagina 24.<br />

73 Esperanto Lingua Letteratura Movimento, capitolo 5.2.4 Alcune considerazioni sul fenomeno<br />

letterario.<br />

47


statale 74 .<br />

Attualmente i periodici più importanti, <strong>che</strong> trattano di problemati<strong>che</strong> di<br />

cultura generale o si rivolgono a campi specialistici, sono: Esperanto, con<br />

abbonati in 110 diverse nazioni; <strong>la</strong> rivista per giovani Kontakto; Sennaciulo,<br />

Heroldo de Esperanto, Scienza Revuo, Medicina Internacia Revuo,<br />

Internacia Jura Revuo, Internacia Perdagogia Revuo, Homo kaj Kosmo, El<br />

Popo<strong>la</strong> Ĉinio, Expero Katolika, Biblia Revuo, Paco.<br />

Tra le riviste di carattere letterario è bene ricordare, invece: Hungara Vivo,<br />

Sennacieca Revuo, Literatura Forio, Fonto 75 .<br />

74 Esperanto Lingua Letteratura Movimento, capitolo 5.2.3.3 Editori e riviste.<br />

75 Dati essenziali sul<strong>la</strong> <strong>lingua</strong> internazionale, pagina 16.<br />

48


CAPITOLO 5: ALTRI ASPETTI LEGATI ALL’ESPERANTO<br />

Nei capitoli precedenti abbiamo analizzato <strong>la</strong> struttura linguistica, i fattori<br />

<strong>che</strong> portarono al<strong>la</strong> sua creazione, l’evoluzione del movimento, <strong>la</strong> letteratura<br />

e le traduzioni dell’Esperanto. Ora credo sia interessate e doveroso sfatare<br />

alcuni pregiudizi e riportare alcuni esempi dell’utilizzo del<strong>la</strong> <strong>lingua</strong><br />

Esperanto come il progetto di Umberto Broccatelli per il suo inserimento<br />

nel<strong>la</strong> comunità europea, o i suoi possibili risvolti pedagogici.<br />

5.1 PERCHE’ L’ESPERANTO NON VIENE UTILIZZATO A LIVELLO<br />

INTERNAZIONALE?<br />

Storicamente non è mai successo <strong>che</strong> una LIA 76 abbia raggiunto il livello di<br />

<strong>lingua</strong> franca e ciò probabilmente non accadrà mai nemmeno con<br />

l’Esperanto. Se però venisse presa una decisione politica <strong>che</strong> imponesse<br />

l’Esperanto come <strong>lingua</strong> internazionale, questa <strong>lingua</strong> potrebbe incontrare<br />

molte meno difficoltà rispetto alle precedenti: una campagna pianificata e<br />

sostenuta an<strong>che</strong> dai mass media potrebbe certamente facilitarne e<br />

velocizzarne <strong>la</strong> diffusione.<br />

Attualmente <strong>la</strong> <strong>lingua</strong> internazionale è l’inglese e questa fortuna è dovuta al<br />

suo passato coloniale e mercantile e all’egemonia del modello tecnologico<br />

statunitense. Di certo, <strong>la</strong> ric<strong>che</strong>zza di parole monosil<strong>la</strong>bi<strong>che</strong>, <strong>la</strong> capacità di<br />

assorbire termini stranieri e di creare neologismi ha favorito l’inglese nel<strong>la</strong><br />

sua sca<strong>la</strong>ta. Ma sarebbe azzardato ipotizzare <strong>che</strong> se gli Stati Uniti<br />

avessero perso <strong>la</strong> Seconda Guerra Mondiale nelle re<strong>la</strong>zioni internazionali<br />

oggi si parlerebbe il tedesco.<br />

A sostegno di questa affermazione prendiamo in prestito un motto di<br />

Destutt de Tracy 77 . Egli, in Eléments d’Idéologie, affermò infatti <strong>che</strong>:<br />

76 Lingua Internazionale Ausiliaria.<br />

77 Antoine-Louis-C<strong>la</strong>ude Destutt de Tracy (Parigi, 20 luglio 1754 – Parigi, 9 marzo 1836) fu un<br />

filosofo francese appartenente al<strong>la</strong> corrente filosofica Idéologues di derivazione illuminista.<br />

49


“Quand’an<strong>che</strong> tutti gli uomini del<strong>la</strong> terra si<br />

accordassero oggi per par<strong>la</strong>re <strong>la</strong> stessa <strong>lingua</strong>, ben<br />

presto, per l’influenza stessa dell’uso, essa si<br />

altererebbe e modifi<strong>che</strong>rebbe in mille modi diversi<br />

nei diversi paesi, e darebbe nascita a altrettanti<br />

idiomi distinti, <strong>che</strong> si allontanerebbero<br />

progressivamente l’uno dall’altro”. 78<br />

Probabilmente questo processo colpirebbe an<strong>che</strong> l’Esperanto fino a creare<br />

lingue mutualmente difficilmente comprensibili, così come è successo col<br />

Portoghese e il Brasiliano. Ovviamente il rischio non si correrebbe se<br />

l’Esperanto rimanesse una <strong>lingua</strong> ausiliaria e non fosse par<strong>la</strong>ta<br />

quotidianamente. Inoltre an<strong>che</strong> l’utilizzo da parte dei media potrebbe<br />

favorire il mantenimento del<strong>la</strong> <strong>lingua</strong> standard.<br />

E’ tuttavia sbagliato sostenere <strong>che</strong> l’Esperanto sia una <strong>lingua</strong> <strong>che</strong> non<br />

viene par<strong>la</strong>ta in assoluto. Esiste, come abbiamo già evidenziato, sia una<br />

produzione letteraria originale, così come numerose traduzioni. L’utilizzo<br />

dell’Esperanto nelle diverse scienze ha portato inoltre ad un grande<br />

ampliamento del lessico grazie alle varie terminologie specifi<strong>che</strong>. Basti<br />

pensare <strong>che</strong> già nel 1910 il Lessico enciclopedico di Esperanto<br />

Enciklopedia Vortareto Esperanta conteneva più di dodicimi<strong>la</strong> lemmi di<br />

tutte le scienze. Oggi il lessico è stato ampliato da termini di cibernetica,<br />

matematica, informatica, diritto, medicina, teologia, chimica, meteorologia,<br />

gastronomia, ecc.<br />

L’Esperanto si potrebbe rive<strong>la</strong>re decisamente utile appunto nel campo<br />

del<strong>la</strong> comunicazione scientifica 79 . Già nel 1942, 42 membri dell’Accademia<br />

scientifica francese si dichiararono “convinti <strong>che</strong> l’adozione del<strong>la</strong> <strong>lingua</strong><br />

ausiliaria Esperanto nei rapporti internazionali favorirebbe enormemente il<br />

progresso delle scienze e <strong>la</strong> loro applicazione”, e si auguravano <strong>che</strong> tale<br />

<strong>lingua</strong> fosse introdotta nelle scuole a indirizzo scientifico e fosse utilizzata<br />

78 In Eco La ricerca del<strong>la</strong> <strong>lingua</strong> perfetta nel<strong>la</strong> cultura europea, pagina 357.<br />

79 In passato un ruolo analogo era stato affidato al <strong>la</strong>tino.<br />

50


nei congressi internazionali, nelle pubblicazioni e negli scambi di carattere<br />

scientifico.<br />

L’Esperanto ha inoltre il privilegio di essere una <strong>lingua</strong> “neutra” e quindi si<br />

adatterebbe benissimo al ruolo di <strong>lingua</strong> internazionale. Ma a quanto pare<br />

il fatto di essere razionale, semplice da apprendere, neutrale e perciò non<br />

privilegiante non costituiscono qualità sufficienti per rendere l’Esperanto <strong>la</strong><br />

<strong>lingua</strong> franca dell’Europa.<br />

5.2 TAPPE PER L’INSERIMENTO DELL’ESPERANTO NELLA<br />

COMUNITA’ EUROPEA<br />

In un saggio intito<strong>la</strong>to Una <strong>lingua</strong> federale dell’Europa federata di Umberto<br />

Broccatelli del 1987 80 , l’autore immagina le possibili tappe di introduzione<br />

dell’Esperanto nelle re<strong>la</strong>zioni internazionali. All’epoca in cui venne scritto<br />

questo saggio non esisteva ancora l’Unione Europea, ma comunque i<br />

presagi per <strong>la</strong> sua formazione erano sotto gli occhi di tutti.<br />

Prima di tutto l’Esperanto dovrebbe venire utilizzato come <strong>lingua</strong> ponte per<br />

e traduzioni scritte. Broccatelli infatti sottolineava quanto fosse difficile<br />

trovare traduttori o interpreti <strong>che</strong> fossero in grado di tradurre, ad esempio,<br />

dal danese al greco. In questi casi si deve ricorrere a doppie traduzioni,<br />

attraverso una “<strong>lingua</strong> ponte”. La <strong>lingua</strong> ponte ideale sarebbe l’Esperanto<br />

in quanto il traduttore opererebbe so<strong>la</strong>mente con <strong>la</strong> sua <strong>lingua</strong>-madre e<br />

con l’Esperanto.<br />

La seconda tappa sarebbe quel<strong>la</strong> di ridurre il numero delle lingue di <strong>la</strong>voro<br />

introducendo l’Esperanto. Ogni persona potrà par<strong>la</strong>re nel<strong>la</strong> sua <strong>lingua</strong>-<br />

madre, <strong>la</strong> quale verrà tradotta in simultanea nelle lingue di <strong>la</strong>voro, ovvero<br />

in Inglese, Francese e Esperanto, oppure par<strong>la</strong>re direttamente in<br />

Esperanto, <strong>la</strong> quale verrà tradotta in tutte le lingue nazionali.<br />

La terza tappa sarebbe quel<strong>la</strong> di utilizzare l’Esperanto come <strong>la</strong> so<strong>la</strong> <strong>lingua</strong><br />

80 Umberto Broccatelli, Una <strong>lingua</strong> federale per l'Europa federata, pagine 23-33 del volume a<br />

cura di Andrea Chiti-Batelli La comunicazione internazionale tra politica e glottodidattica.<br />

L'Esperanto cento anni dopo.<br />

51


di traduzione. Ogni par<strong>la</strong>nte potrà scrivere o par<strong>la</strong>re nel<strong>la</strong> sua <strong>lingua</strong><br />

madre, <strong>che</strong> verrà poi tradotta in Esperanto: <strong>la</strong> conoscenza di questa <strong>lingua</strong><br />

sarebbe quindi richiesta soltanto a livello passivo.<br />

La quarta tappa sarebbe quel<strong>la</strong> dell’uso dell’Esperanto senza traduzioni<br />

simultanee, ciò significa <strong>che</strong> essa diventerebbe l’unica <strong>lingua</strong> ausiliaria. Ciò<br />

sarebbe possibile soltanto dopo molti anni e soltanto se essa fosse<br />

introdotta nell’uso generale. Tutti i testi aventi valore di legge, e<strong>la</strong>borati<br />

nel<strong>la</strong> <strong>lingua</strong> internazionale, dovrebbero essere tradotti sempre in tutte <strong>la</strong><br />

lingue nazionali, per essere fruibili ai cittadini.<br />

L’ultima tappa è quel<strong>la</strong> dell’adozione dell’Esperanto come <strong>la</strong> “<strong>lingua</strong><br />

federale europea”. Questa tappa è composta a sua volta da altre tappe le<br />

quali non verranno prese in considerazione in questa sede. E’ sufficiente<br />

dire <strong>che</strong> questa ultima tappa prevede l’adozione di una <strong>lingua</strong> pianificata<br />

come <strong>lingua</strong> federale: <strong>la</strong> <strong>lingua</strong> federale non sarebbe più l’Esperanto, bensì<br />

l’ “Europeo”, nato da una riforma dell’Esperanto a cui verrebbero tolti<br />

soltanto i tratti sconvenienti; ed inoltre <strong>che</strong> essa dovrebbe venire insegnata<br />

in tutte le scuole dell’obbligo.<br />

In questo saggio Broccatelli auspica quindi al<strong>la</strong> formazione non solo di una<br />

Unione Europea, ma an<strong>che</strong> ad una <strong>lingua</strong> <strong>che</strong> sia veramente europea,<br />

senza eleggere quindi una <strong>lingua</strong> esistente come <strong>lingua</strong> dei rapporti<br />

internazionali.<br />

5.3 RISVOLTI PEDAGOICI DELL’ESPERANTO<br />

In un saggio pubblicato sul volumetto Esperanto: una concreta esperienza<br />

di educazione internazionale, Fabrizio Pennacchietti 81 , Presidente<br />

dell'Istituto Italiano di Esperanto dal 1976, prende in analisi il valore<br />

pedagogico dell’insegnamento dell’Esperanto.<br />

Nel mondo dei cultori del<strong>la</strong> Lingua Internazionale <strong>la</strong> riflessione su questo<br />

argomento ha dato vita ad una serie di articoli, saggi e discorsi, pubblicati<br />

81 Fabrizio Pennacchietti, La riflessione sul valore psicologico dell'Esperanto, contenuto nel<br />

volume Esperanto: una concreta esperienza di educazione internazionale, pagine 17-22.<br />

52


in riviste di scarsa tiratura, <strong>che</strong> nonostante tutto hanno permesso una<br />

diffusione del<strong>la</strong> problematica in numerosi paesi.<br />

E’ stato osservato <strong>che</strong> l’insegnamento dell’Esperanto può avere effetti<br />

positivi sull’apprendimento di altre materie, quali <strong>la</strong> propria <strong>lingua</strong> madre<br />

ma an<strong>che</strong> nell’apprendimento di altre lingue straniere. Infatti, come aveva<br />

dichiarato lo stesso Zamenhof al Congresso mondiale del 1900 a Parigi, <strong>la</strong><br />

chiarezza formale dell’Esperanto e <strong>la</strong> sua trasparenza cognitiva<br />

favoriscono sensibilmente <strong>la</strong> crescita e lo sviluppo delle facoltà intellettive<br />

dell’allievo.<br />

Tra le caratteristi<strong>che</strong> principali del<strong>la</strong> grammatica dell’Esperanto vi sono<br />

senza dubbio <strong>la</strong> semplicità, <strong>la</strong> brevità e <strong>la</strong> logicità 82 . Queste tre componenti<br />

permettono an<strong>che</strong> agli allievi meno dotati di riuscire ad imparare<br />

efficacemente <strong>la</strong> <strong>lingua</strong> e in questo modo risvegliare <strong>la</strong> loro ambizione:<br />

nessuno studente, adulto o giovane <strong>che</strong> sia, sarà maggiormente stimo<strong>la</strong>to<br />

all’apprendimento di una materia quanto il fatto di accorgersi di non avere<br />

difficoltà. La logicità dell’Esperanto, inoltre, non rimane un privilegio<br />

circoscritto, ma aiuta inoltre gli studenti a sviluppare un’intelligenza logica.<br />

Per dimostrare gli effetti pedagogici dell’Esperanto sono stati fatti alcuni<br />

esperimenti. Qui citeremo l’interessante caso di una scuo<strong>la</strong> elementare<br />

vescovile di Auck<strong>la</strong>nd, in Nuova Ze<strong>la</strong>nda. Questo progetto, iniziato nel<br />

1922, prevedeva di insegnare l’Esperanto a 76 alunni, ed il francese ad<br />

altri 76; l’anno successivo al primo gruppo di alunni fu insegnato<br />

paralle<strong>la</strong>mente an<strong>che</strong> il francese. Questo esperimento portò al<strong>la</strong><br />

conclusione <strong>che</strong> gli alunni <strong>che</strong> avevano studiato l’Esperanto al primo anno<br />

erano riusciti ad apprendere una seconda <strong>lingua</strong>, in questo caso il<br />

francese, in modo più efficace rispetto agli alunni <strong>che</strong> avevano studiato<br />

soltanto il francese per due anni 83 .<br />

Tra gli altri aspetti pedagogici di questa <strong>lingua</strong> è necessario analizzare gli<br />

aspetti legati al lessico. La formazione delle parole in Esperanto si basa sui<br />

principi fondamentali di necessità e il principio di sufficienza 84 (vedi capitolo<br />

82 Saggio di Pennacchietti, pagina 19.<br />

83 La riflessione sul valore pedagogico dell'Esperanto, pagina 19.<br />

84 La riflessione sul valore pedagogico dell'Esperanto, pagina 20.<br />

53


1.4: La morfologia). Il principio di sufficienza stimolerà gli alunni a prestare<br />

attenzione ai diversi affissi, <strong>che</strong> verranno imparati quasi come per gioco. Il<br />

principio di necessità invece porta gli allievi ad apprezzare <strong>la</strong> semplicità dei<br />

composti, evitando in questo modo <strong>la</strong> prolissità tipica di altre lingue. Inoltre<br />

<strong>la</strong> rego<strong>la</strong>rità del lessico abitua al gusto dell’ordine e del<strong>la</strong> precisione, con<br />

effetti benefici sull’evoluzione intellettuale dell’allievo.<br />

Nel 1922 il pedagogo Pierre Bovet aveva inoltre sottolineato il fatto <strong>che</strong> ai<br />

bambini piacesse studiare l’Esperanto 85 e ciò può essere attribuito a 5<br />

fattori: motivazione, concretezza, non arbitrarietà, ritmo di apprendimento e<br />

creatività 86 .<br />

Motivazione significa <strong>che</strong> i bambini riescono a capire lo scopo<br />

dell’apprendimento di questa materia: è infatti immediatamente<br />

comprensibile quanto <strong>la</strong> molteplicità delle lingue e delle culture possa<br />

rendere problematica <strong>la</strong> comunicazione, e quindi lo studio di un mezzo di<br />

espressione convenzionale come l’Esperanto sembra a dir poco<br />

opportuno. Ciò non avviene però negli allievi già adulti, in quanto risultano<br />

più scettici già in partenza.<br />

Per quanto riguarda il concetto di concretezza basta prendere come<br />

riferimento <strong>la</strong> matematica: essa ha una fortissima componente logica, ma<br />

spesso gli alunni non ne comprendono l’utilità. Nello studio dell’Esperanto<br />

si mantiene, invece, il forte impianto logico, ma sono chiare fin dall’inizio<br />

an<strong>che</strong> i suoi risvolti concreti, ovvero <strong>la</strong> comunicazione con altre persone.<br />

Le diverse parti del discorso, ovvero aggettivo, avverbio, sostantivo, ecc.,<br />

come i rapporti semantici e sintattici, sono sì delle componenti astratte, ma<br />

solo quando si par<strong>la</strong> di esse in senso di categorie. Quando si analizzano<br />

invece all’interno di un discorso esse appaiono in modo concreto e visibile.<br />

Ciò <strong>che</strong> stimo<strong>la</strong> ulteriormente l’apprendimento è il fatto <strong>che</strong> gli alunni<br />

riescono a comunicare con coetanei provenienti da altre parti del mondo<br />

già po<strong>che</strong> settimane dopo l’inizio del corso.<br />

Spesso, dovendo studiare una <strong>lingua</strong> straniera, ci accorgiamo <strong>che</strong> per<br />

85 Si veda Pierre Bovet, L'esperanto à l'école (Pariso: Hatier, 1922).<br />

86 C<strong>la</strong>ude Piron, L'Esperanto considerato dal punto di vista psicopedagogico, contenuto in<br />

Esperanto: una concreta esperienza di educazione internazionale, pagine 35-51.<br />

54


certe regole non esiste una vera spiegazione, oppure se esiste spesso gli<br />

stessi par<strong>la</strong>nti nativi non ne hanno percezione. A livello pratico ciò significa<br />

<strong>che</strong> lo studente deve imparare una <strong>lingua</strong> con tutte le sue eccezioni e<br />

partico<strong>la</strong>rità, semplicemente perché “funziona così”. In Esperanto tutto ciò<br />

non avviene. La grammatica dell’Esperanto non accetta eccezioni o<br />

partico<strong>la</strong>rità e non esistono decisioni arbitrarie. Questo fatto rassicura<br />

moltissimo gli studenti an<strong>che</strong> alle prime armi, <strong>che</strong> non avranno quindi<br />

paura di sbagliarsi incappando in partico<strong>la</strong>rità.<br />

Il ritmo di apprendimento è molto veloce in quanto l’Esperanto si basa su<br />

un sistema più coerente rispetto a quello delle lingue naturali. Durante un<br />

esperimento a Zagabria ad alcuni ragazzi era stato chiesto di studiare<br />

l’Esperanto durante un corso di 12 ore. Al<strong>la</strong> fine dell’esperimento si poté<br />

osservare <strong>che</strong> gli studenti avevano raggiunto una competenza espressiva<br />

in questa <strong>lingua</strong> pari al livello raggiunto nel<strong>la</strong> <strong>lingua</strong> tedesca dopo tre anni<br />

di studio! 87<br />

Ed in fine analizziamo il concetto di creatività. Molti studi hanno dimostrato<br />

<strong>che</strong> l’apprendimento risulta più gioioso se accompagnato da attività <strong>che</strong><br />

piacciono agli allievi e <strong>che</strong> li pongano in una posizione attiva.<br />

L’apprendimento delle lingue naturali si basa principalmente su un’attività<br />

passiva in quanto lo studente deve memorizzare in modo sistematico i<br />

vocaboli. In Esperanto questa attività risulta invece creativa, perché <strong>la</strong><br />

maggior parte dei vocaboli viene formata dallo studente partendo da una<br />

radice ed unendo<strong>la</strong> ai diversi affissi: il potere combinatorio risulta, quindi,<br />

più importante del<strong>la</strong> memoria. Inoltre ogni par<strong>la</strong>nte può creare neologismi<br />

comprensibili a tutti grazie <strong>la</strong> sua scomposizione nelle parti principali.<br />

Inoltre tengo sia utile ricordare <strong>che</strong> tutti gli insegnanti <strong>che</strong> hanno guidato un<br />

corso di Esperanto hanno osservato <strong>che</strong> gli alunni guadagnano un effetto<br />

benefico an<strong>che</strong> sul<strong>la</strong> propria <strong>lingua</strong> madre. Ritengo qui opportuno riportare<br />

una dichiarazione di un insegnante americano <strong>che</strong> in insegnava alle<br />

Hawaii:<br />

87 L'Esperanto considerato dal punto di vista pedagogico, capitolo Ritmo del progresso, pagina<br />

39.<br />

55


Devo dire onestamente <strong>che</strong> avevo delle riserve<br />

sull’insegnamento dell’Esperanto nel<strong>la</strong> mia c<strong>la</strong>sse.<br />

Mi sembrava completamente inutile per degli alunni<br />

<strong>che</strong> avevano bisogno di tutto il tempo disponibile per<br />

imparare l’inglese.<br />

Feci prova e devo confessare <strong>che</strong> i risultati sono stati<br />

sorprendenti […] Perfino se questo Esperanto non<br />

dovesse mai diventare una <strong>lingua</strong> mondiale, esso è<br />

servito ad insegnare ai miei alunni molte cose<br />

importanti. […]<br />

E’ stato utile per comprendere <strong>la</strong> struttura del<strong>la</strong> frase<br />

nel<strong>la</strong> nostra <strong>lingua</strong>, per individuare <strong>la</strong> differenza tra<br />

sostantivo e verbo, tra soggetto e oggetto. E’ stato<br />

utile per arricchire il vocabo<strong>la</strong>rio inglese, agevo<strong>la</strong>ndo<br />

i ragazzi meno dotati 88 .<br />

88 M. Avezedo, Report to the Coordinator of Project Aloha, citazione contenuta nel saggio di<br />

C<strong>la</strong>ude Piron L'Esperanto considerato dal punto di vista pedagogico, pagine 35-51, a sua volta<br />

contenuto in Esperanto: una concreta esperienza di educazione internazionale.<br />

56


CONCLUSIONI<br />

Quando ho deciso di scrivere una tesi su questo argomento, sapevo poco<br />

o nul<strong>la</strong> su questa <strong>lingua</strong>. A dir <strong>la</strong> verità le po<strong>che</strong> informazioni <strong>che</strong> pensavo<br />

di possedere non erano altro <strong>che</strong> dei banalissimi pregiudizi: è un progetto<br />

di <strong>lingua</strong> fallito, una macedonia di lingue esistenti e così dicendo.<br />

Scrivendo questa tesi mi sono invece accorta di quanta ric<strong>che</strong>zza e<br />

profondità si celi dietro a questa <strong>lingua</strong> e spero almeno in parte di aver<br />

sfatato alcuni pregiudizi e colmato alcune <strong>la</strong>cune.<br />

Prima di tutto spero sia chiaro <strong>che</strong> non si tratta di un progetto fallito. E’ vero<br />

<strong>che</strong> esso non ha raggiunto purtroppo gli scopi <strong>che</strong> si prefiggeva il suo<br />

ideatore, ma è del tutto sbagliato affermare <strong>che</strong> non abbia portato ad alcun<br />

risultato: si tratta di una <strong>lingua</strong> completamente funzionante, e forse persino<br />

più funzionante delle lingue naturali in quanto non ammette eccezioni; è<br />

una <strong>lingua</strong> par<strong>la</strong>ta, an<strong>che</strong> se da piccole comunità; è una <strong>lingua</strong> creativa a<br />

differenza degli altri progetti di lingue a posteriori, a priori, pasigrafie,<br />

pasi<strong>la</strong>lie 89 , ecc., e lo dimostrano bene i notevoli esiti artistici sia in <strong>lingua</strong><br />

originale <strong>che</strong> in traduzione.<br />

E’ stato un compito difficile ma gratificante. Sono rimasta completamente<br />

affascinata dal<strong>la</strong> profondità psicologica di Lazar Ludwik Zamenhof e dal<br />

suo ideale di pace. Forse sarà un’affermazione ingenua ma di certo con<br />

questa tesi non si chiude per me un capitolo, ma si apre un mondo tutto<br />

nuovo da conoscere. Questa tesi non è altro <strong>che</strong> <strong>la</strong> punta di un iceberg<br />

dell’argomento Esperanto e di certo il mio interesse sull’argomento non si<br />

è esaurito qui.<br />

89 Per maggiori informazioni sull'argomento si veda La ricerca del<strong>la</strong> <strong>lingua</strong> perfetta nel<strong>la</strong> cultura<br />

europea e Esperanto Lingua Letteratura Movimento, capitolo 1 L'Esperanto e le lingue<br />

pianificate per intero.<br />

57


ABSTRACT<br />

DAS ESPERANTO: DIE SPRACHE, DIE DIE<br />

HERZEN EINANDER ANNÄHERT<br />

Meine Tesi behandelt das Esperanto. Ich habe dieses Thema gewählt,<br />

weil es nur wenige richtige Informationen darüber gibt, obwohl fast jeder<br />

den Name dieser Spra<strong>che</strong> schön gehört hat. Normalerweise wird nur eine<br />

Reihe von Vorurteilen wiederholt, die total falsch sind.<br />

Mit dieser Schrift habe ich deshalb versucht, ein biss<strong>che</strong>n K<strong>la</strong>rheit über<br />

dieses Thema zu geben.<br />

Im Jahr 1887 wurde ein auf Russisch geschriebenes Buch veröffentlicht,<br />

Lingvo Internacia, das später als Unua Libro („Erstes Buch“) berühmt<br />

wurde. Der Autor, Lazar Ludwik Zamenhof, hatte sich unter einem<br />

Pseudonym versteckt: er hatte nämlich als D.ro Esperanto unterzeichnet.<br />

In den folgenden Jahre wurde dieses Pseudonym benutzt, um sich auf die<br />

Spra<strong>che</strong> zu beziehen, die in Lingvo Internacia beschrieben wurde.<br />

Der Erfinder dieser Spra<strong>che</strong> hatte zwei Absichten: er wollte eine Spra<strong>che</strong><br />

p<strong>la</strong>nen, die einfach zu lernen und zu benutzen wäre und die eine neue<br />

Position einnehmen sollte, die auf religiöse, sprachli<strong>che</strong> und ethnis<strong>che</strong><br />

Toleranz gegründet war.<br />

Ich habe meine Schrift in fünf Abschnitten geteilt. Im ersten Teil habe ich<br />

mich mit den grammatikalis<strong>che</strong>n Eigenschaften des Esperanto<br />

beschäftigt; im zweiten Teil habe ich einige Informationen über das Leben<br />

und die Weltanschauung von Lazar Ludwik Zamenhof, dem Erfinder des<br />

Esperanto, wiedergegeben; im dritten Abschnitt habe ich die Geschichte<br />

der Esperanto-Bewegung kurz beschrieben, besonders die Kritiken und<br />

die Reformen, die die Bewegung anpacken sollte, ihre Organisation und<br />

die verschiedene Vereinigungen, die mit der Bewegung verbunden sind;<br />

der vierte Abschnitt handelt von literaris<strong>che</strong>n Erzeugnissen des Esperanto;<br />

am Ende habe ich andere Problematiken analysiert, die mit den Esperanto<br />

58


verbunden sind, wie zum Beispiel die Gründe, warum diese Spra<strong>che</strong> in<br />

den zwis<strong>che</strong>nstaatli<strong>che</strong>n Beziehungen nicht benutzt wird, die Schritten zur<br />

Einführung des Esperanto in die Europäis<strong>che</strong> Gemeinschaft und die<br />

pädagogis<strong>che</strong> Ziele dieser Spra<strong>che</strong>.<br />

Im ersten Abschnitt habe ich die grammatikalis<strong>che</strong>n Eigenschaften des<br />

Esperanto wiedergegeben. Im Jahr 1905 wurde das Buch Fundamenta de<br />

Esperanto veröffentlicht, in dem man die 16 grammatikalis<strong>che</strong>n<br />

Grundregeln finden kann. Diese Grundregeln sind ganz allgemein, und es<br />

ist deshalb k<strong>la</strong>r, dass eine Spra<strong>che</strong> nicht mit so wenig Regeln<br />

funktionieren konnte. Zamenhof hat eine Reihe von Grundregeln<br />

aufgezählt, aber er hat auch ein Übungsbuch geschrieben, indem man<br />

andere, spezifis<strong>che</strong>re Regeln finden kann. Im diesen Abschnitt habe ich<br />

deshalb die 16 Grundregeln genauer erklärt und außerdem habe ich<br />

einige Informationen über die verschiedene Wortarten und andere Regeln<br />

eingefügt, die im Rahmen der 16 Grundregeln nicht behandelt werden,<br />

wie zum Beispiel einige Informationen über das Alphabet und die<br />

Ausspra<strong>che</strong>, über die Wortbildung, über die Vor- und Nachsilben, über den<br />

Wortschatz und die Syntax.<br />

Im zweiten Abschnitt habe ich mich mit dem Leben und der<br />

Weltanschauung von Lazar Ludwik Zamenhof beschäftigen: man kann die<br />

Bedeutung dieser Spra<strong>che</strong> nur verstehen, wenn man diese zwei Aspekte<br />

zusammen betrachtet.<br />

Die wichtigsten Ursa<strong>che</strong>n, die Zamenhof dazu bewegt haben, eine<br />

internationale Spra<strong>che</strong> zu p<strong>la</strong>nen, sind drei: sein Geburtsort, seine<br />

jüdis<strong>che</strong> Herkunft und sein Idealismus.<br />

Lazar Ludwik Zamenhof wurde 1859 im Bialystok geboren. Diese Stadt<br />

liegt heute im Ostpolen, aber 1859 <strong>la</strong>g sie im Großherzogtum von Litauen,<br />

das dem russis<strong>che</strong>n Kaiserreich unterstand. In dieser Stadt lebten vier<br />

unterschiedli<strong>che</strong> Bevölkerungen (russisch, polnisch, deutsch und jüdisch),<br />

die kein freundschaftli<strong>che</strong>s Verhältnisse untereinander hatten. Außerdem<br />

sollte Ludwik unterschiedli<strong>che</strong> Spra<strong>che</strong>n spre<strong>che</strong>n: zu Haus sollte er<br />

59


Russisch, dagegen außer Haus Polnisch spre<strong>che</strong>n und als Studierende<br />

sollte er Deutsch, Französisch, Latein und Griechisch studieren. Ludwik<br />

füllte diese Mehrsprachigkeit als schmerzlich und war sich schon bewusst,<br />

dass es sehr anstrengend und teuer war, eine fremde Spra<strong>che</strong> zu lernen:<br />

deshalb konnte eine internationale Spra<strong>che</strong> wie das Esperanto sehr<br />

nützlich sein.<br />

1905 erklärte er seinem Freund Michaux in einem Brief, wie seine<br />

jüdis<strong>che</strong> Herkunft ihn be<strong>la</strong>stet hat: er sollte im Getto leben und deshalb<br />

fühlte er sich von der Welt total getrennt. Außerdem sollten die Juden zu<br />

Gott in einer toten Spra<strong>che</strong> beten und sie wohnten zwis<strong>che</strong>n Mens<strong>che</strong>n,<br />

die sie hassten. Er träumte deshalb von einer Spra<strong>che</strong> die neutral wäre<br />

und die allem gehören sollte.<br />

Er war sich bewusst, dass die sprachli<strong>che</strong>n und die religiösen Probleme<br />

durch die Erfindung einer neuen Spra<strong>che</strong> und durch eine neue Religion<br />

überwunden werden könnten: deshalb versuchte er die sprachli<strong>che</strong>n<br />

Problemen mit dem Esperanto und die religiöse Probleme mit Hillelismus<br />

und Homaranismus zu lösen, die eng mit dem Esperanto verbunden sind.<br />

Hillelismus und Homaranismus sind zwei Lehren, die auf Brüderlichkeit,<br />

Gleichheit und Gerechtigkeit fußen. Beide waren grundlegend für<br />

Zamenhofs Weltanschauung.<br />

Im dritten Abschnitt habe ich die Geschichte der Esperanto Bewegung<br />

kurz beschreibt, besonders die Kritiken und die Reformen, die die<br />

Bewegung anpacken sollte, ihre Organisation und die verschiedene<br />

Vereinigungen, die mit der Bewegung verbunden sind.<br />

Diese Bewegung musste nämlich einige Schwierigkeiten überwinden.<br />

Zum Beispiel wurde im Jahr 1908 eine neue Bewegung gegründet, die die<br />

neue Spra<strong>che</strong> Ido unterstützte. Die Spra<strong>che</strong> Ido wurde von Louis Cuoturat<br />

und Luois De Beaufront konzipiert und sie ist eine neue Form des<br />

Esperanto. In den vorhergehenden Jahren hatten sich nämlich einige<br />

Gruppen gegründet, die eine Reformierung des Esperanto forderten, aber<br />

1894, nach einer allgemeinen Befragung, wurde die Unantastbarkeit des<br />

60


Fundamenta de Esperanto festgelegt, das die Grundregeln des Esperanto<br />

enthält.<br />

Danach habe ich einige Informationen über die wichtigsten Esperanto-<br />

Vereine gegeben, die Universa<strong>la</strong> Esperanto Asocio (UEA, universal<br />

Esperanto Verein) und die Sennacia Asocio Tutmonda (SAT, Weltverband<br />

der Nationslosen, Arbeiter-Weltbund), die viele Initiativen und Kongresse<br />

organisieren. Diese zwei Vereine beschäftigen sich mit kulturellen<br />

Tätigkeiten, aber es gibt auch wissenschaftli<strong>che</strong> Vereine wie die<br />

internationale wissenschaftli<strong>che</strong> Akademie Comenius und die<br />

internationale wissenschaftli<strong>che</strong> Akademie von San Marino.<br />

Die wichtigsten Veranstaltungen sind die Esperanto-Weltkongresse, an<br />

denen jedes Jahr einige Tausend Esperantisten teilnehmen. Diese<br />

Tradition wird seit 1905 fortgesetzt: in diesem Jahr gab es nämlich den<br />

ersten Esperanto-Weltkongresse in Buologne-sur-mer, in Frankreich.<br />

Der vierte Abschnitt behandelt die literaris<strong>che</strong>n Ergebnisse des Esperanto.<br />

Am Anfang der Bewegung hatte die Literatur nur die Aufgabe, die<br />

grammatikalis<strong>che</strong> Regeln anzuwenden, aber früh entwickelte sich eine<br />

intensive literaris<strong>che</strong> Tätigkeit. Neben der originalsprachli<strong>che</strong>n Literatur in<br />

Prosa und in Versen gibt es zahlrei<strong>che</strong> Übersetzungen: die Bibel, der<br />

Koran, Dantes Göttli<strong>che</strong> Komödie, Cervantes’ Don Quixote, Goethes<br />

Faust, García Márquez’ Hundert Jahre Einsamkeit.<br />

Das Esperanto hat die Fähigkeit, die Begriffe auf verschiedene Arten<br />

auszudrücken: man kann zum Beispiel einen ganzen Satz durch ein<br />

einziges Wort ausdrücken. Diese Fähigkeit er<strong>la</strong>ubt einen großen<br />

Abwechslungsreichtum, der besonders wichtig für die literaris<strong>che</strong>n Werke<br />

ist. Es ist ganz k<strong>la</strong>r, dass man nicht nur ins Esperanto übersetzt, sondern<br />

auch aus dem Esperanto: so zum Beispiel das Buch Kon-Tiki, das in<br />

verschiedene Spra<strong>che</strong> übersetzt wurde.<br />

Die literaris<strong>che</strong> Tätigkeit hat sich in drei Phasen entwickelt. Während der<br />

ersten Phase von 1887 bis 1914 hatte die Literatur nur das Ziel, die<br />

grammatikalis<strong>che</strong> Regeln anzuwenden und die Bewegung zu propagieren.<br />

61


Die zweite Phase ist die Zeit der literaris<strong>che</strong>n Versu<strong>che</strong>, und während der<br />

dritten Phase erlebt die Bewegung eine Blüte der literaris<strong>che</strong>n Tätigkeit.<br />

Die wichtigsten Richtungen dieser Phase sind die Budapester und die<br />

schottis<strong>che</strong> Schule. Die literaris<strong>che</strong>n Berei<strong>che</strong>, die weniger entwickelt<br />

sind, sind der Roman und das Theater.<br />

Was die Ver<strong>la</strong>gstätigkeit betrifft, erwähnen wir die erste Zeitschrift, die im<br />

Jahr 1889 veröffentlicht wurde. Andere wichtigste Zeitschriften sind<br />

Esperanto, Kontakto, Sennaciulo, Heroldo de Esperanto.<br />

Im fünften Abschnitt habe ich andere Problematiken analysiert, die mit<br />

dem Esperanto verbunden sind, wie zum Beispiel die Gründe, warum<br />

diese Spra<strong>che</strong> in den zwis<strong>che</strong>nstaatli<strong>che</strong>n Beziehungen nicht benutzt<br />

wird, die Schritten für die Einführung des Esperanto in die Europäis<strong>che</strong><br />

Gemeinschaft und die pädagogis<strong>che</strong> Ziele dieser Spra<strong>che</strong>.<br />

Die Frage, warum das Esperanto in den zwis<strong>che</strong>nstaatli<strong>che</strong>n Beziehungen<br />

nicht benutzt wird, kann man nicht einfach beantworten. Heutzutage ist die<br />

internationale Spra<strong>che</strong> Englisch und diese Spra<strong>che</strong> hat inzwis<strong>che</strong>n eine<br />

Monopolstellung erreicht. Eine Spra<strong>che</strong> wie das Esperanto könnte<br />

dagegen neutral sein und kein Monopol darstellen.<br />

Einige Fors<strong>che</strong>r haben versu<strong>che</strong>n, konkret das Esperanto in der<br />

Europäis<strong>che</strong>n Gemeinschaft einzufügen, und sie haben dafür einige<br />

Lösungen vorgesch<strong>la</strong>gen, zum Beispiel Umberto Broccatelli, der im Jahr<br />

1987 mögli<strong>che</strong> Phasen der Einführung des Esperanto in die Europäis<strong>che</strong><br />

Gemeinschaft überlegt hat. Der Autor dieses Projekts hoffte nämlich auf<br />

eine Europäis<strong>che</strong> Union, die eine echte europäis<strong>che</strong> Spra<strong>che</strong> hätte.<br />

Am Ende habe ich über einige Versu<strong>che</strong> zur pädagogis<strong>che</strong>n Funktion des<br />

Esperanto angeführt. Diese Experimente zeigten, dass das Esperanto das<br />

Studium andere Fä<strong>che</strong>r erleichtert, wie zum Beispiel das Studium der<br />

eigenen Mutterspra<strong>che</strong>, aber auch anderer Spra<strong>che</strong>n, und dass das<br />

Esperanto die logis<strong>che</strong> Intelligenz fördert.<br />

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BIBLIOGRAFIA<br />

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2007 Wortstellungsmodelle im ursprüngli<strong>che</strong>n und im heutigen Esperanto<br />

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Pubblicato in Esperanto heute. Wie aus einem Projekt eine Spra<strong>che</strong> wurde<br />

http://dare.uva.nl/document/93438<br />

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http://www.uea.org/info/angle/an_ghisdatigo.html<br />

Was ist Esperanto? Esperanto heute<br />

http://esperanto.net/info/deta<strong>la</strong>/de_eo-deta<strong>la</strong>.html<br />

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