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Vincoli parentali e divieti matrimoniali - Università di Palermo

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A. Cusmà Piccione, <strong>Vincoli</strong> <strong>parentali</strong> e <strong><strong>di</strong>vieti</strong> <strong>matrimoniali</strong> [p. 189-278]<br />

cammino penitenziale, alla separazione dei due coniugi, nella parte<br />

occidentale il can. 61 <strong>di</strong> Elvira, nel punire solo la condotta dell’uomo,<br />

prescriveva più blandamente <strong>di</strong> ‘quinquennium a communione ...<br />

abstineri’, senza imporre la rottura della convivenza coniugale; una<br />

previsione più mite rispetto all’unione con la praevigna (can. 66), solo<br />

per la quale è usata la qualifica <strong>di</strong> incestus, sembrerebbe attestare che la<br />

nostra fattispecie destasse in quel contesto un minore allarme.<br />

Per gli altri due <strong><strong>di</strong>vieti</strong> <strong>matrimoniali</strong> le in<strong>di</strong>cazioni delle fonti<br />

cristiane sono assai più scarne. Il matrimonio con la neptis era<br />

osteggiato dai Patres, ma non era interdetto esplicitamente nelle<br />

Scritture; Ambrogio, interrogato sulla questione da Paterno,<br />

funzionario imperiale d’alto rango, non poteva fare altro che<br />

desumerlo obliqua via dall’inter<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> prendere moglie entro il<br />

quarto grado e da ultimo dalla legislazione imperiale che con<br />

Teodosio avrebbe vietato le nozze tra cugini. Non molto si ricava<br />

dalla incompatibilità con lo stato clericale prescritta dai Canones<br />

Apostolorum, se non appunto che il biasimo era comune anche<br />

all’Oriente sul finire del quarto del secolo.<br />

Le unioni inter consobrinos, anch’esse non proibite dalla lex<br />

<strong>di</strong>vina (come ancora, <strong>di</strong>versamente da Ambrogio, osservava Agostino<br />

nel De civititate Dei), non costituivano un lecito coniugium e vennero<br />

assimilate alla fornicatio nella risposta che la sede papale aveva spe<strong>di</strong>to<br />

ai vescovi della Gallia; <strong>di</strong> più dalle fonti non sembra trarsi.<br />

Tanto premesso sul piano delle coor<strong>di</strong>nate cristiane, possiamo a<br />

questo punto tentare <strong>di</strong> comprendere quanto e se esse trovassero<br />

rispondenza nelle leges imperiali del quarto secolo.<br />

7. Le nuove fattispecie vietate dalla legislazione postclassica: le nozze<br />

con la neptis ex fratre.<br />

L’illiceità del matrimonio contratto dallo zio paterno (patruus) con<br />

la nipote, figlia del fratello, era stata rimossa – come già sappiamo –<br />

da un senatoconsulto nel 49 d.C., per consentire all’imperatore<br />

Clau<strong>di</strong>o <strong>di</strong> sposare Agrippina; il provve<strong>di</strong>mento aveva evidente natura<br />

autorizzatoria, 150 in quanto le altre ipotesi <strong>di</strong> coniugium nel terzo<br />

—————————<br />

150 Questo carattere si coglie bene leggendo le parole <strong>di</strong> Tac., Ann. 12.5.1: C.<br />

Pompeio Q. Veranio consulibus pactum inter Clau<strong>di</strong>um et Agrippinam matrimonium iam<br />

AUPA 55/2012 247

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