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Vincoli parentali e divieti matrimoniali - Università di Palermo

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A. Cusmà Piccione, <strong>Vincoli</strong> <strong>parentali</strong> e <strong><strong>di</strong>vieti</strong> <strong>matrimoniali</strong> [p. 189-278]<br />

possibilità d’accesso allo stato clericale per chi avesse sposato due<br />

sorelle o una nipote. 145 La previsione <strong>di</strong> una sanzione valevole soltanto<br />

in relazione allo status d’ecclesiastico (l’incapacità a <strong>di</strong>venire o, com’è<br />

dato presumere, anche a rimanere clerici) non può indurre a credere<br />

che per la comunità dei fedeli vigesse, <strong>di</strong>versamente, una <strong>di</strong>sciplina<br />

più indulgente che consentisse in ipotesi questo tipo <strong>di</strong> unioni; ciò<br />

perché, se si osservano nella restante parte della raccolta i temi trattati,<br />

si comprende come la materia prevalentemente <strong>di</strong>sciplinata sia<br />

proprio quella clericale 146 e pertanto non saremmo in presenza <strong>di</strong> un<br />

silenzio significativo.<br />

D’altra parte, nulla impe<strong>di</strong>sce <strong>di</strong> guardare a questa testimonianza<br />

come se rappresentasse fedelmente un alito <strong>di</strong> vita vissuta; in altre<br />

parole, dal momento che in queste norme sarebbe condensata la prassi<br />

canonica invalsa in Oriente, 147 in esse deve intravvedersi la soluzione<br />

ecclesiastica ai problemi che maggiormente erano emersi in quella pars<br />

Imperii. Le nozze con la sorella della moglie (probabilmente defunta,<br />

ma forse anche ripu<strong>di</strong>ata: dalla formulazione del canone non è dato<br />

arguire) e con la nipote, in questa prospettiva, dovevano costituire un<br />

fenomeno non raro nella società e comunque tale da destare<br />

l’attenzione degli ambienti ecclesiastici. 148<br />

—————————<br />

145 I responsabili d’incesto erano già esclusi dalle cariche religiose in una epistula <strong>di</strong><br />

Stefano, papa nella metà del terzo secolo, con cui la Sede apostolica rispondeva ad un<br />

interrogativo preciso circa coloro che ‘gradus ecclesiasticos non sunt admitten<strong>di</strong>’ (P.L. 3.999<br />

s.). In generale, sulla continenza richiesta per l’eleggibilità alla carica vescovile, con<br />

particolare attenzione alla legislazione giustinianea, mi sia consentito <strong>di</strong> rinviare a A.<br />

CUSMÀ PICCIONE, La lex continentiae clericorum nella legislazione <strong>di</strong> Giustiniano: tra<br />

ricezione ed innovazione, in Stu<strong>di</strong> in onore <strong>di</strong> A. Metro, II, Milano 2010, 27 ss.<br />

146 Una sorta – si potrebbe <strong>di</strong>re – <strong>di</strong> “statuto del clero”. Per un quadro oltremodo<br />

sintetico, ma puntuale, degli argomenti che negli 85 Canoni degli Apostoli ricevono una<br />

regolamentazione, cfr. J. GAUDEMET, Storia del <strong>di</strong>ritto canonico, cit., 53 s.<br />

147 Com’è noto, i Canones Apostolorum ebbero notevole <strong>di</strong>ffusione in Oriente e nella<br />

legislazione giustinianea se ne sancì ufficialmente l’obbligatorietà, per poi essere inseriti<br />

nell’elenco dei canoni osservati dalla Chiesa bizantina stilato nel famoso concilio “in<br />

Trullo” del 691-692. In Occidente, viceversa, la loro autenticità fu sempre contestata ed<br />

un decreto <strong>di</strong> papa Gelasio li <strong>di</strong>chiarò l’apocrifi: per queste notizie e per la relativa<br />

bibliografia, cfr. A. CUSMÀ PICCIONE, La lex continentiae clericorum, cit., 53 e nt. 56.<br />

148 In questo senso, il <strong>di</strong>vieto matrimoniale sancito dal can. 19 sarebbe da leggere<br />

come una reazione ad una prassi verosimilmente accettata non in modo isolato. Così – mi<br />

sembra – vadano lette le parole <strong>di</strong> J. VILELLA, Las <strong>di</strong>sposiciones pseudoiliberritanas, cit., 242,<br />

quando scrive che «de este breve texto parece colegirse que entonces los sirios tenían<br />

244 AUPA 55/2012

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