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Vincoli parentali e divieti matrimoniali - Università di Palermo

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A. Cusmà Piccione, <strong>Vincoli</strong> <strong>parentali</strong> e <strong><strong>di</strong>vieti</strong> <strong>matrimoniali</strong> [p. 189-278]<br />

praesumptum’. È la conferma che, nella seconda metà del IV sec.,<br />

anche in Occidente si agitavano gli stessi dubbi già osservati nella<br />

parte orientale, più o meno nello stesso torno <strong>di</strong> anni, grazie alla<br />

testimonianza <strong>di</strong> Basilio; dubbi originati dalla presumibile <strong>di</strong>ffusione<br />

nella pratica <strong>di</strong> un’interpretazione assai elastica della regola del levirato,<br />

piegata fino a far rientrare nel suo spettro <strong>di</strong> afferenza anche il<br />

matrimonio con la sorella della moglie. A quest’orientamento,<br />

l’epistula reagiva, rigettando l’applicazione estensiva della norma sul<br />

levirato al caso che a morire senza prole fosse stata la moglie, dal<br />

momento che nulla era detto nelle Sacre Scritture con riferimento a<br />

quest’ipotesi ed ogni analogia al riguardo era il frutto <strong>di</strong> una mera (ed<br />

indebita) supposizione.<br />

Una maggiore laconicità caratterizza, viceversa, l’enunciazione del<br />

<strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> condurre in sposa la figlia dello zio materno. 138 Il<br />

fondamento ultimo è scorto, obliqua via, nel precetto <strong>di</strong> Lev. 18.7, 139<br />

la cui violazione configura – come si rileva a chiusura del passo – un<br />

peccato <strong>di</strong> natura sessuale (fornicatio) e non un coniugium; la forzatura,<br />

piuttosto evidente nel trarre sostegno da una prescrizione sub oculis<br />

dettata per una fattispecie alquanto <strong>di</strong>versa, nasceva evidentemente<br />

dall’assenza nei testi sacri, come abbiamo visto, <strong>di</strong> un’in<strong>di</strong>cazione che<br />

esplicitamente non consentisse il matrimonio tra cugini.<br />

Non va perso <strong>di</strong> vista il fatto che, tra gli argomenti qui utilizzati<br />

per giustificare le inter<strong>di</strong>zioni ora vedute, manchi ogni riferimento alla<br />

<strong>di</strong>sciplina normativa. Il rilievo non vale per l’impe<strong>di</strong>mento a sposare<br />

la cugina, che, per quanto possiamo dedurre dalle fonti che ne<br />

accennano, dovette essere introdotto legislativamente da Teodosio I<br />

soltanto qualche decennio dopo la redazione della decretale papale, 140<br />

ma ha un suo peso in relazione all’altro <strong>di</strong>vieto, del quale la cancelleria<br />

—————————<br />

138 La limitazione del <strong>di</strong>scorso alla sola figlia dello zio materno doveva quasi certamente<br />

<strong>di</strong>pendere dalla necessità che l’epistula romana si mantenesse dentro i confini dei<br />

quesiti posti dall’episcopato della Gallia, presso cui evidentemente la questione doveva<br />

essersi in concreto presentata in relazione a quel caso; tuttavia, proprio la genericità della<br />

spiegazione fornita induce a ritenere che nessuna <strong>di</strong>fferenziazione doveva essere fatta tra i<br />

cugini, tanto della linea materna che paterna.<br />

139 Turpitu<strong>di</strong>nem patris tui et turpitu<strong>di</strong>nem matris tuae non <strong>di</strong>scooperies.<br />

140 V. infra § 9.<br />

242 AUPA 55/2012

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