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Vincoli parentali e divieti matrimoniali - Università di Palermo

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A. Cusmà Piccione, <strong>Vincoli</strong> <strong>parentali</strong> e <strong><strong>di</strong>vieti</strong> <strong>matrimoniali</strong> [p. 189-278]<br />

che avesse promesso <strong>di</strong> rompere il vincolo matrimoniale una volta<br />

guarita; lo scioglimento del matrimonio doveva essere conseguenza <strong>di</strong><br />

questa scelta, poiché il canone proseguiva affermando che, sia in caso<br />

<strong>di</strong> morte della donna sia in caso <strong>di</strong> morte dell’uomo, per il coniuge<br />

superstite sarebbe stato più <strong>di</strong>fficile ottenere il perdono (‘<br />

’).<br />

Questo riferimento in<strong>di</strong>stinto al coniuge superstite, che si osserva<br />

nella seconda parte del canone, suscita però qualche problema <strong>di</strong><br />

coor<strong>di</strong>namento con la prescrizione d’esor<strong>di</strong>o, dove la <strong>di</strong>sposizione<br />

canonica sembrerebbe testualmente riguardare soltanto la donna. 125<br />

La spiegazione che mi pare più ragionevole prospettare è quella <strong>di</strong><br />

ritenere che l’incipit avesse<br />

unicamente la funzione <strong>di</strong> definire la fattispecie presa in esame dal<br />

legislatore (matrimonio <strong>di</strong> una donna con due fratelli), senza<br />

circoscrivere soggettivamente l’ambito <strong>di</strong> applicazione della sanzione.<br />

In accordo con questa idea, si può pertanto sostenere che i Padri <strong>di</strong><br />

Neocesarea intesero affermare la responsabilità <strong>di</strong>sciplinare <strong>di</strong><br />

entrambi i coniugi, tanto della donna quanto <strong>di</strong> quello dei fratelli che<br />

l’aveva secondariamente condotta in sposa. 126<br />

—————————<br />

125 Sottolinea queste <strong>di</strong>fficoltà interpretative anche G. COLANTUONO, Note sul canone<br />

2, cit., 2, che parla <strong>di</strong> un testo «quasi criptico per alcuni suoi elementi interni».<br />

126 Sembra, invece, se non mi sbaglio, interpretare in modo <strong>di</strong>verso le due parti della<br />

<strong>di</strong>sposizione, G. COLANTUONO, Note sul canone 2, cit., 3; l’A. scrive infatti: «É qui presentato<br />

un ulteriore caso specifico: in caso <strong>di</strong> morte <strong>di</strong> uno <strong>di</strong> coloro che abbiano contratto<br />

tali nozze, per l’altro coniuge è prevista una rigida <strong>di</strong>sciplina penitenziale. Da sottolineare<br />

la reversibilità della <strong>di</strong>sposizione, che ha valore per entrambi i sessi ...». Ora,<br />

parrebbe che tale reversibilità sia dallo stu<strong>di</strong>oso intesa non tanto limitatamente alla punizione<br />

(come io invece sarei portato a pensare), quanto altresì con riguardo alla fattispecie<br />

astrattamente considerata, perché appena dopo l’A. conclude rilevando che «è evidente<br />

che la questione presa in esame è quella delle seconde nozze <strong>di</strong> un coniuge, in stato <strong>di</strong><br />

vedovanza, col fratello (o con la sorella) del proprio congiunto defunto». Se tale lettura<br />

(seguita, per quanto mi sembra, anche da P. MARONE, Le nozze tra cognati, cit., 213)<br />

fosse vera, si dovrebbe pensare che i Padri <strong>di</strong> Neocesarea intendessero <strong>di</strong>sciplinare e<br />

sottoporre a sanzione in generale le nozze tra affini in linea collaterale, sia se contratte<br />

dall’uomo con la cognata, sia se contratte dalla donna con il cognato; tuttavia, a me pare<br />

che tale interpretazione vada oltre il dato testuale, che considererei abbracciare unicamente<br />

quest’ultima ipotesi. A parte, infatti, l’evidente andamento tortuoso che così si attribuirebbe<br />

alla <strong>di</strong>sposizione (che nella sua parte iniziale introdurrebbe una sanzione per una<br />

situazione specifica – le nozze della donna con due fratelli – per poi ammettere un’eccezione<br />

che mitighi la portata <strong>di</strong> quella punizione ed infine chiudere minacciando, stavolta<br />

236 AUPA 55/2012

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