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Vincoli parentali e divieti matrimoniali - Università di Palermo

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A. Cusmà Piccione, <strong>Vincoli</strong> <strong>parentali</strong> e <strong><strong>di</strong>vieti</strong> <strong>matrimoniali</strong> [p. 189-278]<br />

È ancora significativo rilevare che anche la vedova, la quale avesse<br />

sposato l’uomo con cui aveva avuto una relazione, poteva essere riammessa<br />

alla comunione solo ‘post quinquennii tempus’; 120 in questo caso,<br />

oggetto del biasimo dei vescovi spagnoli era, con buona probabilità,<br />

non tanto la moechia (‘si qua vidua fuerit moechata ...’), quanto<br />

soprattutto le seconde nozze (‘... et eumdem postea habuerit<br />

maritum ...’), come si arguisce dalla previsione <strong>di</strong> un aggravamento<br />

della sanzione (esclusione dalla comunione in perpetuum) per il caso<br />

in cui la vedova ‘alium duxerit, relicto illo ...’. La scelta <strong>di</strong> sanzionare<br />

quest’ultima condotta, come anche il matrimonio del vedovo con la<br />

sorella della moglie, alla stessa stregua <strong>di</strong> un episo<strong>di</strong>o d’adulterio (v. il<br />

can. 69 citato poc’anzi) potrebbe non essere stata casuale e potrebbe<br />

piuttosto aver subito le suggestioni provenienti dalla dottrina dei<br />

Montanisti (e dell’ultimo Tertulliano in modo particolare), i quali ‘...<br />

secundas nuptias, ut illicitas, iuxta adulterium iu<strong>di</strong>c[ant]’. 121<br />

Quest’ipotesi recherebbe un’interessante in<strong>di</strong>cazione e cioè che la<br />

Chiesa spagnola si poneva, in or<strong>di</strong>ne alla valutazione del matrimonio<br />

con la sorella della moglie, in una linea <strong>di</strong> continuità rispetto alla<br />

——————————<br />

poenitentia poterit dominicae sociari communioni (in M. 2.18, l’ultima frase del canone si<br />

legge in una versione <strong>di</strong>fferente, trovandosi la virgola posticipata dopo ‘quinquennium’,<br />

con conseguente mutamento <strong>di</strong> significato; ma è senza dubbio da preferire la versione<br />

sopra riprodotta, che è anche la più ricorrente in dottrina: cfr., ad esempio, K. J. HEFELE-<br />

H. LECLERCQ, Histoire des conciles, I.1, cit., 262; C. MUNIER, Mariage et virginité dans<br />

l’Église ancienne (I er -III e siècles), Berne 1987 (tr. it., Matrimonio e verginità nella chiesa<br />

antica, Torino 1990, 276, da cui cito) e A. M. RABELLO, Giustiniano, ebrei e samaritani,<br />

II, cit., 499.<br />

120 Can. 72: Si qua vidua fuerit moechata, et eumdem postea habuerit maritum, post<br />

quinquennii tempus, acta legitima poenitentia, placuit, eam communioni reconciliari: si<br />

alium duxerit, relicto illo, nec in fine dandam esse communionem: vel si fuerit ille fidelis,<br />

quem accepit, communionem non accipiat, nisi post decem annos, acta legitima poenitentia;<br />

nisi infirmitas coegerit velocius dare communionem [‘vel si infirmitas coëgerit velocius dari<br />

communionem’: così in K. J. HEFELE-H. LECLERCQ, Histoire des conciles, I.1, cit., 259].<br />

121 Tert., De monog. 15.1 (P.L. 2.950). La frase completa è la seguente: Quae haeresis,<br />

si secundas nuptias, ut illicitas, iuxta adulterium iu<strong>di</strong>camus? Quid est enim adulterium,<br />

quam matrimonium illicitum? Espressioni simili sono assai frequenti nel Tertulliano<br />

montanista [nello stesso senso, v. anche: De monog. 14.4 (P.L. 2.949 s.); De pud. 1.20-21<br />

(P.L. 2.983)], ma si ritrovano pure in opere <strong>di</strong> Autori certamente lontani dalle dottrine <strong>di</strong><br />

Montano (come, ad esempio, nella Supplicatio pro Christianis del greco Atenagora – 33,<br />

P.G. 6.965 –, secondo cui chi si separa dalla prima moglie, anche se morta, è un adultero<br />

<strong>di</strong>ssimulato – ‘moicÒj sti parakekalummšnoj’).<br />

234 AUPA 55/2012

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