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Vincoli parentali e divieti matrimoniali - Università di Palermo

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A. Cusmà Piccione, <strong>Vincoli</strong> <strong>parentali</strong> e <strong><strong>di</strong>vieti</strong> <strong>matrimoniali</strong> [p. 189-278]<br />

quarto secolo, aveva <strong>di</strong>sposto la scomunica a vita alla donna che avesse<br />

sposato successivamente due fratelli. L’esitazione <strong>di</strong> Agostino parrebbe,<br />

<strong>di</strong>fatti, suggerire come, nonostante le condanne ufficiali, il <strong>di</strong>vieto de<br />

quo non fosse ancora generalmente con<strong>di</strong>viso. 73<br />

I Padri <strong>di</strong> lingua greca mostravano un contegno un po’ meno<br />

ritroso, come si può vedere dall’Ep. 199 <strong>di</strong> Basilio, 74 dove<br />

l’inter<strong>di</strong>zione è estesa anche al matrimonio con la sorella della moglie:<br />

. 75<br />

Il Padre cappadoce poneva sullo stesso piano il caso della donna<br />

che sposa due fratelli e quello dell’uomo che prende in moglie due<br />

sorelle. Quest’ultima situazione non era contemplata nei <strong><strong>di</strong>vieti</strong> del<br />

Vecchio Testamento, dove era invece biasimata la condotta <strong>di</strong> chi,<br />

essendo consentito in illo tempore avere più <strong>di</strong> una moglie, avesse<br />

contratto matrimonio con due sorelle allo stesso tempo (Lev.<br />

18.18). 76<br />

—————————<br />

73<br />

Collega l’indecisione, che traspare da questo passo, con siffatta conclusione anche<br />

G. TORTI, La stabilità del vincolo nuziale in sant’Agostino e in san Tommaso, Parma 1979,<br />

40 nt. 27.<br />

74<br />

È una delle tre lettere c.d. “canoniche” (Epp. 188, 199 e 217) scritte da Basilio ad<br />

Anfilochio d’Iconio, contenenti i canoni della <strong>di</strong>sciplina ecclesiastica e <strong>di</strong>ffusamente<br />

conosciute in tutto l’Oriente; sul valore <strong>di</strong> queste lettere, cfr., per tutti: P. P. JOANNOU,<br />

Fonti, fasc. IX., Discipline générale antique (IV e -IX e s.), t. II. Les canons des Pères Grecs,<br />

Grottaferrata 1963, 86 ss.; J. QUASTEN, Patrologia, 2, Dal concilio <strong>di</strong> Nicea a quello <strong>di</strong><br />

Calcedonia 2 , Torino 1980, 226.<br />

75<br />

Il testo qui citato è quello curato da Y. COURTONNE, Saint Basile. Lettres, II, Paris<br />

1961, 158; <strong>di</strong>fferenze testuali <strong>di</strong> scarso rilievo in P. P. JOANNOU, Fonti, fasc. IX., t. II,<br />

cit., 125 [v. anche P.G. 32.724, dove (ibid., 725) la traduzione latina che qui <strong>di</strong> seguito<br />

riporto: De iis autem qui duas sorores uxores ducunt, vel de eis quae duobus fratribus nubunt,<br />

a nobis e<strong>di</strong>ta est epistola, cuius misimus exemplar tuae pietati. Qui autem sui fratris uxorem<br />

acceperit, non prius admittetur, quam ab ea recesserit].<br />

Questo è detto esplicitamente nel versetto del Levitico in questione (‘Sororem uxoris<br />

tuae in pellicatum illius non accipies, nec revelabis turpitu<strong>di</strong>nem eius, a d h u c i l l a<br />

vivente’ ) ed anche l’interpretazione dei Padri è coerente con questo significato: v.<br />

AUPA 55/2012 221

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