Vincoli parentali e divieti matrimoniali - Università di Palermo
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A. Cusmà Piccione, <strong>Vincoli</strong> <strong>parentali</strong> e <strong><strong>di</strong>vieti</strong> <strong>matrimoniali</strong> [p. 189-278]<br />
preoccupandosi piuttosto <strong>di</strong> dare risposte a fattispecie specifiche. 59 Qui<br />
ci occuperemo, in concreto, della posizione da essi tenuta con riguardo<br />
alle nuove inter<strong>di</strong>zioni approvate dalla legislazione postclassica<br />
(matrimonio tra affini in linea collaterale, tra zio paterno e nipote, tra<br />
cugini), che rappresentarono, peraltro, le ipotesi più <strong>di</strong>scusse in concreto.<br />
Cominciando dalle nozze tra cognati, non si può fare a meno <strong>di</strong><br />
notare come sia questa la fattispecie che ha suscitato le attenzioni<br />
maggiori da parte della dottrina patristica. La si ritrova richiamata<br />
incidentalmente già nell’Ad uxorem, opera che Tertulliano aveva<br />
in<strong>di</strong>rizzato alla moglie allo scopo <strong>di</strong> persuaderla a non risposarsi qualora<br />
fosse sopravvissuta al marito, dove appunto il cattivo esempio offerto<br />
dall’episo<strong>di</strong>o dei Sadducei (e in<strong>di</strong>rettamente dal costume leviratico), è<br />
posto a <strong>di</strong>mostrazione dell’inopportunità delle nuove nozze. 60<br />
Il tema era caro al retore cartaginese e su <strong>di</strong> esso egli ebbe modo <strong>di</strong><br />
tornare qualche anno dopo nel De monogamia, che, essendo successivo<br />
all’adesione alla dottrina montanista, era caratterizzato da un’ispirazione<br />
assai critica nei riguar<strong>di</strong> dell’istituto matrimoniale e delle seconde nozze<br />
in modo particolare. 61 Dopo aver preso in rassegna la condotta <strong>di</strong> alcuni<br />
personaggi dell’Antico Testamento in relazione al matrimonio, Tertulliano<br />
passava, nel settimo capitolo, ad indagare la questione se gli onera<br />
imposti dall’antica Legge dovessero reputarsi ancora vigenti e, tra questi<br />
“pesi”, si soffermava proprio sul dovere <strong>di</strong> prendere in sposa la vedova<br />
del fratello morto senza figli previsto dal Deuteronomio. A tal proposito<br />
egli premetteva che, per rispondere all’interrogativo, era necessario<br />
‘intellegere ... rationem ipsius praecepti, et ita scient illam rationem iam<br />
cessantem ex eis esse quae evacuata sunt legis’, 62 cogliere cioè la<br />
—————————<br />
59<br />
In senso conforme, cfr. J. GAUDEMET, Droit romain et principes canoniques en<br />
matiere de mariage au bas empire, in Stu<strong>di</strong> Albertario, II, Milano 1953, 191 (= Etudes de<br />
droit romain, III, cit., 183).<br />
60<br />
V. Tert., Ad uxor. 1.1.5 (P.L. 1.1276). Il passo, che nel CCSL. 1 (1954), 374, è<br />
riportato sub § 6 e che qui cito nella più recente versione delle SC. 273 (1980), 94, è il<br />
seguente: Etiam illa, quam septem fratribus per successionem nupsisse voluerunt, neminem tot<br />
maritorum resurrectionis <strong>di</strong>e offendet, nec quisquam illam confusurus expectat. Quaestio<br />
Sadducaeorum cessit sententiae Domini.<br />
61<br />
Cfr. M. SIMONETTI-E. PRINZIVALLI, Storia della letteratura cristiana antica,<br />
Bologna 2010, 196.<br />
62<br />
Tert., De monog. 7.2, in SC. 343 (1988), 158 (= P.L. 2.937).<br />
216 AUPA 55/2012