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Vincoli parentali e divieti matrimoniali - Università di Palermo

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A. Cusmà Piccione, <strong>Vincoli</strong> <strong>parentali</strong> e <strong><strong>di</strong>vieti</strong> <strong>matrimoniali</strong> [p. 189-278]<br />

matrimonio, ed anzi si utilizzano espressioni (come ‘ad proximam<br />

sanguinis sui non accedet’ oppure ‘turpitu<strong>di</strong>nem ... non <strong>di</strong>scooperies’) che<br />

chiaramente alludono all’unione sessuale in quanto tale, 49 ma<br />

soprattutto dal collegamento con Lev. 20.10 ss., dove sono enunciate le<br />

sanzioni a carico <strong>di</strong> coloro che si siano resi responsabili, tra l’altro, <strong>di</strong><br />

condotte incestuose. Nel versetto 10 si esplicita la pena per chi<br />

commette adulterio ‘cum coniuge proximi sui’: la morte tanto per<br />

l’adultero che per l’adultera. Subito dopo la medesima (doppia) sanzione<br />

è inflitta in conseguenza dell’unione incestuosa con la matrigna (v. 11) e<br />

con la nuora (v. 12). Pure in questi casi, non può esservi dubbio che la<br />

legge mosaica avesse in mente ancora l’adulterio e non il matrimonio; e<br />

del resto, è sufficiente guardare al verbo usato – ‘dormierit’ – per<br />

rendersene agevolmente conto. 50 Poco oltre (v. 20), è riportato il caso <strong>di</strong><br />

chi ha rapporti (‘coierit’) con la moglie dello zio ed anche in tale ipotesi<br />

la formulazione della norma, nel riferire l’illiceità della condotta alla<br />

lesione <strong>di</strong> una prerogativa matrimoniale altrui (nel testo si parla infatti <strong>di</strong><br />

‘uxor patrui’), non lascia dubbi circa il riferimento ad una relazione<br />

adulterina. Ad un’unione occasionale sembrano alludere pure il v. 17 (a<br />

proposito <strong>di</strong> chi ‘acceperit sororem suam’), dove si <strong>di</strong>ce che entrambi<br />

(fratello e sorella) sono puniti in quanto ‘nefariam rem operati sunt’, ed il<br />

v. 19, nel quale, per sanzionare la condotta <strong>di</strong> chi ha avuto rapporti con<br />

la matertera o con l’amita, si fa uso della stessa espressione figurata <strong>di</strong> Lev.<br />

18.12-13 (‘turpitu<strong>di</strong>nem ... non <strong>di</strong>scooperies’).<br />

Quest’interpretazione si ritrova, d’altra parte, presso i Padri. È<br />

illuminante la lettura del commento <strong>di</strong> Agostino a questi passi: a<br />

proposito del <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> accostarsi alla madre o alla moglie del padre (Lev.<br />

18.7-8), il santo d’Ippona spiega che ciò che qui la legge proibisce è il<br />

rapporto sessuale (‘prohibet cum matre concumbere’) e che appunto in<br />

—————————<br />

49 Cfr. P. PELLEGRINO, Gli impe<strong>di</strong>menti relativi ai vincoli eticogiuri<strong>di</strong>ci tra le persone<br />

nel matrimonio canonico, Torino 2002, 6, che, con riguardo ai passi del Levitico, parla<br />

semplicemente <strong>di</strong> raccomandazioni aventi ad oggetto il pudore sessuale.<br />

50 Si noti poi, in relazione alla matrigna, la <strong>di</strong>fferente formulazione rispetto a Deut.<br />

23.1 (sopra richiamato alla nt. 48), dove la semplice unione ed il matrimonio sono invece<br />

chiaramente <strong>di</strong>stinti: Non accipiet homo uxorem patris sui, nec revelabit operimentum eius.<br />

Un’ulteriore prova si ricava da Orig., Hom. in Levit. 11.2, in cui i versetti 11 e 12 del<br />

capitolo 20 del Levitico sono addotti espressamente a proposito della punizione dell’adulterio.<br />

AUPA 55/2012 213

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