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MILTON GENDEL E L’ ITALIA<br />
CESARE CUNACCIA<br />
Un viaggio per immagini attraverso un’ Italia straordinaria,<br />
forse più vagheggiata che reale eppure ancor<br />
oggi così presente, così viva tra le pieghe di una cronologia appassionante, alterna e<br />
accidentata. Un viaggio metafisico e come sospeso, senza regrets e nostalgia, fin nel<br />
cuore di un mondo composito e affascinante che, come per sortilegio, si è dissolto<br />
per sempre in una manciata di anni. È un itinerario lungo i files sovraccarichi e<br />
ordinati di un immaginario che lambisce e accosta secoli e suggestioni, segni d’<strong>art</strong>e,<br />
temperamenti e caratteri, humor, quotations letterarie. Accumulo vibrante dei<br />
ricordi d’un attimo o di un’intera esistenza.<br />
<strong>Milton</strong> <strong>Gendel</strong>, storico dell’<strong>art</strong>e, scrittore e fotografo nato a New York nel 1918 e<br />
approdato a Roma nel dicembre del 1949, lungo 50 anni di esistenza ci rivela frammenti<br />
significativi ed esemplari della vicenda di un paese attraversato da una progressiva<br />
dinamica di cambiamento e in continua, metamorfica, talvolta paradossale<br />
trasformazione. All’Italia che si risvegliava incredula dalle macerie della seconda<br />
guerra mondiale, allo scarno mélo dello stageset neorealista succedono ben presto<br />
le mille luci al neon e la dolce vita del boom degli anni ’60, il bruciante passaggio da<br />
una civiltà contadina a quella industriale, una teoria di contraddizioni, rivoluzioni<br />
sociali e formidabili scoperte, tic e crisi d’identità. Poi ecco paesaggi estremizzati<br />
ed astratti, d’improvviso resi esotici e quintessenziali, stanze quiete e luminose o<br />
per converso abitate da oscuri presentimenti jamesiani, giardini aristocratici. Ecco<br />
la leva internazionale degli <strong>art</strong>isti e dei colti espatriati stranieri, royalty, eccentrici<br />
e dandies, le cadenze perdute di una società di happy few che amava il confronto<br />
dialettico e sapeva praticare l’eleganza. “Loro erano un sindacato” chiosa <strong>Milton</strong><br />
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