vitamine antiossidanti - Università Politecnica delle Marche
vitamine antiossidanti - Università Politecnica delle Marche
vitamine antiossidanti - Università Politecnica delle Marche
You also want an ePaper? Increase the reach of your titles
YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.
INTRODUZIONE<br />
Ci sono numerose evidenze scientifiche che attribuiscono ad uno stile di vita adeguato e ad<br />
una corretta alimentazione, ricca di frutta e verdura, una riduzione dell’incidenza del<br />
cancro e <strong>delle</strong> malattie degenerative. É stato suggerito che tale ruolo protettivo derivi dagli<br />
<strong>antiossidanti</strong> contenuti nella dieta (Ames et al 1993)<br />
Nel lavoro di Block del 1991 sono stati esaminati circa 200 studi che mettevano in<br />
relazione il consumo di frutta e verdura e vari tipi di cancro. Il risultato è stato che, nella<br />
maggior parte dei lavori svolti, la frutta e i vegetali proteggono dall’insorgenza di possibili<br />
malattie.<br />
È noto ormai da tempo il coinvolgimento di una condizione di stress ossidativo come<br />
denominatore comune nella patogenesi di svariate patologie croniche. Anche le più<br />
moderne e complesse teorie sul ruolo dello stress ossidativo, in processi tanto fisiologici<br />
quanto patologici, confermano che un equilibrio tra produzione di specie ossidanti e difese<br />
<strong>antiossidanti</strong> sia indispensabile per preservare la salute umana e la longevità.<br />
Parallelamente, un crescente numero di studi suggerisce una costante associazione tra il<br />
consumo di diete prevalentemente su base vegetale, e una ridotta incidenza di patologie<br />
croniche, quali malattie proliferative, neurodegenerative e cardiovascolari. In questo<br />
scenario, l’ampia gamma di composti ad azione antiossidante contenuti in frutta e verdura<br />
sembra giocare un importante ruolo benefico, confermato sia da studi clinici che<br />
epidemiologici. In questo contesto emerge il frutto fragola, in quanto fonte di una<br />
significativa quantità di composti <strong>antiossidanti</strong>.<br />
Recentemente la fragola ha avuto un grande sviluppo commerciale, per questo motivo è<br />
il frutto a bacca rossa più studiato sia a livello agronomico, sia genomico che<br />
nutrizionale. Dal punto di vista nutrizionale ha un elevato contenuto di micronutrienti e<br />
composti fitochimici, la maggior parte dei quali esprimono, almeno in vitro, importanti<br />
proprietà <strong>antiossidanti</strong> (Hannum, 2004).<br />
1
1.1 LO STRESS OSSIDATIVO<br />
Lo stress ossidativo è una condizione patologica causata dalla rottura dell'equilibrio<br />
fisiologico (Fig. 1) in un organismo vivente fra la produzione e l'eliminazione, da parte dei<br />
sistemi di difesa <strong>antiossidanti</strong>, di specie chimiche ossidanti.<br />
Fig. 1 Equilibrio tra produzione ed eliminazione di specie ossidanti<br />
Tutte le forme di vita mantengono un ambiente riducente entro le proprie cellule;<br />
l'ambiente cellulare è preservato da enzimi che mantengono lo stato ridotto attraverso un<br />
costante input di energia metabolica. Eventuali disturbi in questo normale stato red-ox<br />
possono avere effetti tossici per la produzione di radicali liberi e specie reattive<br />
dell’ossigeno e dell’azoto che danneggiano tutti i componenti della cellula, incluse<br />
proteine, lipidi e DNA.<br />
Le specie reattive ed i radicali liberi svolgono importantissimi ruoli fisiologici, quali la<br />
difesa nei confronti dei batteri, la trasmissione dei segnali biochimici fra le cellule, il<br />
controllo della pressione arteriosa ecc.<br />
2
Specie chimica Formula Classe Specie chimica<br />
Formula Classe<br />
Ozono<br />
Anione superossido<br />
Ossigeno singoletto<br />
Perossido di idrogeno<br />
Radicale ossidrile<br />
Radicale alchilico<br />
(Alchill-)perossil radicale<br />
(Alchil)idroperossido<br />
Semichinone (dal Coenz.<br />
Q)<br />
Fenossile (dalla vitamina<br />
E)<br />
Tabella 1: Specie reattive di rilevante interesse biologico.<br />
È solo il loro eccesso, generalmente riferito ad una o più classi di ossidanti, ad essere implicato<br />
nello stress ossidativo, oggi ritenuto associato ad oltre cento patologie umane (quali fibroplasia<br />
retrolenticolare, aterosclerosi, ipertensione arteriosa, morbo di Parkinson, morbo di Alzheimer,<br />
diabete mellito, colite, artrite reumatoide ecc.), e potrebbe inoltre essere importante nel processo<br />
di invecchiamento (Fig. 2).<br />
O3<br />
O2 •<br />
1 O2 *<br />
H2O2<br />
HO •<br />
R •<br />
ROO •<br />
ROOH<br />
Q •<br />
E-O •<br />
Non radicale<br />
Radicale<br />
Radicale (?)<br />
Non radicale<br />
Radicale<br />
Radicale<br />
Radicale<br />
Non radicale<br />
Radicale<br />
Radicale<br />
Ossido nitrico<br />
Acido nitroso<br />
Tetrossido nitrico<br />
Triossido nitrico<br />
Perossinitrito<br />
Acido perossinitroso<br />
Catione nitronio<br />
(Alchil)perossinitrito<br />
Acido ipocloroso<br />
Tiile<br />
NO •<br />
HNO2<br />
N2O4<br />
N2O3<br />
ONOO -<br />
ONOOH<br />
NO2 +<br />
ROONO<br />
HOClO<br />
-S •<br />
Radicale<br />
Non radicale<br />
Non radicale<br />
Non radicale<br />
Non radicale<br />
Non radicale<br />
Non radicale<br />
Non radicale<br />
Non radicale<br />
Radicale<br />
3
Fig. 2: Le specie chimiche reattive possono essere sia la causa sia l’effetto dello<br />
stress ossidativo.<br />
Quindi, i responsabili dello stress ossidativo non sono solo i radicali liberi dell'ossigeno. Possono<br />
provocare questa patologia specie sia radicaliche sia non radicaliche (come, ad esempio, l'anione<br />
superossido e il perossido d'idrogeno) o su altri elementi, quali lo zolfo (ad esempio il radicale<br />
tiile) o il cloro (ad esempio acido ipocloroso).<br />
Quindi come abbiamo già anticipato lo stress ossidativo e nitrosativo sono condizioni alla base di<br />
molte malattie acute e croniche oltre che nel fisiologico processo d’invecchiamento. Tuttavia non<br />
è ancora stato possibile stabilire l’effettivo ruolo <strong>delle</strong> specie reattive dell’ossigeno e dell’azoto<br />
nella patologia umana. Per questo motivo è necessario individuare dei marcatori validi di stress<br />
ossidativo, che permettano di distinguere i processi biologici fisiologici da quelli patologici e di<br />
monitorare la risposta ad un intervento terapeutico.<br />
L’analisi diretta <strong>delle</strong> ROS/RNS è estremamente difficile (Tarpey et al. 2004, Swartz et al. 1972)<br />
a causa della loro elevata reattività e breve emivita (10 -5 , 10 -6 , 10 -9 sec rispettivamente per il<br />
radicale superossido, l’ossigeno singoletto e il radicale idrossile).<br />
Lo studio dello stress ossidativo si avvale principalmente di metodi in grado di rilevare le<br />
alterazioni indotte su proteine, lipidi e DNA (Tab. 3).<br />
4
Anche la diminuzione <strong>delle</strong> molecole con capacità antiossidante, ad esempio il glutatione e le<br />
<strong>vitamine</strong> lipo- e idrosolubili, è considerata un marcatore indiretto di stress ossidativo sebbene sia<br />
più soggetto all’interferenza della dieta.<br />
Le tecniche utilizzate spaziano dai più semplici saggi spettrofotometrici a quelle più complesse<br />
che prevedono l’utilizzo di cromatografia liquida ad elevata prestazione (HPLC), gas<br />
cromatografia e spettrometria di massa; in questi ultimi anni sono stati messi a punto anche<br />
alcuni saggi ELISA.<br />
Sono disponibili molteplici procedure per l’analisi dei marcatori indiretti di stress ossidativo sia<br />
nei fluidi biologici (sangue, urine, saliva, tab.2), principalmente usati negli studi sull’uomo, sia<br />
nei tessuti, sfruttati per lo studio approfondito di modelli animali. (Franzini et al.2009)<br />
Fig. 3 Effetto dell’azione dei radicali liberi su una cellula.<br />
5
8-OHDG GC-MS<br />
BASI OSSIDATE<br />
DNA<br />
MARCATORI:<br />
ROTTURA DELLA DOPPIA ELICA<br />
Elisa<br />
Hplc<br />
METODI DI<br />
ANALISI<br />
Campioni<br />
biologici<br />
MDA E TBARS<br />
4-HNE<br />
LIPIDI<br />
MARCATORI:<br />
DIENI CONIUGATI<br />
F2-ISOPROSTANI<br />
LIPOPEROSSIDI<br />
LDL-OSSIDATE<br />
Saggio Delle Comete (Comet)<br />
METODI DI<br />
ANALISI<br />
Spettrofotometria (Tba-Test)<br />
Hplc-<br />
Fluorimetria<br />
Elisa<br />
Immunoistochimi<br />
ca<br />
Elisa<br />
Spettrofotometria<br />
Immunoistochimica<br />
PROTEINE<br />
MARCATORI:<br />
CARBONILI<br />
NO 2-TYR<br />
C L-TYR<br />
B R-TYR<br />
T YR-TYR<br />
AGE<br />
NEOEPITOPI<br />
PRODOTTI DI OSSIDAZIONE DI<br />
SINGOLI AMINOACIDI<br />
Tabella 2 Alcuni marcatori di stress ossidativo quantificabili nei tessuti e fluidi biologici (plasma,<br />
siero, urine) e loro metodi di analisi<br />
METODI DI<br />
ANALISI<br />
Spettrofotometria<br />
Elisa<br />
Western Blot<br />
Immunoistochimica<br />
Gc-Ms<br />
Elisa<br />
Western Blot/Immunoistochimica<br />
6
Abbreviazioni: AGE: composti finali di glicazione; Br-Tyr: 3bromo-tirosina; Cl-Tyr: 3-cloro-tirosina; GC-MS: gas<br />
cromatografia-spettrometria di massa; GSH: glutatione ridotto; GSSG: glutatione ossidato; 4-HNE: 4-idrossinonenale; LC-<br />
APCI-MS: cromatografia liquida-atmospheric pressure chemical ionization-spettrometria di massa; MDA: malonildialdeide; 8-<br />
OHdG: 8-idrossi-2’-deossiguanosina; NO2-Tyr: 3-nitro-tirosina; TBA: acido tiobarbiturico; TBARS: sostanza reattiva al TBA<br />
1.2 BIOMARCATORI DI OSSIDAZIONE DELLE PROTEINE<br />
Il processo di ossidazione <strong>delle</strong> proteine generalmente comporta l’introduzione di nuovi gruppi<br />
funzionali che possono contribuire ad alterare la funzione e il metabolismo <strong>delle</strong> stesse (Dean et<br />
al. 1997).<br />
Gli studi sulle modificazioni ossidative <strong>delle</strong> proteine hanno dimostrato una serie di conseguenze<br />
irreversibili incluse frammentazione, alterazione della struttura tridimensionale, aggregazione,<br />
che comportano perdita funzionale (Dean et al. 1997, Davies et al. 1999).<br />
Il destino di queste molecole è generalmente la degradazione da parte del proteosoma o dei<br />
lisosomi, ma in alcuni casi si formano aggregati che si accumulano all’interno o all’esterno della<br />
cellula insensibili alla degradazione.<br />
I residui aminoacidici più sensibili all’ossidazione sono quelli contenenti gruppi aromatici o<br />
tiolici, ma anche i residui alifatici sono soggetti a fenomeni di ossidazione con generazione di<br />
gruppi carbonilici. I principali biomarcatori di ossidazione <strong>delle</strong> proteine sono i gruppi<br />
carbonilici e i prodotti di ossidazione della tirosina.<br />
1.2.1 Gruppi carbonili <strong>delle</strong> proteine<br />
I gruppi carbonilici sono un generico prodotto di ossidazione <strong>delle</strong> biomolecole, sulle proteine<br />
possono essere generati tramite ossidazione diretta degli aminoacidi prolina, arginina, lisina, e<br />
treonina da parte di radicali liberi, oppure in conseguenza a fenomeni di lipoperossidazione<br />
(LPO), legame di α-β-aldeidi insature su residui di istidina , lisina, cisteina o di<br />
glicazione/glicossidazione (reazione tra un carboidrato e un amino - gruppo proteico) con<br />
formazione dei composti finali di glicazione (Stadtman et al. 1997, Burcham et al. 1996, Vlassara<br />
et al. 1994) . (Fig.4)<br />
La formazione di gruppi carbonilici sulle proteine è considerato un marcatore di stress ossidativo<br />
severo e generalizzato, dalla sua analisi non è possibile estrapolare quale sia l’origine <strong>delle</strong><br />
ROS/RNS responsabili <strong>delle</strong> reazioni pro-ossidanti, d’altra parte rappresentano un prodotto di<br />
ossidazione chimicamente stabile addirittura nell’arco di 10 anni se il campione è conservato a -<br />
7
80°C (Stadtman et al.2003). La misura totale dei carbonili proteici può essere condotta su<br />
campioni di plasma, siero, lisati cellulari, proteine purificate e prevede la derivatizzazione di tali<br />
gruppi con il composto dinitrofenil-idrazina (DNPH). Dalla reazione si genera un cromoforo<br />
idrazone con un picco di assorbimento a 360 nm e un coefficiente di estinzione molare di 22000<br />
M-1cm-1 (Reznick et al. 1994, Levine et al. 2000).<br />
La determinazione spettrofotometrica diretta è poco utilizzata perché non fornisce informazioni<br />
sull’identità <strong>delle</strong> proteine ossidate, per questo è piuttosto associata a tecniche cromatografiche o<br />
elettroforetiche (SDS-PAGE, bidimensionale) per la separazione <strong>delle</strong> proteine. In quest’ultimo<br />
caso la derivatizzazione dei gruppi carbonilici con DNPH è condotta dopo trasferimento <strong>delle</strong><br />
proteine su membrana di PVDF(polivinildenfluoruro) e la rivelazione avviene con l’ausilio di<br />
anticorpi specifici che riconoscono il gruppo dinitrofenile (DNP)(Reznick et al. 1994, Levine et<br />
al. 2000, Talent et al.1998). Gli anticorpi contro il gruppo DNP sono stati utilizzati anche per<br />
sviluppare tecniche ELISA)(Reznick et al. 1994, Levine et al. 2000, Talent et al.1998, Buss et al.<br />
1997) per la quantificazione dei gruppi carbonilici e tecniche di immunoistochimica per<br />
localizzare nel tessuto il danno ossidativo (Pompella et al. 1996, Frank et al. 2000).<br />
Un accumulo di carbonili proteici è stato dimostrato nell’invecchiamento cellulare, nel danno da<br />
ischemia/riperfusione, nelle infiammazioni croniche, nella fibrosi cistica (Dalle-Donne et al.<br />
2003).<br />
Figura 4 Tre possibili vie di ossidazione <strong>delle</strong> proteine con conseguente introduzione di<br />
gruppi carbonilici e formazione di nuovi epitopi.<br />
8
1.3 BIOMARCATORI DI OSSIDAZIONE DEI LIPIDI<br />
I fosfolipidi di membrana e i trigliceridi nelle lipoproteine LDL sono particolarmente suscettibili<br />
ad attacco radicalico.<br />
Il processo di ossidazione dei lipidi, LPO, ha inizio con la sottrazione di un atomo d’idrogeno da<br />
un gruppo etilenico adiacente a un doppio legame di un acido grasso<br />
polinsaturo (PUFA), si forma così un radicale centrato su un atomo di carbonio. Dal<br />
riarrangiamento del doppio legame si forma un diene coniugato, mentre l'ossigeno<br />
molecolare presente reagisce con il radicale centrato sul carbonio formando un radicale perossile<br />
che a sua volta reagisce con un altro PUFA formando un idroperossido e un nuovo radicale<br />
centrato sul carbonio.<br />
Gli idroperossidi lipidici possono reagire ulteriormente e formare perossidi ciclici, endoperossidi<br />
ciclici, aldeidi α,β-insature come la 4-idrossi nonenale (4-HNE), la acroleina, e la<br />
malonildialdeide (MDA). Oltre alle aldeidi altri prodotti terminali della LPO sono il pentano e<br />
l'etano, i dieni 2,3 trans-coniugati, gli isoprostani e i colesterolo-ossidi.<br />
Le aldeidi prodotte nella LPO, sono molecole chimicamente reattive e in grado di reagire e<br />
formare legami covalenti con le proteine e gli acidi nucleici, perciò contribuiscono ad<br />
amplificare il danno radicalico.<br />
Idroperossidi lipidici e aldeidi possono essere assorbiti anche con la dieta e quindi escreti con le<br />
urine. Perciò la misura di queste specie nel plasma e nelle urine non può<br />
essere considerata un buon indice di LPO, a meno che non ci sia un stretto controllo sulla dieta.<br />
1.3.1 F2-isoprostani<br />
Una particolare classe di composti generati durante LPO a carico dell’acido arachidonico sono<br />
gli isoprostani.<br />
Inizialmente gli isoprostani sono formati come acidi grassi esterificati ai fosfolipidi colpiti da<br />
attacco radicalico, poi sono rilasciati in circolo per azione di fosfolipasi di membrana (Roberts et<br />
al. 2000).<br />
In particolare gli F2-isoprostani (F2-IsoPs) sono la classe più studiata come marcatore di LPO<br />
per le seguenti ragioni:<br />
9
a) aumentano in funzione del grado di stress ossidativo; (Morrow et al. 2005, Pratico et al. 2001,<br />
Pratico et al. 2004)<br />
b) le tecniche di analisi a disposizione (gas-cromatografia e cromatografia liquida associata a<br />
spettormetria di massa (Morrow et al. 2005, Pratico et al.2004) permettono di misurare<br />
concentrazioni picomolari;<br />
c) sono chimicamente stabili nei campioni di fluidi biologici;<br />
d) non sembrano essere influenzati dai lipidi contenuti nelle dieta (Richelle et al.1999, Higdon et<br />
al 2000);<br />
e) sono un prodotto specifico di LPO radicalica e non un prodotto secondario del metabolismo<br />
dell’acido arachidonico da parte <strong>delle</strong> ciclo- e lipo-ossigenasi (Tsikas et al.2003).<br />
Il plasma è ricco di lipidi e di acido arachidonico, per evitare la formazione di F2-IsoPs ex vivo è<br />
consigliabile aggiungere un antiossidante (ad es. il butilidrossitoluene e la trifenilfosfina) e<br />
conservare il campione a -80°C (Schwedhelm et al. 2003). Inoltre gli F2-IsoPs in circolo sono<br />
presenti sia liberi che esterificati ai fosfolipidi <strong>delle</strong> lipoproteine, per quantificare questi ultimi è<br />
necessario un processo di idrolisi per ottenerli in forma libera. L’emivita degli F2-IsoPs nel<br />
plasma è di circa 18 minuti, quindi la concentrazione plasmatica rappresenta una situazione di<br />
equilibrio tra produzione ed eliminazione (Griffiths et al 2002).<br />
Nelle urine gli F2-IsoPs sono solo in forma libera e il basso contenuto in lipidi riduce il rischio di<br />
auto-ossidazione, comunque è consigliata l’aggiunta di EDTA (Schwedhelm et al.2003). Gli F2-<br />
IsoPs nelle urine sono stabili e non ulteriormente metabolizzati, perciò se si vuole misurare la<br />
produzione di F2- IsoPs nel tempo è necessario quantificarli nelle urine (Griffiths et al. 2002).<br />
La validità biologica degli F2-IsoPs come indice di stress ossidativo è stata comprovata in varie<br />
condizioni cliniche, ad esempio nelle infiammazioni acute e croniche, nel danno da<br />
ischemia/riperfusione, nel diabete, nell’aterosclerosi (Roberts et al. 2000, Morrow et al. 2005,<br />
Halliwell et al.2004, Cracowski et al. 2002, Montuschi et al.2004, Janssen et al.2001, Montine et<br />
al.2005) .<br />
Recentemente è stato proposto che la concentrazione di 8-iso-PGF2-alfa, il componente della<br />
famiglia di F2-IsoPs più frequentemente misurato nelle urine, rappresenti un fattore indipendente<br />
di rischio per le malattie cardiovascolari (Schwedhelm et al.2003).<br />
In questi ultimi anni sono state sviluppate anche tecniche immunologiche (RIA, ELISA) per la<br />
quantificazione di F2-IsoPs (Morrow et al. 2005), ma sono ancora scarsi i dati riguardo<br />
l’accuratezza e la precisione di questi saggi e per ciò che concerne il confronto con la tecnica di<br />
riferimento (gas cromatografia- spettrometria di massa).<br />
10
1.4 BIOMARCATORI DI OSSIDAZIONE DEL DNA<br />
L’attacco <strong>delle</strong> ROS, in particolare del radicale idrossile, sugli acidi nucleici può causare<br />
mutazioni su specifiche basi e anche rottura della doppia elica. In questo stesso numero speciale,<br />
dedicato allo stress ossidativo, un articolo è proprio dedicato al ruolo del danno ossidativo agli<br />
acidi nucleici nella patogenesi <strong>delle</strong> malattie cardiovascolari.<br />
Per misurare i prodotti di ossidazione del DNA sono state messe a punto numerosi metodi<br />
cromatografici (in fase gassosa o liquida) seguite da analisi in spettrometria<br />
di massa, ma anche tecniche immunometriche.<br />
1.4.1. L’8OhdG<br />
Il marcatore di danno ossidativo sul DNA più utilizzato è la 8-idrossi-2’-deossiguanosina (8-<br />
HdG) (Griffiths et al. 2002, Halliwell et al.2004, Collins et al. 2004) per il quale sono disponibili<br />
anche metodi ELISA competitivi per la sua quantificazione in estratti di tessuto o nei fluidi<br />
biologici(Halliwell et al.2004).<br />
Uno dei principali problemi nello studio del danno ossidativo al DNA è la limitata disponibilità<br />
di tessuto umano dal quale estrarre il DNA stesso. La maggior parte degli studi è condotta su<br />
DNA estratto da linfociti o dai leucociti totali presupponendo che costituiscano uno specchio per<br />
tutti gli altri tessuti (Halliwell B. 2002).<br />
Durante il processo di riparazione in vivo del DNA, e soprattutto in seguito alla degradazione<br />
degli acidi nucleici conseguente alla morte cellulare, la 8-OHdG viene liberata e secreta nelle<br />
urine sia come base singola sia inclusa in oligomeri di DNA senza ulteriori modifiche (Lindahl<br />
T. 2001). Data la stabilità e la specificità, la concentrazione di 8-OHdG nelle urine è uno dei<br />
marcatori più affidabili per valutare il grado di stress ossidativo sistemico. Comunque bisogna<br />
considerare che la 8-OHdG può derivare anche dalla degradazione del deossinucleotide dGTP, e<br />
che non è l’unico prodotto di ossidazione del DNA. Quindi la 8-OHdG rappresenta una misura<br />
parziale di danno al DNA, relativa solo ai residui di guanina e ai suoi precursori (Dizdaroglu et<br />
al. 2007).<br />
11
1.5 CARATTERISTICHE DI UN BIOMARCATORI DI STRESS<br />
OSSIDATIVO<br />
In molte condizioni patologiche è possibile riscontrare un aumento dello stress ossidativo,<br />
individuare un valido biomarcatore di questa condizione potrebbe aiutare a capire in quali<br />
malattie le ROS/RNS hanno un ruolo causale e quindi sviluppare strategie preventive per<br />
ritardare lo sviluppo della malattia.<br />
Un biomarcatore è definito come una sostanza quantificabile, particolarmente resistente alla<br />
degradazione, utilizzata quale indicatore di un particolare stato biologico, normale o patologico,<br />
o come indice di risposta a una terapia farmacologica. Secondo questa definizione possono<br />
essere considerati marcatori di stress ossidativo sia prodotti di ossidazione <strong>delle</strong> biomolecole<br />
(acidi nucleici, lipidi, proteine) sia il consumo degli <strong>antiossidanti</strong>.<br />
Il biomarcatore ideale di stress ossidativo dovrebbe (Griffiths et al. 2002):<br />
essere un prodotto stabile nel tempo, non soggetto ad alterazioni durante la<br />
manipolazione e conservazione del campione<br />
avere un ruolo nella patogenesi della malattia ed essere predittivo per lo sviluppo futuro<br />
della malattia<br />
essere presente nel tessuto d’indagine o in altro tessuto che comunque rifletta le<br />
modificazioni ossidative del primo,<br />
essere presente in concentrazione tale da essere quantificabile tramite una tecnica<br />
specifica, sensibile e riproducibile,<br />
non essere influenzato da fattori dietetici,<br />
avere una bassa variabilità biologica ed essere facilmente<br />
misurabile nella popolazione.<br />
Nessuno dei marcatori attualmente disponibile soddisfa tutti i criteri elencati, quelli che più si<br />
avvicinano dal punto di specificità e stabilità del campione sono la 8-OHdG nelle urine, come<br />
marcatore di danno al DNA, gli F2-isoprostani e i suoi metaboliti nelle urine, come indice di<br />
LPO, i prodotti di ossidazione <strong>delle</strong> Tyr per il danno sulle proteine.<br />
Data la molteplicità dei bersagli <strong>delle</strong> ROS/RNS e il complesso metabolismo al quale vanno<br />
incontro i prodotti <strong>delle</strong> loro reazioni, è verosimile che l’insieme di più marcatori sia più<br />
informativo di uno solo, anche perché ognuno di essi rispecchia una sfaccettatura dell’intero<br />
fenomeno.<br />
12
Il sistema antiossidante negli organismi viventi<br />
AO enzimatici (endogeni)<br />
Superossido-dismutasi<br />
Catalasi<br />
Perossidasi<br />
Fig. 5 Il sistema antiossidante negli organismi viventi. Contro le SCR, <strong>antiossidanti</strong> enzimatici e<br />
1.6 ANTIOSSIDANTI:<br />
1.6.1 Visione d'insieme<br />
non enzimatici, esogeni e endogeni, lipofili e idrofili.<br />
Gli <strong>antiossidanti</strong> sono sostanze chimiche (molecole, ioni, radicali) o agenti fisici, che rallentano<br />
o prevengono l'ossidazione di altre sostanze. L'ossidazione è una reazione chimica che trasferisce<br />
elettroni da una sostanza ad un ossidante. Le reazioni di ossidazione possono produrre radicali<br />
liberi, responsabili dell'avvio di una reazione a catena che danneggia le cellule; gli <strong>antiossidanti</strong><br />
terminano queste reazioni a catena intervenendo sui radicali intermedi ed inibendo altre reazioni<br />
di ossidazione facendo ossidare se stessi. Come risultato, gli <strong>antiossidanti</strong> sono definiti<br />
chimicamente agenti riducenti - come tioli o polifenoli - in quanto le reazioni chimiche coinvolte<br />
sono di ossido-riduzione.<br />
Antiossidanti (AO)<br />
Difesa contro le SCR<br />
AO non enzimatici<br />
AO endogeni (GSH, AU,…)<br />
Vitamine AO (A, E, AL, B, C, …)<br />
AO simil-vitaminici<br />
(polifenoli,…)<br />
Anche se le reazioni di ossidazione sono fondamentali per la vita, possono essere altrettanto<br />
dannose; perciò, piante ed animali mantengono complessi sistemi di molteplici tipi di<br />
<strong>antiossidanti</strong>, come glutatione, vitamina C e vitamina E, così come enzimi quali catalasi,<br />
13
superossido dismutasi e vari perossidasi. Livelli troppo bassi di <strong>antiossidanti</strong> o di inibizione degli<br />
enzimi <strong>antiossidanti</strong> causano stress ossidativo e possono danneggiare o uccidere le cellule.<br />
Così come lo stress ossidativo potrebbe essere la causa di molte malattie umane, così l'uso degli<br />
<strong>antiossidanti</strong> in farmacologia è stato intensamente studiato, in particolare nei trattamenti<br />
dell'ictus e <strong>delle</strong> malattie neurodegenerative; ma non si sa se lo stress ossidativo sia la causa o la<br />
conseguenza di queste malattie. Gli <strong>antiossidanti</strong> sono largamente usati come ingredienti negli<br />
integratori alimentari con la speranza di mantenere il benessere fisico e prevenire malattie come<br />
cancro e cardiopatie coronariche. Anche se alcuni studi hanno suggerito che l'integrazione di<br />
<strong>antiossidanti</strong> ha benefici sulla salute, molti altri studi di ricerca medica non hanno rilevato alcun<br />
beneficio per le formulazione testate, mentre un eccesso di integrazione può risultare dannoso<br />
(Bjelakovic G, et al 2007). In aggiunta a questi usi in medicina, gli <strong>antiossidanti</strong> hanno molti usi<br />
industriali, ad esempio come conservanti in cibo e cosmetici e nella prevenzione della<br />
degradazione di gomma e benzina.<br />
1.6.2 Gli <strong>antiossidanti</strong> idrofilici o lipofilici<br />
In generale, gli <strong>antiossidanti</strong> idrosolubili reagiscono con gli ossidanti nel citoplasma cellulare e<br />
nel plasma, mentre quelli liposolubili proteggono le membrane cellulari dalla perossidazione<br />
lipidica (Sies 1997). Questi composti possono essere sintetizzati dal corpo umano o ottenuti dalla<br />
dieta (Vertuani et al. 2004). I differenti <strong>antiossidanti</strong> sono presenti nei fluidi e nei tessuti corporei<br />
in un ampio intervallo di contrazioni, come glutatione e ubichinone presenti per la maggior parte<br />
nelle cellule, mentre altri come l'acido urico sono uniformemente distribuiti attraverso il corpo<br />
(vedi tabella in basso). L'importanza relativa e le interazioni tra questi differenti <strong>antiossidanti</strong> è<br />
un ambito complesso, con i vari metaboliti e sistemi enzimatici che hanno effetti sinergici e<br />
interdipendenti fra di loro (Chaudière et al. 1999, Sies 1993). L'azione di un ossidante può<br />
dipendere dalla corretta funzione degli altri membri del sistema antiossidante. La quantità di<br />
protezione fornita da un antiossidante dipende quindi dalla sua concentrazione, dalla sua<br />
reattività verso la particolare specie reattiva dell'ossigeno considerata e lo stato degli<br />
<strong>antiossidanti</strong> con cui interagisce (Vertuani et al. 2004). Alcuni composti contribuiscono alla<br />
difesa fornita dagli <strong>antiossidanti</strong> chelando i metalli di transizione prevenendo così l'effetto<br />
catalitico che questi forniscono nella produzione dei radicali liberi nella cellula. Particolarmente<br />
importante è l'abilità di sequestrare il ferro, funzionale alle proteine adibite al trasporto del ferro<br />
nell'organismo (iron-binding proteins) quali transferrina e ferritina (Imlay 2003). Selenio e zinco<br />
sono comunemente considerati nutrienti <strong>antiossidanti</strong>, ma questi elementi chimici non hanno<br />
14
un'azione antiossidente di per sé ma sono invece necessari per l'attività antiossidante di alcuni<br />
enzimi.<br />
Antiossidante<br />
metabolita<br />
Acido ascorbico<br />
(vitamina C)<br />
Solubilità Concentrazione in siero<br />
umano (µM)<br />
Concentrazione nel tessuto<br />
del fegato (µmol/kg)<br />
Acqua 50 - 60 260 (umano)<br />
Glutatione Acqua 325 - 650 6.400 (human)<br />
Acido lipoico Acqua 0.1 - 0.7 4 - 5 (ratto)<br />
Acido urico Acqua 200 - 400 1.600 (umano)<br />
Caroteni Lipidi β-carotene: 0.5 - 1<br />
α-tocoferolo<br />
(vitamina E)<br />
Ubichinolo<br />
(coenzima Q)<br />
1.6.2.1 Acido ascorbico<br />
retinolo (vitamina A): 1<br />
3<br />
Lipidi 10 - 40 50 (umano)<br />
Lipidi 5 200 (umano)<br />
5 (umano, carotenoidi totali)<br />
L'acido ascorbico o "vitamina C" è un monosaccaride antiossidante che si trova sia negli animali<br />
sia nelle piante. Negli umani non può essere sintetizzato tal quale e deve essere introdotto con la<br />
dieta (Smirnoff 2001). Molti altri animali sono in grado di produrre questo composto nei loro<br />
corpi e non ne hanno bisogno nella loro dieta (Linster et al. 2007).<br />
Nelle cellule, viene mantenuto nella sua forma ridotta per reazione con glutatione, che può essere<br />
catalizzata da proteina disulfide isomerasi e glutaredossine (Meister 1994, Wells et al. 1990).<br />
L'acido ascorbico è un agente riducente e può ridurre e di conseguenza neutralizzare le specie<br />
reattive dell'ossigeno come il perossido di idrogeno (Padayatty et al. 2003). In aggiunta ai suoi<br />
effetti <strong>antiossidanti</strong>, l'acido ascorbico è un substrato per l'enzima antiossidante ascorbato<br />
perossidasi, una funzione particolarmente importante nella resistenza alla tensione <strong>delle</strong> piante<br />
(Shigeoka et al. 2002).<br />
15
1.6.2.2 Glutatione<br />
Fig. 6 Il meccanismo dei radicali liberi della perossidazione lipidica<br />
Il glutatione è un peptide contenente cisteina che si trova in molte forme di vita aerobiche<br />
(Meister et al. 1983). Essendo sintetizzato nelle cellule dai suoi costituenti, gli amminoacidi, non<br />
è richiesto nella dieta (Meister et al. 1988). Il glutatione mantiene le sue proprietà <strong>antiossidanti</strong><br />
finché il gruppo tiolo presente nella cisteina è un agente riducente e può essere ossidato e ridotto<br />
in maniera reversibile. Nelle cellule, il glutatione viene mantenuto in forma ridotta dall'enzima<br />
glutatione riduttasi e a sua volta riduce altri metaboliti e sistemi enzimatici reagendo<br />
direttamente con gli ossidanti (Meister et al. 1984). Per la sua alta concentrazione e per il ruolo<br />
centrale nel mantenere la cellula allo stato redox, il glutatione è uno dei più importanti<br />
<strong>antiossidanti</strong> cellulari ((Meister et al. 1983).<br />
1.6.2.3 Melatonina<br />
La melatonina è un forte antiossidante che può facilmente attraversare le membrane cellulari e la<br />
barriera ematoencefalica (Reiter et al.1997). A differenza di altri <strong>antiossidanti</strong>, la melatonina non<br />
percorre un ciclo redox, che è l'abilità di una molecola di essere soggetta a ripetute riduzioni e<br />
ossidazioni. Il ciclo redox può consentire agli altri <strong>antiossidanti</strong> (come la vitamina C) di agire<br />
16
come proossidanti e promuovere la formazione di radicali liberi. La melatonina, una volta<br />
ossidata, non può più essere ridotta al suo stato precedente perché forma numerosi prodotti finali<br />
stabili una volta reagito con i radicali liberi. Quindi, viene definito un antiossidante terminale (o<br />
suicida) (Tan et al. 2000).<br />
1.6.2.4 Tocoferoli e tocotrienoli (vitamina E)<br />
La vitamina E è il nome collettivo di un set di otto tocoferoli e tocotrienoli relazionati fra loro,<br />
che sono <strong>vitamine</strong> <strong>antiossidanti</strong> liposolubili (Herreraet al. 2001). Di queste, l'α-tocoferolo è stata<br />
quella più studiata, data la sua elevata biodisponibilità nel corpo, che preferenzialmente assorbe e<br />
metabolizza questa forma (Brigelius-Flohè et al. 1999). La forma α-tocoferolo è il più importante<br />
antiossidante liposolubile e protegge le membrane cellulari dall'ossidazione reagendo con i<br />
radicali lipidici prodotti nella reazione a catena della perossidazione lipidica (Herreraet al. 2001).<br />
Rimuove i radicali liberi intermedi e impedisce la continuazione della reazione di propagazione.<br />
I radicali ossidati di α-tocoferossile prodotti in questo processo possono essere riportati alla<br />
forma ridotta attiva per riduzione con ascorbato, retinolo o ubichi none(Wang et al. 1999). Le<br />
funzioni <strong>delle</strong> altre forme della vitamina E sono state meno studiate, anche se l'γ-tocoferolo è un<br />
nucleofilo che può reagire con elettrofili mutageni (Brigelius-Flohè et al. 1999), e i tocotrienoli<br />
possono avere un ruolo specifico nella neuro protezione (Sen et al. 2006).<br />
1.6.3 ATTIVITÀ PROOSSIDANTE<br />
Gli <strong>antiossidanti</strong> che sono riducenti possono anche agire come proossidanti. Ad esempio, la<br />
vitamina C ha un'attività antiossidante quando riduce sostanze ossidanti come il perossido di<br />
idrogeno,(Duarte et al. 2005) ma può anche ridurre ioni metallici che portano alla generazione di<br />
radicali liberi attraverso la reazione di Fenton (Carr e Frei 1999, Stohs e Bagchi 1995).<br />
2 Fe3+ + ascorbato → 2 Fe2+ + deidroascorbato<br />
2 Fe2+ + 2 H2O2 → 2 Fe3+ + 2 OH· + 2 OH−<br />
L'importanza relativa <strong>delle</strong> attività <strong>antiossidanti</strong> e proossidanti degli <strong>antiossidanti</strong> sono un'area di<br />
ricerca attuale, ma la vitamina C, per esempio, sembra avere perlopiù un'attività antiossidante nel<br />
corpo.(Valko et al. 2005, Carr e Frei 1999). Comunque, sono disponibili ancora meno<br />
informazioni per gli altri <strong>antiossidanti</strong> presenti nella dieta, come polifenoli <strong>antiossidanti</strong><br />
(Halliwell 2007) zinco(Hao e Maret 2005) e vitamina E (Schneider 2005).<br />
17
1.6.4 SISTEMI ENZIMATICI<br />
Fig. 5 Ciclo metabolico enzimatico per la detossificazione di specie reattive dell'ossigeno<br />
Così come avviene per i composti chimici <strong>antiossidanti</strong> anche le cellule sono protette contro lo<br />
stress ossidativo, grazie ad una rete interattiva di enzimi <strong>antiossidanti</strong>.(Davies 1995, Sies 1997).<br />
Qui, il superossido rilasciato dai processi come la fosforilazione ossidativa è dapprima convertito<br />
a perossido di idrogeno e successivamente ridotto ad acqua. Questa via metabolica di<br />
detossificazione è il risultato dell'azione di più enzimi, con le superossido dismutasi che<br />
catalizzano il primo stadio e poi catalasi e varie perossidasi che rimuovono il perossido di<br />
idrogeno. Come per i metaboliti <strong>antiossidanti</strong>, i contributi di questi enzimi sono difficilmente<br />
separabili gli uni dagli altri, ma la generazione di topi transgenici con un solo enzima<br />
antiossidante può essere informativa.( Ho et al. 1998).<br />
1.6.4.1 Superossido dismutasi, catalasi e perossiredossine<br />
Le superossido dismutasi (SOD) sono una classe di enzimi strettamente correlati che catalizzano<br />
la rottura dell'anione superossido in ossigeno e perossido di idrogeno (Zelko et al. 2002,<br />
Bannister et al. 1987).Gli enzimi SOD sono presenti in quasi tutte le cellule aerobiche e nei fluidi<br />
extracellulari(Johnson e Giulivi 2005). Contengono ioni metallici come cofattori che, a seconda<br />
dell'isozima, può essere rame, zinco, manganese o ferro. Negli umani, la SOD rame/zinco<br />
(SOD1) è presente nel citosol, mentre la manganese-SOD (SOD2) è presente nei mitocondri<br />
(Bannister et al. 1987). Esiste anche una terza forma di SOD nei fluidi extracellari (SOD3), che<br />
contiene rame e zinco nei suoi siti attivi.(Nozik-Grayck et al. 2005). L'isozima micondriale<br />
sembra essere biologicamente il più importante di questi tre, poiché i topi privi di questo enzima<br />
muoiono presto dopo la nascita ( Melov et al. 1998). Per contro, la generazione di topi cui manca<br />
la SOD rame/zinco è possibile ma presentano una bassa fertilità, mentre i topi senza la SOD<br />
extracellulare hanno difetti minimi(Ho 1998, Reaume 1996). Nelle piante, gli enzimi SOD sono<br />
18
presenti nel citosol e nei mitocondri, con una SOD ferro trovata nei cloroplasti che è assente in<br />
vertebrati e lievito (Van Camp et al. 1997). Le catalasi sono enzimi che catalizzano la<br />
conversione di perossido di idrogeno in acqua e ossigeno, usando come cofattori sia ferro che<br />
manganese (Chelikaniet al. 2004, Zámocký et al. 1999). Questa proteina è localizzata nel<br />
perossisoma di molte cellule eucariote(del Río et al. 1992). La catalasi è un enzima inusuale<br />
poiché, anche se il perossido di idrogeno è il suo solo substrato, segue un meccanismo ping-<br />
pong: il suo cofattore viene ossidato da una molecola di perossido di idrogeno e poi rigenerato<br />
trasferendo l'ossigeno legato ad una seconda molecola del substrato(Hiner et al. 2002).<br />
Nonostante la sua apparente importanza nella rimozione del perossido di idrogeno, gli umani con<br />
deficienza genetica della catalasi — "acatalasemia" — soffrono pochi effetti dovuti alla<br />
malattia(Mueller et al. 1997, Ogata 1991). Le perossiredossine sono perossidasi che catalizzano<br />
la riduzione di perossido di idrogeno, perossidi organici e perossinitriti(Rhee et al. 2005). Sono<br />
divise in tre classi: 2-cisteina perossiredossine tipiche, 2-cisteina perossiredossine atipiche e 1-<br />
cisteina perossiredossine (Wood et al. 2003). Questi enzimi condividono lo stesso meccanismo<br />
catalitico di base, in cui la redox-attiva cisteina (la cisteina perossidatica) nel sito attivo è<br />
ossidata ad acido sulfenico dal substrato perossido.( Claiborne et al. 1999). Le perossiredossine<br />
sembrano essere importanti nel metabolismo antiossidante, in quanto topi cui manca la<br />
perossiredossina 1 o 2 hanno vita breve e soffrono di anemia emolitica, mentre le piante usano le<br />
perossiredossine per rimuovere il perossido di idrogeno che si genera nei cloroplasti (Neumann<br />
et al. 2003, Leeet al. 2003, Dietz et al. 2006).<br />
1.6.4.2 Sistemi tioredossina e glutatione<br />
Il sistema tioredossina contiene la proteina 12-kDa tioredossina e la tioredossina riduttasi<br />
(Nordberg e Arner 2001). Proteine correlate alla tioredossina sono presenti in tutti gli organismi<br />
sequenziali, tra cui piante come la Arabidopsis thaliana hanno una grande e particolare diversità<br />
di isoforme (Vieira Dos Santos e Rey 2006). Il sito attivo della tioredossina consiste in due<br />
cisteine adiacenti come parte di una sequenza genetica CXXC, altamente conservativa, che può<br />
ciclizzare tra la forma ditiolo (ridotta) alla forma ossidata disolfuro. Nel suo stato attivo, la<br />
tioredossina agisce come un efficiente riduttore, ricercando le specie reattive dell'ossigeno e<br />
mantenendo le altre proteine al loro stato ridotto(Arnér e Holmgren 2000). Dopo essere stata<br />
ossidata, la tioredossina attiva viene rigenerata per azione della tioredossina riduttasi, usando<br />
NADPH come elettrondonatore (Mustacich e Powis 2000).<br />
19
Il sistema glutatione include glutatione, glutatione riduttasi, glutatione perossidasi e glutatione S-<br />
transferasi (Meister et al. 1983). Questo sistema si trova negli animali, nelle piante e nei<br />
microorganismi(Creissenet al. 1996 e Meister et al. 1983). La glutatione perossidasi è un enzima<br />
contenente quattro selenio-cofattori che catalizzano la rottura di perossido di idrogeno e<br />
idroperossidi organici. Ci sono almeno quattro differenti isozimi glutatione perossidasi negli<br />
animali (Brigelius-Flohé 1999). La glutatione perossidasi 1 è la più abbondante ed è un efficiente<br />
scavenger di perossido di idrogeno, mentre la glutatione perossidasi 4 è molto attiva con gli<br />
idroperossidi lipidici. Sorprendentemente, la glutatione perossidasi 1 non è indispensabile,<br />
poiché i topi cui manca questo enzima hanno un corso di vita normale (Ho et al. 1997) ma<br />
presentano una ipersensività verso lo stress ossidativo indotto(De Haan et al. 1998). In aggiunta,<br />
la glutatione S-transferasi sono un'altra classe di enzimi <strong>antiossidanti</strong> glutatione-dipendenti che<br />
mostrano un'elevata attività con i perossidi lipidici (Sharma et al. 2004). Questi enzimi sono<br />
presenti a livelli particolarmente elevati nel fegato e servono anche nel metabolismo della<br />
detossificazione (Hayes et al. 2005).<br />
1.7 PREVENZIONE DELLE MALATTIE<br />
Fig. 7 Struttura del polifenolo antiossidante resveratrolo<br />
Gli <strong>antiossidanti</strong> possono eliminare gli effetti dannosi che i radicali liberi hanno sulle cellule<br />
(Sies H 1997) e le persone che mangiano frutta e verdura ricchi in polifenoli e antocianine hanno<br />
un minor rischio di avere il cancro, o malattie cardiovascolari e alcune malattie neurologiche<br />
(Stanner et al. 2004). Questa osservazione suggerisce che questi composti possono prevenire<br />
condizioni quali degenerazione maculare, (Bartlett et al. 2003) diminuzione <strong>delle</strong> difese<br />
immunitarie a seguito di una nutrizione povera (Wintergerst et al. 2006) e neurodegenerazione,<br />
che sono conseguenza dello stress ossidativo (Wang et al. 2006). Nonostante il chiaro ruolo dello<br />
stress ossidativo nelle malattie cardiovascolari, studi controllati con l'utilizzo di <strong>vitamine</strong><br />
<strong>antiossidanti</strong> hanno dimostrato che non c'è una significativa riduzione sia nello sviluppo sia nella<br />
20
progressione <strong>delle</strong> malattie cardiache (Bleys et al. 2006, Cook et al. 2007). Ciò suggerisce che<br />
altre sostanze in frutta e verdura (forse flavonoidi) spiegano almeno parzialmente il migliore<br />
benessere cardiovascolare in coloro che consumano più frutta e verdura (Cherubini et al. 2005 ).<br />
Si pensa che l'ossidazione nel sangue <strong>delle</strong> lipoproteine a bassa densità contribuisca all'insorgere<br />
di malattie cardiache, e i primi studi hanno dimostrato che le persone che assumono integrazioni<br />
di vitamina E hanno un minor rischio di sviluppare malattie cardiache (Rimm et al.1993).<br />
Conseguentemente, almeno sette grandi esperimenti clinici sono stati condotti per testare gli<br />
effetti dell'integrazione antiossidante con vitamina E, in dosi che variano da 50 a 600 mg al<br />
giorno; ma nessuno di questi esperimenti ha dimostrato statisticamente un significativo effetto<br />
della vitamina E sul totale dei morti per malattie cardiache (Vivekananthan et al. 2003). Mentre<br />
numerosi esperimenti hanno investigato le integrazioni con alte dosi di <strong>antiossidanti</strong>, studi della<br />
"Supplémentation en Vitamines et Mineraux Antioxydants" (SU.VI.MAX) hanno testato l'effetto<br />
dell'integrazione con dosi comparabili a quelle di una dieta sana (Hercberg et al. 2004). Più di<br />
12.500 uomini e donne francesi hanno assunto sia una bassa dose di <strong>antiossidanti</strong> (120 mg di<br />
acido ascorbico, 30 mg di vitamina E, 6 mg di beta-carotene, 100 µg di selenio e 20 mg di<br />
zinco), sia pillole placebo per un periodo di 7 anni e mezzo. I ricercatori hanno scoperto che non<br />
c'è statisticamente un significativo effetto degli <strong>antiossidanti</strong> sul totale di sopravvivenza, cancro<br />
o malattie cardiache. Ad ogni modo, un sottogruppo analizzato ha mostrato una riduzione del<br />
31% del rischio di cancro negli uomini, ma non nelle donne. Molte aziende alimentari e<br />
nutraceutiche attualmente vendono formulazioni di <strong>antiossidanti</strong> come integratori alimentari,<br />
largamente utilizzati nei paesi industrializzati (Radimer et al. 2004).Questi integratori possono<br />
includere <strong>antiossidanti</strong> specifici, come resveratrolo (dai chicci d'uva), combinazioni di<br />
<strong>antiossidanti</strong>, come i prodotti "ACES" che contengono beta-carotene (provitamina A), vitamina<br />
C, vitamina E e Selenio, o erbe particolari conosciute per il loro contenuto di <strong>antiossidanti</strong> come<br />
tè verde e Gynostemma pentaphyllum. Anche se un certo livello di <strong>vitamine</strong> e minerali<br />
<strong>antiossidanti</strong> sono richiesti nella dieta per raggiungere il benessere, c'è un considerevole dubbio<br />
sul fatto che l'integrazione di <strong>antiossidanti</strong> sia benefica, e se anche fosse vero, su quali<br />
<strong>antiossidanti</strong> siano benefici e in quali quantità (Shenkin 2006,Woodsideet al. 2005, Stanner et al.<br />
2004). Mentre l'integrazione di <strong>antiossidanti</strong> è largamente usata nel tentativo di prevenire lo<br />
sviluppo del cancro, è stato suggerito che gli <strong>antiossidanti</strong> possono, paradossalmente, interferire<br />
con i trattamenti anti-cancro (Schumacker et al. 2006). Ciò si è pensato che accada poiché<br />
l'ambiente <strong>delle</strong> cellule cancerose causa alti livelli di stress ossidativo, rendendo queste cellule<br />
più suscettibili all'ulteriore stress ossidativo indotto dai trattamenti. Come risultato, si è pensato<br />
che riducendo lo stress redox nelle cellule cancerose le integrazioni di <strong>antiossidanti</strong> diminuissero<br />
21
l'efficacia di radioterapia e chemioterapia (Seifried et al. 2003). Questa preoccupazione però<br />
sembra non essere valida, come indicato da più test clinici che indicano che gli <strong>antiossidanti</strong><br />
sono sia neutrali che benefici nella terapia contro il cancro (Simone et al. 2007,Moss 2006).<br />
1.8 MISURAZIONE E LIVELLO DI ANTIOSSIDANTI IN MATRICI<br />
ALIMENTARI<br />
1.8.1 FRUTTA E VERDURA SONO BUONE FONTI DI ANTIOSSIDANTI<br />
La misurazione degli <strong>antiossidanti</strong> non è un processo lineare, poiché questo è un gruppo di<br />
composti con differenti reattività per differenti specie reattive dell'ossigeno. In agronomia, la<br />
oxygen radical absorbance capacity (ORAC, letteralmente "capacità di assorbimento<br />
dell'ossigeno radicale") è diventato l'attuale standard industriale per stimare la forza di un<br />
antiossidante in cibi, succhi e additivi alimentari (Cao et al. 1993,Ou et al. 2001). Altri test di<br />
misurazione includono il reagente Folin-Ciocalteu e il trolox equivalent antioxidant capacity<br />
assay (Priore et al. 2005). In medicina, un certo numero di saggi differenti sono utilizzati per<br />
stimare la capacità antiossidante del plasma sanguigno e di questi il saggio ORAC potrebbe<br />
essere il più affidabile (Cao et al. 1998) insieme al saggio TEAC. A livello di analisi chimica per<br />
la determinazione del potere antiossidante di un composto si usano differenti metodiche che,<br />
usando diversi reagenti, spesso non forniscono la medesima corrispondenza. Tra le metodiche<br />
chimiche le più usate sono:<br />
• Metodo DMPD: si basa sul composto 4-ammino-N,N-dimetilanilina diidrocloruro che non<br />
mostra possedere alcun picco di assorbimento nel campo del visibile mentre assume una intensa<br />
colorazione rossa in ambiente acido ed in presenza di un opportuno agente ossidante.<br />
• Metodo ABTS: valuta la formazione di un composto colorato il cui massimo di assorbanza si<br />
trova a 734 nm. Il meccanismo di funzionamento dell’ABTS quale cromogeno è del tutto simile<br />
a quello descritto precedentemente per il DMPD.<br />
Gli <strong>antiossidanti</strong> si trovano in quantità variabili nei cibi quali ortaggi, frutti, cereali, legumi e<br />
noci. Alcuni <strong>antiossidanti</strong> come licopene e acido ascorbico possono essere distrutti da un lungo<br />
stoccaggio o da una cottura prolungata (Xianquan et al. 2005, Rodriguez-Amaya 2003). Altri<br />
composti <strong>antiossidanti</strong> sono più stabili, come i polifenoli <strong>antiossidanti</strong> nei cibi come frumento e<br />
tè (Baublis et al. 2000, Rietveld et al. 2003). In generale, i cibi lavorati contengono meno<br />
<strong>antiossidanti</strong> di quelli freschi o non cucinati, poiché i processi di preparazione possono esporre il<br />
cibo all'ossigeno(Henry et al. 2002).<br />
22
Composti <strong>antiossidanti</strong><br />
Cibi che contengono alti livelli di<br />
questi <strong>antiossidanti</strong><br />
Vitamin C (acido ascorbico) Frutta e verdura<br />
Vitamin E (tocoferoli, tocotrienoli) Oli vegetali<br />
Antiossidanti polifenolici<br />
(resveratrolo, flavonoidi)<br />
Tè, caffè, soia, origano, frutta, olio d'oliva,<br />
cioccolato e vino rosso.<br />
Carotenoidi (licopene, carotene) Frutta e verdura<br />
Tab. 3 Cibi ricchi in <strong>antiossidanti</strong><br />
Alcuni <strong>antiossidanti</strong> sono prodotti nel corpo e non sono assorbiti dall'intestino. Un esempio è il<br />
glutatione, prodotto a partire dagli amminoacidi. Poiché ogni glutatione nell'intestino viene<br />
scisso in cisteina, glicina e acido glutammico prima di essere assorbito, anche grandi dosi orali<br />
hanno un piccolo effetto sulla concentrazione di glutatione nel corpo (Witschi et al. 1992). L'<br />
ubichinone (coenzima Q) è anch'esso scarsamente assorbito dall'intestino ed è prodotto negli<br />
umani attraverso la via metabolica dell'acido mevalonico (Turunen et al. 2004)<br />
1.8.2 LIMITI DEGLI STUDI SUGLI ANTIOSSIDANTI IN VITRO:<br />
RICERCA DI CONFERME IN VIVO<br />
La maggior parte degli studi effettuati sono stati eseguiti in vitro. Questi studi prevedono un<br />
utilizzo di concentrazioni molto alte del materiale da analizzare molto più alte di quelle a cui<br />
la dieta giornaliera potrebbe andare incontro. Allo stesso modo, non si conosce molto riguardo<br />
l’assorbimento, la distribuzione, il metabolismo e l’escrezione, per esempio, dei polifenoli<br />
nell’uomo (Manach et al., 2005; Williamson & Manach 2005).<br />
La maggior parte dei risultati volti a determinare il potere antiossidante di un dato prodotto<br />
sembra sempre molto interessante, ma questo non basta per rendere quel prodotto efficace in<br />
vivo. A tal fine eventuali interventi terapeutici e sussidi dietologici, dovrebbero essere<br />
confermati da studi in vivo. Per quanto riguarda le fragole è possibile avere dei riscontri<br />
tangibili attraverso un crescente numero di dati e informazioni disponibili che riguardano<br />
23
l’assorbimento, la distribuzione, il metabolismo e l’escrezione dei composti bioattivi <strong>delle</strong><br />
stesse dopo il loro consumo. Tuttavia dopo un’accurata indagine in letteratura, si può notare<br />
uno scarso numero di studi epidemiologici riguardanti il nesso tra consumo di fragole e il<br />
rischio di malattie.<br />
Per concludere, infine, risultati non chiari provengono da un recente studio sulla salute della<br />
donna in USA, sugli effetti del consumo di fragole sui lipidi, e il rischio di malattie<br />
cardiovascolari, confermando come più complesso e difficile è il progetto e l’interpretazione<br />
dei risultati negli studi in vivo sull’uomo (Sesso et al., 2007).<br />
24
2. SCOPO DELLA TESI<br />
Il presente lavoro di tesi va inquadrato in un progetto di ricerca più ampio, che riguarda lo<br />
studio dei meccanismi molecolari naturali che interessano l’organismo in seguito ad<br />
un’alimentazione integrata da un elevato quantitativo di fragole. Ma perché abbiamo scelto<br />
proprio le fragole? Le fragole rappresentano uno dei piccoli frutti di maggior consumo sia<br />
come frutto fresco sia processato, ma è anche quello più studiato dal punto di vista<br />
agronomico e nutrizionale, grazie al suo elevato impatto economico e commerciale. L’alto<br />
valore nutrizionale della fragola è stato correlato al notevole contenuto di vitamina C e all’alta<br />
concentrazione e varietà di composti fenolici, molti dei quali mostrano elevate proprietà<br />
<strong>antiossidanti</strong> in vitro.<br />
Nel lavoro di tesi svolto in questi tre anni di dottorato, abbiamo voluto testare gli effetti in<br />
vivo di un consumo acuto di fragole e prolungato su soggetti sani di età compresa tra i 20 e i<br />
30 anni, con un BMI compreso nei range di riferimento per la normalità, e con una dieta<br />
controllata, al fine di osservare poi gli eventuali cambiamenti nella resistenza degli eritrociti<br />
all’emolisi spontanea ed indotta da un agente ossidante, nei sei tempi dello studio ed avere<br />
percezione dei potenziali effetti benefici di un elevato consumo di fragole sullo stress<br />
ossidativo.<br />
Il disegno dello studio in vivo , infatti, si è articolato in due fasi, la prima fase in cui i soggetti<br />
sono stati sottoposti ad integrazione con 500gr di fragole della cultivar Alba e la seconda fase,<br />
del consumo prolungato, in cui i soggetti hanno integrato la loro alimentazione con 300gr<br />
<strong>delle</strong> cultivar Adria e Sveva. La scelta di queste varietà di fragola è legata alle loro<br />
caratteristiche, in primis per il loro periodo di maturazione ma soprattutto, e mi riferisco ad<br />
Adria e Sveva, per le loro qualità organolettiche e nutrizionali. Queste due cultivar sono frutto<br />
dei programmi di miglioramento genetico per le aree collinari centroadriatiche effettuate dal<br />
dip. SAPROV dell’<strong>Università</strong> <strong>Politecnica</strong> <strong>delle</strong> <strong>Marche</strong>. La presentazione di queste due<br />
varietà è stata resa possibile sostanzialmente grazie ai pregi di queste due fragole, in<br />
particolare esse si caratterizzano per un buon contenuto in composti <strong>antiossidanti</strong> abbinati a<br />
un ottimo equilibrio zuccheri/acidi. Questi frutti utilizzati nel nostro progetto sono state<br />
caratterizzate dal punto di vista nutrizionale per quanto concerne la capacità antiossidante<br />
totale (CAT ), il contenuto totale di polifenoli (TPC ), la quantità di flavonoidi (FLAVO ), il<br />
contenuto totale di antocianine (ACY ), e il contenuto di Vitamina C.<br />
25
I soggetti in studio sono stati a vari prelievi ematici: la baseline (prima di iniziare<br />
l’integrazione), dopo Alba (dopo aver integrato la loro alimentazione con 500gr/die per 15gg<br />
con la cultivar Alba), il primo washout (dopo aver interrotto l’integrazione per 15gg), dopo<br />
Adria (in cui i soggetti hanno mangiato 300gr della cultivar Adria per 15gg), dopo Sveva (in<br />
cui i soggetti hanno continuato dopo Adria ad assumere 300gr della cultivar Sveva) e al<br />
termine l’ultimo washout (dopo 15gg di integrazione). Ad ogni prelievo abbiamo raccolto<br />
anche campioni di urine per valutare lo stress ossidativo attraverso biomarker specifici.<br />
Per concludere, risultati ottenuti da uno studio precedente del nostro gruppo avevano<br />
evidenziato un cambiamento significativo nel numero <strong>delle</strong> piastrine in particolare anche <strong>delle</strong><br />
loro dimensioni in seguito ad assunzione di fragole. Siamo andati perciò ad approfondire<br />
queste conseguenze valutando una possibile attivazione piastrinica causata da quantità<br />
considerevoli di fragole.<br />
Accanto allo studio in vivo abbiamo voluto valutare l’eventuale effetto protettivo degli estratti<br />
puri sull’induzione di ulcere gastriche in ratti.<br />
26
3. MATERIALI E METODI :<br />
3.1 LA FRAGOLA<br />
Negli ultimi decenni, ricerche mirate sono state condotte su specifici frutti che mostrano per se<br />
un valore nutrizionale rilevante. La fragola (Fragaria x ananassa, Dutch.) rappresenta uno dei<br />
piccoli frutti a bacca rossa (berry) di maggior consumo, sia come frutto fresco sia processato ed<br />
è anche il berry di gran lunga più studiato, sia dal punto di vista agronomico sia genomico e<br />
nutrizionale grazie al suo elevato impatto economico e commerciale. L’alto valore nutrizionale<br />
della fragola è stato correlato al notevole contenuto di vitamina C e folati e, più recentemente,<br />
all’alta concentrazione e varietà di composti fenolici, molti dei quali mostrano elevate proprietà<br />
<strong>antiossidanti</strong> in vitro. La qualità nutrizionale della fragola varia in modo decisivo a seconda di<br />
diversi fattori pre- e post-raccolta. Tra tutti, è ormai noto come il genotipo svolga un ruolo<br />
determinante (Tulipani et al. 2009). Di conseguenza, gli attuali programmi di miglioramento<br />
genetico della fragola si avvalgono di strategie di incrocio controllato al fine di ottenere nuove<br />
varietà di frutti nutrizionalmente arricchiti. Il successo <strong>delle</strong> strategie di incrocio dipende,<br />
ovviamente, dalla conoscenza dei diversi genotipi, selvatici e coltivati, utilizzati negli incroci.<br />
Tuttavia, pochi sono i genotipi di fragola finora dettagliatamente caratterizzati dal punto di<br />
vista della qualità nutrizionale.<br />
3.1.1 L'INFLUENZA DEL GENOTIPO SULLA QUALITÀ<br />
NUTRIZIONALE DELLA FRAGOLA<br />
Le attuali conoscenze degli strumenti molecolari per modulare la biosintesi e l'accumulo di<br />
sostanze fitochimiche <strong>antiossidanti</strong> nelle fragole è ancora scarsa, così come l'approccio<br />
biotecnologico è solo un'opzione integrativa per estendere il miglioramento della qualità<br />
nutrizionale della fragola.<br />
Tuttavia, è già noto che la composizione in micronutrienti e fitochimici del frutto varia<br />
notevolmente a seconda di diversi fattori pre- e post-raccolta.<br />
Il genotipo varietale è il fattore più importante nel determinare la qualità nutrizionale della<br />
fragola, con le condizioni di coltivazione (ambientali e tecniche colturali), di stagione di<br />
maturazione, durata di conservazione e trasformazione che mostrano un ulteriore importante<br />
27
uolo (Wang & Hsin-Shan, 2000; Wang et al, 2002; Olsson et al, 2004; Proteggente et al,<br />
2002).<br />
Per questi motivi, l'attuale programma di miglioramento della fragola, oltre alle priorità già<br />
stabilite negli ultimi decenni (miglioramento di specifiche agronomiche, qualitative,<br />
caratteristiche sensoriali, miglioramento del rendimento, la malattia e la resistenza ai parassiti,<br />
l'adattabilità <strong>delle</strong> piante e la durata di conservazione della fragola), oggi è indirizzo di un<br />
rinnovato interesse per acquisire nuove varietà e migliorare il valore nutrizionale.<br />
Per aumentare la produzione <strong>delle</strong> fragole ed esaltare le proprietà salutari del frutto, gli attuali<br />
programmi di miglioramento genetico si avvalgono di strategie di incroci controllati.<br />
Naturalmente, il successo della strategia è legato alla profonda conoscenza <strong>delle</strong> più utili<br />
differenze genetiche selvatiche e coltivate da utilizzare in incroci combinati.<br />
A proposito, alcuni genotipi sono stati ben caratterizzati per queste importanti caratteristiche,<br />
ed è disponibile una conoscenza ancora limitata sulla possibilità di migliorare le caratteristiche<br />
nutrizionali della fragola con metodi di selezione.<br />
In particolare, il programma di miglioramento genetico eseguito dal Saprov-<strong>Politecnica</strong> <strong>delle</strong><br />
<strong>Marche</strong> di Ancona che ha avuto inizio nel 1993, dopo 10 anni di valutazioni ha reso pubbliche<br />
2 cultivar ( Adria e Sveva) che mostravano interessanti caratteristiche agronomiche associate ad<br />
un'alta adattabilità a diverse condizioni di coltivazione (principalmente suolo calcareo e<br />
argilloso e condizioni climatiche intermedie tra la valle del Po ed il Sud Italia) (Capocasa et al.,<br />
2008). Inoltre è stato osservato che tali cultivar hanno un buon equilibrio zucchero/acidi e<br />
un’interessante CAT, tenendo a mente però che Sveva ne detiene il primato. I risultati ottenuti<br />
sui parentali e sulle progenie analizzate fino ad ora possono far ben sperare per ottenere, in<br />
futuro, fragole con CAT maggiori insieme ad elevati standard produttivi e qualitativi (Mezzetti<br />
et al., 2005).<br />
3.1.2 LE CULTIVAR IN STUDIO<br />
Per i miei studi quindi ho utilizzato 5 cultivar tra cui abbiamo inserito appunto le predette<br />
Adria e Sveva, le cultivar prese in esame quindi sono: ALBA, ADRIA, SVEVA e CALYPSO<br />
di cui abbiamo valutato anche una linea OGM.<br />
28
ALBA:<br />
Fig. 8a Cultivar Alba<br />
Alba è una cultivar a maturazione precoce diffusa nel 2002 da New Fruits di Cesena. La<br />
pianta è di medio accestimento e produttiva. I frutti sono di media pezzatura, di bella forma<br />
conico- allungata, molto regolare anche nei primari, di facile distacco dalla pianta e dotati di<br />
superficie piuttosto resistente e di bella colorazione rossa, brillante. La polpa è piuttosto<br />
consistente, ma di limitate caratteristiche organolettiche.<br />
ADRIA:<br />
Fig.8b Cultivar Adria<br />
29
Adria è una fragola a maturazione tardiva, diffusa nel 2003 dal DiBIAGA dell'<strong>Università</strong> di<br />
Ancona nell'ambito del progetto "Frutticoltura". Caratterizzata da elevata rusticità ed<br />
adattabilità della pianta a terreni non fumigati e di tipo argilloso calcareo la pianta, di medio<br />
vigore ed accestimento, presenta una produzione elevata. Il frutto appare di forma conica,<br />
regolare, di colore rosso brillante che rimane tale anche dopo la raccolta. Di qualità<br />
organolettica media, presenta un buon rapporto zuccheri/acidi. Soprattutto per le migliori<br />
caratteristiche del frutto, colore e consistenza, Adria può offrire un'ulteriore possibilità di scelta<br />
tra le varietà a maturazione tardiva (Baruzzi et al., 2010).<br />
SVEVA:<br />
Fig. 8c Cultivar Sveva<br />
La Cultivar Sveva è una varietà unifera a maturazione molto tardiva, anch’essa diffusa nel 2003<br />
dal DiBIAGA dell'<strong>Università</strong> di Ancona nell'ambito del progetto "Frutticoltura". La pianta è<br />
molto vigorosa, rustica, non molto produttiva. I frutti sono di grossa pezzatura, di forma<br />
conico-allungata, regolare, ma con superficie piuttosto delicata e di colore rosso scuro, poco<br />
brillante. La polpa è mediamente consistente e di media qualità organolettica.<br />
La cultivar Sveva (Figura...) si caratterizza per un periodo di maturazione molto tardivo e da<br />
un’elevata rusticità ed adattabilità della pianta a terreni non fumigati e di tipo argilloso<br />
calcareo. La pianta è produttiva, vigorosa e il frutto è di pezzatura e consistenza elevata, di<br />
forma conico-allungata, regolare, di colore rosso intenso che tende a divenire scuro a piena<br />
maturazione. Presenta una qualità organolettica media e un contenuto zuccherino basso, ma<br />
tendenzialmente acido.<br />
Dal punto di vista nutrizionale,come è noto dalla letteratura, ha un elevato contenuto in<br />
vitamina C e un elevato potere antiossidante. Tali caratteristiche sono state rilevate in pieno<br />
30
campo in diversi ambienti della regione <strong>Marche</strong> e del cesenate. Nella sua epoca di maturazione<br />
presenta caratteristiche produttive e qualitative superiori a tutto il materiale attualmente in<br />
commercio. Appare di interesse soprattutto per lo sviluppo di una fragolicoltura tardiva (Faedi<br />
et al., 2004).<br />
CALIPSO<br />
Fig. 8d Cultivar Calipso<br />
La fragola Calypso (Fragaria x ananassa) è una pianta rifiorente perenne di media pezzatura e<br />
medio periodo di maturazione (Mese di giugno) si raccoglie nel mese di giugno e di nuovo<br />
nel periodo tardo estivo-autunnale. I frutti tendono a scurire una volta che sono maturi e il<br />
sapore è descritto come eccellente.<br />
Nel nostro caso siamo andati a valutare le caratteristiche nutrizionali e gli effetti positivi in vivo<br />
su cavie di laboratorio della cultivar Calipso e una sua linea OGM, geneticamente modificata<br />
per quanto riguarda il contenuto in antocianine, una sottoclasse di flavonoidi caratteristiche<br />
della colorazione rosso-blu dei frutti.<br />
3.2 VALUTAZIONE DELLA QUALITÀ NUTRIZIONALE DELLE<br />
FRAGOLE<br />
3.2.1 ESTRAZIONE IDROFILICA<br />
A Seconda dell'analisi da eseguire, l'estrazione di composti è stata effettuata attraverso<br />
31
l'omogeneizzazione, tramite sonicazione o per liofilizzazione.<br />
Via omogeneizzazione. Le fragole congelate sono state scongelate parzialmente. Dieci grammi<br />
di aliquote dei frutti sono stati aggiunti a 100 mL di soluzione di estrazione, composta da<br />
metanolo / acqua milliQ / concentrato di acido formico (FA) (80:20:0.1 v / v)<br />
successivamente sono stati omogeneizzati con un omogeneizzatore Ultraturrax T25 ( Janke &<br />
Kunkel, IKA Labortechnik) a velocità medio-alta per 2 min. L'estrazione è stata massimizzata<br />
agitando la sospensione per 2 ore al buio a temperatura ambiente, dopodiché l’estratto è stato<br />
suddiviso in quantità uguali in altrettanti tubi che sono stati poi centrifugati a 3500 rpm per 15<br />
minuti in due tempi sequenziali, il surnatante risultante è stato filtrato attraverso un filtro da<br />
0,45 micron Minisart (PBI International),e stoccato in vials di vetro ambrate e conservate a -20<br />
° C fino all'analisi.<br />
Via sonicazione. I frutti conservati a -80 ° C sono stati ulteriormente passati in azoto liquido, e<br />
ridotti in polvere finissima con un macinino da caffè preraffreddato (IKA A11 di base). Le<br />
polveri sono stati conservate congelate a -80 ° C fino all'analisi. Immediatamente prima<br />
dell’analisi, 2 mL di soluzione di estrazione ghiacciata è stata aggiunta a 0.5 g di polvere di<br />
fragole congelata pesata in provette da 10 ml di vetro ghiacciato, e la miscela sonicata a 4 ° C<br />
per 15 min al buio.<br />
Per la quantificazione della vitamina C, la soluzione di estrazione consisteva in acqua MilliQ<br />
contenente il 5% di acido metafosforico e DTPA 1 mM, mescolato bene prima dell'uso, fino<br />
alla dissoluzione, sonicato e conservato in frigorifero. Dopo l'estrazione ultra-suono assistita, le<br />
pareti <strong>delle</strong> cellule e proteine sono state precipitate mediante centrifugazione a 2500 giri / min<br />
per 10 min a 4 ° C, il surnatante è stato filtrato attraverso un filtro di 0,2 ìm PTFE in flaconi 1,8<br />
mL HPLC, e immediatamente analizzati.<br />
Via Liofilizzazione: i frutti congelati appena dopo la raccolta a -20°C, sono stati pesati e subito<br />
posti in 5 ripiani ad uguali condizioni in un liofilizzatore Heto Drywinner 6-85 della A. De<br />
Mari Strumenti , per 5 giorni, fino, cioè, a completa liofilizzazione, dopodiché nell’immediato,<br />
sono stati polverizzati (i frutti erano stati divisi a metà e posti sui ripiani e sono stati ottenuti<br />
parti di frutti raggrinziti completamente privi d’acqua) con un macinino da caffè (IKA A11 di<br />
base) e immediatamente posti a -80°C pronti per le eventuali analisi nutrizionali.<br />
32
3.2.2 MISURA DEL CONTENUTO D’ACQUA<br />
Il contenuto d’acqua nei frutti è stato determinato pesando le fragole congelate prima e la<br />
polvere risultante dopo la liofilizzazione a bassa pressione con liofilizzatore Heto Drywinner 6-<br />
85 -A. De Mari Strumenti. I campioni una volta liofilizzati sono stati polverizzati con un<br />
macinino da caffè preraffreddato (IKA A11 di base) e poi immediatamente pesati onde evitare<br />
un eventuale riassorbimento d’acqua dopo l'essiccazione.<br />
3.2.3 MISURA DELLA CAPACITÀ ANTIOSSIDANTE TOTALE (CAT)<br />
Diversi sono i metodi utilizzati per la determinazione della CAT in matrici alimentari e<br />
campioni biologici, in questo lavoro parleremo di: Trolox Equivalent Antioxidant Capacity<br />
(TEAC), del saggio FRAP, che consiste nell’azione riducente degli <strong>antiossidanti</strong> sullo ione<br />
ferrico, per quanto riguarda il frutto; mentre per la valutazione della capacità antiossidante<br />
totale nel plasma faremo riferimento ai precedenti test validi anche per questo scopo, a cui<br />
abbiamo aggiunto il BAP test, l’SHp test e di contro per la valutazione dell’attacco operato dai<br />
radicali liberi, il test del dROMs nel plasma, e i test degli isoprostani e dell’8 OHdG nelle<br />
urine.<br />
3.2.3.1 Metodi per la valutazione della cat nel frutto:<br />
3.2.3.1a Metodo TEAC (Fia-Abts Decolorization Assay)<br />
Per l’analisi della capacità antiossidante totale (CAT) è stato impiegato il metodo TEAC (<br />
Trolox equivalent antioxidant capacity) in accordo con il metodo modificato da Re e colleghi<br />
(1999) e migliorato dall’aggiunta di un sistema a flow injection (FIA) . Tale metodo, chiamato<br />
anche saggio di decolorazione FIA-ABTS, è basato sull’abilità dei composti <strong>antiossidanti</strong> di<br />
inattivare il composto 2,2’-azinobis (3-ethylbenzothiazoline-6-sulphonic acid) o ABTS,<br />
riducendo la sua forma radicalica ABTS˙ + che possiede il massimo assorbimento nella luce<br />
visibile fino ad una forma neutrale priva di colore. Questo cromogeno è in condizioni normali<br />
privo di colorazione ed assume una spiccata colorazione quando viene trasformato da un agente<br />
33
ossidante nel radicale monocationico (ABTS˙+) che possiede il massimo assorbimento nel<br />
range del visibile.<br />
Quando vengono aggiunti dei campioni biologici o chimici (standard) che contengono dei<br />
composti <strong>antiossidanti</strong>, questi ultimi reagiscono con l’ABTS˙ + , neutralizzano il radicale e si può<br />
notare ad occhio nudo una decolorazione della soluzione in uso, producendo un’ inibizione<br />
dell’assorbanza e favorendo la trasformazione del radicale cationico colorato in una forma non<br />
colorata.<br />
La soluzione con il radicale catione dell’ABTS (ABTS˙ + ) è stata ottenuta facendo reagire 7mM<br />
di una soluzione acquosa stock di ABTS con 2,45 mM di potassio persolfato e mantenuto al<br />
buio per 12 ore prima del suo utilizzo. In questa forma, la soluzione ABTS ˙+ risulta stabile per<br />
almeno due giorni, se mantenuta scrupolosamente al buio a 25°. Immediatamente prima<br />
dell’analisi, la soluzione in esame è stata prodotta diluendo la soluzione stock (campione) 1:50<br />
con il PBS a pH 7,4. Il sistema a flow-injection consiste di una pompa Beckman 126 HPLC, un<br />
detector 166 UV/VIS Beckman model, di una valvola di iniezione manuale con un loop di 10<br />
μl nel quale viene iniettato il campione, una bobina di reazione e un fornetto ( Eurisco<br />
Diagnostic, Cornedo Vicentino, Italy) programmato a 35°C.<br />
Fig. 9 Impianto strumentale per la metodica TEAC a flow-injenction (Fonte: Tulipani, 2008)<br />
34
L’estratto non diluito di fragole (10 μl) è stato iniettato in modo da poter reagire con la<br />
soluzione di lavoro ABTS. + iniettata nella bobina ad una velocità di flusso di 1,2 ml/min.<br />
Il grado di decolorazione della soluzione di lavoro, ovvero l’espressione della capacità<br />
antiossidante di ciascun campione, è stata misurata attraverso l’area di un picco negativo<br />
captato dal detector durante la reazione di decolorazione. La capacità totale antiossidante dei<br />
campioni è stata calcolata relativamente alla reattività di diluizioni seriali di Trolox (analogo<br />
idrosolubile della vitamina E) in etanolo (0,1-3,0 mM). Il sistema descritto si può osservare<br />
dalla Figura 9 (Bompadre et all., 2004). I risultati TEAC vengono espressi in micromoli di<br />
Trolox equivalenti per grammo di peso fresco di fragole ( μmoles TE/g FW).<br />
3.2.3.1b Metodo Frap<br />
La tecnica FRAP ( Ferric Reducing Antioxidant Power) è stata eseguita secondo un<br />
protocollo proposto da Scottish Crop Research Institute (Deighon et al. 2000) e riadattato da<br />
Benzie e Strain (1996). La capacità antiossidante dei campioni è determinata dalla loro<br />
abilità di ridurre lo ione ferrico a ferroso. Quando il ferro è complessato con il TPTZ (2,4,6-<br />
tripyridyl-s-trizine) in una soluzione di sodio acetato a pH acido, la sua riduzione è evidente<br />
dal cambiamento di colorazione della soluzione (da ambra diventa blu). L’assorbanza della<br />
soluzione a 593 riflette l’estensione della riduzione. Il potere riducente è normalmente<br />
comparato con quello dell’ammonio ferro-solfato ma altri <strong>antiossidanti</strong> idrofilici, come il<br />
trolox, analogo della vitamina E, vengono usati come standard alternativi. La soluzione<br />
reagente FRAP è stata preparata immediatamente prima di iniziare la procedura mediante la<br />
combinazione di dieci volumi di acetato di sodio (300 mM, pH 3.6) con un volume di TPTZ<br />
(10 mM HCl in 40 mm) e un volume di cloruro ferrico (20 mm) acquosa soluzioni L'acetato<br />
di sodio e le soluzioni TPTZ sono state preparate in anticipo e conservato in bottiglie di<br />
vetro scure a temperatura ambiente, mentre la soluzione di cloruro ferrico devono essere<br />
preparate immediatamente prima dell'uso, il giorno di analisi, il reagente FRAP è stabile per<br />
almeno 2 ore a temperatura ambiente. Le diluizioni di Trolox sono state usate per la<br />
calibrazione.<br />
Il bianco per l'azzeramento dello spettrofotometro consisteva nell’acqua milliQ, dal<br />
momento che non si sospetta interferenza da parte del solvente di estrazione.<br />
In breve, 100 µL di bianco, in alternativa, standard Trolox o estratto di fragola (attraverso<br />
l'omogeneizzazione) 10 volte diluito in acqua milliQ sono stati aggiunti a 900 µL di<br />
reagente FRAP in eppendorfs da 1,5 ml. La miscela è stata poi rapidamente agitata per 15<br />
35
secondi e successivamente si aspetta fino a quando non sono passati i 4 minuti. Dopo<br />
esattamente 4 minuti, si effettua la lettura a 593 nm (spettrofotometro Beckman, modello<br />
DU644) contro bianco. Ogni campione è stato analizzato in quattro repliche e i risultati<br />
FRAP sono stati espressi come µmol TE/100g fruit FW.<br />
3.2.3.2 Misura del contenuto di vitamina c<br />
Vitamina C (acido ascorbico) è stata misurata come descritto da Helsper e collaboratori<br />
(2003). Gli Estratti di fragola sono stati sottoposti ad analisi HPLC immediatamente dopo la<br />
procedura di estrazione (tramite sonicazione e liofilizzazione). Il sistema HPLC Waters 600<br />
comprendeva un controllore, un Waters 996 fotodiodi (PDA) rivelatore fissato a assorbanza di<br />
262 e 244 nm, e un incubatore colonna a 30 ° C. La colonna HPLC utilizzata è stata una YMC<br />
Pack Pro 150x4.6 mm. L'eluizione è stata isocratica con 50 mM di fosfato di potassio<br />
(KH2PO4) in acqua MQ, portando a pH 3.2 (al di sotto del pKa di acido ascorbico) con<br />
l'aggiunta di acido fosforico, e l'analisi consisteva in 10 minuti di corsa, dopo di che la<br />
colonna è stata pulita con 50% di acetonitrile. La vitamina C eluita a RT ≈ 5.3 min.<br />
Quantificazione del contenuto di vitamina C è stata effettuata attraverso una curva di<br />
calibrazione preparata eseguendo concentrazioni standard di vitamina C allo stesso modo<br />
preparato rispetto al estratti, e misurato in duplice copia presso l'inizio e la fine <strong>delle</strong> analisi.<br />
I risultati sono espressi come mg di vitamina C per grammo di peso fresco di fragola mg vit C<br />
/ g FW] (valore medio di tre repliche tecnico ± DS).<br />
3.2.3.3 Misura dei polifenoli totali (TPC)<br />
Il contenuto fenolico totale (TPC) degli estratti idrofilici è stato determinato usando il metodo<br />
colorimetrico di Folin-Ciocalteau, modificato da Slinkard&Singleton (1977), usando acido<br />
gallico come sostanza standard di riferimento per le curve di calibrazione. La metodica si<br />
avvale di un riconoscimento specifico per via spettrofotometrica del complesso colorato<br />
formato dai polifenoli con la sostanza reagente. Una soluzione standard di acido gallico<br />
(100μl) viene aggiunta a 500 μl di reagente Folin-Ciocalteau precedentemente diluito con<br />
acqua 1:10 e mantenuto al buio a 4°. La miscela ottenuta viene messa ad incubare per 1 o 8<br />
minuti a temperatura ambiente, vengono aggiunti 400 μl di carbonato di sodio 0,7 M e poi si<br />
passa al vortex . La soluzione viene incubata per 2 ore a temperatura ambiente al buio, poi<br />
viene letta l’assorbanza a 760 nm, dopo aver azzerato lo spettrofotometro con il bianco.<br />
36
Viene inoltre preparata una soluzione di metanolo/acqua (80:20) di acido gallico 6 mM e<br />
conservata a 4°per una settimana. Le diluizioni standard seriali vengono preparate dalla<br />
soluzione stock per diluizioni. I risultati finali vengono espressi in mg di equivalenti acido<br />
gallico per grammo di peso fresco di fragole ( mg GAEq/g FW).<br />
3.2.3.4 Misura del contenuto di flavonoidi totali (flavo)<br />
Il contenuto Totale di flavonoidi è stato determinato utilizzando un metodo colorimetrico<br />
descritto in precedenza da Jia et al, 1998; Dewanto et al, 2002). In breve, 250 µL di bianco<br />
(acqua), o di estratto di fragola idrofilico (via omogeneizzazione) o di soluzione standard di (+)-<br />
catechina è stato aggiunto a 1,25 ml di acqua MilliQ in una provetta, in seguito sono stati<br />
aggiunti 75 µL di una soluzione di nitrato di sodio al 5% (NaNO2). Dopo 6 minuti, sono stati<br />
aggiunti alla miscela 150 µL di una soluzione al 10% di cloruro di alluminio esaidrato (AlCl3 *<br />
6H2O) , e il tutto è lasciato a riposare per 5 minuti. Poi, sono stati aggiunti 500 µL di idrossido<br />
di sodio (NaOH) 1M , la miscela è stata portata a 2,5 ml di acqua MilliQ e ben mescolata, e<br />
l'assorbanza è stata immediatamente letta a 510 nm contro il bianco. I risultati sono espressi<br />
come mg di equivalenti di catechina per grammo di peso fresco di fragola [CEq mg / g FW]<br />
(valore medio di quattro repliche) ± SD.<br />
3.2.3.5 Misura del contenuto di antociani totali (acy)<br />
Il contenuto di antociani totali degli estratti di fragola idroalcolica è stato determinato utilizzando<br />
un metodo differenziale a pH modificato (Giusti & Wrolstad, 2001), con alcune modifiche. Il<br />
metodo si basa sulle trasformazioni reversibili strutturali del cromoforo antocianina in funzione<br />
del pH, che si manifestano da diversi spettri di assorbanza. Sulla base di queste reazioni<br />
antocianina specifiche, il metodo del pH differenziale permette una misurazione accurata e<br />
rapida degli antociani totali, anche in presenza di pigmenti degradati e polimerizzati.<br />
Brevemente, si preparano i due tamponi a PH1 e 4,5, il primo tampone è dato da 0,025 M di<br />
cloruro di potassio (KCl) , il secondo tampone è dato dal sodio acetato (CH3CO2Na) 0,4 M.<br />
Dopodichè si preparano due diluizioni degli estratti fragola e <strong>delle</strong> soluzioni standard, e si fanno<br />
reagire una con il tampone a pH 1.0 (1 / 10, v / v), e l'altra con il tampone a pH 4.5 (1 / 10).<br />
Queste diluizioni vengono poste in incubazione al buio a temperatura ambiente per 15 minuti,<br />
prima di procedere alla lettura spettrofotometrica a 500 e 700 nm contro una cuvetta vuota<br />
37
iempita di acqua milliQ.<br />
Il valore definitivo dei campioni diluiti (A) è stato calcolato come segue:<br />
( vis-max-A700) pH 1.0 - (A λvis-max-A700), pH 4,5<br />
La soluzione madre è stata preparata diluendo 0,002 g di Pg-glc in 10 ml di metanolo/acqua<br />
80:20, v / v (0,2 mg / mL). La soluzione madre è stata portata ad un PH di circa 4, quindi è stato<br />
aliquotata in vials di vetro ambra e conservati a -80 ° C fino all'analisi.<br />
I risultati sono stati espressi in milligrammi di equivalenti di Pg-glc per grammo di peso fresco di<br />
fragola [mg Pg-glcEq / g FW] (valore medio di quattro repliche ) ± SD.<br />
Figura 3.3 Caratteristiche spettrali di antociani purificato (derivati acylatedpelargonidin-3-<br />
sophoroside-5-glucoside), del pH 1.0 e pH 4.5. buffer.<br />
3.2.3.6 Analisi statistica<br />
Le analisi statistiche sono state effettuate utilizzando il software SAS JMP 8. I dati sono stati<br />
sottoposti all’analisi della varianza, e le differenze significative sono state calcolate secondo il<br />
test T Student. I dati sono riportati come media ± deviazione standard (SD). Le differenze a<br />
seconda dei casi, con p
In questo studio sono stati utilizzati ratti maschi Wistar del Biomedical Research Center, R &<br />
D Institute, Galenika (Belgrado, Serbia), del peso di 180-200 g. I ratti sono stati alloggiati 3<br />
per gabbia in condizioni ambientali costanti (ciclo di 12 h di luce / buio, 20-24 ° C), e hanno<br />
avuto accesso ad libitum a pellet alimentare commerciale e acqua.<br />
48 ratti sono stati divisi in otto gruppi di sei ratti ciascuno. I ratti sono stati alimentati una<br />
volta al giorno per dieci giorni con sonda gastrica con 0,3 ml / kg di estratto di fragole<br />
disciolto in PEG 400 (BASF, Germania) al 10% in acqua milliQ; il gruppo di controllo ha<br />
ricevuto 1 ml di PEG 400 al 10%, anche questi per 10 giorni; il gruppo di controllo positivo<br />
ha ricevuto 100 mg / kg di quercetina (Sigma) disciolto in PEG 400 al 10%, per 10 giorni.<br />
18-20 ore prima dell'inizio della sperimentazione i topi sono stati posti in gabbie individuali e<br />
sono stati privati di cibo, con libero accesso all’acqua del rubinetto. L'ultima<br />
somministrazione è stata data 120 min. prima della somministrazione di etanolo per<br />
l'induzione <strong>delle</strong> lesioni gastriche.<br />
60 min. dopo la somministrazione di etanolo, i ratti sono stati sacrificati per dislocazione<br />
cervicale; il loro stomaco è stato rimosso e aperto lungo la grande curvatura.<br />
Il contenuto dello stomaco è stato svuotato e completamente recuperato mediante lavaggio<br />
con 10 ml di soluzione salina isotonica. Il contenuto dello stomaco e la soluzione di lavaggio<br />
sono stati combinati e centrifugati a 3500 giri / min, per 10 min. e successivamente è stato<br />
misurato il valore del pH del surnatante. Gli stomaci sono stati sciacquati con acqua, appuntati<br />
aperti su una piccola lastra di polistirolo per l'esame macroscopico e per la foto<br />
documentazione (vedi immagini) attraverso una fotocamera digitale (SONY DSC-H50,<br />
Giappone) e conservati a -80 ° C fino alle analisi biochimiche.<br />
3.3.1.1 Calcolo <strong>delle</strong> dosi<br />
3,75 ml di estratto corrispondono a 500 g di fragole.<br />
L'uomo (70 kg) mangia 500g di cibo secco / giorno + 3.75 ml di estratto di fragola (500 g di<br />
fragole).<br />
Il Ratto (250g) mangia 10g di cibo secco / giorno + 0,075 ml (solo cinquanta volte di meno),<br />
il che significa 0,3 ml di estratto di fragola / kg di ratto.<br />
3.3.1.2 Analisi <strong>delle</strong> immagini<br />
39
Le aree di lesioni emorragiche gastriche sono state misurate e calcolate utilizzando un<br />
softwere d'elaborazione <strong>delle</strong> Immagini Ed Analisi In Java (ImageJ) del National Institutes of<br />
Health (NIH) (http://rsb.info.nih.gov/ij/)<br />
L’Indice di ulcerazione (UI) e la percentuale di inibizione dell’indice di ulcerazione UI in<br />
relazione al gruppo di controllo sono stati stimati utilizzando le formule:<br />
UI = [ulcerazione, area emorragica (mm2) / superficie totale della parte secretoria dello<br />
stomaco (mm2)] x100<br />
% di inibizione della UI = [1 - (UI gruppo pre-trattato / UI controllo )] x100<br />
3.3.1.3 Analisi statistica<br />
Tutti i risultati sono espressi come Media ± SD. Analisi statistiche sono state effettuate con il<br />
t-Test e con p ≤ 0,05 considerato significativo.<br />
3.3.2 PARTE II DELLO STUDIO: BIOCHIMICA DEL CONTENUTO GASTRICO<br />
3.3.2.1 Esame biochimico della mucosa gastrica<br />
Il tessuto della mucosa di ogni animale è stato raschiato dallo stomaco con un coltello<br />
spuntato ed è stato pesato, trasferito in una provetta di ghiaccio raffreddata e omogeneizzato<br />
con Ultra-turrax T25, (Janke & Kunkel GmbH & Co., IKA ®-Labortechnik , Staufen,<br />
Germania) in 20 mmol / l di Tampone Tris, pH 7,4, contenente 5 mmol butilidrossitoluolo per<br />
prevenire la nuova perossidazione lipidica che può verificarsi durante l'omogeneizzazione.<br />
L'omogenato viene poi centrifugato a 12 000 giri / min a 4 ° C, (Megafuge 2.0.R, Heraeus,<br />
Germania) per 10 min. Il surnatante è stato aliquotato e conservato a -80 ° C fino alla<br />
determinazione del contenuto proteico totale, catalasi (CAT), superossido dismutasi (SOD) e<br />
di malondialdeide (MDA).<br />
Il contenuto proteico dei campioni di tessuto è stato stimato con il metodo di Lowry et al.<br />
utilizzando sieroalbumina bovina come standard.<br />
La perossidazione lipidica della mucosa gastrica è stata determinata spettrofotometricamente<br />
(UV Vis spettrofotometro HP 8453, Agilent Technologies, Santa Clara, CA) a 533 nm. I<br />
livelli di MDA sono stati misurati mediante il test TBA secondo il metodo suggerito da Buege<br />
e Aust.<br />
40
L’attività della Catalasi nella mucosa gastrica è stata determinata secondo la procedura di<br />
Goth, seguendo l 'estinzione del perossido di idrogeno a 230 nm e pH 7.0.<br />
L’attività SOD nella mucosa gastrica è stata determinata misurando l'inibizione<br />
dell’autossidazione dell’adrenalina a pH 10,2 a 30 °C con il metodo di Misra & Fridovich.<br />
Una unità di attività SOD rappresenta la quantità di SOD necessaria per causare il 50% di<br />
inibizione dell’autossidazione dell’adrenalina.<br />
3.3.2.2 Analisi statistica<br />
Tutti i risultati sono espressi come Media ± SD. Analisi statistiche sono state effettuate con il<br />
t-Test e con p ≤ 0,05 considerato significativo.<br />
3.4 STUDIO SUL CONSUMO ACUTO E PROLUNGATO DI<br />
FRAGOLE<br />
3.4.1 ARRUOLAMENTO DEI VOLONTARI<br />
Durante il periodo della raccolta abbiamo effettuato uno studio sugli effetti di un consumo acuto<br />
e consecutivamente prolungato di fragole. Tutti i soggetti che si sono offerti per lo studio sono<br />
studenti dell’ <strong>Università</strong> <strong>Politecnica</strong> <strong>delle</strong> <strong>Marche</strong>, Polo Monte D'ago (Ancona), e sono stati<br />
reclutati attraverso mail e passaparola vocali. I minori, i fumatori e i soggetti che hanno<br />
dichiarato di assumere integratori di <strong>vitamine</strong> o altri integratori alimentari sono stati esclusi<br />
dalla tutte le prove. Altri criteri di esclusione erano la storia di casi di allergia alla fragola o altri<br />
frutti di bosco, storia di una malattia cronica, che può essere legata allo stress ossidativo, e<br />
sintomi attuali di qualsiasi malattia acuta. Per confermare la buona salute dei volontari<br />
selezionati, sono stati effettuati esami di laboratorio chimico-clinici di routine presso il<br />
Laboratorio Analisi dell’INRCA di Ancona. Il disegno sperimentale è stato accuratamente<br />
spiegato ai volontari prima della prova, e di conseguenza sono stati invitati a dare il loro<br />
consenso scritto per procedere alle prove dello studio.<br />
I soggetti presi in considerazione per lo studio sulla resistenza dei globuli rossi all’emolisi<br />
spontanea ed indotta da un agente ossidante quale l’AAPH, sono 23, di cui 12 femmine e 11<br />
41
maschi, con un’età media di 27 anni ± 3 (range 20-30 anni) ed un peso medio di 64 ± 13 kg<br />
(BMI 22 ± 3 kg/m2) . Tab.4<br />
Nella valutazione dei parametri di stress ossidativo e di barriera antiossidante nel plasma sono<br />
stati presi in considerazione tutti i soggetti precedentemente descritti, tranne nel caso della<br />
valutazione dell’acido ascorbico e dell’urato, dei residui carbonilici <strong>delle</strong> proteine e dello<br />
studio sull’attivazione piastrinica per cui sono stati presi in considerazione rispettivamente 14<br />
soggetti (7 maschi e 7 femmine, età media 27 ± 3, BMI 21,6±2,5), 12 soggetti (7 maschi e 7<br />
femmine, età media 28 ± 3,4; BMI 21,9±2,5), 9 soggetti ( 5 femmine e 4 maschi, età media<br />
29 ± 2; BMI 21,8 ± 2,6 ).<br />
Nella valutazione degli isoprostani e dell’8OHdG sono stati presi in considerazione 12<br />
campioni dei 23 soggetti dello studio (8 maschi e 4 femmine, età media 27 ± 4, BMI 22,4 ±<br />
2,7).<br />
soggetti 2009<br />
n 23<br />
Genere (F/M) 12/11<br />
età (x ± SD) 27 ± 3<br />
altezza (m ± SD) 1.70 ± 0.9<br />
peso (Kg ± SD) 64 ± 13<br />
BMI (Kg/m2 ± SD) 22 ± 3<br />
Tab. 4 Caratteristiche fisiche dei soggetti coinvolti nello studio(valore medio ± deviazione<br />
3.4.2 DISEGNO DELLO STUDIO<br />
standard).<br />
Nell’aprile del 2009 tre dei cinque genotipi di fragole in studio ("Alba", "Adria", "Sveva")<br />
sono state selezionate per il saggio in vivo di consumo acuto e prolungato.<br />
Le fragole sono state fornite a seconda del periodo di maturazione, da due aziende<br />
produttrici di fragole, una nella provincia di pesaro e urbino ha fornito la cultivar Alba,<br />
l’altra l’Azienda Concetti Bruno e Sergio di Montefiore dell'Aso, Ascoli Piceno, ci ha<br />
fornito le cultivar Adria e Sveva ogni tre giorni che venivano poi immediatamente distribuite<br />
ai partecipanti. Poche fragole extra sono state aggiunte alle dosi giornaliere per perdite<br />
dovute alla deperibilità.<br />
42
I partecipanti sono stati invitati ad astenersi dal mangiare frutta, verdura e loro succhi, vino,<br />
tè o caffè per 12 ore prima della prova per standardizzare in parte la baseline, e per<br />
mantenere il loro abituale apporto dietetico antiossidante nei giorni precedenti l'esperimento.<br />
Ai partecipanti è stato chiesto di non cambiare la loro dieta tipica, e di compilare un diario<br />
dettagliato sulla loro dieta quotidiana nel periodo pre-studio fino all’inizio dello studio<br />
stesso, per garantire che non ci sono grandi cambiamenti <strong>delle</strong> abitudini alimentari, e di<br />
ridurre l'assunzione di cibo ricco di polifenoli nella cena prima di ogni prelievo di sangue.<br />
Ad ogni volontario è stato chiesto di mangiare inizialmente 500gr di fragole della cultivar<br />
Alba lontano dai pasti, onde evitare un possibile minor assorbimento dei fotocomposti, per<br />
15 giorni consecutivi. Prima e dopo il consumo sono stati effettuati dei prelievi, il 1° per la<br />
Baseline e l’altro dopo 15gg di assunzione di Alba. Successivamente per annullare l’effetto<br />
della predetta cultivar è seguito un periodo di washout di altri 15 gg in cui i volontari sono<br />
stati invitati a non consumare fragole. Anche dopo il washout c’è stato un prelievo di sangue<br />
a rappresentare una seconda baseline. Dopodichè per 30 gg i volontari sono stati invitati a<br />
consumare 300 gr di fragole della cultivar Adria prima e Sveva poi, e ogni 15gg, al cambio<br />
di cultivar quindi sono stati sottoposti a prelievo. Al termine di questa alimentazione<br />
arricchita da fragole per un mese e mezzo, i volontari sono stati invitati a sospendere<br />
totalmente il consumo di fragole per altri 20 gg dopodiché sono stati sottoposti all’ultimo<br />
prelievo. Il giorno di ogni prelievo ai volontari è stato richiesto anche un campione <strong>delle</strong><br />
urine <strong>delle</strong> ultime 12 ore utili per valutare la quantità di Isoprostani, prodotti di ossidazione<br />
casuale dei fosfolipidi di membrana normalmente presenti in sangue e urine ma in maggiori<br />
quantità se l’individuo a un elevato stress ossidativo,e dell’8 OHdG che è un marcatore<br />
biologico di stress ossidativo poiché risponde proporzionalmente all’azione dei radicali<br />
liberi. La deossiguanosina (dG), una <strong>delle</strong> basi costituenti del DNA, se ossidata si trasforma<br />
in: 8-idrossi-2’-deossiguanosina (8-OHdG). La 8-OHdG tagliata da enzimi del sistema di<br />
riparazione del DNA, viene rilasciata in circolo ed eliminata attraverso le urine. Sono stati<br />
presi in esame i campioni di urine di 12 su 23 volontari, quelli, cioè che ci hanno garantito<br />
una raccolta del campione per ogni prelievo effettuato.<br />
9 soggetti su 23 hanno partecipato ad uno studio pilota per la valutazione di una eventuale<br />
attivazione piastrinica; evento che si era messo in evidenza in studi precedenti.<br />
Le cultivar utilizzate in questi studi sono state precedentemente caratterizzate dal punto di<br />
vista nutrizionale con le tecniche TEAC e FRAP per quanto riguarda la determinazione degli<br />
<strong>antiossidanti</strong> totali e col metodo FOLIN CIOCALTEAU per la quantificazione dei polifenoli<br />
totali, oltre a queste tecniche i frutti sono stati sottoposti anche al saggio per la<br />
43
quantificazione dei flavonoidi, <strong>delle</strong> antocianine ed alla quantificazione della vitamina C<br />
tramite HPLC-PDA<br />
3.4.3 SAGGI SUL PLASMA: RACCOLTA DEI CAMPIONI<br />
I campioni di sangue sono stati immediatamente raccolti in provette contenenti eparina (BD<br />
Vacutainer, Plymouth, UK).Il plasma eparinizzato è stato isolato dopo aver centrifugato il sangue<br />
intero a 2800 rpm per 20 minuti a 15 ° C in una centrifuga refrigerata a multivelocità (tecnologia<br />
ALC, modello PK 121 R), e stoccato in cryovials a -80 ° C per ulteriori analisi.<br />
3.4.3.1 Capacità antiossidante totale del plasma (CAT)<br />
Come per i frutti, la CAT del plasma è stata determinata usando in parallelo il TEAC e il FRAP e<br />
aggiungendo a confronto il BAP test, e l’-SHp test.<br />
a) Saggio TEAC (Saggio di decolorazione FIA-ABTS)<br />
Il saggio TEAC è stato effettuato con il metodo descritto in precedenza per il frutto.<br />
I campioni di plasma non diluito (5 microlitri) sono stati iniettati in un loop da 5 microlitri<br />
permettendo così la reazione con la soluzione di lavoro ABTS ˙+ in circolo nel sistemaad un flusso di<br />
di 1,2 ml / min. L'Entità della decolorazione, espresso in percentuale di inibizione dell'assorbanza, è<br />
stata poi riportata graficamente in funzione <strong>delle</strong> concentrazioni di <strong>antiossidanti</strong> nel plasma. Ogni<br />
campione è stato analizzato in quattro repliche e i risultati sono stati espressi come concentrazione<br />
millimolare plasmatica (mM) di Trolox equivalenti.<br />
b) Saggio FRAP<br />
Il saggio FRAP è stato effettuato come descritto allo stesso modo per gli estratti di fragola (….),<br />
con lievi modifiche. Prima di aggiungere il reattivo FRAP, i campioni di plasma sono stati<br />
scongelati e diluiti di 5 volte in acqua milliQ. Diluizioni di Trolox acquoso sono stati utilizzati per<br />
la taratura. Ogni campione è stato analizzato in quattro repliche e i risultati sono stati espressi<br />
come concentrazione micromolare plasmatica (μm) di Trolox equivalenti.<br />
c) Il BAP Test: Principio e performace operative<br />
44
Le principali cause di aumentata produzione di specie chimiche ossidanti, quali ad<br />
esempio, i radicali liberi, sono da individuarsi in fattori ambientali, situazioni<br />
fisiologiche, stile di vita, fattori psicologici, malattie e fattori iatrogeni, ecc. Bisogna<br />
sottolineare che il fumo di sigaretta, l’abuso di alcool ed altri fattori correlati con lo stile<br />
di vita sono responsabili dell’aumento della produzione di specie chimiche ossidanti. Lo<br />
stesso effetto è indotto da un’attività fisica incongrua (eccessiva o insufficiente).<br />
Infine, è riconosciuto il ruolo dei numerose malattie, su base disreattiva o infettiva (es.<br />
artrite reumatoide e infezioni batteriche) nel favorire l’incremento dei radicali liberi.<br />
Una riduzione <strong>delle</strong> difese <strong>antiossidanti</strong> è da imputarsi sostanzialmente ad un deficit<br />
assoluto o relativo di <strong>antiossidanti</strong>, comunque determinatosi. In tale contesto, alcune<br />
malattie, quali la celiachia, possono provocare uno stress ossidativo riducendo la<br />
disponibilità di <strong>antiossidanti</strong> assunti con l’alimentazione.<br />
Dal punto di vista biochimico, considerando il fenomeno dello stress ossidativo<br />
all’interno della cellula, è indubbio che all’origine <strong>delle</strong> alterazioni funzionali e<br />
strutturali vi è un aumento della produzione di specie reattive per stimolazione parziale<br />
o generalizzata del metabolismo, spesso sotto la spinta di fattori esogeni. Tali specie<br />
reattive, resesi disponibili in grandi quantità, sono in grado di attaccare qualsiasi<br />
substrato con il quale giungono a contatto, strappando ad essi l’elettrone o gli elettroni<br />
necessari per raggiungere la propria stabilità. Ciò, a sua volta, innesca processi<br />
radicalici a catena che, se non bloccati tempestivamente, possono provocare gravi<br />
conseguenze sul piano, dapprima funzionale, poi anche strutturale. E’ anche attraverso<br />
questi meccanismi che il processo dell’invecchiamento viene accelerato e si favorisce<br />
l’insorgenza e/o l’aggravamento di patologie a decorso cromico, quali l’aterosclerosi e<br />
le condizioni morbose ad essa correlate (es. infarto del miocardio, ictus cerebrale, etc.).<br />
Sulla base di queste considerazioni preliminari, è opportuno che la valutazione di<br />
laboratorio dello stress ossidativo sia “globale”, cioè tenga conto sia della componente<br />
pro-ossidante che di quella anti-ossidante. Tale approccio si rende necessario ogni<br />
qualvolta si sospetti una situazione di stress ossidativo (anche a fronte di valori normali<br />
o addirittura ridotti di test relativi alla capacità ossidante) e, più in generale, ogni<br />
qualvolta si intende monitorare una terapia antiossidante.<br />
Il BAP test (Biological Antioxidant Potential, ossia determinazione del potenziale<br />
biologico antiossidante) è un test fotometrico, ossia eseguibile attraverso uno strumento<br />
analitico denominato fotometro, a partire da un campione di sangue.<br />
45
Esso si basa sull’applicazione “in provetta” di quello che si osserva in Natura, cioè la<br />
formazione della ruggine. Come è noto, l’ossidazione del ferro provoca il passaggio del<br />
metallo dalla sua forma ferrosa a quella ferrica. Poiché questo metallo è anche un<br />
elemento fisiologicamente ben rappresentato nell’organismo, nel test in questione esso è<br />
stato prescelto come indicatore dello stato ossido-riduttivo. Pertanto, misurata<br />
l’assorbanza di una soluzione colorata, preparata al momento dal mescolamento dei<br />
reagenti R1 (cromogeno, tiocianato) ed R2 (cloruro ferrico), l’entità della decolorazione<br />
- rilevata per via fotometrica come cambio di assorbanza - in seguito all’aggiunta del<br />
campione di plasma (o di siero) sarà direttamente proporzionale alla concentrazione di<br />
agenti in grado di riportare il ferro alla sua forma ferrosa, ossia al suo potenziale<br />
antiossidante biologicamente attivo.<br />
Il BAP test, quindi, consente, sostanzialmente, di determinare il livello sierico (o<br />
plasmatico) <strong>delle</strong> sostanze/attività <strong>antiossidanti</strong> intese come complesso di agenti in<br />
grado di ridurre il ferro dalla forma ferrica a quella ferrosa. Tra questi sono da<br />
annoverare l’acido ascorbico (vitamina C), l’α-tocoferolo (vitamina E), il β-carotene<br />
(pro-vitamina A), l’albumina, l’acido urico, la bilirubina etc. E’ da precisare, al<br />
riguardo, che il BAP test non è stato progettato per fornire alcuna informazione circa la<br />
concentrazione di ogni singolo antiossidante perché questa da sola avrebbe scarsissimo<br />
valore clinico.<br />
La procedura più comune impiegata per eseguire il BAP test prevede la diluizione di<br />
una piccola quantità di plasma (ottenuto dal sangue intero mediante centrifugazione) in<br />
una soluzione colorata preparata al momento mescolando due reagenti in fase liquida,<br />
un sale ferrico ed un tiocianato. L’aggiunta del campione di plasma provoca una<br />
decolorazione più o meno intensa in funzione del potenziale biologico antiossidante, che<br />
viene misurata per via fotometrica a 505 nm per confronto con il valore di assorbanza<br />
della soluzione colorata da sola.<br />
I risultati del BAP test vengono espressi in micromoli (mmoli) di ferro ridotto per L di<br />
plasma esaminato. La variazione di assorbanza (DA505/min) osservata eseguendo il<br />
BAP test sul plasma di un campione cospicuo di soggetti clinicamente sani ha<br />
dimostrato che la maggior parte degli individui reclutati ha valori che si posizionano al<br />
di sopra di 2200 mmoli/L, valore che stato assunto come cut-off. Pertanto, valori al di<br />
sotto di questo limite indicano una riduzione patologica del livello di <strong>antiossidanti</strong><br />
“biologicamente attivi”. In assenza di malattia, il valore del BAP test tende a ridursi,<br />
rispetto al range di normalità, negli anziani. Per il resto, non è documentata alcuna<br />
46
dipendenza dei valori ottenuti dal sesso, dalla razza o da altre condizioni fisioologiche o<br />
parafisiologiche.<br />
Sulla base dei dati finora pubblicati, il BAP test è un test affidabile, preciso, ripetibile,<br />
con un coefficiente di variazione (CV) inter-serie ed intra-serie assolutamente<br />
accettabile, anche con metodica manuale (
d) L' -SHp Test: La valutazione fotometrica dei gruppi tiolici<br />
I tioli rappresentano una componente qualitativamente significativa della barriera<br />
antiossidante plasmatica.<br />
Infatti, i gruppi sulfidrilici <strong>delle</strong> molecole dei componenti plasmatici (quali, ad esempio,<br />
le proteine, P-SH) possono opporsi alla fase di propagazione dei processi perossidativi<br />
inattivando i radicali sia alcossilici (RO • ) che idrossilici (HO • ), rispettivamente, secondo<br />
le reazioni:<br />
2 P-SH + 2 RO • -> 2 PS • + 2 ROH -> P-S-S-P + 2 ROH<br />
2 P-SH + 2 HO • -> 2 PS • + 2 H2O -> P-S-S-P + 2 H2O<br />
In pratica, considerando l’evento dal punto di vista stechiometrico, una coppia di gruppi<br />
tiolici può ossidare una coppia di radicali alcossililici (RO • ) o idrossilici (HO • ), cedendo<br />
ad essa due elettroni (sotto forma di due atomi di idrogeno). In questo modo ambedue i<br />
tipi di radicali vengono inattivati: i radicali alcossilici sono rilasciati come molecole di<br />
alcool mentre i radicali idrossilici diventano innocue molecole d’acqua. I gruppi tiolici<br />
ormai ossidati, invece, reagiscono tra loro, generando ponti disolfuro.<br />
Va ricordato, in tale contesto, che i gruppi sulfidrilici ossidandosi contrastano l’attacco<br />
di alcuni radicali liberi istolesivi, ma, quando si formano nel contesto di molecole<br />
proteiche, possono avere conseguenze indesiderate. Per esempio la formazione di un<br />
ponte disolfuro fra i residui di cisteina di due diverse proteine può portare ad una sorta<br />
di “polimerizzazione”. Se il ponte disolfuro, invece, si crea nell’ambito della stessa<br />
catena, la proteina può modificare stabilmente la sua conformazione. In ambedue i casi<br />
è possibile che le proteine coinvolte nella formazione di legami –S–S– subiscano<br />
un’alterazione <strong>delle</strong> proprie capacità funzionali.<br />
L’ –SHp test si basa sulla capacità dei gruppi –SH di sviluppare un complesso colorato<br />
determinabile fotometricamente (picco di massima assorbanza, 405 nm) quando<br />
reagiscono con l’acido 5,5-ditiobis-2-nitrobenzoico (DTNB) secondo il metodo<br />
inizialmente proposto da Ellman nel 1959 e poi adattato da Carratelli (41). Il “titolo” di<br />
tioli è direttamente proporzionale all’intensità del colore rilevato strumentalmente.<br />
Il test ha mostrato un grado accettabile di imprecisione analitica. Infatti, il CV intraserie<br />
su 20 aliquote di siero fresco è stato pari a 1.7%, quello interserie su 20 aliquote di siero<br />
congelato 3.3% (41). L’ –SHp test va eseguito su siero o plasma freschi nelle seguenti<br />
condizioni di lavoro: lunghezza d’onda 405 nm, cammino ottico 1 cm, temperatura<br />
48
ambiente. Si può eseguire l’analisi solo con la modalità end point. Prima di procedere<br />
all’esecuzione del test bisogna preparare anzitutto lo standard, fornito col kit sotto<br />
forma di siero liofilo a matrice umana a titolo noto, indicato sull’etichetta.<br />
A questo scopo è sufficiente aggiungere al liofilizzato il volume di acqua distillata<br />
previsto (indicato dal produttore) e mescolare la soluzione così ottenuta con delicatezza,<br />
avendo cura di attenersi alle indicazioni di carattere generale descritte in dettaglio a<br />
proposito del d-ROMs test.<br />
Dopo aver portato i reagenti alla temperatura di lavoro, si prepara, quindi, la soluzione<br />
del calibratore per i gruppi tiolici (L-cisteina). In pratica si scioglie la L-cisteina in<br />
polvere (R3) in 25 mL di acqua distillata e si prepara da essa, per diluizione, una<br />
soluzione 496 mM di gruppi tiolici. Tale soluzione è stabile per 2-3 ore e 2-3 giorni, a<br />
temperatura ambiente o +4°C, rispettivamente. A questo punto avendo pronti lo<br />
standard di siero e il calibratore “chimico”, si preparano cinque soluzioni. Le soluzioni<br />
così preparate vanno mescolate delicatamente e lasciate ad incubare a temperatura<br />
ambiente per 3-4 minuti. Terminata l’incubazione, esse vanno sottoposte a lettura<br />
fotometrica, misurando l’assorbanza a 405 nm.<br />
I risultati del test, ovvero la capacità antiossidante o titolo tiolico del campione<br />
analizzato, saranno espressi in µmoli di –SH/L di campione. Il range negli individui<br />
normali è 450–650 µmoli/L. Una riduzione dei valori del test al di sotto di questo<br />
intervallo si correla direttamente con una ridotta efficienza della barriera antiossidante<br />
tiolica. In ogni caso è consigliabile che ciascun laboratorio determini i propri valori di<br />
riferimento. Il titolo dei tioli, determinato mediante l’–SHp test, è risultato più basso<br />
rispetto ai controlli nella sindrome di Down, ove anche l’ OXY-Adsorbent fornisce<br />
valori inferiori alla norma, contro il palese incremento del d-ROMs test. In generale, l’–<br />
SHp test si è dimostrato molto affidabile nella valutazione della componente tiolica<br />
della barriera antiossidante plasmatica in diversi studi clinici, integrando egregiamente i<br />
risultati dell’OXY-Adsorbent test e del d-ROMs test nella valutazione globale dello<br />
stress ossidativo, in particolare nei fumatori, nei nefro-trapiantati, nei dializzati, negli<br />
uremici e nel monitoraggio dell’efficacia dell’integrazione alimentare dei pazienti<br />
cancerosi. Interessanti anche i risultati in medicina veterinaria, su bovini. L’ –SHp test,<br />
infine, trova particolare indicazione quando vi è ragionevole sospetto di una situazione<br />
di stress ossidativo ed i valori del d-ROMs test risultano bassi. Una situazione del<br />
genere può riscontrarsi, per esempio, in soggetti con neoplasie solide. In queste<br />
condizioni, il viraggio del metabolismo cellulare in senso anaerobio genera la<br />
49
produzione, nell’intorno della massa tumorale, di cataboliti acidi. Questi ultimi,<br />
riducendo localmente il pH possono favorire il rilascio di ferro che catalizza la<br />
formazione del radicale alcossile dagli idroperossidi circolanti. I gruppi tiolici, a questo<br />
punto, possono reagire con i radicali alcossilici prodotti riducendo, di fatto, il livello di<br />
idroperossidi circolanti. In questa condizione il d-ROMs test darà valori bassi non<br />
perché non vengano prodotti idroperossidi, ma perché essi vengono neutralizzati dai<br />
gruppi sulfidrilici. Solo il riscontro di una riduzione concomitante dei gruppi tiolici<br />
consentirà di interpretare questo singolare quadro di laboratorio.<br />
3.4.3.2 Valutazione dell'attacco radicalico:<br />
La conseguenza dell'attacco radicalico è individuabile attraverso varie tecniche tra cui:<br />
• I RESIDUI CARBONILICI DELLE PROTEINE<br />
• dROMs<br />
a) Residui carbonilici <strong>delle</strong> proteine<br />
L'importanza della Valutazione del danno ossidativo coinvolto nei vari processi<br />
patologici richiede test affidabili e sensibili su prodotti modificati dall'ossidazione.<br />
Lo stress ossidativo può dare origine a derivati carbonilici <strong>delle</strong> proteine, attraverso una<br />
varietà di meccanismi che includono la frammentazione e l'ossidazione amminica a<br />
causa di catalisi metallica o da acido ipocloroso e proprio per questo la misura dei<br />
carbonili proteici è diventata un marcatore popolare di danno ossidativo.<br />
Il saggio sui carbonili è stato applicato a studi sperimentali e campioni clinici, ed è stato<br />
dimostrato che i livelli di carbonili sono elevati in alcune patologie e tende ad<br />
aumentare con l'età. Tuttavia, sono state sollevate numerose questioni circa la validità di<br />
alcuni di questi risultati e la specificità del test.<br />
Diversi approcci sono stati adottati per rilevare e quantificare il contenuto carbonile<br />
nelle preparazioni <strong>delle</strong> proteine. La procedura più conveniente è la reazione tra 2,4-<br />
dinitrofenilidrazina (DNPH) e i carbonili proteici. La DNPH reagisce con i carbonili<br />
proteici, formando una base di Schiff per produrre l'idrazone corrispondente che può<br />
essere analizzato con uno spettrofotometro.<br />
Per questo saggio abbiamo utilizzato il kit per i carbonili proteici della Cayman che<br />
utilizza la reazione con DNPH per misurare il contenuto di proteine carbonili contenute<br />
50
in plasma, siero, lisato cellulare, o tessuti omogenati in formato micropiastre. La<br />
quantità di proteina-idrazone prodotta è quantificata spettrofotometricamente ad<br />
un'assorbanza tra 360-385 nm.<br />
Questa procedura deve essere attuata per ogni campione da analizzare:<br />
• Si trasferiscono 200μl di campione in 2 provette di plastica. Una provetta sarà la<br />
provetta del campione(S#) e l'altra provetta sarà il controllo(C#).<br />
• Si aggiungono 800μl di DNPH alla provetta con il campione e altri 800μl di 2,5M di<br />
Hcl alla provetta del controllo.<br />
• Mettere ad incubare le due provette (S#,C#) al buio a temperatura ambiente per 1 ora.<br />
Vortexare poi entrambe le provette brevemente ogni 15min durante l'incubazione.<br />
• Si aggiunge poi 1 ml di TCA 20% in entrambe le provette e vortexare. Mettere le<br />
provette in ghiaccio e porre in incubazione per 5 min.<br />
• A questo punto si centrifugano le provette a 10000 x g per 10 min a 4°C in una<br />
microcentrifuga.<br />
• Si scarta il surnatante e si risospende il pellet in 1 ml di TCA 10%. Mettere le provette<br />
in ghiaccio e porre in incubazione per 5 min.<br />
• A questo punto si procede ad un'ulteriore centrifuga <strong>delle</strong> provette a 10000 x g per 10<br />
min a 4°C in una microcentrifuga.<br />
• Si scarta il surnatante e si risospende il pellet in 1 ml di miscela costituita da etanolo e<br />
etil acetato in rapporto 1/1. Risospendere manualmente con una spatola il pellet,<br />
vortexare accuratamente, e centrifugare le provette a 10000 x g per 10 min. a 4°C nella<br />
microcentrifuga.<br />
• Ripetere il punto precedente per due o più volte.<br />
• Dopo il lavaggio finale, si risospende il pellet proteico in 500μl di guanidina<br />
idrocloride e vortexare.<br />
• Centrifugare le provette a 10000 x g per 10 min a 4°C nella microcentrifuga per<br />
rimuovere per rimuovere eventuali detriti rimasti.<br />
• A conclusione trasferire 200ml del surnatante della provetta del campione (S#) su due<br />
celle della micropiastra.<br />
• Trasferire poi 220ml del surnatante del controllo(C#) in altre due celle della<br />
micropiastra.<br />
• E al termine misurare l'assorbanza a lunghezza d'onda tra 360-385 nm attraverso un<br />
lettore di piastre.<br />
51
E procedere al calcolo dei residui carbonilici <strong>delle</strong> proteine.<br />
contenuto in carbonili(nmol/mg)= (carbonili nmol/ml)/(proteine mg/ml)<br />
questo saggio è ottimale per campioni aventi concentrazione proteica compresa tra 1 e<br />
10mg/ml<br />
b) Il d-ROMs Test: Valutazione fotometrica dei metaboliti reattivi dell'<br />
ossigeno<br />
Il d-ROMs test è un test spettrofotometrico che consente di determinare, in un campione<br />
biologico, la concentrazione degli idroperossidi (ROOH), generati nelle cellule<br />
dall’attacco ossidativo dei ROS su svariati substrati biochimici (glicidi, lipidi,<br />
amminoacidi, proteine, nucleotidi ecc.).<br />
La sigla ROM vuole sottolineare che gli analiti misurati dal test, gli idroperossidi, sono<br />
dei metaboliti reattivi dell’ossigeno (Reactive Oxygen Metabolites, ROM).<br />
Attraverso il d-ROMs test gli idroperossidi di un campione biologico, quale, ad<br />
esempio, il siero, dopo aver reagito con un apposito cromogeno sviluppano un derivato<br />
colorato (dal rosa al rosso) rilevabile e quantificabile per via spettrofotometrica. La<br />
concentrazione degli idroperossidi, che correla direttamente con l’intensità del colore<br />
rilevato, viene espressa in unità di concentrazione di facile impiego nella pratica clinica.<br />
Tali unità sono indicate con la sigla U CARR dal cognome dell' inventore Mauro<br />
Carratelli (dove 1 U CARR equivale a 0.08 mg H2O2/dL), a causa dell’eterogeneità<br />
<strong>delle</strong> specie chimiche presenti inizialmente nel campione biologico da testare.<br />
Il principio alla base del d-ROMs test è quello del la reazione di Fenton, verificato per il<br />
perossido di idrogeno e successivamente ampliato da Haber e Weiss, secondo cui un<br />
metallo di transizione in forma ionica (es. ferro o rame) catalizza la scissione di un<br />
idroperossido (ROOH), generando nuove specie radicaliche, l’idroperossile (ROO*) o<br />
l’alcossile (RO*), a seconda che, rispettivamente, lo ione catalizzante si ossidi (Fe 2+ -><br />
Fe 3+ o Cu + -> Cu 2+ ) oppure si riduca.<br />
Nel d-ROMs test, dunque, gli idroperossidi contenuti in un campione biologico – per<br />
52
comodità espositiva, nel siero – vengono messi nelle condizioni previste dalla reazione<br />
di Fenton per generare in vitro radicali idroperossilici ed alcossilici.<br />
1A) R-OOH + Fe 2+ -> R-O * + Fe 3+ + OH -<br />
1B) R-O* + A-NH2 -> R-O - + [A-NH2*] +<br />
2A) R-OOH + Fe 3+ -> R-OO * + Fe 2+ (Cu + ) + H +<br />
2B) R-OO * + A-NH2 -> R-OO - + [A-NH2*] +<br />
Il d-ROMs test può essere eseguito sia in cinetica che in endpoint. In ambedue i casi,<br />
prima di procedere all’esecuzione dell’analisi, bisogna preparare lo standard (o<br />
calibratore), fornito all' interno del kit sotto forma di siero liofilo a matrice umana a<br />
titolo noto (U CARR), indicato sull’etichetta.<br />
Nella procedura cinetica standard si parte preparando tre soluzioni: il bianco reagente, il<br />
campione (preferibilmente siero fresco) ed il calibratore. Tali soluzioni vanno incubate<br />
per 1 minuto a 37 °C, quindi, terminata l’incubazione, esse vanno sottoposte a lettura<br />
fotometrica, misurando l’assorbanza a 505 nm (A505) o 546 nm (A505) immediatamente<br />
e successivamente, nelle stesse condizioni di lavoro (37°C), dopo 1, 2 e 3 min. Ai valori<br />
di assorbanza ottenuti per il campione e per il calibratore si sottrae, quindi, il valore di<br />
assorbanza del bianco reagente.<br />
Nella procedura endpoint si parte preparando tre soluzioni: il bianco reagente, il<br />
campione (siero o plasma eparinato) ed il calibratore. Le soluzioni vanno lasciate ad<br />
incubare a 37°C per 75 minuti. Appena terminata l’incubazione, vanno sottoposte a<br />
lettura fotometrica, misurando l’assorbanza a 505 nm o 546 nm. Ai valori di assorbanza<br />
ottenuti per il campione e per il calibratore si sottrae, quindi, il valore di assorbanza del<br />
bianco reagente (azzeramento con bianco reagente).<br />
Tali metodi permettono quindi di applicare il d-ROMs Test sia a fotometri e<br />
spettrofotometri manuali (o al FREE System, sistema dedicato allo studio dello stress<br />
ossidativo, che ha kit appositi preinfialati), a lettori di micropiatre o ad analizzatori<br />
automatici, venendo quindi incontro a tutte le esigenze dei professionisti della diagnosi.<br />
La disponibilità di una metodica precisa ed affidabile ha consentito di stabilire i livelli<br />
ematici di riferimento del d-ROMs nella popolazione normale.<br />
Si è potuto dimostrare, su un campione di circa 5.000 soggetti clinicamente sani, che il<br />
53
livello di idroperossidi circolanti determinati con il d-ROMs test segue nella<br />
popolazione una distribuzione unimodale con un picco tra 250 e 300 U CARR (pari a<br />
20.08-24.00 mg/dL di H2O2), individuato come il valore di riferimento del test.<br />
Valori superiori a 300 U CARR configurano, dopo una fascia borderline<br />
(301 - 320 U CARR), livelli progressivamente crescenti di stress<br />
ossidativo, come indicato in tabella:<br />
Si è anche osservato che i risultati del d-ROMs test non sono significativamente<br />
influenzati né dal sesso né dall’età, tuttavia, i neonati presentano valori sensibilmente<br />
più bassi, le gravide più alti.<br />
Inoltre, i risultati del d-ROMs test eseguito ripetutamente nello stesso soggetto nell’arco<br />
della giornata non mostrano differenze degne di nota, a meno che non intervengano<br />
fattori in grado di indurre una brusca produzione di perossidi (es. uno sforzo muscolare<br />
intenso).<br />
E’ consigliabile, comunque, che ogni laboratorio determini i propri valori di<br />
riferimento.<br />
3.4.4 ANALISI DEI CAMPIONI DI URINE DEI SOGGETTI DELLO<br />
STUDIO ATTRAVERSO SAGGI ELISA<br />
3.4.4.1 L’8OHdG<br />
Vi è ampia evidenza sperimentale che il danno ossidativo si verifica in modo<br />
permanente<br />
nei lipidi della membrana cellulare, nelle proteine e nel DNA. Nel DNA nucleare e<br />
54
mitocondriale, l’8-idrossi-2’-Deossiguanosina (8-OHdG) o l’8-oxo-7 ,8-diidro-2’-<br />
Deossiguanosina (8-oxodG) è una <strong>delle</strong> forme predominanti di radicale libero indotto da<br />
lesioni ossidative, e pertanto è stato ampiamente utilizzato come biomarker dello stress<br />
ossidativo e della carcinogenesi.<br />
Studi hanno dimostrato che l’8-OHdG urinario è un buon biomarker per la valutazione<br />
del rischio di vari tipi di cancro e malattie degenerative. Il metodo più diffuso di analisi<br />
quantitativa è l’HPLC con rilevamento elettrochimico, gas cromatografia / spettrometria<br />
di massa (GC-MS), e HPLC con spettrometria di massa in tandem.<br />
Al fine di risolvere i problemi metodologici riscontrati nella misura quantitativa dell’ 8-<br />
OHdG, è stato istituito nel 1997 il comitato per le Norme Europee sul danno ossidativo<br />
al DNA, al fine di risolvere i problemi di ossidazione artefatta durante le procedure di<br />
isolamento e purificazione dei prodotti di ossidazione del DNA.<br />
Il biomarker 8-OHdG o 8-oxodG è un indicatore fondamentale per misurare l'effetto<br />
endogeno del danno ossidativo al DNA e come fattore di iniziazione e di promozione<br />
di carcinogenesi. Il biomarcatore è stato utilizzato per stimare il danno al DNA negli<br />
esseri umani dopo l'esposizione ad agenti cancerogeni, come il fumo di tabacco, le fibre<br />
di amianto, i metalli pesanti e gli idrocarburi policiclici aromatici. Negli ultimi anni, l’8-<br />
OHdG<br />
è stato utilizzato ampiamente in molti studi non solo come biomarker per la misurazione<br />
endogena del danno ossidativo al DNA, ma anche come fattore di rischio per molte<br />
malattie tra cui il cancro.<br />
L’8OHdG è un saggio che si basa sulla tecnica ELISA in vitro per l’individuazione<br />
quantitativa del prodotto di ossidazione del DNA: l’ 8hydroxy2<br />
'deossiguanosina(8OHdG).<br />
Qesto test è stato appurato per vari campioni biologici come: l'urina, il siero, il plasma,<br />
i tessuti e altri campioni biologici. Noi abbiamo applicato questa metodica alle urine dei<br />
volontari dello studio sul consumo di fragole.<br />
Il necessario per intraprendere questa metodica è:<br />
• 8OHdG Micropiastra: Piastra precedentemente rivestita con 8OHdG (8 × 12wells, tipo<br />
split)<br />
• anticorpo primario: anticorpo monoclonale Anti 8OHdG (clone N45.1)<br />
• Soluzione di anticorpo primario: Soluzione tampone salina<br />
• anticorpi secondari: HRPconjugated anti mouse antibody<br />
• soluzione di anticorpo secondario: Soluzione tampone salina<br />
55
• Soluzione cromatica: 3,3 ', 5,5' tetrametilbenzidina<br />
• Soluzione di diluizione: perossido di idrogeno / tampone citrato fosfato salino<br />
• Soluzione di lavaggio (5x): 5 volte, tampone fosfato isotonico concentrato<br />
• Soluzione per reazione di terminazione: 1M di acido fosforico<br />
• Soluzione standard 8OHdG: 8OHdG purificato (0,5, 2, 8, 20, 80, 200 ng / mL)<br />
• piastra di tenuta<br />
..oltre alle normali dotazioni dei laboratori quali:<br />
• Acqua distillata.<br />
• micro pipetta da 50µL e puntali per pipette<br />
• Micropipetta multicanale (50 ~ 200µL) e puntali<br />
• vassoi di reagente per la micropipetta multicanale<br />
• un incubatore a 37 ° C<br />
• lettore di micropiastre (lunghezza d'onda 450 nm = misura)<br />
Principi della procedura<br />
L’anticorpo monoclonale anti-8OHdG, il campione o lo standard vengono aggiunti alla<br />
micropiastra già ricoperta di 8OHdG.<br />
L’anticorpo monoclonale anti-8OHdG reagisce in modo competitivo con la 8OHdG<br />
vincolato sulla piastra e l’8OHdG nella soluzione campione. Pertanto le concentrazioni<br />
maggiori di 8OHdG nella soluzione campione portano ad un ridotto legame dell'anticorpo<br />
alla 8OHdG sulla piastra.<br />
Gli anticorpi che sono legati alla 8OHdG nel campione sono stati lavati via da anticorpi<br />
che sono legati alla 8OHdG rivestito sulla piastra.<br />
Un anticorpo secondario legato ad un enzima si aggiunge alla piastra, si lega<br />
all’anticorpo monoclonale che è legato all’8OHdG di rivestimento sulla piastra.<br />
L’anticorpo secondario HRPconiugato viene rimosso mediante lavaggio.<br />
L'aggiunta della soluzione substrato risulta nello svilupparsi del colore in proporzione alla<br />
quantità di anticorpo anti 8OHdG legato alla piastra.<br />
La reazione è terminata dall’acido fosforico, ed è misurata ad una assorbanza di 450 nm.<br />
56
3.4.4.2 Isoprostani urinari<br />
Gli Isoprostani sono composti simili alle prostaglandine che sono prodotte<br />
dalla perossidazione <strong>delle</strong> lipoproteine mediata dai radicali liberi. C'è una forte evidenza<br />
che gli isoprostani sono eccellenti biomarcatori molecolari per lo stress ossidativo. Infatti,<br />
il 15- F2t Isoprostano è già ampiamente riconosciuto come il "gold standard" dello stato<br />
ossidante. Questo kit ELISA è stato sviluppato per la misurazione rapida e accurata di 15-<br />
Isoprostane-F2t in campioni di urina. Non è necessaria nessuna estrazione in fase solida. I<br />
risultati ottenuti usando questo kit sono stati convalidati da GC / MS dopo estrazione in<br />
fase solida di aliquote separate e mostrano un elevato grado di correlazione (r> 0,8).<br />
Il kit che abbiamo utilizzato è per la quantificazione del 15-isoprostano F2t (conosciuto<br />
anche come 8-epi-PGF2a, 8-iso-PGF2a o 8-isoprostano) nei campioni di urine. Livelli<br />
di 15-isoprostano F2t nei fluidi biologici hanno dimostrato essere utili per la<br />
valutazione dello stress ossidativo in vivo. Il 15-isoprostano F2t è stato anche<br />
dimostrato essere un potente vasocostrittore nei reni del ratto e nei polmoni del coniglio.<br />
Elevati livelli di isoprostani sono associati a sindrome epato-renale, reumatoide l'artrite,<br />
l'aterosclerosi, e la carcinogenesi.<br />
Materiale fornito dal kit:<br />
• Micropiastra a 96 celle Precedentemente rivestita con Anti-15-isoprostano F2t<br />
• 15-isoprostano F2t Standard<br />
• Tampone di diluizione avanzata (E.D.B.)<br />
• Tampone di lavaggio (5x)<br />
• Substrato K BLUE (TMB)<br />
• 15-isoprostano F2t coniugato HRP<br />
• Vassoio di reagente per pipetta Multicanale<br />
Questa tecnica utilizza il metodo ELISA per determinare i livelli di 15-F2t-isoprostano in<br />
campioni biologici. Andiamo a descrivere brevemente la procedura, l’F2t 15-isoprostano<br />
nei campioni o dello standard compete con l’F2t 15-isoprostano coniugato con HRP per<br />
l'associazione con l’ anticorpo policlonale specifico per F2t 15-isoprostano di rivestimento<br />
della micropiastra. I risultati dell'attività HRP sviluppano colore quando è aggiunto il<br />
substrato TMB, con l'intensità del colore proporzionale alla quantità di 15-F2t-isoprostano<br />
57
coniugato e inversamente proporzionale alla quantità di 15-F2t-isoprostano coniugato nei<br />
campioni o standard. L'aggiunta di una soluzione di arresto acida provoca un cambiamento<br />
di colore giallo in cui l’assorbanza viene letta a 450 nm.<br />
3.4.5 ANALISI DEGLI ERITROCITI<br />
3.4.5.1 I globuli rossi:<br />
Dopo la centrifugazione del sangue intero, sono stati ottenuti e utilizzati per ulteriori<br />
analisi i globuli rossi (RBC). Dopo aver stoccato il plasma e aver rigettato il buffy coat<br />
per aspirazione, il pellet di globuli rossi è stato lavato una volta con NaCl 0.9%, poi tre<br />
volte con tampone fosfato (PBS, contenente 150 mM NaCl, 1.9 mM di sodio fosfato -<br />
Na2HPO4 - e 8.1 mM sodio diidrogeno fosfato - NaH2PO4 -, pH 7.4) a temperatura<br />
ambiente, per le analisi successive.<br />
3.4.5.2 Studio sulla resistenza all’emolisi<br />
Dopo i lavaggi in serie, i globuli rossi sono stati risospesi in tampone PBS (controllo) e in una<br />
soluzione contenente AAPH in soluzione tampone a pH 7.4 (ematocrito all’8%, Hct), ed<br />
incubati per 5 ore a 37 ° C, agitando delicatamente. La % d’emolisi è stata registrata dopo 1, 3 e<br />
5 ore di incubazione (Cesquini et al, 2003; Suwalsky et al, 2007). La concentrazione dell’AAPH<br />
è stata stabilita dopo alcune prove a 50mM e.5 mM, al fine di aumentare il danno ossidativo e di<br />
esacerbare un’eventuale differenza nella risposta allo stress ossidativo.<br />
3.5 STUDIO SULL’ATTIVAZIONE PIASTRINICA<br />
In uno studio sul consumo di fragole a medio termine effettuato dal nostro gruppo in<br />
anni precedenti, si è visto che dopo un consumo di 500 g giornalieri di fragole<br />
appartenenti alla cultivar Sveva il numero di piastrine circolanti diminuiva, lasciando<br />
ipotizzare <strong>delle</strong> valutazioni in studi futuri sui cambiamenti nelle funzioni <strong>delle</strong> piastrine<br />
o una determinata suscettibilità all’attivazione <strong>delle</strong> stesse.<br />
58
Nel 2009 abbiamo effettuato uno studio su un consumo acuto di fragole della cultivar<br />
Alba (500g/die per 15 gg) ed uno consecutivo su un consumo prolungato utilizzando la<br />
cultivar Sveva (300g/die per 30gg con alternanza tra Adria e Sveva) di cui ci siamo<br />
serviti negli anni precedenti per lo studio a medio termine, affiancata dalla cultivar<br />
Adria e in collaborazione con il Polo Scientifico Tecnologico dell’Inrca di Ancona<br />
abbiamo scelto in maniera del tutto casuale 9 tra i 23 volontari partecipanti allo studio,<br />
di età compresa tra i 20 e i 30 anni, e abbiamo condotto uno studio sull’attivazione <strong>delle</strong><br />
piastrine.<br />
3.5.1 ISOLAMENTO DELLE PIASTRINE<br />
I 23 volontari dello studio hanno dato il consenso informato per utilizzare il loro sangue<br />
nello studio proposto. Sono stati presi in considerazione 9 diversi campioni. Il sangue<br />
venoso ottenuto dal prelievo è stato messo in provette contenenti eparina e trasportato in<br />
tempi brevissimi ai laboratori dell’Inrca.<br />
Appena giunti i campioni di sangue sono stati centrifugati per 10 min a 200 g a<br />
temperatura ambiente (22°C) per ottenere un plasma ricco in piastrine (PRP). Il PRP è<br />
stato centrifugato a 1000g per 20 min a temperatura ambiente. Si è ottenuto un pellet<br />
piastrinico.<br />
3.5.2 PROCEDURA DI MICROSCOPIA ELETTRONICA<br />
Il pellet è stato fissato in glutaraldeide 2,5% in tampone cacodilato di sodio pH 7,3<br />
overnight a 4°C. Successivamente il pellet è stato staccato dalla provetta e lavato per<br />
due volte nello stesso tampone utilizzato per la fissazione.<br />
Le piastrine sono state quindi post fissate in osmio 1% diluito in cacodilato di sodio pH<br />
7,3 per 2 h a 4°C dopodichè sono stati effettuati altri 2 lavaggi di 5 min in tampone. I<br />
campioni di piastrine sono stati sottoposti quindi a disidratazione in alcool etilico al<br />
70%, 80%, 90% per 15 min per ogni diluizione e in alcool etilico 100% 3 volte per 20<br />
min. Sono stati poi esposti al solvente di transizione ossido di propilene 2 volte per 30<br />
min. Le piastrine sono state poi infiltrate con soluzioni crescenti di resina epossidica e<br />
decrescenti di ossido di propilene fino all’inclusione in resina assoluta a 60°C per 48 h.<br />
La procedura si è ripetuta ad ogni tempo dello studio. I blocchetti sono stati poi<br />
59
sezionati all’ultramicrotomo in fettine ultrasottili di 60 nm e osservati al microscopio<br />
elettronico Zeiss EM 109.<br />
3.5.3 INDAGINE QUANTITATIVA<br />
Al fine di definire l’effetto del trattamento con le 3 varietà di fragole presein<br />
considerazione ma soprattutto i diversi dosaggi in diversi periodi sull’attivazione<br />
piastrinica, per ogni soggetto ad ogni prelievo sono state contate circa 100 piastrine che<br />
sono state classificate in resting, central clustered e degranulated (vd immagini sotto),<br />
utilizzando il software di analisi d’immagine Kontron KS300. Questi tre profili<br />
morfologici sono caratteristici rispettivamente di piastrine non attivate, nella fase di<br />
attivazione e nella fase post-attivazione.<br />
a) resting<br />
b) central clustered<br />
60
c) degranulated<br />
Fig. 10 a, b, c, profili morfologici caratteristici rispettivamente di piastrine non attivate<br />
(resting), nella fase di attivazione (central clustered) e nella fase post-attivazione<br />
(degranulated).<br />
Nell’ultima immagine la piastrina degranulated si trova in basso ed è caratterizzata<br />
dall’assenza di granuli e strutture interne riconoscibili.<br />
61
RISULTATI E DISCUSSIONE<br />
4.1 CARATTERIZZAZIONE NUTRIZIONALE DEL FRUTTO<br />
La parte introduttiva di questo progetto di dottorato di ricerca consiste nella valutazione <strong>delle</strong><br />
caratteristiche nutrizionali di cultivars di fragola (Fragaria x ananassa) scelte come frutti<br />
modello di questo progetto per l’elevato contenuto in <strong>antiossidanti</strong> e trattandosi di un frutto<br />
importante sia per il consumo fresco sia per l'industria alimentare. Le fragole sono il frutto più<br />
coltivato ad ogni latitudine, dal Mar Artico fino ai tropici, con una produzione mondiale<br />
stimata di 2,5 milioni di tonnellate nel 1997 (Hancock, 1999); in realtà si tratta probabilmente<br />
di una sottostima perché questo dato non considera le grandi quantità di prodotto vendute sul<br />
mercato privato.<br />
Ad oggi molti studi pubblicati mostrano che le fragole contengono un elevato contenuto<br />
di acido ascorbico, antociani e composti fenolici (Kalt et al, 1999; Olsson et al, 2004) e<br />
per tutte queste caratteristiche quindi possiedono una elevata capacità antiossidante<br />
(Wang & Hsin-Shan, 2000; Wang et al, 2002; Scalzo et al, 2005a; Scalzo et al, 2005b).<br />
Le cinque cultivar di fragola selezionate per questo progetto sono ben note sul sistema<br />
produttivo italiano per i loro diversi tempi di maturazione (cfr materiali e metodi). Tra le<br />
cultivar caratterizzate nutrizionalmente c’è una linea OGM, la cultivar parentale è Calypso,<br />
pianta rifiorente perenne di media pezzatura e medio periodo di maturazione.<br />
La cultivar Calypso OGM è frutto di un programma di miglioramento genetico, effettuato dal<br />
SAPROV dell’<strong>Università</strong> <strong>Politecnica</strong> <strong>delle</strong> <strong>Marche</strong>, sul contenuto degli <strong>antiossidanti</strong> in<br />
particolare <strong>delle</strong> antocianine.<br />
Le differenze fra le varietà sono state delineate utilizzando diversi saggi ( cfr 3.2.3.1<br />
Materiali e metodi) come il TEAC e il FRAP per la capacità antiossidante totale, il FOLIN<br />
CIOCALTEAU per i polifenoli totali, affiancati da saggi per la valutazzione dei flavonoidi,<br />
una classe specifica di polifenoli, e antocianine a cui abbiamo affiancato una valutazione con<br />
HPLC del contenuto di vitamina C. I grafici riportati sotto mostrano i valori di CAT a<br />
confronto tra metodo TEAC e FRAP con una correlazione maggiore di 0,9, (Figura 1), i<br />
micronutrienti come la vitamina C (Figura 2) e i polifenoli (Figura 3). Le concentrazioni sono<br />
espresse come valori medi± SD.<br />
62
Fig.1 Capacità antiossidante totale, misurata con test TEAC e FRAP, <strong>delle</strong> cinque cultivar testate. I dati sono<br />
espressi come valori medi ± SD. Le colonne appartenenti alla stessa serie di dati con lettere differenti sono<br />
significativamente differenti (p
Fig. 3 Contenuto di polifenoli,flavonoidi ed antocianine, <strong>delle</strong> cinque cultivar testate. I dati sono espressi come<br />
valori medi ± SD. Le colonne appartenenti alla stessa serie di dati con lettere differenti sono significativamente<br />
differenti (p
maggiormente rispetto ad altri test. La più alta capacità antiossidante totale, espressa sia dal<br />
TEAC sia dal FRAP, rispettivamente, è stata osservata per la varietà Sveva (una media di<br />
25,165 e 12,2253 µmoles TE / g FW), immediatamente seguita dalla cultivar Calypso e dalla<br />
sua OGM (in media 19,798 e 11,8167; 20,008 e 10,5226 µmoles TE / g FW rispettivamente).<br />
I valori più bassi di CAT sono stati riscontrati nella cultivar Alba (13,249 e 8,7097 µmoles TE<br />
/ g FW).<br />
Quando si considera il contenuto di vit C nella fragola, è importante ricordare che la<br />
molecola è molto labile e subisce ossidazione in conseguenza a condizioni avverse. Il tasso di<br />
degradazione dell'acido ascorbico nelle fragole dipende da diversi fattori quali la temperatura,<br />
l'acqua e il pH. La metodologia utilizzata in questo lavoro di quantificazione del contenuto di<br />
Vit C nella frutta è stata particolarmente ottimizzata per prevenire e limitare qualsiasi<br />
processo di degradazione.<br />
Il contenuto di vitamina C (Figura 2) varia fortemente tra le 5 cultivar di fragole, e una<br />
differenza di 2,4 volte è stata riscontrata tra i valori della fragola con il più basso contenuto e<br />
(Sveva con una media di 0,231725 mg di vitamina C / g FW) e quella con il più alto<br />
contenuto (Adria, una media di 0,57 mg di vitamina C / g FW). In studi precedenti la cultivar<br />
Sveva risultava essere tra le più ricche in vitamina C ma proprio per quanto precedentemente<br />
detto sui parametri che influiscono sul contenuto in vit C, quali temperatura, acqua e PH,c’è<br />
da considerare che nel periodo pre-raccolta di questa cultivar, si sono avute <strong>delle</strong> condizioni<br />
metereologiche particolarmente avverse, tali da mettere a rischio la raccolta, che è stata<br />
comunque portata a termine a scapito della resa che ha subito forti riduzioni e il prodotto è<br />
andato in corso di decomposizione in brevissimo periodo a causa dell’enorme quantità di<br />
acqua subita.<br />
Tutti concordano sul fatto che questa sostanza è uno dei più importanti <strong>antiossidanti</strong> nelle<br />
piante, negli animali ed negli esseri umani. Quindi, ulteriori indagini sulla variazione del<br />
contenuto in vitamina C di fragole è fortemente auspicato per il prossimo futuro.<br />
Per quanto riguarda in generale il contenuto di questo frutto in polifenoli, nel grafico abbiamo<br />
rappresentato i valori ottenuti col metodo Folin Ciocalteau.<br />
Il valore più elevato per quanto riguarda questo parametro è stato osservato nella cultivar<br />
Sveva (3,86 GAE / g FW), seguita da Adria ( 3,50 GAE / g FW), mentre il contenuto più<br />
basso è stato misurato in Alba (2,87 GAE / g FW). Pertanto, la differenza tra la cultivar più<br />
ricca e la più povera è di 1,3 volte.<br />
I risultati ottenuti hanno confermato i valori noti in letteratura.<br />
65
La cultivar sveva risulta essere di gran lunga la più ricca anche in flavonoidi con un valore<br />
medio di 4,18 CE/g FW) mentre Alba risulta essere la più povera anche in questo caso (2,16<br />
CE/g FW).<br />
Per quanto riguarda le antocianine, dobbiamo fare una precisazione, abbiamo infatti parlato<br />
finora di queste 5 cultivar di cui una OGM, c’è da specificare che il miglioramento genetico<br />
effettuato dal SAPROV dell’<strong>Università</strong> <strong>Politecnica</strong> <strong>delle</strong> <strong>Marche</strong> sulla cultivar Calypso, è<br />
stato indirizzato al contenuto di <strong>antiossidanti</strong>, in particolare la cultivar Calypso OGM è<br />
geneticamente modificata riguardo al contenuto in antocianine, questa caratteristica è<br />
supportata dai dati ottenuti dalle nostre analisi,dove la varietà più ricca in antocianine è Adria,<br />
con 1,18 mg PgE/g FW , seguita da Alba con un contenuto medio di 0,99 mg PgE/g FW, e da<br />
Sveva e Calypso con un contenuto medio di 0,968 e 0,965 mg PgE/g FW rispettivamente. La<br />
cultivar a più basso contenuto è Calypso parentale con 0,74 mg PgE/g FW. La cultivar OGM<br />
quindi ha subito sì una modifica genetica nel contenuto di antocianine che si rileva<br />
confrontandola con la sua parentale, ma a confronto con le altre cultivar prese in esame non<br />
eccelle nei contenuti di questi composti.<br />
4.2 EFFETTO GASTRO-PROTETTIVO DEGLI ESTRATTI DI<br />
FRAGOLE<br />
4.2.1 I PARTE<br />
La somministrazione di etanolo assoluto ai topi a digiuno ha portato a un grave danno gastrico<br />
visibile dall'esterno dello stomaco come spesse linee di colore rosso-nero. Dopo aver aperto lo<br />
stomaco le lesioni sono state individuate nella mucosa e apparivano come bande di forma<br />
allungata,di 1-10 mm di lunghezza, di solito parallele all'asse lungo dello stomaco. Si trovano<br />
nel corpo (la porzione di stomaco che secerne acido e pepsina). Non ci sono lesioni visibili<br />
sviluppate nella parte non secretoria dello stomaco. La somministrazione d'etanolo assoluto ha<br />
causato una emorragia della mucosa gastrica meno grave nei ratti pretrattati con estratto di<br />
fragole (Fig. 12-16) e con quercitina (Fig. 17).<br />
Le Figure 12-16 mostrano l'effetto del pretrattamento con i diversi estratti di fragole applicati<br />
per via intragastrica (I.G.), sull'indice ulcerativo (U.I.). Come è elencato nella tabella 5<br />
l'etanolo ha causato tipiche lesioni gastriche diffuse al 22,33% del totale dell'area dello<br />
stomaco nel controllo, 8,35% nel gruppo a cui è stato somministrato l'estratto della cultivar<br />
sveva, 4,89% nel gruppo con somministrazione dell'estratto di Calypso OGM, 7,07% nel<br />
66
gruppo alimentato con Calypso parentale, 7,03% nel gruppo trattato conl'estratto della cultivar<br />
Alba, 3,01% nel gruppo trattato con Adria e 4,69% nel gruppo a cui è stata somministrata la<br />
quercitina. . Il pretrattamento con estratti di fragole ha significativamente (p
somministrazione di etanolo assoluto aumenta in modo significativo la perossidazione lipidica<br />
nella mucosa gastrica, valutata come formazione di MDA dal gruppo 00 al controllo ( 323,10<br />
± 38,43 Vs 478,70 ± 64,70 nmol / mg prot. del controllo (p
integra la membrana <strong>delle</strong> cellule, alla loro attività contrastante la perossidazione lipidica per<br />
protegge la mucosa gastrica contro il danno ossidativo e alla loro capacità di rafforzare la<br />
barriera mucosa, la prima linea di difesa contro danni da agenti esogeni.<br />
Al fine di chiarire ulteriormente i meccanismi della gastroprotezione, la nostra indagine in<br />
futuro potrà essere focalizzata su altri modelli sperimentali di lesioni gastriche e ulteriori<br />
meccanismi di difesa della mucosa gastrica.<br />
6 ratti per gruppo MDA(nmol/mg prot) SOD (U/mg prot) Cat (U/mg prot)<br />
00 323,10±38,43 38,77±7,45 41,83±8,44<br />
Controllo 478,70±64,70* 23,08±5,58* 26,6±7,32*<br />
Sveva 343,08±26,13** 25,22±5,40 38,75±5,57<br />
Calipso OGM 271,03±32,24** 24,23±6,22 29,08±7,73<br />
Calipso Controllo 306,80±63,52** 31,12±6,26 41,08±6,45**<br />
Alba 321,72±31,23** 37,28±5,08** ,#,##<br />
39,6±6,94**<br />
Adria 285,62±36,43** 34,55±4,61** 34,4±5,38<br />
Quercetina 272,05±29,13** 28,58±5,84 32,4±7,60<br />
Tab.6 MDA, SOD, CAT.<br />
* differenze significative in relazione al gruppo 00<br />
** differenze significative in relazione al controllo<br />
# differenze significative in relazione al gruppo alimentato con calipso ogm<br />
## differenze significative in relazione al gruppo alimentato con sveva<br />
il gruppo 00 era composto da animali normali, sani senza alcun pretrattamento o induzione di lesioni gastriche<br />
69
Fig. 11 Ratti con ulcere indotte da etanolo assoluto<br />
70
Fig. 12 Ratti trattati con estratto della cultivar Adria<br />
71
Fig. 13 Ratti trattati con estratto della cultivar Alba<br />
72
Fig. 14 Ratti trattati con estratto della cultivar Calypso OGM<br />
73
Fig. 15 Ratti trattati con estratto della cultivar Calypso parentale<br />
74
Fig. 16 Ratti trattati con estratto della cultivar Sveva<br />
75
Fig. 17 Ratti trattati con quercitina<br />
76
4.3 Studio sul consumo acuto e prolungato di fragole<br />
4.3.1 Effetti sul plasma<br />
Tutti i partecipanti selezionati per lo studio sono risultati essere in buona salute, come<br />
confermato dalle analisi di laboratorio chimico-cliniche effettuate di routine ad ogni prelievo<br />
(vd. Tabelle 7-8), presso il Laboratorio Analisi dell’Inrca di Ancona, e tutti i parametri<br />
biochimici alla baseline erano nel range di riferimento di normalità.<br />
PARAMETRI EMATOLOGICI<br />
GB<br />
GR<br />
VALORI DI<br />
RIFERIMENTO BASELINE<br />
(4,00-9,00) x 10 3<br />
DOPO<br />
ALBA WASHOUT1<br />
DOPO<br />
ADRIA<br />
DOPO<br />
SVEVA WASHOUT2<br />
ul 7,0 6,5 6,6 6,8 6,8 6,6<br />
(3,90-5,60) x 10 6<br />
ul 4,8 4,7 4,7 4,8 4,8 4,6<br />
EMOGLOBINA (11,5-15,5) g/dl 14,3 14,1 13,9 14,1 14,1 13,8<br />
EMATOCRITO (36,0-48,0) % 41,5 41,2 40,3 41,0 41,3 40,3<br />
VOLUME GR MEDIO (82,0-95,0) fl 86,3 86,9 86,0 86,4 86,2 87,1<br />
CONT.EMOGLOBINICO<br />
CORP.MEDIO (27,0-34,0) pg 29,7 29,8 29,7 29,5 29,4 29,8<br />
CONC.EMOGLOB.CORP.MED<br />
DISTRIBUZIONE<br />
(32,0-35,0) g/dl<br />
% 34,4 34,3 34,5 34,2 34,1 34,2<br />
ERITROCITARIA IN SD (38-48) fl 40,0 41,6 40,3 40,5 40,2 41,7<br />
DISTR.VOLUMETRICA<br />
ERITROCITARIO IN CV (10,0-15,0) % 12,9 13,3 13,0 12,9 12,8 13,2<br />
PIASTRINE<br />
AMPIEZZA ASSOLUTA<br />
DISTRIBUZIONE<br />
(140-400) x 10 3<br />
ul 230,2 228,7 220,8 218,1 233,0 217,6<br />
PIASTRINICA IN SD (10-16) fl 14,0 14,6 13,8 14,2 13,9 14,3<br />
VOLUME PIASTRINICO<br />
MEDIO (9,1-12,3) % 11,5 11,7 11,5 11,6 11,4 11,6<br />
PERCENTUALE GRANDI<br />
PIASTRINE (16,0-44,0) % 37,1 39,1 36,6 37,9 36,7 37,7<br />
NEUTROFILI % 60-70 55,6 55,6 56,3 54,6 55,3 54,7<br />
LINFOCITI% 20-40 34,8 33,7 33,3 34,7 34,3 34,3<br />
BASOFILI% 0,5-1,0 0,4 0,5 0,5 0,5 0,4 0,4<br />
EOSINOFILI% 1-4 2,5 2,9 3,3 3,4 3,2 3,3<br />
MONOCITI% 2-8 6,7 7,3 6,6 6,9 6,8 7,3<br />
NEUTROFILI val ass 2,00-7,50 3,9 3,7 3,8 3,8 3,8 3,7<br />
LINFOCITIval ass 1,50-4,00 2,4 2,1 2,2 2,3 2,3 2,2<br />
BASOFILIval ass fino a 0,10 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0<br />
EOSINOFILIval ass fino a 0,70 0,2 0,2 0,2 0,2 0,2 0,2<br />
MONOCITIval ass 0,20-0,80 0,5 0,5 0,4 0,5 0,5 0,5<br />
77
4.3.2 CAT nel plasma<br />
Tab. 8 Parametri biochimici dei sogetti in studio<br />
Nel valutare i risultati ottenuti in seguito allo studio, non abbiamo osservato un<br />
significativo aumento della CAT plasmatica né nel periodo di consumo acuto né nel<br />
periodo a lungo termine, ma un significativo aumento si è verificato nel prelievo<br />
effettuato dopo l’ultimo washout per quanto riguarda i valori del Frap.<br />
FRAP μmol<br />
TE/L<br />
TEAC<br />
Mmol TE/L<br />
PARAMETRI<br />
BIOCHIMICI<br />
VALORI DI<br />
BASELINE DOPO<br />
RIFERIMENTO BASELINE<br />
ALBA<br />
DOPO<br />
ALBA WASHOUT1<br />
WASHOUT1 DOPO<br />
ADRIA<br />
DOPO<br />
ADRIA<br />
DOPO<br />
SVEVA<br />
DOPO<br />
SVEVA WASHOUT2<br />
BILIRUBINA TOT. fino a 1 mg/dl 0,7 0,6 0,7 0,7 0,7 0,7<br />
GLICEMIA (70-110) mg/dl 84,8 85,8 84,9 85,3 84,5 81,0<br />
CREATININA<br />
SIERO (0,5-0,9) mg/dl 0,8 0,8 0,8 0,8 0,8 0,9<br />
AC.URICO SIERO (2,4-5,7) mg/dl 4,8 4,7 4,6 4,7 4,6 4,7<br />
PROTEINE<br />
TOTALI SIERO (6,6-8,7) g/dl 7,7 7,5 7,4 7,5 7,5 7,4<br />
ALBUMINA SIERO (3,4-4,8) g/dl 5,0 4,9 4,9 4,8 4,9 4,7<br />
COLESTEROLO<br />
TOT. < 200 mg/dl 177,7 167,8 169,8 167,0 171,3 168,5<br />
COLESTEROLO<br />
HDL (40-60) mg/dl 59,7 61,0 58,1 58,0 59,6 57,9<br />
TRIGLICERIDI < 150 mg/dl 70,0 69,7 67,4 77,9 87,8 71,6<br />
COLESTEROLO<br />
LDL < 100 mg/dl 100,2 98,8 100,6 98,4 101,0 103,4<br />
WASHOUT2<br />
24,25±5,37 24,25±5,52 23,77±4,35 24,05±5,75 23,75±5,60 25,79±6,06<br />
2,63±0,54 2,09±0,18 2,15±0,16 2,8±0,59 2,2±0,17 2,61±0,2<br />
78
Fig. 11 Frap del plasma espresso come media ± SD, e in μmol TE/gFW<br />
Nessuna variazione significativa è stata osservata anche nel caso del test TEAC.<br />
Fig. 12 Teac del plasma espresso come media ± SD, e in mmol TE/gFW<br />
In passato, l'aumento osservato nella CAT del plasma dopo il consumo di frutta e<br />
succhi di frutti di bosco è stato generalmente attribuito agli alti livelli di <strong>antiossidanti</strong><br />
polifenolici forniti dalle bacche. Tuttavia, molti studi recenti di breve durata sugli<br />
umani, hanno riferito che i composti flavonoidi, quali antociani, che sono fra i fenoli<br />
più rappresentati nelle fragole, mostrano un assorbimento rapido ma molto povero<br />
(Mazza et al, 2002; Rechner et al, 2002; Manach et al, 2005). Queste sostanze<br />
sembrano arrivare a concentrazioni molto basse nel plasma umano e solo<br />
79
immediatamente dopo il consumo di cibi ricchi di flavonoidi.<br />
4.3.2.1 BAP test vs SHp test<br />
Ai saggi classici come Teac e Frap abbiamo affiancato per il plasma una valutazione<br />
con il Bap test e l’SHp test.<br />
Il range stimato del BAP test negli individui normali è 2200–4000 mmoli/L. In ogni<br />
caso, una riduzione dei valori del test al di sotto dell’intervallo indicato appare<br />
direttamente correlata con una ridotta efficienza della barriera antiossidante<br />
plasmatica. Ritroviamo questa condizione nei valori della baseline (1568,4 μmol/L), i<br />
valori di Cat comunque aumentano significativamente dopo l’integrazione con la<br />
cultivar Alba e continua ad aumentare significativamente anche dopo il primo<br />
washout, ma tocca il valore più elevato dopo la cultivar Adria con un valore pari a<br />
4811,739 μmol/L, cala leggermente dopo l’integrazione con Sveva ma dopo l’ultimo<br />
washout torna ad aumentare(3967,52 μmol/L). Questi valori indicano un beneficio<br />
apportato da ogni somministrazione che si prolunga al periodo di astinenza, e<br />
comunque il beneficio è dato dal ristabilirsi dei valori nel range di normalità.<br />
Mentre andando a valutare l’–SHp test, il range negli individui normali è 450–650<br />
µmoli/L. Una riduzione dei valori del test al di sotto di questo intervallo si correla<br />
direttamente con una ridotta efficienza della barriera antiossidante tiolica.<br />
In generale, l’–SHp test si è dimostrato molto affidabile nella valutazione della<br />
componente tiolica della barriera antiossidante plasmatica in diversi studi clinici,<br />
integrando egregiamente i risultati del d-ROMs test nella valutazione globale dello<br />
stress ossidativo, in particolare nei fumatori, nei nefro-trapiantati, nei dializzati, negli<br />
uremici e nel monitoraggio dell’efficacia dell’integrazione alimentare dei pazienti<br />
cancerosi.<br />
Nel nostro lavoro non c’è una variazione pressochè significativa tra le varie<br />
integrazioni se non nella riduzione dopo Alba (577 µmoli/L) che comunque rimane nel<br />
range di valori corrispondenti alla normalità, e dopo il 2° washout in cui il valore<br />
scende sotto il range di normalità (393,7 µmoli/L).<br />
80
Fig. 13 Bap test vs SHp test<br />
4.3.3 VALUTAZIONE DELL’ATTACCO DEI RADICALI LIBERI<br />
4.3.3.1 Residui carbonilici <strong>delle</strong> proteine:<br />
Come precedentemente descritto nella sezione d’introduzione, lo stress ossidativo può<br />
dare origine a derivati carbonilici <strong>delle</strong> proteine, attraverso una varietà di meccanismi<br />
che includono la frammentazione e l'ossidazione amminica a causa di catalisi metallica<br />
o da acido ipocloroso e proprio per questo la misura dei carbonili proteici è diventata<br />
un marcatore popolare di danno ossidativo.<br />
Il saggio sui carbonili è stato applicato a studi sperimentali e campioni clinici, ed è<br />
stato dimostrato che i livelli di carbonili sono elevati in alcune patologie e tende ad<br />
aumentare con l'età.<br />
Le nostre analisi hanno dimostrato la quasi assenza di un effetto protettivo<br />
dell’integrazione di fragole sui livelli dei carbonili, notiamo infatti nella fig 14 come i<br />
livelli di gruppi carbonili aumentino significativamente (p>0,001) rispetto alla baseline<br />
sia dopo l’assunzione di Alba (4,35 nmol/ml), sia dopo il 1° washout (4,27 nmol/ml),<br />
ancor più dopo Adria (5,17 nmol/ml), ma successivamente si assiste ad un crollo<br />
81
significativo della quantità di carbonili (1,80 nmol/ml dopo Sveva e 1,38 nmol/ml<br />
dopo l’ultimo washout).<br />
Questi risultati fanno pensare ad un effetto che si manifesta dopo l’integrazione<br />
prolungata nel tempo di fragole, si vede infatti nella Fig.14 come c’è un aumento dei<br />
carbonili fino ad un mese di integrazione con fragole, per poi vedere una diminuzione<br />
significativa dopo l’assunzione di sveva e dopo il 2°washout. Questo risultato<br />
andrebbe confermato da studi futuri.<br />
Fig. 14 residui carbonilici nello studio sul consumo acuto e prolungato di fragole<br />
appartenenti a cultivar diverse.<br />
4.3.3.2 Il dROMs<br />
Il livello di idroperossidi circolanti determinati con il d-ROMs test segue nella<br />
popolazione una distribuzione unimodale con un picco tra 250 e 300 U CARR (pari a<br />
20.08-24.00 mg/dL di H2O2), individuato come il valore di riferimento del test.<br />
82
Fig. 15 Test dROMs<br />
Possiamo vedere dal grafico precedente (Fig. 15) come inizialmente i valori, dalla<br />
baseline fino al 1° washout, passando per l’integrazione con ALBA risultano<br />
pressochè costanti ( 312 U CARR, 349 U CARR e 339 UCARR rispettivamente), ed è<br />
dopo l’assunzione con Adria che otteniamo la prima riduzione significativa (240 U<br />
CARR) fino ad arrivare al valore più basso dopo il 2° washout (227 U CARR).<br />
Nel valutare i risultati ottenuti in questi test non può non risaltare il crollo significativo<br />
dei livelli di stress ossidativo nel plasma dei soggetti in studio. E’ facile ipotizzare che<br />
ci sia un effetto ritardato della protezione ad opera degli <strong>antiossidanti</strong> sui parametri di<br />
stress ossidativo. Questo aspetto potrebbe essere un buon trampolino di lancio per<br />
indagini future, atte a individuare il meccanismo di un tale effetto.<br />
4.3.4 ANALISI DELLE URINE:<br />
4.3.4.1. 8OhdG<br />
Il biomarker 8-OHdG o 8-oxodG è un indicatore fondamentale per misurare l'effetto<br />
endogeno del danno ossidativo al DNA e come fattore di iniziazione e di promozione<br />
di carcinogenesi.<br />
83
Il range di normalità va da 0 a 20 ng/ml, quindi come possiamo verificare dalla fig.16<br />
i nostri soggetti sono in buone condizioni di salute, poichè i valori si presentano tutti<br />
nel range di normalità, e non si evidenziano differenze significative imputabili al<br />
consumo di fragole.<br />
4.3.4.2 F2-ISOPROSTANI<br />
C'è una forte evidenza che gli isoprostani sono eccellenti biomarcatori molecolari per<br />
lo stress ossidativo. Infatti, il 15- F2t Isoprostano è già ampiamente riconosciuto come<br />
il "gold standard" dello stato ossidante.<br />
I risultati ottenuti usando questo kit sono stati convalidati da GC / MS dopo estrazione in<br />
fase solida di aliquote separate e mostrano un elevato grado di correlazione (r> 0,8).<br />
Il 15- F2t isoprostano è stato anche dimostrato essere un potente vasocostrittore nei<br />
reni del ratto e nei polmoni del coniglio. Elevati livelli di isoprostani sono associati a<br />
sindrome epato-renale, l'artrite reumatoide, l'aterosclerosi, e la carcinogenesi.<br />
Nel nostro studio quindi abbiamo dimostrato che il livello di isoprostani nelle urine dei<br />
soggetti in studio, diminuisce significativamente rispetto alla baseline, il valore più basso<br />
lo riscontriamo dopo l’assunzione di sveva (0,33ng/ml), ma buoni valori si sono ottenuti<br />
anche dopo Alba, dopo il 1°washout, e dopo il 2°washout(0,520833 ng/ml, 0,520833<br />
ng/ml, 0,500833ng/ml rispettivamente), confermando a grandi linee l’ipotesi di un effetto<br />
di protezione che l’integrazione di fragole dà oltre il periodo dell’assunzione stessa.<br />
84
Fig.17 isoprostani nelle urine dei soggetti in studio<br />
4.4 STUDIO SULL'EMOLISI NEI GLOBULI ROSSI<br />
Molti dati in letteratura trattano <strong>delle</strong> proprietà <strong>antiossidanti</strong> dei polifenoli, in<br />
particolare dei flavonoidi, su sistemi di membrane. Queste conoscenze ci hanno<br />
portato a valutare la possibilità di studiare possibili effetti di un consumo notevole di<br />
fragole ricche in flavonoidi.<br />
Lo studio sull’effetto di questa integrazione è stata effettuata sulla resistenza<br />
all’emolisi spontanea o indotta nei globuli rossi. La scelta è stata motivata da diverse<br />
considerazioni, in primo luogo, gli eritrociti sono le cellule più abbondanti nel corpo<br />
umano e sono facilmente ottenibili attraverso un semplice prelievo del sangue. In<br />
secondo luogo, a causa <strong>delle</strong> loro caratteristiche strutturali e funzionali, sono destinati<br />
ad essere vittime di un continuo stress ossidativo, in possesso quindi di caratteristiche<br />
fisiologiche tali da essere scelti come modello di cellule per studiare gli effetti e<br />
l'entità del danno ossidativo. Infatti, poiché l'apporto di ossigeno ai vari organi in tutto<br />
85
il corpo è espletato esclusivamente dai globuli rossi, queste cellule sono costantemente<br />
esposte a radicali liberi durante la circolazione del sangue.<br />
Nelle Figure 18 e 19, sono riportate le % d’emolisi degli eritrociti dopo 1 ora, 3 ore e<br />
5 ore di incubazione in tampone PBS (% emolisi spontanea) e in soluzione AAPH (%<br />
emolisi indotta da AAPH).<br />
Durante il periodo di maggiore supplementazione di fragola (DOPO ALBA 500gr/die)<br />
la resistenza all’emolisi è stata osservata sia nel controllo (eritrociti in tampone PBS)<br />
sia in cellule trattate con AAPH (50 mM). Se si guarda il grafico dell’emolisi<br />
spontanea, (Fig.18), l’assunzione di un elevata quantità di fragole dà una riduzione<br />
significativa (p
Fig. 18 % di emolisi spontanea nello studio acuto e a lungo termine<br />
Fig. 19 % di emolisi indotta da AAPH nello studio acuto (50mM) e a lungo termine<br />
(10mM)<br />
87
4.5 ATTIVAZIONE PIASTRINICA<br />
Le immagini sotto e le tabelle che seguono danno indicazione dell'effetto di un consumo<br />
acuto e prolungato di fragole sull'attivazione piastrinica.<br />
Le piastrine hanno subito una minima manipolazione sperimentale e si presentano con la<br />
classica morfologia discoidale con alcuni pseudopodi. Nei nostri preparati le piastrine<br />
possono presentarsi più o meno stipate. Questo è dovuto all'effetto compattante della<br />
centrifugata a 1000 x g e alla zona di taglio del pellet all’ultramicrotomo (centro o<br />
periferia).<br />
I dati ottenuti sono riassunti nelle tabelle 9 e 10, dove sono descritte le percentuali <strong>delle</strong><br />
varie classi di piastrine nei vari prelievi, e i dati normalizzati per il numero totale di<br />
piastrine contate in ogni gruppo con le relative deviazioni standard. Abbiamo applicato<br />
l’analisi della varianza all’interno di ciascuna classe di piastrine (resting, central clustered<br />
e degranulated) per vedere se vi fosse un’attivazione piastrinica significativa durante le<br />
varie fasi di somministrazione <strong>delle</strong> varietà di fragole. Se il trattamento non avesse<br />
influenzato lo stato <strong>delle</strong> piastrine non avremmo dovuto avere variazioni <strong>delle</strong> piastrine<br />
resting, central clustered e degranulated durante tutti i prelievi. L’analisi ha dimostrato<br />
che, pur essendoci nei prelievi post-washout1 e post-adria un notevole aumento <strong>delle</strong><br />
piastrine con central clustering, le differenze non erano significative a causa della grossa<br />
variabilità tra i soggetti, identificabile dai valori della deviazione standard. Anche per il<br />
prelievo post-washout2 si ha un incremento rispetto al prelievo baseline e post-alba sia di<br />
central clustering che di degranulation ma anche in questo caso non significativo. E’ stato<br />
osservato che alcuni pazienti presentavano un’attivazione ai prelievi post-washout1 e<br />
post-adria rispetto agli altri e precisamente il volontario numero 7 e il numero 11 i quali<br />
hanno contribuito fortemente all’incremento del numero di piastrine attivate in quel<br />
gruppo di prelievi. (Fig20-23)<br />
88
.<br />
Fig. 18 Immagine del campione di piastrine del soggetto n 7 riferito al prelievo post-washout1<br />
Fig. 19 Immagine del campione di piastrine del soggetto n 7 riferito al prelievo post-Adria<br />
Fig. 20 Immagine del campione di piastrine del soggetto n11 riferito al prelievo post-washout1<br />
89
Fig. 21 Immagine del campione di piastrine del soggetto n 11 riferito al prelievo post-Adria.<br />
Questi dati dimostrano che l’assunzione di fragole, in questa categoria di soggetti, non<br />
interferisce con l’attività piastrinica e quindi non aumenta il rischio trombogenico. La<br />
risposta al trattamento in 2 soggetti su 9 (7 e 11) è stata caratterizzata invece da un<br />
incremento significativo di attivazione piastrinica.<br />
N°<br />
PIASTRINE<br />
N° piastrine<br />
Totali<br />
BASELINE<br />
DOPO<br />
DOPO ALBA WASHOUT1<br />
DOPO<br />
DOPO ADRIA DOPO SVEVA WASHOUT2<br />
1364 892 1302 1241 1191 1180<br />
Normali 1353 878 1234 1193 1175 1130<br />
Centralizzate 4 1 40 25 0 15<br />
De granulate 9 13 28 22 16 35<br />
%<br />
PIASTRINE<br />
Tab. 9 N° di piastrine normali,centralizzate, degranulate<br />
BASELINE<br />
DOPO ALBA<br />
DOPO<br />
WASHOUT1<br />
DOPO<br />
DOPO ADRIA DOPO SVEVAWASHOUT2<br />
Normali 99,19 98.43 94.78 96.13 98.66 95.76<br />
Centralizzate 0.29 0.11 3.07 2.01 0 1.27<br />
De granulate 0.66 1.46 2.15 1.77 1.34 2.97<br />
Tab.10 % di piastrine normali,centralizzate, e degranulate nelle diverse fasi dello studio.<br />
90
5. CONCLUSIONI E PROSPETTIVE FUTURE<br />
Alimentazione. Non se n’è mai parlato così tanto: giornali, televisione, la rete internet, perfino<br />
a scuola si illustrano, più o meno correttamente, i vantaggi e i principi di una sana e corretta<br />
alimentazione. Eppure le patologie in maggiore aumento sono proprio quelle metaboliche o<br />
comunque legate ad una cattiva alimentazione, come riportano i dati statistici su scala<br />
mondiale. Si parla sempre di più di alimentazione corretta come “terapia”. Un'alimentazione<br />
sana è quella che fornisce tramite gli alimenti assunti quotidianamente la quantità di nutrienti<br />
che corrisponde al proprio fabbisogno. Ma l’alimentazione corretta permette anche alle<br />
persone sane di prevenire le malattie e migliorare il loro stato di salute. Nell’ambito della<br />
vasta gamma di prodotti alimentari di largo consumo, frutta e verdura ricoprono un ruolo di<br />
fondamentale importanza, grazie al loro notevole contenuto di composti benefici per la salute.<br />
La nostra attenzione si è focalizzata sul frutto della Fragola, tra i più ricchi in composti<br />
<strong>antiossidanti</strong>, composti specifici che costituiscono la barriera protettiva contro alte<br />
concentrazioni di radicali liberi responsabili dello stress ossidativo. Scopo di questo progetto<br />
di tesi è stato quello di valutare le caratteristiche nutrizionali di differenti varietà di fragola(in<br />
vitro) e gli effetti di un consumo acuto o cronico di questi frutti sulla salute umana (in vivo). I<br />
risultati complessivi hanno indicato che le differenti cultivar analizzate possono essere adatte<br />
al consumo fresco in termini di qualità nutrizionale (NQ), tra le varietà studiate la cultivar<br />
Sveva ha mostrato i più alti attibuti nutrizionali, confermandosi la più adatta agli studi in vivo.<br />
L’interesse di osservare l’effetto in vivo di un’assunzione di fragole ci è venuta da diverse<br />
considerazioni, la caratteristica ricchezza <strong>delle</strong> fragole in <strong>antiossidanti</strong> è ormai ben nota, e<br />
avvalorata da studi in vitro, tuttavia vi è una crescente consapevolezza che i dati in vitro sono<br />
spesso in contrasto con i risultati ottenuti da studi in vivo. Probabilmente questi effetti sono<br />
dovuti al lungo metabolismo dei flavonoidi negli esseri umani e alla biodisponibilità di questi<br />
nella dieta. Ci sono pochi lavori in letteratura che trattano gli effetti di queste sostanze sulla<br />
nostra salute una volta che vengono assorbite e metabolizzate. Recenti studi hanno concluso<br />
che il consistente aumento della CAT plasmatica osservata a seguito di un consumo di cibi<br />
ricchi in flavonoidi non è causato solo da questi, ma può essere frutto dell’effetto combinato<br />
di sostanze prodotte in risposta ad un largo consumo di frutta ricca in fruttosio. Malgrado ciò<br />
molti degli studi che trattano degli effetti benefici dei piccoli frutti a bacca sulla salute umana<br />
hanno usato come modello per la valutazione del danno ossidativo cellulare i globuli rossi, e<br />
la loro naturale tendenza all’emolisi, questo perché c’è motivo di credere che le proprietà<br />
<strong>antiossidanti</strong> ed antiemolitiche dei flavonoidi potrebbero essere localizzate nella doppia<br />
91
membrana cellulare dei globuli rossi. Quando sono all’interno della membrana queste<br />
sostanze potrebbero inibire la perossidazione lipidica. Per confermare queste ipotesi in vivo<br />
abbiamo svolto anche noi uno studio sugli effetti di un consumo acuto e prolungato di fragole<br />
sulla % di emolisi spontanea e indotta da una sostanza ossidante. Abbiamo valutato gli<br />
eventuali cambiamenti nello status antiossidante del plasma dei soggetti dello studio e i<br />
cambiamenti dei livelli di danno ossidativo. Abbiamo anche valutato l’eventuale attivazione<br />
<strong>delle</strong> piastrine in risposta al consumo di fragole come possibile indice di infiammazione in<br />
vari stadi, caratteristica base di molte condizioni patologiche.<br />
Nella nostra indagine, abbiamo voluto anche aggiungere una valutazione sulla capacità degli<br />
estratti di fragole di diminuire le lesioni gastriche indotte dall’etanolo nello stomaco dei ratti,<br />
l'etanolo ha indotto l'inibizione dell'attività della SOD e della CAT, (<strong>antiossidanti</strong> endogeni)<br />
suggerendo un ruolo importante di questi enzimi nella patogenesi della lesione gastrica. Una<br />
diminuzione di entrambe le attività nella mucosa gastrica, SOD e CAT, in ratti esposti ad<br />
etanolo assoluto comporta l'accumulo di ROS e di conseguenza ad un aumento della<br />
concentrazione di MDA. Al fine di chiarire ulteriormente i meccanismi della<br />
gastroprotezione, la nostra indagine in futuro potrà essere focalizzata su altri modelli<br />
sperimentali di lesioni gastriche e ulteriori meccanismi di difesa della mucosa gastrica.<br />
I risultati preliminari ottenuti in questo lavoro hanno fornito un buon punto di partenza per<br />
continuare l’indagine sui meccanismi legati allo stress ossidativo. Sarebbe interessante in<br />
futuro valutare l’effetto diretto di questi prodotti di ossidazione su organi maggiormente<br />
esposti allo stress ossidativo e pianificare magari studi su categorie di persone con malattie<br />
cronico-degenerative ad esso correlate o su gruppi di persone sane ma sottoposte a forte stress<br />
ossidativo,come possono essere gli sportivi.<br />
92
BIBLIOGRAFIA<br />
Akiba S, Matsugo S, Packer L, Konishi T (1998). Assay of protein-bound lipoic acid in tnumeros<br />
by a new enzymatic method. Anal Biochem 258 (2): 299-304.<br />
Albanes D (1999). Beta-carotene and lung cancer: a case study. Am J Clin Nutr 69 (6): 1345S-<br />
1350S..<br />
Ames B, Cathcart R, Schwiers E, Hochstein P (1981). Uric acid provides an antioxidant defense<br />
in humans against oxidant- and radical-caused aging and cancer: a hypothesis. Proc Natl Acad<br />
Sci U S A 78 (11): 6858-62..<br />
Arnér E, Holmgren A (2000). Physiological functions of thioredoxin and thioredoxin reductase.<br />
Eur J Biochem 267 (20): 6102-9..<br />
Aviram M (2000). Review of human studies on oxidative damage and antioxidant protection<br />
related to cardiovascular diseases. Free Radic Res 33 Suppl: S85-97.<br />
Bannister J, Bannister W, Rotilio G (1987). Aspects of the structure, function, and applications<br />
of superoxide dismutase. CRC Crit Rev Biochem 22 (2): 111-80.<br />
Bartlett H, Eperjesi F (2003). Age-related macular degeneration and nutritional supplementation:<br />
a review of randomised controlled trials. Ophthalmic Physiol Opt 23 (5): 383-99.<br />
Baublis A, Lu C, Clydesdale F, Decker E (2000). Potential of wheat-based breakfast cereals as a<br />
source of dietary antioxidants. J Am Coll Nutr 19 (3 Suppl): 308S-311S.<br />
Beecher G (2003). Overview of dietary flavonoids: nomenclature, occurrence and intake. J Nutr<br />
133 (10): 3248S-3254S.<br />
Bjelakovic G, et al (2007). Mortality in randomized trials of antioxidant supplements for primary<br />
and secondary prevention: systematic review and meta-analysis. 297: 842-57.<br />
Bjelakovic G, Nagorni A, Nikolova D, Simonetti R, Bjelakovic M, Gluud C (2006). Meta-<br />
analysis: antioxidant supplements for primary and secondary prevention of colorectal adenoma.<br />
Aliment Pharmacol Ther 24 (2): 281-91.<br />
93
Bjelakovic G, Nikolova D, Gluud L, Simonetti R, Gluud C (2007). Mortality in Randomized<br />
Trials of Antioxidant Supplements for Primary and Secondary Prevention: Systematic Review<br />
and Meta-analysis. JAMA 297 (8): 842-57.<br />
Bleys J, Miller E, Pastor-Barriuso R, Appel L, Guallar E (2006). Vitamin-mineral<br />
supplementation and the progression of atherosclerosis: a meta-analysis of randomized<br />
controlled trials. Am. J. Clin. Nutr. 84 (4): 880-7; quiz 954-5.<br />
Brigelius-Flohé R (1999). Tnumero-specific functions of individual glutathione peroxidases.<br />
Free Radic Biol Med 27 (9-10): 951-65.<br />
Brigelius-Flohé R, Traber M (1999). Vitamin E: function and metabolism. FASEB J 13 (10):<br />
1145-55.<br />
Burcham PC, Kuhan YT. Introduction of carbonyl groups into proteins by the lipid peroxidation<br />
product, malondialdehyde. Biochem Biophys Res Commun. 1996; 220:996-1001 423:57-65<br />
Buss H, Chan TP, Sluis KB, et al. Protein carbonyl measurement by a sensitive ELISA method.<br />
Free Radic Biol Med. 1997; 23:361-6<br />
Cao G, Alessio H, Cutler R (1993). Oxygen-radical absorbance capacity assay for antioxidants.<br />
Free Radic Biol Med 14 (3): 303-11.<br />
Cao G, Prior R (1998). Comparison of different analytical methods for assessing total<br />
antioxidant capacity of human serum. Clin Chem 44 (6 Pt 1): 1309-15.<br />
Caraballoso M, Sacristan M, Serra C, Bonfill X. Drugs for preventing lung cancer in healthy<br />
people. Cochrane Database Syst Rev: CD002141.<br />
Carr A, Frei B (1999). Does vitamin C act as a pro-oxidant under physiological conditions?.<br />
FASEB J. 13 (9): 1007-24.<br />
CE Boozer, GS Hammond, CE Hamilton (1955) "Air Oxidation of Hydrocarbons. The<br />
Stoichiometry and Fate of Inhibitors in Benzene and Chlorobenzene". Journal of the American<br />
Chemical Society, 3233-3235<br />
Chaudière J, Ferrari-Iliou R. Intracellular antioxidants: from chemical to biochemical<br />
mechanisms. Food Chem Toxicol 37 (9-10): 949-62.<br />
94
Chelikani P, Fita I, Loewen P (2004). Diversity of structures and properties among catalases.<br />
Cell Mol Life Sci 61 (2): 192-208.<br />
Chen C, Qu L, Li B, Xing L, Jia G, Wang T, Gao Y, Zhang P, Li M, Chen W, Chai Z (2005).<br />
Increased oxidative DNA damage, as assessed by urinary 8-hydroxy-2'-deoxyguanosine<br />
concentrations, and serum redox status in persons exposed to mercury. Clin Chem 51 (4): 759-<br />
67.<br />
Cherubini A, Vigna G, Zuliani G, Ruggiero C, Senin U, Fellin R (2005). Role of antioxidants in<br />
atherosclerosis: epidemiological and clinical update. Curr Pharm Des 11 (16): 2017-32.<br />
Christen Y (2000). Oxidative stress and Alzheimer disease. Am J Clin Nutr 71 (2): 621S-629S.<br />
Claiborne A, Yeh J, Mallett T, Luba J, Crane E, Charrier V, Parsonage D (1999). Protein-<br />
sulfenic acids: diverse roles for an unlikely player in enzyme catalysis and redox regulation.<br />
Biochemistry 38 (47): 15407-16.<br />
Close G, Ashton T, Cable T, Doran D, Holloway C, McArdle F, MacLaren D (2006). Ascorbic<br />
acid supplementation does not attenuate post-exercise muscle soreness following muscle-<br />
damaging exercise but may delay the recovery process. Br J Nutr 95 (5): 976-81.<br />
Collins AR, Cadet J, Moller L, et al. Are we sure we know how to measure 8-oxo-7,8-<br />
dihydroguanine in DNA from human cells?. Arch Biochem Biophys 2004;<br />
Cook NR, Albert CM, Gaziano JM, et al (2007). A randomized factorial trial of vitamins C and<br />
E and beta carotene in the secondary prevention of cardiovascular events in women: results from<br />
the Women's Antioxidant Cardiovascular Study 167: 1610–8.<br />
Cookson M, Shaw P (1999). Oxidative stress and motor neurone disease. Brain Pathol 9 (1):<br />
165-86.<br />
Coulter I, Hardy M, Morton S, Hilton L, Tu W, Valentine D, Shekelle P (2006). Antioxidants<br />
vitamin C and vitamin e for the prevention and treatment of cancer. Journal of general internal<br />
medicine : official rivista of the Society for Research and Education in Primary Care Internal<br />
Medicine 21 (7): 735-44.<br />
Cracowski JL, Durand T, Bessard G. Isoprostanes as a biomarker of lipid peroxidation in<br />
humans: physiology, pharmacology and clinical implications. Trends<br />
95
Creissen G, Broadbent P, Stevens R, Wellburn A, Mullineaux P (1996). Manipulation of<br />
glutathione metabolism in transgenic plants. Biochem Soc Trans 24 (2): 465-9.<br />
Dalle-Donne I, Rossi R, Colombo R, et al. Biomarkers of oxidative damage in human disease.<br />
Clin Chem. 2006; 52:601-23<br />
Davì G, Falco A, Patrono. Lipid peroxidation in diabetes mellitus. Antioxid Redox Signal 7 (1-<br />
2): 256-68.<br />
Davies K (1995). Oxidative stress: the paradox of aerobic life. Biochem Soc Symp 61: 1-31.<br />
Davies MJ, Fu S, Wang H, Dean RT. Stable markers of oxidant damage to proteins and their<br />
application in the study of human disease. Free Radic Biol Med. 1999; 27:1151-63<br />
De Haan J, Bladier C, Griffiths P, Kelner M, O'Shea R, Cheung N, Bronson R, Silvestro M, Wild<br />
S, Zheng S, Beart P, Hertzog P, Kola I (1998). Mice with a homozygous null mutation for the<br />
most abundant glutathione peroxidase, Gpx1, show increased susceptibility to the oxidative<br />
stress-inducing agents paraquat and hydrogen peroxide. J Biol Chem 273 (35): 22528-36.<br />
Dean RT, Fu S, Stocker R, Davies MJ. Biochemistry and pathology of radical-mediated protein<br />
oxidation. Biochem J. 1997; 324:1-18<br />
Dekkers J, van Doornen L, Kemper H (1996). The role of antioxidant vitamins and enzymes in<br />
the prevention of exercise-induced muscle damage. Sports Med 21 (3): 213-38.<br />
Del Carlo M, Sacchetti G, Di Mattia C, Compagnone D, Mastrocola D, Liberatore L, Cichelli A<br />
(2004). Contribution of the phenolic fraction to the antioxidant activity and oxidative stability of<br />
olive oil. J Agric Food Chem 52 (13): 4072-9.<br />
Del Río L, Sandalio L, Palma J, Bueno P, Corpas F (1992). Metabolism of oxygen radicals in<br />
peroxisomes and cellular implications. Free Radic Biol Med 13 (5): 557-80.<br />
Di Matteo V, Esposito E (2003). Biochemical and therapeutic effects of antioxidants in the<br />
treatment of Alzheimer's disease, Parkinson's disease, and amyotrophic lateral sclerosis. Curr<br />
Drug Targets CNS Neurol Disord 2 (2): 95-107.<br />
Dietz K, Jacob S, Oelze M, Laxa M, Tognetti V, de Miranda S, Baier M, Finkemeier I (2006).<br />
The function of peroxiredoxins in plant organelle redox metabolism. J Exp Bot 57 (8): 1697-709.<br />
96
Dizdaroglu M, Jaruga P, Birincioglu M, et al. Free radical-induced damage to DNA: mechanisms<br />
and measurement. Free Radic Biol Med 2002; 32:1102-15<br />
Duarte TL, Lunec J (2005). Review: When is an antioxidant not an antioxidant? A review of<br />
novel actions and reactions of vitamin C. Free Radic. Res. 39 (7): 671-86.<br />
El-Sohemy A, Baylin A, Kabagambe E, Ascherio A, Spiegelman D, Campos H (2002).<br />
Individual carotenoid concentrations in adipose tnumero and plasma as biomarkers of dietary<br />
intake. Am J Clin Nutr 76 (1): 172-9.<br />
Evelson P, Travacio M, Repetto M, Escobar J, Llesuy S, Lissi E (2001). Evaluation of total<br />
reactive antioxidant potential (TRAP) of tnumero homogenates and their cytosols. Arch<br />
Biochem Biophys 388 (2): 261-6.<br />
Finkel T, Holbrook NJ (2000). Oxidants, oxidative stress and the biology of ageing. Nature 408<br />
(6809): 239-47.<br />
G. López-Lluch, N. Hunt, B. Jones, M. Zhu, H. Jamieson, S. Hilmer, M. V. Cascajo, J. Allard,<br />
D. K. Ingram, P. Navas, and R. de Cabo (2006). Calorie restriction induces mitochondrial<br />
biogenesis and bioenergetic efficiency. Proc Natl Acad Sci U S A 103 (6): 1768-1773.<br />
German J. Food processing and lipid oxidation. Adv Exp Med Biol 459: 23-50.<br />
Gibson R, Perlas L, Hotz C (2006). Improving the bioavailability of nutrients in plant foods at<br />
the household level. Proc Nutr Soc 65 (2): 160-8.<br />
Giugliano D, Ceriello A, Paolisso G (1996). Oxidative stress and diabetic vascular<br />
complications. Diabetes Care 19 (3): 257-67.<br />
Glantzounis G, Tsimoyiannis E, Kappas A, Galaris D (2005). Uric acid and oxidative stress.<br />
Curr Pharm Des 11 (32): 4145-51.<br />
Griffiths HR, Møller L, Bartosz G, et al. Biomarkers. Mol Aspects Med. 2002; 23:101-208<br />
Halliwell B (2007). Dietary polyphenols: good, bad, or indifferent for your health?. Cardiovasc.<br />
Res. 73 (2): 341-7.<br />
97
Halliwell B, Whiteman M. Measuring reactive species and oxidative damage in vivo and in cell<br />
culture: how should you do it and what do the results mean? Br J<br />
Halliwell B. Effect of diet on cancer development: is oxidative DNA damage a biomarker?. Free<br />
Radic Biol Med 2002; 32:968-74<br />
Hao Q, Maret W (2005). Imbalance between pro-oxidant and pro-antioxidant functions of zinc in<br />
disease. J. Alzheimers Dis. 8 (2): 161-70; discussione 209-15.<br />
Hayes J, Flanagan J, Jowsey I. Glutathione transferases. Annu Rev Pharmacol Toxicol 45: 51-<br />
88.<br />
Helfand S, Rogina B (2003). Genetics of aging in the fruit fly, Drosophila melanogaster. Annu<br />
Rev Genet 37: 329-48.<br />
Henry C, Heppell N (2002). Nutritional losses and gains during processing: future problems and<br />
numeros. Proc Nutr Soc 61 (1): 145-8.<br />
Hercberg S, Galan P, Preziosi P, Bertrais S, Mennen L, Malvy D, Roussel AM, Favier A,<br />
Briancon S (2004). The SU.VI.MAX Study: a randomized, placebo-controlled trial of the health<br />
effects of antioxidant vitamins and minerals. Arch Intern Med 164 (21): 2335-42.<br />
Herrera E, Barbas C (2001). Vitamin E: action, metabolism and perspectives. J Physiol Biochem<br />
57 (2): 43-56.<br />
Higdon JV, Liu J, Du SH, et al. Supplementation of postmenopausal women with fish oil rich in<br />
eicosapentaenoic acid and docosahexaenoic acid is not associated<br />
Hiner A, Raven E, Thorneley R, García-Cánovas F, Rodríguez-López J (2002). Mechanisms of<br />
compound I formation in heme peroxidases. J Inorg Biochem 91 (1): 27-34.<br />
Hitchon C, El-Gabalawy H (2004). Oxidation in rheumatoid arthritis. Arthritis Res Ther 6 (6):<br />
265-78.<br />
Ho Y, Magnenat J, Bronson R, Cao J, Gargano M, Sugawara M, Funk C (1997). Mice deficient<br />
in cellular glutathione peroxidase develop normally and show no increased sensitivity to<br />
hyperoxia. J Biol Chem 272 (26): 16644-51.<br />
98
Ho Y, Magnenat J, Gargano M, Cao J. The nature of antioxidant defense mechanisms: a lesson<br />
from transgenic studies. Environ Health Perspect 106 Suppl 5: 1219-28.<br />
Hornig D, Vuilleumier J, Hartmann D (1980). Absorption of large, single, oral intakes of<br />
ascorbic acid. Int J Vitam Nutr Res 50 (3): 309-1.<br />
Hunt J (2003). Bioavailability of iron, zinc, and other trace minerals from vegetarian diets. Am J<br />
Clin Nutr 78 (3Suppl): 633S-639S.<br />
Hurrell R (2003). Influence of vegetable protein sources on trace element and mineral<br />
bioavailability. J Nutr 133 (9): 2973S-7S.<br />
Imlay J. Pathways of oxidative damage. Annu Rev Microbiol 57: 395-418.<br />
Iverson F (1995). Phenolic antioxidants: Health Protection Branch studies on butylated<br />
hydroxyanisole. Cancer Lett 93 (1): 49-54.<br />
J Chromatogr B. 2003; 794:237-55<br />
Jacob R. Three eras of vitamin C discovery. Subcell Biochem 25: 1-16.<br />
Jakeman P, Maxwell S (1993). Effect of antioxidant vitamin supplementation on muscle function<br />
after eccentric exercise. Eur J Appl Physiol Occup Physiol 67 (5): 426-30.<br />
Janssen LJ. Isoprostanes: an overview and putative roles in pulmonary pathophysiology. Am J<br />
Physiol Lung Cell Mol Physiol. 2001; 280:L1067-82<br />
Johnson F, Giulivi C. Superoxide dismutases and their impact upon human health. Mol Aspects<br />
Med 26 (4-5): 340-52.<br />
Kader A, Zagory D, Kerbel E (1989). Modified atmosphere packaging of fruits and vegetables.<br />
Crit Rev Food Sci Nutr 28 (1): 1-30.<br />
Khaw K, Woodhouse P (1995). Interrelation of vitamin C, infection, haemostatic factors, and<br />
cardiovascular disease. BMJ 310 (6994): 1559-63.<br />
Knight J. Free radicals: their history and current status in aging and disease. Ann Clin Lab Sci 28<br />
(6): 331-46.<br />
99
Krieger-Liszkay A (2005). Singlet oxygen production in photosynthesis. J Exp Bot 56 (411):<br />
337-46.<br />
Larsen P (1993). Aging and resistance to oxidative damage in Caenorhabditis elegans. Proc Natl<br />
Acad Sci U S A 90 (19): 8905-9.<br />
Lee T, Kim S, Yu S, Kim S, Park D, Moon H, Dho S, Kwon K, Kwon H, Han Y, Jeong S, Kang<br />
S, Shin H, Lee K, Rhee S, Yu D (2003). Peroxiredoxin II is essential for sustaining life span of<br />
erythrocytes in mice. Blood 101 (12): 5033-8.<br />
Lees K, Davalos A, Davis S, Diener H, Grotta J, Lyden P, Shuaib A, Ashwood T, Hardemark H,<br />
Wasiewski W, Emeribe U, Zivin J (2006). Additional outcomes and subgroup analyses of NXY-<br />
059 for acute ischemic stroke in the SAINT I trial. Stroke 37 (12): 2970-8.<br />
Lees K, Zivin J, Ashwood T, Davalos A, Davis S, Diener H, Grotta J, Lyden P, Shuaib A,<br />
Hårdemark H, Wasiewski W (2006). NXY-059 for acute ischemic stroke. N Engl J Med 354 (6):<br />
588-600.<br />
Leeuwenburgh C, Fiebig R, Chandwaney R, Ji L (1994). Aging and exercise training in skeletal<br />
muscle: responses of glutathione and antioxidant enzyme systems. Am J Physiol 267 (2 Pt 2):<br />
R439-45.<br />
Leeuwenburgh C, Heinecke J (2001). Oxidative stress and antioxidants in exercise. Curr Med<br />
Chem 8 (7): 829-38.<br />
Lenaz G (2001). The mitochondrial production of reactive oxygen species: mechanisms and<br />
implications in human pathology. IUBMB Life 52 (3-5): 159-64.<br />
Levine RL, Wehr N, Williams JA, et al. Determination of carbonyl groups in oxidized proteins.<br />
Methods Mol Biol. 2000; 99:15-24<br />
Lindahl T. Keynote: past, present, and future aspects of base excision repair. Prog. Nucleic Acid.<br />
2001. Res. Mol. Biol. 68, XVII–XXX<br />
Linster CL, Van Schaftingen E (2007). Vitamin C. Biosynthesis, recycling and degradation in<br />
mammals. FEBS J. 274 (1): 1-22.<br />
100
Mastaloudis A, Traber M, Carstensen K, Widrick J (2006). Antioxidants did not prevent muscle<br />
damage in response to an ultramarathon run. Med Sci Sports Exerc 38 (1): 72-80.<br />
Matill HA (1947). Antioxidants. Annu Rev Biochem 16: 177-192.<br />
Meister A (1988). Glutathione metabolism and its selective modification. J Biol Chem 263 (33):<br />
17205-8.<br />
Meister A (1994). Glutathione-ascorbic acid antioxidant system in animals. J Biol Chem 269<br />
(13): 397-400.<br />
Meister A, Anderson M. Glutathione. Annu Rev Biochem 52: 711-60.<br />
Melov S, Schneider J, Day B, Hinerfeld D, Coskun P, Mirra S, Crapo J, Wallace D (1998). A<br />
novel neurological phenotype in mice lacking mitochondrial manganese superoxide dismutase.<br />
Nat Genet 18 (2): 159-63.<br />
Miller E, Pastor-Barriuso R, Dalal D, Riemersma R, Appel L, Guallar E (2005). Meta-analysis:<br />
high-dosage vitamin E supplementation may increase all-cause mortality. Ann Intern Med 142<br />
(1): 37-46.<br />
Montine TJ, Montine KS, McMahan W, et al. F2- Isoprostanes in Alzheimer and other<br />
neurodegenerative diseases. Antioxid Redox Signal 2005;7:269-75<br />
Montuschi P, Barnes PJ, Roberts LJ. Isoprostanes: markers and mediators of oxidative stress.<br />
FASEB J. 2004; 18:1791-800<br />
Moreau, Dufraiss. Comptes Rendus des Séances et Mémoires de la Société de Biologie, 86, 321.<br />
1922.<br />
Morrow JD. Quantification of isoprostanes as indices of oxidant stress and the risk of<br />
atherosclerosis in humans. Arterioscler Thromb Vasc Biol. 2005; 25:279-86<br />
Mosha T, Gaga H, Pace R, Laswai H, Mtebe K (1995). Effect of blanching on the content of<br />
antinutritional factors in selected vegetables. Plant Foods Hum Nutr 47 (4): 361-7.<br />
Moss R (2006). Should patients undergoing chemotherapy and radiotherapy be prescribed<br />
antioxidants?. Integrative cancer therapies 5 (1): 63-82.<br />
101
Mueller S, Riedel H, Stremmel W (1997). Direct evidence for catalase as the predominant H2O2<br />
-removing enzyme in human erythrocytes. Blood 90 (12): 4973-8.<br />
Mustacich D, Powis G. Thioredoxin reductase. Biochem J 346 Pt 1: 1-8.<br />
Nakabeppu Y, Sakumi K, Sakamoto K, Tsuchimoto D, Tsuzuki T, Nakatsu Y (2006).<br />
Mutagenesis and carcinogenesis caused by the oxidation of nucleic acids. Biol Chem 387 (4):<br />
373-9.<br />
Neumann C, Krause D, Carman C, Das S, Dubey D, Abraham J, Bronson R, Fujiwara Y, Orkin<br />
S, Van Etten R (2003). Essential role for the peroxiredoxin Prdx1 in erythrocyte antioxidant<br />
defence and tumour suppression. Nature 424 (6948): 561-5.<br />
Nordberg J, Arner ES (2001). Reactive oxygen species, antioxidants, and the mammalian<br />
thioredoxin system. Free Radic Biol Med 31 (11): 1287-312.<br />
Nozik-Grayck E, Suliman H, Piantadosi C (2005). Extracellular superoxide dismutase. Int J<br />
Biochem Cell Biol 37 (12): 2466-71.<br />
Nunomura A, Castellani R, Zhu X, Moreira P, Perry G, Smith M (2006). Involvement of<br />
oxidative stress in Alzheimer disease. J Neuropathol Exp Neurol 65 (7): 631-41.<br />
Ogata M (1991). Acatalasemia. Hum Genet 86 (4): 331-40.<br />
Omenn G, Goodman G, Thornquist M, Balmes J, Cullen M, Glass A, Keogh J, Meyskens F,<br />
Valanis B, Williams J, Barnhart S, Cherniack M, Brodkin C, Hammar S (1996). Risk factors for<br />
lung cancer and for intervention effects in CARET, the Beta-Carotene and Retinol Efficacy<br />
Trial. J Natl Cancer Inst 88 (21): 1550-9.<br />
Ou B, Hampsch-Woodill M, Prior R (2001). Development and validation of an improved oxygen<br />
radical absorbance capacity assay using fluorescein as the fluorescent probe. J Agric Food Chem<br />
49 (10): 4619-26.<br />
Padayatty S, Katz A, Wang Y, Eck P, Kwon O, Lee J, Chen S, Corpe C, Dutta A, Dutta S,<br />
Levine M (2003). Vitamin C as an antioxidant: evaluation of its role in disease prevention. J Am<br />
Coll Nutr 22 (1): 18-35.<br />
102
Parsonage D, Youngblood D, Sarma G, Wood Z, Karplus P, Poole L (2005). Analysis of the link<br />
between enzymatic activity and oligomeric state in AhpC, a bacterial peroxiredoxin.<br />
Biochemistry 44 (31): 10583-92.<br />
Peake J (2003). Vitamin C: effects of exercise and requirements with training. Int J Sport Nutr<br />
Exerc Metab 13 (2): 125-51.<br />
Prashar A, Locke I, Evans C (2006). Cytotoxicity of clove (Syzygium aromaticum) oil and its<br />
major components to human skin cells. Cell Prolif 39 (4): 241-8.<br />
Pratico D, Lawson JA, Rokach J, et al. The isoprostanes in biology and medicine. Trends<br />
Endocrinol Metab. 2001; 12:243-7<br />
Pratico D, Rokach J, Lawson J, et al. F2-Isoprostanes as indices of lipid peroxidation in<br />
inflammatory diseases. Chem Phys Lipids. 2004; 128:165-71<br />
Prior R, Wu X, Schaich K (2005). Standardized methods for the determination of antioxidant<br />
capacity and phenolics in foods and dietary supplements. J Agric Food Chem 53 (10): 4290-302.<br />
Radimer K, Bindewald B, Hughes J, Ervin B, Swanson C, Picciano M (2004). Dietary<br />
supplement use by US adults: data from the National Health and Nutrition Examination Survey,<br />
1999-2000. Am J Epidemiol 160 (4): 339-49.<br />
Raha S, Robinson B (2000). Mitochondria, oxygen free radicals, disease and ageing. Trends<br />
Biochem Sci 25 (10): 502-8.<br />
Rao A, Balachandran B (2002). Role of oxidative stress and antioxidants in neurodegenerative<br />
diseases. Nutr Neurosci 5 (5): 291-309.<br />
Rattan S (2006). Theories of biological aging: genes, proteins, and free radicals. Free Radic Res<br />
40 (12): 1230-8.<br />
Reaume A, Elliott J, Hoffman E, Kowall N, Ferrante R, Siwek D, Wilcox H, Flood D, Beal M,<br />
Brown R, Scott R, Snider W (1996). Motor neurons in Cu/Zn superoxide dismutase-deficient<br />
mice develop normally but exhibit enhanced cell death after axonal injury. Nat Genet 13 (1): 43-<br />
7.<br />
103
Reiter R (1995). Oxidative processes and antioxidative defense mechanisms in the aging brain.<br />
FASEB J 9 (7): 526-33.<br />
Reiter RJ, Carneiro RC, Oh CS (1997). Melatonin in relation to cellular antioxidative defense<br />
mechanisms. Horm. Metab. Res. 29 (8): 363-72.<br />
Reznick AZ, Packer L. Oxidative damage to proteins: spectrophotometric method for carbonyl<br />
assay. Methods Enzymol. 1994;233:357-63<br />
Rhee S, Chae H, Kim K (2005). Peroxiredoxins: a historical overview and speculative preview<br />
of novel mechanisms and emerging concepts in cell signaling. Free Radic Biol Med 38 (12):<br />
1543-52.<br />
Richelle M, Turini ME, Guidoux R, et al. Urinary isoprostane excretion is not confounded by the<br />
lipid content of the diet. FEBS Lett. 1999; 459:259-62<br />
Rietveld A, Wiseman S (2003). Antioxidant effects of tea: evidence from human clinical trials. J<br />
Nutr 133 (10): 3285S-3292S.<br />
Rimm EB, Stampfer MJ, Ascherio A, Giovannucci E, Colditz GA, Willett WC (1993). Vitamin<br />
E consumption and the risk of coronary heart disease in men. N Engl J Med 328 (20): 1450-6.<br />
Robards K, Kerr A, Patsalides E (1988). Rancidity and its measurement in edible oils and snack<br />
foods. A review. Analyst 113 (2): 213-24.<br />
Roberts LJ and Morrow JD. Measurement of F(2)-isoprostanes as an index of oxidative stress in<br />
vivo. Free Radic Biol Med. 2000; 28:505–13<br />
Rodriguez-Amaya D. Food carotenoids: analysis, composition and alterations during storage and<br />
processing of foods. Forum Nutr 56: 35-7.<br />
Sandberg A (2002). Bioavailability of minerals in legumes. Br J Nutr 88 Suppl 3: S281-5.<br />
Schneider C (2005). Chemistry and biology of vitamin E. Mol Nutr Food Res 49 (1): 7-30.<br />
Schumacker P (2006). Reactive oxygen species in cancer cells: Live by the sword, die by the<br />
sword.. Cancer Cell 10 (3): 175-6.<br />
104
Schwedhelm E, Bartling A, Lenzen H, et al. Urinary 8- iso-prostaglandin F2{alpha} as a risk<br />
marker in patients with coronary heart disease: a matched case–control study. Circulation. 2004;<br />
109:843-8<br />
Schwedhelm E, Boger RH. Application of gas chromatography- mass spectrometry for analysis<br />
of isoprostanes: their role in cardiovascular disease. Clin Chem Lab Med. 2003; 4:1552-61<br />
Seifried H, McDonald S, Anderson D, Greenwald P, Milner J (2003). The antioxidant<br />
conundrum in cancer. Cancer Res 63 (15): 4295-8.<br />
Sen C, Khanna S, Roy S (2006). Tocotrienols: Vitamin E beyond tocopherols. Life Sci 78 (18):<br />
2088-98.<br />
Sharma R, Yang Y, Sharma A, Awasthi S, Awasthi Y (2004). Antioxidant role of glutathione S-<br />
transferases: protection against oxidant toxicity and regulation of stress-mediated apoptosis.<br />
Antioxid Redox Signal 6 (2): 289-300.<br />
Shenkin A (2006). The key role of micronutrients. Clin Nutr 25 (1): 1-13.<br />
Shigeoka S, Ishikawa T, Tamoi M, Miyagawa Y, Takeda T, Yabuta Y, Yoshimura K (2002).<br />
Regulation and function of ascorbate peroxidase isoenzymes. J Exp Bot 53 (372): 1305-19.<br />
Sies H (1993). Strategies of antioxidant defense. Eur J Biochem 215 (2).<br />
Sies H (1997). Oxidative stress: oxidants and antioxidants. Exp Physiol 82 (2): 291-5.<br />
Simone C, Simone N, Simone V, Simone C (2007). Antioxidants and other nutrients do not<br />
interfere with chemotherapy or radiation therapy and can increase kill and increase survival, part<br />
1. Alternative therapies in health and medicine 13 (1): 22-8.<br />
Smirnoff N. L-ascorbic acid biosynthesis. Vitam Horm 61: 241-66.<br />
Sohal R (2002). Role of oxidative stress and protein oxidation in the aging process. Free Radic<br />
Biol Med 33 (1): 37-44.<br />
Sohal R, Mockett R, Orr W (2002). Mechanisms of aging: an appraisal of the oxidative stress<br />
hypothesis. Free Radic Biol Med 33 (5): 575-86.<br />
105
Sowell A, Huff D, Yeager P, Caudill S, Gunter E (1994). Retinol, alpha-tocopherol,<br />
lutein/zeaxanthin, beta-cryptoxanthin, lycopene, alpha-carotene, trans-beta-carotene, and four<br />
retinyl esters in serum determined simultaneously by reversed-phase HPLC with<br />
multiwavelength detection. Clin Chem 40 (3): 411-6.<br />
Stadtman E (1992). Protein oxidation and aging. Science 257 (5074): 1220-4.<br />
Stadtman ER, Berlett BS. Reactive oxygen-mediated protein oxidation in aging and disease.<br />
Chem Res Toxicol. 1997; 10:485-94<br />
Stahl W, Schwarz W, Sundquist A, Sies H (1992). cis-trans isomers of lycopene and beta-<br />
carotene in human serum and tnumeros. Arch Biochem Biophys 294 (1): 173-7.<br />
Stanner SA, Hughes J, Kelly CN, Buttriss J (2004). A review of the epidemiological evidence for<br />
the "antioxidant hypothesis". Public Health Nutr 7 (3): 407-22.<br />
Stohs S, Bagchi D (1995). Oxidative mechanisms in the toxicity of metal ions. Free Radic Biol<br />
Med 18 (2): 321-36.<br />
Stohs SJ, Bagchi D (1995). Oxidative mechanisms in the toxicity of metal ions. Free Radic. Biol.<br />
Med. 18 (2): 321-36.<br />
Swartz HM, Bolton JR, Borg DC. Biological applications of electron spin resonance. Wiley<br />
Interscience New York London. 1972<br />
Szabó I, Bergantino E, Giacometti G (2005). Light and oxygenic photosynthesis: energy<br />
dissipation as a protection mechanism against photo-oxidation. EMBO Rep 6 (7): 629-34.<br />
Takanami Y, Iwane H, Kawai Y, Shimomitsu T (2000). Vitamin E supplementation and<br />
endurance exercise: are there benefits?. Sports Med 29 (2): 73-83.<br />
Tan DX, Manchester LC, Reiter RJ, Qi WB, Karbownik M, Calvo JR (2000). Significance of<br />
melatonin in antioxidative defense system: reactions and products. Biological signals and<br />
receptors 9 (3-4): 137-59.<br />
Tarpey MM, Wink DA, Grisham MB. Methods for detection of reactive metabolites of oxygen<br />
and nitrogen: in vitro and in vivo considerations. Am J Physiol Regul Integr Comp Physiol.<br />
2004; 286:R431-44<br />
106
Teichert J, Preiss R (1992). HPLC-methods for determination of lipoic acid and its reduced form<br />
in human plasma. Int J Clin Pharmacol Ther Toxicol 30 (11): 511-2.<br />
Thomas D (2004). Vitamins in health and aging. Clin Geriatr Med 20 (2): 259-74.<br />
Tiidus P (1998). Radical species in inflammation and overtraining. Can J Physiol Pharmacol 76<br />
(5): 533-8.<br />
Tsikas D, Schwedhelm E, Suchy MT, et al. Divergence in urinary 8-iso-PGF(2{alpha})<br />
(iPF(2{alpha})-III, 15- F(2t)-IsoP) levels from gas chromatography-tandem mass spectrometry<br />
quantification after thin-layer chromatography and immunoaffinity column chromatography<br />
reveals heterogeneity of 8-iso- GF(2{alpha}). Possible methodological, mechanistic and clinical<br />
implications.<br />
S. Tulipani, S. Romandini, M. Battino, S. Bompadre, F. Capocasa, B. Mezzetti (2009).Variation<br />
in strawberry micronutrients, phytochemical and antioxidant profiles: the combined effect of<br />
genotype and storage. Acta Hort. (ISHS) 842:867-872<br />
Turunen M, Olsson J, Dallner G (2004). Metabolism and function of coenzyme Q. Biochim<br />
Biophys Acta 1660 (1-2): 171-99.<br />
Valko M, Izakovic M, Mazur M, Rhodes C, Telser J (2004). Role of oxygen radicals in DNA<br />
damage and cancer incidence. Mol Cell Biochem 266 (1-2): 37-56.<br />
Valko M, Leibfritz D, Moncol J, Cronin M, Mazur M, Telser J (2007). Free radicals and<br />
antioxidants in normal physiological functions and human disease. Int J Biochem Cell Biol 39<br />
(1): 44-84.<br />
Valko M, Leibfritz D, Moncol J, Cronin M, Mazur M, Telser J (2007). Free radicals and<br />
antioxidants in normal physiological functions and human disease. Int J Biochem Cell Biol 39<br />
(1): 44-84.<br />
Valko M, Leibfritz D, Moncol J, et al. Free radicals and antioxidants in normal physiological<br />
functions and human disease. Int J Biochem Cell Biol. 2007; 39:44-84<br />
Valko M, Morris H, Cronin MT (2005). Metals, toxicity and oxidative stress. Curr. Med. Chem.<br />
12 (10): 1161-208.<br />
107
Van Camp W, Inzé D, Van Montagu M (1997). The regulation and function of tobacco<br />
superoxide dismutases. Free Radic Biol Med 23 (3): 515-20.<br />
Van Gaal L, Mertens I, De Block C (2006). Mechanisms linking obesity with cardiovascular<br />
disease. Nature 444 (7121): 875-80.<br />
Vertuani S, Angusti A, Manfredini S (2004). The antioxidants and pro-antioxidants network: an<br />
overview. Curr Pharm Des 10 (14): 1677-94.<br />
Vieira Dos Santos C, Rey P (2006). Plant thioredoxins are key actors in the oxidative stress<br />
response. Trends Plant Sci 11 (7): 329-34.<br />
Vivekananthan DP, Penn MS, Sapp SK, Hsu A, Topol EJ (2003). Use of antioxidant vitamins for<br />
the prevention of cardiovascular disease: meta-analysis of randomised trials. Lancet 361 (9374):<br />
2017-23.<br />
Vlassara H, Bucala R, Striker L. Pathogenic effects of advanced glycosylation: biochemical,<br />
biologic, and clinical implications for diabetes and aging. Lab Invest. 1994; 70:138-51<br />
Wang J, Wen L, Huang Y, Chen Y, Ku M (2006). Dual effects of antioxidants in<br />
neurodegeneration: direct neuroprotection against oxidative stress and indirect protection via<br />
suppression of glia-mediated inflammation. Curr Pharm Des 12 (27): 3521-33.<br />
Wang X, Quinn P (1999). Vitamin E and its function in membranes. Prog Lipid Res 38 (4): 309-<br />
36.<br />
Ward J (1998). Should antioxidant vitamins be routinely recommended for older people?. Drugs<br />
Aging 12 (3): 169-75.<br />
Warner D, Sheng H, Batinić-Haberle I (2004). Oxidants, antioxidants and the ischemic brain. J<br />
Exp Biol 207 (Pt 18): 3221-31.<br />
Wells W, Xu D, Yang Y, Rocque P (1990). Mammalian thioltransferase (glutaredoxin) and<br />
protein disulfide isomerase have dehydroascorbate reductase activity. J Biol Chem 265 (26):<br />
15361-4.<br />
Wilson J, Gelb A (2002). Free radicals, antioxidants, and neurologic injury: possible relationship<br />
to cerebral protection by anesthetics. J Neurosurg Anesthesiol 14 (1): 66-79.<br />
108
Wintergerst E, Maggini S, Hornig D (2006). Immune-enhancing role of vitamin C and zinc and<br />
effect on clinical conditions. Ann Nutr Metab 50 (2): 85-94.<br />
with greater in vivo lipid peroxidation compared with oils rich in oleate and linoleate as assessed<br />
by plasma malondialdehyde and F(2)-isoprostanes. Am J Clin Nutr. 2000; 72:714-22<br />
Witschi A, Reddy S, Stofer B, Lauterburg B (1992). The systemic availability of oral<br />
glutathione. Eur J Clin Pharmacol 43 (6): 667-9.<br />
Wolf G (2005). The discovery of the antioxidant function of vitamin E: the contribution of<br />
Henry A. Mattill. J Nutr 135 (3): 363-6.<br />
Wood Z, Schröder E, Robin Harris J, Poole L (2003). Structure, mechanism and regulation of<br />
peroxiredoxins. Trends Biochem Sci 28 (1): 32-40.<br />
Wood-Kaczmar A, Gandhi S, Wood N (2006). Understanding the molecular causes of<br />
Parkinson's disease. Trends Mol Med 12 (11): 521-8.<br />
Woodside J, McCall D, McGartland C, Young I (2005). Micronutrients: dietary intake v.<br />
supplement use. Proc Nutr Soc 64 (4): 543-53.<br />
Xianquan S, Shi J, Kakuda Y, Yueming J (2005). Stability of lycopene during food processing<br />
and storage. J Med Food 8 (4): 413-22.<br />
Yamaguchi T, Sano K, Takakura K, Saito I, Shinohara Y, Asano T, Yasuhara H (1998). Ebselen<br />
in acute ischemic stroke: a placebo-controlled, double-blind clinical trial. Ebselen Study Group.<br />
Stroke 29 (1): 12-7.<br />
Zallen E, Hitchcock M, Goertz G (1975). Chilled food systems. Effects of chilled holding on<br />
quality of beef loaves. J Am Diet Assoc 67 (6): 552-7.<br />
Zámocký M, Koller F (1999). Understanding the structure and function of catalases: clues from<br />
molecular evolution and in vitro mutagenesis. Prog Biophys Mol Biol 72 (1): 19-66.<br />
Zelko I, Mariani T, Folz R (2002). Superoxide dismutase multigene family: a comparison of the<br />
CuZn-SOD (SOD1), Mn-SOD (SOD2), and EC-SOD (SOD3) gene structures, evolution, and<br />
expression. Free Radic Biol Med 33 (3): 337-49.<br />
109
Zita C, Overvad K, Mortensen S, Sindberg C, Moesgaard S, Hunter D (2003). Serum coenzyme<br />
Q10 concentrations in healthy men supplemented with 30 mg or 100 mg coenzyme Q10 for two<br />
months in a randomised controlled study. Biofactors 18 (1-4): 185-93.<br />
Capocasa F, Diamanti J, Tulipani S, Battino M, Mezzetti B.Breeding strawberry (Fragaria X<br />
ananassa Duch) to increase fruit nutritional quality.Biofactors. 2008;34(1):67-72. Review<br />
Cesquini M, Torsoni MA, Stoppa GR, Ogo SH. t-BOOH-induced oxidative damage in sickle red<br />
blood cells and the role of flavonoids.Biomed Pharmacother. 2003 May-Jun;57(3-4):124-9.<br />
Suwalsky M, Fierro P, Villena F, Sotomayor CP.Effect of lithium on the human erythrocyte<br />
membrane and molecular models.Biophys Chem. 2007 Aug;129(1):36-42. Epub 2007 May 13.<br />
Rucker R, Storms D (2002) Interspecies comparison of micronutrient requirements: metabolic<br />
vs. absolute body size. J Nutr 132:2999–3000<br />
Rucker RB (2007) Allometric scaling, metabolic body size and interspecies comparisons of basal<br />
nutritional requirements. J Anim Physiol Anim Nutr 91:148–156<br />
Ames BN, Shigenaga MK, Hagen TM.Oxidants, antioxidants, and the degenerative diseases of<br />
aging.Proc Natl Acad Sci U S A. 1993 Sep 1;90(17):7915-22. Review.<br />
110