19.06.2013 Views

l'inziazione cristiana la materna fecondità ... - Home Page FTTR

l'inziazione cristiana la materna fecondità ... - Home Page FTTR

l'inziazione cristiana la materna fecondità ... - Home Page FTTR

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

5 G. DI DONNA - INIZIAZIONE CRISTIANA: DEL SIMBOLO RITUALE<br />

- deve riferirsi a valori trascendenti e di lunga durata (ama <strong>la</strong> temporalità distesa,<br />

l’”immutabile”, <strong>la</strong> durabiltà, <strong>la</strong> “conservazione”.<br />

- è irriducibile all’utile ed etico ma dice riferimento al simbolo. Cioè media una re<strong>la</strong>zione.<br />

- va compiuto da chi ha autorità per farlo.<br />

In tal modo l’esperienza simbolico-rituale “inizia” al<strong>la</strong> fede perché coinvolge le dinamiche<br />

fondamentali del<strong>la</strong> fede stessa:<br />

- chiede l’adesione del credente per essere riconosciuta, perché possa funzionare,<br />

generando così l’iniziazione fondamentale<br />

- evoca il “numinoso”, il Santo<br />

- coinvolge il simbolo del corpo e i suoi comportamenti, ordinati dalle parole.<br />

Potremmo dire, sinteticamente, che <strong>la</strong> liturgia servendosi del<strong>la</strong> “- urgia” e non solo del<strong>la</strong> “- logia”<br />

(fare e non solo dire) genera nell’uomo una azione profetica trasformante, e non una semplice<br />

conoscenza. Nemico del rito è infatti ogni pedagogia. Il rito funziona a prescindere dai significati<br />

perché opera simbolicamente, cioè permette l’incontro. Ciò senza eterotopie (fughe) nel ritualismo<br />

esasperato al massimo grado (ritualismo, ieratismo, tradizionalismo) né eterotopie al minimo grado<br />

(banalizzazione, spontaneismo appiattimento sul<strong>la</strong> vita quotidiana, didatticismo, infantilismo).<br />

Il rito inizia nel<strong>la</strong> misura in cui apre uno spazio simbolico dove si fa l’esperienza – contemporanea<br />

– del<strong>la</strong> alterità di Dio ma anche del<strong>la</strong> sua presenza-vicinanza, del “contatto” per mezzo dei simboli.<br />

Questo significa che il rito riesce ad “iniziare perché non percorre l’arida via del<strong>la</strong> so<strong>la</strong> conoscenza<br />

– lo stesso mistero non si offre a noi in modo completamente fruibile dall’intelletto umano – ma per<br />

<strong>la</strong> via complessa, anche se “forte”, del simbolo.<br />

Il simbolo attinge <strong>la</strong> sua “forza” dal<strong>la</strong> sua “seria” bellezza: esso cioè rifiuta <strong>la</strong> via degli estetizzanti,<br />

del bello vuoto di senso, ma si propone come bellezza sub specie enigmatis et Crucis; <strong>la</strong> bellezza è<br />

quel<strong>la</strong> del oJ poimh;n oJ kalo~ (Gv 10:11), il “bel pastore” (trad. CEI “buon”) che offre <strong>la</strong> vita per le<br />

pecore (Gv 10:16); è una bellezza “seria” cioè trasformante per opera del<strong>la</strong> verità: in altre parole<br />

dal<strong>la</strong> forza reale e armoniosa del<strong>la</strong> verità 14 . Guardini sostiene come lo splendore dei riti non sia<br />

equivalente ad un “palcoscenico” dello spirituale 15 , bensì dal<strong>la</strong> vicinanza dell’uomo al<strong>la</strong> realtà di<br />

Dio; e ciò non può essere vissuto che con “<strong>la</strong> serietà del<strong>la</strong> più intima partecipazione” 16 di chi<br />

intuisce <strong>la</strong> corrispondenza dei riti e delle parole al<strong>la</strong> “esigenze del mondo interiore” 17 , potremmo<br />

dire al Regno di Dio e al<strong>la</strong> sua giustizia. In tal modo <strong>la</strong> bellezza del<strong>la</strong> liturgia e dei suoi riti mettono<br />

in re<strong>la</strong>zione l’uomo con Gesù Cristo e <strong>la</strong> sua verità personale: è questo lo spazio nel quale Dio si<br />

rende presente all’esperienza, si dà a vedere e non accetta di “essere descritto”, “spiegato” ma si<br />

“rive<strong>la</strong>” all’uomo. Questa è <strong>la</strong> forza iniziatica del rito: essa sfugge ad ogni pretesa antropomorfica<br />

di Dio e <strong>la</strong>scia che egli “sia dia” in Cristo attraverso uno “spazio” vuoto di parole umana e ricolmo<br />

del<strong>la</strong> paro<strong>la</strong> divina…<br />

L’azione simbolico-rituale si model<strong>la</strong> sul mistero di Cristo: ne è rive<strong>la</strong>zione e forma! Il simbolo<br />

rituale diventa prolungamento dell’Incarnazione del Logos – sacramentum Patris in carne hominis<br />

– e nel<strong>la</strong> Liturgia diventa via di re<strong>la</strong>zione con tale mistero di incarnazione.<br />

In tal modo l’impatto simbolico-rituale permette di iniziare l’uomo al mistero di Dio non per via di<br />

assunzione di norme e regole religiose: si tratta di non sottomettere l’iniziazione al<strong>la</strong> dimensione<br />

dell’ethos, come secondaria rispetto all’assunzione di un ordine morale. Il primato etico-morale<br />

precederebbe il darsi del<strong>la</strong> verità che è il cuore di ogni iniziazione-incontro-seque<strong>la</strong>: La verità<br />

infatti è trovata, scoperta dall’uomo: non è creata da esso; è solo <strong>la</strong> scoperta del<strong>la</strong> verità – nello<br />

“spazio” generato dal rito – che permette di aderirvi con libertà e volontà; <strong>la</strong>sciarsi iniziare a questa<br />

re<strong>la</strong>zione solo dopo aver accolto una verità che “mi illumina”, che “mi chiama a sé”. In tale senso<br />

14 R. GUARDINI, Lo spirito del<strong>la</strong> liturgia, 89.<br />

15 Ibid., 95.<br />

16 Ibid., 96.<br />

17 Ibid., 96.<br />

5

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!