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Lo status familiae

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da un diverso speciale riguardo, è considerato invece “res” (come lo<br />

schiavo) ed è persona ciò che uomo non è, ma può ricevere, sotto uno<br />

speciale riguardo, considerazione (sociale: la maschera; o giuridica:<br />

l’ente collettivo) assimilabile all’uomo.<br />

È persona dunque una realtà identificata per la sua forma,<br />

naturale (uomo) o artificiale, e questa, a sua volta, materiale o ideale<br />

(maschera, ente collettivo). E tuttavia avvicinabile alla realtà che le fa<br />

da paradigma (l’uomo) solo quando essa presenti determinate<br />

caratteristiche, “oggettive” e perciò “riconoscibili”.<br />

Ma non è uomo (e dunque non può essere persona) il nascituro<br />

(che è in rerum natura, ma non appunto ancora in rebus humanis).<br />

Per le conoscenze del tempo, la sua forma individua sarà<br />

osservabile infatti solo alla nascita (con le caratteristiche naturali, che<br />

ne permetteranno per altro la sussunzione tra gli uomini – e da qui tra<br />

le personae – solo in presenza di determinate fattezze, e tra queste<br />

anche una individuazione più specifica, a cominciare da quella<br />

sessuale: uomo, donna).<br />

Mentre può esserlo invece il nato deforme, se la deformità non<br />

è tale da doverne constatare il suo essere “contra formam humani<br />

generis” e dunque la sua non riferibilità al paradigma.<br />

Forse, si può allora azzardare, distinguendo la persona (realtà<br />

concettuale) dall’uomo (realtà naturale), i Romani hanno voluto<br />

sottolineare che – nel linguaggio giuridico – la persona non è<br />

identificata direttamente dalla sua condizione umana, ma dalla forma<br />

giuridica che essa assume in relazione alle circostanze. Un uomo (a<br />

sua volta in quanto “persona umana”, di fattezze cioè ordinarie che lo<br />

rendono giuridicamente considerabile tale) può essere perciò una<br />

persona libera o serva, una persona civis o meno, una persona sui<br />

iuris o anche alieno iuri subiecta.<br />

Venendo allora al nostro problema, si può forse dunque<br />

osservare che la familia è stata, per i Romani, non un insieme di<br />

“essere umani”, ma di “personae” perché ciò che contava per<br />

l’appartenenza alla medesima non era il fatto naturale (o almeno non<br />

era soltanto esso), ma una specifica condizione formale (l’essere sub<br />

unius potestate, in quanto uomini nati da una unione di specifiche<br />

caratteristiche).<br />

Persona è insomma un’espressione che – accompagnata da un<br />

opportuno elemento di qualificazione: libera, serva, etc. – identifica e<br />

assimila, e insieme distingue.<br />

6. La considerazione della terminologia permette dunque di<br />

raggiungere una prima non irrilevante conclusione.<br />

Il regime “familiare” romano non ha avuto – da quando ne<br />

possiamo almeno considerare le evidenze conservatesi – fondamenti<br />

“naturali”, ma “giuridici”. Ha riguardato la disciplina delle relazioni

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