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Lo status familiae

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Quibus quidem in causis omnibus, sicut in ipsa M'. Curi, quae abs te<br />

nuper est dicta, et in C. Hostili Mancini controversia atque in eo<br />

puero, qui ex altera natus erat uxore, non remisso nuntio superiori,<br />

fuit inter peritissimos homines summa de iure dissensio.<br />

Siamo nell’ultimo secolo della repubblica. E di fronte ad una<br />

questione non solo propostasi nei fatti, ma soprattutto oggetto di una<br />

summa dissensio de iure inter peritissimos homines. Nella quale<br />

dunque entrambe le posizioni potevano teoricamente trovare<br />

accoglimento. Cicerone – accostandola alla causa curiana – mostra<br />

con evidenza che ciò che fu oggetto di controversia fu se quanto<br />

doveva in quel caso accertarsi lo si potesse solo con criteri formali (la<br />

notificazione del ripudio), ovvero anche con criteri sostanziali<br />

indipendenti.<br />

La intervenuta morte senza invio del ripudio, ma in costanza di<br />

convivenza con la seconda donna, poteva bene valere a dimostrare –<br />

avranno argomentato i sostenitori della natura matrimoniale della<br />

seconda unione – che l’uomo, non avendo mutato avviso fino alla<br />

morte, aveva perseverato nel considerare la seconda unione come<br />

unione matrimoniale e dunque la prima come interrotta. L’invio del<br />

repudium non era, del resto, un atto recettizio. Valeva a dimostrare<br />

l’intenzione interruttiva, ma non richiedeva, per essere efficace, che il<br />

destinatario ne prendesse conoscenza (tanto da valere anche se<br />

destinatario ne fosse un infermo di mente). La sua rilevanza dipendeva<br />

solo dalla serietà della volontà manifestata. Importante era la notorietà<br />

“sociale” (non dell’interessato diretto) della stessa. Circa un secolo o<br />

poco più in avanti (siamo ora nel 48 d.C.) fu considerato valido<br />

matrimonio (per la pubblicità che le nozze avevano avuto) quello tra<br />

Messalina e Silio, avvenuto mentre Claudio era assente per un viaggio<br />

e ignorava quanto stava accadendo.<br />

<strong>Lo</strong> spostamento dell’attenzione sul “fatto in sé”,<br />

indipendentemente dalle forme che ne avevano eventualmente<br />

assecondato la costituzione, induce a nuove e più approfondite<br />

riflessioni sugli indicatori che “qualificano” come matrimoniale una<br />

convivenza stabile. È necessario così di certo che essa abbia honor<br />

matrimonii e denunci una perseverante coerente volontà (affectio<br />

maritalis). Ma pur sempre in senso relativo: altro l’honor richiesto, ad<br />

esempio, se l’uomo ha rango senatoriale, altro quello proprio di una<br />

persona di condizione comune (e ciò indipendentemente dal rango in<br />

sé della donna, purché naturalmente non priva di connubium rispetto<br />

all’uomo). E così via per tutto ciò che può avere rilievo nella<br />

valutazione del carattere matrimoniale di una convivenza in atto: dalla<br />

comune residenza, alla volontà di procreare, alla costituzione di dote,<br />

fino agli estremi sviluppi che porteranno alla presunzione di<br />

matrimonio ogni qual volta la convivenza sia con donna libera e di<br />

costumi onesti.<br />

In tutto questo dovette giocare un importante ruolo anche la<br />

legislazione augustea, con il suo determinato proposito di rinvigorire<br />

l’istituto matrimoniale favorendone al massimo la diffusione, ma<br />

insieme difendendone la dignità, spingendo dunque da un lato verso<br />

una considerazione attenta di ogni fatto che potesse dare rilevanza

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