lo spazio come indicatore dell'identità urbana - La scuola di Pitagora ...
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que luogo proprio perché la bellezza non <strong>di</strong>pende né dai luoghi né dalle situazioni,<br />
ma so<strong>lo</strong> dalla vo<strong>lo</strong>ntà del fotografo <strong>di</strong> ricercare e definire la forma. Definire la forma<br />
vuol <strong>di</strong>re esprimere il desiderio <strong>di</strong> avere un rapporto armonioso con gli oggetti, con<br />
il mondo. Vuol <strong>di</strong>re avere il coraggio <strong>di</strong> guardare con occhi obiettivi, l’intenzione <strong>di</strong><br />
sentirsi responsabili, la <strong>di</strong>gnità <strong>di</strong> saper <strong>di</strong>scernere la geometria sottesa al <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne.<br />
Ma “perché la forma è bella?”, scrive Robert Adams ne <strong>La</strong> bellezza in fotografia. “Perché<br />
-penso- ci aiuta ad affrontare la nostra paura peggiore, il timore che la vita non<br />
sia che caos e che la nostra sofferenza non abbia alcun senso”.<br />
Città instabili<br />
Città creative<br />
<strong>di</strong> MARINELLA ARENA<br />
“Non si può conoscere con l’esperienza<br />
una grande città: la sua vita è troppo complessa<br />
Perché un qualsiasi in<strong>di</strong>viduo possa parteciparvi” 1<br />
Huxley suggerisce <strong>di</strong> rassegnarsi all’idea che la complessità della città non può essere<br />
conosciuta con un approccio razionale. Viene da chiedersi al<strong>lo</strong>ra qual è la forma <strong>di</strong><br />
rappresentazione che meglio si adatta a questa complessità e quale degli infiniti aspetti<br />
possiamo prendere in esame.<br />
Ho sempre pensato alla città <strong>come</strong> ad un organismo vivente composto <strong>di</strong> cellule che<br />
si mo<strong>di</strong>ficano a ve<strong>lo</strong>cità <strong>di</strong>fferenti. Alcune si rinnovano ve<strong>lo</strong>cemente mantenendo sempre<br />
<strong>lo</strong> stesso aspetto altre invece mutano con infinita lentezza e si mo<strong>di</strong>ficano profondamente.<br />
Le prime ricoprono la superficie della città, la rivestono <strong>di</strong> una pelle sensibile<br />
e in continuo movimento. Le seconde sono la struttura portante, sono coese, coriacee<br />
e, in apparenza, immobili. Se le prime sembrano obbe<strong>di</strong>re al caos le seconde<br />
creano una struttura che sottende ad una regola.<br />
Nella città or<strong>di</strong>ne e <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne sono correlati e, secondo Morin, “non producono confusione<br />
ma interagiscono per definire nuovi scenari”.<br />
Come adeguare la rappresentazione della città al continuo mutamento degli scenari