lo spazio come indicatore dell'identità urbana - La scuola di Pitagora ...
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1 156 Città creative retto di come dovrebbe essere strutturata una grande scuola di progettazione nella quale far convivere sistemi disciplinari che, dal cucchiaio alla città, consentano a docenti e studenti di approfondire una più estesa preparazione tecnica e culturale per vivere in una società che deve misurarsi con problemi ambientali, sociali e tecnologici di grande rilevanza. I sistemi informatici e le tecniche di rappresentazione delle immagini, unitamente all’avvento del tempo reale nelle informazioni, hanno cambiato i concetti, le percezioni e le comunicazioni; lo stesso MacLuhan non aveva previsto che il cambiamento sarebbe stato così rapido. I corsi di Disegno dell’Architettura e Rappresentazione hanno recepito questa esigenza e per questo che, in questa circostanza è interessante richiamare il tema del rapporto, o dei rapporti, tra fotografia, architettura e città come un nuovo percorso didattico da proporre agli studenti e da alimentare nella ricerca interdisciplinare. Spaesata città di DANIELE COLISTRA Una fabbrica della conoscenza non produce automaticamente i suoi manufatti. Questi ultimi affidano la loro fortuna alla forza di una rete della conoscenza. Una rete che deve essere in grado di comunicare in modo efficace e pertinente. Come comunica una città? Proprio come l’architettura, attraverso due livelli differenti. Ce lo ricorda Walter Benjamin: un’architettura può essere percepita nel senso del consumo (ci abito, la vivo, la attraverso, la danneggio, la compro, la vendo) ma può essere percepita anche mediante una attività più strettamente intellettuale e, quindi, legata alla comunicazione (la comprendo, la interpreto e la racconto agli altri). 1 Paul Auster, David Mazzucchelli, Paul Karasik, Città di vetro, 2004.
Francesca Fatta, Daniele Colistra, Marinella Arena Visto che la città è contemporaneamente uno strumento e un oggetto di comunicazione, da sempre è stata il pretesto per veicolare una precisa poetica. Dalla città ideale del Rinascimento alle stralunate città di James Ballard alla periferia romana di Pasolini. Si tratta dell’essenza del nostro mestiere: comunicare attraverso le immagini ciò che abbiamo capito della realtà che ci circonda. Come scrive Paul Auster in Moon Palace, “se vedi qualcosa, come puoi trasformarlo in parole? Il mondo penetra in noi per il tramite degli occhi, tuttavia noi non siamo in grado di dargli un senso finché esso non scende alla bocca”. Per un disegnatore, siamo autorizzati a dire “finché non arriva alle mani che disegnano…”. È, quindi, un problema di strumenti, tecniche e forme della comunicazione. Ne abbiamo a disposizione molti. Uno di questi è la fotografia di architettura. La fotografia è considerata prevalentemente per il suo valore documentario. Ci sono poi numerosi fotografi di architettura i cui lavori sono reputati vere e proprie opere d’arte (pur se riproducibili), dotate di valore in sé e, quindi, il cui valore è indipendente dall’oggetto rappresentato. La fotografia è sicuramente un’arte. Ma, a differenza di tutte le altre arti, difficilmente si distacca dalla concretezza della vita, si abbandona al virtuosismo grafico o si rifugia nello spiritualismo. Una fotografia presenta sempre luoghi ed eventi concreti, tangibili e quindi impone una presa di posizione rispetto agli oggetti inquadrati, al mondo e al sistema di valori che rappresenta. 2 Pascal Croci, Auschwitz, 2004. 3 Gabriele Basilico, Beirut, 2001. 3 157 2
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Francesca Fatta, Daniele Colistra, Marinella Arena<br />
Visto che la città è contemporaneamente uno strumento<br />
e un oggetto <strong>di</strong> comunicazione, da sempre è stata il pretesto<br />
per veicolare una precisa poetica. Dalla città ideale<br />
del Rinascimento alle stralunate città <strong>di</strong> James Ballard<br />
alla periferia romana <strong>di</strong> Pasolini.<br />
Si tratta dell’essenza del nostro mestiere: comunicare attraverso<br />
le immagini ciò che abbiamo capito della realtà<br />
che ci circonda. Come scrive Paul Auster in Moon Palace,<br />
“se ve<strong>di</strong> qualcosa, <strong>come</strong> puoi trasformar<strong>lo</strong> in parole?<br />
Il mondo penetra in noi per il tramite degli occhi,<br />
tuttavia noi non siamo in grado <strong>di</strong> dargli un senso finché<br />
esso non scende alla bocca”. Per un <strong>di</strong>segnatore, siamo<br />
autorizzati a <strong>di</strong>re “finché non arriva alle mani che <strong>di</strong>segnano…”.<br />
È, quin<strong>di</strong>, un problema <strong>di</strong> strumenti, tecniche e forme<br />
della comunicazione. Ne abbiamo a <strong>di</strong>sposizione molti.<br />
Uno <strong>di</strong> questi è la fotografia <strong>di</strong> architettura.<br />
<strong>La</strong> fotografia è considerata prevalentemente per il suo<br />
va<strong>lo</strong>re documentario. Ci sono poi numerosi fotografi <strong>di</strong><br />
architettura i cui lavori sono reputati vere e proprie opere<br />
d’arte (pur se riproducibili), dotate <strong>di</strong> va<strong>lo</strong>re in sé e,<br />
quin<strong>di</strong>, il cui va<strong>lo</strong>re è in<strong>di</strong>pendente dall’oggetto rappresentato.<br />
<strong>La</strong> fotografia è sicuramente un’arte. Ma, a <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong><br />
tutte le altre arti, <strong>di</strong>fficilmente si <strong>di</strong>stacca dalla concretezza<br />
della vita, si abbandona al virtuosismo grafico o si<br />
rifugia nel<strong>lo</strong> spiritualismo. Una fotografia presenta sempre<br />
luoghi ed eventi concreti, tangibili e quin<strong>di</strong> impone<br />
una presa <strong>di</strong> posizione rispetto agli oggetti inquadrati, al<br />
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2 Pascal Croci, Auschwitz, 2004.<br />
3 Gabriele Basilico, Beirut, 2001. 3<br />
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