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lo spazio come indicatore dell'identità urbana - La scuola di Pitagora ...

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LO SPAZIO COME INDICATORE DELL'IDENTITÀ URBANA<br />

<strong>di</strong> ALDO DE SANCTIS<br />

Nella città antica <strong>lo</strong> <strong>spazio</strong> libero dei è, <strong>di</strong> norma, l’unico materiale esistente<br />

tra il delle costruzioni; è il presupposto perché queste si realizzino<br />

e funzionino. Ed è all’insieme dei vuoti, ai mo<strong>di</strong> del <strong>lo</strong>ro costituirsi, che vogliamo<br />

fare riferimento: a spazi pubblici e semipubblici (non so<strong>lo</strong> strade e piazze, ma slarghi,<br />

cortili, chiese…) che, sebbene privi <strong>di</strong> determinazioni geometriche subito riconoscibili,<br />

non possono considerarsi casuali, o accessori all’organizzazione <strong>urbana</strong>.<br />

Assegnare al<strong>lo</strong> <strong>spazio</strong> il significato <strong>di</strong> un è un modo per estendere<br />

il concetto ed il va<strong>lo</strong>re <strong>di</strong> piazza (luogo per eccellenza <strong>di</strong> scambio, d’incontro, <strong>di</strong><br />

relazione…) all’insieme dei vuoti presenti in ogni centro antico. Ed è anche un modo<br />

per considerare i <strong>di</strong>fferenti spazi non <strong>come</strong> elementi autonomi dal resto, con semplici<br />

attribuzioni funzionali, ma <strong>come</strong> organici alla città stessa, spesso in relazione tra <strong>lo</strong>ro<br />

e con il pieno delle costruzioni.<br />

In altri termini l’area libera <strong>di</strong> strade e piazze non <strong>come</strong> eccedenza, o superficie residua<br />

tra gli e<strong>di</strong>fici, ma prodotto <strong>di</strong> soluzioni compositive, in grado <strong>di</strong> contemperare<br />

risposte sia <strong>di</strong> tipo funzionale, che architettonico e particolarmente risposte utili per<br />

il progetto. Ogni nuovo intervento introduce, infatti, un cambiamento <strong>di</strong> va<strong>lo</strong>re (<strong>di</strong><br />

assetti, <strong>di</strong> volumi, <strong>di</strong> percezioni…) o, <strong>come</strong> scrive Ludovico Quaroni, una “alterazione<br />

che sarà tanto maggiore quanto più vasta sarà l’area interessata <strong>di</strong>rettamente e<br />

quanto più forte la <strong>di</strong>fferenza fra i volumi, le superfici, le linee i co<strong>lo</strong>ri e le altre qualità<br />

del preesistente e i volumi, le superfici ecc… del progettato” 1 . Produrre il nuovo<br />

considerando attentamente l’esistente appare, dunque, una necessità per evitare travisamenti<br />

e <strong>di</strong>scontinuità, per evitare soluzioni architettoniche in<strong>di</strong>fferenti ai caratteri<br />

del luogo in cui il nuovo stesso dovrà inserirsi. Ed ancora, per evitare <strong>di</strong> perdere ogni<br />

contatto col referente reale, con le sue attribuzioni formali e la sua storia.<br />

I termini <strong>di</strong> morfo<strong>lo</strong>gia <strong>urbana</strong> e <strong>di</strong> tipo<strong>lo</strong>gia e<strong>di</strong>lizia, necessari per considerazioni più<br />

generali, servono meno per formulare valutazioni e per dare risposte <strong>di</strong> tipo compositivo;<br />

spesso funzionano per legare “insieme nel tempo il dell’e<strong>di</strong>ficio e il<br />

della strada, della piazza, dell’intero quartiere, senza peraltro, interessare, se<br />

non in<strong>di</strong>rettamente, la progettazione dell’intero continuo urbano” 2 .


144<br />

Lo <strong>spazio</strong> <strong>come</strong> <strong>in<strong>di</strong>catore</strong> <strong>dell'identità</strong> <strong>urbana</strong><br />

Nella tra<strong>di</strong>zione italiana - potrebbe anche <strong>di</strong>rsi nella più generale tra<strong>di</strong>zione europea<br />

- la città è un prodotto <strong>di</strong> regole, ma anche “della <strong>lo</strong>ro continua violazione: per interpretazione,<br />

rielaborazione, confronto. Regole, procedure, meto<strong>di</strong>, modelli reinventati<br />

<strong>di</strong> fronte all’esperienza <strong>di</strong> una <strong>di</strong>versa con<strong>di</strong>zione <strong>come</strong> figure <strong>di</strong>scorsive […] tecniche<br />

per ben fare, per rendere minimi ciò che in quel momento si considerano errori”<br />

3 ; ed è per la conoscenza e l’applicazione <strong>di</strong> dette regole - che in ambito urbano<br />

si evidenziano soprattutto nella costruzione dei vuoti - che le nostre città cambiano<br />

e si accre<strong>di</strong>tano presso le comunità <strong>di</strong> appartenenza: corrispondenze tra pieni e vuoti,<br />

allineamenti, chiusure, permeabilità, ecc… definiscono, nel tempo, un formidabile<br />

repertorio <strong>di</strong> <strong>di</strong>spositivi progettuali, capace sia <strong>di</strong> confermare <strong>lo</strong> sviluppo urbano che<br />

<strong>di</strong> promuover<strong>lo</strong>.<br />

Parlare <strong>di</strong> regole per il <strong>di</strong>segno della città, specialmente per quella antica, può sembrare<br />

un paradosso: la varietà delle forme che ne caratterizza gli spazi facilmente fa pensare a<br />

prove ripetute, a sperimentazioni sul campo, a raccor<strong>di</strong> ed acrobazie formali; facilmente<br />

fa pensare ad aggregazioni fortuite, <strong>lo</strong>ntane da ogni control<strong>lo</strong> normativo.<br />

In realtà, gli stu<strong>di</strong> sull’evoluzione delle città ci <strong>di</strong>cono che <strong>lo</strong> <strong>spazio</strong> urbano è essenzialmente<br />

un prodotto <strong>di</strong> regole e che in ogni città, me<strong>di</strong>evale o successiva che sia, apportare<br />

mo<strong>di</strong>fiche, aprire o anche correggere il perimetro <strong>di</strong> una piazza, o <strong>di</strong> una strada è<br />

spesso <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficile attuazione. “Nel Me<strong>di</strong>oevo - scrive Cesare Bran<strong>di</strong> - entro il circuito<br />

delle mura, il terreno urbano costava caro (…) per la piazza della Signoria a Firenze,<br />

so<strong>lo</strong> alla metà del Trecento fu possibile, con espropri, la costruzione della cosiddetta<br />

Loggia dei <strong>La</strong>nzi, a regolarizzare la quinta a destra del Palazzo Vecchio” 4 .<br />

L’esproprio <strong>di</strong> un terreno interno alla città è questione che coinvolge tutti, non so<strong>lo</strong> i<br />

<strong>di</strong>retti interessati: nel 1400 ad Avignone, quando i religiosi cercano <strong>di</strong> mo<strong>di</strong>ficare <strong>lo</strong><br />

<strong>spazio</strong> antistante la chiesa <strong>di</strong> S. Agricola, si trovano contro tutti i residenti della zona e<br />

le ragioni della comunità intera 5 . Partecipare alla vita sociale è una necessità ed un dovere<br />

<strong>di</strong>ffuso e forse è proprio per questo tipo <strong>di</strong> interesse, oltre che per l’attuazione <strong>di</strong><br />

strumenti generali <strong>di</strong> control<strong>lo</strong>, che le città antiche evolvono senza troppi errori.<br />

L’assenza <strong>di</strong> un progetto, così <strong>come</strong> oggi l’inten<strong>di</strong>amo, non significa che nella città<br />

antica strade e piazze nascano per caso, o siano prodotte senza regole. In generale, si


Aldo De Sanctis<br />

tratta <strong>di</strong> opere collettive, risultato delle motivazioni che nel tempo si sono manifestate<br />

e <strong>di</strong> mo<strong>di</strong>fiche ripetute; strade e piazze devono forse immaginarsi <strong>come</strong> l’esito<br />

<strong>di</strong> un , or<strong>di</strong>nato da regole essenziali e da un ra<strong>di</strong>cato patrimonio<br />

<strong>di</strong> esperienze comuni.<br />

Di norma, non ci sono modelli a cui rifarsi (la presenza <strong>di</strong> testimonianze più antiche<br />

è spesso occasione <strong>di</strong> riprogettazioni e <strong>di</strong> interpretazioni ra<strong>di</strong>cali), o schemi da applicare,<br />

<strong>come</strong> si cercherà <strong>di</strong> fare successivamente, ma precetti da seguire (allineamenti,<br />

livelli massimi e minimi, corrispondenze, consapevolezza funzionale), accorgimenti<br />

<strong>di</strong> buon senso (per l’igiene, o per la prevenzione degli incen<strong>di</strong>) e, soprattutto,<br />

statuti da osservare: a Spoleto, ad esempio, nel 1296 per la manutenzione viaria<br />

si “or<strong>di</strong>na <strong>di</strong> riparare tutte le strade della città e rifare la pavimentazione ove fosse<br />

rovinata (…) e se una strada è pavimentata per metà la si faccia pavimentare a spese<br />

dei proprietari delle case dove non c’è pavimentazione”; ancora, per la pulizia ed il<br />

decoro, “stabiliamo che l’autorità faccia tenere le vie pubbliche, quelle vicinali e le<br />

piazze pulite; e se qualcuno farà una qualsiasi bruttura nelle strade o nelle piazze che<br />

si punisca con ogni mezzo con una multa <strong>di</strong> quaranta sol<strong>di</strong>” 6 .<br />

A Siena nel 1297 si prevede che negli e<strong>di</strong>fici attorno a piazza del Campo “tutte le finestre<br />

si facciano a co<strong>lo</strong>nnelli”; nel 1310 si stabilisce che “neuno possa da chinci innanzi<br />

hae<strong>di</strong>ficare ovvero rinnovare ovvero fare alcuno ballatoio ovvero solaio” 7 .<br />

I controlli ripetuti valgono anche per riportare a norma quanto realizzato in <strong>di</strong>fformità.<br />

“Sulla questione dei ballatoi a Siena -scrive Franco Borsi- si ritorna anche più<br />

tar<strong>di</strong>, in pieno Quattrocento (…) gli Ufficiali dell’ornato della città, avendo comandato<br />

a un certo Augostino Dato e fratelli , li hanno trovati ” 8 .<br />

Sempre a Siena troviamo che “la strada che è tra la casa Perini e quella Ranucci debba<br />

essere sistemata e lastricata e tenuta <strong>come</strong> strada comunale cosicché non si faccia nessuna<br />

costruzione o ballatoio e sia libera fino al cie<strong>lo</strong>” 9 .<br />

Si potrebbe continuare, ma per concludere questa breve rassegna ricor<strong>di</strong>amo che “nel<br />

Trecento quasi ogni città ha già elaborato i propri statuti, o per effetto <strong>di</strong> uno spontaneo<br />

sviluppo giuri<strong>di</strong>co, o per imitazione dei testi già adottati da altre città” 10 .<br />

145


146<br />

Lo <strong>spazio</strong> <strong>come</strong> <strong>in<strong>di</strong>catore</strong> <strong>dell'identità</strong> <strong>urbana</strong><br />

Tornando ai precetti facili ed agli accorgimenti <strong>di</strong> buon senso, è evidente che la facilità<br />

sopra ricordata, non può confondersi con una banalizzazione <strong>di</strong> operazioni. Nei<br />

temi architettonici la facilità è sempre l’esito <strong>di</strong> un processo <strong>di</strong> razionalizzazione, <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>sarticolazione che, riducendo la complessità, porta ad eleggere so<strong>lo</strong> alcune<br />

delle componenti reali a scapito <strong>di</strong> tutto il resto; un modo, cioè, per ottenere il<br />

risultato più convincente, in un determinato momento analitico o progettuale, col<br />

minimo <strong>di</strong>spen<strong>di</strong>o <strong>di</strong> mezzi espressivi, <strong>di</strong> tecniche e <strong>di</strong> procedure attuative.<br />

Gli statuti servono, invece, per controllare <strong>lo</strong> sviluppo della città e per verificarne l’uniformità.<br />

Per l’istituzione <strong>di</strong> regole, passa la riconoscibilità e la coerenza delle organizzazioni urbane<br />

ed attraverso la conferma -a volte anche la trasgressione- delle regole passa l’articolazione<br />

delle componenti urbane ed anche la creatività delle <strong>lo</strong>ro <strong>di</strong>sposizioni.<br />

Ci riferiamo evidentemente, a regole <strong>di</strong>verse: le prime servono per controllare quanto<br />

già esiste e per conservar<strong>lo</strong>, le altre per produrre il nuovo, adeguando<strong>lo</strong> al contesto<br />

<strong>di</strong> appartenenza.<br />

Le regole <strong>come</strong> opposte alla monotonia ed alla convenzionalità del fare, <strong>come</strong> un<br />

qualcosa che permette all’azione progettuale <strong>di</strong> istituirsi, o <strong>come</strong> un qualcosa che, al<br />

tempo stesso, rende possibile sia la produzione <strong>di</strong> nuove forme, che il control<strong>lo</strong> <strong>di</strong><br />

quanto già esiste.<br />

Parenteticamente notiamo che da quando inizia a porsi, il problema della creatività<br />

si delinea sempre “<strong>come</strong> creatività secondo regole o ad ogni modo <strong>come</strong> creatività<br />

sottoposta ad una legalità generale” 11 .<br />

Creatività e regole non <strong>come</strong> aspetti contrapposti del fare, ma organici e non <strong>di</strong>vergenti<br />

tra <strong>lo</strong>ro. Le regole non contrastano con l’ine<strong>di</strong>to; sempre, servono a prefigurare<br />

una <strong>di</strong> dati, <strong>di</strong> volta in volta, utili sia per l’analisi (l’interpretazione, la<br />

conoscenza…), che per il progetto: creatività e regole <strong>come</strong> facce della stessa medaglia,<br />

del<strong>lo</strong> stesso processo da cui scaturisce l’attività formativa.<br />

Ugualmente può <strong>di</strong>rsi per la nozione <strong>di</strong> identità <strong>urbana</strong>, che ancora può specificarsi<br />

<strong>come</strong> ricerca <strong>di</strong> regole, o <strong>come</strong> <strong>di</strong> conoscenze utili per definire ed analizzare,<br />

nell’insieme dei vuoti <strong>di</strong> una città, i materiali, i caratteri <strong>di</strong>mensionali e le relazioni<br />

(geometrie, rapporti, posizione <strong>di</strong> componenti…) che contiene; materiali, ca-


Aldo De Sanctis<br />

ratteri <strong>di</strong>mensionali e relazioni specifici <strong>di</strong> quell’insieme e ricorrenti tanto da riconoscersi<br />

<strong>come</strong> peculiari, o <strong>come</strong> identitari <strong>di</strong> quel<strong>lo</strong> stesso insieme.<br />

Regole e conoscenze propriamente compositive che consentono, altresì, <strong>di</strong> vedere la<br />

figuratività <strong>urbana</strong> non <strong>come</strong> un dato marginale o <strong>di</strong> gusto, ma <strong>come</strong> un carattere<br />

che è possibile stu<strong>di</strong>are, necessario anche per definire criteri <strong>di</strong> valutazione sulla <strong>di</strong>sposizione<br />

degli e<strong>di</strong>fici e sull’importanza che singolarmente assumono (emergenza,<br />

elemento ricorrente…) nel più generale contesto citta<strong>di</strong>no.<br />

Lo <strong>spazio</strong>, dunque, <strong>come</strong> elemento or<strong>di</strong>natore, sia a scala d’insieme che <strong>di</strong> dettaglio,<br />

protagonista della scena <strong>urbana</strong> e coinvolgente l’organizzazione degli e<strong>di</strong>fici perché in<br />

accordo, spesso determinante, sia con la <strong>lo</strong>ro forma, che con la <strong>lo</strong>ro misura.<br />

Dal punto <strong>di</strong> vista dell’analisi è forse opportuno sottolineare che definire <strong>lo</strong> <strong>spazio</strong><br />

<strong>come</strong> <strong>in<strong>di</strong>catore</strong> dell’identità <strong>urbana</strong>, non implica in alcun modo regolarità <strong>di</strong> assetti<br />

e neppure il riferimento a geometrie note. Anzi può <strong>di</strong>rsi che nelle realizzazioni antiche<br />

l’irregolarità è spesso il tratto <strong>di</strong>stintivo <strong>di</strong> strade e piazze che si adeguano, per<br />

così <strong>di</strong>re, al <strong>di</strong>sporsi naturale dell’orografia e degli inse<strong>di</strong>amenti.<br />

Regolare o meno che sia, uno <strong>spazio</strong> ha va<strong>lo</strong>re per la coerenza che esprime, per l’or<strong>di</strong>ne<br />

progettuale che è in grado <strong>di</strong> istituire tra gli elementi <strong>di</strong> perimetro (corrispondenze,<br />

proporzioni, materiali, riferimenti geometrici non rigorosi, ma percettivamente<br />

atten<strong>di</strong>bili…) e per i caratteri (trasparenza/compattezza, permeabilità/chiusura, regolarità/irregolarità,<br />

cromatici…) che presenta. Ed è da simili modalità realizzative che<br />

ci sembra derivi la ricchezza formale che oggi <strong>di</strong>ffusamente è possibile registrare nelle<br />

città antiche, spesso in contrapposizione con la riconoscibilità e, per molti versi, l’omo<strong>lo</strong>gazione,<br />

spaziale e architettonica, <strong>di</strong> quelle contemporanee.<br />

In altro modo, <strong>lo</strong> <strong>spazio</strong> <strong>di</strong> strade e piazze vale per identificare un limite, che al tempo<br />

stesso <strong>di</strong>viene principio e motivo d’or<strong>di</strong>ne del volume e<strong>di</strong>ficato. Come detto, non importa<br />

la regolarità, ma i rapporti e le relazioni -in una parola le regole- che per tale limite<br />

vengono a determinarsi tra le componenti in gioco ed è particolarmente per la<br />

<strong>lo</strong>ro presenza che <strong>lo</strong> <strong>spazio</strong> <strong>di</strong> strade e piazze può <strong>di</strong>venire un <strong>in<strong>di</strong>catore</strong> dell’identità<br />

<strong>urbana</strong>.<br />

147


148<br />

Note<br />

1 L. QUARONI, Progettare un e<strong>di</strong>ficio-otto lezioni <strong>di</strong> architettura, Mazzotta, Milano 1977, p. 73.<br />

2 L. QUARONI, op. cit., p. 71.<br />

3 V. GREGOTTI, L’identità dell’architettura europea e la sua crisi, Einau<strong>di</strong>, Torino 1999, p. 173.<br />

4 C. BRANDI, (introduzione a) Piazze d’Italia, T.C.I., Milano 1977, pp. 8-9.<br />

5 Cfr. L. PICCINATO, Urbanistica Me<strong>di</strong>evale, Deda<strong>lo</strong> libri, Bari 1978, p. 59.<br />

6 G. ANTONELLI, Statuti <strong>di</strong> Spoleto del 1296, Leo S. Olschki, Firenze 1962, p.63 e p. 81.<br />

7 F. BORSI, G. PAMAPALONI, a cura <strong>di</strong>, Le Piazze, De Agostini, Novara 1975, p. 11.<br />

8 F. BORSI, G. PAMAPALONI, a cura <strong>di</strong>, op. cit., p. 11.<br />

9 D. CIAMPOLI, T. SZABÒ, Lo statuto dei viari <strong>di</strong> Siena, Accademia Senese degli Intronati, Siena<br />

1992, p. 84.<br />

10 E. CRISTIANI, Statuti e Strutture comunali, Società Pistoiese <strong>di</strong> Storia Patria, Pistoia 1981, p. 9.<br />

11 E. GARRONI, Creatività, Einau<strong>di</strong>, Torino 1978, p. 37.<br />

Lo <strong>spazio</strong> <strong>come</strong> <strong>in<strong>di</strong>catore</strong> <strong>dell'identità</strong> <strong>urbana</strong>


EFFICIENZA E COMPLESSITÀ NELL’INGEGNERIA DELLE STRUTTURE<br />

<strong>di</strong> GIUSEPPE FAELLA<br />

ingegneria delle strutture è spesso vista <strong>come</strong> una problem-solving activity, che, at-<br />

L’ traverso un processo progettuale, perviene alla soluzione strutturale ritenuta più<br />

efficiente. Quest’ultima è spesso erroneamente vista <strong>come</strong> quella che assicura la capacità<br />

resistente richiesta con il minore impegno <strong>di</strong> materiale, ovvero con il minor<br />

impegno <strong>di</strong> risorse. Tale assunto è oggi generalmente errato, poiché l’efficienza della<br />

soluzione strutturale <strong>di</strong>pende anche da altri fattori, tra cui la complessità del processo<br />

<strong>di</strong> costruzione, l’affidabilità, la gestione e la durabilità della struttura. E spesso i requisiti<br />

tecnici sono in conflitto tra <strong>lo</strong>ro: ad esempio, le forme strutturali più efficienti<br />

sono <strong>di</strong> frequente complesse e quin<strong>di</strong> più <strong>di</strong>fficili da progettare, costruire e manutenere.<br />

Questa <strong>di</strong>cotomia tra efficienza e semplicità è un aspetto fondamentale della<br />

progettazione strutturale e la soluzione finale adottata è frequentemente frutto <strong>di</strong> un<br />

compromesso. Uno dei principali criteri per una buona progettazione è sicuramente<br />

la natura <strong>di</strong> tale compromesso, che <strong>di</strong>venta un parametro fondamentale per giu<strong>di</strong>care<br />

le qualità <strong>di</strong> una struttura. Peraltro, non si deve <strong>di</strong>menticare che nel campo dell’architettura<br />

la suddetta <strong>di</strong>cotomia coinvolge anche il rapporto tra aspetto e prestazioni<br />

della costruzione.<br />

È opinione alquanto <strong>di</strong>ffusa, ma andrebbe <strong>di</strong>scussa, che il grado <strong>di</strong> efficienza da raggiungere<br />

debba <strong>di</strong>pendere dalle caratteristiche della costruzione (tipo<strong>lo</strong>gia, destinazione,<br />

ecc.) e non so<strong>lo</strong> dal suo sistema strutturale. Ma è altrettanto consolidata la consapevolezza<br />

<strong>di</strong> quanto sia <strong>di</strong>fficile specificare e quantificare un livel<strong>lo</strong> <strong>di</strong> efficienza, a<br />

causa della complessa interrelazione tra i numerosi fattori coinvolti.<br />

Per secoli l’efficacia strutturale è stata misurata attraverso due soli fattori ritenuti principali,<br />

ossia le <strong>di</strong>mensioni degli elementi strutturali e il carico sopportato, ritenendo<br />

più efficienti le strutture più “leggere” che sostengono il maggior carico. Tale finalità<br />

era conseguita utilizzando, il più possibile, sistemi strutturali che oggi si classificano<br />

<strong>come</strong> resistenti per forma, ossia resistenti in virtù delle <strong>lo</strong>ro caratteristiche geometriche<br />

(quali ad esempio gli archi e le volte), in contrapposizione a quelli che resistono<br />

per massa, ossia grazie alle caratteristiche d’inerzia delle sezioni e dei materiali impiegati<br />

(per esempio le travi e le pareti). Il principio generale era improntato al conseguimento<br />

della massima economia <strong>di</strong> mezzi, con una struttura la cui complessità


150<br />

Efficienza e complessità nell’ingegneria delle strutture<br />

doveva essere la minima compatibile con il raggiungimento <strong>di</strong> un ragionevole livel<strong>lo</strong><br />

<strong>di</strong> efficienza. Il tutto nella convinzione che le strutture resistenti per forma fossero<br />

staticamente superiori a quelle resistenti per massa. Quest’approccio progettuale conduce,<br />

tuttavia, a forme e geometrie strutturali non sempre del tutto realizzabili per<br />

ragioni estetiche o esecutive, e le inevitabili mo<strong>di</strong>fiche comportano inevitabilmente<br />

una riduzione dell’efficienza della struttura. Inoltre, quanto maggiori sono le geometrie<br />

strutturali, talvolta erroneamente identificate <strong>come</strong> complessità della struttura,<br />

tanto maggiori sono gli accorgimenti e gli elementi tecnici aggiuntivi necessari per<br />

assicurare <strong>lo</strong> stesso grado <strong>di</strong> efficienza.<br />

Il rigido rispetto del rapporto tra forma e resistenza ha sistematicamente ancorato,<br />

con le dovute eccezioni, le strutture del passato a forme archetipe, e so<strong>lo</strong> l’introduzione<br />

<strong>di</strong> nuovi materiali strutturali e <strong>di</strong> nuovi proce<strong>di</strong>menti costruttivi e le innovazioni<br />

tecno<strong>lo</strong>giche degli ultimi secoli hanno consentito una innovazione dell’ingegneria<br />

strutturale, con la possibilità <strong>di</strong> realizzare strutture <strong>di</strong> geometria spesso etichettata<br />

“complessa”.<br />

A tal punto la domanda da porsi è se le strutture possano essere <strong>di</strong> per sé complesse.<br />

Gli e<strong>di</strong>fici alti (Figura 1) o i gran<strong>di</strong> ponti (Figura 2) sono strutture complesse? Matthys<br />

Levy e Mario Salvadori affermano “Almeno nelle strutture, sembrerebbe che più i<br />

problemi <strong>di</strong>ventano complicati, più facili sono da risolvere!” 1 . Ma ciò si avvera sempre?<br />

Questa affermazione è sempre vera per la costruzione nel suo insieme?<br />

Per fornire una risposta è innanzitutto necessario approfon<strong>di</strong>re l’aspetto etimo<strong>lo</strong>gico<br />

del termine “complesso”, che ha oggi una sempre maggiore <strong>di</strong>ffusione nel mondo<br />

scientifico. Infatti, il suo utilizzo in affermazioni o contesti spesso non contribuisce a<br />

rendere chiaro il concetto che si vuole esprimere, bensì contribuisce a render<strong>lo</strong> impreciso<br />

e nebu<strong>lo</strong>so. I vocabolari della lingua italiana danno, invece, una chiara definizione<br />

del termine. Il vocabolario<br />

dell’Istituto dell’Encic<strong>lo</strong>pe<strong>di</strong>a<br />

Italiana<br />

Treccani fornisce la seguente<br />

definizione: “Che<br />

1 1 Alcuni tra i più noti e<strong>di</strong>fici alti.


Giuseppe Faella<br />

risulta dall’unione <strong>di</strong> più parti o elementi”, e tale definizione è del tutto <strong>di</strong>fferente da<br />

quella fornita per il termine “complicato”, alla cui voce è riportato: “Non semplice<br />

né facile. Di <strong>di</strong>fficile soluzione”. Alla luce <strong>di</strong> ciò, un sistema strutturale può essere<br />

complesso senza essere necessariamente complicato.<br />

Abraham A. Moles, ingegnere (1920-1992), docente <strong>di</strong> socio<strong>lo</strong>gia e psico<strong>lo</strong>gia alle<br />

Università <strong>di</strong> Ulm e <strong>di</strong> Strasburgo, tuttavia, affermava che “Le costruzioni e le strutture<br />

sono notevolmente complicate perché composte <strong>di</strong> una grande quantità <strong>di</strong> parti<br />

<strong>di</strong>verse tra <strong>lo</strong>ro … Ogni e<strong>di</strong>ficio è quin<strong>di</strong> un sistema complesso” 2 .<br />

Riferendosi alle strutture, è opportuno porsi un ulteriore interrogativo. <strong>La</strong> complessità<br />

o la complicazione possono essere so<strong>lo</strong> apparenti? <strong>La</strong> risposta è in un certo qual<br />

modo affermativa, essendo la storia dell’ingegneria ricca <strong>di</strong> esempi in tal senso, sebbene<br />

si debba comprendere con esattezza cosa si intenda per complessità apparente.<br />

Un esempio, tra i tanti, che consente una comprensione è la volta <strong>di</strong> copertura della<br />

cappella (1503-1519) <strong>di</strong> Enrico VII nell’Abbazia <strong>di</strong> Westminster a Londra. <strong>La</strong> copertura<br />

è costituita da una volta a botte con pendenti che richiamano le volte a ventaglio<br />

(Figura 3). Vista dall’interno della cappella, l’articolazione dei pendenti non<br />

consente <strong>di</strong> comprendere con chiarezza il ruo<strong>lo</strong> statico dei singoli elementi e sembra<br />

sottintendere una struttura complessa. Molti degli elementi sono, invece, so<strong>lo</strong> decorativi,<br />

<strong>come</strong> si comprende dalla vista superiore della volta (Figura 4), che mostra con<br />

chiarezza gli effettivi elementi strutturali, gli archi trasversali <strong>di</strong> sostegno, ed il <strong>lo</strong>ro<br />

ruo<strong>lo</strong> <strong>di</strong> trasferimento del peso ai contrafforti esterni.<br />

Si deve ancora rilevare che con l’introduzione <strong>di</strong> nuovi elementi tecnici, all’incremento<br />

della complessità corrisponde<br />

sempre più un aumento<br />

della complicazione,<br />

e viceversa. Da questo ne<br />

consegue che complessità e<br />

complicazione sono <strong>di</strong>rettamente<br />

correlate alla<br />

quantità e qualità degli ele-<br />

2 Il ponte <strong>di</strong> Akashi Kaikyo.<br />

Ponte sospeso più lungo del<br />

mondo (campata principale 1991<br />

m). Costruito in zona sismica e<br />

soggetto a possibili tifoni.<br />

151<br />

2


3<br />

152<br />

Efficienza e complessità nell’ingegneria delle strutture<br />

menti necessari per delineare il sistema strutturale, e quel<strong>lo</strong> e<strong>di</strong>lizio in generale. Ma<br />

complessità e complicazione possono anche produrre criticità nel sistema strutturale<br />

e rendere più arduo e laborioso il percorso della progettazione strutturale.<br />

In tale ambito trova una efficace col<strong>lo</strong>cazione l’affermazione <strong>di</strong> Pietro Zennaro, professore<br />

<strong>di</strong> Tecno<strong>lo</strong>gia dell’Architettura presso l’IUAV <strong>di</strong> Venezia: “Cruccio <strong>di</strong> ogni operatore<br />

è quel<strong>lo</strong> <strong>di</strong> riuscire a governare la complessità e la complicazione che incrementano<br />

sempre più sulla base dell’aumentata domanda <strong>di</strong> prestazioni che si richiede<br />

alla nuova e<strong>di</strong>ficazione” 4 .<br />

Per porvi rime<strong>di</strong>o, alcuni stu<strong>di</strong>osi sostengono che in architettura ed ingegneria si sta<br />

<strong>di</strong>ffondendo la necessità <strong>di</strong> sviluppare una visione “olistica” del problema progettuale,<br />

trasferendo al mondo tecnico una visione tipica <strong>di</strong> altre <strong>di</strong>scipline. L’olismo, infatti,<br />

in bio<strong>lo</strong>gia è la “teoria secondo la quale l’organismo deve essere stu<strong>di</strong>ato in quanto<br />

totalità organizzata e non in quanto semplice somma <strong>di</strong> parti”, in fi<strong>lo</strong>sofia identifica<br />

“ogni concezione secondo cui la società è una totalità non riducibile alla somma degli<br />

in<strong>di</strong>vidui e delle <strong>lo</strong>ro azioni”, in epistemo<strong>lo</strong>gia è la “teoria che considera il sapere<br />

scientifico <strong>come</strong> un insieme <strong>di</strong> proposizioni altamente interconnesse, tale da non consentire<br />

la verifica empirica <strong>di</strong> una singola ipotesi, ma so<strong>lo</strong> <strong>di</strong> porzioni più o meno<br />

estese dell’insieme”.<br />

Da cosa <strong>di</strong>pendono esattamente complessità e complicazione <strong>di</strong> una struttura, <strong>di</strong> un<br />

progetto strutturale? Quali<br />

sono gli attori (responsabili)<br />

principali? A tali interrogativi<br />

è più agevole far<br />

seguire ulteriori domande<br />

piuttosto che tentare <strong>di</strong> fornire<br />

una singola e precisa<br />

risposta. È, in sostanza, più<br />

facile chiedersi: <strong>La</strong> complessità<br />

<strong>di</strong>pende dalle prestazioni<br />

richieste? Dalla<br />

stretta relazione con le al-<br />

3 <strong>La</strong> volta <strong>di</strong> copertura della cappella<br />

<strong>di</strong> Enrico VII nell'Abbazia <strong>di</strong><br />

Westminster a Londra. Vista dall'intradosso<br />

(da Storia dell'Architettura<br />

3 ).


Giuseppe Faella<br />

tre <strong>di</strong>scipline del processo progettuale? Dalla regolarità della costruzione e delle strutture?<br />

Dall’introduzione <strong>di</strong> nuovi materiali e nuove tecniche? Dalle nuove normative<br />

tecniche? Dalla ricerca <strong>di</strong> una verità? Qualsiasi sia la risposta ritenuta maggiormente<br />

valida, si deve comunque tenere ben presente che la progettazione strutturale necessariamente<br />

si muove in un contesto in cui devono dominare conoscenza e sicurezza.<br />

Ci si può porre, però, una ulteriore domanda, ovvero quanto si possa eludere o ridurre<br />

la complessità. <strong>La</strong> risposta probabilmente più realistica è quella fornita a tal<br />

proposito dalla fi<strong>lo</strong>sofia ermeneutica, che ne accetta l’ineluttabilità.<br />

In definitiva si torna all’interrogativo iniziale <strong>di</strong> <strong>come</strong> si possa governare la complessità<br />

nell’ingegneria delle strutture. A seguito del<strong>lo</strong> sviluppo delle conoscenze informatiche<br />

e tecno<strong>lo</strong>giche, molti “pensatori” e tecnici contemporanei cercano la soluzione<br />

facendo proprio il <strong>di</strong>ffuso convincimento che “le nuove possibilità <strong>di</strong> calco<strong>lo</strong><br />

dovute all’utilizzo degli elaboratori possono riportare in auge ed essere un nuovo riferimento<br />

per l’architettura e l’ingegneria delle strutture”. Il brutale e “meccanico” trasferimento<br />

alla progettazione strutturale dell’uso in<strong>di</strong>scriminato dei mezzi informatici<br />

comporta invece conseguenze rovinose, dovendo l’utilizzo dei mezzi elettronici essere<br />

sempre e so<strong>lo</strong> un supporto (oggi potentissimo) dell’attività progettuale, che si deve<br />

basare anche su molteplici altri mezzi, non <strong>di</strong>menticando quanto affermava e scriveva<br />

Dante Gabriel Rossetti, poeta e pittore britannico (1828-1882): “L’elaborazione concettuale,<br />

un lavoro mentale<br />

fondamentale, è ciò che fa la<br />

<strong>di</strong>fferenza in tutte le arti”.<br />

4 <strong>La</strong> volta <strong>di</strong> copertura della cappella<br />

<strong>di</strong> Enrico VII nell'Abbazia <strong>di</strong><br />

Westminster a Londra. Vista dall'estradosso<br />

(da Storia dell'Architettura<br />

3 ).<br />

153<br />

4


154<br />

Note<br />

1 M. LEVY, M. SALAVATORI, Why Buil<strong>di</strong>ngs Fall Down-How Structures Fail, W.W. Norton & Com-<br />

pany, New York, 1992.<br />

2 AA. MOLES, “Complessità funzionale e strutturale”, in Scienza e Progetto, G. SUSANI, a cura <strong>di</strong>,<br />

Ed. Marsilio, Padova, 1967.<br />

3 Storia dell’Architettura, Vol. 8, Electa, 2009).<br />

4 P. ZENNARO, <strong>La</strong> qualità rarefatta-Considerazioni sull’influenza del vuoto nella costruzione dell’ar-<br />

chitettura, Franco Angeli, Milano, 2000.<br />

Efficienza e complessità nell’ingegneria delle strutture


CITTÀ CREATIVE<br />

Premessa<br />

<strong>di</strong> FRANCESCA FATTA, DANIELE COLISTRA, MARINELLA ARENA<br />

<strong>di</strong> FRANCESCA FATTA<br />

Ci troviamo oggi a Pompei che rappresenta un luogo para<strong>di</strong>gmatico: dalla città del<br />

passato possiamo proiettarci verso l’idea <strong>di</strong> una città futura. <strong>La</strong> città <strong>di</strong> domani<br />

non potrà che essere un luogo generatore <strong>di</strong> creatività, incubatore <strong>di</strong> economie d’innovazione,<br />

<strong>di</strong> cultura, <strong>di</strong> ricerca e <strong>di</strong> produzione artistica. Occorre investire sul capitale<br />

identitario per poterne potenziare il va<strong>lo</strong>re culturale e sociale, e per far questo gli<br />

strumenti che noi desideriamo mettere a <strong>di</strong>sposizione riguardano l’analisi finalizzata<br />

alla conoscenza ed all’orientamento <strong>di</strong> una coscienza progettuale per la salvaguar<strong>di</strong>a<br />

e la trasformazione della città <strong>di</strong> domani.<br />

Gli stu<strong>di</strong> che illustrano Daniele Colistra e Marinella Arena rappresentano una proposta<br />

non banale <strong>di</strong> “fabbrica <strong>di</strong> conoscenza” per analizzare e comprendere i meccanismi<br />

<strong>di</strong> costruzione della realtà presente. Il <strong>di</strong>segno ci dà l’opportunità <strong>di</strong> cogliere la<br />

memoria dei luoghi lavorando, in questo caso, sui frammenti cuciti insieme dagli<br />

eventi, in una realtà in continua, vitale trasformazione. Da queste analisi si innescano<br />

le riflessioni sul progetto <strong>di</strong> architettura che può scaturire so<strong>lo</strong> da una conoscenza critica<br />

della città letta <strong>come</strong> “testo”, per una società in <strong>di</strong>venire.<br />

I linguaggi della rappresentazione si prestano a ibridarsi tra <strong>lo</strong>ro: <strong>di</strong>segno, fotografia,<br />

schizzo e modellazione sono tutti parti <strong>di</strong> un sistema comune che riguarda la comunicazione<br />

visiva, e tutti rappresentano un’occasione per trasferire delle idee, prescindendo<br />

dagli steccati strumentali.<br />

Soprattutto poi, se il campo d’azione non riguarda una semplice architettura, ma un<br />

contesto complesso <strong>come</strong> la città, il desiderio <strong>di</strong> comunicare si complica e si amplifica<br />

ulteriormente.<br />

Si è sempre detto che l’architettura è una sommatoria <strong>di</strong> va<strong>lo</strong>ri estetici e progettuali<br />

inscin<strong>di</strong>bili che identificano sia la cultura del progetto che quella dell’immagine. Purtroppo<br />

all’interno delle leggi della domanda e dell’offerta essi si separano con<strong>di</strong>zionando<br />

negativamente la qualità della progettazione. <strong>La</strong> Bauhaus, sotto la <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong><br />

Gropius rimane ancora oggi, con tutte le riserve del caso, l’esempio storico più cor


1<br />

156<br />

Città creative<br />

retto <strong>di</strong> <strong>come</strong> dovrebbe essere strutturata una grande <strong>scuola</strong> <strong>di</strong> progettazione nella<br />

quale far convivere sistemi <strong>di</strong>sciplinari che, dal cucchiaio alla città, consentano a docenti<br />

e studenti <strong>di</strong> approfon<strong>di</strong>re una più estesa preparazione tecnica e culturale per<br />

vivere in una società che deve misurarsi con problemi ambientali, sociali e tecno<strong>lo</strong>gici<br />

<strong>di</strong> grande rilevanza.<br />

I sistemi informatici e le tecniche <strong>di</strong> rappresentazione delle immagini, unitamente all’avvento<br />

del tempo reale nelle informazioni, hanno cambiato i concetti, le percezioni<br />

e le comunicazioni; <strong>lo</strong> stesso MacLuhan non aveva previsto che il cambiamento sarebbe<br />

stato così rapido.<br />

I corsi <strong>di</strong> Disegno dell’Architettura e Rappresentazione hanno recepito questa esigenza<br />

e per questo che, in questa circostanza è interessante richiamare il tema del rapporto,<br />

o dei rapporti, tra fotografia, architettura e città <strong>come</strong> un nuovo percorso <strong>di</strong>dattico<br />

da proporre agli studenti e da alimentare nella ricerca inter<strong>di</strong>sciplinare.<br />

Spaesata città<br />

<strong>di</strong> DANIELE COLISTRA<br />

Una fabbrica della conoscenza non produce automaticamente i suoi manufatti. Questi<br />

ultimi affidano la <strong>lo</strong>ro fortuna alla forza <strong>di</strong> una rete della conoscenza. Una rete che<br />

deve essere in grado <strong>di</strong> comunicare in modo efficace e pertinente.<br />

Come comunica una città? Proprio <strong>come</strong> l’architettura, attraverso due livelli <strong>di</strong>fferenti.<br />

Ce <strong>lo</strong> ricorda Walter Benjamin: un’architettura può essere percepita nel senso<br />

del consumo (ci abito, la vivo, la attraverso, la danneggio, la compro, la vendo) ma<br />

può essere percepita anche me<strong>di</strong>ante una attività più strettamente intellettuale e, quin<strong>di</strong>,<br />

legata alla comunicazione<br />

(la comprendo, la interpreto<br />

e la racconto agli altri).<br />

1 Paul Auster, David Mazzucchelli,<br />

Paul Karasik, Città <strong>di</strong> vetro,<br />

2004.


Francesca Fatta, Daniele Colistra, Marinella Arena<br />

Visto che la città è contemporaneamente uno strumento<br />

e un oggetto <strong>di</strong> comunicazione, da sempre è stata il pretesto<br />

per veicolare una precisa poetica. Dalla città ideale<br />

del Rinascimento alle stralunate città <strong>di</strong> James Ballard<br />

alla periferia romana <strong>di</strong> Pasolini.<br />

Si tratta dell’essenza del nostro mestiere: comunicare attraverso<br />

le immagini ciò che abbiamo capito della realtà<br />

che ci circonda. Come scrive Paul Auster in Moon Palace,<br />

“se ve<strong>di</strong> qualcosa, <strong>come</strong> puoi trasformar<strong>lo</strong> in parole?<br />

Il mondo penetra in noi per il tramite degli occhi,<br />

tuttavia noi non siamo in grado <strong>di</strong> dargli un senso finché<br />

esso non scende alla bocca”. Per un <strong>di</strong>segnatore, siamo<br />

autorizzati a <strong>di</strong>re “finché non arriva alle mani che <strong>di</strong>segnano…”.<br />

È, quin<strong>di</strong>, un problema <strong>di</strong> strumenti, tecniche e forme<br />

della comunicazione. Ne abbiamo a <strong>di</strong>sposizione molti.<br />

Uno <strong>di</strong> questi è la fotografia <strong>di</strong> architettura.<br />

<strong>La</strong> fotografia è considerata prevalentemente per il suo<br />

va<strong>lo</strong>re documentario. Ci sono poi numerosi fotografi <strong>di</strong><br />

architettura i cui lavori sono reputati vere e proprie opere<br />

d’arte (pur se riproducibili), dotate <strong>di</strong> va<strong>lo</strong>re in sé e,<br />

quin<strong>di</strong>, il cui va<strong>lo</strong>re è in<strong>di</strong>pendente dall’oggetto rappresentato.<br />

<strong>La</strong> fotografia è sicuramente un’arte. Ma, a <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong><br />

tutte le altre arti, <strong>di</strong>fficilmente si <strong>di</strong>stacca dalla concretezza<br />

della vita, si abbandona al virtuosismo grafico o si<br />

rifugia nel<strong>lo</strong> spiritualismo. Una fotografia presenta sempre<br />

luoghi ed eventi concreti, tangibili e quin<strong>di</strong> impone<br />

una presa <strong>di</strong> posizione rispetto agli oggetti inquadrati, al<br />

mondo e al sistema <strong>di</strong> va<strong>lo</strong>ri che rappresenta.<br />

2 Pascal Croci, Auschwitz, 2004.<br />

3 Gabriele Basilico, Beirut, 2001. 3<br />

157<br />

2


4<br />

5<br />

6<br />

158<br />

Città creative<br />

In questo modo, la fotografia riveste un importante ruo<strong>lo</strong> pedagogico. Perché una fotografia<br />

coinvolge le coscienze e induce alla comprensione. Io credo nella fotografia<br />

e nel suo ruo<strong>lo</strong> <strong>di</strong>dattico, innanzitutto perché “fotografare significa uscire dai nostri<br />

rifugi e camminare nelle strade, guardando. Camminare guardando per recuperare<br />

alla coscienza tutto quel<strong>lo</strong> che ogni giorno rimuoviamo dal nostro campo visivo, dal<br />

mondo, fino a ritrovarci in<strong>di</strong>fferenti ed anestetizzati. Camminare e guardare perché<br />

non siano altri a decidere quale storia raccontare, quale mondo vivere” (Fulvio Orsenigo),<br />

ma anche perché “ve<strong>di</strong>amo sempre <strong>di</strong> più con gli occhi degli altri. Potrebbe<br />

anche essere un vantaggio: migliaia <strong>di</strong> occhi invece <strong>di</strong> due, ma non è così semplice.<br />

Di queste migliaia <strong>di</strong> occhi, pochi, pochissimi, seguono una operazione mentale autonoma,<br />

una propria ricerca, una propria visione. Anche inconsapevolmente, le migliaia<br />

<strong>di</strong> occhi sono collegate a pochi cervelli, a precisi interessi, a un so<strong>lo</strong> potere”<br />

(Ugo Mulas).<br />

Con queste premesse, nell’estate 2008, insieme a Marinella<br />

Arena, Fulvio Orsenigo e Alessandra Chemol<strong>lo</strong> ho<br />

iniziato a lavorare sul territorio e sulla città calabrese,<br />

concentrandomi sulle masserie fortificate della Calabria<br />

e sull’architettura della ricostruzione <strong>di</strong> Reggio dopo il<br />

terremoto del 1908.<br />

Il lavoro sulle masserie fortificate si basa essenzialmente<br />

sul rilievo e sull’analisi grafica per la conoscenza e la comprensione<br />

dei rapporti fra costruito e ambiente, natura<br />

e artefatto: prevede anche una sezione fotografica, curata<br />

da Alessandra Chemol<strong>lo</strong>. Un lavoro documentario,<br />

ma anche qualcosa <strong>di</strong> più. Perché “poco si è detto della<br />

fotografia <strong>come</strong> freno alle fantasie della nostra memoria<br />

e l’aver detto quanto essa possa essere un documento<br />

non basta. Documento <strong>di</strong> che? Spesso anche <strong>di</strong> noi fotografi,<br />

che in queste foto ricostruiamo la vita del nostro<br />

occhio” (Pao<strong>lo</strong> Monti).<br />

Il lavoro sull’architettura della ricostruzione <strong>di</strong> Reggio<br />

4 Franco Fontana, Paesaggio urbano<br />

a Ibiza, 1992.<br />

5 Alessandra Chemol<strong>lo</strong>, Masseria<br />

S. Mauro a Corigliano Calabro (CS),<br />

2008.<br />

6 Alessandra Chemol<strong>lo</strong>, Masseria<br />

Pantaleo a Rossano Calabro (CS),<br />

2008.


Francesca Fatta, Daniele Colistra, Marinella Arena<br />

post 1908, realizzato con alcuni studenti e dottoran<strong>di</strong> <strong>di</strong> <strong>di</strong>segno e coor<strong>di</strong>nato con<br />

Fulvio Orsenigo e Marinella Arena, aveva l’obiettivo <strong>di</strong> mostrare <strong>come</strong>, dopo il terremoto,<br />

Reggio abbia subito un’interminabile scossa <strong>di</strong> assestamento che ha devastato<br />

il territorio e la città, l’ambiente e la mentalità della gente che vi abita. Ancora una<br />

volta, un lavoro che impone una precisa presa <strong>di</strong> posizione e la comunica agli altri.<br />

Comunica un intricato sistema <strong>di</strong> forze, posate ma violente più <strong>di</strong> un sisma: abusivismo<br />

e incuria, speculazioni, scelte sbagliate (colpose e do<strong>lo</strong>se), negligenze, omissioni,<br />

malgoverno, ingor<strong>di</strong>gia, monumenti al kitsch e al trash, in<strong>di</strong>fferenza. Un sistema <strong>di</strong><br />

forze <strong>di</strong>struttive a cui tutti (politici, proprietari immobiliari, amministratori, costruttori,<br />

docenti, architetti, citta<strong>di</strong>ni), in mo<strong>di</strong> <strong>di</strong>versi, abbiamo contribuito. Con i nostri<br />

gesti, le nostre decisioni; oppure delegando ad altri le nostre scelte, le nostre responsabilità.<br />

Per ignoranza, per convenienza e per ignavia.<br />

Fotografia <strong>come</strong> strumento <strong>di</strong> conoscenza. Fotografia <strong>come</strong> strumento <strong>di</strong> comprensione.<br />

Fotografia <strong>come</strong> strumento <strong>di</strong>dattico. Fotografia <strong>come</strong> strumento <strong>di</strong> ricerca<br />

della forma e, quin<strong>di</strong>, della bellezza. Anche quando racconta storie <strong>di</strong> degrado, <strong>di</strong> sofferenza,<br />

<strong>di</strong> emarginazione. <strong>La</strong> bellezza è presente in qualsiasi situazione, in qualun-<br />

159<br />

7 Filippo <strong>La</strong>bate e Giuseppe Romeo,<br />

Fabbrica Velar<strong>di</strong> a Reggio Calabria,<br />

2008.<br />

8 Anna Panzera, Porto <strong>di</strong> Saline<br />

Joniche (RC), 2008.<br />

7-8


160<br />

que luogo proprio perché la bellezza non <strong>di</strong>pende né dai luoghi né dalle situazioni,<br />

ma so<strong>lo</strong> dalla vo<strong>lo</strong>ntà del fotografo <strong>di</strong> ricercare e definire la forma. Definire la forma<br />

vuol <strong>di</strong>re esprimere il desiderio <strong>di</strong> avere un rapporto armonioso con gli oggetti, con<br />

il mondo. Vuol <strong>di</strong>re avere il coraggio <strong>di</strong> guardare con occhi obiettivi, l’intenzione <strong>di</strong><br />

sentirsi responsabili, la <strong>di</strong>gnità <strong>di</strong> saper <strong>di</strong>scernere la geometria sottesa al <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne.<br />

Ma “perché la forma è bella?”, scrive Robert Adams ne <strong>La</strong> bellezza in fotografia. “Perché<br />

-penso- ci aiuta ad affrontare la nostra paura peggiore, il timore che la vita non<br />

sia che caos e che la nostra sofferenza non abbia alcun senso”.<br />

Città instabili<br />

Città creative<br />

<strong>di</strong> MARINELLA ARENA<br />

“Non si può conoscere con l’esperienza<br />

una grande città: la sua vita è troppo complessa<br />

Perché un qualsiasi in<strong>di</strong>viduo possa parteciparvi” 1<br />

Huxley suggerisce <strong>di</strong> rassegnarsi all’idea che la complessità della città non può essere<br />

conosciuta con un approccio razionale. Viene da chiedersi al<strong>lo</strong>ra qual è la forma <strong>di</strong><br />

rappresentazione che meglio si adatta a questa complessità e quale degli infiniti aspetti<br />

possiamo prendere in esame.<br />

Ho sempre pensato alla città <strong>come</strong> ad un organismo vivente composto <strong>di</strong> cellule che<br />

si mo<strong>di</strong>ficano a ve<strong>lo</strong>cità <strong>di</strong>fferenti. Alcune si rinnovano ve<strong>lo</strong>cemente mantenendo sempre<br />

<strong>lo</strong> stesso aspetto altre invece mutano con infinita lentezza e si mo<strong>di</strong>ficano profondamente.<br />

Le prime ricoprono la superficie della città, la rivestono <strong>di</strong> una pelle sensibile<br />

e in continuo movimento. Le seconde sono la struttura portante, sono coese, coriacee<br />

e, in apparenza, immobili. Se le prime sembrano obbe<strong>di</strong>re al caos le seconde<br />

creano una struttura che sottende ad una regola.<br />

Nella città or<strong>di</strong>ne e <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne sono correlati e, secondo Morin, “non producono confusione<br />

ma interagiscono per definire nuovi scenari”.<br />

Come adeguare la rappresentazione della città al continuo mutamento degli scenari


Francesca Fatta, Daniele Colistra, Marinella Arena<br />

che la obbligano in una <strong>di</strong>mensione <strong>di</strong> instabilità permanente?<br />

Foucault 2 identifica nella città contemporanea una costante tensione alla metamorfosi<br />

che si manifesta attraverso alcune modalità territoriali <strong>come</strong> la sparizione e l’accelerazione.<br />

L’assetto delle gran<strong>di</strong> metropoli è in costante <strong>di</strong>venire, elementi importanti della scena<br />

<strong>urbana</strong> spariscono per lasciare il posto a nuove architetture generando approcci sempre<br />

<strong>di</strong>versi con <strong>lo</strong> <strong>spazio</strong>.<br />

Jonathan Safran Foer in Ogni cosa è illuminata affronta il racconto della sparizione <strong>di</strong><br />

un picco<strong>lo</strong> centro con un approccio ine<strong>di</strong>to e poetico.<br />

Una donna ucraina, sopravvissuta ad una strage nazista, conserva nel suo angusto ricovero<br />

i ricor<strong>di</strong> della sua gente. Tutto è impacchettato in scatole che portano le in<strong>di</strong>cazioni<br />

più bizzarre: DIARI, BIANCHERIA, STATUETTE, OCCHIALI, OSCU-<br />

RITA’ SPECCHI, POESIE, CHIODI, POLVERE.<br />

Ogni oggetto riemerge dalla marea dei ricor<strong>di</strong> <strong>come</strong> un<br />

reperto archeo<strong>lo</strong>gico. Ogni pezzo <strong>di</strong> stoffa, ogni ciocca<br />

<strong>di</strong> capelli, ogni batuffo<strong>lo</strong> <strong>di</strong> polvere può riportare in<strong>di</strong>etro<br />

nel tempo e riaccendere ricor<strong>di</strong>, sensazioni, speranze.<br />

Il gioco può procedere all’infinito, e l’azione può essere<br />

sostituita dal ricordo: “Tutto ricordava a tutti qualcosa<br />

[…] Ricordo generava ricordo che generava ricordo.[…]<br />

Gli abitanti del villaggio usavano il ricordo per ricordare<br />

il ricordo…” 3 .<br />

<strong>La</strong> sparizione del villaggio innesca il meccanismo del ricordo<br />

in un gioco caleidoscopico che è, probabilmente,<br />

alla base <strong>di</strong> ogni rappresentazione contemporanea della<br />

città.<br />

L’altro termine che Foucault usa per definire la città è:<br />

accelerazione. <strong>La</strong> città è attraversata da flussi che, <strong>di</strong> fatto,<br />

ne costituiscono la parte vitale. Lo stu<strong>di</strong>o dei flussi permette,<br />

infatti, la surco<strong>di</strong>ficazione <strong>di</strong> tutti gli eventi che<br />

9 Paul Strand, Manhatta, 1921 I<br />

pendolari che scendono dal<strong>lo</strong> Staten<br />

Island Ferry.<br />

10 René Clair, Paris qui dort, 1923.<br />

161<br />

9<br />

10


11<br />

162<br />

11 Francesco Jo<strong>di</strong>ce, Rear window,<br />

Hong Kong Milan Rotterdam,<br />

2004.<br />

Città creative<br />

fanno della città un “corpo senza organi”.<br />

Le prime rappresentazioni della città contemporanea con immagini in movimento,<br />

riba<strong>di</strong>scono la vocazione del<strong>lo</strong> <strong>spazio</strong> urbano ad accogliere flussi <strong>di</strong> cose e <strong>di</strong> persone.<br />

Nel cortometraggio “Manhatta” <strong>di</strong> Paul Strand, del 1921, tutto è movimento.<br />

I cappelli e le giacche nere <strong>di</strong> migliaia <strong>di</strong> impiegati <strong>di</strong>segnano trame complesse, mentre<br />

vanno dal ferry boat ai marciapie<strong>di</strong> <strong>di</strong> Manhattan. Le gru, quando ruotano su se<br />

stesse, affettano il cie<strong>lo</strong>, piatto e opaco, con traiettorie curvilinee.<br />

Le <strong>lo</strong>comotive, scure e imponenti, avanzano fra spire <strong>di</strong> vapore. Le navi segnano l’acqua<br />

con tracce evanescenti e il cie<strong>lo</strong> con dense nuvole <strong>di</strong> fumo.<br />

In Paris Qui Dort René Clair mostra la Ville Lumière attraverso un paradosso privandola<br />

<strong>di</strong> quell’aspetto che la caratterizza <strong>come</strong> una grande metropoli: il movimento.<br />

Nel film muto, del 1923, la città è immersa in un sonno profondo e artificiale, tutto<br />

è fermo e la rappresentazione della città ha un gusto surreale.<br />

Recentemente la rappresentazione <strong>di</strong> città dense e in continuo <strong>di</strong>venire ha preso altre<br />

vie. Alcuni fotografi <strong>come</strong> Francesco Jo<strong>di</strong>ce 4 la raccontano rubando, dalle vetrate


Francesca Fatta, Daniele Colistra, Marinella Arena<br />

illuminate, piccoli brani <strong>di</strong> vita privata. Immagini che ci fanno intravedere la vastità<br />

delle relazioni umane, le infinite possibilità <strong>di</strong> scelta <strong>di</strong> ogni singo<strong>lo</strong> in<strong>di</strong>viduo.<br />

Altri autori <strong>come</strong> Atta Kim fermano il tempo effettuando scatti con tempi <strong>di</strong> posa<br />

lunghissimi. Nelle sue immagini il movimento, continuo e intenso, è vischioso e lascia<br />

una traccia immateriale nel<strong>lo</strong> <strong>spazio</strong>. <strong>La</strong> Manhattan <strong>di</strong> Kim è avvolta da un ve<strong>lo</strong><br />

<strong>di</strong> polvere che cancella le auto e le persone riducendole a fantasmi appena percepibili<br />

nella realtà <strong>urbana</strong>.<br />

Per riba<strong>di</strong>re la metafora della città contemporanea possiamo, dunque, scegliere <strong>di</strong> rappresentare<br />

quella costante instabilità data dal rapporto fra <strong>spazio</strong> topo<strong>lo</strong>gico e <strong>spazio</strong><br />

<strong>di</strong> relazione, fra luoghi materiali e luoghi immateriali, fra sparizione e ricordo, fra accelerazione<br />

e flusso.<br />

<strong>La</strong> rappresentazione si concentra sui flussi che attraversano<br />

<strong>lo</strong> <strong>spazio</strong> architettonico e ne mo<strong>di</strong>ficano la consistenza,<br />

la percezione, il <strong>di</strong>segno.<br />

Ho preso spunto da alcune opere <strong>di</strong> Pierre Bismuth per<br />

rappresentare il movimento; l’artista registra, infatti, in<br />

un unico fotogramma il movimento della mano destra<br />

<strong>di</strong> Marylin Monroe.<br />

I segni neri evocano il tempo che è appena trascorso,<br />

<strong>come</strong> la scia <strong>di</strong> fumo che lascia una sigaretta accesa, la<br />

mano <strong>di</strong> Marylin altera <strong>lo</strong> <strong>spazio</strong> isotropo occupando<strong>lo</strong><br />

con il ricordo del suo movimento.<br />

<strong>La</strong> percezione della città e delle architetture che la costituiscono<br />

è legata alle modalità <strong>di</strong> fruizione del<strong>lo</strong> <strong>spazio</strong>,<br />

ai ricor<strong>di</strong> che amplificano<br />

i piani percettivi, agli<br />

stereotipi che con<strong>di</strong>zionano<br />

il nostro sguardo.<br />

Così l’invaso <strong>di</strong> una strada<br />

è il luogo dei flussi. Uomini<br />

e donne attraversano <strong>lo</strong><br />

12 Atta Kim, ON-AIR Project, New<br />

York Series, 57th Street, 8 Hours,<br />

2005.<br />

13 Pierre Bismuth, En suivant la<br />

main droite de Marylin Monroe.<br />

163<br />

12<br />

13


14<br />

164<br />

Città creative<br />

14 Marco Cosenza, Eleonora Rositani,<br />

Piazza 1° maggio, Palmi.


Francesca Fatta, Daniele Colistra, Marinella Arena<br />

<strong>spazio</strong> secondo traiettorie sempre <strong>di</strong>verse e impreve<strong>di</strong>bili, mo<strong>di</strong>ficano <strong>di</strong> porzioni infinitesimali<br />

l’invaso stesso e la sua percezione.<br />

Nella città reale la percezione dell’architettura è commista ad elementi che, pur essendo<br />

mobili, sono una costante: le auto parcheggiate davanti al basamento, le persone<br />

che affollano le strade più trafficate, l’ombra dei palazzi <strong>di</strong> fronte.<br />

Per provare a capire quanto la nostra percezione dell’architettura è parziale ho provato<br />

a frammentare il tempo per spogliare l’architettura <strong>di</strong> tutti quei vessilli che la<br />

connotano <strong>come</strong> la casa dell’uomo.<br />

Ho inserito, ad uno ad uno tutti gli elementi con cui l’uomo si appropria dell’architettura,<br />

per riconoscere quanti sono i veli si frappongono alla percezione dell’architettura<br />

e al tempo stesso la trasformano in uno dei fatti della città.<br />

Note<br />

1 ALDOUS LEONARD HUXLEY, Le porte della percezione Para<strong>di</strong>so e inferno, Mondadori Milano 2007,<br />

I ed. The Doors of Perception Heaven and Hell, 1958.<br />

2 MICHEL FOUCAULT, Spazi altri, Mimesis eterotrofia, Milano 2001.<br />

3 SAFRAN FOER, Ogni cosa è illuminata, Guanda E<strong>di</strong>tore, Parma 2002, I ed. Everything Is Illuminated,<br />

Houghton Mifflin Harcourt, Boston 2002.<br />

4 Ve<strong>di</strong> scatti <strong>come</strong> Rear window, Hong-Kong, Milan, Rotterdam T03 del 1999.<br />

165


RILEVARE LE CITTÀ<br />

RAPPRESENTARE LA CONOSCENZA CON I SISTEMI INFORMATIVI<br />

<strong>di</strong> PAOLO GIANDEBIAGGI, CHIARA VERNIZZI<br />

Il rilievo della città e la conseguente rappresentazione delle conoscenze acquisite si<br />

costituiscono <strong>come</strong> una questione aperta e <strong>di</strong> grande impatto.<br />

Quando infatti la quantità e la qualità dei dati da gestire sono elevate e devono poter<br />

essere interrelate, il campo delle possibilità operative si restringe e ci orienta verso<br />

l’unico strumento operativo che consente <strong>di</strong> interfacciare dati molto eterogenei tra<br />

<strong>lo</strong>ro, <strong>come</strong> quelli alfanumerici e quelli grafici, bi e tri<strong>di</strong>mensionali, relativi ad elementi<br />

che investono porzioni urbane consistenti, così <strong>come</strong> elementi architettonici <strong>di</strong><br />

grande impatto qualitativo e quantitativo sul tessuto urbano.<br />

Ad esempio, per i proprietari <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> patrimoni immobiliari, la combinazione e la<br />

coesistenza <strong>di</strong> problemi <strong>di</strong> varia natura impongono necessariamente un control<strong>lo</strong> ed<br />

una programmazione delle attività urbanistiche ed e<strong>di</strong>lizie e della <strong>lo</strong>ro compatibilità<br />

con le trasformazioni che continuamente investono la città. Questa intrinseca complessità<br />

impone l’acquisizione <strong>di</strong> dati ed informazioni <strong>di</strong> cui non sempre si <strong>di</strong>spone<br />

o si <strong>di</strong>spone in modo frammentario ed insufficiente.<br />

Una progettazione coerente e fattibile, sia dal punto <strong>di</strong> vista urbano sia da quel<strong>lo</strong> e<strong>di</strong>lizio,<br />

non può prescindere dalla valutazione <strong>di</strong> una enorme quantità <strong>di</strong> dati fisici, <strong>di</strong><br />

informazioni legislative, <strong>di</strong> valutazioni economiche, al fine <strong>di</strong> contribuire all’in<strong>di</strong>viduazione<br />

delle soluzioni compatibili e delle metodo<strong>lo</strong>gie adottabili e perseguibili concretamente.<br />

A questo proposito i sistemi informativi consentono <strong>di</strong> trarre i primi benefici<br />

legati ad una valutazione ad<br />

ampio raggio degli interventi<br />

programmabili sui patrimoni<br />

e<strong>di</strong>lizi e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> analizzare<br />

le ricadute che tali interventi<br />

hanno in termini urbanistici.<br />

Per questo motivo, a partire<br />

dall’anno 2000, l’Università<br />

degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Parma<br />

ha deciso <strong>di</strong> dotarsi <strong>di</strong> un<br />

proprio sistema informa-<br />

1 Il SIPE: <strong>lo</strong>calizzazione dei siti<br />

universitari all'interno del centro<br />

storico <strong>di</strong> Parma.<br />

1


2<br />

168<br />

Rilevare le città<br />

tivo, dando alla luce il SIPE (Sistema Informativo del Patrimonio E<strong>di</strong>lizio), strumento<br />

attraverso il quale è possibile il monitoraggio delle risorse e<strong>di</strong>lizie e la prefigurazione<br />

<strong>di</strong> soluzioni urbanistiche, in modo tale da permettere valutazioni preventive <strong>di</strong> ipotesi<br />

gestionali e costruttive che da sempre provocano un forte impatto sulla città e sul<br />

territorio. <strong>La</strong> potenzialità del SIPE si esprime proprio nella capacità <strong>di</strong> rispondere ad<br />

interrogazioni complesse, fornendo informazioni specifiche correlate alle <strong>di</strong>verse soluzioni<br />

possibili, configurandosi <strong>come</strong> un insostituibile strumento operativo in grado<br />

<strong>di</strong> elaborare una corretta programmazione degli interventi.<br />

Il progetto è nato dall’esigenza <strong>di</strong> dotarsi <strong>di</strong> uno strumento che si ponesse quale supporto<br />

dell’attività <strong>di</strong> razionalizzazione, riorganizzazione e approfon<strong>di</strong>mento della conoscenza<br />

del patrimonio universitario con il fine principale <strong>di</strong> attuare strategie <strong>di</strong> gestione<br />

atte a coor<strong>di</strong>nare le attività <strong>di</strong> riqualificazione e manutenzione del patrimonio<br />

immobiliare stesso.<br />

In questo senso l’Ateneo ha stabilito che <strong>lo</strong> strumento essenziale per la gestione <strong>di</strong> tale<br />

patrimonio (oltre 80 e<strong>di</strong>fici) fosse costituito da un sistema informativo in grado <strong>di</strong> gestire<br />

tutte le informazioni anagrafiche, funzionali e tecniche relative alla consistenza del<br />

bene gestito. Un sistema informativo, infatti, è uno strumento fondamentale per la costruzione<br />

<strong>di</strong> un apparato <strong>di</strong> meto<strong>di</strong> valutativi che sia basato su metodo<strong>lo</strong>gie <strong>di</strong> rilevamento<br />

dei dati e <strong>di</strong> analisi e modellazione delle variabili tecniche ed economiche.<br />

Dato il particolare campo<br />

<strong>di</strong> applicazione del database<br />

in oggetto, <strong>di</strong> fondamentale<br />

importanza è che sia<br />

possibile accedere alla<br />

banca dati a due livelli <strong>di</strong>fferenti:<br />

da una parte a livel<strong>lo</strong><br />

alfanumerico, dall’altra<br />

a livel<strong>lo</strong> grafico. I due<br />

quadri descrittivi devono<br />

essere in <strong>di</strong>retta relazione<br />

2 Il SIPE: la visualizzazione delle<br />

planimetrie.


Pao<strong>lo</strong> Giandebiaggi, Chiara Vernizzi<br />

fra <strong>lo</strong>ro e quin<strong>di</strong>, in<strong>di</strong>pendentemente dal fatto che la modellazione o le mo<strong>di</strong>fiche avvengano<br />

in un quadro o nell’altro, essi devono essere aggiornati automaticamente e<br />

contemporaneamente in entrambi.<br />

Nonostante sia possibile trovare sul mercato un sempre maggior numero <strong>di</strong> softwares,<br />

che nel corso degli anni <strong>di</strong>ventano sempre più flessibili, la fase <strong>di</strong> organizzazione<br />

della banca dati si è configurata <strong>come</strong> il momento più delicato ed importante. Uno<br />

dei problemi fondamentali nella gestione <strong>di</strong> una banca dati <strong>di</strong> tali <strong>di</strong>mensioni è infatti<br />

rappresentato dal perico<strong>lo</strong> <strong>di</strong> pretendere l’inserimento <strong>di</strong> una mole troppo vasta<br />

<strong>di</strong> dati <strong>di</strong>fferenti, con il rischio <strong>di</strong> rendere ingestibile il database sia durante la fase <strong>di</strong><br />

implementazione e raccolta delle informazioni, sia durante quella <strong>di</strong> interrogazione<br />

del sistema stesso. Innanzitutto sono state stabilite le finalità del progetto, in modo<br />

tale da determinare quali dovessero essere le informazioni in<strong>di</strong>spensabili ad una prima<br />

implementazione del sistema. Visto il particolare tipo <strong>di</strong> patrimonio immobiliare e <strong>lo</strong><br />

scopo fondamentale per il quale è stato costruito il sistema,<br />

quale unità base della banca dati si è scelto il singo<strong>lo</strong><br />

vano, che è <strong>di</strong>venuto l’unità minima <strong>di</strong> rilievo su<br />

cui impostare la raccolta dei dati, attraverso la redazione<br />

e la compilazione <strong>di</strong> specifiche schede <strong>di</strong> rilevamento. Il<br />

sistema è stato impostato secondo una struttura ad albero<br />

in cui il vano stesso costituisce il contenitore finale,<br />

quel<strong>lo</strong> da cui scaturiscono automaticamente parte dei dati<br />

contenuti nei contenitori <strong>di</strong> livel<strong>lo</strong> superiore nella scala<br />

gerarchica. <strong>La</strong> struttura ad albero del sistema rende possibile<br />

il calco<strong>lo</strong> in automatico <strong>di</strong> tutta una serie <strong>di</strong> dati<br />

<strong>di</strong>mensionali generati dall’oggetto <strong>di</strong> base, il vano.<br />

Forti dell’esperienza maturata attraverso la costruzione<br />

del SIPE, attraverso <strong>di</strong>verse convenzioni con enti pubblici<br />

<strong>lo</strong>cali sono stati costruiti altri sistemi informativi,<br />

concepiti sempre <strong>come</strong> strumenti per raccogliere, relazionare<br />

e rappresentare la conoscenza ottenuta su speci-<br />

3 Il sistema informativo per la<br />

gestione delle informazioni sulle<br />

strutture conventuali e monastiche<br />

all'interno del centro storico<br />

<strong>di</strong> Parma: la lettura delle stratificazioni<br />

storiche.<br />

169<br />

3


4<br />

170<br />

Rilevare le città<br />

fici ambiti e<strong>di</strong>lizi o urbani, ancora una volta a partire dal rilievo architettonico o delle<br />

cortine e<strong>di</strong>lizie degli elementi oggetto <strong>di</strong> analisi.<br />

Ogni sistema informativo elaborato è stato ricalibrato tenendo conto delle particolari<br />

caratteristiche degli elementi indagati e delle finalità operative degli enti committenti<br />

i <strong>di</strong>versi stu<strong>di</strong>.<br />

Il sistema informativo relativo alla documentazione derivante dal rilievo dei sistemi<br />

complessi monastici e conventuali presenti all’interno del centro storico <strong>di</strong> Parma è<br />

stato sviluppato all’interno <strong>di</strong> un progetto <strong>di</strong> ricerca interuniversitario (COFIN 2002:<br />

Il rilievo urbano per “sistemi complessi”: un nuovo protocol<strong>lo</strong> per un sistema informativo<br />

<strong>di</strong> documentazione e gestione della città, Coord. Naz.: Prof. Cesare Cundari;<br />

progetto <strong>di</strong> ricerca svolta dall’unità operativa dell’Università <strong>di</strong> Parma: Rilievo urbano<br />

e documentazione degli organismi conventuali trasformati: da sistema architettonico<br />

religioso a sistema urbano infrastrutturale, Coord. Unità operativa : Prof. Pao<strong>lo</strong><br />

Giandebiaggi) ed ha visto la realizzazione con<strong>di</strong>visa tra le <strong>di</strong>verse unità operative coinvolte<br />

<strong>di</strong> un sistema denominato SIRPU, volto alla descrizione ed alla gestione del rilievo<br />

del patrimonio urbano.<br />

Successivamente, attraverso <strong>di</strong>verse convenzioni con l’Amministrazione Comunale <strong>di</strong><br />

Parma sono stati costruiti <strong>di</strong>versi sistemi informativi specifici: uno relativo alla gestione<br />

della documentazione derivante dall’analisi della periferia storicizzata <strong>di</strong> Parma, in vista<br />

<strong>di</strong> una serie <strong>di</strong> interventi <strong>di</strong> forte trasformazione del tessuto urbano me<strong>di</strong>ante <strong>lo</strong> strumento<br />

operativo delle STU; un altro sistema informativo relativo alla gestione del patrimonio<br />

e<strong>di</strong>lizio scolastico,<br />

cui ha fatto seguito un ulteriore<br />

sistema informativo,<br />

strutturato in modo ana<strong>lo</strong>go<br />

al precedente, relativo alla<br />

gestione dell’intero patrimonio<br />

e<strong>di</strong>lizio <strong>di</strong> proprietà<br />

comunale.<br />

Ultimo in termini <strong>di</strong><br />

tempo è il sistema infor-<br />

4 Il sistema informativo per la<br />

gestione della documentazione derivante<br />

dall'analisi per la trasformazione<br />

della periferia storicizzata<br />

<strong>di</strong> Parma.


Pao<strong>lo</strong> Giandebiaggi, Chiara Vernizzi<br />

mativo legato alla gestione delle analisi derivanti dal rilievo urbano dei principali assi<br />

commerciali presenti nel centro storico della città <strong>di</strong> Parma, impostato non più su<br />

una base grafica planimetrica ma su una base grafico/fotografica relativa alle cortine<br />

e<strong>di</strong>lizie rilevate a scala <strong>urbana</strong>.<br />

Ogni sistema urbano si configura sempre <strong>come</strong> estremamente complesso e mutevole,<br />

ed è spesso <strong>di</strong>fficile comprenderne le <strong>lo</strong>giche evolutive, <strong>di</strong> trasformazione. Lo strumento<br />

che forse più <strong>di</strong> tutti si occupa <strong>di</strong> cercare <strong>di</strong> comprendere tali <strong>lo</strong>giche e, quin<strong>di</strong>,<br />

controllarle è rappresentato dal rilievo urbano. Un eventuale sistema informativo della<br />

città potrebbe porsi quale complemento del<strong>lo</strong> stesso. Se è vero infatti che fino ad ora<br />

il rilievo urbano ha vissuto <strong>di</strong> vita propria, e che un sistema informativo della città<br />

<strong>di</strong> una qualche utilità non potrebbe esistere senza il supporto del rilievo stesso, è altrettanto<br />

vero che questo nuovo mezzo <strong>di</strong> raccolta dati si configura <strong>come</strong> una straor<strong>di</strong>naria<br />

modalità <strong>di</strong> conoscenza, in grado <strong>di</strong> fornire in<strong>di</strong>cazioni che un rilievo urbano<br />

da so<strong>lo</strong>, per quanto accurato, non potrebbe fornire.<br />

Attuare una totale sinergia fra rilievo urbano e sistema informativo della città o, meglio,<br />

mettere quest’ultimo a servizio del rilievo urbano al fine <strong>di</strong> integrar<strong>lo</strong> e completar<strong>lo</strong>,<br />

potrebbe portare alla creazione <strong>di</strong> uno strumento univoco in grado <strong>di</strong> configurarsi<br />

<strong>come</strong> supporto dell’attività <strong>di</strong> razionalizzazione, riorganizzazione e approfon<strong>di</strong>mento<br />

della conoscenza dei sistemi urbani. Al giorno d’oggi un processo <strong>di</strong><br />

analisi della città condotto attraverso uno strumento così esaustivo, può configurarsi<br />

<strong>come</strong> l’unico modo per la<br />

creazione <strong>di</strong> un iter procedurale<br />

che abbia <strong>come</strong> fine<br />

principale quel<strong>lo</strong> <strong>di</strong> attuare<br />

strategie <strong>di</strong> riqualificazione<br />

e recupero degli inse<strong>di</strong>amenti<br />

urbani; uno strumento<br />

in grado <strong>di</strong> controllare,<br />

e quin<strong>di</strong> in<strong>di</strong>rizzare, le<br />

trasformazioni della città.<br />

Al limite è possibile affer-<br />

5 Il SIPESC: visualizzazione delle<br />

planimetrie degli e<strong>di</strong>fici scolastici.<br />

171<br />

5


6<br />

172<br />

Rilevare le città<br />

mare che uno strumento così concepito potrebbe porsi quale base per ogni intervento<br />

urbanistico, o ad<strong>di</strong>rittura <strong>di</strong>ventare esso stesso uno strumento urbanistico.<br />

Le <strong>di</strong>verse tipo<strong>lo</strong>gie <strong>di</strong> sistemi informativi messi a punto, legate a <strong>di</strong>verse caratteristiche<br />

degli oggetti <strong>di</strong> volta in volta indagati e soprattutto alle <strong>di</strong>verse finalità sottese alle<br />

analisi effettuate, si basano sempre sui rilievi architettonici ed urbani effettuati e si<br />

configurano sempre e comunque, pur nelle <strong>lo</strong>ro <strong>di</strong>versità specifiche, <strong>come</strong> strumenti<br />

<strong>di</strong> rappresentazione e comunicazione, oltre che <strong>di</strong> gestione, delle conoscenze acquisite,<br />

basate, in ogni caso, sulla conoscenza profonda dell’ambito <strong>di</strong> volta in volta indagato,<br />

derivante dal rilievo.<br />

6 Il sistema informativo per la<br />

gestione della documentazione derivante<br />

dal rilievo urbano degli<br />

assi commerciali del centro storico<br />

<strong>di</strong> Parma: la cortina e<strong>di</strong>lizia e la<br />

schedatura degli elementi dell'arredo<br />

commerciale.


RAPPRESENTARE LA CONOSCENZA<br />

PAESAGGI POMPEIANI<br />

Premessa<br />

<strong>di</strong> PAOLO GIORDANO<br />

evocazione del toponimo Pompei è relazionato <strong>di</strong>rettamente ad una con<strong>di</strong>zione<br />

L’ <strong>di</strong> conoscenza apparentemente già data: la sua tragica scomparsa nel <strong>lo</strong>ntano 79<br />

d.C.; la sua ricomparsa settecentesca; la riscoperta ottocentesca legata alla tra<strong>di</strong>zione<br />

Beaux-Arts; la rivisitazione novecentesca connessa al razionalismo me<strong>di</strong>terraneo e a<br />

quel<strong>lo</strong> nor<strong>di</strong>co d’oltralpe. Ovvero una conoscenza basata sulla classificazione temporale<br />

e tipo<strong>lo</strong>gica <strong>di</strong> quegli eventi naturali e <strong>di</strong> quei fatti artificiali che hanno caratterizzato<br />

la storia <strong>di</strong> Pompei negli ultimi duemila anni: una conoscenza che, seppur<br />

fondata su stu<strong>di</strong> e ricerche consistenti, rischia <strong>di</strong> apparire superficiale ed anedottica<br />

se non inserita in un quadro <strong>di</strong> riferimento la cui cornice possa essere rappresentata<br />

da quella complessa realtà urbano-paesaggistica contemporanea concretizzata dalla compresenza<br />

<strong>di</strong> strati archeo<strong>lo</strong>gici, monumenti religiosi, e<strong>di</strong>fici civici e residenziali, inse<strong>di</strong>amenti<br />

industriali e strutture agricole provvisionali. Pur senza entrare in una querelle<br />

epistemo<strong>lo</strong>gica, all’interno della quale andare a verificare la forma e i limiti dell’attività<br />

conoscitiva, la rappresentazione della conoscenza<br />

relazionata ad un caso stu<strong>di</strong>o <strong>come</strong> quel<strong>lo</strong> della realtà<br />

pompeiana contemporanea propone due interessanti possibilità<br />

<strong>di</strong> approfon<strong>di</strong>mento: una, in particolare, <strong>di</strong> tipo<br />

<strong>di</strong>sciplinare e l’altra, in generale, <strong>di</strong> carattere inter<strong>di</strong>sciplinare.<br />

Da una parte una <strong>di</strong>samina sulle potenzialità della<br />

Rappresentazione intesa <strong>come</strong> <strong>di</strong>sciplina colta in grado<br />

<strong>di</strong> affrontare tutti quei problemi <strong>di</strong> misura, classificazione<br />

e restituzione grafica <strong>di</strong> quegli specifici beni materiali<br />

-architettonici e paesaggistici- insistenti su <strong>di</strong> uno<br />

specifico territorio antropizzato; dall’altra parte, viceversa,<br />

una investigazione sulle capacità <strong>di</strong> una realtà ambientale,<br />

complessa e delicata, a farsi crogio<strong>lo</strong> <strong>di</strong> quei <strong>di</strong>versi<br />

va<strong>lo</strong>ri immateriali che, al<strong>lo</strong> stato attuale, appaiono inespressi<br />

e non esplicitati nella <strong>lo</strong>ro reale potenzialità mo-<br />

1 Carte d'une parti e du Golfe appelé<br />

le Cratere tel qu'il devoit etre<br />

avant l'eruption de 79". Acquerel<strong>lo</strong><br />

<strong>di</strong> F. Mazois per Les Ruines de<br />

Pompéi.<br />

1


174<br />

Rappresentare la conoscenza: paesaggi pompeiani<br />

<strong>di</strong>ficativa, in senso innovativo, non so<strong>lo</strong> dell’immagine ma anche e soprattutto del<br />

tessuto connettivo dell’intero territorio pompeiano. Conoscere la Rappresentazione<br />

per Rappresentare la conoscenza: è questa la sintesi problematica <strong>di</strong> una ricerca che si<br />

pone l’obbiettivo d’in<strong>di</strong>viduare la Pompei contemporanea <strong>come</strong> città e territorio in<br />

<strong>di</strong>venire al fine <strong>di</strong> va<strong>lo</strong>rizzarne la complessa e completa identità dei suoi luoghi, anzi,<br />

<strong>di</strong> tutti i suoi luoghi: da quelli archeo<strong>lo</strong>gici a quelli religiosi, da quelli monumentali<br />

a quelli industriali, da quelli rurali a quelli infrastrutturali. In tale prospettiva i paesaggi<br />

pompeiani sono stati analizzati secondo una classificazione tematica capace <strong>di</strong><br />

estrapolare dal mosaico e<strong>di</strong>lizio complessivo -archeo<strong>lo</strong>gico, storico e contemporaneoalcune<br />

tessere urbane ritenute emblematiche rispetto alla più vasta conurbazione territoriale<br />

pompeiana. Una sorta <strong>di</strong> classificazione conoscitiva elaborata attraverso una<br />

campagna <strong>di</strong> rilievo architettonico <strong>di</strong> tipo urbano ed ambientale ed affrontata nella<br />

consapevolezza che, <strong>come</strong> scriveva T.W. Adorno nel <strong>lo</strong>ntano 1947, “ la classificazione<br />

è una con<strong>di</strong>zione della conoscenza, ma non la conoscenza stessa” e che “la conoscenza<br />

torna a <strong>di</strong>ssolvere la classificazione”. Non so<strong>lo</strong>. <strong>La</strong> storia <strong>di</strong> Pompei è ricca <strong>di</strong> ricostruzioni<br />

grafiche della città originaria nonché <strong>di</strong> ri<strong>di</strong>segni che, nel corso del <strong>di</strong>ciannovesimo<br />

seco<strong>lo</strong>, hanno coagulato attorno ai ruderi della città sepolta stu<strong>di</strong>osi e progettisti<br />

che nel, corso del ventesimo seco<strong>lo</strong>, riproporranno, secondo un linguaggio<br />

moderno, le tipo<strong>lo</strong>gie pompeiane. In tal senso è possibile riflettere sia sulla lezione<br />

ere<strong>di</strong>tata dalla Pompei ante 79 d.C. e sia su quella post 79 d.C.<br />

Pompei ante 79 d.C. ovvero la rappresentazione dell’unitarietà e dell’omogeneità<br />

perduta<br />

<strong>La</strong> scena ambientale della Pompei antica è la rappresentazione geografica ed architettonica<br />

<strong>di</strong> un paesaggio classico definito, contemporaneamente, dalla piatta orizzontalità<br />

dell’antistante golfo partenopeo e dalla geometria tronco-conica del retrostante<br />

Vesuvio nonchè dalla chiara infrastrutturazione pseudo-ortogonale della sua forma urbis<br />

caratterizzata da e<strong>di</strong>lizia monumentale e residenziale.


Pao<strong>lo</strong> Giordano<br />

PLANIMETRIA GENERALE DI POMPEI CON INDIVIDUAZIONE DEGLI AMBITI TEMATICI DI RILEVAMENTO AMBIENTALE<br />

175


176<br />

Rappresentare la conoscenza: paesaggi pompeiani<br />

Pompei post 79 d.C. ovvero la rappresentazione dell’unitarieta’ e dell’omogeneita’<br />

ritrovata<br />

L’or<strong>di</strong>ne geografico ed architettonico della Pompei antica, andato perduto per circa<br />

se<strong>di</strong>ci secoli e mezzo, riemerge dalle ceneri proponendo non so<strong>lo</strong> le spoglie <strong>di</strong> una<br />

città sepolta e <strong>di</strong>menticata ma anche e soprattutto l’embrione culturale <strong>di</strong> una nuova<br />

idea <strong>di</strong> classicità capace <strong>di</strong> incidere nel <strong>di</strong>segno delle nuove realtà urbane ed architettoniche<br />

del XIX e XX seco<strong>lo</strong><br />

Pompei 2009 d.C. ovvero la rappresentazione della frammentarieta’ e dell’eterogeneita’<br />

consolidata<br />

L’abbandono delle città “se<strong>di</strong>mentarie” -ovvero <strong>di</strong>segnate e costruite dentro la <strong>lo</strong>gica classica<br />

del tracciato, della tipo<strong>lo</strong>gia e della morfo<strong>lo</strong>gia- ha prodotto una costellazione <strong>di</strong><br />

realtà urbane moderne e contemporanee dai limiti indefiniti, <strong>di</strong>ffuse nel territorio, prive<br />

<strong>di</strong> memoria e totalmente libere dal passato. Il risultato non è so<strong>lo</strong> la metropoli g<strong>lo</strong>balizzata<br />

ma anche e soprattutto il consumo onnipervasivo del territorio determinato dalla<br />

crescita incontrollata <strong>di</strong> città piccole e me<strong>di</strong>e, <strong>come</strong> Pompei, con relativa cancellazione<br />

<strong>di</strong> quelle tracce naturali ed artificiali capaci <strong>di</strong> rammemorarne l’identità storica.<br />

Di fronte a tale inquietante scenario si rende necessario un approccio analitico e tematico,<br />

avente <strong>come</strong> obbiettivo la <strong>di</strong>fesa e la governance <strong>di</strong> un territorio così delicato<br />

<strong>come</strong> quel<strong>lo</strong> caratterizzante, nel suo insieme, il territorio comunale <strong>di</strong> Pompei. A tal<br />

fine l’obbiettivo da perseguire è quel<strong>lo</strong> <strong>di</strong> ri-definire un’analisi conoscitiva capace <strong>di</strong><br />

ri-organizzare l’insieme geografico e gli scenari urbani ponendo sul<strong>lo</strong> stesso livel<strong>lo</strong> <strong>di</strong><br />

attenzione sia la vasta area archeo<strong>lo</strong>gica ed il suo perimetro e sia quelle parti <strong>di</strong> territorio<br />

riconoscibili per caratterizzazioni tematiche omogenee e coerenti al <strong>lo</strong>ro interno.<br />

<strong>La</strong> <strong>di</strong>scretizzazione dei <strong>di</strong>versi se<strong>di</strong>menti urbani <strong>di</strong> Pompei in unità tematiche<br />

minime, rappresenta un primo passo per affrancarsi dalle, ormai desuete, analisi generaliste<br />

che contrastano con realtà urbane non più statiche bensì moderatamente <strong>di</strong>namiche.<br />

Le questioni tematiche che seguono sono state in<strong>di</strong>viduate <strong>come</strong> punti <strong>di</strong><br />

attacco per una strategia capace <strong>di</strong> affrontare la conoscenza, attraverso il rilievo ar-


Pao<strong>lo</strong> Giordano<br />

chitettonico ed ambientale, <strong>di</strong> alcuni ambiti urbani che, per <strong>lo</strong>ro caratteristiche d’identità<br />

proprie, caratterizzano il territorio pompeiano. Tale approccio grafico-conoscitivo<br />

è il presupposto legittimo per qualsiasi azione mo<strong>di</strong>ficativa che si pone <strong>come</strong><br />

obbiettivo la riqualificazione puntuale e <strong>di</strong>ffusa del territorio pompeiano nella sua<br />

complessa stratificazione e sovrapposizione <strong>di</strong> aree archeo<strong>lo</strong>giche, urbane e rurali. Nel<strong>lo</strong><br />

specifico i temi generali in<strong>di</strong>viduati <strong>come</strong> altrettante linee-guida per una conoscenza<br />

approfon<strong>di</strong>ta del paesaggio pompeiano attraverso il rilievo dell’architettura e dell’ambiente<br />

sono stati così classificati:<br />

_ <strong>La</strong> realtà pompeiana nella prospettiva del<strong>lo</strong> sviluppo sostenibile del suo territorio e<br />

del rapporto con il paesaggio, articolato in nuove reti flessibili in<strong>di</strong>cative degli usi e<br />

delle attività (realtà rurali caratterizzate dalla consistente presenza <strong>di</strong> serre, sentieri interpoderali<br />

a vocazione turistica, aree agricole <strong>di</strong> bordo all’area archeo<strong>lo</strong>gica, aree urbane<br />

a margine dell’area archeo<strong>lo</strong>gica).<br />

_ <strong>La</strong> realtà pompeiana dei crocevia funzionali, il rapporto con le infrastrutture e gli<br />

spazi <strong>di</strong> interconnessione ( il problema delle aree parcheggio, la questione del<strong>lo</strong> svinco<strong>lo</strong><br />

autostradale in prossimità <strong>di</strong> Porta Marina, terminal trasporti via terra su gomma<br />

e su ferro).<br />

_ <strong>La</strong> realtà pompeiana rappresentata dall’interno del recinto archeo<strong>lo</strong>gico con un suo<br />

ambito alternativo per le aree <strong>di</strong> bordo (aree <strong>di</strong> ingresso, aree interstiziali <strong>di</strong> bordo con<br />

la città e con la campagna, il rapporto con la pineta della villa comunale, il sistema pedonale<br />

<strong>di</strong> margine meri<strong>di</strong>onale, affioramenti archeo<strong>lo</strong>gici in ambito urbano e rurale,<br />

piattaforme <strong>di</strong> servizio alle attività commerciali <strong>di</strong> supporto agli scavi).<br />

_ <strong>La</strong> realtà pompeiana della doppia polarità, un doppio apporto <strong>di</strong> materiali <strong>come</strong><br />

compenetrazione <strong>di</strong> una natura esterna (i ruderi archeo<strong>lo</strong>gici e la campagna ) e una<br />

natura interna (la città reale ed i suoi monumenti) caratterizzato da una mescolanza<br />

<strong>di</strong> funzioni.<br />

_ <strong>La</strong> realtà pompeiana delle situazioni omogenee (luoghi urbani consolidati, centro<br />

storico ed emergenze monumentali, cortine e<strong>di</strong>lizie a carattere storico) e delle situazioni<br />

<strong>di</strong>somogenee (aree <strong>di</strong> bordo, luoghi atopici, lacerazioni nel paesaggio naturale<br />

del lungofiume Sarno, spazi denaturalizzati).<br />

Tali questioni tematiche si sono condensate in rilievi <strong>di</strong> ambiti urbani specifici, così sud<strong>di</strong>visi:<br />

177


178 POMPEI, RILIEVO<br />

AMBIENTALE: AMBITO ARCHEOLOGICO URBANO<br />

Rappresentare la conoscenza: paesaggi pompeiani


Pao<strong>lo</strong> Giordano<br />

179<br />

POMPEI, RILIEVO AMBIENTALE: AMBITO CENTRO STORICO


180 POMPEI, RILIEVO<br />

AMBIENTALE: AMBITO FLUVIALE INDUSTRIALE<br />

Rappresentare la conoscenza: paesaggi pompeiani


Pao<strong>lo</strong> Giordano<br />

181<br />

POMPEI, RILIEVO AMBIENTALE: AMBITO CIMITERIALE


182<br />

Rappresentare la conoscenza: paesaggi pompeiani<br />

Ambito rurale_ rilievo ambientale <strong>di</strong> casale agrico<strong>lo</strong> storico in via Grotta e lungo la<br />

via Nolana;<br />

Ambito archeo<strong>lo</strong>gico urbano_ rilievo ambientale della villa comunale e <strong>di</strong> Via Plinio;<br />

Ambito periferico_ rilievo ambientale dell’incrocio <strong>di</strong> Via Passanti-Scafati;<br />

Ambito monumentale_ rilievo ambientale del santuario <strong>di</strong> Pompei e delle quinte urbane<br />

dell’antistante piazza;<br />

Ambito centro storico_ rilievo ambientale delle cortine e<strong>di</strong>lizie <strong>di</strong> Via Roma, Via Plinio,<br />

Piazza Immacolata, Via Colle San Barto<strong>lo</strong>;<br />

Ambito fluviale industriale_ rilievo ambientale del lungofiume Sarno e delle Ex-cartiere<br />

Ati, cortine e<strong>di</strong>lizie Via Macel<strong>lo</strong>.<br />

Calare la problematica della conoscenza puntuale, attraverso rilievi architettonici ed<br />

ambientali, dei <strong>di</strong>versi paesaggi pompeiani in un ragionamento teorico alla grande<br />

scala territoriale e, operativamente, alla piccola scala degli ambiti tematici suddetti significa,<br />

innanzitutto, verificare sia la consistenza qualitativa del tessuto e<strong>di</strong>lizio primario<br />

(i monumenti) e <strong>di</strong> quel<strong>lo</strong> secondario (le residenze) e sia del contesto ambientale<br />

in cui tali realtà architettoniche sono inserite; significa, inoltre, poter pre<strong>di</strong>sporre<br />

una strategia <strong>di</strong> governo del territorio valutando a priori il potenziale impatto<br />

ambientale delle eventuali azioni mo<strong>di</strong>ficative necessarie ad un riequilibrio qualitativo<br />

del<strong>lo</strong> stesso; significa, infine, valutare la capacità del rilevamento architettonico ed ambientale<br />

<strong>di</strong> proporsi <strong>come</strong> una potenziale risorsa conoscitiva in grado <strong>di</strong> ricucire quella<br />

lacerazione paesaggistica che si è concretizzata tra un passato ideale aulico e rappresentativo<br />

ed un presente reale eterogeneo e frammentario. <strong>La</strong> Rappresentazione <strong>come</strong><br />

conoscenza, il Rilievo <strong>come</strong> deterrenza ed il Disegno <strong>come</strong> <strong>di</strong>fferenza: sono questi i<br />

no<strong>di</strong> concettuali attorno ai quali lavorare per documentare criticamente il passato, per<br />

graficizzare tematicamente il presente nonché per pre<strong>di</strong>sporre eticamente ed esteticamente<br />

il futuro ad uno scenario paesaggistico migliore <strong>di</strong> quel<strong>lo</strong> rappresentato dalla<br />

realtà contemporanea.


ARCHITETTURE E PAESAGGIO STORICO NELLA VALLE DI POMPEI<br />

<strong>La</strong> ricerca storico-architettonica applicata al<strong>lo</strong> stu<strong>di</strong>o del paesaggio può offrire un<br />

contributo <strong>di</strong> grande interesse per la ricostruzione dell’assetto <strong>di</strong> un territorio in<br />

epoca antica, soprattutto nel caso <strong>di</strong> una regione caratterizzata da una costante antropizzazione.<br />

In tal senso l’analisi del territorio <strong>di</strong> Pompei si è rivelata particolarmente<br />

complessa, in quanto la tra<strong>di</strong>zione storiografica ha spesso tramandato una storia<br />

dei luoghi semplicisticamente costruita sul mito della città romana, che ha finito<br />

per influenzare tutte le successive ricostruzioni fi<strong>lo</strong><strong>lo</strong>giche.<br />

<strong>La</strong> ricerca in atto, <strong>di</strong> cui si anticipano i primi risultati,<br />

ha inteso, invece, restituire la complessità e l’identità<br />

perduta del territorio attraverso <strong>lo</strong> stu<strong>di</strong>o della<br />

morfo<strong>lo</strong>gia dei luoghi e delle architetture, del <strong>di</strong>segno<br />

territoriale e delle sue mo<strong>di</strong>ficazioni condotto su una molteplicità<br />

<strong>di</strong> fonti, dalla toponomastica alla letteratura, dalle<br />

raffigurazioni iconografiche e cartografiche all’analisi delle<br />

architetture superstiti, per ripercorrere le tappe <strong>di</strong> una<br />

storia negata, seppellita dalle ceneri del mito <strong>di</strong> Roma.<br />

Le storie correnti sottolineano che dell’antica Pompei si<br />

era persa nel tempo la memoria dell’esatta posizione topografica.<br />

Eppure molti in<strong>di</strong>zi, evidenziati già dagli eru<strong>di</strong>ti<br />

del ‘700 e ‘800, fanno sospettare che sia possibile<br />

ricostruire una storia parallela dei luoghi, evocata e registrata<br />

nelle opere letterarie e cartografiche antiche.<br />

Gaio Svetonio Tranquil<strong>lo</strong> nella vita <strong>di</strong> Tito, che occupa l’ottavo<br />

libro del De vita Caesarum, narra che dopo l’eruzione<br />

l’imperatore Tito organizzò i primi soccorsi, nominando due<br />

curatores restituendae Campaniae, <strong>di</strong> rango consolare, con il<br />

compito <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>nare gli aiuti necessari alla ricostruzione,<br />

cui vennero destinati i beni delle vittime.<br />

Quaedam sub eo fortuita ac tristia acciderunt, ut conflagratio Vesevi<br />

montis in Campania, et incen<strong>di</strong>um Romae per triduum totidemque<br />

1 Tabula Peutingeriana, Segmentum<br />

VII, Particolare.<br />

2 Distribuzione dei beni dell'abbazia<br />

<strong>di</strong> San Lorenzo ad Septimum<br />

dai co<strong>di</strong>ci normanni e svevi. Elaborazione<br />

grafica arch. P. Argenziano.<br />

<strong>di</strong> DANILA JACAZZI<br />

1<br />

2


184<br />

Architettura e paesaggio storico nella Valle <strong>di</strong> Pompei<br />

noctes, item pestilentia quanta non temere alias. In iis tot adversis ac talibus non modo principis sollicitu<strong>di</strong>nem<br />

sed et parentis affectum unicum praestitit, nunc consolando per e<strong>di</strong>cta, nunc opitulando quatenus<br />

suppeteret facultas. Curatores restituendae Campaniae consularium numero sorte duxit; bona oppressorum<br />

in Vesevo, quorum heredes non exstabant, restitutioni afflictarum civitatum attribuit. Ubis incen<strong>di</strong>o nihil<br />

nisi sibi publice perisse testatus, cuncta praetorium suorum ornamenta operibus ac templis destinavit praeposuitque<br />

complures ex equestri or<strong>di</strong>ne, quo quaeque maturius paragerentur. Medendae valitu<strong>di</strong>ni lenien<strong>di</strong>sque<br />

morbis nullam <strong>di</strong>vinam humanamque opem non adhibuit, inquisito omni sacrificiorum reme<strong>di</strong>orumque<br />

genere 1 .<br />

Lo stato <strong>di</strong> Pompei non permise <strong>di</strong> promuovere il ritorno della popolazione sul luogo;<br />

la documentazione archeo<strong>lo</strong>gica ha, però, in<strong>di</strong>viduato tracce <strong>di</strong> una frequentazione del<br />

sito funzionale a operazioni <strong>di</strong> spoglio dei rivestimenti dei principali e<strong>di</strong>fici citta<strong>di</strong>ni 2 .<br />

«Gli e<strong>di</strong>fizi pubblici della Città <strong>di</strong> Pompei sonosi rinvenuti più spogli che non i privati: in alcuni mancano<br />

le co<strong>lo</strong>nne <strong>di</strong> marmo, in altri le lastre che dovevano rivestire le pareti ed i pavimenti; mentre gli stucchi, le<br />

pitture ed i musaici erano al <strong>lo</strong>ro posto. Ciò avvenne poiché dopo la memoranda catastrofe gli e<strong>di</strong>fizi pubblici<br />

non furono obbliati <strong>come</strong> i privati; e penetrando in essi per mezzo <strong>di</strong> cunicoli, <strong>come</strong> dagli scavi si è visto,<br />

trasportarono a preferenza i marmi, le statue e gli oggetti che reputarono <strong>di</strong> maggiore interesse. Fa d’uopo<br />

inoltre tener presente che la città, al<strong>lo</strong>rquando venne sepolta, era in uno stato <strong>di</strong> restauro generale pei sensibili<br />

danni sofferti nel tremuoto del 63» 3 .<br />

Le attività dei cantieri destinati al recupero dei materiali <strong>di</strong> pregio dovettero forse interrompersi<br />

già nell’80 d.C., quando l’imperatore fu costretto ad occuparsi delle opere<br />

necessarie alla ricostruzione della città <strong>di</strong> Roma devastata da un incen<strong>di</strong>o.<br />

Indubbiamente l’economia della regione ne uscì compromessa; le zone intorno al vulcano,<br />

anche se risparmiate dai danni più gravi, subirono serie conseguenze economiche.<br />

Il deposito dei materiali vulcanici sui terreni rese arduo ogni tipo <strong>di</strong> coltivazione,<br />

tanto che il commercio dell’intera regione ne risentì in maniera significativa.<br />

È certo, comunque, che, dopo l’immane catastrofe del 79 d.C., una popolazione cristiana<br />

<strong>di</strong>morò in questa terra occupando prevalentemente la zona Sud, verso il fiume<br />

Sarno, chiamata Valle. <strong>La</strong> zona <strong>di</strong> Portici e Torre del Greco fu ripopolata tra il II e<br />

IV-V seco<strong>lo</strong> d.C. e quella <strong>di</strong> Pompei e Ercolano so<strong>lo</strong> tra il III e V seco<strong>lo</strong>.<br />

Le ricerche storiografiche più recenti tendono ad evidenziare quelle testimonianze let-


Danila Jacazzi<br />

terarie che narrano degli eventi successivi all’eruzione, della “rinascita” <strong>di</strong> Pompei, nell’ipotesi<br />

suggestiva che almeno parte delle rovine della città romana fossero visibili,<br />

affiorando dal terreno dopo l’evento catastrofico. Ma qual’era l’immagine dei luoghi?<br />

Quali architetture, successivamente cancellate dal riemergere della città archeo<strong>lo</strong>gica,<br />

connotavano il territorio?<br />

Pompei, secondo alcuni stu<strong>di</strong>osi, perfettamente identificabile nel deserto <strong>di</strong> cenere, <strong>di</strong>ventò<br />

una cava 4 ; la città non fu completamente sepolta dai residui vulcanici da cui fuoriuscivano<br />

le parti più elevate degli e<strong>di</strong>fici, in seguito devastate<br />

per il recupero <strong>di</strong> oggetti e materiali da costruzione 5 .<br />

Frammentari riferimenti al territorio <strong>di</strong> Pompei riportati<br />

nelle fonti me<strong>di</strong>oevali hanno indotto gli stu<strong>di</strong>osi ad ipotizzare<br />

la fondazione <strong>di</strong> una “novella Pompei”, un pago<br />

sorto nelle vicinanze della città romana «<strong>di</strong> cui so<strong>lo</strong> la<br />

sommità <strong>di</strong> alcuni e<strong>di</strong>fizi rimase per qualche tempo fuori<br />

delle ceneri”» 6 . Forse a questa novella Pompei alludeva<br />

il monaco Martino al<strong>lo</strong>rché narrando <strong>di</strong> Sicardo, principe<br />

<strong>di</strong> Benevento nell’anno 838, accennava ad un Pompio<br />

campo che da Pompeia, città della Campania al<strong>lo</strong>ra<br />

deserta, aveva preso il nome: «in Pompio campo qui a<br />

Pompeia urbe Campanie, nunc deserta nomen accepit» 7 .<br />

Nelle guide archeo<strong>lo</strong>giche dell’Ottocento si sottolinea<br />

<strong>come</strong> i Pompeiani rimasti senza patria ebbero ben presto<br />

a fondarne una seconda non lungi dalla prima. Sorsero<br />

delle case, sul principio per soli agricoltori, quin<strong>di</strong><br />

si formò un villaggio. Questo continuò a denominarsi<br />

Pompei e fu abitato per molto tempo, ma in fine altra<br />

catastrofe, simile a quella che aveva estinta l’antica città,<br />

fece cessare per sempre anche la nuova 8 .<br />

A tal proposito il Fiorelli testimonia del ritrovamento <strong>di</strong><br />

fabbriche ed utensili «non lungi da quel sito più verso<br />

3 Il territorio pompeiano nella<br />

cartografia aragonese.<br />

185<br />

3


4<br />

186<br />

Architettura e paesaggio storico nella Valle <strong>di</strong> Pompei<br />

il Vesuvio, maggiori per numero <strong>di</strong> quanto richiedessero i bisogni <strong>di</strong> una villa, e <strong>di</strong><br />

stile che accenna ad epoca non molto <strong>lo</strong>ntana dal primo seco<strong>lo</strong>» 9 .<br />

Alcuni dati rinvenuti nelle campagne <strong>di</strong> scavo settecentesche e ottocentesche farebbero<br />

supporre una frequentazione tra il III e IV seco<strong>lo</strong> dei luoghi dell’antica città <strong>di</strong><br />

Pompei, riportata -nel ricordo della città sepolta- nella coeva Tabula Peutingeriana 10 .<br />

Strutture me<strong>di</strong>oevali addossate alle mura antiche, al <strong>di</strong> sopra del livel<strong>lo</strong> <strong>di</strong> ceneri e lapilli,<br />

vennero in<strong>di</strong>viduate durante la costruzione delle fondazioni delle case operaie<br />

dal prof. Antonio Sogliano, all’epoca Direttore degli scavi 11 . Il cantiere delle case operaie,<br />

completate nel 1888, <strong>di</strong>ede l’occasione <strong>di</strong> osservare le costruzioni poste sul piano<br />

superiore <strong>di</strong> un opificio <strong>di</strong> epoca romana, probabilmente una ful<strong>lo</strong>nica, che risultarono<br />

rimaneggiate in epoca successiva all’eruzione del 79 d.C., nonché otto tombe<br />

scavate nella cenere e alcune monete tra le quali una in rame raffigurante l’imperatore<br />

Diocleziano (III sec. d.C.) 12 .<br />

L’inizio <strong>di</strong> una vera e propria ripresa si ebbe a partire dall’XI seco<strong>lo</strong>, quando è attestata<br />

l’esistenza <strong>di</strong> una chiesa intitolata al SS. Salvatore. <strong>La</strong> nuova comunità religiosa<br />

<strong>di</strong>pendeva dall’abbazia benedettina <strong>di</strong> San Lorenzo d’Aversa, cui era stata donata nel<br />

1093, data <strong>di</strong> un <strong>di</strong>p<strong>lo</strong>ma normanno che riconosceva al monastero aversano il possesso<br />

Ecclesiam Sancti Salvatoris de Val<strong>lo</strong> 13 .<br />

<strong>La</strong> fondazione della nuova cella e il trasferimento della proprietà al cenobio aversano<br />

comportò <strong>di</strong> certo una nuova organizzazione del territorio soprattutto in riferimento<br />

al<strong>lo</strong> sfruttamento agrico<strong>lo</strong><br />

dei luoghi. Grazie all’opera<br />

dei benedettini i terreni<br />

vennero <strong>di</strong>sboscati, rese<br />

coltivabili le aree in abbandono<br />

e migliorate le<br />

colture esistenti. L’originaria<br />

chiesa <strong>di</strong> Valle poté,<br />

così, acquisire il control<strong>lo</strong><br />

<strong>di</strong> sempre più vaste aree ter-<br />

4 Carte Geografiche Vaticane, Italia<br />

antiqua.


Danila Jacazzi<br />

ritoriali. In una bolla emanata da Innocenzo III nel 1215 per confermare i confini<br />

della Diocesi <strong>di</strong> Nola è ricordata, infatti, l’Ecclesiam S. Salvatoris de Valle cum omnibus<br />

pertinentiis suis 14 .<br />

<strong>La</strong> presenza dei benedettini <strong>di</strong> Aversa si consolidò con la creazione <strong>di</strong> nuove comunità<br />

monastiche legate all’abbazia madre che, attraverso una fitta rete <strong>di</strong> <strong>di</strong>pendenze<br />

rurali, grange e masserie, controllarono ampie zone del territorio pompeiano, favorendone<br />

la bonifica e <strong>lo</strong> sfruttamento agrico<strong>lo</strong>, nonché la formazione <strong>di</strong> borghi e casali<br />

rurali. <strong>La</strong> co<strong>lo</strong>nizzazione monastica attuata dai benedettini nell’area vesuviana è<br />

documentata da un <strong>di</strong>p<strong>lo</strong>ma del 1323 con il quale l’Abate <strong>di</strong> San Lorenzo <strong>di</strong> Aversa<br />

permutò la chiesa <strong>di</strong> Valle che <strong>di</strong>stabant non mo<strong>di</strong>cum a munasterio supra<strong>di</strong>cto con le<br />

terre <strong>di</strong> Bernardo Caraccio<strong>lo</strong> site nelle imme<strong>di</strong>ate vicinanze dell’abbazia aversana «bona<br />

feudalia vicina <strong>di</strong>cto Monasterio eidem Monasterio utiliora forent», <strong>di</strong> cui il cenobio<br />

necessitava per comodum et aumentum del monastero 15 . Nell’atto <strong>di</strong> permuta sono registrati<br />

tra i beni in possesso della fondazione aversana nel territorio dell’antica Pompei,<br />

oltre la chiesa <strong>di</strong> S. Salvatore, anche il Casale <strong>di</strong> Valle, la chiesa <strong>di</strong> Sancte Maria<br />

de Spelunca, <strong>di</strong> Sancta Maria ad Jacobi e <strong>di</strong> Sancta Maria Paterese:<br />

«Asseruit pre<strong>di</strong>ctum Monasterium Sancti <strong>La</strong>urenti de Aversa habere tenere et possidere quandam Ecclesiam<br />

vocatam Sanctus Salvator in Valle cum Casali Vallis eiusdem Ecclesie et Ecclesiam Sancte Marie de spelunca<br />

et Ecclesiam Sancte Marie de ortica que nunc vocatur Sancta Maria ad Iacobum necnon Ecclesiam Sancte<br />

Marie paterese que site sunt in Monte Vesavo sive in nemore Scafati».<br />

<strong>La</strong> presenza <strong>di</strong> un così vasto<br />

numero <strong>di</strong> chiese <strong>di</strong>pendenti<br />

dal cenobio aversano<br />

denota una intensa<br />

frequentazione del territorio<br />

da parte <strong>di</strong> una popolazione<br />

sicuramente addetta<br />

al<strong>lo</strong> sfruttamento<br />

agrico<strong>lo</strong> dei luoghi. Il rife-<br />

5 Carte Geografiche Vaticane, Italia<br />

nova.<br />

187<br />

5


188<br />

Architettura e paesaggio storico nella Valle <strong>di</strong> Pompei<br />

rimento al Casale <strong>di</strong> Valle lascia supporre l’esistenza <strong>di</strong> un addensamento urbano posto<br />

sotto la giuris<strong>di</strong>zione della chiesa <strong>di</strong> S. Salvatore, <strong>di</strong> cui nella permuta vengono<br />

delineati i confini e i posse<strong>di</strong>menti;<br />

«pre<strong>di</strong>ctum Casale Vallis cum territorio suo cuius fines sunt hii a parte meri<strong>di</strong>ei est flumen scafati quod <strong>di</strong>citur<br />

dragonetus ab oriente est finis territorium Sancti petri de scafato a parte septemtrionis est via puplica<br />

qua itur de scafato Neapolim et a parte occidentis est quoddam territorium scafati. Item tenimentum unum<br />

positum in territorio Graniani iuxta <strong>di</strong>ctum flumen Scafati. Item territorium unum positum prope territorium<br />

Sancti Petri iuxta flumen pre<strong>di</strong>ctum et iuxta terras sancti petri de Scafato. Item territoria tria seu tenimenta<br />

tria posita in pre<strong>di</strong>cto nemore Scafati iuxta territoria seu tenimenta castri Octayani et pertinentia<br />

ipsius».<br />

Possiamo affermare con certezza, dunque, che tra l’XI e il XIV seco<strong>lo</strong> il paesaggio<br />

della Valle <strong>di</strong> Pompei era caratterizzato dalla presenza <strong>di</strong> casali sparsi e masserie rurali<br />

governate dalla comunità benedettina. <strong>La</strong> palude bonificata era circondata dalla<br />

Sylva Mala, una fitta boscaglia impenetrabile, denominata con tale appellativo dall’imperatore<br />

Federico II <strong>di</strong> Svevia che la <strong>di</strong>staccò dai territori <strong>di</strong> Ottaviano e la a<strong>di</strong>bì<br />

a luogo <strong>di</strong> caccia reale; ai margini il Casale <strong>di</strong> San Pietro donato da re Car<strong>lo</strong> I d’Angiò<br />

all’abbazia <strong>di</strong> S. Maria <strong>di</strong> Realvalle da lui fondata.<br />

<strong>La</strong> presenza <strong>di</strong> aggregati urbani, seppur con <strong>di</strong>fferenti riferimenti toponomastici, è registrata<br />

in una delle pergamene <strong>di</strong> epoca aragonese fatte <strong>di</strong>segnare, probabilmente,<br />

dal Pontano 16 . <strong>La</strong> Carta della Penisola Sorrentina è parte <strong>di</strong> un sistematico rilevamento,<br />

eseguito dopo il 1480, che copriva, a <strong>di</strong>fferenti scale, tutte le terre del Regno <strong>di</strong> Napoli,<br />

dai confini settentrionali alle punte meri<strong>di</strong>onali della Calabria e del Salento 17 .<br />

<strong>La</strong> carta non reca né intitolazione, né in<strong>di</strong>cazione dell’autore o della data <strong>di</strong> esecuzione,<br />

né leggende esplicative, ma fa parte <strong>di</strong> una serie <strong>di</strong> pergamene fatte ricopiare,<br />

con la tecnica della lucidatura su carta oleata, nel XVIII seco<strong>lo</strong> da Fer<strong>di</strong>nando Galiani<br />

a Parigi e inviate a Napoli.<br />

Nel foglio in esame l’area rappresentata è compresa tra il golfo <strong>di</strong> Salerno a nord e la<br />

Punta della Campanella a sud, fino al percorso del Sarno a nord-ovest e Torre Annunziata<br />

a sud-ovest. Con grande precisione grafica è in<strong>di</strong>cata la linea <strong>di</strong> costa e la<br />

denominazione dei vari promontori, mentre l’orografia dei luoghi è completata so<strong>lo</strong>


Danila Jacazzi<br />

fino al corso del fiume Sarno. Le in<strong>di</strong>cazioni topografiche sono <strong>di</strong>dascalicamente riportate<br />

in caratteri aulici gotici. I corsi d’acqua sono delineati con semplici tratti <strong>di</strong><br />

linee parallele. Non sono, invece, riportati dati sulla viabilità, ad eccezione dei ponti<br />

sui fiumi. Per in<strong>di</strong>care gli addensamenti urbani nella traduzione grafica vengono usati<br />

piccoli elementi simbolici che alludono a gruppi <strong>di</strong> case. Un simbolismo elementare<br />

fa riferimento alle caratteristiche colturali del territorio: le vaste aree agricole pianeggianti<br />

sono in<strong>di</strong>cate, quasi per alludere al tracciato dei solchi, con segmenti <strong>di</strong> retta<br />

paralleli orientati in senso verticale, orizzontale o obliquo, spesso <strong>di</strong>segnati in campi<br />

modulari quadrati delimitati da alberi; una concentrazione <strong>di</strong> piccoli alberi definisce<br />

le zone boschive, mentre le montagne sono in<strong>di</strong>cate da sottili linee ondulate. I rilievi<br />

<strong>di</strong> maggiore imponenza sono, invece, in<strong>di</strong>viduati con una schematica forma piramidale.<br />

Lungo il corso del fiume Sarno è segnato il casale <strong>di</strong> San Pietro, più a sud Scafaro<br />

(Scafati). Ai pie<strong>di</strong> del Vesuvio compare un addensamento <strong>di</strong> case in corrispondenza<br />

del toponimo Aprillio, forse corruzione <strong>di</strong> <strong>La</strong>pil<strong>lo</strong>, termine riferito ai depositi<br />

<strong>di</strong> cenere vulcanica. Più a sud in un’ansa del fiume tre piccole case sono in<strong>di</strong>cate con<br />

il nome Stornia, probabilmente non un riferimento preciso alla denominazione del<br />

luogo, ma alla sua posizione orografica. Stornio, infatti, era un termine usato nel me<strong>di</strong>oevo<br />

per in<strong>di</strong>care un inse<strong>di</strong>amento posto nel vacuo <strong>di</strong> un meandro fluviale 18 . All’estremità<br />

della costa, in corrispondenza della foce del Sarno, è segnato, anche se<br />

privo <strong>di</strong> una configurazione insulare, il sito <strong>di</strong> Rebilliano, ricordato con tale toponimo<br />

anche dal Be<strong>lo</strong>ch 19 .<br />

L’uso <strong>di</strong> toponimi <strong>di</strong> origine classica, quali Casale <strong>di</strong> Lepido e Lucus Lepi<strong>di</strong> utilizzati<br />

per gli inse<strong>di</strong>amenti nei pressi del Vesuvio, <strong>di</strong>mostra la conoscenza delle fonti letterarie<br />

antiche, in particolare <strong>di</strong> un passo <strong>di</strong> Plinio che narra le vicende del triumviro<br />

Lepido, al<strong>lo</strong>ggiato in un bosco, e alcuni versi <strong>di</strong> Procopio che fanno riferimento al<br />

fiume Sarno 20 . Ma non va <strong>di</strong>menticato che <strong>lo</strong> stesso Pontano fu autore nel 1496 della<br />

Lepi<strong>di</strong>na, un’ec<strong>lo</strong>ga costruita sul mito dell’origine della città, che trasfigura il tema<br />

centrale -la celebrazione delle nozze <strong>di</strong> Partenope col Sebeto- in un vivace affresco <strong>di</strong><br />

Napoli e dei suoi <strong>di</strong>ntorni attraverso la scenografica incarnazione dei luoghi, tra cui<br />

anche il Vesuvio e il fiume Sarno, in figure allegoriche che partecipano all’evento 21 .<br />

189


6<br />

190<br />

6 Philippe Briet, Campania et<br />

Samnium Descriptio, Pariis 1649.<br />

Architettura e paesaggio storico nella Valle <strong>di</strong> Pompei<br />

Ma la mancanza <strong>di</strong> riferimenti, seppur sommari, ai resti della città <strong>di</strong> Pompei in una<br />

serie cartografica che, in altri casi, appare molto dettagliata ed accurata nel registrare<br />

la presenza <strong>di</strong> antichi siti, lascia supporre che nel XV seco<strong>lo</strong> si era perso il ricordo<br />

dell’originaria denominazione e configurazione dei luoghi.<br />

<strong>La</strong> prima ‘riscoperta’ della città romana avvenne sì in epoca rinascimentale, ma inizialmente<br />

soprattutto in ambito letterario, quando, attraverso la lettura e l’interpretazione<br />

umanistica delle opere classiche, si riaccese l’interesse per l’originaria geografia<br />

dei luoghi e per le scomparse città <strong>di</strong> Ercolano e Pompei tanto celebrate dagli scrittori<br />

greci e latini.<br />

Tra i primi letterati interessati al tema viene segnalato nella storiografia ottocentesca<br />

Niccolò Perotti: «Molto prima e dagli scrittori e dai dotti si conosceva qual tesoro<br />

nascondessero sotto <strong>di</strong> esse le nostre fertilissime vicinanze del Vesuvio. Fin dal XV seco<strong>lo</strong><br />

vi era chi se ne occupava, facendovi degli scavi» 22 . Il Perotti (1429 - 1480) celebre<br />

umanista, arcivescovo <strong>di</strong> Siponto dal 1458, fu autore della Cornucopia sive linguae<br />

latinae Commentarii, che, iniziata <strong>come</strong> commento agli epigrammi <strong>di</strong> Marziale,<br />

si trasformò in un vasto repertorio fi<strong>lo</strong><strong>lo</strong>gico della lingua latina 23 .<br />

Probabilmente l’interesse per la città sepolta e la conoscenza dei luoghi ormai <strong>di</strong>menticati<br />

nacquero nel Perotti dal<strong>lo</strong> stu<strong>di</strong>o della Cosmographia <strong>di</strong> Clau<strong>di</strong>o To<strong>lo</strong>meo,<br />

<strong>di</strong> cui possedeva un co<strong>di</strong>ce del 1469 (VAT. LAT. 5619) 24 .<br />

Iacopo Sannazaro, a metà tra la rievocazione classica e l’inventio poetica della favola<br />

bucolica, nell’Arca<strong>di</strong>a <strong>di</strong>segna una rappresentazione del territorio pompeiano che, seppur<br />

non veritiera, <strong>come</strong> sostenuto dal Fiorelli, denota pur sempre l’attenzione del<br />

mondo accademico rinascimentale per la col<strong>lo</strong>cazione della città:


Danila Jacazzi<br />

«Così ancora sotto il gran Vesevo ti farei sentire li spaventevoli muggiti del gigante Alcioneo; benché questi<br />

credo gli sentirai, quando ne avvicinaremo al tuo Sebeto. Tempo ben fu che con <strong>lo</strong>r danno tutti i finitimi li<br />

sentirono, quando con tempestose fiamme con cenere coperse i circonstanti paesi, sì <strong>come</strong> ancora i sassi liquefatti<br />

et arsi testificano chiaramente a chi gli vede. Sotto ai quali chi sarà mai che creda che e populi e<br />

ville e città bilissime siano sepolte? Come veramente vi sono, non so<strong>lo</strong> quelle che da le arse pomici e da la<br />

mina del monte furon coperte, ma questa che <strong>di</strong>nanzi ne vedemo, la quale senza alcun dubbio celebre città<br />

un tempo nei tuoi paesi, chiamata Pompei, et irrigata da le onde del fred<strong>di</strong>ssimo Sarno, fu per sùbito terremoto<br />

inghiottita da la terra, mancandoli credo sotto ai pie<strong>di</strong> il firmamento ove fundata era. Strana per certo<br />

et orrenda maniera <strong>di</strong> morte, le genti vive vedersi in un punto tòrre dal numero de’ vivi! Se non che finalmente<br />

sempre si arriva ad un termino, né più in là che a la morte si puote andare. E già in queste parole<br />

eramo ben presso a la città che lei <strong>di</strong>cea, de la quale e le torri e le case e i teatri e i templi si poteano quasi<br />

integri <strong>di</strong>scernere» 25 .<br />

Le descrizioni prodotte dagli umanisti del Rinascimento rivelano, quin<strong>di</strong>, l’esistenza<br />

<strong>di</strong> un intenso <strong>di</strong>battito culturale, destinato a durare per lungo tempo, sull’identificazione<br />

del sito della città sepolta 26 .<br />

Sulla base dell’interpretazione delle fonti classiche l’antica Pompei è in<strong>di</strong>viduata con<br />

191<br />

7 Domenico de Rossi, Provincia<br />

<strong>di</strong> Terra <strong>di</strong> <strong>La</strong>voro, 1714.<br />

7


192<br />

Architettura e paesaggio storico nella Valle <strong>di</strong> Pompei<br />

grande precisione e in polemica con i “dotti” della corte aragonese da Flavio Biondo<br />

nell’Italia illustrata composta tra il 1448 e il 1458:<br />

«I scrittori antichi <strong>di</strong> la <strong>di</strong> Napoli pongono per <strong>lo</strong> lito del mare, Pompei, che fu un vico amenissimo, e piacevolissimo<br />

a Romani. Veggiamo in errore molti dotti, che sono a questa età presso il Re in molta stima,<br />

perche credeno, che Pompei et Herculaneo fussero là, dove è hora la Torre d’Ottavi; è però noi con un testimonio<br />

antico <strong>di</strong>mostreremo, dove fusse Pompei che fu un vico ben lungo, e pieno <strong>di</strong> bellissime ville, a<br />

punto dove è hora la Nunziata, e castel<strong>lo</strong> ad mare» 27 .<br />

Sulla scorta del Biondo, Leandro Alberti nella Descrittione <strong>di</strong> tutta Italia, pubblicata<br />

a Bo<strong>lo</strong>gna nel 1550, riporta:<br />

«ritrovasi vicino al fiume Sarno (che sbocca nel mare) i Pompeij non molti dal monte Vesuvo <strong>di</strong>scosti (<strong>come</strong><br />

<strong>di</strong>ce Plinio) et parimente vicini alla foce <strong>di</strong> detto fiume, secondo Strabone […] Erano questi Pompeij una<br />

lunga contrada dalla quale derivavano alquante belle e vaghe contradelle et villette» 28 .<br />

L’in<strong>di</strong>viduazione del sito <strong>di</strong> Pompei venne definitivamente sancita dall’inserimento<br />

nella città nell’affresco dell’Italia antiqua nella galleria delle Carte Geografiche in Vaticano<br />

(1580ca) 29 . Il Danti, utilizzando carte preesistenti e le illustrazioni storiche del<br />

Biondo e <strong>di</strong> Leandro Alberti, delineò una precisa configurazione dei luoghi <strong>di</strong>fferenziando<br />

le carte dell’Italia antiqua (fino al VI seco<strong>lo</strong> d.C.) e dell’Italia nova (l’Italia<br />

della seconda metà del seco<strong>lo</strong> XVI).<br />

I primi ritrovamenti sulla collina della Civita, sotto la quale giaceva Pompei, risalgono<br />

all’epoca della costruzione del Canale <strong>di</strong> Sarno, eseguita sotto la <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong><br />

Domenico Fontana tra il 1592 e il 1600, quando la realizzazione dell’acquedotto -<br />

che «dové attraversare tutta la piana <strong>di</strong> Pompei per trasportarsi l’acqua sino alla Torre<br />

[…] e incontrò tempj, case, strade, cripto-portici…. anzi per non rovinare alcuni e<strong>di</strong>ficj<br />

[il conte] fece formar degli scavi sotterranei a foggia <strong>di</strong> grotte» 30 - permise il rinvenimento<br />

<strong>di</strong> parti <strong>di</strong> e<strong>di</strong>fici e importanti iscrizioni pubbliche 31 .<br />

<strong>La</strong> storia ufficiale registra che so<strong>lo</strong> <strong>di</strong>eci anni dopo le prime indagini nel territorio <strong>di</strong><br />

Ercolano, con il regno borbonico, il 30 marzo del 1748, vennero in<strong>di</strong>viduati i resti<br />

<strong>di</strong> alcuni e<strong>di</strong>fici pompeiani nel territorio del Quadrivio <strong>di</strong> Orfeo 32 . <strong>La</strong> scoperta, nel


Danila Jacazzi<br />

1763, dell’iscrizione <strong>di</strong> T. Sue<strong>di</strong>us Clemens permise il definitivo riconoscimento del<br />

sito dell’antica Pompei 33 .<br />

Ma le scoperte archeo<strong>lo</strong>giche furono, probabilmente, favorite anche da una nuova<br />

tensione che mo<strong>di</strong>ficò l’ideo<strong>lo</strong>gia dell’antico, <strong>di</strong> un mercato antiquario nascente e <strong>di</strong><br />

un’élite culturale cosmopolita educata sui modelli dell’antichità 34 .<br />

A partire dagli inizi del XIX seco<strong>lo</strong> i terreni e le strutture costruite sopra la città romana<br />

vennero requisite per far posto alle operazioni <strong>di</strong> scavo che annullarono definitivamente<br />

ogni traccia delle architetture preesistenti 35 .<br />

Con particolare spirito critico Julius Be<strong>lo</strong>ch nel 1890 intuì ciò che la ricerca forse so<strong>lo</strong><br />

oggi riuscirà a provare con dati scientifici quando sostenne che la notizia che Ercolano<br />

-cui va probabilmente aggiunta anche Pompei- giacesse sepolta sotto la cenere non fosse<br />

stata in effetti mai <strong>di</strong>menticata e che una “buona sorte” aveva voluto che i tesori nascosti<br />

fossero venuti alla luce so<strong>lo</strong> alla fine della dominazione straniera, evitando il perico<strong>lo</strong><br />

<strong>di</strong> una massiccia migrazione verso le collezioni <strong>di</strong> privati e corti forestiere 36 .<br />

Note<br />

1 C. SVETONIO, De Vita Caesarum, Libro 8, Vita <strong>di</strong> Tito; cit. in A. SOLIMENO CIPRIANO, Testimonianze<br />

letterarie sulle città sepolte dal Vesuvio, in <strong>La</strong> regione sotterrata dal Vesuvio. Stu<strong>di</strong> e prospettive,<br />

Atti del Convegno Internazionale, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Napoli, Napoli 1982, p.<br />

267; F. PESANDO, M. P. GUIDOBALDI, Pompei, Op<strong>lo</strong>ntis, Ercolano, Stabile, <strong>La</strong>terza, Roma-Bari<br />

2006., p. 15.<br />

2 A tale operazione è stato riferito il mancato rinvenimento <strong>di</strong> elementi decorativi <strong>di</strong> pregio negli<br />

e<strong>di</strong>fici pubblici e nelle piazze. Sull’argomento cfr. H. THEDENAT, Pompéi, I, Paris 1922, pp.<br />

30-31.<br />

3 G. SOLARI, E. LEONE, Le rovine <strong>di</strong> Pompei <strong>di</strong>segnate e descritte, De Angelis e F., Napoli 1875,<br />

p. 42.<br />

4 G. GUADAGNO, Il viaggio <strong>di</strong> Plinio il Vecchio verso la morte, in Rivista <strong>di</strong> Stu<strong>di</strong> Pompeiani, VI,<br />

1993-1994, L’Erma <strong>di</strong> Bretschneider, Roma 1994, p. 75.<br />

5 H. THEDÉNAT, Pompé. Histoire-Vie Privée, Librairie Renouard, Paris 1906, pp. 28-29; M. BA-<br />

193


194<br />

RATTA, <strong>La</strong> fatale eruzione vesuviana <strong>di</strong> Plinio, in «Athenaeum», n.s. IX, 1931, p. 88; A. SOLI-<br />

MENO CIPRIANO, Testimonianze letterarie, p. 267.<br />

6 G. FIORELLI, Giornale degli scavi <strong>di</strong> Pompei, Stamperia della R. Università, Napoli 1861, p. 57.<br />

7 S. BORGIA, Memorie istoriche della pontificia città <strong>di</strong> Benevento, parte prima, dalle Stampe del<br />

Sa<strong>lo</strong>moni, Roma 1763, p. 340; G. SOLARI, E. LEONE, op. cit., p. 27.<br />

8 G. VINCI, Descrizione delle ruine <strong>di</strong> Pompei, dalla Reale Tipografia della Guerra, Napoli 1835,<br />

p. 8.<br />

9 G. FIORELLI, Giornale …cit., Napoli 1861, p. 57.<br />

10 G. FIORELLI, Descrizione <strong>di</strong> Pompei, Tipografia Italiana, Napoli 1875, pp. 190-191, riconosce<br />

nella Domus N. Popi<strong>di</strong> Prisci un’abitazione riccamente decorata ed «a cagione della sua importanza<br />

ricercata dopo la catastrofe vesuviana, <strong>di</strong> che fu rimasto un ricordo nell’epigrafe domus<br />

pertusa graffita presso il limitare della sua porta». Nel 1861 una “croce potenziata” , databile<br />

tra il VI e il X seco<strong>lo</strong> d.C. , venne identificata su un muro esterno dell’Anfiteatro da R.<br />

GARRUCCI, Una croce graffita in Pompei, in <strong>La</strong> Civiltà Cattolica, XII, 1879, pp. 211-213. Lo<br />

stesso riferisce <strong>di</strong> una lucerna nel con caratteri del IV sec. rinvenuta nel 1756. Cfr. R. GAR-<br />

RUCCI, Questioni pompeiane, Tip. G. Cataneo, Napoli 1853, pp. 69-70..<br />

11 M. FRISINI, Le case operaie, in Barto<strong>lo</strong> Longo ‘urbanista’ a Valle <strong>di</strong> Pompei 1876-1926, a cura<br />

<strong>di</strong> M. IULIANO e S.G. FEDERICO, Esi 2000, pp. 108-109.<br />

12 Il Rosario e la Nuova Pompei, fasc. del 15 giugno 1887, pp. 356-360; L. PEPE, Memorie storiche<br />

dell’antica Valle <strong>di</strong> Pompei, Scuola Tipografica E<strong>di</strong>trice Barto<strong>lo</strong> Longo, Valle <strong>di</strong> Pompei 1887,<br />

pp. 15-19.<br />

13 Altra donazione a San Lorenzo dell’ Ecclesiam Sancti Salvatoris de Val<strong>lo</strong>, riferita al 1087 dal<br />

Muratori, è in un <strong>di</strong>p<strong>lo</strong>ma ritenuto, però, apocrifo dal Di Meo. Sull’argomento cfr. L. PEPE,<br />

Memorie …cit, p. 23-26.<br />

14 Ivi, pp. 27-29.<br />

Architettura e paesaggio storico nella Valle <strong>di</strong> Pompei<br />

15 Il testo della permuta è riportato in L. PEPE, Memorie …cit, p. 33-43.<br />

16 I fogli relativi al Principato Citra erano stati segnalati da V. VALERIO, Immagini del Principato<br />

dagli Aragonesi ai Borbone, in Tra il Castel<strong>lo</strong> e il Mare: l’immagine <strong>di</strong> Salerno capoluogo del Principato,<br />

Fausto Fiorentino, Napoli 1994, pp. 56-58, e sono state recentemente oggetto <strong>di</strong> una<br />

più dettagliata pubblicazione in F. LA GRECA, V. VALERIO, Paesaggio antico e me<strong>di</strong>oevale nelle<br />

mappe aragonesi <strong>di</strong> Giovanni Pontano. Le terre del Principato Citra, E<strong>di</strong>zioni del Centro <strong>di</strong> Promozione<br />

Culturale per il Cilento, Acciaroli 2008. Sulla storia delle pergamene aragonesi cfr. D.


Danila Jacazzi<br />

JACAZZI, LA MEMORIA E L’IMMAGINE DEL TERRITORIO NAPOLETANO NELLE PERGAMENE ARAGO-<br />

NESI, in Architettura nella storia. Scritti in onore <strong>di</strong> Alfonso Gambardella, a cura <strong>di</strong> G. CANTONE,<br />

L. MARCUCCI, E. MANZO, Skira, Milano 2007, vol. I, pp-89-99; D. JACAZZI, Il territorio campano<br />

in età aragonese, in Pomeriggi rinascimentali. II cic<strong>lo</strong>, a cura <strong>di</strong> M. SANTORO, Fabrizio Serra<br />

e<strong>di</strong>tore, Pisa-Roma 2008, pp. 87-98.<br />

17 Bibliothèque Nationale <strong>di</strong> Parigi, Cartes et Plans, Ge AA 1305/5.<br />

18 Nel ferrarese esisteva, ad esempio, una «plebem Sancta Mariae in Stornio quam <strong>di</strong>ruit Flumen<br />

Padus»; cfr. Bolla <strong>di</strong> Martino II del 944 riportata in L. A. MURATORI, Antiquitates Italicae me<strong>di</strong>i<br />

aevi, tomo I, Tipografia Società Palatina, Milano 1738, col. 947.<br />

19 J. BELOCH, Campanien. Geschichte und Topographie des antiken Neapel und seiner Umgebung,<br />

Breslau 1890, ed. It, Campania. Storia e topografia della Napoli antica e dei suoi <strong>di</strong>ntorni, a cura<br />

<strong>di</strong> C. FERONE e F. PUGLIESE CARATELLI, Bibliopolis, Napoli 1989, p. 285.<br />

20 F. LA GRECA, Antichità classiche e paesaggio me<strong>di</strong>oevale nelle carte geografiche del Principato Citra<br />

durate da Giovanni Gioviano Pontano. L’ere<strong>di</strong>tà della cartografia romana, in F. LA GRECA, V.<br />

VALERIO, op.cit., pp. 37-38. Plinio, Nat. Hist., XXXV, 38, 121 narra <strong>come</strong> il triumviro Lepido,<br />

al<strong>lo</strong>ggiato dai magistrati in una casa fra gli alberi, protestò per il canto degli uccelli che <strong>di</strong>sturbava<br />

il suo riposo e che, per spaventare gli uccelli, i magistrati ricorsero al<strong>lo</strong> stratagemma <strong>di</strong> <strong>di</strong>pingere<br />

un drago (dragonem) su una striscia <strong>di</strong> pergamena lunghissima posizionata intorno al<br />

bosco. A questa testimonianza letteraria si collega l’uso del termine Drakon per in<strong>di</strong>care il fiume<br />

Sarno attestato in Procopio, Goth., IV, 35, 7-9.<br />

21 D. DE ROBERTIS, L’esperienza poetica del Quattrocento, in Storia della Letteratura Italiana. Il<br />

Quattrocento e l’Ariosto, vol. III, Garzanti, Milano 1966, pp. 662-664.<br />

22 A. DE IORIO, Notizie sugli scavi <strong>di</strong> Ercolano, dalla Stamperia Francese , Napoli 1827, p. 13.<br />

23 G. MERCATI, Per la crono<strong>lo</strong>gia della vita e degli scritti <strong>di</strong> Niccolò Perotti, Arcivescovo <strong>di</strong> Siponto,<br />

Biblioteca Apostolica Vaticana, Roma 1925.<br />

24 A. MARUCCHI, Co<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> Niccolò Perotti nella Biblioteca Vaticana, in «Humanistica Lovaniensia.<br />

Journal of neo-latin Stu<strong>di</strong>es», vol. XXXIV, Leuven University Press, 1985, p. 118.<br />

25 Arca<strong>di</strong>a, XII; G. FIORELLI, op. cit., p. 58.<br />

26 C. LENZA, <strong>La</strong> cultura architettonica e le antichità. Scavi, rilievi, restauri, e<strong>di</strong>toria antiquaria e <strong>di</strong>battito<br />

teorico, estratto da L’architettura dei Borbone <strong>di</strong> Napoli e Sicilia, a cura <strong>di</strong> A. GAMBAR-<br />

DELLA, Esi, Napoli 2000, p. 1.<br />

27 Roma ristaurata et Italia illustrata <strong>di</strong> Biondo da Forlì tradotte in buona lingua volgare da Lucio<br />

195


196<br />

Fauno, in Venetia, 1542, p. 236.<br />

28 L. ALBERTI, Descrittione <strong>di</strong> tutta l’Italia et Isole pertinenti ad essa, appresso Pao<strong>lo</strong> Ugolino, in<br />

Venetia 1596, p. 186r.<br />

29 L. LAGO, Imago Mun<strong>di</strong> et Italiae: la versione del mondo e la scoperta dell’Italia nella cartografia<br />

antica. <strong>La</strong> mongolfiera, Trieste 1992; L. GAMBI, A. PINELLI, <strong>La</strong> Galleria delle Carte Geografiche<br />

in Vaticano. Franco Cosimo Panini, Modena 1993-1994.<br />

30 D. ROMANELLI, Viaggio a Pompei a Pesto e <strong>di</strong> ritorno a Ercolano ed a Pozzuoli, parte prima,<br />

nella Tipografia <strong>di</strong> Ange<strong>lo</strong> Trani, Napoli 1817, pp. 14-15.<br />

31 F. PESANDO, M. P. GUIDOBALDI, op. cit., p. 25.<br />

32 Cfr. F. ZEVI, <strong>La</strong> storia degli scavi e della documentazione, in Pompei 1748- 1980. I tempi della<br />

documentazione, Multigrafica E<strong>di</strong>trice, Roma 1981, pp. 11-21.<br />

33 F. PESANDO, M. P. GUIDOBALDI, op. cit., p. 25.<br />

34 A. OTTANI CAVINA, Il Settecento e l’antico, in Storia dell’arte italiana, parte seconda, volume se-<br />

condo, pp. 600-603.<br />

35 S. ADAMO MUSCETTOLA, Problemi <strong>di</strong> tutela a Pompei nell’Ottocento: il fallimento del progetto <strong>di</strong><br />

esproprio murattiano, in Pompei Scienza e Società. 250° Anniversario degli Scavi <strong>di</strong> Pompei, Atti<br />

del Convegno Internazionale, Napoli 25-27 novembre 1998, a cura <strong>di</strong> P. G. GUZZO, Electa,<br />

Milano 2001, pp. 29-49.<br />

36 JULIUS BELOCH, op. cit., p. 259.<br />

Architettura e paesaggio storico nella Valle <strong>di</strong> Pompei


L'APPROCCIO MODELLISTICO NELLA RAPPRESENTAZIONE<br />

DELLA COMPLESSITÀ IN AMBITO ECOLOGICO<br />

Complessità e approccio sistemico<br />

<strong>di</strong> GIULIANA LAURO, RAFFAELA DE MARTINO<br />

Fin dalle origini della civiltà gli esseri umani hanno cercato <strong>di</strong> rappresentare attraverso<br />

modelli la conoscenza della realtà. L’arte e la scienza hanno da sempre avuto<br />

il compito <strong>di</strong> comunicare questa conoscenza. Alla base della nascita e del<strong>lo</strong> sviluppo<br />

dell’attività scientifica c’è l’esigenza <strong>di</strong> costruire modelli semplici che possano spiegare<br />

e riprodurre i fenomeni naturali. <strong>La</strong> ricerca <strong>di</strong> una rappresentazione semplice<br />

della realtà ha prodotto <strong>come</strong> conseguenza, in tutti i campi della conoscenza scientifica,<br />

enormi progressi con ricadute positive su tutti i settori della società. L’approccio<br />

Galileiano al<strong>lo</strong> stu<strong>di</strong>o della Fisica, in cui l’esperimento costituisce il momento fondante<br />

nella verifica dell’apparato teorico che modella il fenomeno naturale, si basa<br />

sulla scomposizione <strong>di</strong> fenomeni, pur complessi, in elementi semplici. <strong>La</strong> legge <strong>di</strong> caduta<br />

dei gravi, ad esempio, è stata formulata con l’ausilio sperimentale della variazione<br />

<strong>di</strong> pochi parametri quali il peso o l’altezza da cui veniva lasciato cadere l’oggetto.<br />

Questa metodo<strong>lo</strong>gia è caratterizzata dalla tendenza a ricercare elementi semplici<br />

me<strong>di</strong>ante la scomposizione dei sistemi in parti in<strong>di</strong>pendenti. Già con Newton<br />

si comincia a vedere il concetto <strong>di</strong> inter<strong>di</strong>pendenza: Newton, <strong>come</strong> è noto, formulò<br />

la legge <strong>di</strong> gravitazione universale in termini <strong>di</strong> attrazione<br />

reciproca tra corpi, in cui nessun corpo è in<strong>di</strong>pendente<br />

da un altro; l’influenza non può che essere reciproca,<br />

inter<strong>di</strong>pendente. In epoca moderna ci si sta rendendo<br />

conto sempre <strong>di</strong> più delle limitazioni imposte dall’approccio<br />

riduzionista, in particolar modo quando si<br />

ha a che fare con sistemi complessi, sistemi per i quali<br />

non è possibile utilizzare semplificazioni, anche concettuali,<br />

in grado <strong>di</strong> ricondurre il fenomeno in esame ad<br />

un model<strong>lo</strong> semplice.<br />

I sistemi complessi sono sistemi composti da parti tra<br />

<strong>lo</strong>ro interagenti in modo non lineare. Le parti del sistema<br />

mostrano capacità auto-organizzative che danno<br />

1 DNA nel sistema complesso"cellula".<br />

1


198<br />

L'approccio modellistico nella rappresentazione della complessità in ambito eco<strong>lo</strong>gico<br />

luogo a comportamenti g<strong>lo</strong>bali caratterizzati da proprietà che possono essere completamente<br />

estranee agli elementi del sistema nella sua configurazione iniziale (proprietà<br />

emergenti). <strong>La</strong> cellula, ad esempio, può essere considerata un sistema complesso:<br />

tutti i componenti cellulari ovvero, il nucleo, il nucleo<strong>lo</strong> e gli organuli cellulari<br />

sono in continua comunicazione tra <strong>lo</strong>ro, scambiano continuamente informazioni,<br />

materiali, energia. Il DNA del nucleo <strong>di</strong> una cellula conserva l’informazione<br />

genetica ed è responsabile dell’autoreplicazione. <strong>La</strong> vita è in questo continuo fluire,<br />

in tutte le <strong>di</strong>rezioni, <strong>di</strong> informazioni, è l’informazione che permette la <strong>di</strong>namica delle<br />

attività e dei continui aggiustamenti degli equilibri interni alla cellula e <strong>di</strong> quelli tra<br />

la cellula l’ambiente, ovvero del sistema più ampio che la contiene.<br />

Una città può essere considerata un sistema complesso: se guar<strong>di</strong>amo la pianta <strong>di</strong><br />

una città con gli occhi della complessità riconosciamo in essa il “sistema urbano”.<br />

Strade, vie, vicoli, piazze, ponti collegano le <strong>di</strong>verse parti della città. <strong>La</strong> città emerge<br />

<strong>come</strong> realtà “complessa”, “tessuta insieme”, che è poi il significato etimo<strong>lo</strong>gico della<br />

parola latina “complexus”. Le città nascono e si sviluppano in funzione della possibilità<br />

creatrice <strong>di</strong> stabilire e sviluppare un sistema efficiente <strong>di</strong> scambi, flussi, relazioni.<br />

È interessante notare che un sistema complesso sia nel contempo qualcosa <strong>di</strong> più e<br />

qualcosa <strong>di</strong> meno <strong>di</strong> quella che potrebbe venir definita <strong>come</strong> la somma delle sue parti.<br />

Il metodo meccanicistico-riduzionista vede la realtà fenomenica <strong>come</strong> un insieme <strong>di</strong><br />

rapporti lineari tra cause ed effetti, <strong>di</strong>stinguendo nettamente le prime dai secon<strong>di</strong>. Il<br />

concetto <strong>di</strong> “sistema”, al contrario, nasce proprio dal riconoscimento della inter<strong>di</strong>pendenza<br />

g<strong>lo</strong>bale: essa non segue percorsi <strong>di</strong> tipo lineare ma dà vita piuttosto ad un<br />

processo circolare in cui il mutamento della parte mo<strong>di</strong>fica il sistema g<strong>lo</strong>bale che a<br />

sua volta rimo<strong>di</strong>fica (feedback) la parte, fino a che il sistema non si stabilizza, grazie<br />

ai meccanismi omeostatici <strong>di</strong> cui è dotato. L’approccio sistemico conduce ad una visione<br />

della realtà assai <strong>di</strong>versa da quella del model<strong>lo</strong> meccanicista-riduzionista, con un mondo assai<br />

più ricco, ma anche più <strong>di</strong>fficile da gestire. Si riba<strong>di</strong>sce che scopo della scienza è quel<strong>lo</strong><br />

<strong>di</strong> approssimare sempre meglio la descrizione della realtà, ma se tale realtà è evidentemente<br />

complessa è inevitabile affrontarne <strong>lo</strong> stu<strong>di</strong>o con un approccio sistemico che riconosce pienamente<br />

tale caratteristica senza operare eccessive e limitanti semplificazioni.


Giuliana <strong>La</strong>uro, Raffaela De Martino<br />

Ecosistema e Ambiente<br />

In ambito territoriale l’ecosistema e il paesaggio sono i modelli scientifici attualmente<br />

più in uso per stu<strong>di</strong>are l’ambiente, entrambi ispirati a para<strong>di</strong>gmi sistemici e complessi<br />

che integrano elementi fisici e bio<strong>lo</strong>gici con i fattori umani, compresi quelli economici<br />

e socioculturali.<br />

Qualsiasi programma che tende oggi a salvaguardare o ripristinare sistemi ambientali,<br />

adotta modelli interpretativi complessi, gerarchici, multi<strong>di</strong>mensionali, e mira a<br />

conoscere e modellare organizzazioni, processi e interazioni.<br />

Oggi l’ambiente è concepito <strong>come</strong> il contesto sistemico <strong>di</strong> cui anche la specie umana<br />

è parte integrante e all’interno del quale avvengono scambi <strong>di</strong> materia, energia e informazione<br />

tra viventi ed elementi fisici. Proprietà emergenti, complessità, meccanismi<br />

<strong>di</strong> feedback, autoregolazione e autorganizzazione, gerarchia, sono gli elementi attraverso<br />

i quali interpretiamo i sistemi ambientali.<br />

Un’efficace <strong>di</strong>fesa ambientale, oggi, comporta sia la necessità <strong>di</strong> promuovere nuovi<br />

strumenti <strong>di</strong> piano, capaci <strong>di</strong> integrare e armonizzare <strong>lo</strong> sviluppo delle società umane<br />

con la tutela della stabilità eco<strong>lo</strong>gica, sia l’obbligo <strong>di</strong> ampliare la concezione stessa <strong>di</strong><br />

ambiente.<br />

Quest’ultimo non deve essere identificato esclusivamente con le caratteristiche <strong>di</strong> alcune<br />

sue componenti fisiche (aria, acqua, suo<strong>lo</strong>, ...) o, in termini ancor più riduttivi,<br />

con le <strong>lo</strong>ro pato<strong>lo</strong>gie, ma, secondo un approccio olistico, deve aprirsi a considerare<br />

l’ambiente stesso <strong>come</strong> sistema complesso ed eterogeneo, <strong>di</strong>namico ed evolvente. Tale<br />

sistema è definito dalla combinazione <strong>di</strong> unità paesistiche <strong>di</strong>fferenti per struttura e<br />

funzione, correlate da scambi <strong>di</strong> materia ed energia bio<strong>lo</strong>gica, immagazzinata nei composti<br />

organici (Ingegnoli, 1993; Ingegnoli & Forman, 2002).<br />

È questa una concezione che trova largo riscontro nei principi teorici e nei<br />

meto<strong>di</strong> operativi dell’”Eco<strong>lo</strong>gia del Paesaggio” (<strong>La</strong>ndscape Eco<strong>lo</strong>gy).<br />

Tale <strong>di</strong>sciplina, attraverso un ripensamento critico dei para<strong>di</strong>gmi della<br />

conservazione e della salvaguar<strong>di</strong>a ambientale, stabilisce che le scelte<br />

pianificatorie non possano essere genericamente con<strong>di</strong>zionate dalle<br />

2 Organizzazione gerarchica della<br />

vita sul pianeta.<br />

199<br />

2


200<br />

L'approccio modellistico nella rappresentazione della complessità in ambito eco<strong>lo</strong>gico<br />

caratteristiche ambientali esistenti a livel<strong>lo</strong> <strong>di</strong> unità paesistica, ma debbano essere riferite<br />

al sistema ambientale, sotteso a un paesaggio, nella sua totalità e complessità,<br />

in<strong>di</strong>viduando le leggi che ne governano il funzionamento. Secondo l’eco<strong>lo</strong>gia del paesaggio<br />

il funzionamento <strong>di</strong> un sistema ambientale deve essere valutato soprattutto in<br />

relazione alla sua stabilità ecosistemica, all’interno della quale la bio<strong>di</strong>versità gioca un<br />

ruo<strong>lo</strong> fondamentale.<br />

In quest’ottica, quin<strong>di</strong>, l’attenzione <strong>di</strong> chi opera nel campo della pianificazione e gestione<br />

del territorio deve essere rivolta a mitigare tutti i processi che in qualche misura<br />

causano la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> bio<strong>di</strong>versità e <strong>di</strong> stabilità ambientale. Processi tra i quali<br />

gioca un ruo<strong>lo</strong> non marginale la frammentazione ambientale. L’eco<strong>lo</strong>gia del paesaggio<br />

propone una interessante sintesi della rappresentazione eco<strong>lo</strong>gica e <strong>di</strong> quella geografica<br />

dell’ambiente: definisce il paesaggio <strong>come</strong> una entità complessa, un grande<br />

contenitore <strong>di</strong> processi <strong>di</strong>stinti <strong>di</strong> almeno cinque tipi <strong>di</strong>versi: bio<strong>lo</strong>gici, eco<strong>lo</strong>gici in<br />

senso stretto, cognitivi, culturali ed economici (Farina, 2004).<br />

L’eco<strong>lo</strong>gia del paesaggio stu<strong>di</strong>a questa entità e la propone <strong>come</strong> possibile modo <strong>di</strong><br />

rappresentare e interpretare l’ambiente: per conoscer<strong>lo</strong>, infatti, occorre conoscere il<br />

territorio, la sua geografia, il suo assetto geo-morfo<strong>lo</strong>gico, la <strong>di</strong>versità bio<strong>lo</strong>gica, la cultura<br />

della gente, le forze economiche in campo, la tecniche <strong>di</strong> utilizzazione e gestione.<br />

L’uso dei Sistemi Informativi Territoriali (GIS) costituisce un essenziale supporto a<br />

questo processo <strong>di</strong> conoscenza. Quel<strong>lo</strong> del paesaggio viene definito “il dominio entro<br />

il quale l’uomo può ritrovare tutti i processi che <strong>lo</strong> interessano” (Farina, 2004).


Giuliana <strong>La</strong>uro, Raffaela De Martino<br />

Model<strong>lo</strong> del Grafo. Rete Eco<strong>lo</strong>gica<br />

<strong>La</strong> rappresentazione della conoscenza <strong>di</strong> un territorio può, <strong>come</strong> già detto, avvalersi<br />

<strong>di</strong> modelli, costruiti me<strong>di</strong>ante i concetti dell’”Eco<strong>lo</strong>gia del Paesaggio”, che tengano<br />

conto della sua complessità. In quest’ambito, qualsiasi sistema ambientale è costituito<br />

da un mosaico <strong>di</strong> paesaggi. Le unità <strong>di</strong> paesaggio, elementi ben delimitati, si configurano<br />

<strong>come</strong> sistemi <strong>di</strong> ecosistemi, con struttura e funzioni omogenee. In<strong>di</strong>viduare<br />

tali unità vuol <strong>di</strong>re selezionare i principali paesaggi <strong>di</strong> un determinato territorio: paesaggio<br />

agrico<strong>lo</strong>, fluviale, costiero, collinare, montano oppure, attraverso una classificazione<br />

rispetto al livel<strong>lo</strong> <strong>di</strong> antropizzazione, paesaggio naturale, seminaturale, rurale,<br />

urbano, ecc. Queste unità <strong>di</strong>vengono ambiti fondamentali per il control<strong>lo</strong> eco<strong>lo</strong>gico<br />

delle trasformazioni territoriali.<br />

L’eco<strong>lo</strong>gia del paesaggio utilizza questi ambiti per comprendere ed analizzare i processi<br />

<strong>di</strong> trasformazione <strong>di</strong> un paesaggio e soprattutto per valutare la sua capacità omeostatica,<br />

ossia la capacità del sistema <strong>di</strong> resistere a stress esterni (stabilità <strong>di</strong> resistenza)<br />

e <strong>di</strong> recuperare (stabilità <strong>di</strong> resilienza), pur in presenza <strong>di</strong> perturbazioni <strong>di</strong> origine naturale<br />

e antropica, in un equilibrio <strong>di</strong> struttura e funzionamento. <strong>La</strong> possibilità che<br />

un ecosistema ha <strong>di</strong> sviluppare una certa stabilità è fortemente legata alla sua bio<strong>di</strong>versità,<br />

ossia alla ricchezza delle specie in esso presenti. Se la capacità <strong>di</strong> recupero del<br />

sistema <strong>di</strong>minuisce inizia il degrado e l’ecosistema si trasforma in un altro ecosistema<br />

a bassa trasformabilità, non più riequilibrabile.<br />

L’in<strong>di</strong>viduazione delle unità <strong>di</strong> paesaggio non è facile e la <strong>lo</strong>ro delimitazione non può<br />

affidarsi esclusivamente alla composizione ecòtopica del territorio ma deve necessariamente<br />

tener conto del microclima, della geomorfo<strong>lo</strong>gia, della vegetazione, dell’uso<br />

del suo<strong>lo</strong> e soprattutto del gra<strong>di</strong>ente antropico, tutti fattori che influenzano notevolmente<br />

la struttura paesaggistica.<br />

Una volta in<strong>di</strong>viduate le unità <strong>di</strong> paesaggio, ed effettuata una prima valutazione qualitativa<br />

sugli elementi che compongono la struttura e sulle relazioni esistenti tra <strong>di</strong><br />

essi, si procede alla quantificazione delle <strong>di</strong>namiche territoriali attraverso gli in<strong>di</strong>ci <strong>di</strong><br />

control<strong>lo</strong> tipici della <strong>La</strong>ndscape Eco<strong>lo</strong>gy che consentono proprio <strong>di</strong> “misurare” il livel<strong>lo</strong><br />

201


3<br />

202<br />

3 Grafo eco<strong>lo</strong>gico territoriale.<br />

L'approccio modellistico nella rappresentazione della complessità in ambito eco<strong>lo</strong>gico<br />

<strong>di</strong> organizzazione del sistema ambientale analizzato.<br />

Bioenergia e connettività sono i fondamentali in<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> control<strong>lo</strong> utilizzati nella valutazione.<br />

<strong>La</strong> bioenergia rappresenta la parte statica del sistema ambientale ossia le risorse energetiche<br />

e materiche in esso presenti. Il va<strong>lo</strong>re <strong>di</strong> bioenergia <strong>di</strong>pende dalla tipo<strong>lo</strong>gia<br />

degli ecòtopi presenti (biopotenzialità territoriale) e dalla forma, permeabilità e bio<strong>di</strong>versità<br />

dei biotopi (coefficiente <strong>di</strong> forma, <strong>di</strong> permeabilità e <strong>di</strong> <strong>di</strong>versità) che compongono<br />

il mosaico territoriale esaminato.<br />

<strong>La</strong> connettività rappresenta invece la parte <strong>di</strong>namica del sistema e valuta gli scambi<br />

funzionali tra unità ambientali a<strong>di</strong>acenti: a partire da due unità a<strong>di</strong>acenti il va<strong>lo</strong>re <strong>di</strong><br />

connettività <strong>di</strong>pende dai perimetri delle unità, dal perimetro <strong>di</strong> contatto tra <strong>di</strong> esse e


Giuliana <strong>La</strong>uro, Raffaela De Martino<br />

infine dal coefficiente <strong>di</strong> permeabilità bio<strong>lo</strong>gica della barriera che le separa.<br />

Infine attraverso un software GIS (Geographical Information System) i va<strong>lo</strong>ri “energetici”<br />

<strong>di</strong> un territorio (bioenergia e flussi energetici) possono essere visualizzati in un<br />

Grafo Eco<strong>lo</strong>gico.<br />

L’immagine è un esempio <strong>di</strong> analisi bio-energetica <strong>di</strong> un territorio. Ogni unità <strong>di</strong> paesaggio<br />

contiene un nodo, il cui <strong>di</strong>ametro è proporzionale al va<strong>lo</strong>re <strong>di</strong> bioenergia calcolata,<br />

ed è legata alle altre unità da archi, il cui spessore <strong>di</strong>pende dalla maggiore o<br />

minore connettività ossia dai flussi <strong>di</strong> energia scambiati.<br />

Analisi qualitative e quantitative conducono infine all’evidenziazione delle con<strong>di</strong>zioni<br />

<strong>di</strong> equilibrio ottimale per le varie unità, delle esigenze e criticità ambientali, delle possibilità<br />

<strong>di</strong> trasformazione.<br />

Ma questo non è tutto. Infatti il model<strong>lo</strong> fornisce importanti informazioni circa il livel<strong>lo</strong><br />

<strong>di</strong> frammentazione del territorio e può suggerire successivamente la necessità <strong>di</strong><br />

attuare interventi <strong>di</strong> miglioramento ambientale volti alla tutela delle connessioni esistenti,<br />

alla ricucitura ecosistemica delle aree fortemente compromesse dai processi antropici<br />

e alla conservazione della bio<strong>di</strong>versità. Più sinteticamente questo model<strong>lo</strong> può<br />

fornire una base <strong>di</strong> partenza per ricerche relative all’in<strong>di</strong>viduazione <strong>di</strong> reti eco<strong>lo</strong>giche<br />

territoriali.<br />

In<strong>di</strong>viduare una rete eco<strong>lo</strong>gica implica innanzitutto il riconoscimento <strong>di</strong> quelle realtà<br />

ambientali che per <strong>lo</strong>ro caratteristiche rappresentano risorse fondamentali per sostenere<br />

l’intero sistema. Ma a questo approccio deve imme<strong>di</strong>atamente seguirne uno <strong>di</strong><br />

tipo bio<strong>lo</strong>gico/funzionale: è necessario cioè prendere in considerazione, per il territorio<br />

in esame, le <strong>di</strong>fferenze comportamentali <strong>di</strong> alcune specie prioritarie (specie focali)<br />

maggiormente soggette a rischio. Le specifiche esigenze<br />

eco<strong>lo</strong>giche della specie vanno poi relazionate all’uso del<br />

suo<strong>lo</strong> del paesaggio attraverso un parametro caratteristico:<br />

l’impedenza, cioè quella grandezza che si oppone alla <strong>di</strong>ffusione<br />

ed alla co<strong>lo</strong>nizzazione delle specie. Le aree contrad<strong>di</strong>stinte<br />

da va<strong>lo</strong>ri <strong>di</strong> impedenza bassi sono da considerarsi<br />

le aree nucleo (core areas) della rete eco<strong>lo</strong>gica specifica<br />

per la specie considerata. Infine dopo aver sche-<br />

4 Algoritmo <strong>di</strong> least cost path. 4<br />

203


5<br />

204<br />

matizzato il territorio <strong>come</strong> una matrice <strong>di</strong> celle ognuna delle quali ha un’impedenza,<br />

il problema dell’in<strong>di</strong>viduazione dei corridoi tra le core areas precedentemente identificate<br />

viene risolto attraverso l’algoritmo <strong>di</strong> least cost path secondo cui il cammino minimo<br />

ottimale tra la posizione “A” e la posizione “B” (dove per A e B si intendono<br />

due generiche aree nucleo) è il percorso sul quale la somma dei va<strong>lo</strong>ri delle impedenze<br />

delle celle che <strong>lo</strong> costituiscono è minima.<br />

Questa metodo<strong>lo</strong>gia, che combina tra <strong>lo</strong>ro da un lato criteri <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne paesaggistico/strutturale<br />

e dall’altro criteri <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne bio<strong>lo</strong>gico/funzionale, è stata applicata per<br />

l’in<strong>di</strong>viduazione della Rete Eco<strong>lo</strong>gica Regionale dell’Umbria (progetto RERU) che ad<br />

oggi rappresenta la prima esperienza conclusa in Italia che riguar<strong>di</strong> un intero <strong>di</strong>stretto<br />

amministrativo regionale, e che si è prefissata l’obiettivo <strong>di</strong> integrare gli aspetti legati<br />

alla stabilità ecosistemica sia nei processi delle trasformazioni dei suoli che nelle attività<br />

<strong>di</strong> gestione del territorio.<br />

Conclusioni<br />

L'approccio modellistico nella rappresentazione della complessità in ambito eco<strong>lo</strong>gico<br />

L’approccio sistemico non va considerato <strong>come</strong> una “<strong>di</strong>sciplina”, ma <strong>come</strong> una metodo<strong>lo</strong>gia,<br />

che permette <strong>di</strong> collegare e <strong>di</strong> organizzare le nostre informazioni per ottenere<br />

maggiore efficacia nel<strong>lo</strong> stu<strong>di</strong>o e nella rappresentazione della conoscenza <strong>di</strong> sistemi<br />

complessi.<br />

<strong>La</strong> <strong>di</strong>sciplina dell’”Eco<strong>lo</strong>gia del Paesaggio” nasce dall’applicazione <strong>di</strong> tale approccio<br />

al<strong>lo</strong> stu<strong>di</strong>o del paesaggio dando luogo all’integrazione dei concetti<br />

e dei meto<strong>di</strong> dell’eco<strong>lo</strong>gia con le peculiarità dell’azione antropica.<br />

In tale <strong>di</strong>sciplina vengono applicati i para<strong>di</strong>gmi della complessità e delle<br />

gerarchie, si stu<strong>di</strong>ano le organizzazioni e le proprietà emergenti quali<br />

stabilità e resilienza.<br />

Il paesaggio rappresenta il livel<strong>lo</strong> gerarchico più complesso ed elevato<br />

della <strong>di</strong>versità ambientale. I para<strong>di</strong>gmi sistemici applicati ad esso introducono<br />

inoltre forme <strong>di</strong> educazione ad un pensiero che sappia<br />

riconoscere ed affrontare la complessità, ci abituano a<br />

5 Disegno complessivo <strong>di</strong> rete<br />

eco<strong>lo</strong>gica per la Regione Umbria.


Giuliana <strong>La</strong>uro, Raffaela De Martino<br />

guardare la realtà <strong>come</strong> costituita da parti che sono coinvolte in un <strong>di</strong>namico processo<br />

<strong>di</strong> integrazione che preserva, però, il riconoscimento della <strong>lo</strong>ro piena in<strong>di</strong>vidualità,<br />

autonomia e specifica vocazione.<br />

Forse un model<strong>lo</strong> <strong>di</strong> mondo inteso <strong>come</strong> grande organizzazione può essere d’aiuto nel rafforzare il senso <strong>di</strong><br />

rispetto reverenziale nei confronti del vivente, senso che abbiamo quasi completamente perso durante gli ultimi<br />

e sanguinosi decenni della storia umana (Bertalanffy, 2004).<br />

Bibliografia<br />

L. BERTALANFFY, Teoria generale dei sistemi. Fondamenti, sviluppo, applicazioni, Mondadori, Milano<br />

2004.<br />

R. DE MARTINO, G. LAURO, Valutazione ambientale del metaecosistema Cilento con gli strumenti<br />

dell’Eco<strong>lo</strong>gia del Paesaggio, in C. GAMBARDELLA, a cura <strong>di</strong>, Atlante del Cilento, ESI, Napoli 2009,<br />

pp. 533-538.<br />

R. DE MARTINO, R. FRANCHINO, G. LAURO, <strong>La</strong> <strong>La</strong>ndscape Eco<strong>lo</strong>gy <strong>come</strong> strumento <strong>di</strong> indagine e<br />

<strong>di</strong> control<strong>lo</strong> per uno sviluppo sostenibile del paesaggio, in V. CALVANESE, a cura <strong>di</strong>, Procee<strong>di</strong>ngs International<br />

Conference “Cultural identity in Me<strong>di</strong>terranean landscape: resources, sustainable processes<br />

and strategies”, Luciano E<strong>di</strong>tore, Napoli 2009, pp. 430-438.<br />

P. FABBRI, Principi eco<strong>lo</strong>gici per la progettazione del paesaggio, Franco Angeli, Milano 2007.<br />

P. FABBRI, Paesaggio, Pianificazione, Sostenibilità, Alinea E<strong>di</strong>trice, Firenze 2003.<br />

E. FALCHETTI, <strong>La</strong> scienza sistemica interpreta l’ambiente: dall’ecosistema al paesaggi, in Riflessioni<br />

Sistemiche Rivista Italiana <strong>di</strong> Stu<strong>di</strong> Sistemici N° 2 Anno 2010.<br />

A. FARINA, Lezioni <strong>di</strong> eco<strong>lo</strong>gia, Utet Università E<strong>di</strong>tore, Torino 2004.<br />

F. FINOTTO, R. MONACO, G. SERVENTE, Un model<strong>lo</strong> per la valutazione della produzione e della<br />

<strong>di</strong>ffusività <strong>di</strong> energia bio<strong>lo</strong>gica in un sistema ambientale, in corso stampa su Scienze Regionali<br />

(Ital. J. of Regional Sci.), 2009.<br />

V. INGEGNOLI, R. T. T. FORMAN, <strong>La</strong>ndscape eco<strong>lo</strong>gy: a widening foundation, Springer Verlag, Berlin-New<br />

York 2002.<br />

V. INGEGNOLI, Fondamenti <strong>di</strong> eco<strong>lo</strong>gia del paesaggio, Città Stu<strong>di</strong>, Milano 1993.<br />

S. MALCEVSCHI, L. G. BISOGNI, A. GARIBOLDI, Reti eco<strong>lo</strong>giche ed interventi <strong>di</strong> miglioramento ambientale,<br />

Il Verde E<strong>di</strong>toriale, Milano 1996.<br />

205


206<br />

L'approccio modellistico nella rappresentazione della complessità in ambito eco<strong>lo</strong>gico<br />

B. PIZZO, Paesaggio e complessità tra teorie e pratiche. Quaderni della Ri-Vista Ricerche per la progettazione<br />

del paesaggio, Firenze University Press, Firenze 2008.<br />

C. SOCCO, S. M. GUARINI, Rete Eco<strong>lo</strong>gica. Il caso stu<strong>di</strong>o dell’Umbria, Working paper R02/08, Osservatorio<br />

Città Sostenibili, Dipartimento Interateneo Territorio, Politecnico e Università <strong>di</strong> Torino,<br />

Torino 2008.<br />

Il Para<strong>di</strong>gma Sistemico, www.encic<strong>lo</strong>pe<strong>di</strong>aolistica.com.


UNA SOTTILE STRISCIA DI MEDITERRANEO<br />

Premessa<br />

<strong>di</strong> MARIO MANGANARO<br />

Mi capita <strong>di</strong> guardare quasi ogni giorno una porzione <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>terraneo. Il tratto <strong>di</strong><br />

mare è sempre <strong>lo</strong> stesso e non muta nemmeno il punto <strong>di</strong> osservazione, ma la<br />

scena cambia in continuazione al ritmo del volgere del tempo e delle stagioni.<br />

Innumerevoli variazioni si susseguono nel tratto <strong>di</strong> mare e nella striscia <strong>di</strong> cie<strong>lo</strong> che<br />

<strong>lo</strong> sovrasta. Il cie<strong>lo</strong> ed il mare sono in stretto rapporto e le variazioni <strong>di</strong> co<strong>lo</strong>re e <strong>di</strong><br />

movimento delle onde si riflettono quasi in uno specchio nella moltitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> forme<br />

delle nuvole e <strong>di</strong> toni del cie<strong>lo</strong>.<br />

Il vento, la pioggia e qualche volta anche la nebbia, che <strong>come</strong> can<strong>di</strong>da bambagia s’incunea<br />

nelle valli parallele alla costa e che i <strong>lo</strong>cali chiamano “lupa”, giocano un ruo<strong>lo</strong>,<br />

che rende ancora più mutevole il tempo. Minori o più <strong>di</strong>fficili da percepire, perché<br />

più lenti, sono invece i cambiamenti sulla costa, da dove guardo, e su quella <strong>di</strong> fronte.<br />

È per l’appunto un tratto speciale <strong>di</strong> mare, una sorta <strong>di</strong> col<strong>lo</strong> d’imbuto in curva, dove<br />

passano navi da trasporto, navi da crociera, pescherecci, yacht, velieri, barche, motoscafi,<br />

portaerei, dragamine, cacciatorpe<strong>di</strong>niere, ecc. <strong>La</strong> traiettoria dei natanti non segue<br />

un percorso rettilineo; si presentano appena scorciati <strong>di</strong> prua, riprendono lentamente<br />

la snellezza del profi<strong>lo</strong>, per ritornare poi a stringersi <strong>di</strong> poppa e svanire verso<br />

la rocca <strong>di</strong> Scilla o nascondersi verso la rada <strong>di</strong> Para<strong>di</strong>so.<br />

Le navi traghetto si <strong>di</strong>stinguono per forma e co<strong>lo</strong>re e soprattutto per il <strong>lo</strong>ro continuo<br />

1 Veduta del<strong>lo</strong> Stretto da Papardo.<br />

1


2<br />

208<br />

2 Veduta del<strong>lo</strong> Stretto con veliero.<br />

Una sottile striscia <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>terraneo<br />

andare avanti e in<strong>di</strong>etro da una sponda all’altra. È più raro vedere sagome <strong>di</strong> delfini<br />

che saltano o scie <strong>di</strong> qualche raro branco <strong>di</strong> capodogli. Altrettanto rara è la vista <strong>di</strong><br />

sottomarini in emersione; <strong>di</strong> essi si profila sull’acqua una sottile striscia nera appena<br />

bombata nella zona centrale, da cui emerge il b<strong>lo</strong>cco con il periscopio, mentre nella<br />

schiuma bianca della scia, che si forma <strong>di</strong>etro, spunta una piccola pinna nera, quasi<br />

a simulare un grosso pesce meccanico.<br />

Una secca a poca <strong>di</strong>stanza dalla costa pe<strong>lo</strong>ritana spesso raccoglie un nutrito numero<br />

<strong>di</strong> barche da pesca, che si affollano <strong>come</strong> mosche attorno ad un grumo <strong>di</strong> zucchero.<br />

Durante il periodo della pesca delle costardelle (un pesce azzurro) si sentono dei suoni<br />

provenire dalle barche. Sono i pescatori che in una fase particolare della pesca con le<br />

pietre prese sulla spiaggia battono sul legno del<strong>lo</strong> scafo, ottenendo dei suoni, che sembrano<br />

un ritmo musicale <strong>di</strong> tamburi africani.<br />

Nelle belle giornate quando il cie<strong>lo</strong> è terso ed il mare limpido si riflettono le coste<br />

sull’acqua e <strong>lo</strong> sguardo si fa attento per cercare <strong>di</strong> percepire fenomeni <strong>di</strong> riflessione


Mario Manganaro<br />

speciali, <strong>come</strong> quel<strong>lo</strong> famoso della “Fata Morgana”. Diversi documenti <strong>lo</strong> testimoniano,<br />

ma io non l’ho mai visto.<br />

Raccontano infatti che in piena estate per un fenomeno <strong>di</strong> rifrazione dell’aria si rifletta<br />

per breve tempo sul<strong>lo</strong> specchio dell’acqua una città fantastica e mutevole.<br />

Intanto mentre continuo a <strong>di</strong>segnare questa striscia <strong>di</strong> mare, passano le stagioni e le<br />

navi sembrano ritornare puntuali, <strong>come</strong> gli elementi co<strong>lo</strong>rati <strong>di</strong> una giostra.<br />

Variazioni e permanenze (Carid<strong>di</strong>)<br />

Nella primavera avanzata e durante l’estate sono sempre presenti le motopasserelle per<br />

la pesca del pesce spada. Fanno avanti e in<strong>di</strong>etro tutto il giorno, eccetto nei perio<strong>di</strong><br />

<strong>di</strong> tempo cattivo, che rende precario l’assetto del<strong>lo</strong> scafo con la lunga passerella sostenuta<br />

dagli stralli agganciati al grande albero centrale in traliccio metallico. In quelle<br />

209<br />

3 Veduta del<strong>lo</strong> Stretto e <strong>di</strong> Messina.<br />

3


4<br />

210<br />

4 Veduta del<strong>lo</strong> Stretto dalle alture<br />

della Calabria.<br />

Una sottile striscia <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>terraneo<br />

rare occasioni si riparano nelle piccole rade della riviera protette da barriere composte<br />

da numerosi massi cubici <strong>di</strong> cemento, che hanno sostituito in buona parte i tetrapo<strong>di</strong>.<br />

Quando è proprio burrasca scompaiono alla vista rifugiandosi in una zona più<br />

sicura nei pressi <strong>di</strong> Capo Rasocolmo. Gli stralli nemmeno si vedono da <strong>lo</strong>ntano; so<strong>lo</strong><br />

a volte si percepiscono perché luccicano colpiti dagli ultimi raggi del sole al tramonto.<br />

Nella bella stagione sono più frequenti le gran<strong>di</strong> navi da crociera, che solcano il Me<strong>di</strong>terraneo<br />

e passano <strong>lo</strong> Stretto per raggiungere le isole greche. Le precedono le ve<strong>lo</strong>ci<br />

pi<strong>lo</strong>tine della capitaneria, che minuscole rispetto alle mastodontiche navi le conducono<br />

all’ingresso del porto.<br />

Anche le barche da <strong>di</strong>porto aumentano e non è <strong>di</strong>fficile vedere gare <strong>di</strong> tavole a vela<br />

o <strong>di</strong> piccole barche sportive con le vele variopinte che si gonfiano al vento nei pressi<br />

della sede della lega navale.<br />

Nel periodo autunnale e invernale passano sempre le solite navi portacontainer e le<br />

navi traghetto delle ferrovie e delle compagnie private, riconoscibili dalla forma e dal<br />

co<strong>lo</strong>re. Alcune, più gran<strong>di</strong> delle altre, sono delle navi traghetto <strong>di</strong> origine svedese o<br />

danese. Hanno la parte inferiore del<strong>lo</strong> scafo <strong>di</strong>pinta <strong>di</strong> un co<strong>lo</strong>re verde scuro. Dai<br />

nomi e dalle carte nautiche esposte nei sa<strong>lo</strong>ni <strong>di</strong> coperta si capisce che prima <strong>di</strong> navigare


Mario Manganaro<br />

nel<strong>lo</strong> Stretto <strong>di</strong> Messina facevano sevizio <strong>di</strong> traghettamento nel<strong>lo</strong> Stretto <strong>di</strong> Kattegat.<br />

Ad ore precise si vedono comparire le navi ro-ro con la tozza prua, che fanno la rotta<br />

Messina Salerno o Catania Salerno e gli aliscafi, compatti e ve<strong>lo</strong>ci che vanno e vengono<br />

dalle isole Eolie.<br />

<strong>La</strong> superficie del mare, liscia <strong>come</strong> l’olio o appena increspata durante l’estate prende<br />

tutti i toni del blu e dell’azzurro, mentre d’inverno quando c’è vento o burrasca, cambia<br />

co<strong>lo</strong>re virando sul verde o grigio piombo e le onde s’innalzano con lingue bianche<br />

e rotolanti <strong>di</strong> spuma. In queste occasioni il traffico delle navi <strong>di</strong>minuisce.<br />

Quel<strong>lo</strong> <strong>lo</strong>cale ad<strong>di</strong>rittura si ferma se le onde sono molto alte e perico<strong>lo</strong>se per gli scafi<br />

dei mezzi ve<strong>lo</strong>ci o delle navi traghetto, mentre qualche nave che proviene da <strong>lo</strong>ntano<br />

preferisce ripararsi temporaneamente nella rada <strong>di</strong> Para<strong>di</strong>so.<br />

<strong>La</strong> lingua <strong>di</strong> terra che <strong>di</strong>vide il mare Ionio dal Tirreno e che si spinge in avanti con<br />

l’antica fortificazione, segna la punta estrema del Capo Pe<strong>lo</strong>ro e costituisce insieme<br />

alla rocca <strong>di</strong> Scilla una simbolica porta del<strong>lo</strong> Stretto.<br />

L’abitato <strong>di</strong> Torre Faro sta su questa lingua <strong>di</strong> terra tra il mare e i pantani <strong>di</strong> Ganzirri,<br />

in cui si è sempre praticata la molluschicoltura. Sono dei luoghi con una vegetazione<br />

speciale per cui molti uccelli migratori <strong>di</strong> passaggio si fermano temporanea-<br />

211<br />

5 Veduta del<strong>lo</strong> Stretto da Cannitel<strong>lo</strong>.<br />

5


212<br />

mente, trovando un habitat ideale. In questa striscia <strong>di</strong> terra pianeggiante vi sono ritagliati<br />

piccoli appezzamenti <strong>di</strong> terreno, che gli abitanti ancora in parte coltivano ad<br />

orti e vigne.<br />

Un tempo non <strong>lo</strong>ntano, a causa del terreno sabbioso, si produceva una qualità pregiata<br />

<strong>di</strong> me<strong>lo</strong>ni e veniva coltivata la vite, da cui si ricavava un vino doc. Le produzioni,<br />

che erano contenute, ora si sono ulteriormente ridotte e pare che anche il terreno<br />

abbia subito una trasformazione, che <strong>lo</strong> ha reso meno fertile.<br />

Uno sguardo dalla parte opposta (Scilla)<br />

Una sottile striscia <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>terraneo<br />

Le coste dalla parte <strong>di</strong> capo Pe<strong>lo</strong>ro sono basse. <strong>La</strong> collina sale morbida nella prima<br />

parte prima <strong>di</strong> inerpicarsi verso le pen<strong>di</strong>ci dei Pe<strong>lo</strong>ritani. Dall’altra parte la conformazione<br />

orografica calabrese è <strong>di</strong>versa. <strong>La</strong> costa dopo l’abitato <strong>di</strong> Cannitel<strong>lo</strong> <strong>di</strong>venta<br />

alta. Gli abitati sul mare, ridotti a strisce lineari, andando verso settentrione scompaiono.<br />

Basta pensare che fino a Bagnara e Palmi, quando la pesca del pescespada si<br />

esercitava con il sistema antico (avvistamento dalla feluca e caccia con il luntro), il<br />

pesce si avvistava da terra. In questo caso faceva le funzioni <strong>di</strong> avvistatore un pescatore<br />

appostato su una torretta, costruita sulla sommità della parete rocciosa.<br />

<strong>La</strong> linea d’orizzonte quin<strong>di</strong> dalla parte del continente è più alta. <strong>La</strong> visione del<strong>lo</strong> Stretto<br />

appare profondamente <strong>di</strong>versa, non so<strong>lo</strong> per ampiezza, alla percezione dell’osservatore,<br />

ma soprattutto per l’altezza della linea d’orizzonte. Si è in presenza <strong>di</strong> un balcone panoramico<br />

sul<strong>lo</strong> Stretto. I numerosi forti umbertini, in buona parte abbandonati, <strong>di</strong>s<strong>lo</strong>cati<br />

in posizioni strategiche per il control<strong>lo</strong> del ristretto specchio <strong>di</strong> mare ora <strong>di</strong>ventano<br />

luoghi privilegiati per ammirare il paesaggio e assumono una valenza percettiva senza<br />

eguali. Inoltre sono dei gran<strong>di</strong> contenitori che potrebbero accogliere nuove funzioni all’interno<br />

<strong>di</strong> una strategia <strong>di</strong> promozione integrata del territorio.<br />

Uno <strong>di</strong> essi è stato concesso ad una associazione che si occupa <strong>di</strong> tutela ambientale.<br />

I giovani vo<strong>lo</strong>ntari che lavorano in quella sede dopo aver provveduto alla pulizia dei<br />

<strong>lo</strong>cali e dei cortili, hanno avuto l’idea <strong>di</strong> immettere all’interno della struttura dei conigli.<br />

Gli animali, secondo <strong>lo</strong>ro, avrebbero pensato ad eliminare l’erba che cresceva


Mario Manganaro<br />

rigogliosa intorno. I conigli infatti hanno mangiato tutta l’erba all’interno del forte,<br />

ma nel frattempo si sono moltiplicati a tal punto che i cortili sono pieni <strong>di</strong> buche<br />

scavate da <strong>lo</strong>ro. Il numero dei conigli ora viene controllato in maniera cruenta dai<br />

rapaci, che trovano negli animali più piccoli e meno attenti facile preda quoti<strong>di</strong>ana.<br />

Il panorama, che verso settentrione è chiuso dai promontori collinari <strong>di</strong> Bagnara e<br />

Palmi, ha in primo piano la rocca <strong>di</strong> Scilla, che costituisce un elemento <strong>di</strong> riconoscimento<br />

importante; si può considerare una porta del<strong>lo</strong> Stretto.<br />

Sulla rupe sorge il castel<strong>lo</strong>, che domina da una parte l’imboccatura settentrionale del<strong>lo</strong><br />

Stretto dall’altra l’abitato, che si snoda da ambedue le parti del promontorio, conservando<br />

nella parte settentrionale (Chianalea) un rapporto strettissimo tra residenza<br />

e mare.<br />

Da forte Stiacci (il forte umbertino situato più in alto) la costa ionica dell’isola si può<br />

apprezzare bene dalla punta <strong>di</strong> Capo Pe<strong>lo</strong>ro fino a capo Taormina a per<strong>di</strong>ta d’occhio.<br />

<strong>La</strong> città <strong>di</strong> Messina sembra lì davanti a due passi con le navi traghetto che entrano<br />

ed escono dalla falce del porto.<br />

213<br />

6 Veduta dell'Etna dai piani <strong>di</strong><br />

Lopa.<br />

6


214<br />

Una sottile striscia <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>terraneo<br />

Il protendersi della zona collinare quasi fin sulla costa fa si che dalla Calabria si abbia<br />

una vista della Sicilia più ampia; ad<strong>di</strong>rittura la <strong>di</strong>stanza dell’isola sembra più vicina <strong>di</strong><br />

quella reale. Inoltre spostandosi più a meri<strong>di</strong>one sulle alture oltre Reggio Calabria verso<br />

i Piani <strong>di</strong> Lopa e arretrandosi dalla costa, <strong>lo</strong> Stretto non è più percepibile e al<strong>lo</strong>ra sembra<br />

che la montagna dell’Etna sia in continuità con la terra <strong>di</strong> Calabria.


NUOVE TRASVERSALITÀ PER LA RIQUALIFICAZIONE DI POMPEI<br />

<strong>di</strong> CARLO ALESSANDRO MANZO<br />

Negli ultimi anni una parte della ricerca progettuale del dottorato <strong>di</strong> progettazione<br />

architettonica e <strong>urbana</strong> si è applicata al<strong>lo</strong> stu<strong>di</strong>o dei processi <strong>di</strong> costruzione della<br />

campagna urbanizzata, nella <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> un maggiore equilibrio tra parti e<strong>di</strong>ficate,<br />

infrastrutture e aree ver<strong>di</strong> ed agricole. Questi progetti su Pompei aggiungono un altro<br />

tassel<strong>lo</strong> alle elaborazioni rivolte ad approfon<strong>di</strong>re idee e tecniche dell’inserimento<br />

<strong>di</strong> interventi qualificanti nelle aree sensibili delle città esistenti, con particolare attenzione<br />

alla realtà del mezzogiorno. Si tratta <strong>di</strong> sovrapposizioni, ma anche inserimenti<br />

e rimodellazioni del suo<strong>lo</strong> che mo<strong>di</strong>ficano impianti organizzativi e densità, nella consapevolezza<br />

che anche trasformazioni contenute del preesistente, alterando le forme e<br />

le con<strong>di</strong>zioni d’uso, introduce sensibili cambiamenti <strong>di</strong> senso e <strong>di</strong> carattere nei paesaggi<br />

urbani. Nella realtà campana il ribaltamento tra spazi interni e<strong>di</strong>ficati ed esterni<br />

a verde è una conseguenza della massiccia e<strong>di</strong>ficazione della campagna. Qui, <strong>come</strong> in<br />

altre aree metropolitane, molti territori agricoli si trovano ad essere paradossalmente<br />

delle enclaves delimitate dall’e<strong>di</strong>ficato. Con<strong>di</strong>zioni ana<strong>lo</strong>ghe <strong>di</strong> ribaltamento si ripresentano<br />

-a scala più ravvicinata- nei centri urbani, quando giar<strong>di</strong>ni e cortili si aprono<br />

alla città e le cortine e<strong>di</strong>lizie, un tempo nascoste, si trasformano in prospetti urbani<br />

con un marcato spostamento <strong>di</strong> caratteri architettonici e d’uso.<br />

L’interesse scientifico e progettuale per le vicende urbane <strong>di</strong> Pompei muove dalla singolare<br />

natura <strong>di</strong> questa città, (<strong>di</strong> rifondazione abbastanza recente dopo l’interruzione<br />

degli antichi fasti romani), oggi fortemente caratterizzata dalla presenza degli scavi e<br />

del Santuario oltre che da una posizione strategica nel quadro territoriale. Serrata tra<br />

il Vesuvio, la foce del Sarno e la catena collinare che si innesta nella penisola sorrentina,<br />

Pompei sembra reclamare<br />

il potenziamento dei<br />

no<strong>di</strong> infrastrutturali urbani,<br />

e risposte <strong>di</strong> ampio<br />

respiro e <strong>di</strong> buona sensibilità<br />

paesistica, per riqualificare<br />

il sistema ferrovia-autostrada-parcheggicanali-<br />

1 Progetti per la nuova area mercatale<br />

<strong>di</strong> Pompei. Gruppi <strong>di</strong> ricerca<br />

<strong>di</strong>retti da Car<strong>lo</strong> A. Manzo_Stu<strong>di</strong><br />

plani volumetrici F. Colella e M.<br />

R. Puca.<br />

1


2<br />

216<br />

Nuove trasversalità per la riqualificazione <strong>di</strong> Pompei<br />

campagna-siti turistici.<br />

È noto che gli Scavi <strong>di</strong> Pompei sono uno siti dei più visitati (oltre 2 milioni e mezzo<br />

<strong>di</strong> persone all’anno secondo la Soprintendenza), così <strong>come</strong> Il Santuario <strong>di</strong> Pompei è,<br />

per numero <strong>di</strong> visitatori, uno dei più importanti santuari mariani d’Europa. Queste<br />

due fonti <strong>di</strong> turismo culturale sono tanto importanti quanto <strong>di</strong>verse ed autonome:<br />

pochi visitatori dell’antica Pompei vanno a visitare quella nuova con il suo Santuario<br />

e viceversa. Quin<strong>di</strong> per le proposte <strong>di</strong> riqualificazione del sistema turistico-culturaleurbano<br />

<strong>di</strong> Pompei sono finalizzate in primo luogo a integrare i due principali poli,<br />

gli Scavi e il Santuario (ovvero l’antico e il nuovo) -facendo della città una Porta del<br />

turismo culturale in Campania, decisivo per esp<strong>lo</strong>rare i principali itinerari turisticoculturali<br />

della regione (Area Vesuviana, Napoli-Campi Flegrei, Penisola Sorrentina).<br />

<strong>La</strong> rete infrastrutturale che attraversa Pompei, complessa e stratificata nel corso del<br />

novecento, taglia in due il territorio comunale da ovest ad est, rendendo <strong>di</strong>fficili i collegamenti<br />

nella <strong>di</strong>rezione nord-sud, tra paesaggio del Vesuvio e paesaggio della Costiera.<br />

Da qui nasce la necessità <strong>di</strong> farne elemento <strong>di</strong> unione e non <strong>di</strong> <strong>di</strong>visione tra i<br />

versanti per trasformare il fondovalle del territorio comunale, tra la linea FS e il Sarno,<br />

nel luogo delle nuove centralità territoriali, proponendo progetti capaci <strong>di</strong> tracciare<br />

nuove trasversalità urbane. Gli obiettivi evidenti <strong>di</strong> questa strategia <strong>di</strong> potenziamento<br />

e riqualificazione delle infrastrutture sono molteplici.<br />

- Ri<strong>di</strong>stribuzione dei flussi turistici <strong>di</strong> accesso ai beni culturali e paesistici<br />

- Incremento delle presenze interessate al turismo culturale connesso alla produzione e<br />

<strong>di</strong>stribuzione <strong>di</strong> prodotti artigianali e artistici e un migliore collegamento con le <strong>di</strong>verse<br />

produzioni del territorio,<br />

- Risparmio energetico derivato<br />

dalla razionalizzazione<br />

del traffico e incremento<br />

<strong>di</strong> produzione energia,<br />

attraverso nuove utilizzazioni<br />

dei sistemi fotovoltaici<br />

ecc.<br />

2 Progetti per la nuova area mercatale<br />

<strong>di</strong> Pompei. Gruppi <strong>di</strong> ricerca<br />

<strong>di</strong>rett da Car<strong>lo</strong> A. Manzo, gruppo<br />

A e G. Diana_Vista model<strong>lo</strong>.


Car<strong>lo</strong> Alessandro Manzo<br />

Sulla base <strong>di</strong> queste considerazioni il workshop 1 <strong>di</strong> progettazione del dottorato, opportunamente<br />

inquadrato nelle iniziative del Benecon e successivamente integrato da<br />

esperienze <strong>di</strong>dattiche finalizzate, si è applicato ad un’ampia riqualificazione del sistema<br />

urbano e infrastrutturale attraverso la riprogettazione <strong>di</strong> quattro aree significative, corrispondenti<br />

ad altrettanti problemi del territorio pompeiano.<br />

1. Nell’area antistante gli scavi, lungo la strada alberata, viene proposta la creazione<br />

<strong>di</strong> una grande piattaforma panoramica che nasconde la linea ferroviaria e si apre alla<br />

vista verso la costiera sorrentina. Il basamento viene ritagliato per accogliere le vecchie<br />

case esistenti e inciso da tagli che illuminano gli spazi sottostanti, destinati al<strong>lo</strong><br />

stazionamento dei pullmann, a laboratrori, a parcheggi e servizi collegati agli scavi archeo<strong>lo</strong>gici.<br />

2. L’area <strong>lo</strong>calizzata tra il fiume Sarno e la linea l’autostrada Napoli-Salerno, viene ri<strong>di</strong>segnata<br />

con l’inserimento <strong>di</strong> nuove attrezzature e <strong>di</strong> strutture mercatali integrate nel<br />

ri<strong>di</strong>segno del verde urbano, <strong>come</strong> descritto più avanti.<br />

3. Per potenziare i collegamenti trasversali rispetto alla fascia infrastrutturale esistente,<br />

viene proposta una linee <strong>di</strong> funivia elettrica orizzontale a bassa quota, altamente automatizzata,<br />

a zero emissioni e a basso costo, che colleghino la stazione centrale e la<br />

piazza del santuario con l’area meri<strong>di</strong>onale delle attrezzature urbane e delle serre.<br />

4. Un nuovo parco agrico<strong>lo</strong> nell’area ad est degli Scavi archeo<strong>lo</strong>gici, integrato con attrezzature<br />

sportive e termali, ricompone in un nuovo grande <strong>di</strong>segno unitario gli orti,<br />

i nuovi sistemi irrigui, le serre d’arte e i luoghi per il tempo libero.<br />

Partendo dalle con<strong>di</strong>zioni<br />

<strong>di</strong> ciascuna area il lavoro<br />

progettuale ha poi cercato<br />

<strong>di</strong> tracciare delle lineeguida<br />

per la rivitalizzazione<br />

del sistema vivaistico, <strong>di</strong>ffuso<br />

sull’intero territorio<br />

comunale. Il sistema <strong>di</strong> serre<br />

<strong>di</strong> Pompei è un’insieme<br />

3 Progetti per la nuova area mercatale<br />

<strong>di</strong> Pompei. Gruppi <strong>di</strong> ricerca<br />

<strong>di</strong>rett da Car<strong>lo</strong> A. Manzo. Pianta<br />

e viste tri<strong>di</strong>mensionali.<br />

217<br />

3


4<br />

218<br />

4 Progetti per la nuova area mercatale<br />

<strong>di</strong> Pompei. Gruppi <strong>di</strong> ricerca<br />

<strong>di</strong>rett da Car<strong>lo</strong> A. Manzo. Percorsi.<br />

Nuove trasversalità per la riqualificazione <strong>di</strong> Pompei<br />

molto parcellizzato <strong>di</strong> piccolissime aziende agricole, quasi tutte in<strong>di</strong>viduali, o a conduzione<br />

familiare e <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni inferiori a un ettaro, con un basso know-how tecno<strong>lo</strong>gico.<br />

Le <strong>di</strong>seconomie <strong>di</strong> scala legate ai trasporti, alla manodopera e soprattutto<br />

all’ approvvigionamento energetico, stanno assumendo <strong>di</strong>mensioni tali da far perdere<br />

competitività alle produzioni <strong>lo</strong>cali. Lo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> prototipi per una serra ad alta efficienza<br />

energetica e a forte comunicabilità estetica, risponde a queste esigenze, utilizzando<br />

le potenzialità produttive industriali presenti nel territorio.<br />

Le proposte per l’area mercatale hanno tenuto in considerazione le esigenze espresse<br />

dall’amministrazione comunale <strong>di</strong> Pompei per sistemare in una soluzione unitaria i<br />

problemi irrisolti <strong>di</strong> questa zona complessa: gli spazi del mercato settimanale all’aperto,<br />

uniti a un mercato coperto citta<strong>di</strong>no, la sistemazione delle aree ver<strong>di</strong> produttive<br />

e ricreative, il contorno delle serre e <strong>di</strong> alcuni frammenti <strong>di</strong> zone archeo<strong>lo</strong>giche<br />

da rivitalizzare.<br />

L’area nel suo complesso è delimitata da una serie <strong>di</strong> elementi naturali ormai “addomesticati”<br />

e dai forti segni orizzontali delle infrastrutture che la isolano dal contesto.<br />

Il Sarno a sud, il canale Bottaro e l’autostrada Salerno-Reggio Calabria a nord, la linea<br />

ferroviaria ad ovest, rendono <strong>di</strong>fficili i collegamenti con le aree circostanti. All’area<br />

si accede me<strong>di</strong>ante un serie <strong>di</strong> sottopassi o sovrappassi collegati con un sistema<br />

stra<strong>di</strong>ne e <strong>di</strong> percorsi secondari <strong>di</strong> campagna a servizio delle case rurali e delle serre.<br />

Il tracciato dei <strong>lo</strong>tti agricoli, a <strong>di</strong>fferenza delle infrastrutture, ha un <strong>di</strong>segno <strong>di</strong> accentuata<br />

verticalità mentre l’isola residenziale ad est, e<strong>di</strong>ficato da case a schiera e da<br />

e<strong>di</strong>lizia economica e popolare, riprende alcune giaciture <strong>di</strong> antichi tracciati.<br />

<strong>La</strong> scelta fondamentale è quella <strong>di</strong> potenziale connessioni nord-sud me<strong>di</strong>ante l’aper-


Car<strong>lo</strong> Alessandro Manzo<br />

tura <strong>di</strong> visuali e <strong>di</strong> nuovi collegamenti: sia i sottopassaggi dell’autostrada, sia i nuovi<br />

ponti <strong>di</strong> l’attraversamento del Sarno, hanno infatti il primario obiettivo <strong>di</strong> allacciare<br />

l’area alla fascia a sud del fiume. Sono state in<strong>di</strong>viduate sub-aree <strong>di</strong> intervento, compatibili<br />

con le preesistenze e con le vocazioni del territorio: l’area da destinare ai mercati;<br />

il parco agrico<strong>lo</strong>-fluviale a ridosso del fiume Sarno con gli orti urbani e il mercato<br />

settimanale; l’area interclusa tra gli isolati residenziali <strong>di</strong>venta <strong>lo</strong> <strong>spazio</strong> pubblico<br />

delle attrezzature urbane e <strong>di</strong> quartiere; una piccola area archeo<strong>lo</strong>gica lungo l’autostrada;<br />

infine il sistema <strong>di</strong> serre da ad ovest, accanto alla linea ferrata.<br />

Le soluzioni per la zona mercato sono finalizzate ad un’ampia riqualificazione dell’area<br />

libera meri<strong>di</strong>onale che si affaccia sul lungofiume del Sarno. Partendo dall’esigenza<br />

<strong>di</strong> sistemare il mercato settimanale sulle area <strong>di</strong> proprietà comunale lungo il Sarno,<br />

le ipotesi <strong>di</strong> progetto ri<strong>di</strong>segna il lungofiume, integrando in una sistemazione unitaria<br />

le attività commerciali, gli orti urbani produttivi e il verde attrezzato. Gli aspetti<br />

qualificanti della proposta sono quelli <strong>di</strong> riconvertire ad un uso collettivo permanente<br />

per la vita pubblica e per il tempo libero gli spazi usati secondo i ritmi <strong>di</strong>scontinui<br />

del mercato settimanale, con la creazione <strong>di</strong> piazze, spazi aperti, percorsi porticati e<br />

sistemi <strong>di</strong> muri attrezzati. Di particolare interesse è la proposta <strong>di</strong> una tipo<strong>lo</strong>gia innovativa<br />

<strong>di</strong> area commerciale verde, che inserisce le nuove funzioni nelle pieghe <strong>di</strong> un<br />

suo<strong>lo</strong> ampiamente rimodellato (esposizione e ven<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> piante, fiori e vegetali, stand,<br />

servizi, pannelli fotovoltaici ecc.) per lasciare libera la visuale verso i paesaggi della penisola<br />

sorrentina. I nuovi ponti sul Sarno, per cui si prevede un risanamento ambientale<br />

fino ad a render<strong>lo</strong> un canale nuovamente navigabile, potenziano i collegamenti<br />

trasversali rispetto alle principali infrastrutture <strong>di</strong> Pompei, e conquistano un’altra<br />

area, a sud, al <strong>di</strong>segno <strong>di</strong> un nuovo ampio parco fluviale.<br />

219


220<br />

Note<br />

Nuove trasversalità per la riqualificazione <strong>di</strong> Pompei<br />

1 Il workshop del dottorato coor<strong>di</strong>nato da Car<strong>lo</strong> A. Manzo è stato curato da Emanuele Carreri .<br />

Vi hanno partecipato inoltre i docenti Marino Borrelli, C. Gambardella, Efisio Pitzalis, Massimiliano<br />

Ren<strong>di</strong>na, e i dottori e dottoran<strong>di</strong> G.L. Cioffi, A. Santacroce, G. Cinquegrana, F. Colella,<br />

G. Masco<strong>lo</strong>, M. R. Puca, con laurean<strong>di</strong>.


VERSO IL MITO DELLA MEDITERRANEITÀ<br />

LA DIMENSIONE DOMESTICA DI POMPEI E I VIAGGIATORI SCANDINAVI<br />

<strong>di</strong> ELENA MANZO<br />

Quando l’abate Fer<strong>di</strong>nando Galiani, Segretario d’Ambasciata del Regno <strong>di</strong> Napoli<br />

a Parigi, da qui scrive a Bernardo Tanucci, perorando con fervore l’e<strong>di</strong>zione in<br />

inglese e francese delle Antichità <strong>di</strong> Ercolano esposte, sono ormai trascorsi vent’anni<br />

dalla corrispondenza intercorsa tra il marchese Scipione Maffei e padre Bernardo de<br />

Rubeis sui recenti ritrovamenti archeo<strong>lo</strong>gici in area vesuviana e segnatamente a Ercolano1<br />

. Era il 10 novembre 1747 e quelle “pregevoli anticaglie”, descritte da quest’ultimo<br />

all’eru<strong>di</strong>to veronese, erano così richieste dal mercato antiquario internazionale da<br />

essere ormai entrate a far parte del collezionismo artistico privato <strong>di</strong> autorevoli prelati,<br />

aristocratici committenti, raffinati intellettuali, facoltosi e influenti personaggi politici,<br />

arricchendo le più prestigiose residenze europee. Ben presto, a causa della <strong>lo</strong>ro <strong>di</strong>fficile<br />

reperibilità e dei costi elevati, presso le botteghe <strong>di</strong> artigiani e orafi iniziarono ad essere<br />

vendute copie <strong>di</strong> oggetti <strong>di</strong>ssepolti ottimamente riprodotti e <strong>di</strong> pregevole fattura.<br />

Rinvenute «accidentalmente cavando pozzi», già in epoche molto <strong>lo</strong>ntane dall’avvento<br />

<strong>di</strong> Car<strong>lo</strong> <strong>di</strong> Borbone, è appena il caso <strong>di</strong> ricordar<strong>lo</strong>, la <strong>lo</strong>ro ricerca era stata razionalmente<br />

perseguita, quando questi era salito al trono del Regno <strong>di</strong> Napoli e, dopo soli<br />

quattro anni, con scrupo<strong>lo</strong>sa sistematicità, con «genj troppo superiori, e coman<strong>di</strong><br />

troppo più sublimi», aveva dato l’avvio alla più intensa e f<strong>lo</strong>rida campagna archeo<strong>lo</strong>gica<br />

dell’intera penisola, sostenuta dall’impegno ufficiale della Corona2 .<br />

<strong>La</strong> co<strong>lo</strong>ssale opera <strong>di</strong> scavo, infatti, era stata intrapresa non so<strong>lo</strong> investendo un sorprendente<br />

numero <strong>di</strong> risorse umane, tecniche, culturali ed economiche, ma con organicità<br />

<strong>di</strong> azioni tale da configurarsi <strong>come</strong> un complesso sistema <strong>di</strong> iniziative volte<br />

alla conoscenza, alla conservazione e alla <strong>di</strong>vulgazione<br />

dei monumenti antichi secondo un programma operativo<br />

e legislativo senza precedenti3 . Al tempo stesso, l’imponente<br />

cantiere archeo<strong>lo</strong>gico offriva continue occasioni<br />

scientifiche <strong>di</strong> sperimentare innovativi meto<strong>di</strong> e tecniche<br />

<strong>di</strong> intervento, prelievo, restauro e conservazione sia sui<br />

reperti prelevati, sia sui manufatti architettonici riportati<br />

alla luce; pertanto, a fronte dei frequenti limiti rilevati<br />

dalla storiografia più accre<strong>di</strong>tata, alla base del notevole<br />

1 Pompei, casa dei Vettii. <strong>La</strong> domus<br />

al momento della scoperta nel<br />

1896 in una foto <strong>di</strong> repertorio.<br />

2 C.F. Harsdorff, progetto per la<br />

Frederiks Church, 1754 (Copenhaghen,<br />

Kunstakademiets).<br />

1<br />

2


3<br />

222<br />

Verso il mito della me<strong>di</strong>terraneità<br />

sforzo organizzativo, per la prima volta, era emerso un articolato meccanismo <strong>di</strong> integrazione<br />

dei saperi e delle competenza scientifiche, sostenuto da un programma assolutamente<br />

innovativo, che andava maturando in un clima progressista, dove era protagonista<br />

un governo accentratore, ma aperto e illuminato 4 .<br />

In realtà, <strong>come</strong> è noto, la stessa “scoperta” settecentesca <strong>di</strong> Ercolano era stata preceduta<br />

da una lunga serie <strong>di</strong> eventi volti a tal fine, le cui ra<strong>di</strong>ci si in<strong>di</strong>viduano in un<br />

<strong>di</strong>battito teorico avviato già in epoca aragonese, nonché casuali scoperte, <strong>come</strong> quelle<br />

avvenute presso la collinetta della Civita (appunto, l’antica Pompei) e a Resina. Anche<br />

l’inizio della rinomata impresa era stato determinato a seguito <strong>di</strong> ritrovamenti fortuiti<br />

e spora<strong>di</strong>ci avvenuti durante la costruzione della reggia <strong>di</strong> Portici; ma, mentre<br />

in una prima fase i reperti avevano continuato ad alimentare tanto il collezionismo<br />

privato, quanto l’antica prassi del reimpiego delle spolia<br />

-iscrizioni, co<strong>lo</strong>nne, cornici- e delle opere scultoree a completamento<br />

o arredo <strong>di</strong> architetture, successivamente, dal<br />

1750, con atteggiamento illuminato, gran parte degli oggetti<br />

scoperti, organizzati, or<strong>di</strong>nati e cata<strong>lo</strong>gati, furono<br />

in<strong>di</strong>rizzati alla conservazione, allestendo l’Herculanense<br />

Museum, una ricchissima galleria in cui confluirono anche<br />

quelli provenienti da altri cantieri archeo<strong>lo</strong>gici del<br />

Mezzogiorno d’Italia.<br />

L’iniziativa carolina, infatti, al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> rimarchevoli episo<strong>di</strong><br />

artistici e <strong>di</strong> lussuose ville suburbane, stava quoti<strong>di</strong>anamente<br />

<strong>di</strong>ssotterrando un cospicuo corredo <strong>di</strong> frammenti<br />

<strong>di</strong> mosaici, statue, monete, suppellettili, gioielli,<br />

monili e persino cristalli, dal va<strong>lo</strong>re assolutamente non<br />

trascurabile soprattutto per il significato documentale che<br />

ciascun elemento ritrovato andava assumendo proprio<br />

nella singolare congiuntura epocale del volgere verso la<br />

cultura neoclassica.<br />

Si era iniziato a scavare a Resina (l’attuale Ercolano) pro-<br />

3 F. Duban, Terme del Foro <strong>di</strong><br />

Pompei, sezione <strong>di</strong> due ambienti<br />

e dettagli, 1823-1828 (da Pompei<br />

e gli architetti francesi, cit.).


Elena Manzo<br />

seguendo, è appena il caso <strong>di</strong> ricordar<strong>lo</strong>, a Stabia e a Pompei, il cui cantiere, coor<strong>di</strong>nato<br />

dall’ingegnere spagno<strong>lo</strong> Joachim de Alcubierre, si era aperto ufficialmente so<strong>lo</strong><br />

nel 1748; finché, dopo importanti iniziative a carattere scientifico-documentario e <strong>di</strong>vulgativo-<br />

vale per tutte, nel 1754, la pubblicazione del Cata<strong>lo</strong>go degli antichi monumenti<br />

<strong>di</strong>ssotterrati dalla scoperta della città <strong>di</strong> Ercolano, per or<strong>di</strong>ne della Maestà <strong>di</strong> Car<strong>lo</strong>,<br />

redatto da monsignor Ottavio Antonio Bayar<strong>di</strong> - il 13 <strong>di</strong>cembre 1755, per volere del<br />

re, fu fondata l’Accademia Ercolanese. Affidata alla presidenza del Segretario <strong>di</strong> Stato<br />

della Casa Reale Bernardo Tanucci, superando gli iniziali programmi e<strong>di</strong>toriali, tra il<br />

1757 e il 1792, darà alle stampe Le Antichità <strong>di</strong> Ercolano esposte…., nei suoi primi<br />

otto tomi dei quaranta previsti; nonostante ciò, la <strong>di</strong>ffusione dei modelli ercolanensi<br />

(si ricorda che con il nome <strong>di</strong> “Ercolano” si raggruppavano anche le scoperte archeo<strong>lo</strong>giche<br />

<strong>di</strong> Pompei) fu piuttosto lenta, poiché, i volumi dell’encic<strong>lo</strong>pe<strong>di</strong>ca opera<br />

potevano essere donati so<strong>lo</strong> per espressa in<strong>di</strong>cazione del re ad alti <strong>di</strong>gnitari o a elevati<br />

ranghi dell’aristocrazia 5 . Come è noto, infatti, se un lungo, controverso e gravoso impegno<br />

e<strong>di</strong>toriale si era proposto <strong>di</strong> registrare e documentare la co<strong>lo</strong>ssale impresa, gli<br />

effettivi intenti del re Borbone erano principalmente celebrativi e dettati dalla sua innata<br />

propensione al collezionismo e all’antiquaria, per cui la critica storiografica ha<br />

frequentemente <strong>di</strong>storto la sua genuina interpretazione e snaturato la profonda carica<br />

scientifica dell’impresa 6 . A <strong>di</strong>spetto <strong>di</strong> ciò, l’inizio della co<strong>lo</strong>ssale opera de Le Antichità<br />

esposte non so<strong>lo</strong> si accordava perfettamente al<strong>lo</strong> spirito <strong>di</strong> cata<strong>lo</strong>gazione del seco<strong>lo</strong>,<br />

mutuandone gli strumenti <strong>lo</strong>gici dalle metodo<strong>lo</strong>gie pertinenti alle <strong>di</strong>scipline naturalistico-antropo<strong>lo</strong>giche,<br />

ma anticipava l’interesse classificatorio<br />

dell’Illuminismo con sorprendente modernità.<br />

Di contro, si prospettava <strong>come</strong> assolutamente ine<strong>di</strong>ta e<br />

rivoluzionaria l’ipotesi avanzata da Scipione Maffei <strong>di</strong><br />

trasformare la ritrovata città <strong>di</strong> Herculaneum in un museo<br />

territoriale “a cie<strong>lo</strong> aperto”, il più esteso e completo<br />

d’Europa. Tuttavia, la modernità della proposta, così precoce<br />

rispetto alla sensibilità epocale, ancora troppo <strong>lo</strong>ntana<br />

dalla capacità <strong>di</strong> leggere un singo<strong>lo</strong> episo<strong>di</strong>o archi-<br />

4 L.A. Winstrup, particolare delle<br />

Terme del Foro <strong>di</strong> Pompei, 1849c.<br />

(Copenhaghen, Kunstakademiets).<br />

223<br />

4


224<br />

Verso il mito della me<strong>di</strong>terraneità<br />

tettonico nel suo contesto paesistico e nel suo significato antropico, cioè oltre l’aulicità<br />

artistica, trovava concreti e insormontabili ostacoli nelle <strong>di</strong>scutibili tecniche adottate<br />

e nelle controverse opinioni al riguardo. Prima fra tutte quella esplicitamente<br />

espressa dal più rinomato archeo<strong>lo</strong>go del tempo, Johann Joachim Winckelmann, secondo<br />

cui Ercolano offriva a stu<strong>di</strong>osi e visitatori «una città <strong>di</strong>roccata e mucchi <strong>di</strong> pietre»,<br />

giacché la lava aveva coperto sotto uno spesso strato <strong>di</strong> roccia vulcanica l’intera<br />

città, lasciando so<strong>lo</strong> «antiche muraglie rovinate» 7 . Un giu<strong>di</strong>zio duramente aspro e assolutamente<br />

<strong>lo</strong>ntano dal va<strong>lo</strong>re che <strong>di</strong>mostrava avere, giorno dopo giorno, il vasto sito<br />

vesuviano, esteso tra Portici e Resina, Torre dell’Annunciata (Pompei) e Gragnano<br />

(Stabia), interamente sepolto dalla tragica eruzione del 79 d.C.<br />

Le considerazioni <strong>di</strong> Winckelmann, <strong>di</strong> fatto, avrebbero implicitamente accompagnato<br />

il lento e progressivo declino della città, a favore <strong>di</strong> Pompei: rimarcandone la <strong>di</strong>fficoltà<br />

<strong>di</strong> scavo, infatti, si era evidenziato <strong>come</strong> quest’ultima, non coperta dalla consistente coltre<br />

<strong>di</strong> lava, ma so<strong>lo</strong> da un manto <strong>di</strong> cenere e lapilli, avrebbe potuto offrire un repertorio<br />

integro <strong>di</strong> più facile accessibilità ed era, quin<strong>di</strong>, una meta da preferire per co<strong>lo</strong>ro che<br />

«vogliono vedere interamente scoperte le quattro mura <strong>di</strong> case […] seppellite» 8 .<br />

Per molti anni, però, l’accesso agli scavi fu consentito so<strong>lo</strong> a pochissime persone, le<br />

quali, tra l’altro, avevano il preciso <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> prendere <strong>di</strong>segni dal vero. Eppure, a <strong>di</strong>spetto<br />

dei numerosi decreti reali, che vietavano qualunque forma <strong>di</strong> riproduzione, la<br />

fortuna critica delle scoperte in atto, <strong>come</strong> è noto, stava avendo una <strong>di</strong>vulgazione sorprendente,<br />

al punto da inserire l’intero scavo vesuviano tra le delle tappe d’obbligo<br />

negli itinerari del Grand Tour 9 .<br />

Quando, però, negli ultimi mesi del 1767, l’abate Galiani scrive una delle sue più celebri<br />

lettere a Bernardo Tanucci - ormai <strong>di</strong>ventato Ministro degli Esteri e della Casa<br />

Reale borbonica dal 1754 - con grande lungimiranza in<strong>di</strong>vidua uno <strong>di</strong> principali<br />

temi <strong>di</strong> interessi suscitati dai ritrovamenti ercolanensi sul mercato internazionale della<br />

produzione dell’oggetto d’arte e <strong>di</strong> quel<strong>lo</strong> domestico.<br />

A <strong>di</strong>spetto della ritrosia <strong>di</strong>mostrata dalla Corte partenopea verso una e<strong>di</strong>zione in inglese<br />

e francese de Le Antichità <strong>di</strong> Ercolano esposte, maggiormente accessibile a un vasto<br />

pubblico e alla ven<strong>di</strong>ta dei volumi sul mercato comune, infatti, l’Ambasciatore


Elena Manzo<br />

del Regno <strong>di</strong> Napoli a Parigi considerava: «Riguardo alle <strong>di</strong>fficoltà dell’impresa non<br />

sono d’accordo con V.E. Si è qui stampata l’Encic<strong>lo</strong>pe<strong>di</strong>a, opera <strong>di</strong> tre milioni e mezzo<br />

<strong>di</strong> lire, e le forze <strong>di</strong> tre soli librai hanno bastato, nonostante che siasi potuta vendere<br />

tomo a tomo. Ci è librai qui che hanno due milioni <strong>di</strong> fon<strong>di</strong>. Ma <strong>di</strong>ce V.E., ci vonno<br />

duemila compratori, e dove trovarli? Su questo veggo che Ella non è ben al fatto.<br />

Certamente se si vogliono cercare duemila antiquari e letterati ricchi per <strong>lo</strong> mondo<br />

non si trovano; ma l’Ercolano ha un altro uso qui. Tutti gli orefici, biciuttieri, pittori<br />

<strong>di</strong> carrozze, <strong>di</strong> soprapporte, tappezzieri, ornamentisti hanno bisogno <strong>di</strong> questo libro.<br />

Sa V.E. che tutto si ha da fare oggi à la greque, che è <strong>lo</strong> stesso che à Erculanum. Attualmente<br />

sta facendo farsi questo ambasciator veneto<br />

una scatola d’oro con vari bassirilievi tirati dalle pitture<br />

d’Ercolano. Non si fanno più bronzi, intagli, pitture, che<br />

non si copino dall’Ercolano. Quella pittura <strong>di</strong> una donna<br />

che vende amoretti <strong>come</strong> polli, io l’ho vista ricopiata qui<br />

in più <strong>di</strong> <strong>di</strong>eci casi. Or ciò posto, vede benissimo V.E.<br />

l’uso e il consumo che si farebbe dell’Ercolano ristampato,<br />

e i poveri artisti, quando non possono avere l’opera<br />

intera, piglierebbero rami sciolti e staccati» 10 .<br />

In tal modo, suggerisce Galiani, mentre era ancora poca<br />

l’attenzione de<strong>di</strong>cata alle seduzioni cromatiche offerte dal<br />

vasto ed eterogeneo repertorio -dai vetri dei pregiati bicchieri,<br />

ai tasselli dei mosaici o agli affreschi- Le Antichità<br />

<strong>di</strong> Ercolano esposte, pubblicate in una e<strong>di</strong>zione meno pregiata,<br />

avrebbero avuto un riscontro imme<strong>di</strong>ato nelle ven<strong>di</strong>te<br />

e avrebbero offerto una raccolta <strong>di</strong> modelli senza<br />

confronti, riproducibili in quantità seriale, altrimenti usati<br />

<strong>come</strong> forme archetipe da reinterpretare con un proprio<br />

in<strong>di</strong>viduale e autonomo significato, ma ricche <strong>di</strong> riferimenti<br />

culturali 11 . Di fatto, l’abate, che <strong>come</strong> aveva scritto<br />

Charles Augustin de Sainte-Beuve «nessuno ha giu<strong>di</strong>cato<br />

5 F. Duban, Pompei. Mosaico<br />

della casa Championnet (da Pompei<br />

e gli architetti francesi, cit.).<br />

6 G.C. Hilker, Copenhaghen. Decorazioni<br />

pompeiane nel vestibo<strong>lo</strong><br />

dell'Università <strong>di</strong> Copenhaghen,<br />

1840 (da H. Raabyemagle, C.M.<br />

Smidt, cit.).<br />

225<br />

5<br />

6


7<br />

226<br />

Verso il mito della me<strong>di</strong>terraneità<br />

la Francia meglio […]» <strong>di</strong> lui, in poche e determinate considerazioni aveva condensato,<br />

anticipandole, una lunga serie <strong>di</strong> questioni culturali, economiche e <strong>di</strong> gusto, le<br />

quali, <strong>come</strong> è stato più volte messo in luce dalla storiografia, <strong>di</strong> lì a poco sarebbero<br />

state cruciali nel <strong>di</strong>battito artistico internazionale 12 . Tra queste, una, in particolare,<br />

merita nuove riflessioni sulle <strong>di</strong>fferenti prospettive con cui, dai <strong>di</strong>versi Stati europei,<br />

si guardava alle scoperte archeo<strong>lo</strong>giche in atto nel Regno dei Borbone.<br />

Se, infatti, con concretezza e realismo, Tanucci gli replica un ennesimo rifiuto, rilevando<br />

quanto l’antiquaria «sia gusto <strong>di</strong> pochi e che comincia a nauseare», Galiani,<br />

d’altro canto, con arguzia, specifica <strong>come</strong> “l’Ercolano” avesse in Europa, ma soprattutto<br />

in Francia “un altro uso”, giacché, qui, se iniziava ad apparire superato l’interesse<br />

<strong>di</strong>dascalico verso il ritrovato monumento dell’antichità e, quin<strong>di</strong>, ancor più quel<strong>lo</strong><br />

per il va<strong>lo</strong>re antiquario del singo<strong>lo</strong> oggetto, <strong>di</strong> contro, si faceva largo, con <strong>di</strong>screzione,<br />

una insolita e ine<strong>di</strong>ta curiosità per suppellettili e utensili, che si rivelerà tra i maggiori<br />

stimoli ad alimentare la tenuta della lezione ercolanese e pompeiana fino al primo<br />

quarto del XX seco<strong>lo</strong> 13 . In tal senso, le riflessioni dell’abate sulla possibilità della ristampa,<br />

anche parziale, dei volumi de Le Antichità, vanno ben oltre quell’attenzione<br />

strettamente economica finora evidenziata dalla critica storiografica. <strong>La</strong> sua intuitiva<br />

interpretazione in termini <strong>di</strong> un fenomeno <strong>di</strong> tendenza <strong>di</strong> gusto ampiamente <strong>di</strong>ffuso<br />

oltre le barriere culturali e sociali, in<strong>di</strong>vidua con perspicacia sia l’elemento <strong>di</strong> continuità<br />

tra Settecento e Novecento, anche quando sarà sancito il superamento del<strong>lo</strong><br />

stile neoclassico, sia, soprattutto, un <strong>di</strong>verso approccio al repertorio <strong>di</strong> forme offerte,<br />

al cromatismo e alle tecniche <strong>di</strong> trattamento dei materiali. Di fatto, se si pensa alle<br />

<strong>lo</strong>ntane industrie ceramiste Wedgwood o a quelle <strong>di</strong> Capo<strong>di</strong>monte,<br />

alla fabbrica Ferniani, alla modernissima Ginori,<br />

fino all’industria del vetro finlandese, alle interpretazioni<br />

del minotauro che Picasso elabora pensando alla<br />

pompeiana Casa del <strong>La</strong>birinto e al design delle ceramiche<br />

<strong>di</strong> Gio’ Ponti, le fiduciose previsioni <strong>di</strong> Galiani, dunque,<br />

si rivelano ben più veritiere delle considerazioni <strong>di</strong> Tanucci.<br />

D’altronde, si fondavano sulla <strong>di</strong>ffusa consapevo-<br />

7 G.C. Hiker e C. Costantin, <strong>di</strong>segno<br />

acquerellato per gli affreschi<br />

del vestibo<strong>lo</strong> dell'Università <strong>di</strong><br />

Copenhaghen. Particolari (da H.<br />

Raabyemagle, C.M. Smidt, cit.).


Elena Manzo<br />

lezza che, a <strong>di</strong>spetto della preziosa reperibilità dell’opera e dei restrittivi <strong>di</strong>vieti reali a riprodurre<br />

le scoperte degli scavi, Ercolano, Pompei e Stabia erano ormai già inserite tra<br />

le mete più ambite dai viaggiatori colti, pur restando appannaggio <strong>di</strong> privilegiati e raffinati<br />

stu<strong>di</strong>osi fino agli ultimi decenni del Settecento. Tra le prime testimonianze in tal<br />

senso si devono menzionare alcune scrupo<strong>lo</strong>se valutazioni <strong>di</strong> Cherles de Brosses, registrate<br />

già nel 1739, quando si era appena aperto il cantiere archeo<strong>lo</strong>gico e le considerazioni,<br />

quasi coeve, espresse in forma <strong>di</strong> lettere dal<strong>lo</strong> scrittore inglese Horace Walpole,<br />

poi raccolte nell’epistolario pubblicato al termine del suo Grand Tour 14 .<br />

All’inizio, gli Inglesi e i Francesi furono i maggiori frequentatori del vasto sito archeo<strong>lo</strong>gico,<br />

ma i primi assumeranno un ruo<strong>lo</strong> sostanziale nell’investigazione scientifica<br />

del manufatto architettonico soprattutto negli anni venti del XIX seco<strong>lo</strong>, quando<br />

si farà strada il <strong>di</strong>battito sulla policromia e Pompei sarà in<strong>di</strong>cata tra le principali fonti<br />

<strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o insieme alla Grecia e alla Sicilia 15 . Per gli altri, invece, il soggiorno partenopeo<br />

-e segnatamente quel<strong>lo</strong> nell’intera area vesuviana- era, in parte, un modo per<br />

approfon<strong>di</strong>re le ra<strong>di</strong>ci classiche della <strong>lo</strong>ro appartenenza me<strong>di</strong>terranea, la riscoperta <strong>di</strong><br />

paesaggi e luoghi ben più congeniali, con i quali non so<strong>lo</strong> si erano confrontati già in<br />

epoche remote, ma in cui presto torneranno ufficialmente durante il decennio <strong>di</strong> occupazione<br />

ottocentesca, intervenendo da protagonisti nel riassetto dell’organizzazione<br />

del vastissimo cantiere <strong>di</strong> scavo 16 .<br />

<strong>La</strong> stagione vesuviana francese era stata aperta, tra l’altro, da personaggi dalla caratura<br />

da Abel-François Poisson de Van<strong>di</strong>ères, marchese <strong>di</strong> Marigny. Questi, che presto<br />

sarebbe <strong>di</strong>ventato <strong>di</strong>rettore generale dei Bâtimentes, Arts, Jar<strong>di</strong>ns et Manufactures, giunto<br />

nella nostra Penisola tra il 1749 e il 1751, era accompagnato da Charles Nicolas Cochin,<br />

Maestro reale <strong>di</strong> Disegno e Conservatore del Gabinetto dei Disegni e delle<br />

Stampe <strong>di</strong> Corte, il quale, al rientro in patria, trascrisse le esperienze italiane in alcuni<br />

libri <strong>di</strong> viaggio. Il volume Observations, in particolare, è de<strong>di</strong>cato al soggiorno<br />

campano. Strutturato in tre parti e arricchito da un significativo corpus <strong>di</strong> tavole, in<br />

cui Cochin riprodusse “a memoria” quanto ebbe modo <strong>di</strong> vedere presso <strong>lo</strong> scavo ercolanese,<br />

il libro è ritenuto il primo e principale veico<strong>lo</strong> <strong>di</strong> <strong>di</strong>vulgazione in Francia<br />

delle opere recuperate dalla lava del Vesuvio 17 .<br />

227


228<br />

Verso il mito della me<strong>di</strong>terraneità<br />

Al volgere del seco<strong>lo</strong>, per gran parte dei Pensionnaires dell’Académie française a Roma,<br />

le <strong>di</strong>ssepolte città vesuviane costituivano, ormai, una tappa imprescin<strong>di</strong>bile nei <strong>lo</strong>ro itinerari<br />

<strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o, al punto da essere inserita tra i “lavori obbligatori” già dal 1788. Negli<br />

anni successivi, è registrato un notevole incremento dei viaggi effettuati da stu<strong>di</strong>osi,<br />

artisti e architetti, <strong>di</strong>gnitari, politici e antiquari francesi, benché esplicitamente critici e<br />

consapevoli dei <strong>di</strong>sagi <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o determinati non so<strong>lo</strong> dalla già ricordata <strong>di</strong>fficoltà a re<strong>di</strong>gere<br />

riproduzioni dal vero, ma anche dai continui spostamenti dei reperti rinvenuti.<br />

Il fascino mostrato all’estero per gli oggetti reperiti, in realtà, era parte <strong>di</strong> quell’interesse<br />

scientifico e, al tempo stesso, <strong>di</strong> profonda seduzione suscitati dal ritrovamento,<br />

per la prima volta, <strong>di</strong> ampi brani <strong>di</strong> città, <strong>di</strong>ssotterrati nella <strong>lo</strong>ro interezza del quoti<strong>di</strong>ano<br />

e immobilizzati, <strong>come</strong> in una lastra fotografica, nell’intimità della vita domestica<br />

bruscamente interrotta dal drammatico evento dell’eruzione. D’altra parte, l’unicità<br />

dell’evento ritrovato alimentava quella curiosità verso la scoperta dell’oggetto<br />

d’uso comune, che ne <strong>di</strong>latava il campo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o fino all’indagine <strong>di</strong>retta delle abitu<strong>di</strong>ni<br />

e dei costumi <strong>di</strong> civiltà del mondo antico, conosciute so<strong>lo</strong> attraverso il linguaggio<br />

colto e raffinato <strong>di</strong> resti e rovine <strong>di</strong> monumenti. L’aulica cultura del Me<strong>di</strong>terraneo,<br />

qui, infatti, interagiva con il quoti<strong>di</strong>ano, perdendo la sua aurea astrazione<br />

per prepararsi a esprimere con antiretorica comunicatività le complesse implicazioni<br />

culturali del seco<strong>lo</strong> successivo.<br />

Nel 1754, mentre si dava alle stampe il Cata<strong>lo</strong>go degli antichi monumenti <strong>di</strong>ssotterrati<br />

e si era iniziato a pensare alla pubblicazione dei primi volumi de Le Antichità, era<br />

stato ripreso anche il cantiere archeo<strong>lo</strong>gico <strong>di</strong> Pompei, sebbene, qui, il primo scavo<br />

fosse stato già avviato il 23 marzo 1748, quando si era ritenuto <strong>di</strong> aver in<strong>di</strong>viduato<br />

le tracce dell’antica Stabia, per poi essere subito interrotto.<br />

Pompei, dopo la lunga pausa dei lavori a vantaggio della vicina Ercolano, dove per<br />

procedere, però, si doveva «[…] rompere e portar via tutta la lava e la terra impietrita»,<br />

negli ultimi decenni del Settecento, si preparava a offuscare la risonanza <strong>di</strong> Ercolano<br />

all’estero 18 .<br />

Le costanti <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> procedere con i lavori <strong>di</strong> sbancamento del tenace spessore <strong>di</strong><br />

lava, <strong>come</strong> aveva preannunciato Winckelmann, infatti, contribuiranno non poco a<br />

rallentare il mito delle “antichità ercolanensi” fino a dare un impulso inaspettato a


Elena Manzo<br />

Pompei, che, giorno dopo giorno, offriva un repertorio documentario senza precedenti,<br />

rivelando usi e abitu<strong>di</strong>ni del quoti<strong>di</strong>ano, contrapponendo il privato al pubblico<br />

e affiancando semplici consuetu<strong>di</strong>ni dei citta<strong>di</strong>ni ai lussuosi costumi patrizi. Una preziosissima<br />

fonte <strong>di</strong> informazioni, dunque, che era rimasta pressoché ignota fino ad<br />

al<strong>lo</strong>ra -<strong>come</strong> sottolinerà Raoul-Rochette nel 1828- ma che stava <strong>di</strong>ventando con rapi<strong>di</strong>tà,<br />

la principale meta della tappa vesuviana del Grand Tour, grazie all’integrità<br />

delle sue case 19 .<br />

Nonostante ciò, fino agli ultimi decenni del XVIII seco<strong>lo</strong>, il va<strong>lo</strong>re delle architetture<br />

<strong>di</strong> Pompei e l’ampiezza della città fu, però, poco percepita dai francesi, se si pensa<br />

che il cantiere aveva ripreso i lavori da oltre un decennio, quando, nel 1765, l’astronomo<br />

francese Joseph-Jérôme Lefrançais de <strong>La</strong>lande scrive: «[…] questi scavi sono<br />

cominciati nel 1755, ma vi si è messa a lavorare poca gente e l’area scavata è poca<br />

cosa» e, nel 1776, François de Paule <strong>La</strong>tapie, <strong>di</strong>scepo<strong>lo</strong> <strong>di</strong> Montesquieu, si trova al<br />

cospetto <strong>di</strong> un sito ancora in gran parte coperto da «un terreno piantato <strong>di</strong> vigne sostenute<br />

da alti pioppi e seminato a lupini che qui servono per l’alimentazione dei<br />

buoi» 20 . Tuttavia, con maggiore consapevolezza critica, questi, considera «[…] che la<br />

grande causa <strong>di</strong> <strong>di</strong>struzione della parte superiore <strong>di</strong> tutte le case <strong>di</strong> Pompei è la coltivazione<br />

del terreno che le ricopre. I conta<strong>di</strong>ni […] hanno <strong>di</strong>strutto con la vanga e<br />

qualche volta con la zappa quanto hanno trovato delle costruzioni che facevano resistenza<br />

e si sono serviti in<br />

seguito delle pietre, sia per<br />

costruire delle case sia per<br />

separare le <strong>lo</strong>ro proprietà<br />

con muri a secco […].<br />

Senza tutto questo si ha<br />

l’impressione che la città <strong>di</strong><br />

Pompei sarebbe stata ritrovata<br />

in uno stato <strong>di</strong> perfetta<br />

conservazione» 21 .<br />

Se ana<strong>lo</strong>ghe considerazioni<br />

possono estendersi ai viag-<br />

8 C.O. Zeuthen, <strong>La</strong> corte principale<br />

del Museo Thorvaldsen, 1847,<br />

litografia acquerellata (da H.<br />

Raabyemagle, C.M. Smidt, cit.).<br />

229<br />

8


9<br />

230<br />

Verso il mito della me<strong>di</strong>terraneità<br />

giatori inglesi e d’Oltralpe, tema, per altro, ampiamente analizzato dalla storiografia, soprattutto<br />

per quanto concerne l’Ottocento e il Novecento, ben <strong>di</strong>verso è il rapporto artistico<br />

e intellettuale intercorso tra le <strong>di</strong>ssepolte città vesuviane e gli scan<strong>di</strong>navi 22 . <strong>La</strong> questione,<br />

infatti, è in gran parte da ridefinire non tanto per l’essenza della sua spinta propulsiva<br />

o per i presupposti culturali, ma piuttosto per l’ambito crono<strong>lo</strong>gico da anticipare<br />

<strong>di</strong> oltre un quarto <strong>di</strong> seco<strong>lo</strong>, specialmente per i Danesi, <strong>di</strong> cui va considerato <strong>lo</strong><br />

stretto legame culturale con la Francia del Settecento.<br />

Da un’indagine più dettagliata al riguardo, infatti, sono emersi primi dati che documentano<br />

<strong>come</strong>, a <strong>di</strong>spetto <strong>di</strong> quanto è stato finora asserito, già dalla seconda metà<br />

del Settecento siano sempre più numerosi co<strong>lo</strong>ro che vengono in Italia per compiere<br />

esperienze <strong>di</strong>rette con l’antico. Vale per tutti ad esempio il viaggio, ancora ine<strong>di</strong>to,<br />

compiuto da Christian Frederik Hansen, tra il 1783 e il 1784, quando, giovanissimo,<br />

vinse presso l’Accademia <strong>di</strong> Belle Arti <strong>di</strong> Copenhagen una Borsa <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o per recarsi<br />

in Italia. Questi, al rientro in patria, <strong>di</strong>venterà il protagonista in<strong>di</strong>scusso del Neoclassicismo<br />

danese 23 .<br />

Durante questi anni, con una rapi<strong>di</strong>tà sorprendente, le scoperte archeo<strong>lo</strong>giche napoletane<br />

entreranno a far parte <strong>di</strong> un vero e proprio lessico decorativo e troveranno la<br />

<strong>lo</strong>ro più completa applicazione sia nei registri parietali, sia negli arre<strong>di</strong> degli interni e<br />

negli oggetti d’uso non so<strong>lo</strong> <strong>di</strong> rappresentativi e<strong>di</strong>fici pubblici, ma anche delle case<br />

scan<strong>di</strong>nave, <strong>come</strong> <strong>di</strong>mostrano i numerosissimi <strong>di</strong>segni e taccuini <strong>di</strong> viaggio rinvenuti<br />

presso gli archivi danesi.<br />

Il passaggio a Pompei, ancor più degli impegnativi viaggi in Grecia, influenzerà in modo<br />

pregnante non so<strong>lo</strong> il nuovo orientamento del settore decorativo,<br />

ma piuttosto quel<strong>lo</strong> della produzione e l’intera<br />

cultura scan<strong>di</strong>nava, <strong>di</strong>ventando l’espressione del gusto della<br />

borghesia del primo Novecento, che non esiterà a conformare<br />

i propri ambienti interni al nuovo linguaggio. Ne<br />

sono un esempio i <strong>di</strong>segni <strong>di</strong> G.C. Hilker e Costantin<br />

Hansen per l’ingresso principale dell’Università <strong>di</strong> Copenhaghen<br />

(1840), gli schizzi acquarellati <strong>di</strong> G. Binde-<br />

9 H.E. Freud, Copenhagen, pannelli<br />

murari negli interni <strong>di</strong> Materialgåde<br />

sul Frederiksholms Kanal,<br />

1830-'35 (da H. Raabyemagle,<br />

C.M. Smidt, cit.).


Elena Manzo<br />

sbøll o <strong>di</strong> C.O. Zeuthenper il Museo Thorvaldsen, gli interni realizzati da C.F. Hardorff<br />

per il Palazzo reale <strong>di</strong> Fredensborg, ma anche alcuni ambienti domestici costruiti<br />

da H.E. Freund sul Frederiksholm Kanal della capitale o, in perfetto stile pompeiano,<br />

gli appartamenti decorati da Hilker per alcune case sulla Vestergade 24 .<br />

Dai primi decenni dell’Ottocento, in particolare, l’archeo<strong>lo</strong>gia si appropria delle caratterizzazioni<br />

del suo specifico <strong>di</strong>sciplinare, intensificando le campagne <strong>di</strong> scavi, ma<br />

offrirà all’architettura un più vasto repertorio da cui attingere nuovi modelli e tipi<br />

e<strong>di</strong>lizi. Pompei, più delle altre città <strong>di</strong>ssepolte, suggerisce infiniti spunti <strong>di</strong> ispirazione,<br />

<strong>di</strong> confronto e <strong>di</strong> esperienze, nonché offre la possibilità <strong>di</strong> partecipare personalmente<br />

alle campagne <strong>di</strong> scavi e, <strong>come</strong> si è detto in precedenza, <strong>di</strong>venta la fonte imprescin<strong>di</strong>bile<br />

nel <strong>di</strong>battito sulla policromia, iniziato intorno al 1820, alimentando gli stu<strong>di</strong><br />

sul co<strong>lo</strong>re dell’architettura antica, ma anche una nuova sensibilità co<strong>lo</strong>ristica e un<br />

nuovo modo <strong>di</strong> sentire il paesaggio 25 .<br />

Il rapporto tra arte, architettura e archeo<strong>lo</strong>gia <strong>di</strong>venta sempre più stretto: con sofisticate<br />

tecniche grafiche si rappresentano i capolavori stu<strong>di</strong>ati, pazientemente rilevati e ri<strong>di</strong>segnati<br />

ovvero reinterpretati con ve<strong>lo</strong>ci e raffinati schizzi. L’aulica sintassi della magnificenza<br />

<strong>di</strong> una Roma imperiale e la raffinata grammatica <strong>di</strong> Atene, così, cedono il passo<br />

al linguaggio intimo e domestico dalla domus vesuviana, in cui, presto, si rifletteranno<br />

le nuove <strong>di</strong>namiche culturali della me<strong>di</strong>terraneità. Qui, tra la moltitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> stimoli sollecitati<br />

dalle scoperte archeo<strong>lo</strong>giche vesuviane, agli Scan<strong>di</strong>navi sembra avere in<strong>di</strong>viduato<br />

un va<strong>lo</strong>re in più, poiché per <strong>lo</strong>ro, maggiormente che per i Francesi, «<strong>lo</strong> stu<strong>di</strong>o dell’abitazione<br />

non si compen<strong>di</strong>a in un problema <strong>di</strong> vocabolario tecnico, ma investe il problema<br />

della vita quoti<strong>di</strong>ana. <strong>La</strong> prima cosa che colpisce i<br />

visitatori sono le piccole <strong>di</strong>mensioni degli al<strong>lo</strong>ggi […].<br />

Un’altra caratteristica lascia sorpresi […] cioè la mancanza<br />

del confort», ma sono soprattutto i brillanti contrasti cromatici<br />

degli affreschi, la <strong>di</strong>sposizione degli ambienti interni<br />

alla casa e il ricorrente uso del cortile interno a sollecitare<br />

stu<strong>di</strong> architettonici fino al<strong>lo</strong>ra ine<strong>di</strong>ti 26 .<br />

Tuttavia, dopo la seconda metà dell’Ottocento e, in par-<br />

10 G.C. Hilker, Copenhaghen. Decorazioni<br />

pompeiane in un appartamento<br />

sulla Vestergade (da H.<br />

Raabyemagle, C.M. Smidt, cit.).<br />

231<br />

10


232<br />

ticolare dal 1864, anno in cui Thomas Cook organizza il primo viaggio collettivo in<br />

Italia e quel<strong>lo</strong> in<strong>di</strong>viduale, “compiuto da una stretta elité è affiancato è ufficialmente affiancato<br />

dal turismo organizzato, con<strong>di</strong>viso da larghi strati della borghesia”, Pompei entra<br />

in un nuovo <strong>di</strong>fferente circuito <strong>di</strong> visitatori, già alimentato dalla fermata ferroviaria<br />

“Pompei Scavi” <strong>di</strong> epoca borbonica, ma incrementato nel 1884 dalla <strong>di</strong>ramazione al<br />

Santuario e, infine, dalla Stazione della Circumvesuviana, costruita nel 1905.<br />

BIBLIOTECA UNIVERSITARIA DI GENOVA<br />

Verso il mito della me<strong>di</strong>terraneità<br />

193. COCHIN, Charles Nicolas (Parigi 1715 - 1790)<br />

Observations sur les antiquités d’Herculanum; avec quelques réflexions sur la peinture & la sculpture<br />

des anciens; & une courte description de plusieurs antiquités des environs de Naples. Par<br />

MM. Cochin & Bellicard. Second é<strong>di</strong>tion.<br />

A Paris, chez Ch. Ant. Jombert, 1757.<br />

XXXXI, 84 p., 4 0 tav. [ma 41], 8°.<br />

<strong>La</strong> tav. 29 è numerata due volte . Alcune tav. sono firmate: Bellicard fec. Altre ill. sono <strong>di</strong> N. Cochin.<br />

De<strong>di</strong>ca al marchese <strong>di</strong> Marigny; Avertissement; Recherches historiques sur Herculaneum; Table de sections<br />

et de articles. Privilège du roi.<br />

Durante un via ggio in Italia nel 1749-51 a seguito del giovane marchese de Marigny, fratel<strong>lo</strong> <strong>di</strong><br />

madame Pompadour, Charles N icolas Cochin, maestro <strong>di</strong> <strong>di</strong>segno alla corte parigina e conservatore<br />

del Gabinetto dei <strong>di</strong>segni e delle stampe del re, poté osservare da vicino i ritrovamenti <strong>di</strong><br />

Ercolano. Tornato in Francia, ne trasse materia per alcune pubblicazioni, fra cui quest e Observations.<br />

Uscito nel 1755 con un <strong>di</strong>screto corredo <strong>di</strong> tavole , questo libretto fu il primo a <strong>di</strong>ffondere<br />

immagini d elle antichità ercolanesi, <strong>di</strong>segnate ‘a memori a’ dai due autori a causa de i <strong>di</strong>vieti imposti<br />

dalle autorità borboniche. L’opera è articolata in tre parti. Nella prima parte ( preceduta da<br />

una prefazione sulla storia <strong>di</strong> Ercolano e da una descrizione naturalistica del Vesuvio ) sono illustrati<br />

alcuni reperti ercolanesi conservati nel palazzo reale <strong>di</strong> Portici ; la seconda parte è costituita<br />

da una <strong>di</strong>ssertazione su alcune scult u re e pitture parietali ercolanesi; la terza parte infine contiene<br />

la descrizione <strong>di</strong> altri siti archeo<strong>lo</strong>gici campani (Napoli, Pozzuoli, Baia, Cuma e Capua). <strong>La</strong><br />

prima e la terza parte e la relazione introduttiva sul Vesuvio sono dell’architetto Bellicard, così<br />

<strong>come</strong> i <strong>di</strong>segni delle piante degli e<strong>di</strong>fici e degli elementi architettonici antichi; le tavole con le pitture<br />

parietali, non firmate, sono invece d el Cochin.<br />

Graesse II, 206; Books on art p. 91; BMC 40, col. 1161 ; NUC 45, p.226


Elena Manzo<br />

Nota <strong>di</strong> possesso ms. nel v. del piatto ant.: Di Giovanni e Francesco Carrega. Picco<strong>lo</strong> timbro a olio<br />

con stemma papale nel front . Timbro ovale: Biblioteca della R.a Università <strong>di</strong> Genova nel v. del<br />

front.<br />

2 A VI bis 24 CATALOGHI: OD., BOTTO, CAT.1854<br />

242. GORI, Anton Francesco<br />

Admiranda antiquitatum Herculanensium descripta et illustrata ad annum MDCCL. Collegit et<br />

praefationem adjecit Antonius Franciscus Gorius. Tomus primus (-secundus).<br />

Patavii, s. t., 1752.<br />

2 vol., 3 tav., 8°.<br />

I vol.: [4], XVIII, 139 p.; II vol.: [2], XX, 203, [1] p.. Tav. f.te: Marco Tuscher (paesaggio vesuviano);<br />

V. Franceschini sculp. (statua equestre <strong>di</strong> M.N. Balbo ) e B.R . (pitture ercolanesi).<br />

I t.: Index opuscu<strong>lo</strong>rum; Praefatio; II t.: De<strong>di</strong>ca al march. Luigi Pindemonte; Prefazione <strong>di</strong> Anton<br />

Grancesco Gori.<br />

Raccolta <strong>di</strong> comunicazioni scientifiche in forma <strong>di</strong> epistolare sugli scavi <strong>di</strong> Ercolano. Scoperta nel<br />

1711 e scavata in maniera più sistematica dal 1738, la zona archeo<strong>lo</strong>gica ercolanense non era liberamente<br />

accessibile e per <strong>di</strong>sposizione <strong>di</strong> Car<strong>lo</strong> III <strong>di</strong> Borbone la riproduzione del materiale <strong>di</strong><br />

scavo era proibita (i reperti archeo<strong>lo</strong>gici saranno resi noti ufficialmente so<strong>lo</strong> a partire dal 1757,<br />

con la pubblicazione dei volumi dell’Accademia Ercolanense). Francesco Gori fu tra i primi a sfidare<br />

il protezionismo borbonico pubblicando le relazioni inviategli dai pochi stu<strong>di</strong>osi che avevano<br />

potuto visitare gli scavi . Questi due tomi <strong>di</strong> epistole eru<strong>di</strong>te furono preceduti da una prima ana<strong>lo</strong>ga<br />

raccolta nel 1748 ( Notizie del memorabile scoprimento dell’antica città <strong>di</strong> Ercolano vicino<br />

a Napoli, del suo famoso teatro, ... avute per lettera da vari celebri letterati ). Il secondo tomo<br />

contiene la traduzione <strong>di</strong> una relazione del Marchese de l’Ospital (Notizie intorno alla città sotterranea<br />

Ercolano e suoi monumenti antichi ...) uscita in Francia qualche tempo prima e una anonima<br />

relazione sulle pitture (Lettera sopra le pitture d’ Ercolano ... Bruxelles 20 genn. 1751), corredata d<br />

a una incisione con gli esemplari pittorici più noti.<br />

Books on art p. 704; BMC 89, col. 277<br />

Nota <strong>di</strong> poss. ms. nel v. piatto ant. del II vol.: Giovanni e Francesco Carrega. Libri due. Timbro<br />

ovale: Biblioteca della R.a Università <strong>di</strong> Genova nel v. del front.<br />

2 R VII 10-11 CATALOGHI: OD., BOTTO, CAT.1854<br />

233


234<br />

Note<br />

1 Lettera del Signor Marchese Scipione Maffei sopra le Antichità <strong>di</strong> Ercolano al M.R. Padre Bernardo<br />

De Rubeis domenicano MDCCLVII, in Margini ercolanesi. Scelta <strong>di</strong> testi e documenti ercolanesi,<br />

a cura <strong>di</strong> M. CAPASSO, Erasmo E<strong>di</strong>zioni Lubrensi , Massa Lubrense 1984. Sul carteggio tra Tanucci<br />

e Galiani cfr. B. TANUCCI, Lettere a Fer<strong>di</strong>nando Galiani, prefazione e note <strong>di</strong> F. Nicolini,<br />

<strong>La</strong>terza, Bari 1914. In particolare, per quanto attiene la lettera citata, cfr. F. TRINCHERA, Lettera<br />

ine<strong>di</strong>ta dell’abate Galiani sul terzo tomo delle antichità ercolanensi, in “Giornale degli scavi<br />

<strong>di</strong> Pompei”, Stamperia della R. Università, Napoli 1861, pp. 107-109.<br />

2 Lettera del Signor Marchese…, op. cit., p. 15.<br />

3 Tra la copiosa letteratura sull’argomento si segnalano i saggi C. LENZA, <strong>La</strong> cultura architettonica<br />

e le antichità scavi, rilievi, e<strong>di</strong>toria antiquaria e <strong>di</strong>battito teorico, estratto anticipato da A. GAM-<br />

BARDELLA, a cura <strong>di</strong>, L’architettura dei Borbone <strong>di</strong> Napoli e Sicilia, E<strong>di</strong>zioni Scientifiche Italiane,<br />

Napoli 2000, ove ampia bibliografia; inoltre, Id., Stu<strong>di</strong>o dell’antico e internazionalismo neoclassico:<br />

l’attività <strong>di</strong> Francesco <strong>La</strong> Vega nei cantieri vesuviani e la fortuna dei <strong>di</strong>segni, E<strong>di</strong>zioni scientifiche<br />

italiane, Napoli 2003; U. PAPPALARDO, Archeo<strong>lo</strong>gia Pompeiana, L’Orientale E<strong>di</strong>trice, Napoli<br />

2007; Pompei e il Vesuvio: scienza, conoscenza ed esperienza, Cangemi, Roma 2010. Per un<br />

più ampio quadro <strong>di</strong> riferimento bibliografico si rimanda a L. GARCIA Y GARCIA, Nuova Bibliotheca<br />

Pompeiana. 250 anni <strong>di</strong> bibliografia archeo<strong>lo</strong>gica. Cata<strong>lo</strong>go dei libri e degli scritti riguardante<br />

la storia, l’arte e gli scavi <strong>di</strong> Pompei, Ercolano, Stabia ed Op<strong>lo</strong>nti con numerose referenze<br />

per l’eruzione vesuviana del 79 d. C., i papiri ercolanensi, le raccolte del Museo Nazionale <strong>di</strong> Napol<br />

ie per i libri dei Viaggiatori in Campania. Ad uso degli stu<strong>di</strong>osi, degli amatori, dei collezionisti<br />

e dei librari, Roma 1998.<br />

4 Per un riferimento bibliografico ragionato specifico su Pompei, si rimanda a Pompei, Ercolano,<br />

Stabiae, Op<strong>lo</strong>ntis. 79-1979, cata<strong>lo</strong>go della Mostra Bibliografica (Napoli, Biblioteca Universitaria,<br />

1979), Biblioteca Universitaria, Napoli 1984. Cfr. anche Il Vesuvio e le città vesuviane 1730-<br />

1860. In ricordo <strong>di</strong> Georges Vallet, Atti del convegno/Napoli, Istituto Suor Orsola Benincasa,<br />

28-30 marzo 1996), CUEN, Napoli 1998.<br />

5 Cfr. V. TROMBETTA, L’e<strong>di</strong>zione delle Antichità <strong>di</strong> Ercolano esposte, “Ren<strong>di</strong>conti dell’Accademia <strong>di</strong><br />

Archeo<strong>lo</strong>gia Lettere e Belle Arti <strong>di</strong> Napoli”, a. 1984, vol. LIX, pp. 151-172.<br />

6 C. LENZA, <strong>La</strong> cultura…, op. cit.<br />

Verso il mito della me<strong>di</strong>terraneità<br />

7 Lettera sulle scoperte <strong>di</strong> Ercolano al Sign. Conte Enrico <strong>di</strong> Brühl, (Dresda, 1762), ora in J.J.


Elena Manzo<br />

WINCKELMANN, Le scoperte <strong>di</strong> Ercolano, con nota introduttiva e appen<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> Franco Strazzul<strong>lo</strong>,<br />

Liguori, Napoli 1981, p.80. cfr. anche P. PANZA, Antichità e restauro nell’Italia del Settecento,<br />

con presentazione <strong>di</strong> Marco Dezzi Bardeschi, Franco Angeli, Milano 1990.<br />

8 Ibidem.<br />

9 Sul Grand Tour cfr. C. DE SETA, L’Italia nel<strong>lo</strong> specchio del “Grand Tour”, in “Storia d’Italia. Annali”,<br />

Il Paesaggio, a cura <strong>di</strong> Cesare de Seta, Einau<strong>di</strong>, Torino 1982, V,pp. 227-253; Id., Grand<br />

Tour. Viaggi narrati e <strong>di</strong>pinti, a cura <strong>di</strong> Cesare de Seta, atti del convegno (Roma 1997), Electa,<br />

Napoli 2001. Inoltre si cfr. l’ine<strong>di</strong>ta prospettiva critica <strong>di</strong> lettura F. MANGONE, L’architetto <strong>come</strong><br />

turista. Mete e miti della provincia napoletana nella formazione dei progettisti europei, 1815-1914,<br />

in C. DE SETA, A. BUCCARO, a cura <strong>di</strong>, I centri storici della provincia <strong>di</strong> Napoli. Struttura, forma,<br />

identità <strong>urbana</strong>, ESI, Napoli 2009, pp. 61-89.<br />

10 F. TRINCHERA, Lettere…, op. cit., p.108.<br />

11 P. L. CIAPPARELLI, Dalla documentazione al progetto: l’architettura neopompeiana a Napoli, in F.<br />

MANGONE, a cura <strong>di</strong>, Architettura e arti applicate tra teoria e progetto. <strong>La</strong> storia, gli stili, il quoti<strong>di</strong>ano.<br />

1850-1914, Electa, Napoli 2005, pp. 122-133.<br />

12 Cfr. F. BOLOGNA, <strong>La</strong> riscoperta <strong>di</strong> Ercolano e la cultura artistica del Settecento europeo, in Le Antichità<br />

<strong>di</strong> Ercolano, e<strong>di</strong>zioni Banco <strong>di</strong> Napoli, Napoli 1987, pp. 83-105. Sul giu<strong>di</strong>zio del prestigioso<br />

scrittore Sainte-Beuve nei confronti della profonda conoscenza dei Francesi da parte<br />

dell’abate Galiani cfr. SAINTE-BEUVE, Causeries du Lun<strong>di</strong>, Garnier Freses, Paris 1857-1870, III,<br />

p. 436-442.<br />

13 Cfr. il numero monografico “Parametro”, Pompei e l’architettura contemporanea, a cura <strong>di</strong> FA-<br />

BIO MANGONE e MASSIMILIANO SAVORRA, n. 261, a. XXXVI, genn.-febbr. 2006.<br />

14 Per l’epistolario <strong>di</strong> De Brosses si rimanda all’e<strong>di</strong>zione C. DE BROSSES, Viaggio in Italia. Lettere<br />

familiari, prefazione <strong>di</strong> Car<strong>lo</strong> Levi, <strong>La</strong>terza 1973. Inoltre, H. WALPOLE, Lettres d’Horace Walpole,<br />

depuis Comte d’Orford, a Georges Montagu, ... depuis l’annee 1736 jusqu’en 1770…., Louis<br />

Janet, Paris 1818; cfr. anche H. WALPOLE, Horace Walpole’s miscellaneous correspondence, a cura<br />

<strong>di</strong> W. S. LEWIS e JOHN RIELY, Oxford University Press, Oxford 1980.<br />

15 Tra la vasta e articolata letteratura sul gusto classicista inglese e il legamen con Pompei cfr. il<br />

saggio J. WILTON-ELY, Pompeian Revival, ad vocem, in The Dictionary of Art, a cura <strong>di</strong> J. TUR-<br />

NER, London 1996, pp. 1991-194, con riferimenti bibliografici; F. SALOMON, British Architects,<br />

Italian Fine Arts Academies and the Foundation of the RIBA. 1816-43, in “Architectural History”,<br />

1996, vol. 39, pp. 77-113. Per quanto attiene il <strong>di</strong>battito sulla policromia, cfr. D. VAN ZAN-<br />

235


236<br />

TEN, Architectural polycromy: life in architecture, in R. MIDDLETON, a cura <strong>di</strong>, The Beaux-Arts<br />

tra<strong>di</strong>tion and nineteenth-century French architecture, London 1982, pp. 196-215.<br />

16 Pompei e gli architetti francesi dell’Ottocento, cata<strong>lo</strong>go della mostra (Parigi, genn.-marzo 1981;<br />

Napoli-Pompei, apr.-lugl. 1981), Ècole nationale supérieure des Beaux-Arts e Ècole française de<br />

Rome, Napoli 1981, pp. 3-53.<br />

17 C. N. COCHIN, Charles Nicolas, Observations sur les antiquités d’Herculanum; avec quelques réflexions<br />

sur la peinture & la sculpture des anciens; & une courte description de plusieurs antiquités des environs de<br />

Naples. Par MM. Cochin & Bellicard. Second é<strong>di</strong>tion, per Ch. Ant. Jombert, Paris 1757.<br />

18 Lettera sulle scoperte <strong>di</strong> Ercolano…, op. cit.<br />

19 Raoul-Rochette, I, p.1; ve<strong>di</strong> anche Pompei e gli architetti francesi dell’Ottocento, Napoli-Pompei 1981.<br />

20 J.-J. LALANDE, Voyage d’un Française en Italie, fait das les années 1765 et 1766, VII, Venezia<br />

1769, p. 207. F. P. LATAPIE, Description des fouilles de Pompeii (a. 1776), a cura <strong>di</strong> PIERRE BAR-<br />

RIÈRE e AMEDEO MAIURI, “Ren<strong>di</strong>conti della Accademia <strong>di</strong> Archeo<strong>lo</strong>gia Lettere e Belle Arti”,<br />

Napoli, 1953, vol. XXVIII, pp. 233-234.<br />

21 Ibidem.<br />

22 Sui viaggiatori d’Oltralpe tra Ottocento e Novecento, cfr. M. GIUFFRÈ, P. BERBERA, G. CIAN-<br />

CIOLO COSENTINO, The Age of Schinkel and the age of Neoclassicism between Palermo and Berlin,<br />

atti del convegno internazionale (Palermo, 17-19 giugno 2004), Biblioteca del Cenide, Cannitel<strong>lo</strong><br />

2006. In particolare, per i Tedeschi cfr. G. CUSATELLI, a cura <strong>di</strong>, I tedeschi e l’Italia,<br />

Scheiweiller, Milano 1996; A. MAGLIO, L’Arca<strong>di</strong>a è una terra straniera. Gli architetti tedeschi e<br />

il mito dell’Italia nell’Ottocento, Clean e<strong>di</strong>zioni, Napoli 2009. Sui viaggiatori scan<strong>di</strong>navi il riferimento<br />

è F. MANGONE, Viaggi a sud. Gli architetti nor<strong>di</strong>ci e l’Italia, Electa, Napoli 2002.<br />

23 E. MANZO, <strong>La</strong> trasmissione del model<strong>lo</strong>. <strong>La</strong> Danimarca in età moderna, in G. PIGAFETTA, Storia<br />

dell’architettura moderna. Imitazione e invenzione fra XV e XX seco<strong>lo</strong>, Bollati Boringhieri, Torino<br />

2007, vol. I, pp. 395-408.<br />

24 H. RAABYEMAGLE, C.M. SMIDT, Classicism in Copenhagen. Architecture in the Age of C.F. Han-<br />

sen, Gyldendal, Copenhagen 1999.<br />

25 F. MANGONE, Viaggio…., op. cit.<br />

26 Pompei e gli architetti… cit., p. 96.<br />

Verso il mito della me<strong>di</strong>terraneità

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