Chiara Stefani - Università di Roma "Tor Vergata"

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294 Chiara Stefani artista restituiscono la maestosità della sua facciata, affiancata dal vecchio campanile, e la profondità del suo interno a cinque navate che alcuni decenni più tardi sarebbe rimasto – per quanto in rovina – il solo punto di vista possibile per vari incisori. L’aspetto dell’antico campanile trecentesco e quello della facciata – con il rosone nel timpano, gli inserti musivi e il portico eretto nel 1725 su disegno di Antonio Canevari e Matteo Sassi sotto il pontificato di Benedetto XIII Orsini –, sono visibili anche in un’incisione che rielabora forse un’acquaforte di Jean Barbault (figura 10). In quanto eloquente documento di una “assenza”, ad essa va associata una stampa di Giacomo Bossi che riproduce nel dettaglio il perduto mosaico della facciata (figura 11) 14 . Come appare in Figura 10. Anonimo (da Jean Barbault), Basilica di San Paolo. 14 Per quanto riguarda invece il mosaico recuperato e restaurato, quello cioè dell’arco di Galla Placidia, rimando a L. BIANCINI, Mosaicisti, ferracocchi o sanpietrini? Note al restauro della basilica di San Paolo fuori le Mura dopo il fatale incendio del 1823, in Le fonti, le procedure, le storie: raccolta di studi della Biblioteca, Roma, Biblioteca Nazionale, 1993, pp. 65-81. Sui mosaicisti si veda inoltre S. BUTTÒ, I Raffaelli, mosaicisti romani fra Sette e Ottocento, ibidem, pp. 47-62 e R. VALERIANI, L’inventario del 1836 di Giacomo Raffaelli, «Antologia di Belle Arti. Il Neoclassicismo», 43-47, 1994, pp. 71-87. Ringrazio la dottoressa L. Biancini per avermi messo a disposizione questi testi.
Monumenti e documenti. Un’indagine sulla zona ostiense tra XVIII e XIX secolo 295 Figura 11. G. Bossi, Musivum. in. facie. exteriori. basil. S. Pauli. una veduta di Pietro Ruga (figura 12), esso era ancora in situ in quel fatidico 1823, quando l’ingresso della basilica era delimitato da un muro, con porta laterale, e lo spazio antistante il portico era pavimentato. Volendo entrare virtualmente 15 nell’antica San Paolo ci si accorgerà, grazie a una stampa di Vincenzo Feoli (figura 13), che la navata maggiore – oltre a una pavimentazione diversa da quella attuale 16 – presentava, al di sopra della serie 15 Mi accorgo, nell’uso di questo avverbio, di alludere, forse non a caso, alle possibilità introdotte dalle tecnologie informatiche. La storia di San Paolo fuori le Mura, la cui costruzione e riedificazione si è estesa su un arco temporale di millenni, si presterebbe ad essere visualizzata grazie a un CD-Rom, o meglio a un DVD, in cui il percorso appunto “virtuale” della basilica consentirebbe – posizionando il mouse sulle colonne, i rivestimenti marmorei, gli arredi… – di conoscere in dettaglio l’oggetto prescelto, nonché di essere informati sul preesistente allestimento di quello specifico campo. Lo stato della basilica potrebbe inoltre venire agevolmente rappresentato attraverso finestre con ricostruzioni in scala dell’edificio, nelle sue diverse fasi di elaborazione, in modo da dare un’idea dello sviluppo diacronico del monumento. Il momento dell’incendio, noto attraverso incisioni che visualizzano l’episodio su un piano necessariamente bidimensionale, potrebbe invece essere rievocato con l’ausilio di una terza dimensione, a cui si accompagnerebbe l’elemento acustico. Inoltre, i progetti non realizzati per la ricostruzione della basilica potrebbero anch’essi trovare una realizzazione virtuale. 16 Sul pavimento, composto da frammenti marmorei ed epigrafi pagane e cristiane, si legga quanto afferma N.M. NICOLAI, cit., p. 306: “Piccoli frammenti irregolari di marmi, lapidi, e sarcofagi tolti dai cemeterj cristiani, e dai sepolcri gentili formano il pavimento delle cinque navi. […] Che poi questo pavimento sia l’antico io non posso crederlo […]. Io credo che in origine fosse regolare, e lavorato a piccoli pezzi di marmi siccome veggonsi quelli delle più antiche chiese, e come una parte della nave traversa è lastricata, in somma io oso congetturare che fosse a mosaico, e che rovinato nei tempi susseguenti, la barbarie in cui allora si era non permise di risarcirlo al modo antico; ma ne fece uno come meglio seppe ideare, devastando e profanando i sepolcri”. Come mi ha gentilmente fatto notare il professor G. Filippi, che qui ringrazio, si capisce quale dovesse risultare l’aspetto del pavimento prima dell’incendio, guardando il dipin-
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