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Chiara Stefani - Università di Roma "Tor Vergata"

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<strong>Chiara</strong> <strong>Stefani</strong><br />

MONUMENTI E DOCUMENTI. UN’INDAGINE SULLA ZONA<br />

OSTIENSE TRA XVIII E XIX SECOLO<br />

La presente <strong>di</strong>samina è basata su un lavoro in fieri, effettuato a partire da<br />

un’indagine sul materiale grafico delle maggiori raccolte pubbliche romane<br />

che consenta <strong>di</strong> visualizzare l’aspetto della zona Ostiense tra XVIII e XIX secolo.<br />

In<strong>di</strong>viduata l’esistenza dei documenti figurativi <strong>di</strong> maggior interesse<br />

storico-artistico al Museo <strong>di</strong> <strong>Roma</strong>, all’Istituto Nazionale per la Grafica –<br />

nelle sue due se<strong>di</strong> della Calcografia e del Gabinetto delle stampe della Farnesina<br />

–, alla Fondazione Marco Besso, alla Biblioteca Nazionale Centrale, all’Archivio<br />

<strong>di</strong> San Paolo fuori le Mura e alla Biblioteca <strong>di</strong> Archeologia e Storia<br />

dell’Arte <strong>di</strong> Palazzo Venezia, si è approntato un data-base al fine <strong>di</strong> catalogare<br />

il materiale censito 1 . Condotta parallelamente a uno spoglio della periegesi<br />

esistente su <strong>Roma</strong>, pubblicata nello stesso arco cronologico, la ricerca<br />

ha messo in luce l’esistenza <strong>di</strong> due emergenze monumentali che hanno calamitato<br />

l’attenzione degli artisti – siano stati essi <strong>di</strong>segnatori, incisori o litografi<br />

–, al punto da eclissare qualsiasi altra veduta della zona Ostiense. Mi riferisco<br />

alla piramide <strong>di</strong> Caio Cestio, spesso associata alla vicina Porta San<br />

Paolo nonché al limitrofo cimitero degli Acattolici, e alla Basilica Ostiense 2 .<br />

1 Nella costituzione del data-base sono stati presi a modello alcuni campi delle schede<br />

“S-MI” e “F” approntate dall’ICCD (Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione)<br />

del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali. Tale data-base si adatta alle esigenze <strong>di</strong> un<br />

lavoro <strong>di</strong> reperimento <strong>di</strong> documenti visivi connesso al progetto dell’atlante storico ambientale<br />

<strong>di</strong> <strong>Roma</strong> tra XVIII e XIX secolo, e include un campo relativo all’eventuale possesso, da<br />

parte del CROMA, delle immagini censite. Sarà così possibile la costituzione <strong>di</strong> un archivio<br />

fotografico delle immagini acquisite, la cui riproduzione non potrà prescindere – qualora si<br />

utilizzino i materiali raccolti per delle pubblicazioni – dal rispetto dei <strong>di</strong>ritti <strong>di</strong> copyright,<br />

anch’essi registrati in un campo specifico del data-base. Ringrazio la dottoressa Keti Lelo<br />

per aver messo a punto questo data-base, fornendomi un aiuto non meramente tecnico.<br />

2 O. FALCONIERI, Discorso intorno alla Piramide <strong>di</strong> C. Cestio; & alle Pitture che sono in essa,<br />

con alcune Annotazioni sopra un’Iscrizione antica appartenente alla medesima, in <strong>Roma</strong><br />

Antica <strong>di</strong> Famiano Nar<strong>di</strong>ni alla Santità <strong>di</strong> N. S. Alessandro VII, In <strong>Roma</strong>, Per il Falco, 1665 (a<br />

cui fecero seguito le e<strong>di</strong>zioni del 1666, 1704 e 1771); M.P. PIERMATTEI, La sistemazione della<br />

zona limitrofa alla piramide <strong>di</strong> Caio Cestio, «Capitolium», VI, 1930, pp. 292-301; F. SANGUI-<br />

NETTI, La Piramide <strong>di</strong> Caio Cestio e il suo restauro, «Palla<strong>di</strong>o», 11, 1961, pp. 165-170; M. FA-<br />

GIOLO DELL’ARCO, La religiosa trasmutatione della Piramide <strong>di</strong> Caio Cestio, «Arte Illustrata»,<br />

49, 1972, pp. 210-217; The Protestant Cemetery in Rome. The “Parte Antica”, e<strong>di</strong>ted by A.<br />

MENNITI IPPOLITO-P. VIAN, <strong>Roma</strong>, 1989; A. CAMBEDDA, Gli affreschi della Porta <strong>di</strong> San Paolo,


286 <strong>Chiara</strong> <strong>Stefani</strong><br />

Questi due monumenti che, per le loro <strong>di</strong>mensioni, hanno avuto senza dubbio<br />

un rilevante impatto visivo nel contesto della topografia urbana extra<br />

moenia, assumono un alto valore simbolico anche in virtù della loro esclusività<br />

rispetto ad altri e<strong>di</strong>fici della zona Ostiense – quali il complesso <strong>di</strong> San<br />

Paolo alle Tre Fontane 3 , o la chiesa <strong>di</strong> Santa Passera 4 , che andranno quin<strong>di</strong><br />

considerate come significative “assenze” nel contesto <strong>di</strong> questa indagine –,<br />

esemplificando quella compresenza <strong>di</strong> antico e moderno che caratterizza in<br />

modo singolare e <strong>di</strong>alettico lo sviluppo della città <strong>di</strong> <strong>Roma</strong>.<br />

Sfogliando il vasto repertorio de<strong>di</strong>cato a Le piante <strong>di</strong> <strong>Roma</strong>, a cura <strong>di</strong><br />

Amato Pietro Frutaz, non è <strong>di</strong>fficile rendersi conto <strong>di</strong> quanto la piramide Cestia<br />

abbia marcato la topografia dell’Urbe, imponendosi fin dal XIV secolo<br />

fra i monumenti emergenti entro la cerchia delle mura aureliane e al contempo<br />

quale motivo <strong>di</strong> stacco, insieme alla contigua Porta San Paolo, tra l’interno<br />

e l’esterno della città. Non è un caso che traccia <strong>di</strong> questo binomio permanga<br />

nelle denominazioni toponomastiche presenti nella pianta ideata da<br />

fra Paolino da Venezia e inserita nel suo Compen<strong>di</strong>um, noto anche quale<br />

Chronologia Magna, terminato nel 1320: qui si legge infatti che la Porta Ca-<br />

«Bollettino dei Musei Comunali <strong>di</strong> <strong>Roma</strong>», II, 1988, pp. 127-134. Il volume dal titolo San Paolo<br />

fuori le Mura a <strong>Roma</strong>, a cura <strong>di</strong> C. PietrangelI, Firenze, 1988, riunisce in modo esaustivo tutta<br />

la bibliografia <strong>di</strong>sponibile, <strong>di</strong>visa per perio<strong>di</strong> e relativa a ogni capitolo. Pertanto, i testi che<br />

verranno successivamente in<strong>di</strong>cati riguardano le citazioni fatte o argomenti specifici in essi<br />

trattati. Dopo il volume a cura <strong>di</strong> C. Pietrangeli si veda E. PALLOTTINO, La nuova architettura<br />

paleocristiana nella ricostruzione della basilica <strong>di</strong> San Paolo fuori le Mura a <strong>Roma</strong> (1823-<br />

1847), «Ricerche <strong>di</strong> Storia dell’Arte», 56, 1995, pp. 19-29; A.-L. PASTORINO, I restauri delle<br />

chiese ad impianto basilicale a <strong>Roma</strong> durante il pontificato <strong>di</strong> Pio IX, ibidem, pp. 61-72 e E.<br />

PALLOTTINO, Architettura e archeologia intorno alle basiliche <strong>di</strong> <strong>Roma</strong> e alla ricostruzione <strong>di</strong><br />

San Paolo f.l.m., in <strong>Roma</strong> fra la Restaurazione e l’elezione <strong>di</strong> Pio IX. Amministrazione, Economia,<br />

Società e Cultura, a cura <strong>di</strong> A.L. Bonella, A. Pompeo, M.I. Venzo, <strong>Roma</strong>-Freiburg-Wien,<br />

Herder, 1997, pp. 329-347. Resta comunque fondamentale, per qualsiasi indagine sulla basilica<br />

<strong>di</strong> San Paolo, R. KRAUTHEIMER-A.K. FRAZER, Corpus Basilicarum Christianarum <strong>Roma</strong>e. Le basiliche<br />

paleocristiane <strong>di</strong> <strong>Roma</strong> (IV-IX sec.), V, Città del Vaticano, 1980, pp. 97-169.<br />

3 G. MULAZZANI, L’abbazia delle Tre Fontane, Milano, 1988; M. MIHALYI, I cistercensi a<br />

<strong>Roma</strong> e la decorazione pittorica dell’ala dei monaci nell’abbazia delle Tre Fontane, «Arte<br />

Me<strong>di</strong>evale», V, 1, 1991, pp. 155-189; “Ratio fecit <strong>di</strong>versum”. San Bernardo e le Arti, atti<br />

del congresso internazionale (<strong>Roma</strong>, 27-29 maggio 1991) a cura <strong>di</strong> A.M. <strong>Roma</strong>nini, «Arte<br />

Me<strong>di</strong>evale», VIII, 1, 1, 1994. Per un caso <strong>di</strong> significativa “assenza” all’interno dell’abbazia<br />

delle Tre Fontane si veda anche C. STEFANI, Considerazioni intorno al viaggio del Cavalier<br />

d’Arpino a Venezia, «Paragone», LI, 29 (599), gennaio 2000, pp. 67-77, con bibliografia generale<br />

sull’abbazia alla nota 25.<br />

4 L. CAVAZZI, Santa Passera sulla via Portuense, «Miscellanea <strong>di</strong> Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Storia e Cultura<br />

Ecclesiastica», 2, 1907, pp. 113-140; C. SALVETTI BATELLI-M. VACCA, Il complesso monumentale<br />

e le pitture. Rilievi e planimetrie, <strong>Roma</strong>, Comune XV Circoscrizione, 1984; S. MA-<br />

NACORDA, La chiesa <strong>di</strong> Santa Passera a <strong>Roma</strong> e la sua decorazione pittorica me<strong>di</strong>evale,<br />

«Bollettino d’arte», 88, 1994, pp. 35-58; C. SALVETTI, La chiesa <strong>di</strong> Santa Passera. Una tomba<br />

<strong>di</strong> età imperiale trasformata in e<strong>di</strong>ficio <strong>di</strong> culto cristiano, «Forma Urbis», 7/8, 1997, pp.<br />

22-27.


Monumenti e documenti. Un’indagine sulla zona ostiense tra XVIII e XIX secolo 287<br />

pena vel Sancti Pauli si trovava iuxta sepulcrum Remi, accanto cioè alla piramide<br />

Cestia, ritenuta la tomba <strong>di</strong> Remo, la cui cuspide <strong>di</strong> lì a otto anni sarebbe<br />

stata circoscritta – insieme a una sintesi dei monumenti <strong>di</strong> <strong>Roma</strong> – entro<br />

il <strong>di</strong>ametro <strong>di</strong> 5 cm della bolla d’oro dei <strong>di</strong>plomi <strong>di</strong> Ludovico il Bavaro 5 .<br />

Probabilmente in virtù anche <strong>di</strong> questo legame profondo con la leggendaria<br />

fondazione della città, la piramide non viene <strong>di</strong>menticata nelle rappresentazioni<br />

ad affresco che compen<strong>di</strong>ano la pianta dell’Urbe: forse confusa con la<br />

Meta Romuli, essa appare nella scena della partenza da <strong>Roma</strong> per Milano <strong>di</strong><br />

sant’Agostino, nel coro della chiesa omonima a San Gemignano, <strong>di</strong>pinto da<br />

Benozzo Gozzoli, e nuovamente tra quei monumenti delineati con maggior<br />

cura nella Galleria delle carte geografiche in Vaticano 6 . Quando poi, tra il<br />

XVII e il XIX secolo, le piante <strong>di</strong> <strong>Roma</strong> vengono incorniciate da una serie <strong>di</strong><br />

finestre, nelle quali appare una selezione dei maggiori monumenti della città,<br />

la piramide trova spesso la sua collocazione: vuoi accanto alla Porta Maggiore,<br />

all’Arco <strong>di</strong> Druso, al ricostruito palazzo augustale del Palatino, come in<br />

una pianta incisa nel 1840, e rivista da Pietro Ercole Visconti, vuoi invece a<br />

fianco del tempio <strong>di</strong> Vesta, del Colosseo, della basilica <strong>di</strong> San Pietro e della<br />

chiesa della Santa Trinità dei Monti, come si può notare in una pianta che,<br />

stando alla <strong>di</strong>dascalia, fu “elevata nel 1848”. 7<br />

Grande monumento antico, dotato <strong>di</strong> forte impatto visivo, la piramide assume<br />

un alto valore <strong>di</strong> “presenza”, rispetto all’“assenza” – a <strong>Roma</strong> – <strong>di</strong> e<strong>di</strong>fici<br />

tipologicamente simili che consentano <strong>di</strong> situarla entro una serie e <strong>di</strong> valutarne<br />

quin<strong>di</strong>, nel modo più appropriato, le caratteristiche formali. In realtà <strong>di</strong><br />

pirami<strong>di</strong>, a <strong>Roma</strong>, non ce ne fu sempre una sola. Citando fonti antiche Ottaviano<br />

Falconieri, nel suo Discorso […] intorno alla piramide <strong>di</strong> C. Cestio<br />

(1665), racconta l’esistenza <strong>di</strong> un’altra piramide, forse sepolcro <strong>di</strong> Scipione<br />

l’Africano, che venne <strong>di</strong>strutta da Alesssandro VI 8 . Come conferma Carlo<br />

Fontana, nel Templum Vaticanum et Ipsius Origo (1694), pare che essa fosse<br />

“à similitu<strong>di</strong>ne, ma più grande” della piramide Cestia, e che i suoi marmi <strong>di</strong><br />

rivestimento venissero reimpiegati per pavimentare l’atrio dell’antica basilica<br />

<strong>di</strong> San Pietro 9 . Se ad Alessandro VI era spettata la <strong>di</strong>struzione <strong>di</strong> una piramide,<br />

ad Alessandro VII non restava che il compito <strong>di</strong> restaurare l’unica esistente.<br />

Fu quanto il pontefice ebbe in animo <strong>di</strong> fare fin dall’inizio del suo<br />

pontificato. Tuttavia, il sopraggiungere della peste rallentò i suoi progetti, ma<br />

5 A.P. FRUTAZ, Le piante <strong>di</strong> <strong>Roma</strong>, <strong>Roma</strong>, Istituto <strong>di</strong> Stu<strong>di</strong> <strong>Roma</strong>ni, 1962, LXXII, p. 115 e<br />

LXXIII, p. 119.<br />

6 Ibidem, LXXXVI, p. 136 e CXLIX, p. 210.<br />

7 <strong>Roma</strong>, Fondazione Marco Besso, Fondo Besso, 65 B 12.<br />

8 O. FALCONIERI, cit., p. 7.<br />

9 Templum Vaticanum et ipsius origo … E<strong>di</strong>tum ab Equite Carolo Fontana …, <strong>Roma</strong>e, Ex<br />

Typographia Jo. Francisci Buagni, 1694, I, XIV.


288 <strong>Chiara</strong> <strong>Stefani</strong><br />

soprattutto, come ha notato Richard Krautheimer, ne mutò il significato 10 . Se<br />

inizialmente il pontefice desiderava, con il restauro della piramide, “mantener<br />

viva in <strong>Roma</strong> una delle più illustri memorie della sua antica magnificenza”,<br />

a seguito della sepoltura delle vittime della peste intorno al monumento<br />

esso veniva ad assumere sempre più il ruolo <strong>di</strong> sacrario cristiano, alla cui<br />

sommità – come in<strong>di</strong>ca un <strong>di</strong>segno attribuito a Borromini – poteva essere<br />

collocata una croce, insieme agli emblemi chigiani della quercia, dei monti e<br />

della stella. Questa riconversione da monumento pagano a e<strong>di</strong>ficio cristiano<br />

– con all’interno una cappella de<strong>di</strong>cata ai Santi Pietro e Paolo, come qualcuno<br />

suggerì al papa <strong>di</strong> fare – non ebbe poi luogo, e Alessandro VII fuggì ogni<br />

intento autocelebrativo, limitandosi a ricordare, in due epigrafi su recto e<br />

verso della piramide, l’anno del suo restauro (1663).<br />

Figura 1. Anonimo (XVII secolo, Paesi Bassi), Piramide ou Sepulture de Caius Cestius a Rome.<br />

Lo ricorda un’incisione <strong>di</strong>ffusa nei Paesi Bassi (figura 1), nella quale le<br />

facce est e ovest del monumento appaiono una a fianco dell’altra, con le due<br />

colonne <strong>di</strong> marmo alla base del lato occidentale che sappiamo furono ritrovate<br />

in pezzi, ricomposte e collocate su due basi <strong>di</strong> travertino, proprio in occasione<br />

dei lavori <strong>di</strong> scavo effettuati all’epoca <strong>di</strong> Alessandro VII, grazie ai quali<br />

la piramide emerse dal terreno circostante <strong>di</strong> almeno 22 palmi. Tale <strong>di</strong>slivello<br />

è ancora ben visibile sulla parte sinistra della facciata ovest in un’incisione<br />

10 R. KRAUTHEIMER, <strong>Roma</strong> <strong>di</strong> Alessandro VII. 1655-1667, <strong>Roma</strong>, E<strong>di</strong>zione dell’Elefante,<br />

1987, pp. 111-112.


Monumenti e documenti. Un’indagine sulla zona ostiense tra XVIII e XIX secolo 289<br />

<strong>di</strong> Domenico Montagù su <strong>di</strong>segno <strong>di</strong> Jean Barbault (figura 2), inserita nel Les<br />

plus beaux monuments de Rome ancienne ou Recueil des plus Beaux Morceaux<br />

de l’Antiquité romaine qui existent encore, pubblicato a <strong>Roma</strong> nel<br />

1761, dove si noterà come il tratto delle mura aureliane sia restituito in modo<br />

del tutto libero, con uno spiccato gusto per il suo aspetto pittoresco che contrasta<br />

con le superfici squadrate della piramide. L’inserimento del monumento<br />

nel rettifilo delle mura urbane permane, fino a XVIII secolo avanzato, un<br />

dato oggettivo capace <strong>di</strong> con<strong>di</strong>zionare in modo rilevante la percezione visiva<br />

del sepolcro <strong>di</strong> Caio Cestio.<br />

Figura 2. D. Montagù, Piramide <strong>di</strong> Cajo Cestio.<br />

È nel progressivo e arbitrario adattamento delle sue <strong>di</strong>mensioni in altezza<br />

rispetto agli elementi circostanti della veduta – il tratto delle mura aureliane<br />

in primis – che si riflette una <strong>di</strong>versa sensibilità nei confronti delle<br />

rovine e del loro ruolo nel paesaggio. Che la si cogliesse dall’interno della<br />

Porta San Paolo, come mostra un’incisione <strong>di</strong> Giovan Battista Falda (figura<br />

3), o dall’esterno, come si nota in un’acquaforte <strong>di</strong> Jean Asselin (figura 4),<br />

la piramide si imponeva alla vista più per le sue <strong>di</strong>mensioni cuneiformi,<br />

che esorbitavano dalla cerchia muraria, che per la sua elevazione. Ma nel<br />

corso del tempo si operò uno scarto nelle proporzioni tra il monumento, le<br />

mura e la Porta San Paolo, con la complicità del nuovo sguardo portato<br />

sulle rovine antiche da Giovanni Battista Piranesi: a lui, architetto e conoscitore<br />

dell’arte egizia, non poteva sfuggire la magnificenza della mole


290 <strong>Chiara</strong> <strong>Stefani</strong><br />

Figura 3. G.B. Falda, Sepolcro e piramide <strong>di</strong> C. Cestio ristaurata da N.S. papa Alessandro VII.<br />

Figura 4. J. Asselin, Veüe de la Porte St. Paul.<br />

squadrata del sepolcro <strong>di</strong> Caio Cestio che nelle sue acqueforti sembrava<br />

emergere dalla terra proprio al pari <strong>di</strong> altri monumenti quali l’Arco <strong>di</strong> Settimio<br />

Severo o gli avanzi del Foro <strong>di</strong> Nerva, pubblicati nel 1756 nelle Antichità<br />

<strong>Roma</strong>ne 11 . In quegli stessi anni – a cavallo della metà del XVIII secolo<br />

11 H. FOCILLON, Giovanni Battista Piranesi, a cura <strong>di</strong> M. Calvesi e A. Monferini, Bologna,<br />

Alfa E<strong>di</strong>toriale, 1967 (traduzione dell’e<strong>di</strong>zione francese Paris, H. Laurens E<strong>di</strong>teur, 1963), cat.<br />

745, p. 339 e cat. 810, p. 347.


Monumenti e documenti. Un’indagine sulla zona ostiense tra XVIII e XIX secolo 291<br />

– Giovanni Paolo Panini la riproduceva isolata e ricoperta <strong>di</strong> erbe spontanee,<br />

in un giar<strong>di</strong>no <strong>di</strong>sseminato <strong>di</strong> reperti antichi (figura 5).<br />

Figura 5. C.B. Caj (da Panini), Sepolcri presso la piramide Cestia.<br />

Assimilata a un repertorio <strong>di</strong> oggetti del passato – sarcofagi, urne, cippi –<br />

la cui funzione era quella <strong>di</strong> perpetuare la memoria, la piramide poteva allo<br />

stesso modo fare da sfondo al complesso cimiteriale degli Inglesi, o Acattolici.<br />

La si vede in un’acquatinta che riproduce una scena notturna <strong>di</strong> seppellimento<br />

tratta da un <strong>di</strong>segno <strong>di</strong> Bartolomeo Pinelli del 1811 (figura 6), o in<br />

Figura 6. Anonimo da B. Pinelli, Scena notturna presso la piramide Cestia.


292 <strong>Chiara</strong> <strong>Stefani</strong><br />

una acquaforte <strong>di</strong> Luigi Ricciardelli (figura 7). Meno enfatizzata rispetto alle<br />

raffigurazioni del secolo precedente, la piramide appare anche in un’altra acquaforte<br />

del Ricciardelli a latere della Porta San Paolo (figura 8), da una visuale<br />

che verrà poi ripresa nelle prime fotografie dell’Ottocento.<br />

Figura 7. L. Ricciardelli, Le Mura <strong>di</strong> Nicolò IV al Sepolcro degli Inglesi.<br />

Se la ricerca iconografica relativa alla piramide ha messo in evidenza<br />

quello che può essere definito un monumento per eccellenza, le immagini<br />

della basilica <strong>di</strong> San Paolo si offrono in modo esemplare quali veri e propri<br />

documenti, nell’accezione del termine proposta da Jacques Le Goff 12 .<br />

Un primo stato <strong>di</strong> un’acquaforte <strong>di</strong> Giovan Battista Piranesi (figura 9)<br />

presenta, sulla piazza, quella che a prima vista appare una colonna sormontata<br />

da un trimonzio: in realtà il cero pasquale dell’interno, che venne spostato,<br />

nel corso del Seicento, all’esterno 13 . Due successive acqueforti dello stesso<br />

12 J. LE GOFF, voce Documento/Monumento, Enciclope<strong>di</strong>a Einau<strong>di</strong>, <strong>Tor</strong>ino, 1978, pp. 36 sgg.<br />

Sulla reciprocità dei due termini E. PANOFSKY, La storia dell’arte come <strong>di</strong>sciplina umanistica,<br />

in Il significato nelle arti visive, <strong>Tor</strong>ino, 1962 (e<strong>di</strong>zione originale Meaning in the Visual Arts.<br />

Papers in and on Art History, London, 1955), pp. 3-28.<br />

13 La fonte su questo spostamento è [N.M. NICOLAI], Della basilica <strong>di</strong> San Paolo. Opera <strong>di</strong><br />

Niccola Maria Nicolai <strong>Roma</strong>no Votante della Segnatura <strong>di</strong> Grazia con piante, e <strong>di</strong>segni incisi,<br />

<strong>Roma</strong>, nella Stamperia De <strong>Roma</strong>nis, MDCCCXV, XIII, p. 296 sgg. Sul candelabro si vedano poi<br />

M. PETRASSI, L’artistico candelabro <strong>di</strong> San Paolo, «Capitolium», 1971, 9, pp. 4-12; E. BASSAN,


Monumenti e documenti. Un’indagine sulla zona ostiense tra XVIII e XIX secolo 293<br />

Figura 8. L. Ricciardelli, Porta Ostiense ora San Paolo.<br />

Figura 9. G.B. Piranesi, Chiesa <strong>di</strong> San Paolo fuori le Mura.<br />

Il candelabro <strong>di</strong> San Paolo fuori le Mura: note sulla scultura a <strong>Roma</strong> tra XII e XIII secolo,<br />

«Storia dell’Arte», 45, 1982, pp. 117-131.


294 <strong>Chiara</strong> <strong>Stefani</strong><br />

artista restituiscono la maestosità della sua facciata, affiancata dal vecchio<br />

campanile, e la profon<strong>di</strong>tà del suo interno a cinque navate che alcuni decenni<br />

più tar<strong>di</strong> sarebbe rimasto – per quanto in rovina – il solo punto <strong>di</strong> vista possibile<br />

per vari incisori.<br />

L’aspetto dell’antico campanile trecentesco e quello della facciata – con<br />

il rosone nel timpano, gli inserti musivi e il portico eretto nel 1725 su <strong>di</strong>segno<br />

<strong>di</strong> Antonio Canevari e Matteo Sassi sotto il pontificato <strong>di</strong> Benedetto XIII<br />

Orsini –, sono visibili anche in un’incisione che rielabora forse un’acquaforte<br />

<strong>di</strong> Jean Barbault (figura 10). In quanto eloquente documento <strong>di</strong> una<br />

“assenza”, ad essa va associata una stampa <strong>di</strong> Giacomo Bossi che riproduce<br />

nel dettaglio il perduto mosaico della facciata (figura 11) 14 . Come appare in<br />

Figura 10. Anonimo (da Jean Barbault), Basilica <strong>di</strong> San Paolo.<br />

14 Per quanto riguarda invece il mosaico recuperato e restaurato, quello cioè dell’arco <strong>di</strong><br />

Galla Placi<strong>di</strong>a, rimando a L. BIANCINI, Mosaicisti, ferracocchi o sanpietrini? Note al restauro<br />

della basilica <strong>di</strong> San Paolo fuori le Mura dopo il fatale incen<strong>di</strong>o del 1823, in Le fonti, le procedure,<br />

le storie: raccolta <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> della Biblioteca, <strong>Roma</strong>, Biblioteca Nazionale, 1993, pp.<br />

65-81. Sui mosaicisti si veda inoltre S. BUTTÒ, I Raffaelli, mosaicisti romani fra Sette e Ottocento,<br />

ibidem, pp. 47-62 e R. VALERIANI, L’inventario del 1836 <strong>di</strong> Giacomo Raffaelli, «Antologia<br />

<strong>di</strong> Belle Arti. Il Neoclassicismo», 43-47, 1994, pp. 71-87. Ringrazio la dottoressa L. Biancini<br />

per avermi messo a <strong>di</strong>sposizione questi testi.


Monumenti e documenti. Un’indagine sulla zona ostiense tra XVIII e XIX secolo 295<br />

Figura 11. G. Bossi, Musivum. in. facie. exteriori. basil. S. Pauli.<br />

una veduta <strong>di</strong> Pietro Ruga (figura 12), esso era ancora in situ in quel fati<strong>di</strong>co<br />

1823, quando l’ingresso della basilica era delimitato da un muro, con<br />

porta laterale, e lo spazio antistante il portico era pavimentato. Volendo entrare<br />

virtualmente 15 nell’antica San Paolo ci si accorgerà, grazie a una stampa<br />

<strong>di</strong> Vincenzo Feoli (figura 13), che la navata maggiore – oltre a una pavimentazione<br />

<strong>di</strong>versa da quella attuale 16 – presentava, al <strong>di</strong> sopra della serie<br />

15 Mi accorgo, nell’uso <strong>di</strong> questo avverbio, <strong>di</strong> alludere, forse non a caso, alle possibilità introdotte<br />

dalle tecnologie informatiche. La storia <strong>di</strong> San Paolo fuori le Mura, la cui costruzione<br />

e rie<strong>di</strong>ficazione si è estesa su un arco temporale <strong>di</strong> millenni, si presterebbe ad essere visualizzata<br />

grazie a un CD-Rom, o meglio a un DVD, in cui il percorso appunto “virtuale” della basilica<br />

consentirebbe – posizionando il mouse sulle colonne, i rivestimenti marmorei, gli arre<strong>di</strong>…<br />

– <strong>di</strong> conoscere in dettaglio l’oggetto prescelto, nonché <strong>di</strong> essere informati sul preesistente allestimento<br />

<strong>di</strong> quello specifico campo. Lo stato della basilica potrebbe inoltre venire agevolmente<br />

rappresentato attraverso finestre con ricostruzioni in scala dell’e<strong>di</strong>ficio, nelle sue <strong>di</strong>verse fasi<br />

<strong>di</strong> elaborazione, in modo da dare un’idea dello sviluppo <strong>di</strong>acronico del monumento. Il momento<br />

dell’incen<strong>di</strong>o, noto attraverso incisioni che visualizzano l’episo<strong>di</strong>o su un piano necessariamente<br />

bi<strong>di</strong>mensionale, potrebbe invece essere rievocato con l’ausilio <strong>di</strong> una terza <strong>di</strong>mensione,<br />

a cui si accompagnerebbe l’elemento acustico. Inoltre, i progetti non realizzati per la ricostruzione<br />

della basilica potrebbero anch’essi trovare una realizzazione virtuale.<br />

16 Sul pavimento, composto da frammenti marmorei ed epigrafi pagane e cristiane, si legga<br />

quanto afferma N.M. NICOLAI, cit., p. 306: “Piccoli frammenti irregolari <strong>di</strong> marmi, lapi<strong>di</strong>, e sarcofagi<br />

tolti dai cemeterj cristiani, e dai sepolcri gentili formano il pavimento delle cinque navi.<br />

[…] Che poi questo pavimento sia l’antico io non posso crederlo […]. Io credo che in origine<br />

fosse regolare, e lavorato a piccoli pezzi <strong>di</strong> marmi siccome veggonsi quelli delle più antiche<br />

chiese, e come una parte della nave traversa è lastricata, in somma io oso congetturare che fosse<br />

a mosaico, e che rovinato nei tempi susseguenti, la barbarie in cui allora si era non permise<br />

<strong>di</strong> risarcirlo al modo antico; ma ne fece uno come meglio seppe ideare, devastando e profanando<br />

i sepolcri”. Come mi ha gentilmente fatto notare il professor G. Filippi, che qui ringrazio, si<br />

capisce quale dovesse risultare l’aspetto del pavimento prima dell’incen<strong>di</strong>o, guardando il <strong>di</strong>pin-


296 <strong>Chiara</strong> <strong>Stefani</strong><br />

Figura 12. P. Ruga, Veduta della basilica <strong>di</strong> San Paolo su la via Ostiense.<br />

<strong>di</strong> ritratti <strong>di</strong> pontefici 17 , un doppio registro <strong>di</strong> affreschi con storie tratte dall’Antico<br />

e Nuovo Testamento, ora non più esistenti, al pari del soffitto a capriate<br />

18 . Nello spaccato della basilica <strong>di</strong> Giuseppe Bianchi (figura 14) esso è<br />

riprodotto nel suo aspetto attuale – a cassettoni – a seguito dei lavori <strong>di</strong> re-<br />

to <strong>di</strong> Filippo Bombelli (che, firmato e datato 1836, riproduce l’interno della chiesa prima del<br />

fatale 1823), pubblicato in G. FILIPPI, In<strong>di</strong>ce della raccolta epigrafica <strong>di</strong> San Paolo fuori le Mura,<br />

Città del Vaticano, 1998, figura 2 e, sul vecchio pavimento, p. 15. Sul <strong>di</strong>pinto si veda già [G.<br />

SERVI], Sopra un <strong>di</strong>pinto <strong>di</strong> Filippo Bombelli romano che ricorda la Basilica Ostiense avanti lo<br />

incen<strong>di</strong>o del 1823 parole del Cavaliere Gaspare Servi, <strong>Roma</strong>, nella Tipografia Salviucci, 1836.<br />

17 Sui ritratti papali F. FERRARI, L’antica serie <strong>di</strong> ritratti e <strong>di</strong> papi conservati nel monastero<br />

<strong>di</strong> San Paolo fuori le Mura, «Rivista <strong>di</strong> Archeologia Cristiana», VII, 1930, pp. 107-200 (ma ve<strong>di</strong><br />

già «Bulletin d’archéologie elvetienne», ser. 2, 1, 1870, pp. 142-145) e L. DE BRUYNE, L’antica<br />

serie dei ritratti papali della basilica <strong>di</strong> San Paolo fuori le Mura, <strong>Roma</strong>, 1934.<br />

18 Quale documentazione visiva degli antichi affreschi della navata centrale si veda l’In<strong>di</strong>cazione<br />

dei <strong>di</strong>pinti a buon fresco rappresentanti le principali geste dell’apostolo San Paolo…,<br />

<strong>Roma</strong>, Tipografia della Rev. Cam. Apost., 1867 (1a <strong>Roma</strong>, 1797); J. WHITE, Cavallini and the<br />

lost frescoes in San Paolo, «Journal of the Warburg and Courtauld Institutes», XIX, 1-2, 1956,<br />

pp. 84-95; J. GARDNER, San Paolo fuori le Mura. Nicholas III und Pietro Cavallini, «Zeitschrift<br />

für Kunstgeschichte», XXIX, 1971, 3, pp. 240-248. Sulle conseguenze dovute alla per<strong>di</strong>ta degli<br />

affreschi <strong>di</strong> Pietro Cavallini nella basilica <strong>di</strong> San Paolo fuori le mura si veda Post Scriptum in<br />

Conservato e perduto a <strong>Roma</strong>. Per una vittoria delle “assenze”, «<strong>Roma</strong> moderna e contemporanea»,<br />

VI, 1/2, 1998, pp. 11-14.


Monumenti e documenti. Un’indagine sulla zona ostiense tra XVIII e XIX secolo 297<br />

Figura 13. V. Feoli, Veduta interna della basilica <strong>di</strong> San Paolo fuori le Mura.<br />

stauro compiuti sotto la <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> Luigi Poletti. Come mostrano i nuovi<br />

affreschi – ora <strong>di</strong>sposti su un unico registro, tra le finestre – le mo<strong>di</strong>fiche <strong>di</strong><br />

or<strong>di</strong>ne strutturale incisero pesantemente sulle scelte decorative.<br />

Fu proprio quel soffitto a incen<strong>di</strong>arsi tra il 15 e il 16 luglio del 1823, durante<br />

alcuni lavori <strong>di</strong> riparazione del tetto della basilica 19 . A testimonianza della<br />

veemenza delle fiamme e della folla accorsa sul posto in quella notte, resta una<br />

litografia tratta da un <strong>di</strong>segno dell’architetto Giovanni Silvestri (figura 15),<br />

19 BAV, Vat. Lat. 10731, c. 727v.: “A <strong>di</strong> 16 Luglio 1823. Ricorrendo la festa <strong>di</strong> Maria SS.ma<br />

Carmelitana, nella notte medesima circa le ore sette, nella Chiesa <strong>di</strong> San Paolo fuori le mura<br />

sopra il soffitto, o forse la volta grande <strong>di</strong> mezzo, che era tutta <strong>di</strong> legno fatta fare dagli Imperatori<br />

Teodosio, e Costantino si manifestò un gran<strong>di</strong>ssimo incen<strong>di</strong>o, e nel termine <strong>di</strong> ore 8 ridusse<br />

in cenere tutto quel gran<strong>di</strong>ssimo e<strong>di</strong>fizio <strong>di</strong> mura, costruzione gran<strong>di</strong>ssima del tetto, e<br />

quasi <strong>di</strong> tutte quelle colonne venute dall’Egitto che sostenevano quella gran<strong>di</strong>ssima fabrica,<br />

ma quello che fu più mirabile, che le sud.e Colonne non solo rimasero preda delle Fiamme,<br />

ma che quelle <strong>di</strong> granito si spezzarono, e <strong>di</strong>vennero calcina; <strong>di</strong> tutto quell’e<strong>di</strong>fizio poi non rimase<br />

altro che la Cappella de SSmo Crocifisso, e quella del SSmo Sagramento, e per opera<br />

dei Pompieri fu salvata la Sagrestia, ed il Convento, avendo tagliati <strong>di</strong>versi muri, acciò non si<br />

fossero comunicate le gran<strong>di</strong>ssime fiamme <strong>di</strong>voratrici si <strong>di</strong>sse che l’Incen<strong>di</strong>o fosse provenuto<br />

dai stagnai che lasciarono la loro padella con il fuoco sopra il soffitto i quali il giorno avanti<br />

vi avevano lavorato. Il 1° <strong>di</strong> Novembre 1824 fu per or<strong>di</strong>ne del nuovo Pontefice Leone XII principiato<br />

la lavorazione alla sud.a Chiesa”.


298 <strong>Chiara</strong> <strong>Stefani</strong><br />

Figura 14. G. Bianchi, Sezione frontale della basilica <strong>di</strong> San Paolo fuori le Mura.<br />

Figura 15. Salucci, Incen<strong>di</strong>o della basilica <strong>di</strong> San Paolo fuori le Mura.


Monumenti e documenti. Un’indagine sulla zona ostiense tra XVIII e XIX secolo 299<br />

pubblicata nella raccolta dal titolo Gli avanzi della Basilica <strong>di</strong> S. Paolo sulla<br />

via Ostiense <strong>di</strong>segnati dal vero (figura 16) 20 : il frontespizio <strong>di</strong> quest’ultima<br />

mostra come motivo decorativo, o forse quale icona <strong>di</strong> imme<strong>di</strong>ato reperimento<br />

topografico, l’imbocco della via Ostiense dalla Porta San Paolo, con la piramide<br />

sulla destra. L’episo<strong>di</strong>o dell’incen<strong>di</strong>o si inserì nel complesso <strong>di</strong> una situazione<br />

già compromessa, dal punto <strong>di</strong> vista della statica. Una incisione dell’interno<br />

della basilica <strong>di</strong> Antonio Aquaroni e Antonio Valli (figura 17) restituisce, subito<br />

dopo quella fati<strong>di</strong>ca notte, lo stato del transetto, con il muro <strong>di</strong> rinforzo del<br />

soffitto visibile per intero.<br />

Nell’immaginario visivo dell’epoca l’incen<strong>di</strong>o era associato a un preciso<br />

fenomeno naturale, già oggetto della pittura <strong>di</strong> paesaggio fin dalla seconda<br />

metà del XVIII secolo: l’eruzione <strong>di</strong> un vulcano. “Parea un vesuvio terribile”,<br />

scriveva infatti l’imolese Giuseppe Marocchi in quello stesso 1823, “sorpassando<br />

le fiamme superbe del loro fatale dominio le più alte montagne, giacché<br />

lungi quin<strong>di</strong>ci, e più miglia si poté vedere cotanta <strong>di</strong>sgrazia, che fece in<br />

ogni cuore orrore sacro, e penetrante”, dove l’incen<strong>di</strong>o evoca un altro luogo<br />

Figura 16. G. Silvestri, Gli avanzi della Basilica <strong>di</strong> S. Paolo sulla via Ostiense <strong>di</strong>segnati dal vero.<br />

20 Gli Avanzi della Basilica <strong>di</strong> S. Paolo sulla via Ostiense <strong>di</strong>segnati dal vero dopo il fatale<br />

incen<strong>di</strong>o <strong>di</strong> essa, accaduto li 15 luglio 1823, da GIOVANNI SILVESTRI ARCHITETTO (s.d.).


300 <strong>Chiara</strong> <strong>Stefani</strong><br />

Figura 17. A. Aquaroni e A. Valli, Veduta interna della basilica <strong>di</strong> S. Paolo presa imme<strong>di</strong>atamente<br />

dopo il suo incen<strong>di</strong>o.<br />

topico del Sublime: le vette alpine 21 . Anche sul versante della tra<strong>di</strong>zione letteraria<br />

non mancavano dei precedenti, e il commissario delle antichità Carlo<br />

Fea, nei suoi Aneddoti sulla Basilica Ostiense, poteva facilmente delegare a<br />

Virgilio la descrizione dell’incen<strong>di</strong>o, limitandosi a citare un verso del secondo<br />

libro dell’Eneide 22 .<br />

Gli artisti seppero cogliere, al <strong>di</strong> là della tragicità dell’episo<strong>di</strong>o, il potenziale<br />

figurativo rappresentato dai resti fumanti della basilica, soggetto pittoresco<br />

e romantico a un tempo, in cui l’amore per le rovine <strong>di</strong> ascendenza tardosettecentesca<br />

si coniugava al fascino per gli elementi più gotici dell’e<strong>di</strong>ficio,<br />

quali il ciborio <strong>di</strong> Arnolfo <strong>di</strong> Cambio, il cui basamento venne presto protetto<br />

da una tettoia (figura 18). Pietro Parboni, incisore specializzato nelle<br />

vedute <strong>di</strong> <strong>Roma</strong> e nella traduzione <strong>di</strong> <strong>di</strong>pinti <strong>di</strong> paesaggio 23 , ebbe così modo<br />

21 Dettaglio del terribile incen<strong>di</strong>o accaduto il dì 15 luglio 1823 della famosa basilica <strong>di</strong><br />

San Paolo <strong>di</strong> <strong>Roma</strong> fuori <strong>di</strong> Porta Ostiense scritto da Giuseppe Marocchi Imolese, <strong>Roma</strong>,<br />

1823, nella Stamperia Ajani, p. 6.<br />

22 Aneddoti sulla Basilica Ostiense <strong>di</strong> S. Paolo riuniti nel 1823 dopo l’incen<strong>di</strong>o e recitati<br />

nell’Accademia Archeologica il dì 27 gennaro 1825. Dell’Avvocato D.Carlo Fea Commissario<br />

delle antichità presidente al Museo Capitolino Bibliotecario della Chigiana Socio Or<strong>di</strong>nario,<br />

<strong>Roma</strong>, presso Vincenzo Poggioli, 1825, p. 15.<br />

23 Su Pietro Parboni incisore <strong>di</strong> traduzione, a cui de<strong>di</strong>cherò uno stu<strong>di</strong>o più approfon<strong>di</strong>to, si


Monumenti e documenti. Un’indagine sulla zona ostiense tra XVIII e XIX secolo 301<br />

Figura 18. Salucci, Veduta della confessione e altare <strong>di</strong> San Paolo.<br />

<strong>di</strong> realizzare una suggestiva scena <strong>di</strong> notturno (figura 19), lasciando risparmiato<br />

il fondo della lastra in corrispondenza delle fiamme e delle zone in luce,<br />

come le colonne <strong>di</strong> marmo frigio sulla destra, il cui fusto mostra uno sta<strong>di</strong>o<br />

assai avanzato <strong>di</strong> combustione 24 .<br />

La loro sostituzione, necessaria per motivi <strong>di</strong> statica, poneva, in prima<br />

istanza, problemi <strong>di</strong> natura tecnica, oltre che economica 25 . L’approvvigiona-<br />

veda per ora C. STEFANI, Poussin, Lorrain, Dughet e Salvator Rosa. Ricezione e fortuna del<br />

paesaggio classico tra Sette e Ottocento, «Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Storia dell’Arte», 10, 1999, pp. 201-230.<br />

24 Sulla bellezza delle colonne dell’antica basilica <strong>di</strong> San Paolo fuori le mura si veda [G.A.<br />

GUATTANI], <strong>Roma</strong> Antica dell’Abbate Giuseppe Antonio Guattani romano assessore dell’Antichità,<br />

antiquario <strong>di</strong> S.M. il re <strong>di</strong> Polonia, socio <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse accademie <strong>di</strong> antichità, e belle lettere,<br />

in Bologna, MDCCXCV, nella Stamperia <strong>di</strong> S. Tommaso d’Aquino, in particolare p. 80,<br />

nota 3. Per un elenco dei vari litotipi impiegati nella Basilica Ostiense si veda [X. BARBIER DE<br />

MONTAULT], Description de la Basilique de S.Paul hors-les-murs, à Rome, par le Chanoine<br />

X. Barbier De Montault, Rome, Librairie De Joseph Spithoever, 1866, pp. 64-67.<br />

25 A. UGGERI, Relazione de’ principali acquisti e lavorazioni eseguite per la rie<strong>di</strong>ficazione<br />

della basilica <strong>di</strong> S. Paolo nella via Ostiense (s.l.; s.e.), 1823. I problemi <strong>di</strong> natura economica<br />

vennero in parte risolti grazie alle oblazioni pervenute da varie parti del mondo cattolico, <strong>di</strong>etro<br />

invito <strong>di</strong> Leone XII: a documentarle restano le Note delle Oblazioni volontarie fatte per la rie<strong>di</strong>ficazione<br />

della basilica <strong>di</strong> San Paolo in <strong>Roma</strong>, e versate nella Cassa destinata a riceverle a tutto<br />

il dì 21 <strong>di</strong>cembre 1825 (a cui fa seguito la Seconda Nota, in data 31.3.1826; la Terza Nota, in<br />

data 25.07.1826; la Quarta Nota, in data 20.12.1826; la Quinta Nota, in data 22.06.1826).


302 <strong>Chiara</strong> <strong>Stefani</strong><br />

Figura 19. P. Parboni, Veduta dell’incen<strong>di</strong>o <strong>di</strong> San Paolo.<br />

mento dei materiali lapidei implicò, in alcuni casi, trasporti via terra e via mare,<br />

come illustra la Carta rappresentante il viaggio fatto […] per trasportare<br />

in <strong>Roma</strong> la grande colonna da collocarsi all’Arco <strong>di</strong> Placi<strong>di</strong>a, nella basilica<br />

<strong>di</strong> San Paolo… (figura 20): da Vigevano, passando per Piacenza e Ferrara, la<br />

colonna venne condotta a Venezia, da dove fu imbarcata per compiere il periplo<br />

della penisola in <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> <strong>Roma</strong>. Ma la scelta dei marmi e dei materiali<br />

<strong>di</strong> rivestimento non era esente da ragioni <strong>di</strong> tipo estetico 26 .<br />

26 Sulla preferenza del cottanello come marmo per la ricostruzione delle quaranta colonne [C.<br />

FEA], Rivista <strong>di</strong> varie opinioni riprodotte in stampa da uno se<strong>di</strong>cente scarpellino sulle colonne da<br />

farsi nella Basilica Ostiense <strong>di</strong> S. Paolo, (s.l.; s.d., ma 5.2.1826). Della Lettera <strong>di</strong> G. Ceccarini<br />

scultore al signor C .Vanelli <strong>di</strong> Carrara relativa al granito dell’isola del Giglio, <strong>Roma</strong>, presso Giuseppe<br />

Salviucci, 1828 (datata esattamente 14 settembre 1828 a p. 13), si vedano in particolare i capitoli<br />

II (“Il granito non è bello”) e III (“Il granito è bello però, ma non si trova nella quantità necessaria”).<br />

Dello stesso anno si veda inoltre [S. PIALE], Di un monumento interessantissimo della basilica<br />

<strong>di</strong> S. Paolo che rettifica la vera cronologia de’primi cinque pontefici romani recentemente turbata<br />

e della sicura provenienza delle 24 colonne <strong>di</strong> pavonazzetto trasportate dalla Mole Adriana<br />

per la costruzione della detta basilica. Dissertazione letta nell’adunanza della Pontificia Accademia<br />

<strong>di</strong> Archeologia nel 26 giugno 1828 da Stefano Piale romano pittore e socio or<strong>di</strong>nario della<br />

medesima e corrispondente della reale Accademia Ercolanense, <strong>Roma</strong>, dalla Tipografia <strong>di</strong> Crispino<br />

Puccinelli, 1833, che tratta però del problema delle colonne solo nella parte iniziale. Esiste poi<br />

un testo de<strong>di</strong>cato a La spe<strong>di</strong>zione pontificia pel trasporto degli alabastri egiziani a rie<strong>di</strong>ficare la<br />

basilica <strong>di</strong> San Paolo sulla via Ostiense. Canto <strong>di</strong> Rosa Taddei, <strong>Roma</strong>, presso Angelo Ajani, 1841.


Monumenti e documenti. Un’indagine sulla zona ostiense tra XVIII e XIX secolo 303<br />

Figura 20. Carta rappresentante il viaggio fatto […] per trasportare in <strong>Roma</strong> la grande colonna<br />

da collocarsi all’Arco <strong>di</strong> Placi<strong>di</strong>a, nella basilica <strong>di</strong> San Paolo...<br />

L’utilizzazione del cipollino tratto dalla cava <strong>di</strong> Porticciolo, della breccia<br />

<strong>di</strong> Cori, del cottanello o dell’alabastro <strong>di</strong> Civitavecchia non comportava solo<br />

costi <strong>di</strong>versificati, ma soprattutto un aspetto <strong>di</strong>verso che la basilica avrebbe<br />

assunto rispetto alla ricchezza del marmo frigio che caratterizzava le ventiquattro<br />

colonne dell’e<strong>di</strong>ficio precedente. Come è stato già da altri messo in<br />

evidenza 27 , nella fase progettuale successiva all’incen<strong>di</strong>o della basilica, si delineano<br />

due posizioni teoriche: da una parte quella che vede l’antico come<br />

modello <strong>di</strong> un ideale restauro (Carlo Fea) – San Paolo fuori le mura doveva<br />

apparire “tal qual era in antico” secondo il volere del pontefice –, dall’altra<br />

27 E. PALLOTTINO, cit. Sullo stesso tema si vedano già P. MARCONI, Giuseppe Vala<strong>di</strong>er, Città<br />

<strong>di</strong> Castello, 1964, p. 225 sgg.; M.F. FISCHER, Classicism and historicism in 19th century <strong>Roma</strong>n<br />

architecture. The rebuil<strong>di</strong>ng of San Paolo fuori le Mura, Actes du XXII Congrès CIHA (Budapest<br />

1969), Budapest, 1972, II, pp. 603-608; S. MARANI, Intorno alla ricostruzione della basilica <strong>di</strong><br />

San Paolo fuori le Mura a <strong>Roma</strong>, «Storia Architettura», 2, 1975, 3, pp. 23-36, e A.M. CERIONI,<br />

L’incen<strong>di</strong>o del 1823. Problemi e polemiche per la ricostruzione e sua realizzazione, in C. PIE-<br />

TRANGELI (a cura), cit., pp. 67-72. Il cantiere allestito per la ricostruzione della basilica <strong>di</strong> San<br />

Paolo fuori le mura va anche letto nel contesto più ampio degli interventi voluti da Pio IX, destinati<br />

al rinnovamento delle prime basiliche, per cui si vedano G. SPAGNESI, L’architettura a<br />

<strong>Roma</strong> al tempo <strong>di</strong> Pio IX, <strong>Roma</strong>, 1978 e M. FAGIOLO, La <strong>Roma</strong> <strong>di</strong> Pio IX: revival della Controriforma<br />

o autunno del Me<strong>di</strong>oevo?, in Arte a <strong>Roma</strong> dal neoclassico al romanticismo, a cura <strong>di</strong> F.<br />

Borsi, <strong>Roma</strong>, 1979, pp. 89-120. Sul massimo artefice della ricostruzione <strong>di</strong> San Paolo fuori le<br />

mura si veda il catalogo della mostra Luigi Poletti architetto (1792-1869), Carpi, 1992.


304 <strong>Chiara</strong> <strong>Stefani</strong><br />

quella che propende per la ricostruzione <strong>di</strong> un e<strong>di</strong>ficio moderno (Giuseppe<br />

Vala<strong>di</strong>er) 28 .<br />

Entro questa forbice si colloca un <strong>di</strong>battito critico che verte sui concetti <strong>di</strong><br />

“classicità” e <strong>di</strong> “decadenza” e che si ripropone, negli anni 1844-47, a proposito<br />

della scelta della nuova facciata da dare alla basilica quando, una volta<br />

pubblicate le Ricerche sull’architettura più propria dei tempj cristiani (1843)<br />

<strong>di</strong> Luigi Canina, si propende per una e<strong>di</strong>lizia ecclesiastica paleocristiana 29 .<br />

Alla ricchezza delle <strong>di</strong>scussioni sull’architettura del nuovo “tempio classico-cristiano”<br />

30 non sembra corrispondere una riflessione così articolata in<br />

merito agli arre<strong>di</strong> dell’interno. Sul primo piano <strong>di</strong> un acquerello <strong>di</strong> Wilhelm<br />

Noack (1800-1833), derivato da un <strong>di</strong>pinto <strong>di</strong> Léopold Robert, due monaci<br />

traggono in salvo dalla Basilica Ostiense in rovina un crocefisso 31 . Molte furono<br />

le opere danneggiate dall’incen<strong>di</strong>o – una Assunta <strong>di</strong> Girolamo Muziano,<br />

un Martirio <strong>di</strong> Santo Stefano <strong>di</strong> Lavinia Fontana, una Conversione <strong>di</strong> San<br />

Paolo <strong>di</strong> Orazio Gentileschi… 32 –, ma non tutti i nuovi arre<strong>di</strong> destinati alla<br />

28 M.F. FISCHER, “In pristinum”. Brand und Wiederaufbau von .Paolo fuori le mura in Rom<br />

1823-1854, «Deutsche Kunst und Denkmalpflege», 38, 1980, 1-2, pp. 6-19.<br />

29 Vale forse la pena <strong>di</strong> ricordare che a San Paolo fuori le mura la Storia dell’Arte col mezzo<br />

dei monumenti dalla sua decadenza nel IV secolo fino al suo risorgimento nel XVI <strong>di</strong><br />

G.B.L.G. Seroux d’Agincourt con aggiunte italiane, Milano, per Ranieri Fanfani, MDCCCXXV,<br />

de<strong>di</strong>cava le tavole IV (“Basilica <strong>di</strong> S. Paolo fuori le mura <strong>di</strong> <strong>Roma</strong> ne’ suoi <strong>di</strong>versi stati, dalla<br />

sua fondazione nel IV secolo fino al presente”); XXXII (“Chiostro <strong>di</strong> San Paolo fuori delle Mura:<br />

piante ed elevazioni, in grande, <strong>di</strong> qualche parte delle sue facciate XII e XIII secolo”); XXXIII<br />

(“Chiostro <strong>di</strong> San Paolo: dettagli delle trabeazioni, ricca <strong>di</strong> musaici; ornamenti scolpiti fra gli<br />

archi XII e XIII secolo”). Sulle immagini relative a San Paolo fuori le mura inserite nell’opera<br />

<strong>di</strong> Seroux d’Agincourt si veda A. CIPRIANI, Una proposta per Seroux d’Agincourt. La storia<br />

dell’Architettura, «Storia dell’Arte», 11, 1971, pp. 211-261 e S. PASQUALI, Basiliche civili cristiane<br />

nell’e<strong>di</strong>toria romana d’architettura tra Sette e Ottocento, «Ricerche <strong>di</strong> storia dell’arte»,<br />

56, 1995, pp. 19-29.<br />

30 La definizione è in R. KRAUTHEIMER-A.K. FRAZER, cit., p. 108.<br />

31 Lo si vede riprodotto in Bertel Thorvaldsen 1770-1844 scultore danese a <strong>Roma</strong>, a cura <strong>di</strong><br />

E. <strong>di</strong> Majo, B. Jørnaes, S. Susinno, <strong>Roma</strong>, 1989, cat. 151, pp. 280-281. Tutti i <strong>di</strong>pinti <strong>di</strong> L. Robert<br />

relativi alla basilica <strong>di</strong> San Paolo fuori le mura dopo l’incen<strong>di</strong>o sono elencati in [P.<br />

GASSIER], Léopold Robert et les peintres de l’Italie romantique. Catalogue établi par Pierre<br />

Gassier, Musée des Beaux-Arts, Neuchâtel, 1983, cat. 22-25. Il punto <strong>di</strong> vista prescelto da L.<br />

Robert è lo stesso <strong>di</strong> uno dei due <strong>di</strong>pinti del belga François Vervloet, riprodotto in D. COEKEL-<br />

BERGHS, Les peintres belges à Rome del 1700 à 1830, Bruxelles-Rome, 1976, figura 197, p.<br />

341. L’altro (ibidem, figura 196, p. 341), nella scelta della visuale, appare invece simile a quello<br />

<strong>di</strong> Francesco Diofebi, firmato e datato 1823, riprodotto in C. PIETRANGELI, Il Museo <strong>di</strong> <strong>Roma</strong>.<br />

Documenti e iconografia, «<strong>Roma</strong> Christiana», XV, Bologna, 1971, figura 161, p. 162. L’interno<br />

della basilica in rovina dopo l’incen<strong>di</strong>o figura anche su una delle tre medaglie coniate durante<br />

il pontificato <strong>di</strong> Pio IX, per le quali si veda [X. BARBIER DE MONTAULT], cit., pp. 62-63.<br />

32 [A. NIBBY], <strong>Roma</strong> nell’anno MDCCCXXXVIII descritta da Antonio Nibby, <strong>Roma</strong>, Tipografia<br />

delle belle arti, 1839, pp. 580-581, e S. PESARINI, La basilica <strong>di</strong> San Paolo sulla via Ostiense<br />

prima delle innovazioni del secolo XVI, «Stu<strong>di</strong> romani. Rivista <strong>di</strong> Archeologia e Storia», 6,<br />

1913, pp. 386-427. Un’incisione <strong>di</strong> Giovanni Maggi, riprodotta in C. PIETRANGELI (a cura), cit.,


Monumenti e documenti. Un’indagine sulla zona ostiense tra XVIII e XIX secolo 305<br />

Basilica Ostiense – come le statue <strong>di</strong> San Pietro e San Paolo commissionate<br />

a Giuseppe Fabris e Adamo Tadolini – raggiunsero effettivamente la sede<br />

prescelta 33 .<br />

Il nuovo volto assunto dalla basilica appare così il frutto <strong>di</strong> numerose “assenze”,<br />

come l’indagine iconografica in corso – volta non tanto a illustrare<br />

una storia <strong>di</strong> immagini, quanto a far emergere immagini della storia – intende<br />

documentare.<br />

Al momento della redazione del testo non era stato ancora pubblicato l’approfon<strong>di</strong>to<br />

lavoro <strong>di</strong> MICHAEL GROBLEWSKI, Thron und Altar. Der Wiederaufbau der Basilka St. Paul<br />

vor den Mauern (1823-1854), Freiburg-Basel-Wien, Herder, 2001 che va quin<strong>di</strong> a integrare<br />

la bibliografia sulla basilica <strong>di</strong> San Paolo fuori le mura riportata alla nota 2.<br />

p. 225, riporta le opere citate. Sul ciclo pittorico <strong>di</strong> Lanfranco B.L. LA PENTA, Giovanni Lanfranco.<br />

La decorazione della cappella del Sacramento a San Paolo, «Bollettino d’arte»,<br />

XLVIII, 1963, 1-2, pp. 54-66; E. SCHLEIER, Lanfrancos malereien der Sacramentskapelle in S.<br />

Paolo fuori le Mura in Rom: das wiedergefundene Bild des “Wachtelfalls”, «Arte antica e<br />

moderna», 29, 1965, pp. 62-81; E. SCHLEIER, Lanfrancos “Elias und der Engel” und der Bilderzyclus<br />

der Sacramentskapelle von San Paolo fuori le Mura <strong>di</strong> <strong>Roma</strong>, «Bulletin van het<br />

Rjksmuseum», 1970, 1, pp. 3-33.<br />

33 G. SCARFONE, Statue commissionate per la basilica <strong>di</strong> San Paolo traslate in piazza San<br />

Pietro, «Alma <strong>Roma</strong>», XX, 1-2, 1979, pp. 60-63. Nel quadro delle “assenze” vanno considerate<br />

anche le vetrate <strong>di</strong> Antonio Moroni, sulle quali M. BOSI, Antonio Moroni, l’ultimo artefice<br />

della vetrata <strong>di</strong>pinta a <strong>Roma</strong>, «Stu<strong>di</strong> <strong>Roma</strong>ni», 1, 1979, pp. 59-66.

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