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icorda che nel 1581 il commendatario Stefano Rolla traslò le ossa di Aleramo in<br />

quella cappella “e peristylio ecclesiae veteris destructo” 117 . Nel commentare gli atti<br />

delle visite pastorali si è mostrato che nel corso della seconda metà del XVI secolo la<br />

chiesa abbaziale è stata oggetto di un imponente restauro, probabilmente la “chiesa<br />

vecchia” nominata nella lapide non indica un edificio esistente in un luogo differente,<br />

ma semplicemente la chiesa precedente l’attuale 118 . Il “peristylium” menzionato<br />

nell’iscrizione può forse essere interpretato come atrio porticato o forse, considerando<br />

la natura monastica dell’insediamento, come un chiostro, da cui vengono traslati nel<br />

1581 i resti del fondatore 119 . Non è purtroppo possibile stabilire se il mosaico sia stato<br />

trasportato insieme e contestualmente ai resti del Marchese, né se a questo si<br />

riferiscano le visite pastorali quando menzionano “una gran lapide” nel pavimento<br />

della cappella della Vergine del Rosario. Entro due riquadri definiti da un listello di<br />

tessere nere si trovano due figure animali fronteggiate: quella di sinistra è un’arpia, il<br />

capo coperto probabilmente da un berretto frigio, il naso a punta, la lingua tra i denti.<br />

Le zampe di questa figura sono caprine, con prominenti zoccoli. La parte posteriore<br />

del corpo è anguiforme, la coda desinente in un elemento tripartito. Affrontato si<br />

trova un felino, un leone o forse più probabilmente un lupo, come potrebbe far<br />

ipotizzare la forma allungata dal muso, le fauci socchiuse, che solleva una zampa<br />

anteriore poggiandosi su quelle posteriori. La coda dell’animale passa davanti al suo<br />

corpo ed è alzata al di sopra delle terga.<br />

La resa dei particolari anatomici delle due figure è estremamente simile a quella<br />

riscontrabile nei mosaici, ora conservati a Palazzo Madama a Torino, provenienti<br />

dalla cattedrale di Santa Maria di Acqui, dall’apparecchiatura delle tessere per<br />

117 MONTISFERRATI ALEDRAMUS MARCHIO PRIMUS<br />

HIC IACET MERITO NUNC SUPER ASTRA VIGET.<br />

CUIUS OSSA STEPHANUS ROLLA COMMENDATARIUS<br />

PERPETUUS ABBATIAE SANCTORUM SALVATORIS, VICTORIS,<br />

ET CORONAE ALIAS CORONATAE IN HOC DIVAE VIRGINIS<br />

SACELLUM E PERISTYLIO ECCLESIAE VETERIS DESTRUCTO<br />

TRANSPORTAVIT. MDLXXXI IDIBUS OCTOBRIS.<br />

118 Un ulteriore elemento di conferma deriva dalla fondazione aleramica del monastero stesso, i cui<br />

beni vengono confermati dai discendenti dei fondatori. Difficilmente Aleramo avrebbe potuto scegliere<br />

un altro luogo di sepoltura, diverso dal monastero proprio da lui fondato.<br />

119 Si può anche ipotizzare, ma la mancanza di ulteriori attestazioni invita alla prudenza, che con tale<br />

espressione venga indicato un atrio o portico antistante la chiesa, ove solitamnte trovavano posto le<br />

tombe di fondatori, abati e vescovi (L. C. SCHIAVI, Il Santo Sepolcro di Milano, Pisa 2005, pp. 171-<br />

172).<br />

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