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d’intonaco, la scansione delle finestre individua l’articolazione moderna dello spazio<br />

interno, diviso in due piani. La muratura, nelle parti in cui è leggibile per la caduta<br />

dell’intonaco, è pressochè interamente tessuta in mattoni di diverse forme e colori<br />

legati da spessi letti di malta, non reca inoltre tracce della struttura antica, come<br />

monofore, lesene o archetti pensili.<br />

La facciata reca traccia di due contrafforti angolari. L’esame dell’interno della<br />

struttura conferma l’ipotesi che la navata sia un rifacimento d’età moderna: è coperta<br />

da tre volte a crociera i cui archi trasversi poggiano su paraste perimetrali; ad est si<br />

trova una volta a botte e quindi un setto murario che divide la navata dall’area<br />

absidale. Ad ovest di questa parete si trovano due piccole campate coperte da volta a<br />

botte. Lungo il perimetrale sud è possibile individuare blocchi lapidei sporgenti su cui<br />

è stata edificata la muratura in laterizio, forse quindi traccia dell’originaria facciata<br />

già riconosciuta da Piva, che individuerebbe una navata lunga 14 metri circa.<br />

La donazione dei terreni e delle ricchezze alla Ecclesia Cluniacensis viene effettuata<br />

nel 1127, ma non possediamo alcuna documentazione che attesti l’effettiva<br />

fondazione del priorato. Un elemento su cui è possibile tentare di costruire un’ipotesi<br />

di datazione è individuabile nelle modanature digradanti delle monofore, che trovano<br />

un preciso riscontro in quelle della Santa Maria del Tiglio di Gravedona, struttura<br />

datata tra il 1135 11 ed il terzo quarto del XII secolo 12 . Se di conseguenza il San Vitale<br />

viene ascritto alla metà del XII secolo tale dato non contrasta con i tempi<br />

plausibilmente intercorrenti tra la donazione di beni e l’erezione del priorato.<br />

11 A. K. PORTER, Lombard Architecture, New Haven 1917 (ed. cons. New York 1967), II, p. 460.<br />

12 M. C. MAGNI, Architettura romanica comasca, Milano 1960, p.137. Un documento del 1154<br />

attestante l’attività dei canonici della chiesa di Santa Maria è stato utilizzato come termine ante quem<br />

per l’edificazione della struttura (M. BELLONI ZECCHINELLI, Le origini della «romanica» Santa Maria<br />

del Tiglio di Gravedona, in Il romanico, Atti del seminario di studi diretto da P. SANPAOLESI, Villa<br />

Monastero di Varenna, 8-16 settembre 1973, Milano 1975, pp. 341-369).<br />

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