Foscolo: La poesia delle “Grazie” e il Carme che non c'è - Giodi.it
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Non può considerarsi, perciò, una vaga digressione la descrizione ariosa<br />
del paesaggio notturno e diurno di Firenze e della campagna intorno, visti dal<br />
luogo ove Gal<strong>il</strong>ei era sol<strong>it</strong>o scrutare <strong>il</strong> cielo e r<strong>it</strong>enuti dal <strong>Foscolo</strong> assai più vicini<br />
di quanto <strong>non</strong> siano al suo “aereo poggio” di Bellosguardo 1 :<br />
…Qui dov’io canto<br />
Gal<strong>il</strong>eo sedeva a spiar l’astro<br />
Della loro regina; e <strong>il</strong> disviava<br />
Col notturno rumor l’acqua remota,<br />
Che sotto a’ pioppi <strong>delle</strong> rive d’Arno<br />
Furtiva e argentea gli volava al guardo…<br />
Sembra una digressione quella <strong>che</strong> comincia con “e <strong>il</strong> disviava…”, ma <strong>il</strong><br />
paesaggio di Firenze è in realtà <strong>il</strong> vero protagonista del brano nella concezione<br />
del Poeta. “Il piano <strong>che</strong> fugge alle tirrene Nereidi e i cento colli” di<br />
Firenze <strong>non</strong> distraggono Gal<strong>il</strong>ei, ma solo lo disviano dalle severe speculazioni<br />
astrali e, impedendogli di impallidire “nel penetrale della dea pensosa”, lo<br />
ricongiungono ad uno spettacolo <strong>non</strong> meno interessante e vario di quello della<br />
vast<strong>it</strong>à dei cieli e <strong>non</strong> meno ricco di insegnamenti profondi e dissimulate<br />
scoperte, <strong>che</strong> lo aiutano a penetrare nel mistero <strong>delle</strong> cose, a svelare <strong>il</strong> moto<br />
del cosmo a vedere “sotto l’etero padiglion rotarsi Più mondi, e <strong>il</strong> sole irradiarli<br />
immoto”.<br />
Lo stesso dicasi per un altro brano <strong>non</strong> meno bello e famoso, quello del<br />
“<strong>La</strong>rio”, nel quale s’avverte la trasfigurazione del ricordo <strong>che</strong> impasta e dissolve<br />
le notazioni varie e contrastanti per lo più realisti<strong>che</strong>, in un insieme armonico.<br />
<strong>La</strong> sacerdotessa suona: la melodia raggiunge l’acme, e l’armonia die moto agli<br />
astri, all’onda eterea e alla natante Terra per l’oceàno” e distinse le varie parti<br />
del creato e dette, nel tempo stesso, “l’alterno continuo tenore Alla Fortuna<br />
ag<strong>it</strong>atrice e al tempo;<br />
Sì <strong>che</strong> le cose dissonanti insieme<br />
Rendan concento d’armonia divina<br />
E innalzino le menti oltre la terra.<br />
Qui trova la sua più piena espressione quel concetto della armonia universale<br />
<strong>che</strong> sottende tutto <strong>il</strong> poema, qui viene riaffermato <strong>il</strong> valore <strong>non</strong> soltanto<br />
cosmico, ma an<strong>che</strong> e soprattutto etico dell’armonia. Questo vuole esprimere la<br />
melodia della suonatrice. E vi si nota lo sforzo felice di rendere con una<br />
1 Il <strong>Foscolo</strong> parla di un v<strong>il</strong>la detta Montughi, vicino a Bellosguardo: è noto <strong>che</strong> si tratta di Arcetri.<br />
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