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<strong>ESPRESSIONE</strong> <strong>DEGLI</strong> <strong>AROMI</strong><br />

<strong>TIOLICI</strong> <strong>NEI</strong> <strong>VINI</strong><br />

LAVORI REALIZZATI PRESSO IL CENTRO DI INNOVAZIONE DELLA<br />

FILERA VITI<strong>VINI</strong>COLA ERNESTO DEL GIUDICE U.O.S. 35 MARSALA<br />

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INTRODUZIONE<br />

L’aroma del vino è dovuto alla presenza di alcune centinaia di molecole appartenenti a<br />

diverse classi chimiche che ne costituiscono la frazione volatile. Il contributo di tali<br />

componenti alla gradevolezza <strong>dell</strong>’aroma di un vino dipende sia dalla loro natura che dalla<br />

loro concentrazione. Le soglie olfattive di tali composti possono differire notevolmente;<br />

pertanto, alcuni composti presenti in tracce possono svolgere un ruolo chiave<br />

nell’espressione <strong>dell</strong>’aroma di un vino, mentre altri, seppure più abbondanti, possono<br />

intervenire in misura minore. Il contributo di ogni molecola volatile all’aroma del vino<br />

dipende, inoltre, dalla sua struttura e quindi dalla sua natura chimica.<br />

La complessità <strong>dell</strong>’aroma del vino e le difficoltà del suo studio sono conseguenza <strong>dell</strong>a<br />

diversità dei meccanismi che intervengono nella sua genesi. Fra questi sono da segnalare:<br />

a. il metabolismo <strong>dell</strong>’uva, che è influenzato dalla varietà, ma anche dal terreno, dal<br />

clima e dalle pratiche viticole;<br />

b. i fenomeni biochimici prefermentativi (ossidazione, idrolisi), che scattano al<br />

momento <strong>dell</strong>a pigiatura e durante la macerazione;<br />

c. i metabolismi dei microrganismi che conducono le fermentazioni alcolica e<br />

malolattica;<br />

d. le reazioni chimiche ed enzimatiche postfermentative che intervengono durante la<br />

conservazione del vino e durante il suo invecchiamento in bottiglia.<br />

Fra tutti i costituenti <strong>dell</strong>’aroma, i composti odorosi che provengono dall’uva giocano un<br />

ruolo determinante nella qualità e nella tipicità dei vini di cui costituiscono l’aroma<br />

varietale. Si osserva, inoltre, che, mentre il loro profilo qualitativo è sotto il controllo<br />

varietale, il loro contenuto è influenzato in modo sensibile dall’ambiente e dalle condizioni<br />

climatiche.<br />

L’aroma varietale, a parte le varietà denominate aromatiche, come i moscati, che danno<br />

mosti dotati di aroma simile a quello dei vini, può non essere percepibile direttamente nelle<br />

uve e nei vini. La nozione di precursore d’aroma, forme inodori dei composti odorosi<br />

<strong>dell</strong>’uva, responsabili <strong>dell</strong>’aroma varietale dei vini, riveste una grande importanza in<br />

enologia.<br />

Il percorso di affermazione commerciale, di vini ottenuti da vitigni autoctoni, prevede<br />

l’individuazione di caratteri distintivi, indispensabili per la identificazione varietale e per la<br />

valorizzazione e tutela del prodotto. I composti correlati con l’aroma (Versini, 1991; Di<br />

Stefano, 1996), oltre ad influenzare la qualità dei vini, risultano determinanti nel definire<br />

l’impronta varietale. Il vitigno Grillo, tipico <strong>dell</strong>a Sicilia occidentale, in alcune nuove<br />

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esperienze di vinificazione, ha rilevato aromi riconducibili ai descrittori “pesca”, “buccia<br />

di pompelmo”, da associare ad aromi <strong>dell</strong>a classe dei tioli varietali; di conseguenza, si è<br />

indirizzato lo studio alla vinificazione in condizioni di riduzione, le uniche che consentono<br />

di difendere tali sostanze, dall’ossidazione indotta dal contatto con l’aria e dall’azione <strong>dell</strong>e<br />

polifenolossidasi <strong>dell</strong>’uva o <strong>dell</strong>a Botrytis cinerea.<br />

1. <strong>AROMI</strong> DELLE UVE E DEI <strong>VINI</strong>.<br />

Le sostanze odorose si possono distinguere in più gruppi:<br />

a) Aromi varietali o primari.<br />

Sono sostanze presenti nell’uva che presentano note olfattive caratteristiche. Appartengono<br />

a questa classe i terpeni, i norisoprenoidi, i benzenoidi, gli alcanoli, le pirazine, i tioli e gli<br />

aromi di vite americane. Di questi aromi allo stato libero esistono solo le pirazine e quelle<br />

<strong>dell</strong>e vite americane. Nelle uve non aromatiche le prime quattro sostanze sono contenute<br />

nell’uva come glicosidi, sono cioè legate agli zuccheri (glucosio, disaccaridi); nelle<br />

aromatiche (moscati) i composti terpenici si trovano anche allo stato libero.<br />

b) Aromi prefermentativi.<br />

Sono composti che vengono generati dai trattamenti che subisce l’uva dal momento <strong>dell</strong>a<br />

raccolta a quello <strong>dell</strong>’avvio <strong>dell</strong>a fermentazione alcolica. Questi composti vengono<br />

generati dall’attacco <strong>dell</strong>e lipossigenasi agli acidi grassi insaturi <strong>dell</strong>e membrane cellulari<br />

al momento <strong>dell</strong>o schiacciamento <strong>dell</strong>’acino. Altri composti aromatici si possono formare<br />

in questa fase per idrolisi <strong>dell</strong>e forme glicosilate indotta dalle glicosidasi <strong>dell</strong>’uva al<br />

momento <strong>dell</strong>a diffusione dalle cellule <strong>dell</strong>a buccia nel succo, ma questi fanno parte degli<br />

aromi varietali. I principali composti che fanno parte di questa categoria sono aldeidi e<br />

alcoli a sei atomi di carbonio esanale, trans e cis­3­esenale, trans­2­esenale, esanolo, trans<br />

e cis­3 esenolo, trans­2­esenolo, caratterizzati da un odore erbaceo molto marcato. Questi<br />

composti, generalmente, condizionano l’aroma del mosto. In questo contesto si dimostrano<br />

di notevole importanza il tipo di raccolta, il trasporto, la pigiatura, il tempo e la<br />

temperatura di macerazione, il tipo e il grado di pressatura, il tipo di debourbage, il grado<br />

di ossigenazione, coadiuvanti tecnologici utilizzati, ecc. (Zironi R., 1991).<br />

c) Aromi di fermentazione o secondari.<br />

Sono i profumi che si creano durante i processi di fermentazione alcolica e malolattica e<br />

dipendono molto dal tipo di lievito utilizzato, e dalla sua attività metabolica nei riguardi di<br />

alcune sostanze gia presenti nel succo. Questi profumi sono attribuibili alla presenza di<br />

diversi composti chimici come le aldeidi, acidi grassi a corta catena, alcoli superiori, esteri<br />

e altri ancora che conferiscono al vino sentori freschi e fragranti di fiori e frutta, tipici dei<br />

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vini giovani. (Di Stefano R., 1996). Altre sostanze possono deprimere queste sensazioni di<br />

freschezza e delicatezza degli aromi fruttati come, ad esempio, il lattato di etile o il<br />

diacetile, prodotti soprattutto dalla fermentazione malolattica, l’alcol isoamilico, ecc.. Il<br />

contenuto degli aromi di fermentazione può essere molto variabile e ciò dipende da molti<br />

fattori quali:<br />

­ la materia da fermentare e quindi il contenuto in zuccheri <strong>dell</strong>e uve, il grado di<br />

maturazione (maggiore è la quantità di zuccheri a disposizione, più elevato ed intenso<br />

risulterà il profumo) e il tenore in amminoacidi, che influisce sul contenuto finale in<br />

esteri e in alcoli superiori (Peynaud E., 1980).<br />

­ la natura del lievito. Ogni specie ha il suo modo particolare di trasformare gli zuccheri<br />

e di formare prodotti secondari, tanto che alcune sostanze odorose sono considerate dei<br />

markers per specifici ceppi di lievito (Villa I. et al., 1998).<br />

­ Le condizioni fisiche di fermentazione, in particolare temperatura e potenziale redox<br />

(in genere basse temperature diminuiscono il tenore in alcoli superiori ed aumentano il<br />

contenuto in esteri e ciò si traduce in un notevole miglioramento sensoriale).<br />

d) Aromi post­fermentativi o terziari.<br />

Sono i profumi che si formano durante la maturazione e l’affinamento del vino attraverso<br />

reazioni chimiche come l’acetalizzazione, l’esterificazione, l’eterificazione e l’ossidazione<br />

a carico di aldeidi, alcoli, acidi organici, tannini, ecc..<br />

e) Aromi esogeni: aromi che il vino assorbe a contatto con l’ambiente in cui si trova.<br />

2. <strong>AROMI</strong> <strong>TIOLICI</strong>.<br />

I tioli (o mercaptani, abbreviazione <strong>dell</strong>’espressione “corpus mercurio aptum” data ai<br />

tioalcooli per la loro caratteristica capacità di dare dei precipitati poco solubili con i sali di<br />

mercurio) sono composti organici assimilabili ad alcoli in cui l’atomo di ossigeno è stato<br />

sostituito da un atomo di zolfo. I composti solforati di tipo tiolico sono, generalmente,<br />

considerati responsabili di difetti olfattivi. La loro importanza nella formazione <strong>dell</strong>’aroma<br />

di certi frutti è, tuttavia, ben nota. Ad esempio, certi tioli partecipano all’aroma<br />

caratteristico di frutti quali il cassis (Rigaud et al., 1986), il pompelmo (Demole et al.,<br />

1982), il frutto <strong>dell</strong>a passione (Engel e Tressl, 1991) e la guava (Idstein e Schreir, 1985;<br />

Bassols e Demole, 1994). Due mercaptani, il 3­mercaptoproprionato di etile e il 2­<br />

mercaptoproprionato di etile, sono stati identificati nell’aroma di uve di Vitis labrusca,<br />

varietà Concord. Diversi tioli molto odorosi sono stati identificati nei vini da uve<br />

Sauvignon. Questi possiedono aromi caratteristici le cui differenti note, erbacee e fruttate,<br />

ricordano il peperone verde, il bosso, la ginestra, il pompelmo, il frutto <strong>dell</strong>a passione, il<br />

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fumo. La prima sostanza scoperta quale componente caratteristico <strong>dell</strong>’aroma dei vini<br />

Sauvignon è stata il 4­mercapto­4­metil­pentan­2­one 4MMP (Darriet et al, 1993;Darriet,<br />

1993; Darriet et al., 1995), che possiede un odore marcato di bosso e di ginestra ed è<br />

estremamente odoroso. La sua soglia di percezione è di 0,8 ng/L in soluzione mo<strong>dell</strong>o. Il<br />

ruolo sensoriale di questo composto è innegabile in quanto il suo tenore nei vini Sauvignon<br />

“tipici” (Bouchilloux et al., 1996) può raggiungere 40 ng/L. Diversi altri tioli odorosi sono<br />

stati in seguito identificati nei vini Sauvignon. Essi sono: l’acetato di 3­mercaptoesan­1­olo<br />

(Tominaga et al.,1996), il 4­mercapto­4­metilpentan­2­olo, il 3­mercaptoesan­1­olo e il 3­<br />

mercapto­3­metilbutan­1­olo (Tominaga et al., 1998a).<br />

L’acetato del 3­mercaptoesan­1­olo (3MHA) possiede un aroma complesso di bosso,<br />

insieme a note di buccia di pompelmo e di frutto <strong>dell</strong>a passione. La sua soglia di<br />

percezione è di 4,2 ng/L, ma certi vini Sauvignon ne possono contenere diverse centinaia di<br />

ng/L. Nel corso <strong>dell</strong>a conservazione si idrolizza generando 3­mercaptoesan­1­olo (3MH).<br />

Questo ricorda l’aroma di pompelmo e del frutto <strong>dell</strong>a passione, in cui, come l’acetato, è<br />

stato identificato. La sua soglia di percezione è <strong>dell</strong>’ordine di 60 ng/L, ma è presente nei<br />

vini Sauvignon a tenori di diverse centinaia di ng/L e, a volte, di µg/L.<br />

Il ruolo sensoriale del 4­mercapto­4­metilpentan­2­olo (4MMPOH), che ha odore di buccia<br />

di agrumi, è più limitato. Il suo tenore nei vini supera raramente la sua soglia di percezione<br />

(55 ng/L) che, tuttavia, può essere raggiunta in qualche vino. Il 3­mercapto­3­metilbutan­1­<br />

olo (3MBH), che ha odore di pere cotte, è molto meno odoroso; la sua soglia di percezione<br />

è di 1500 ng/L.<br />

Dato che questi tioli volatili, verosimilmente, intervengono anche nell’aroma di altre<br />

varietà, s’impone uno studio esaustivo sul loro contributo all’aroma varietale dei differenti<br />

tipi di vini.<br />

Grazie a numerosi lavori effettuati applicando la gascromatografia accoppiata con diversi<br />

sistemi fisici di rilevazione (FID, FPD, MS) è stato possibile studiare questi composti. Per<br />

riconoscere le sostanze odorose separate si è poi ricorso all’abbinamento <strong>dell</strong>a<br />

gascromatografia con l’olfattometria, sfruttando la sensibilità <strong>dell</strong>’olfatto umano. Si sono<br />

così ottenuti degli aromagrammi che si possono confrontare con i cromatogrammi forniti<br />

dai rilevatori strumentali. Si è cercato quindi, con successivi test, di determinare la famiglia<br />

chimica di appartenenza dei composti responsabili di questi aromi. Inizialmente si è<br />

constatato che l’aggiunta di rame ad un vino Sauvignon induce, nell’arco di qualche<br />

minuto, la perdita totale <strong>dell</strong>a maggior parte <strong>dell</strong>e sue note aromatiche tipiche. Questo ha<br />

fatto supporre che i costituenti responsabili <strong>dell</strong>’aroma varietale di Sauvignon fossero dei<br />

composti solforati dotati di una funzione tiolica con la quale il rame può formare dei<br />

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solfuri insolubili. Si tratta dunque di molecole appartenenti alla famiglia dei mercaptani,<br />

non mercaptani maleodoranti responsabili di difetti, ma mercaptani positivi con odori di<br />

frutti.<br />

Una dimostrazione rigorosa di questa ipotesi è stata ottenuta utilizzando un reattivo<br />

specifico per i tioli, il p­idrossimercurobenzoato (pHMB). Questo composto reagisce con i<br />

tioli in una reazione di combinazione che è reversibile per aggiunta in eccesso di un tiolo,<br />

come la cisteina. L’addizione di questo reattivo nel vino porta alla scomparsa oltre che<br />

<strong>dell</strong>e note aromatiche di bosso anche <strong>dell</strong>e note aromatiche del frutto <strong>dell</strong>a passione e di<br />

pompelmo. Queste esperienze portarono all’ipotesi <strong>dell</strong>a presenza di altri tioli volatili, oltre<br />

al 4MMP, responsabili del suddetto aroma fruttato dei vini. Per identificare e dosare questi<br />

differenti aromi è stato messo a punto un metodo specifico di estrazione dei tioli volatili<br />

dal vino. Il metodo prevede l’estrazione dei composti volatili totali con diclorometano e la<br />

successiva estrazione dei tioli volatili contenuti nella fase organica con una soluzione<br />

acquosa di p­HMB. I complessi p­HMB­tioli sono purificati per passaggio <strong>dell</strong>a soluzione<br />

acquosa su resina anionica tipo Dowex (Tominaga et al., 1998b). Essi vengono fissati alla<br />

resina attraverso la funzione carbossilica del p­HMB. Evidentemente, anche gli altri<br />

composti con carica negativa presenti nella soluzione acquosa di p­HMB, ad es. gli acidi<br />

grassi, sono fissati dalla resina. I contaminati non carichi o dotati di carica positiva sono<br />

eliminati per lavaggio <strong>dell</strong>a colonna con un particolare tampone. Dopo lavaggio <strong>dell</strong>a<br />

colonna, l’eluizione selettiva dei tioli volatili è realizzata per percolazione di una soluzione<br />

di cisteina. L’estratto dei vini ottenuto con questo metodo è analizzato per GC­FDP su<br />

colonna BP­20. Grazie a questo metodo il contributo all’aroma dei vini Sauvignon dei<br />

diversi tioli volatili identificati è stato definito. Inoltre sono state determinate le soglie di<br />

percezione olfattiva in soluzione mo<strong>dell</strong>o attraverso il test di degustazione triangolare, i<br />

tenori nei vini per GC­FDP/MS e gli indici aromatici (concentrazione <strong>dell</strong>’aroma nel<br />

vino/soglia di percezione), (Tab.2 e Tab.3 in appendice).<br />

I mosti Sauvignon, come quelli di molte <strong>dell</strong>e varietà a sapore relativamente semplice,<br />

sono poco odorosi; l’aroma caratteristico del vitigno appare, tuttavia, durante la<br />

fermentazione alcolica.<br />

Peynaud (1980) aveva chiaramente previsto l’esistenza di precursori d’aroma nei mosti<br />

Sauvignon e si esprimeva in questi termini:”quando si mastica un acino dorato a buccia<br />

spessa di uva Sauvignon, se ne avverte l’aroma particolare, sebbene poco intenso. Anche il<br />

succo appena prodotto è poco odoroso e, in un primo tempo, l’aroma che si percepisce<br />

quando lo si assaggia è modesto. È venti o trenta secondi dopo averlo deglutito che<br />

bruscamente appare nella cavità retronasale, una esplosione di profumi di Sauvignon…si<br />

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può allora affermare che la vinificazione riveli l’aroma primario nascosto nel frutto. Il vino<br />

presenta un aroma varietale più intenso di quello <strong>dell</strong>’uva, la fermentazione agisce come<br />

rivelatore d’aroma e libera i principi odorosi <strong>dell</strong>’uva”.<br />

Precedenti lavori (Darriet,1993) hanno chiaramente mostrato che il 4MMP non può essere<br />

liberato dai suoi precursori ad opera <strong>dell</strong>e stesse glicosidasi in grado di idrolizzare gli<br />

eterosidi precursori degli alcoli monoterpenici e di certi derivati norisoprenoidi che<br />

intervengono nell’aroma dei vitigni Moscati, classi di precursori di aroma ben note grazie<br />

ai lavori di Cordonnier e Bayonove (1974), Williams et al.(1982), Gunata et al. (1999,<br />

1990), Strauss et al. (1988). Il precursore del 4MMP pertanto non è un eteroside. Fra le<br />

attività enzimatiche capaci di determinare la rottura di un legame carbonio­zolfo liberando<br />

un tiolo, la β­liasi degli S­coniugati alla cisteina (EC4.4.1.13) è stata ritenuta l’enzima più<br />

probabile. Questo enzima prodotto da un batterio intestinale (Eubacterium limosum)<br />

(Larsen 1985;Larsen e Stevens), catalizza la rottura del legame tioetere di numerosi S­<br />

coniugati (S­alchil e S­aril) <strong>dell</strong>a cisteina liberando oltre a un mercaptano, ione ammonio e<br />

acido piruvico.<br />

È ora assodato che il 3­mercaptoesan­1­olo, il 4­metil­4­mercapto­2­one, il 4­metil­<br />

4mercaptopentan­2­olo, esistono nel mosto sotto forma di derivati S­coniugati <strong>dell</strong>a<br />

cisterna: S­(3­esan­1­olo)­cisteina, S­4(4metilpentan­2­one)­cisteina, S­(4metilpentan­2­<br />

olo)­cisteina, S­(3­metilbutan­1­olo)­cisteina (Darriet et al., 1993; Tominaga et al., 1995a<br />

e b).<br />

L’estratto bruto e non volatile di precursori d’aroma solforati (EBPAS) del succo di<br />

Sauvignon, preparato per percolazione su colonna di fase C18 e eluizione con etanolo è<br />

sottoposto all’azione di un omogenato cellulare di Eubacterium limosum. Dopo<br />

incubazione per 15 min. a 30 °C, un forte odore che ricorda gli aromi di Sauvignon, si<br />

sviluppa nel mezzo. In presenza di omogenato batterico inattivato col calore nessun tiolo<br />

viene liberato (Tominaga et al. 1995a,b). Tenuto conto <strong>dell</strong>a specificità <strong>dell</strong>a β­liasi<br />

presente nel preparato batterico si può ipotizzare che i precursori di questi tioli siano S­<br />

coniugati alla cisteina. L’identificazione diretta degli S­coniugati alla cisteina è stata<br />

effettuata come segue. L’EBPAS contenente i precursori d’aroma solforati da identificare,<br />

sono stati purificati per percolazione su una colonna di Chelating Sepharose 4B che ha la<br />

proprietà di fissare certi amminoacidi per mezzo del rame chelato (Belew e Porath, 1990).<br />

La frazione ritenuta è stata fluita con HCl (50mM). Dopo evaporazione a secco <strong>dell</strong>’eluato,<br />

estrazione del residuo con etanolo ed evaporazione a secco, gli estratti dei precursori<br />

d’aroma purificati, sono analizzati per GC­MS sotto forma di trimetilsilil derivati. Questa<br />

analisi permette di identificare le strutture dei precursori volatili: S­4­(metilpentan­2­one)­<br />

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L­cisteina, S­4­(metilpentan­2­olo)­L­cisteina, S­3­(esan­1­olo)­L­cisteina (Tominaga et<br />

al., 1998c).<br />

Adesso si conosce la trasformazione dei precursori S­coniugati alla cisteina da parte dei<br />

lieviti: i precursori sono trasportati dentro la cellula del lievito ove vengono parzialmente<br />

trasformati in tioli grazie ad una reazione di α­β­eliminazione (reazione <strong>dell</strong>a β­liasi),<br />

quindi l’aroma viene escreto dalla cellula e diviene olfattivamente attivo; una parte è persa<br />

in quanto sfruttata diversamente dal lievito.<br />

L’identificazione di un precursore cisteinilderivato del 3MH nelle uve Sauvignon ha<br />

indotto a verificare la sua esistenza nel frutto <strong>dell</strong>a passione. Si è trovato che questo frutto<br />

ne contiene tenori elevati (Engel e Tressl, 1991). Anche la presenza di un S­coniugato alla<br />

cisteina, l’S­3­(esan­1­olo)­L­cisteina è stata messa in evidenza in questo frutto (Tominaga<br />

et al., 2000b). Pertanto, gli S­coniugati alla cisteina costituiscono una nuova famiglia di<br />

precursori d’aroma dei frutti.<br />

3. EVOLUZIONE <strong>DEGLI</strong> <strong>AROMI</strong> VARIETALI DURANTE LA CONSERVAZIONE<br />

DEL VINO.<br />

Il contenuto aromatico di fermentazione viene completamente rimaneggiato nel corso<br />

<strong>dell</strong>’invecchiamento; in particolare i gruppi di componenti più numerosi, alcoli, aldeidi,<br />

esteri ed acidi organici, subiscono importanti modificazioni nel senso di un aumento o di<br />

una diminuzione <strong>dell</strong>a concentrazione. Per quanto riguarda gli alcoli, essi sono coinvolti in<br />

diversi tipi di reazione: ossidazioni, esterificazione o quali prodotti derivanti da idrolisi di<br />

esteri. Queste modificazioni non sono marcate e differenti temperature di conservazione<br />

non determinano spiccati aumenti o diminuzioni nella concentrazione di tali alcoli. Alcoli<br />

molto volatili sono gli alcoli terpenici; la conservazione in bottiglia può determinare<br />

naturali modifiche nel contenuto aromatico. Prove di conservazione, di ossidazione e di<br />

invecchiamento veloce non hanno prodotto soltanto i rispettivi ossidi, derivati del pirano e<br />

del furano, ma hanno mostrato anche la comparsa di un altro composto ciclico, l’α­<br />

terpineolo, che determina la perdita del tipico aroma fruttato e floreale. Le aldeidi, il cui<br />

contenuto è elevato nei vini di tipo ossidato, si ritrovano in modeste quantità nei vini<br />

naturali, e la loro presenza è promossa dall’intervento indiretto <strong>dell</strong>’ossigeno. In genere,<br />

durante la conservazione e l’invecchiamento, il contenuto in aldeidi aumenta qualora vi sia<br />

stato anche un minimo contatto con l’aria; tra l’altro questi composti hanno una bassa<br />

soglia olfattiva. Dopo aver raggiunto un massimo di concentrazione compatibile con il<br />

tenore in ossigeno ed in polifenoli ossidabili, il contenuto in aldeidi totali subisce una<br />

leggera diminuzione. Questo si verifica in seguito all’instaurarsi di alcune reazioni di<br />

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iduzione o di ossidazione o, più verosimilmente, per il sopravvento di reazioni di<br />

acetalizzazione che interessano le aldeidi. Queste reazioni includono l’addizione, in mezzo<br />

alcolico e a pH acido, di una molecola di alcol al gruppo carbonilico, con formazione di un<br />

semiacetale, un intermedio instabile che reagisce con una seconda molecola di alcol per<br />

formare un acetale. Tali composti, molto volatili, dal profumo molto gradevole e con soglie<br />

olfattive molto basse contribuiscono alle note di etereo di molti vini invecchiati. Gli acidi<br />

sono forse il gruppo di componenti volatili che meno influenzano il bouquet<br />

d’invecchiamento, pur potendo risultare da reazioni di idrolisi, di ossidazione o intervenire<br />

in reazioni di esterificazione. Durante l’invecchiamento si ha un aumento nel contenuto in<br />

acido acetico, che può risultare dall’ossidazione <strong>dell</strong>’etanolo o dall’idrolisi di esteri acetici.<br />

La concentrazione di altri acidi a media catena, quali l’esanoico e l’ottanoico, non mostra<br />

significativi cambiamenti. Per quanto riguarda gli esteri, a parte le trascurabili quantità<br />

presenti nell’uva, essi si formano nel vino principalmente per opera dei lieviti durante la<br />

fermentazione alcolica. Si ritrovano nel vino in concentrazioni maggiori o minori rispetto a<br />

quelle prevedibili in base alle relative costanti di equilibrio. All’interno del vino si verifica<br />

la tendenza a ristabilire detto equilibrio, attraverso reazioni di idrolisi e di esterificazione,<br />

ma questo alle normali temperature e pH avviene molto lentamente; di fatto l’equilibrio<br />

non è mai raggiunto, nemmeno dopo diversi anni di conservazione.<br />

4. <strong>VINI</strong>FICAZIONI CON PROTEZIONE DEL MOSTO DALLE OSSIDAZIONI<br />

PER LA DIFESA <strong>DEGLI</strong> <strong>AROMI</strong> <strong>TIOLICI</strong>.<br />

Fatta eccezione per alcuni vini speciali del tipo rancio, i cui caratteri gustativi particolari<br />

risultano da un’intensa ossidazione nel corso <strong>dell</strong>’elaborazione, i vini bianchi sono ottenuti<br />

al riparo più o meno completo <strong>dell</strong>’ossigeno, o del tutto o in parte limitando i fenomeni<br />

ossidativi nel corso <strong>dell</strong>a vinificazione e <strong>dell</strong>a maturazione. Queste precauzioni sono<br />

dettate dalla necessità di proteggere gli aromi fruttati dei vini giovani e di evitare<br />

l’imbrunimento del colore. Esse mirano anche a favorire lo sviluppo ulteriore del bouquet<br />

di riduzione nel corso <strong>dell</strong>’invecchiamento in bottiglia.<br />

Se la necessità di proteggere il vino bianco dall’ossigeno dopo la fermentazione è<br />

largamente ammessa, quella di evitare ogni ossidazione del mosto non è unanimemente<br />

condivisa, ad eccezione di varietà come il Sauvignon o altre il cui aroma è imputabile a<br />

composti solforati varietali, per i quali l’ossidazione o anche l’assenza di protezione contro<br />

l’ossidazione dei mosti esercita un effetto depressivo sulle note aromatiche riferibili a<br />

questi composti.<br />

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Il consumo di ossigeno nel mosto è essenzialmente dovuto all’ossidazione enzimatica dei<br />

composti fenolici. Intervengono, sul consumo di questo elemento, due ossidasi: la<br />

tirosinasi <strong>dell</strong>’uva sana e la laccasi di Botrytis cinerea che troviamo solo nei mosti di uve<br />

ammuffite.<br />

La tirosinasi, nel mosto, ha per substrato pressoché esclusivo, gli acidi cinnamici e i loro<br />

esteri con l’acido tartarico (acido caftarico e cutarico). Essa trasforma l’acido caftarico in<br />

chinone e in ragione <strong>dell</strong>’attività cresolasica <strong>dell</strong>’enzima, l’acido cutarico dà lo stesso<br />

chinone <strong>dell</strong>’acido caftarico. Queste reazioni di ossidazione sono estremamente rapide e<br />

causano l’ossidazione e l’imbrunimento del mosto nelle prime fasi <strong>dell</strong>a vinificazione in<br />

bianco. Il fattore che determina la velocità di queste reazioni risulta il consumo<br />

<strong>dell</strong>’ossigeno. La capacità dei mosti di consumare ossigeno varia notevolmente e dipende<br />

dal contenuto iniziale di acidi idrossicinnamici e dalle sostanze ossidabili (glutatione<br />

ridotto e flavonoidi); in particolare la cinetica <strong>dell</strong>e reazioni dipende dal rapporto molare<br />

tra acidi idrossicinnamici e glutatione. Le tecniche di iperossigenazione del mosto hanno<br />

come obiettivo l’abbattimento del tenore <strong>dell</strong>e sostanze che parteciperebbero nel vino alle<br />

reazioni di ossidazione. Fra i composti che appartengono a questa classe, i flavani sono<br />

quelli che generano durante la conservazione del vino gusti amari, sensazioni tanniche e<br />

instabilità sensoriale. Si può affermare che le tecniche ossidative sono volte a stabilizzare il<br />

vino attraverso la sottrazione dal mosto dei composti causa di instabilità, a scapito però<br />

<strong>dell</strong>a qualità varietale del vino. È una scelta giustificata particolarmente per prodotti<br />

fortemente marcati dalla tecnologia e dagli aromi secondari prodotti durante l’affinamento,<br />

quali vini spumanti, liquorosi o affinati in barrique. Se si vuole invece privilegiare ed<br />

esaltare i caratteri varietali del vitigno bisogna proteggere il mosto dall’ossigeno,<br />

mantenendo il più possibile ciò che ritroviamo nel mosto dopo che quest’ultimo si è<br />

arricchito di componenti utili, sotto l’aspetto organolettico, ceduti principalmente dal<br />

contatto più o meno prolungato con le bucce.<br />

La liberazione degli aromi tiolici dai suoi precursori è promossa per via chimica dall’acido<br />

ascorbico, e durante la fermentazione dal lievito. Gli altri fattori importanti sono il rame,<br />

che deve essere inferiore a 2,5 mg/L nel mosto, ed il grado di protezione dall’ossigeno, dal<br />

momento che i tioli liberati durante la fermentazione reagiscono preferenzialmente con i<br />

chinoni residui nel mosto (Darriet, 1994).<br />

Quindi nella vinificazione con protezione del mosto dalle ossidazioni per la difesa degli<br />

aromi tiolici bisogna:<br />

1) evitare il contatto con l’aria e gli agenti ossidanti: il mosto ed il vino devono essere<br />

mantenuti ben protetti dall’aria per prevenire la dissoluzione <strong>dell</strong>’ossigeno. Le vasche<br />

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utilizzate devono quindi permettere la creazione di una barriera efficace. L’acciaio è<br />

l’unico materiale che offre sufficienti garanzie; le vasche devono restare costantemente<br />

piene e le guarnizioni devono essere in buono stato per evitare l’ingresso di ossigeno. In<br />

generale l’area di contatto alla superficie del liquido deve essere minimizzata in ogni fase e<br />

ricoperta di gas inerte (azoto, anidride carbonica o argon). Importante anche ridurre al<br />

minimo le movimentazioni del vino (travasi, trasferimenti ecc.) per ridurre i rischi di<br />

contatto con l’aria. Tutte le attrezzature utilizzate devono essere ermeticamente chiuse per<br />

evitare l’incorporazione di aria durante l’operazione. L’imbottigliamento è una fase<br />

delicata dove è necessario prevenire il contatto con l’aria; importante anche la scelta del<br />

tipo di chiusura o del materiale di confezionamento (nel caso di bag­in­box) che deve<br />

garantire un minimo o nullo passaggio di ossigeno. L’operazione di riempimento e<br />

tappatura <strong>dell</strong>e bottiglie deve garantire un assorbimento di ossigeno inferiore a 0,2­0,3<br />

mg/L. Gli australiani, sulla base di ricerche condotte su vini in iper­riduzione, preferiscono<br />

sistemi di chiusura con il tappo a vite che garantiscono maggior tenuta. I tappi sintetici<br />

hanno fatto rilevare cessioni di 0,01 mL/giorno, che sono considerati valori a rischio per<br />

questi vini, mentre i tappi in sughero hanno dato arricchimenti di ossigeno molto variabili,<br />

in funzione <strong>dell</strong>a provenienza del sughero e dei trattamenti subiti. Anche se la maggiore<br />

causa di ossidazione è il contatto con l’aria, ci sono numerosi materiali di comune uso in<br />

cantina che possono entrare in contatto con il vino provocando ossidazioni significative. Il<br />

contatto con residui di cloro, ozono e perossido deve essere evitato accuratamente nella<br />

vinificazione in riduzione. Tra questi ossidanti il più pericoloso è l’idrogeno perossido che<br />

può essere utilizzato per il lavaggio dei tappi di sughero, anche se tale evento oggi è<br />

abbastanza raro grazie agli sforzi compiuti dai sugherifici per il miglioramento <strong>dell</strong>e<br />

tecniche di lavaggio. Se l’ossigeno entra in soluzione nel vino, può essere rimosso facendo<br />

gorgogliare nello stesso un gas inerte (sparging): se l’operazione è effettuata<br />

tempestivamente dopo il contatto con l’ossigeno, questo può evitare l’innescarsi <strong>dell</strong>e<br />

reazioni ossidative ed evitare danni al vino. L’ossigeno in soluzione diffonde nelle bolle di<br />

gas e viene trasportato alla superficie per essere poi disperso nell’atmosfera.<br />

2) rimuovere i catalizzatori d’ossidazione: diverse sostanze possono aumentare la velocità<br />

di reazione tra l’ossigeno ed i composti sensibili del vino; la loro rimozione può quindi<br />

essere utile nella gestione del processo in riduzione. Gli enzimi come la polifenol­ossidasi<br />

e la laccasi sono i catalizzatori più forti. La polifenol­ossidasi può essere controllata con<br />

l’aggiunta di anidride solforosa. La laccasi richiede invece trattamenti termici: 70°C per 30<br />

secondi possono essere sufficienti ad inattivare la laccasi senza compromettere la qualità<br />

del mosto. Il ruolo dei metalli come catalizzatori <strong>dell</strong>e ossidazioni non è pienamente<br />

11


compreso. Si sospetta che il rame ed il ferro possano aumentare le reazioni di ossidazione<br />

in certe condizioni. Il rame è uno strumento importante nella rimozione <strong>dell</strong>’idrogeno<br />

solforato nella vinificazione in riduzione e la sua aggiunta deve essere quindi dosata<br />

accuratamente. L’impiego di materiali inerti come l’acciaio per le superfici a contatto con<br />

il vino serve ad evitare la contaminazione accidentale con rame e ferro.<br />

3) aggiungere antiossidanti: la solforosa è l’antiossidante più diffuso e viene ampiamente<br />

utilizzato nella vinificazione in riduzione. Essa reagisce con l’ossigeno formando solfato.<br />

L’acido ascorbico ed il suo isomero ottico, acido eritorbico, hanno anch’essi la capacità di<br />

reagire con l’ossigeno formando perossido d’idrogeno che può a sua volta reagire con<br />

l’anidride solforosa ed ossigeno. La funzione <strong>dell</strong>’acido ascorbico è quindi quella di<br />

rendere più rapida l’azione <strong>dell</strong>’anidride solforosa, ma ne è fortemente sconsigliato<br />

l’impiego in assenza di dosi adeguate di SO2. Anche il tannino può perdere elettroni<br />

agendo da riducente e reagire con l’ossigeno. Tuttavia, in paesi come l’Australia e Nuova<br />

Zelanda dove la vinificazione in riduzione è molto praticata, il suo impiego come<br />

antiossidante non è diffuso. Nella fase di raccolta e ammostamento viene di solito aggiunta<br />

l’SO2 in dosi che vanno da 5 a 10 g/hL anche se alcuni tecnici australiani consigliano 20<br />

g/hL, per arrivare ad avere sul mosto 50 ppm di SO2 totale. L’acido ascorbico può essere<br />

addizionato sull’uva in vigneto o alla pigiatura. Le dosi tipiche aggiunte si aggirano tra 3 e<br />

5 g/hL. È essenziale che sia presente SO2 libera quando si aggiunge l’acido ascorbico, in<br />

quanto il solo acido ascorbico riduce inizialmente il potenziale redox, ma in seguito agisce<br />

nel vino come pro­ossidante. Si può inoltre dosare ghiaccio secco in pellet da distribuire<br />

sul primo strato di uva, per contrastare maggiormente le ossidazioni e ridurre la<br />

temperatura sul mosto di fondo, formatosi dallo schiacciamento <strong>dell</strong>e uve. Nella fase di<br />

pressatura il riempimento <strong>dell</strong>a pressa può avvenire con gli scarichi del mosto chiusi,<br />

saturando preventivamente la pressa con gas inerte (preferibilmente CO2). Inoltre per<br />

essere sicuri di avere un ridotto tenore fenolico, per i prodotti di gamma medio­alta<br />

vengono utilizzati solo il mosto fiore e le pressature molto soffici (fino a 0,5 bar). Il mosto<br />

sgrondato dalla pressa deve essere sempre protetto dall’aria mediante impiego di gas inerte<br />

nell’atmosfera sovrastante, nel contenitore di raccolta sottostante la pressa, e nei<br />

contenitori in cui sosterà il prodotto prima <strong>dell</strong>a fermentazione. In fase di affinamento il<br />

dosaggio di SO2 può avvenire per inezione in linea nel trasferimento del vino al serbatoio;<br />

la quantità di SO2 libera deve essere di 25­30 mg/L e contestualmente dobbiamo dosare<br />

l’acido ascorbico in dose di 20­40 mg/L. È bene dosare l’acido ascorbico ad ogni<br />

movimento del vino facendo sempre attenzione ad avere i livelli di SO2 sopraccitati.<br />

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L’acido ascorbico permette di prevenire l’effetto “pinking” che si manifesta con una<br />

colorazione rosa del vino bianco a seguito di contatto con l’ossigeno.<br />

4) gestire la temperatura: la temperatura del mosto e del vino influisce sulla velocità e<br />

sulla quantità di ossigeno che passa in soluzione e sulla velocità a cui avvengono le<br />

reazioni di ossidazione. A basse temperature, il mosto ed il vino si saturano con maggiori<br />

quantità di ossigeno. Tuttavia, la velocità di reazione tra l’ossigeno ed i componenti<br />

sensibili del vino è di molto inferiore che ad alte temperature. L’uva raccolta a mano può<br />

essere raffreddata in camere frigorifere prima <strong>dell</strong>a pigiatura o <strong>dell</strong>a pressatura <strong>dell</strong>e uve<br />

intere. Più di frequente, il mosto è raffreddato usando uno scambiatore a fascio tubiero nel<br />

passaggio tra la pigiatrice e la pressa. Col raffreddamento si raggiunge la temperatura<br />

desiderata di 5­10°C. Anche la vendemmia meccanica notturna aiuta ad abbassare la<br />

temperatura di uva e mosto ed il carico nel sistema di raffreddamento <strong>dell</strong>a cantina. Da una<br />

recente ricerca si è dimostrato che, contrariamente a quanto solitamente si immagina non è<br />

la bassa temperatura di fermentazione che favorisce lo sviluppo degli aromi Sauvignon. Le<br />

basse temperature favoriscono lo sviluppo di aromi fermentativi, ma non la tipicità del<br />

Sauvignon.<br />

5) ruolo del ceppo di lievito: la fermentazione è la fase del processo di vinificazione<br />

maggiormente in riduzione. I lieviti consumano l’ossigeno e l’anidride carbonica prodotta<br />

fornisce una naturale copertura di gas inerte. Tuttavia, ci sono alcune regole fondamentali<br />

per assicurare che lo stile di vino in riduzione sia mantenuto durante la fermentazione. I<br />

ceppi di lievito usati per i vini in riduzione sono in genere neutri. Lieviti che producono in<br />

fermentazione alti quantitativi di esteri non sono apprezzati, dal momento che possono<br />

dominare sugli aromi varietali che lo stile cerca di conservare. Vi è invece interesse per<br />

l’uso di lieviti in grado di liberare i precursori aromatici <strong>dell</strong>’uva durante fermentazione.<br />

Esistono ceppi appartenenti alla specie Saccharomyces bayanus, criofili, molto più attivi<br />

dei S.cerevisiae nell’attivazione di aromi di Sauvignon. Per contro però i lieviti di questa<br />

specie producono anche molti aromi fermentativi che mascherano ed alterano la tipicità<br />

stessa del Sauvignon. Ecco dunque aprirsi nuove possibilità facendo ricorso all’ibridazione<br />

del S. cerevisiae con il S. bayanus (ibridi tra queste specie esistono anche in natura)<br />

nell’intento di preservare i caratteri più utili. Il tempo che trascorre prima che nel mosto<br />

cominci la fermentazione è abbastanza critico per la conservazione dei caratteri aromatici e<br />

la prevenzione dagli effetti del contatto con l’ossigeno. In Australia, le cantine preparano<br />

<strong>dell</strong>e colture liquide per avere una partenza veramente rapida <strong>dell</strong>a fermentazione. Il mosto<br />

è integrato con azoto assimilabile dal lievito, abitualmente tramite aggiunte di fosfato<br />

ammonico (DAP), e con vitamine. La coltura è fortemente aerata per ottenere un alto<br />

13


numero di cellule di lievito. L’inizio <strong>dell</strong>a fermentazione è in genere molto rapido. Nella<br />

coltura liquida di solito viene prodotta un po’ di acetaldeide, che può aiutare a combinare<br />

la SO2 libera nel mosto e ridurre l’inibizione del lievito. L’aerazione <strong>dell</strong>a coltura di lievito<br />

può sembrare contraria ai principi <strong>dell</strong>a vinificazione in riduzione, viceversa è un fattore<br />

importante per il successo di questa tecnica. La fermentazione dei vini in riduzione è<br />

condotta a temperature anche inferiori a 15°C. Fermentazioni prolungate (stentate) o<br />

bloccate possono contribuire alla comparsa di caratteri non desiderati nei vini realizzati con<br />

la tecnica in riduzione. Quando si preparano vini in riduzione si preferisce non cercare di<br />

favorire l’attività del lievito durante la fermentazione tramite aerazione. L’alto livello di<br />

steroli determinato dalla forte aerazione effettuata nella coltura liquida di lievito consente<br />

in genere di completare la fermentazione, benché l’ambiente, durante la fermentazione<br />

rappresenti una sfida per il lievito.<br />

6) controllo e misura di marker di processo: è opportuno rilevare lo stato di ossidazione<br />

del vino individuando opportuni marker di processo. Il potenziale redox è di difficile<br />

determinazione e viene quindi raramente impiegato in pratica, anche se sarebbe la misura<br />

più diretta ed adeguata. L’ossigeno viene misurato di routine, sia in campioni portati in<br />

laboratorio che direttamente in vasca, utilizzando ossimetri di precisione. Gli acidi<br />

cinnamici, che sono la principale classe chimica di antiossidanti fenolici presenti nei vini<br />

bianchi, rappresentano uno strumento di indagine ideale. Secondo Vhrovsek, (1988) la<br />

concentrazione degli acidi cinnamici nella bacca (278­467 mg/L), e nel mosto<br />

completamente protetto dalle ossidazioni (135­281 mg/L), è di gran lunga superiore a<br />

quella che si osserva nei vini bianchi principalmente a causa <strong>dell</strong>a estrazione solo parziale<br />

di questi composti dalle bucce e <strong>dell</strong>e perdite nel mosto causate da reazioni di ossidazioni<br />

enzimatica (Vrhovsek e Wendelin, 1998a e 1998b). Il lavoro di Vrhovsek (1998) fornisce<br />

anche le condizioni sperimentali per stimare con esattezza in laboratorio il contenuto di<br />

acidi cinnamici del mosto completamente protetto dalle ossidazioni, producendo un valore<br />

di riferimento assoluto da confrontare con il risultato di cantina. Quindi gli acidi caftarico e<br />

p­cutarico sono i migliori marker <strong>dell</strong>a protezione dalle ossidazioni enzimatiche governate<br />

dalla polifenolossidasi, di cui sono il substrato preferenziale; l’acido p­cutarico che è<br />

fortemente localizzato nelle bucce è il miglior marker <strong>dell</strong>a estrazione dalle bucce, per<br />

evidenziare la effettiva protezione dalle ossidazioni ottenibile nelle frazioni di pressatura.<br />

L’ossidazione enzimatica causa la rimozione preferenziale <strong>dell</strong>e catechine e <strong>dell</strong>e<br />

proantocianidine, per reazione redox accoppiate. Una minore ossidazione degli acidi<br />

cinnamici dovrebbe produrre anche un aumento nel vino dei tenori <strong>dell</strong>e catechine e <strong>dell</strong>e<br />

proantocianidine (fattore negativo).<br />

14


Una seconda classe di composti che può essere utilizzata per verificare il grado di<br />

protezione dalle ossidazioni enzimatiche è costituita dai composti a 6 atomi di carbonio. La<br />

loro formazione è stata studiata in dettaglio nelle foglie di thè, evidenziando come essi<br />

derivino per via ossidativa, ad opera <strong>dell</strong>a lipossigenasi, in presenza di ossigeno, a partire<br />

dagli acidi grassi poliinsaturi alfa­linoleico e linoleico (Hatanaka, 1993). Il decorso <strong>dell</strong>a<br />

reazione è rapidissimo, a seguito <strong>dell</strong>a macinazione di foglie estive di thè la formazione dei<br />

composti a C6 associati all’odore “verde” decorre in 1­3 minuti. Nel caso <strong>dell</strong>’uva i<br />

composti più rilevanti che sono riscontrabili nel vino a seguito di questo processo sono<br />

l’esanolo, il cis­3­esenolo (alcol di foglia, a forte odore verde, fresco, fruttato, e soglia<br />

olfattiva di 30 µg/L) ed il trans­3­esenolo. Secondo Bayonove e coll. (1987) gli acidi<br />

poliinsaturi precursori di C6 sono presenti nell’uva in quantità di circa 250­300 mg/Kg,<br />

mentre quelli contenuti nei glicolipidi, ritenuti i diretti precursori, sono circa 40 mg/Kg.<br />

Dato che la conversione di 15 mg dei suddetti acidi grassi insaturi basta a formare i 5 mg/L<br />

di composti a sei atomi di carbonio riscontrabili riscontrabili, in genere, nel mosto, la<br />

disponibilità del precursore non dovrebbe essere un aspetto limitante. Lo è invece la<br />

protezione dalle ossidazioni (Nicolini et al., 1996). Se la solfitazione del mosto è fatta<br />

immediatamente all’uscita dalla pressa i valori di esanolo nel vino sono quasi dimezzati e<br />

quelli di cis­3­esenolo e trans­3­esenolo sono di gran lunga superiori rispetto a quelli che si<br />

ottengono se la solfitazione viene ritardata; inoltre, la solfitazione precoce con presenza di<br />

acido ascorbico e anidride solforosa riduce ulteriormente anche il tenore di trans­3­esenolo<br />

(Nicolini et al., 1996).<br />

Anche il colore del mosto è un parametro associabile al decorso <strong>dell</strong>e reazioni ossidative<br />

enzimatiche e può quindi essere utilizzato per monitorare il decorso <strong>dell</strong>e reazioni in fase<br />

di pressatura. In Australia è stato sviluppato un sistema per misurare direttamente<br />

l’assorbanza su bottiglie non aperte di vino bianco (Skouroumounis et al., 2003). Tale<br />

sistema può essere utilizzato per comparare lo stato ossidativo di una popolazione<br />

numerosa di bottiglie in vari momenti, ed è particolarmente utile nella valutazione <strong>dell</strong>a<br />

bontà di una chiusura.<br />

Anche la presenza di antiossidanti come l’anidride solforosa e l’acido ascorbico possono<br />

essere monitorate con attenzione. Il lavoro di Peng et al. (1998) ha mostrato che<br />

l’assorbanza a 420 nm (A420) viene incrementata in presenza di acido ascorbico nei vini<br />

bianchi. Tale lavoro ha portato ad una certa prudenza nell’impiego <strong>dell</strong>’acido ascorbico,<br />

ma nuove ricerche (AWRI) hanno tuttavia dimostrato che, anche se l’A420 viene<br />

incrementata in alcuni vini bianchi dopo un contatto con l’aria, la quantità globale di colore<br />

15


percepibile a vista risulta inferiore. L’acido ascorbico sembra quindi agire evitando nel<br />

tempo l’incremento <strong>dell</strong>’assorbanza a lunghezze d’onda maggiori di 420 nm.<br />

5. PROBLEMI CHE SI RISCONTRANO NELLE <strong>VINI</strong>FICAZIONI CON<br />

PROTEZIONE DEL MOSTO DALLE OSSIDAZIONI.<br />

Il primo fattore da controllare è il vigneto il quale deve sviluppare il più possibile gli aromi<br />

primari, regolando il carico produttivo in funzione <strong>dell</strong>’obiettivo enologico. Si devono<br />

soprattutto evitare dannosi stress idrici nelle annate siccitose, che provocano la<br />

conseguente riduzione <strong>dell</strong>’azoto assimilabile e degli amminoacidi ed un aumento<br />

<strong>dell</strong>’azoto proteico. Si può indicare un valore di potenziale idrico (ψt) ottimale a partire da<br />

dopo l’invaiatura pari a ­0.65 MPa, questo in modo da indurre un rallentamento <strong>dell</strong>a<br />

crescita <strong>dell</strong>a chioma senza bloccare l’attività fisiologica <strong>dell</strong>a pianta. Lo sviluppo di<br />

malattie e soprattutto di Botrytis cinerea deve essere evitato. Quando avviene, i grappoli<br />

attaccati non devono essere raccolti, altrimenti nel vino ritroveremo enzimi, come la<br />

laccasi, che sono forti catalizzatori di ossidazioni. L’alimentazione azotata non deve essere<br />

limitante ma senza eccessi. Secondo uno studio condotto in Francia nella zona <strong>dell</strong>e<br />

Graves, un vigneto (Sauvignon clone 108 su piede riparia “Glorie de Montpellier” con<br />

densità d’impianto di 3300 ceppi/ha) concimato con 60 unità/ha di azoto, ha dato un<br />

contenuto di azoto assimilabile (APA) ottimale, quantificabile intorno a 170 mg/L, per<br />

l’ottenimento di vini più aromatici. La carenza in azoto conduce ad un vino molto più ricco<br />

in composti fenolici e viceversa; un mosto povero in composti fenolici significa un mosto<br />

meno ossidabile e ciò si traduce in una migliore conservabilità del potenziale aromatico;<br />

inoltre un terreno concimato fornisce un mosto più ricco in glutatione, che comporta una<br />

maggiore protezione del potenziale aromatico, come riportato in seguito. Il rame residuo<br />

proveniente da interventi anticrittogamici sulle uve agisce poi da catalizzatore<br />

<strong>dell</strong>’ossidazione, in particolare sui composti tiolici, con riflessi negativi sulle varietà che ne<br />

sono ricche. Da fine luglio in poi è molto importante fare attenzione alla distribuzione di<br />

anticrittogamici cuprici in vigna.<br />

La liberazione del 4MMP e soprattutto del 3MH, dato che il suo precursore si trova<br />

equamente distribuito tra buccia e polpa, è favorita da un contatto tra succo e buccia ed è<br />

promossa per via chimica dall’acido ascorbico. La macerazione ha senso solo se la buccia<br />

è povera in polifenoli e l’uva ha una buona dotazione in acidi. La vinificazione in riduzione<br />

con il solo acido ascorbico è sconsigliata in quanto l’acido ascorbico in presenza di<br />

catalizzatori metallici, favorisce l’attivazione <strong>dell</strong>’ossigeno che viene convertito in anione<br />

superossido [°O2 ­ ] (Scarpa et al.,1983; Rigo et al.,1985) che tende a reagire<br />

16


immediatamente producendo acqua ossigenata [H2O2]. L’acqua ossigenata in presenza di<br />

acido ascorbico e catalizzatori metallici, quali gli ioni ferro e rame, può inoltre generare il<br />

radicale idrossile [°OH] (Halliwell, 1996) altamente reattivo. Anche i polifenoli presenti<br />

nel vino possono agire in competizione con l’anidride solforosa, in quanto sono anch’essi<br />

in grado di reagire con l’anione superossido generando a loro volta una specie radicalica, il<br />

semichinone [°QH], la cui presenza come radicale di elevata stabilità è stata dimostrata nel<br />

vino rosso (Rossetto et al., 2001). In presenza di ossigeno, il semichinone può andare<br />

incontro a reazioni di oligomerizzazione con complessivo effetto antiossidante (Bors,<br />

2000), oppure ciclare attraverso una serie di reazioni radicaliche a catena (Singleton,<br />

1987), con produzione di acqua ossigenata ed effetto pro­ossidante. L’acqua ossigenata<br />

generata in queste reazioni interagisce sia con i polifenoli stessi che con gli altri<br />

componenti del vino, ad esempio formando acetaldeide per ossidazione <strong>dell</strong>’etanolo.<br />

Inoltre, l’ossidazione dei polifenoli è autocatalitica, per cui un vino che inizia ad imbrunire<br />

tende ad accelerare il suo deterioramento (Singleton, 1987). Di conseguenza, è prassi<br />

consolidata in enologia quella di tenere sotto controllo la concentrazione dei composti<br />

polifenolici nei vini bianchi, particolarmente se a pH elevati. La loro presenza eccessiva è<br />

vista come un fatto destabilizzante che può innescare fenomeni di imbrunimento e<br />

maderizzazione durante la conservazione.<br />

Lavorare in fretta, per minimizzare i processi ossidativi, raffreddare il più velocemente<br />

possibile le uve, per rallentare le reazioni di ossidazione, sono altri due necessità proprie<br />

<strong>dell</strong>e vinificazioni in riduzione. La raccolta meccanizzata è un modo per evitare ritardi e<br />

poter vendemmiare l’uva a maturità ottimale. I ritardi dovuti ai riempimenti di grande<br />

presse possono essere evitati dall’utilizzo di un maggior numero di unità più piccole. La<br />

centrifugazione può diminuire il tempo richiesto per la lavorazione del mosto, in confronto<br />

alle tecniche di decantazione convenzionali.<br />

La bassa temperatura di uve e mosto può inibire l’azione degli enzimi pectolitici. La<br />

demolizione <strong>dell</strong>e pectine è essenziale per ottenere il livello di pulizia del mosto richiesto<br />

per lo stile in riduzione. Per assicurare che l’azione enzimatica avvenga prima del<br />

raffreddamento, alcuni produttori aggiungono gli enzimi pectolitici all’uva vendemmiata a<br />

macchina durante la raccolta in vigneto. Ciò aumenta il tempo di azione degli enzimi,<br />

prima che la temperatura del mosto sia abbassata. La chiarifica del mosto non è<br />

indispensabile per lo status di riduzione. Tuttavia, la limpidezza del mosto è importante per<br />

mantenere la freschezza generale, la pulizia <strong>dell</strong>’aroma varietale e l’assenza di caratteri<br />

secondari, che sono importanti nei vini in riduzione. I mosti destinati alla vinificazione in<br />

riduzione sono generalmente molto chiarificati. Il mosto è di norma decantato a freddo o<br />

17


centrifugato fino ad un alto livello di pulizia, ma gli enologi possono anche filtrare il mosto<br />

fino a livelli di brillantezza molto spinti. Di solito si pratica una filtrazione a farina fossile,<br />

ma c’è interesse nell’uso <strong>dell</strong>a microfiltrazione tangenziale per la chiarifica del mosto. In<br />

genere, è necessario un efficace trattamento con enzimi pectolitici per ottenere gli alti<br />

livelli di pulizia richiesti. La vinificazione in riduzione presenta alcune sfide impegnative<br />

durante la fermentazione. Mentre lavoriamo con mosti estremamente chiarificati, vogliamo<br />

una fermentazione regolare e completa. Conduciamo la fermentazione a basse temperature,<br />

ma desideriamo minimizzare la formazione di solfuri. Abbiamo bassi livelli di ossigeno<br />

disciolto nei nostri mosti, ma ci proponiamo un rapido avvio di fermentazione. Questi<br />

conflitti sottolineano l’importanza di un’efficace gestione <strong>dell</strong>a fermentazione per avere<br />

successo nella produzione dei vini in riduzione.<br />

I caratteri di ridotto come idrogeno solforato H2S e mercaptani sono un rischio sempre<br />

presente durante la vinificazione in riduzione. Il controllo dei solfuri durante il processo è<br />

essenziale. Durante la fermentazione attiva, l’H2S può essere efficacemente controllato con<br />

l’aggiunta di azoto in forma di fosfato ammonico (DAP). Questo può essere aggiunto sia<br />

come strategia preventiva, sia in risposta alla formazione di H2S. Verso la fine <strong>dell</strong>a<br />

fermentazione, le aggiunte di azoto non sono efficaci per controllare H2S. Se si forma H2S<br />

nella fase conclusiva <strong>dell</strong>a fermentazione, un efficace controllo è assicurato da un’aggiunta<br />

di rame al termine <strong>dell</strong>a fermentazione. Questa pratica comporta un rischio limitato di rame<br />

residuale nel vino. Alcuni enologi effettuano un’aggiunta standard di solfato di rame (circa<br />

0,2 mg/L) a fine fermentazione, come garanzia <strong>dell</strong>’assenza di residui di solfuri (Gibson<br />

R., 2004).<br />

18


SCOPO DEL LAVORO<br />

Scopo del lavoro è stato quello di fornire un ulteriore contributo alla conoscenza del<br />

potenziale enologico <strong>dell</strong>a cultivar Grillo per la produzione di vini bianchi secchi; questa<br />

varietà, impiegata tradizionalmente per la produzione dei vini Marsala caratterizzati da un<br />

affinamento ossidativo, se vinificata con tecniche che prevedono la protezione del mosto<br />

dall’ossigeno ha mostrato spiccate qualità all’elaborazione di vini da pasto fruttati e<br />

varietali. In particolare gli aromi sono riconducibili ai descrittori “pesca” e “buccia di<br />

pompelmo”, che si possono associare alla classe dei tioli volatili. Di conseguenza l’unico<br />

stile di vinificazione in bianco che consente di preservare questi aromi è la vinificazione in<br />

riduzione.<br />

L’obiettivo è la necessità di conoscere a fondo il contenuto <strong>dell</strong>’acino per poter vinificare<br />

al meglio l’uva, mettendo in luce le qualità e le peculiarità del vitigno e del territorio.<br />

Inoltre l’esistenza di una precisa tendenza di mercato potenzialmente in grado di decretare<br />

il successo di vini caratterizzati da una forte tipicità varietale, fa si che da un punto di vista<br />

tecnologico, la messa a punto di processi di vinificazione in grado di migliorare<br />

l’espressione di tali caratteri di tipicità costituisca un aspetto di particolare interesse per la<br />

moderna tecnica enologica.<br />

19


MATERIALI E METODI<br />

L’uva Grillo, vinificata nel corso di questo studio, proveniva da un vigneto sito nel<br />

territorio di Marsala (prov. di Trapani) in località Birgi. Si tratta di un terrazzo marino a 5<br />

m.s.m., con tessitura franco­sabbiosa, a reazione sub­acida negli orizzonti superiori e<br />

debolmente alcalina negli orizzonti inferiori. Il vigneto è allevato a controspalliera con<br />

sistema di potatura a Guyot e un carico di 12­15 gemme/ceppo, e con una densità<br />

d’impianto di 4.000 piante/ha corrispondente ad un sesto d’impianto di 2.5x1. Il<br />

portinnesto utilizzato è il 420A.<br />

Sono state condotte due vinificazioni, una in riduzione con ghiaccio secco (Prova) e l’altra<br />

seguendo il protocollo di vinificazione in riduzione tradizionale (Testimone). L’uva è stata<br />

raccolta il 17­settembre, in cassette di plastica da 10­12 Kg e messa in cella frigo per circa<br />

30 ore raggiungendo la temperatura di 8°C. Successivamente la partita d’uva è stata<br />

suddivisa in due lotti, che sono stati lavorati sulla stessa linea, uno di seguito all’altro nel<br />

seguente modo:<br />

1.Prova: l’uva è stata diraspata, pigiata e pompata dentro un serbatoio coibentato dove è<br />

stata tenuta per 24 ore alla temperatura massima di 10 °C. Sul fondo del serbatoio sono<br />

stati posti 3 Kg di ghiaccio secco, sull’uva all’uscita <strong>dell</strong>a pigiatrice sono stati aggiunti 15<br />

g/qle di acido ascorbico e gli enzimi di macerazione e chiarifica. Dopo il pigiato è passato<br />

in pressa dove è stato aggiunto del ghiaccio secco e si è avviata la pressatura ad una<br />

pressione max di 0,2 bar. Il mosto è stato trasferito in un serbatoio e mantenuto ad una<br />

temperatura inferiore a 10°C. Il mosto pulito è stato travasato e separato dalle bourbes,<br />

avviato nel vinificatore dove sono stati aggiunti 160 gr/hl di acido tartarico, 20 gr/hl di<br />

attivante (prevalentemente, azoto ammoniacale) ed eseguito l’inoculo utilizzando 20gr/hl<br />

di lievito secco attivo. A 3 e 8 gradi alcolici è stato fatto un rimontaggio di 1/3 <strong>dell</strong>a massa<br />

con aggiunta di 20 gr/hl di attivante.<br />

2.Testimone: questo differisce per il tempo di criomacerazione prefermentativa, che è stato<br />

di 3 h, l’uso del metabisolfito di potassio, 10 gr/qle, invece che ghiaccio secco, ed infine<br />

nel non aver eseguito i rimontaggi durante l’aggiunta degli attivanti.<br />

A fine fermentazione, entrambi i vini, sono stati lasciati sulle lies per un mese, dopo il<br />

quale sono stati presi i campioni che successivamente sono stati analizzati.<br />

Al fine di valutare eventuali differenze, dopo 6 mesi di conservazione in bottiglia, i vini<br />

sono stati sottoposti a valutazione sensoriale effettuando due test discriminanti qualitativi,<br />

il duo­trio test ed il test di preferenza. In quest’ultimo si è chiesto di motivare la<br />

preferenza. Nel Duo­Trio test sono presenti tre campioni, due dei quali identici e uno<br />

20


diverso. Il campione identificato con “Teste” è il campione di riferimento mentre gli altri<br />

due sono identificati da codici diversi (in questo caso con le lettere A e B). Bisogna<br />

assaggiare i tre campioni, partendo da quello di riferimento e, risciacquando la bocca tra<br />

l’uno e l’altro, indicare qual’é il codice del campione uguale al Teste. L’elaborazione dei<br />

dati avviene contando il numero <strong>dell</strong>e risposte corrette e confrontando tale numero con<br />

quello presentato nelle apposite tavole del Duo­Trio (possibilità di risposta casuale corretta<br />

del 50%). Se il numero <strong>dell</strong>e risposte corrette è pari o superiore a quello <strong>dell</strong>a tavola<br />

(corrispondente a quel determinato numero di assaggi) al livello di errore α=0,05, allora<br />

significa che i due campioni sono tra loro significativamente diversi e nell’affermare<br />

questa diversità si ha una possibilità di errore, dovuta al caso, inferiore al 5%. Inoltre, è<br />

stato determinato il profilo sensoriale dei vini chiedendo ai degustatori di rilevare i<br />

descrittori percepiti durante l’assaggio.<br />

Per quanto riguarda le determinazioni analitiche (grado alcolico, estratto, acidità totale, pH,<br />

acidità volatile, potere tampone, SO2 libera e totale), queste sono state effettuate seguendo<br />

la metodica ufficiale CEE.<br />

Per la determinazione dei composti volatili liberi lipofili è stato seguito il seguente metodo:<br />

30 ml di vino sono stati diluiti in modo da portare il tenore in etanolo ad un livello inferiore<br />

al 4%. Dopo aggiunta di 0,3 ml di standard interno (ad es., 1­eptanolo sol. a 35 mg/L) e il<br />

tutto è stato passato su una cartuccia C18 da 1 g (IST p.n. ) attivata con 5 ml di CH3OH e 10<br />

ml di H2O; si è lavato poi la cartuccia con 20 ml di H2O.<br />

I composti assorbiti sulla cartuccia (lipofili) sono stati eluiti con 12 ml di CH2Cl2 e raccolti<br />

in un imbuto separatore, per separare l'eventuale acqua presente dalla fase organica.<br />

L'estratto diclorometanico, disidratato con Na2SO4 anidro, è stato portato a piccolo volume<br />

e sottoposto ad analisi GC­MS.<br />

Condizioni cromatografiche<br />

GC­MS Thermoelectron Trace DSQ<br />

Colonna capillare Econocap Alltech in silice fusa di 30 m di lunghezza e di 0,25 mm di<br />

diametro interno; Gas di trasporto elio a 1,5 mL/min a 25°C. Temperatura <strong>dell</strong>'iniettore 250<br />

°C. Temperatura <strong>dell</strong>’interfaccia 230°C. Temperatura <strong>dell</strong>a colonna 40°C per 1 min., da 40<br />

a 60°C a 40°C/min., a 60°C per 2 min., da 60 a 190°C a 2°C/min., da 190 a 230°C a<br />

5°C/min., a 230 °C per 15 min.<br />

Elettromoltiplicatore: 70 Ev<br />

Acquisizione in total ion<br />

La valutazione quantitativa è stata effettuata considerando uguale a uno il fattore di<br />

risposta rispetto all’1­eptanolo (i. s.).<br />

21


Acidi fissi<br />

Sono stati determinati per HPLC. Colonna: Econosphere Alltech C18 2504,6 mm, 5µ<br />

Solvente: H3PO4 510 ­3 M<br />

Flusso: 0,6 mL/min mL/min<br />

λ: 210 nm<br />

Preparazione del campione<br />

1 mL diluito 1:5 con H3PO4 5×10 ­3 M viene passato su cartuccia C18 (Sep Pak) da 500 mg,<br />

previamente attivata con 2 mL di metanolo seguiti da 3 mL di H3PO4 5×10 ­3 M; si recupera<br />

la fase acquosa non assorbita, in matraccio tarato da 20 mL, si lava la fase C18 con H3PO4<br />

5×10 ­3 M raccogliendo l’eluato nello stesso matraccio, fino a segno. Segue la filtrazione su<br />

membrana da 0,45 . Il passaggio su C18 ha lo scopo di rimuovere dal campione i<br />

composti fenolici.<br />

Sono stati determinati per HPLC<br />

Acidi idrossicinnamici<br />

Colonna: Econosphere Alltech C18 2504,6 mm, 5µ<br />

Solvente: HCOOH 0,5%, CH3CN 10% in acqua<br />

Flusso: 1,0 mL/min mL/min<br />

λ: 320 nm<br />

Preparazione del campione<br />

4,5 mL di vino sono addizionati di 0,5 mL di H3PO4 1 M e filtrati su membrana da 0,45 µ<br />

Flavani<br />

Sono stati determinati come riportato da Di Stefano et al., (1989).<br />

22


R I S U L T A T I E D I S C U S S I O N I<br />

I dati riportati in tab. 1 e in fig. 1 mostrano che il vino testimone criomacerato per tre ore e<br />

la prova criomacerata per 24 ore possiedono simile composizione di base. Piccole<br />

differenze si rilevano per l’estratto e per l’alcalinità <strong>dell</strong>e ceneri determinata con il metodo<br />

indiretto (Usseglio­Tomasset 1995). Inoltre i contenuti di SO2 libera e totale sono più alti<br />

nel testimone probabilmente in quanto nella fase di criomacerazione <strong>dell</strong>a prova è stato<br />

usato ghiaccio secco al posto <strong>dell</strong>a SO2 per limitare il contatto con l’ossigeno <strong>dell</strong>’aria. In<br />

ogni caso l’obiettivo era quello di evitare le reazioni di ossidazione enzimatica catalizzate<br />

dalle PPO. L’impiego del ghiaccio secco al posto <strong>dell</strong>a SO2 ha avuto anche come obiettivo<br />

il contenimento <strong>dell</strong>’estrazione dei polifenoli dalle parti solide <strong>dell</strong>’uva durante la<br />

criomacerazione. Nel testimone, considerati i brevi tempi di contatto si è ipotizzato che la<br />

presenza <strong>dell</strong>a SO2 non avrebbe determinato un incremento sensibile del contenuto in<br />

polifenoli. Come si deduce dalla fig. 2, tuttavia, la presenza <strong>dell</strong>a SO2 ha determinato,<br />

anche con brevi tempi di contatto con le parti solide, una maggior estrazione di composti<br />

fenolici. La differenza registrata appare tanto più importante se si considera che nella prova<br />

il mosto è rimasto per un tempo molto lungo a contatto con le parti solide con possibilità di<br />

una maggiore estrazione di polifenoli. Dalla tab. 3 e dalla fig. 3 appare però che la prova<br />

possiede un contenuto in acidi idrossicinnamici legati all’acido tartarico sensibilmente<br />

superiore del testimone. Questo risultato che, apparentemente, sembra in contraddizione<br />

con quanto sopra dedotto sull’estrazione dei polifenoli dalle parti solide <strong>dell</strong>’uva, indica<br />

che nella prova, malgrado la mancanza di SO2 durante il contatto (era presente però acido<br />

ascorbico) l’impiego del ghiaccio secco ha permesso una efficiente difesa nei riguardi <strong>dell</strong>e<br />

PPO. Pare interessante notare che l’anidride solforosa nel testimone non ha inibito del tutto<br />

le PPO. Inoltre, che la criomacerazione sia stata condotta in modo corretto e che abbia<br />

comportato minimi arricchimenti di polifenoli nel mosto e, di conseguenza, nel vino, è<br />

dimostrato dal confronto fra i profili degli acidi idrossicinnamici dei due vini. La netta<br />

prevalenza di acido caffeil tartarico mostra che gli HCTA derivano dalla polpa, piuttosto<br />

che dalla buccia <strong>dell</strong>’uva (quest’ultima, di solito, è caratterizzata da tenori molto più<br />

elevati <strong>dell</strong>a polpa di acido p­cumaril tartarico, come riportato nell’introduzione). Il<br />

contenimento <strong>dell</strong>e reazioni di ossidazione enzimatica è una condizione necessaria per la<br />

difesa degli aromi tiolici varietali. La prova presentava un forte odore di buccia di<br />

pompelmo e di salvia caratteristico, appunto, <strong>dell</strong>a presenza dei tioli varietali, cisteinil<br />

derivati. Tali odori erano anche percepibili nettamente, sebbene in minor misura nel<br />

testimone. Tutto questo indica che anche la SO2 in qualche modo ha difeso i composti in<br />

23


questione dall’ossidazione. La presenza di aromi tiolici nei vini in esame risulta piuttosto<br />

strana e poco attesa se si tiene conto dei risultati recentemente pubblicati dal gruppo di<br />

Bordeaux diretto da Doubourdieu. Da tali ricerche emerge che i composti tiolici nell’uva<br />

subiscono una degradazione durante il processo di maturazione spinta e nelle regioni<br />

caratterizzate da elevate temperature durante il periodo di maturazione <strong>dell</strong>’uva. In questa<br />

esperienza si è potuto verificare che i composti in questione si formano anche in un<br />

ambiente particolarmente caldo come quello di pianura <strong>dell</strong>a Sicilia occidentale e che<br />

resistono anche alla maturazione spinta. Nelle condizioni analitiche adottate, purtroppo,<br />

non è stata possibile una determinazione di questi composti ma solo di altre sostanze<br />

volatili prodotte dall’attività dei lieviti. Fra questi sono stati determinati quantitativamente<br />

gli esteri etilici degli acidi grassi a media catena, gli acetati degli alcoli di fermentazione e<br />

prefermentativi (fig. 4), gli acidi grassi a media catena (fig. 5) e alcuni esteri etilici che si<br />

formano per reazione fra gli acidi fissi (fig. 6) del vino e gli alcoli presenti, in particolare<br />

l’etilico. Si osserva che sia il testimone, sia la prova sono molto ricchi di esteri etilici degli<br />

acidi grassi a media catena con una leggera differenza a favore <strong>dell</strong>a prova. Il contenuto in<br />

acidi grassi a media catena invece, non è particolarmente elevato ma i rapporti fra i diversi<br />

composti sono abbastanza simili a quelli fra gli esteri etilici corrispondenti. Pare possibile<br />

un assorbimento degli acidi da parte <strong>dell</strong>a frazione di lieviti non più vitali presenti. Anche<br />

gli acetati degli alcoli superiori, in particolare l’isoamil acetato sono presenti in quantità<br />

elevata e raggiungono i valori massimi nel testimone. I tenori in esteri acetici ed etilici<br />

sono ancora particolarmente alti malgrado siano iniziate le reazioni idrolitiche in modo<br />

importante, come prova la presenza in entrambi i campioni di circa 1 mg/L di dietil<br />

succinato il cui tenore, appunto è proporzionale all’età chimica del vino (intensità <strong>dell</strong>e<br />

reazioni idrolitiche e di esterificazione). Pare, inoltre, interessante osservare che il rapporto<br />

trans­3­esenolo/cis­3­esenolo è maggiore di uno nel teste e minore di uno nella prova (fig.<br />

7). Considerato che tale rapporto è stato associato all’origine varietale dei vini, il risultato<br />

ottenuto nel presente lavoro mette in dubbio questa osservazione e lo associa alle differenti<br />

modalità con cui è stato ottenuto il mosto, come d’altra parte appare logico, trattandosi di<br />

composti prefermentativi. Le differenze fra il testimone e la prova non sono rilevanti (nella<br />

prova prevale l’esanolo e nel testimone gli esenoli). Sia la SO2 sia il ghiaccio secco, che<br />

hanno difeso più o meno il mosto dalle ossidazioni, non sono riusciti a bloccare le<br />

lipossigenasi. I risultati di questo lavoro dimostrano, fra l’altro, che, anche nelle condizioni<br />

in cui non vengono totalmente inibite le reazioni di ossidazione enzimatiche, i precursori<br />

dei composti tiolici possono essere efficacemente protetti. Durante la fermentazione,<br />

pertanto, i lieviti hanno prodotto rilevanti quantità di aromi fruttati il cui contenuto nei vini,<br />

24


subito dopo tale processo doveva, sicuramente, essere più alto di quello rilevato al<br />

momento <strong>dell</strong>e analisi (come sopra rilevato, dall’età chimica dei vini e dal fatto che il<br />

contenuto degli esteri di fermentazione è notevolmente più alto di quello che può esistere<br />

all’equilibrio, nelle condizioni chimiche e fisiche del vino, si deduce che siano avvenute<br />

reazioni idrolitiche acido catalizzate che hanno indotto una diminuzione del tenore di<br />

questi composti). Il contributo degli esteri all’aroma del vino era, tuttavia, difficilmente<br />

valutabile a causa <strong>dell</strong>a forte prevalenza, in entrambi i campioni, <strong>dell</strong>’aroma tiolico<br />

varietale. Considerato che non era possibile la determinazione chimica e fisica dei<br />

composti tiolici, la loro valutazione è stata effettuata per via sensoriale. L’esame dei<br />

composti di fermentazione, pertanto, assume significato nella presente esperienza, per la<br />

valutazione <strong>dell</strong>’attività dei lieviti che si può considerare ottimale in quanto ha indotto la<br />

formazione di composti sensorialmente attivi, in quantità notevole. Si tratta di un<br />

procedimento corretto utilizzato nella pratica corrente quando il descrittore è<br />

particolarmente evidente. La determinazione assume un aspetto quantitativo rigoroso se è<br />

possibile una calibrazione del metodo, disponibili i composti da determinare. Nel nostro<br />

caso, a causa <strong>dell</strong>’impossibilità di reperire i composti responsabili dei descrittori buccia di<br />

pompelmo e salvia, si è effettuato un confronto fra il teste e la prova sulla base<br />

<strong>dell</strong>’intensità dei descrittori in questione.<br />

Dopo 9 mesi dalla vendemmia e 6 mesi di conservazione in bottiglia i vini sono stati<br />

sottoposti al giudizio di un panel di degustazione, composto da tecnici e studenti di<br />

enologia, per una loro valutazione sensoriale. Il test utilizzato è stato quello del tipo “Duo­<br />

Trio Test”; i dati rilevati, riportati nella tabella 5, confrontati con la tabella di Roessler<br />

(1978), hanno mostrato una differenza significativa tra i due campioni rilevabile al livello<br />

del 1%. La maggior parte degli assaggiatori è stata, di conseguenza, in grado di rilevare le<br />

differenze fra i campioni vinificati con le due tecniche in studio. Mentre il test di<br />

preferenza, cosi come i giudizi sensoriali non hanno evidenziato differenze significative.<br />

Il risultato di questo test indica, come d’altra parte era stato già evidenziato, che sia nel<br />

teste, sia nella prova, sono stati prodotti dai lieviti aromi tiolici. La mancanza di familiarità<br />

dei degustatori con tali aromi, tuttavia, ha reso impossibile l’espressione di preferenze<br />

significative sulla qualità dei due campioni.<br />

25


T A B E L L E E G R A F I C I<br />

T a b . 1 – C o m p o si zion e d ei vin i t e st i m on e e p r o va<br />

Grado<br />

alcolico<br />

[%]<br />

Estratto<br />

[g/l]<br />

Ac.<br />

Totale<br />

[g/l]<br />

pH<br />

Ac.<br />

Volatile<br />

[g/l]<br />

Potere<br />

Tampone<br />

[meq/l]<br />

Alc. <strong>dell</strong>e<br />

Ceneri<br />

[meq/l]<br />

SO2<br />

libera<br />

[mg/l]<br />

SO2 Totale<br />

[mg/l]*0,5<br />

TESTIMONE 14,64 20,87 6,15 3,12 0,22 33,33 14,7 24 53,5<br />

PROVA 14,4 22,55 6,08 3,11 0,22 33,33 15,62 18 43<br />

60<br />

45<br />

30<br />

15<br />

0<br />

Grado alcolico [%]<br />

Testimone<br />

Prov a<br />

Estratto [g/l]<br />

Fig.1 ­ Composizione dei vini testimone e prova.<br />

Ac. Totale [g/l]<br />

pH<br />

Ac. Volatile [g/l]<br />

Potere Tampone [meq /l]<br />

Alc. <strong>dell</strong>e Ceneri [meq/l]<br />

SO2 libera [m g/l]<br />

SO2 Totale [mg/l]*0,5<br />

T a b . 2 – Acid i fi s si e f la v a n i r e a t t ivi a lla p ­ d a c<br />

Ac.<br />

Tartarico<br />

Ac.<br />

Malico<br />

Ac.<br />

Shikimico<br />

Ac.<br />

Citrico<br />

Ac.<br />

Succinico<br />

Flavani reattivi alla p­<br />

dac<br />

TESTIMONE g/L 3,5 0,56 0,014 0,11 0,27 0,744<br />

PROVA g/L 3,29 0,59 0,019 \ 0,1 0,64<br />

g/L<br />

0,8<br />

0,6<br />

0,4<br />

0,2<br />

0<br />

Fig.2 ­ Acidi fissi e flavani reattivi alla p­dac<br />

Ac.<br />

Malico<br />

Tes tim one<br />

Pr ova<br />

Ac.<br />

Shikimico<br />

Ac. Citrico Ac.<br />

Succinico<br />

Flavani<br />

reattivi<br />

alla p­dac<br />

26


U.A.<br />

3000<br />

2500<br />

2000<br />

1500<br />

1000<br />

g/L<br />

500<br />

0<br />

2000<br />

1500<br />

1000<br />

500<br />

0<br />

ESIL ACETATO<br />

Tab.3 – Acidi idrossicinnamici<br />

Grillo Teste Grillo Prova<br />

t­CTA 930,4 2546,2<br />

c­pCuTA 89,9 204,5<br />

t­pCuTA 624,9 958,9<br />

Fig. 3 ­ Acidi idrossi cinnamici nel vino<br />

t­CTA c­pCuTA t­pCuTA<br />

ISO AMIL ACETATO x0,5<br />

Fig.4 ­ Confronto fra esteri di fermentazione.<br />

2­FENIL ETIL A CETATO<br />

ETIL E SANOATO<br />

ETIL O TTA NOATO<br />

ETIL DE CANOA TO<br />

ETIL 9­DECE NOATO<br />

Grillo Teste<br />

Grillo Prova<br />

Grillo Teste<br />

Grillo Prova<br />

ETIL DODECANOATO<br />

27


600<br />

g/L<br />

g/L<br />

1000<br />

800<br />

400<br />

200<br />

0<br />

1000<br />

800<br />

600<br />

400<br />

200<br />

0<br />

g/L<br />

Fig.5 ­ Confronto fra esteri di fermentazione e fra acidi grassi a media catena<br />

2000<br />

1600<br />

1200<br />

800<br />

400<br />

0<br />

ETIL ESANOATO<br />

ETIL­2­OH­4METIL<br />

PENTANOATO<br />

ETIL OTTANOATO<br />

ETIL DECANOATO<br />

ETIL 9­DECENOATO<br />

Fig. 6 ­ Confronto fra esteri di invecchiamento<br />

Grillo Teste µg/L<br />

Grillo Prova µg/L<br />

ETIL DODECANOATO<br />

ETIL­2­FUROATO DIETIL<br />

SUCCINATO<br />

Fig.7 ­ Confronto fra alcoli prefermentativi<br />

3­METIL­<br />

PENTAN­1­<br />

OLO<br />

4­METIL­<br />

PENTAN­1­<br />

OLO<br />

Grillo Teste<br />

Grillo Prova<br />

AC. ESANOICO<br />

AC. OTTANOICO<br />

AC. DECANOICO<br />

DIETIL 2­OH­<br />

GLUTARATO<br />

Grillo Teste<br />

Grillo Prova<br />

ESANOLO t­3­ESENOLOc­3­ESENOLO<br />

28


Tab. 4 – Composti volatili nei<br />

vini (µg/L)<br />

TESTE PROVA<br />

ETIL ESANOATO 1030,6 1046,61<br />

ETIL­2­OH­4METIL<br />

PENTANOATO 46,45 56,03<br />

ETIL­2­FUROATO n.d. 54,69<br />

ETIL OTTANOATO 1893,77 1960,79<br />

ETIL DECANOATO 624,14 812,06<br />

DIETIL<br />

SUCCINATO 1072,53 1057,85<br />

ETIL 9­<br />

DECENOATO 51,12 34,92<br />

ETIL<br />

DODECANOATO 49,7 122,2<br />

DIETIL 2­OH­<br />

GLUTARATO 165,52 270,55<br />

ESIL ACETATO 187 183,27<br />

ISOAMIL<br />

ACETATO 3045,86 2670,37<br />

2­FENIL ETIL<br />

ACETATO 410,38 365,02<br />

3­METIL­PENTAN­<br />

1­OLO 103,48 73,45<br />

4­METIL­PENTAN­<br />

1­OLO 105,03 155,34<br />

ESANOLO 926,17 976,38<br />

t­3­ESENOLO 82,93 27,21<br />

c­3­ESENOLO 80,06 62,81<br />

AC. ESANOICO 500,24 934,15<br />

AC. OTTANOICO 926,33 1575,37<br />

AC. DECANOICO 218,18 273,86<br />

MONO ETIL 2­OH<br />

GLUTARATO 66,75 96,92<br />

2­FENIL ETANOLO 13850,02 15368,52<br />

T A B . 5 ­ D U O ­ T R I O T E S T<br />

TESI A CONFRONTO<br />

Tesi 3h macerazione<br />

A<br />

(Testimone)<br />

Tesi 24h macerazione<br />

B<br />

(Prova)<br />

Postazione Vino<br />

teste<br />

Vino<br />

uguale<br />

al teste<br />

in..<br />

Risposta Risposta Vino<br />

giudice esatta preferito<br />

1 A A A SI TesiA<br />

2 A B B SI TesiA<br />

3 A A A SI TesiB<br />

4 A B B SI TesiA<br />

5 A A B NO TesiB<br />

6 A B B SI TesiA<br />

7 A A A SI TesiB<br />

8 A B B SI TesiB<br />

9 A A B NO TesiA<br />

10 A B A NO TesiB<br />

11 A A A SI TesiA<br />

12 A B B SI TesiA<br />

13 A A A SI TesiA<br />

14 A B A NO TesiA<br />

15 A A B NO TesiB<br />

16 A A A SI TesiA<br />

17 A A A SI TesiB<br />

18 A B B SI TesiA<br />

19 B A A SI TesiB<br />

20 B B B SI TesiB<br />

21 B A B NO TesiA<br />

22 B B B SI TesiA<br />

23 B A A SI TesiB<br />

24 B B B SI TesiA<br />

25 B A A SI TesiB<br />

26 B B A NO TesiB<br />

27 B A A SI TesiB<br />

Numero<br />

Assaggiatori 27<br />

Risposte<br />

Esatte 20<br />

Tesi A : 14<br />

Preferenze Tesi B : 13<br />

Descrittori :salvia(2),pompelmo(5), banana(1), mela verde(2),<br />

ananas(4),<br />

erbe aromatiche (4), aromi floreali (2).<br />

29


A P P E N D I C E<br />

T a b . 1 ­ Sog lia d i p e r c e zion e e d e sc r i t t or i olfa t t ivi d e i t io li<br />

vo la t i li<br />

Composto<br />

soglia di<br />

percezione<br />

(ng/l)<br />

4­mercapto­4­metil­pentan­2­one (4MMP) 0,8 bosso<br />

Descrittori<br />

3­mercapto­esan­1­olo acetato (3MHA) 4,2 bosso, frutto <strong>dell</strong>a passione<br />

3­mercaptoesan­1­olo (3MH) 6 pompelmo, frutto <strong>dell</strong>a passione<br />

4­mercapto­4­metil­pentan­2­olo<br />

(4MMPOH) 55 scorza di limone<br />

3­mercapto­3metil­butan­1­olo (3MMB) 1500 pere cotte<br />

T a b . 2 – Sign i fic a t o sen so r i a le d e i t ioli vo la t i li n ei vin i<br />

Composto Tenori ng/L<br />

Indice<br />

aromatico<br />

4­mercapto­4­metil­pentan­2­one (4MMP) 4 ­ 44 5 ­ 55<br />

3­mercapto­esan­1­olo acetato (3MHA) 600 ­ 1200 10 ­ 200<br />

3­mercaptoesan­1­olo (3MH) 0 ­ 800 0 ­ 200<br />

4­mercapto­4­metil­pentan­2­olo<br />

(4MMPOH) 0 ­ 100 0 ­ 2<br />

3­mercapto­3metil­butan­1­olo (3MMB) 80 ­ 130 0<br />

F ig. 1 – St r u t t u r a t io li vo la t i li e d i u n p r ecu r s o r e d ’ a r o m a<br />

30


C O N C L U S I O N I<br />

I risultati sopra esposti indicano che anche varietà autoctone ritenute non aromatiche<br />

possiedono aromi tiolici che possono essere espressi dall’attività dei lieviti durante la<br />

fermentazione. Per l’uva <strong>dell</strong>a varietà Grillo coltivata in ambienti di pianura, marini, <strong>dell</strong>a<br />

Sicilia occidentale, tali aromi, <strong>dell</strong>a classe dei tioli varietali, sono da riferire,<br />

principalmente, ai descrittori buccia di pompelmo e salvia. Prevalgono, cioè, note olfattive<br />

diverse da quelle rilevabili, comunemente, nei Sauvignon blanc o in altre varietà alsaziane.<br />

Pare importante segnalare che tali aromi sono stati ottenuti dalla fermentazione di uve ad<br />

alto contenuto in zuccheri e che hanno conseguito la maturità in condizioni di temperature<br />

esterne particolarmente alte che non sono ritenute dai ricercatori di Bordeaux idonee alla<br />

loro ritenzione nelle cellule <strong>dell</strong>a polpa e <strong>dell</strong>a buccia <strong>dell</strong>’uva (viene segnalata in questi<br />

ambienti una loro degradazione durante la maturazione). Bisogna, inoltre, mettere in risalto<br />

che in questo lavoro è stata messa a punto una tecnica di difesa degli aromi tiolici varietali<br />

diversa da quella comunemente usata in Francia e negli altri continenti. Tale tecnica, oltre<br />

a prevedere l’eliminazione dei trattamenti antiparassitari a base di prodotti contenenti<br />

rame, alla vite a partire dal mese di giugno, si avvale non <strong>dell</strong>’accoppiamento <strong>dell</strong>’anidride<br />

solforosa e <strong>dell</strong>’acido ascorbico già a livello di uva per difendere il mosto dalle<br />

ossidazioni, ma <strong>dell</strong>’uso <strong>dell</strong>’anidride carbonica solida e <strong>dell</strong>’acido ascorbico a livello di<br />

pigiato o di uva. L’impiego di anidride carbonica solida al posto <strong>dell</strong>’anidride solforosa,<br />

consente, oltre che la difesa dalle reazioni di ossidazione enzimatiche, la conduzione <strong>dell</strong>a<br />

criomacerazione, per tempi lunghi, con un arricchimento minimo di polifenoli, a livello di<br />

mosto. Pare evidente che si tratta di due importanti innovazioni di tecnica enologica. Infine<br />

si può segnalare che la fermentazione, condotta come descritto nei materiali e metodi<br />

consente di ottenere mosti ricchi in esteri aromatici e il contenimento di reazioni<br />

secondarie.<br />

31


B I B L I O G R A F I A<br />

1. ARFELLI G., CORZANI C., NATALI N., BELLACHIOMA A. (2004) – Interazione<br />

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33


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24.<br />

35


.<br />

I N D I C E<br />

­ INTRODUZIONE……………………………………………………...pag.1<br />

1. <strong>AROMI</strong> DELLE UVE E DEI <strong>VINI</strong>……………………………………...…2<br />

2. <strong>AROMI</strong> <strong>TIOLICI</strong>……………………………………………………….......3<br />

3. EVOLUZIONE <strong>DEGLI</strong> <strong>AROMI</strong> VARIETALI DURANTE<br />

LA CONSERVAZIONE DEL VINO………………………………………7<br />

4. <strong>VINI</strong>FICAZIONE CON PROTEZIONE DEL MOSTO<br />

DALLE OSSIDAZIONI………………………………………………........8<br />

5. PROBLEMI CHE SI RISCONTRANO NELLA <strong>VINI</strong>FICAZIONE<br />

CON PROTEZIONE DEL MOSTO DALLA OSSIDAZIONE……….......15<br />

­ SCOPO DEL LAVORO……………………………………………….…..18<br />

­ MATERIALI E METODI……………………………………..….….……19<br />

­ RISULTATI E DISCUSSIONI…………………………………….…….. 22<br />

­ TABELLE E GRAFICI ………………………………….………………..25<br />

­ APPENDICE …………………………………………….………………..29<br />

­ CONCLUSIONI…………………………………………………….……..30<br />

­ BIBLIOGRAFIA…………………………………………….…………….31<br />

36

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