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TRADUZIONI Gonzalo de Berceo, Milagros de Nuestra Señora ...

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<strong>TRADUZIONI</strong><br />

<strong>Gonzalo</strong> <strong>de</strong> <strong>Berceo</strong>, <strong>Milagros</strong> <strong>de</strong> <strong>Nuestra</strong> <strong>Señora</strong>, Introducción<br />

1. Amici e vassalli di Dio onnipotente, se mi ascoltate per vostra grazia, vorrei raccontarvi un buon<br />

fatto: lo riterrete alla fine per buono veramente.<br />

2. Io, maestro <strong>Gonzalo</strong> di <strong>Berceo</strong> chiamato, andando in pellegrinaggio capitai in un prato ver<strong>de</strong> e<br />

intatto, pieno di fiori, un luogo <strong>de</strong>si<strong>de</strong>rabile per chi è stanco.<br />

3. I fiori odorosi emanavano un profumo straordinario, rinfrescavano il viso e la mente, da ciascun<br />

angolo sgorgavano fonti chiare correnti, in estate ben fred<strong>de</strong>, cal<strong>de</strong> in inverno.<br />

4. Vi era una gran<strong>de</strong> abbondanza di buoni alberi da frutta, melograni e fichi, peri e meli e molti<br />

altri frutti di diverse specie; ma non ce n’era nessuno putrido o acerbo.<br />

5. La ver<strong>de</strong>zza <strong>de</strong>l prato, l’odore <strong>de</strong>i fiori, le ombre temperate <strong>de</strong>gli alberi mi rinfrescarono tutto e<br />

persi i sudori: si sarebbe potuto vivere di quegli odori.<br />

6. Mai trovai nel mondo un luogo così piacevole, né ombra così mo<strong>de</strong>rata, né odore così saporoso.<br />

Scaricai il mio piccolo bagaglio per stare più comodo, mi misi all’ombra di un bell’albero.<br />

7. Giacendo all’ombra persi ogni pena, udii versi di uccelli dolci e modulati: mai si udirono organi<br />

più accordati.<br />

8. Gli uni tenevano la quinta e gli altri la raddoppiavano, altri tenevano la nota, senza sbagliare; nel<br />

fermarsi e nel ricominciare tutti si aspettavano, uccelli rozzi né rauchi lì non si avvicinavano.<br />

9. Non c’è organista né suonatore di viola, né giga, né salterio, né suonatore di rota, né strumento<br />

né lingua, né chiaro cantore il cui canto valesse in confronto a un <strong>de</strong>naro.<br />

10. Benché vi abbiamo <strong>de</strong>tto tutte queste bontà, non ne abbiamo raccontate nemmeno la <strong>de</strong>cima<br />

parte, questo ben lo crediate: ché c’erano di cose pregevoli tante specie che non potrebbero<br />

raccontarle priori né abati.<br />

11. Il prato di cui vi dico aveva un’altra qualità: per caldo o per freddo non per<strong>de</strong>va la sua bellezza,<br />

sempre era ver<strong>de</strong> nella sua interezza, non per<strong>de</strong>va la ver<strong>de</strong>zza in nessuna stagione.<br />

12. Man mano che stetti in terra steso, di tutta la sofferenza fui subito riposato, dimenticai ogni<br />

pena, la sofferenza passata. Chi lì vivesse sarebbe ben fortunato!<br />

13. Uomini e uccelli, quanti lì capitavano, pren<strong>de</strong>vano <strong>de</strong>i fiori quanto pren<strong>de</strong>re volevano, ma non<br />

facevano nel prato alcuna diminuzione, per uno che pren<strong>de</strong>vano, tre e quattro ne nascevano.<br />

14. Somiglia questo prato a quello <strong>de</strong>l paradiso, nel quale Dio mise così gran<strong>de</strong> grazia e così gran<strong>de</strong><br />

benedizione; colui che creò simile cosa, fu un maestro saggio: chi lì vivesse, mai per<strong>de</strong>rebbe la<br />

vista.


15. Il frutto <strong>de</strong>gli alberi era dolce e saporito: se Adamo avesse mangiato di tale frutto, di così cattiva<br />

maniera non sarebbe stato ingannato, né avrebbero avuto tale danno Eva e suo marito.<br />

16. Signori e amici, quello che abbiamo <strong>de</strong>tto è parola oscura, spiegarla vogliamo: togliamo la<br />

corteccia, andiamo alla polpa, prendiamo quello di <strong>de</strong>ntro, quello di fuori lasciamo.<br />

17. Tutti quanti viviamo, che in piedi andiamo, sia che in prigione o a letto giaciamo, tutti siamo<br />

pellegrini che viaggiamo. San Pietro lo dice questo, per mezzo di lui ve lo proviamo.<br />

18. Per il tempo che qui viviamo, in terra straniera dimoriamo; la dimora duratura sopra la<br />

aspettiamo, il nostro pellegrinaggio allora là terminiamo, quando in paradiso le anime inviamo.<br />

19. In questo pellegrinaggio abbiamo un buon prato, in cui trova rifugio ogni pellegrino stanco: la<br />

Vergine Gloriosa, madre <strong>de</strong>l buon fanciullo, <strong>de</strong>l quale nessun altro uguale fu trovato.<br />

20. Questo prato fu sempre ver<strong>de</strong> in onestà, perché mai ebbe macchia la sua verginità, post partum<br />

et in partu fu vergine in verità, illesa, incorrotta nella sua integrità.<br />

21. Le quattro fonti chiare che dal prato sgorgavano, i quattro Vangeli, questo significavano, perché<br />

i quattro evangelisti che li componevano, quando li scrivevano, con lei parlavano.<br />

22. Quanto essi scrivevano, ella lo correggeva; ciò era ben fissato, quello che lei approvava; sembra<br />

che l’ispirazione tutta da lei sgorgava, mentre senza di lei nulla si faceva.<br />

23. L’ombra <strong>de</strong>gli alberi, buona dolce e sana, in cui trova rifugio ogni pellegrino, sono le orazioni<br />

che fa santa Maria, che per i peccatori prega notte e giorno.<br />

24. Quanti sono al mondo giusti e peccatori, chierici e laici, re e imperatori, lì corriamo tutti,<br />

vassalli e signori, tutti alla sua ombra andiamo a raccogliere i fiori.<br />

Milagro VI (vedi A. Vàrvaro, Letterarture romanze <strong>de</strong>l Medioevo)<br />

Milagro IX<br />

220. C’era un chierico povero di istruzione, diceva quotidianamente la messa di Santa Maria, non<br />

sapeva dirne altra, la diceva ogni giorno, la conosceva più per abitudine che per sapienza.<br />

221. Fu questo chierico ordinato accusato presso il vescovo che era ignorante, un cattivo chierico<br />

provato; Salve Sancta Parens solo sapeva cantare, non conosceva altra messa il rozzo<br />

impacciato.<br />

222. Il vescovo fu aspramente mosso ad ira. Diceva: “Mai sentii di prete tale impresa”. Disse: “Dite<br />

al figlio di mala puttana che venga davanti a me, non lo tralasci per astuzia”.<br />

223. Venne dinanzi al vescovo il prete peccatore; aveva per la gran paura perduto il colore; non<br />

poteva per la vergogna guardare verso il superiore. Mai si trovò lo sventurato in una così brutta<br />

situazione.<br />

224. Gli disse il vescovo: “Prete, dimmi la verità, se è tale come dicono la tua stupidità”. Gli disse il<br />

buon uomo: “Signore, per carità, se dicessi di no, direi falsità”.


225. Gli disse il vescovo: “Dal momento che non hai cultura per cantare altra messa, né hai senno<br />

né capacità, ti vieto di cantare e ti condanno: vivi come meriti, mediante altra risorsa.<br />

226. Il prete se ne andò per la sua strada, triste e afflitto; aveva grandissima vergogna per il grave<br />

danno; si rivolse alla Gloriosa piangente e addolorato, affinché gli <strong>de</strong>sse consiglio, perché era<br />

abbattuto.<br />

227. La Madre preziosa, che mai venne meno a chi con fervore ai piedi le cad<strong>de</strong>, la preghiere <strong>de</strong>l<br />

suo chierico subito ascoltò, non indugiò, subito lo soccorse.<br />

228. La Vergine gloriosa, madre senza peccato, apparve al vescovo subito in visione; gli disse<br />

parole dure, gli fece un violento discorso, gli scoprì tutta la sua intenzione.<br />

229. Gli disse aspramente: “Vescovo bello, perché contro di me fosti tanto brusco e tanto villano?<br />

Io mai ti tolsi quanto vale un grano, e tu mi hai tolto un cappellano.<br />

230. Colui che mi cantava la messa ogni giorno, tu ritenesti che faceva peccato di eresia, lo<br />

giudicasti come bestia e come cosa errata, gli togliesti l’ordine di cappellano.<br />

231. Se tu non gli ordinerai di dire la messa ogni giorno come soleva dirla, gran<strong>de</strong> lite ci sarà, e tu<br />

morirai entro il trentesimo giorno. Allora vedrai quanto vale l’ira di Maria!”.<br />

232. Per queste minacce fu il vescovo spaventato; ordinò di andare a cercare il prete inter<strong>de</strong>tto; lo<br />

pregò che gli perdonasse l’errore, giacché si era nel giudicarlo gravemente ingannato.<br />

233. Gli ordinò che cantasse come soleva cantare, all’altare <strong>de</strong>lla Gloriosa fosse servo; se qualcosa<br />

gli fosse mancato in vestiti o in calzari, egli avrebbe ordinato che glielo <strong>de</strong>ssereo dal suo stesso.<br />

234. Il buon uomo tornò a fare il cappellano, servì la Gloriosa Madre Santa Maria, morì compiendo<br />

il suo ufficio di morte quale io vorrei: l’anima fu in gloria, nella dolce confraternita.<br />

235. Non potremmo noi tanto scrivere né recitare, anche se potessimo continuare molti anni, che<br />

nemmeno la <strong>de</strong>cima parte <strong>de</strong>i miracoli riusciremmo a raccontare, quelli che attraverso la<br />

Gloriosa si <strong>de</strong>gna Dio di mostrare.<br />

Guglielmo IX, Pos vezem <strong>de</strong> novel florir (vedi A. Vàrvaro, Letterarture romanze <strong>de</strong>l Medioevo)<br />

Bernart <strong>de</strong> Ventadorn, Can vei la lauzeta mover (vedi A. Vàrvaro, Letterarture romanze <strong>de</strong>l<br />

Medioevo)<br />

Couronnement <strong>de</strong> Louis<br />

I. Udite, signori, che Dio vi sia d’aiuto, il glorioso, per il suo comandamento! Vi piacerebbe<br />

udire una storia valente, buona, cortese, gentile e avvenente? Un giullare villano non<br />

dovrebbe vantarsi di dirne una parola finché non lo si comandasse. Di Luigi non trascurerò


di cantare, e di Guglielmo dal corto naso il valoroso, che tanto soffrì contro la gente<br />

saracena; di uomo migliore non credo che nessuno vi canti.<br />

II. Signori baroni, vi piacerebbe (udire) un racconto esemplare? Una canzone ben fatta e<br />

piacevole? Quando Dio distinse novantanove reami, tutto il meglio concentrò nella dolce<br />

Francia. Il più gran<strong>de</strong> re ebbe nome Carlomagno; quegli innalzò volentieri dolce Francia;<br />

Dio non fece terra che da lui non dipen<strong>de</strong>sse: egli conquistò Baviera e Alemagna,<br />

Normandia e Angiò e Bretagna, Lombardia e Navarra e Toscana.<br />

III. Re che di Francia porta corona d’oro <strong>de</strong>ve essere valoroso e leale; e se c’è qualcuno che gli<br />

faccia un torto, non <strong>de</strong>ve avere riparo né per pianura né per bosco, finché non l’abbia vinto o<br />

ucciso. Se così non fa, allora per<strong>de</strong> la Francia la sua gloria; questo dice la storia: è<br />

incoronato a torto.<br />

IV. Quando la cappella fu bene<strong>de</strong>tta ad Aix, e la chiesa fu consacrata e completata, una corte<br />

magnifica vi fu riunita: non vedrete mai la stessa; quattordici conti presidiavano il palazzo.<br />

Per ottenere giustizia la povera gente ci va, nessuno si lamenta senza che non abbia buon<br />

diritto; allora si ren<strong>de</strong>va giustizia, ma ora non lo si fa più; i malvagi l’hanno rimpiazzata con<br />

l’avidità; da false ricompense sono sostituite le giuste sentenze. Dio è giusto, che ci governa<br />

e ci fa vivere, sicché chi è malvagio andrà all’inferno, quel maligno pozzo, da cui non uscirà<br />

mai più.<br />

V. Quel giorno c’erano ben diciotto vescovi, e c’erano diciotto arcivescovi; il papa di Roma<br />

cantò la messa. Quel giorno ci fu un’offerta molto bella; dopo di allora non ce ne fu in<br />

Francia più bella; chi la ricevette doveva ben essere valentuomo.<br />

VI. Quel giorno ci furono ben ventisei abati; e ci furono quattro re coronati,. Quel giorno fu<br />

Luigi elevato (in onore) e la corona fu messa sopra l’altare; il re suo padre gliela avrebbe<br />

quel giorno consegnata. Un arcivescovo è salito sul pulpito; così parlò ai presenti: “Signori”,<br />

disse, “ascoltatemi: Carlomagno è molto vecchio, ormai non può più condurre questa vita;<br />

egli ha un figlio a cui vuole dare la corona”. Quando quelli lo sentirono, manifestarono<br />

gran<strong>de</strong> gioia, tesero le mani verso Dio: “Padre di gloria, tu sii ringraziato, perché un re<br />

straniero non è stato su di noi scelto”. Il nostro imperatore si è rivolto a suo figlio: “Caro<br />

figlio”, disse, “ascoltatemi: vedi la corona che è sopra l’altare; per tale giuramento te la<br />

voglio consegnare: né torto né lussuria né peccato <strong>de</strong>vi fare, né tradimento verso alcuno<br />

farete, né ad orfano il suo feudo toglierete; se questo vuoi fare, io ne lo<strong>de</strong>rò Dio: prendi la<br />

corona, così sarai incoronato; altrimenti, figlio, lasciala stare: io ti vieto di toccarla”.<br />

VII. “Figlio Luigi, ve<strong>de</strong>te qui la corona: se tu la prendi, sei imperatore di Roma; ben puoi<br />

condurre in guerra mille e cento uomini, passare con la forza le acque <strong>de</strong>lla Gironda, la<br />

gente pagana distruggere e abbattere, e la loro terra unire alla nostra; se così vuoi fare, io ti<br />

do la corona, altrimenti non la pren<strong>de</strong>re affatto.<br />

VIII. Se tu <strong>de</strong>vi, figlio caro, lasciarti corrompere e favorire dismisura, commettere lussuria o<br />

alimentare il peccato, a fanciullo orfano togliere il suo feudo, a vedova sottrarre <strong>de</strong>naro,<br />

questa corona, da parte di Gesù, io te la vieto: figlio Luigi, non te ne impossessare”. L’o<strong>de</strong> il<br />

giovane, non avanzò d’un pie<strong>de</strong>. A causa sua piansero molti valenti cavalieri, e l’imperatore<br />

ne fu molto rattristato e s<strong>de</strong>gnato. “Ahimè”, disse, “come sono ora ingannato! Accanto alla<br />

mia donna si coricò un vigliacco che generò questo ere<strong>de</strong> codardo. Finché vive non avrà da<br />

me alcun vantaggio. Chi ne facesse un re commetterebbe gran<strong>de</strong> peccato. Ora gli faremo<br />

tagliare tutti i capelli, sarà monaco ad Aix, in quella chiesa: tirerà le cor<strong>de</strong> e sarà campanaro,


così avrà di che sfamarsi, in modo che non <strong>de</strong>bba mendicare”. Accanto al re si se<strong>de</strong>tte<br />

Hernaut d’Orleans, che molto si fece orgoglioso e fiero. Con grandi lusinghe cominciò a<br />

parlargli: “Giusto imperatore, calmati e ascoltami. Il mio signore è giovane, non ha che<br />

quindici anni compiuti, sarebbe passibile di morte chi lo armasse cavaliere. Questa bisogna,<br />

se vi piace, lasciate a me fino allo sca<strong>de</strong>re di tre anni, quando verificheremo come sarà. Se<br />

vorrà essere pro<strong>de</strong> e buon ere<strong>de</strong>, io gli ren<strong>de</strong>rò la corona di buon grado e volentieri”. Disse il<br />

re: “È cosa da conce<strong>de</strong>rsi”. “Grazie signore”, dicono gli intriganti che erano parenti di<br />

Hernaut d’Orleans. Ormai sarebbe diventato re, se Guglielmo non fosse sopraggiunto. Dalla<br />

foresta torna, dall’aver cacciato. Suo nipote Bertran gli corre alla staffa. Egli lo interroga:<br />

“Da dove venite, caro nipote?”. “Nel nome di Dio, signore, da quella chiesa, dove ho udito<br />

gran<strong>de</strong> torto e gran<strong>de</strong> peccato; Hernaut vuole ingannare il suo legittimo signore: Ormai sarà<br />

re, i Francesi l’hanno approvato”. “L’ha pensata male”, disse Guglielmo il fiero. Con la<br />

spada cinta è entrato nella chiesa, si fa spazio tra i cavalieri: Hernaut trovò molto ben<br />

preparato; <strong>de</strong>si<strong>de</strong>rio lo assale di tagliargli la testa, quando gli sovviene <strong>de</strong>l glorioso <strong>de</strong>l cielo,<br />

che è grave peccato mortale ucci<strong>de</strong>re un uomo. Egli pren<strong>de</strong> la spada, la ricacciò nel fo<strong>de</strong>ro;<br />

poi, quando ci ebbe ripensato, passa avanti, col pugno sinistro gli ha acciuffato i capelli, alza<br />

il <strong>de</strong>stro, lo colpisce sul collo: l’osso <strong>de</strong>lla gola gli ha spezzato in due; morto lo scaraventa a<br />

terra ai suoi piedi. Quando l’ebbe ucciso, così comincia a rimproverarlo: “Ah, furfante!”,<br />

disse, “Dio ti castighi! Perché volevi il tuo legittimo signore ingannare? Tu lo avresti dovuto<br />

amare e tenere caro, accrescere le sue terre e aumentare i suoi feudi. Io pensavo di darti una<br />

piccola lezione, ma tu sei morto, non ne darei un soldo!”. Ve<strong>de</strong> la corona che è posta sopra<br />

l’altare: il conte la pren<strong>de</strong> senza punto attardarsi, si avvicina al giovane e gliela pone sul<br />

capo: «Tenete, caro signore, nel nome di Dio <strong>de</strong>l cielo, il quale ti dia forza di essere buon<br />

custo<strong>de</strong> di giustizia!”. Ciò ve<strong>de</strong> il padre, per suo figlio fu lieto: “Sire Guglielmo, abbiate<br />

grazie: il vostro lignaggio ha sostenuto il mio”.<br />

Cantar <strong>de</strong> mio Cid (vedi A. Vàrvaro, Letterarture romanze <strong>de</strong>l Medioevo)

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