Le malghe dell'Altopiano dei 7 Comuni - Gustolocale

La strada del formaggio
Le malghe dell’Altopiano dei 7 Comuni
Seguiamo ora passo passo un itinerario alla ricerca delle malghe dell’Altopiano di Asiago
Da Asiago, percorrendo la S.S. 349 per Trento, a circa 13 km dalla partenza si giunge al
bivio per la località Larici. Da qui si sale per 6 km percorrendo una strada sterrata fino a
raggiungere il bivio per cima Portule dove si devia a destra, dopo circa 300 metri si giunge
alla Malga Larici di Sotto. Altitudine 1625 s.l.m. - Comune di Lusiana. La malga ha in
dotazione circa 40 ettari di prato e 120 ettari di bosco, bestiame bovino circa 90 capi. Il
nome stesso della malga ci fa intuire la presenza del larice; bellissima conifera trovabile
solo in alta quota e in questa zona forma un esteso bosco. Nella stessa zona si possono
trovare altre malghe: malga Laste di Manazzo, malga Dosso di Sotto, malga di Porta
Manazzo. In queste malghe si producono: Asiago d’allevo, ricotta e burro.
Da Asiago, percorrendo la S.S.349 per Trento, dopo circa 7 km, al bivio per Val di
Galmarara si sale per una strada sterrata a destra per altri 6 km e si giunge fino alla
malga Galmaretta. Altitudine 1025 s.l.m. – Comune di Asiago. La malga si trova a sud
della valle Galmarara, in ottima posizione, ed è un punto di passaggio di molte escursioni:
la malga ha in dotazione oltre a 150 ettari di bosco circa 18 ettari di pascolo prativo. Si
possono acquistare oltre all’Asiago pressato, l’Asiago d’allevo, ricotta e burro.
Nella stessa zona sono presenti altre malghe: malga Galmarara, Galmarara Pastorile,
Portule Pastorile, Portule nelle quali si produce solo latte per i caseifici.
Da Asiago percorrendo la strada provinciale per Camporovere e località Tagliata, Ghertele
si taglia a sinistra con un percorso di circa 3 km di strada sterrata si giunge a Malga
Pusterle.
Altitudine 1400 s.l.m. – Comune di Roana. La malga è ubicata in un’ampia conca di pascoli
contornata da boschi sotto il Monte Verena e con di fronte il Portule. Ha in dotazione circa
40 ettari di prato e 8 ettari di bosco.
Alla produzione del formaggio Asiago d’allevo si affianca anche la produzione dell’Asiago
pressato, burro e ricotta. Le altre malghe presenti nella zona non producono formaggi
(malga quarti di Verena, Verena, Erio).
malga Larici di Sotto
malga Galmaretta
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La strada del formaggio
Da Asiago, percorrendo la strada provinciale per Roana e passata Mezzaselva di Roana,
girando a destra e seguendo le indicazioni per Verena, al bivio di Bocchetta di Campolongo
proseguire; al successivo bivio di Malga Campovecchio si procede a sinistra fino alla
malga Mandrielle Vecchio Patrimonio.
Altitudine 1585 s.l.m. - Comune di Rotzo. La malga è dotata di circa 25 ettari di prato a
pascolo e di 20 ettari di bosco. Qui si possono acquistare sia l’Asiago pressato che l’Allevo
delle varie stagionature, nonché burro e ricotta. È l’unica delle malghe presenti nella zona
dove si possono acquistare formaggi.
Da Asiago per strada statale per Vicenza, in località Valmagnaboschi di Cesuna si prende
a sinistra per malga Zovetto. Altitudine 1211 s.l.m. Comune di Roana. La malga si trova
molto vicino al centro abitato di Cesuna, sulla sommità del monte Zovetto. Il panorama
che dalla malga spazia su gran parte del territorio dell’Altopiano è molto suggestivo. Nei
pressi, a ricordo degli eventi bellici della Grande Guerra, vi sono due cimiteri, Inglese e
Italiano, in località Valmagnaboschi. In zona meritano di essere segnalate per la
produzione dell’Asiago: malga Carriola, malga Paù, malga Sunio, malga Foraoro, malga
Fondi.
Da Asiago percorrendo 10 km di strada asfaltata, in direzione Gallio, Melette, si giunge a
malga Busa Fonda – Campomulo. Altitudine 1450 s.l.m. – Comune di Gallio. La malga
nasce dalla fusione dei relativi pascoli. A Campomulo vi è un centro di piste di sci da fondo
tra i più attrezzati d’Italia. La malga Busa Fonda ha in dotazione circa 60 ettari di prato e
80 ettari di bosco.
La malga Campomulo ha circa 80 ettari di prato.
Si producono e vendono formaggio Asiago d’Allevo, burro e ricotta.
Da Asiago percorrendo 3 km di strada asfaltata e circa 3 di strada sterrata con indicazione
Aeroporto si giunge alla contrada Rigoni di Sotto, da qui si prosegue fino ad un bivio e si
gira a sinistra per la strada che porta al Monte Zingarella fino a giungere alla malga
Zebio. Altitudine 1677 s.l.m. – Comune di Asiago. La zona sorge in un ampio e verde
avvallamento teatro di numerose e sanguinose battaglie durante la Grande Guerra. Nei
pressi della malga passa il Sentiero della Pace (a ricordo del periodo bellico e ai caduti per
la Patria). La malga ha in dotazione circa 32 ettari di prato e 100 ettari di bosco. Si
producono e vendono i formaggi Asiago d’Allevo, burro e ricotta. Altre malghe sono
presenti nella zona ma non producono formaggio.
Ogni mese l’inserto della
La strada del formaggio
da staccare e conservare
a cura di Emilio Nizzero
delegato provinciale O.N.A.F.
Organizzazione Nazionale Assaggiatori di Formaggio
Pozza d’acqua nei pressi di una malga
Malga Mandrielle Vecchio Patrimonio
NEL PROSSIMO NUMERO:
la seconda parte delle malghe
dell’Altopiano dei 7 Comuni
e le malghe del Grappa

Mondo VINO
Piovene Porto Godi
L’antico nome di Toara, amena località del Vicentino,
era Thovara e significava terra buona. Qui, dal 1500
si produce vino per tradizione. A Toara si trovano i
vigneti dell’Azienda Agricola Piovene Porto Godi,
proprietà secolare dell’illustre famiglia dei Conti
Barbaran dalle quale discendono per via diretta gli
attuali proprietari, Marioantonio e Tommaso Piovene
Porto Godi.
Estesa su 220 ettari, la tenuta ha sempre fatto della
vigna e del vino il cardine primo sul quale gira
l’economia dell’azienda che comprende anche
seminativi, oliveti e bosco. I 28 ettari di vigneti
aziendali in felicissima posizione all’interno di un
anfiteatro naturale, nel cuore della D.O.C. Colli Berici
si estendono sino a quota 250 metri s.l.m. contribuendo
a dare varietà e qualità al vino.
Nel tempo, da un vino di pronta beva ed adatto al
palato semplice dei consumatori locali che necessitavano
di un prodotto da “tutto pasto” si è passati, in
anni recenti e con sapienti investimenti, ad una
sempre maggior attenzione alla qualità che per la
vigna significa anche scegliere di limitare la resa
produttiva.
Così, a partire dai primi anni novanta la decisione di
produrre vini di più alto livello, capaci di competere
sul mercato italiano ed internazionale, con un occhio
alla qualità e la ricerca per esprimere in maniera
decisa le peculiarità dei Colli Berici. Allo scopo, parte
dei vigneti sono stati reimpiantati in sintonia con i
moderni sistemi produttivi e imponendo una minor
resa per pianta, in modo da privilegiare qualità e
pregi organolettici.
L’’Azienda Piovene con tenacia ha saputo giungere
alla produzione di molteplici varietà di vino, tra le
quali si erge a simbolo dei Colli Berici il magnifico
Tocai Rosso, varietà autoctona per eccellenza e vino
“simbolo” di questo territorio. L’uva è la stessa del
grenache francese e della Garnaccia spagnola. Il
Tocai rosso viene prodotto nella versione Riveselle,
vino delicato con profumi floreali e sentori di ciliegia,
di pronta beva ma provvisto di buona struttura e
concentrazione, ottimo con il baccalà alla vicentina.
Ma chi vorrà conoscere più da vicino prodotti e qualità
dell’Azienda Piovene Porto Godi dovrà necessariamente
soffermarsi anche su vini rossi come il
Merlot, il Cabernet Franc e Sauvignon, mentre
l’interesse per i vini bianchi offrirà prodotti davvero
interessanti come il Sauvignon, il Pinot Bianco e la
Garganega.
Tra i vini bianchi spicca il Campigie, un Sauvignon
ottenuto da uve sovramaturate sulla pianta, passato
poi in barrique per sei mesi per ottenere un vino
possente nella struttura ma morbido, che con la
vendemmia tardiva perde le note vegetali caratteristiche
del Sauvignon per acquisire sentori di frutta
matura.
Come dire che l’impegno serio e costante, attento alla
tradizione ma anche ai gusti del mercato, può dare
risultati eccellenti. Provare per credere!
Paolo Ellero
L’AZIENDA PIOVENE PORTO GODI E’ PRESENTE AL VINITALY – PAD.C – stand C4

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S
La rubrica Arte in Tavola è a cura
del Prof. Piergiorgio Casara “filosofo enogastronomo"
e della prof. Cristina Borin “docente di storia dell'arte”
pezzatino di musso
Foto di Giuliano Francesconi
Il fuoco percettivo della presentazione è costituito dallo
sformatino di polenta, di forma perfetta e di colore acceso,
del tutto visibile se pure in posizione non centrale. Attorno,
a corona, lo spezzatino, di pezzatura media e di colore bruno
caldo e intenso, e l’insalata di ceci, di pezzatura piccola e di
tono più chiaro. La scala coloristica nel suo insieme è varia
ma armonica, come la consistenza materica e volumetrica
dei cibi. La leggera spolveratina di paprica riassume diverse
funzioni, accessorie ma significative: sporca il supporto e
attenua il contrasto troppo forte con il bianco della
porcellana; valorizza il delicato decoro a rilievo del piatto;
equilibra e apre verso l’esterno la struttura visiva della
presentazione, accentuando l’asse diagonale rispetto alla
centralità; armonizza ulteriormente la gamma cromatica,
arricchendola di un tono trasparente.

La composizione delle forme
Ordine/disordine
La preparazione più studiata e artificiosamente composta deve,
comunque, conservare una certa naturalezza, come se fosse il frutto di
una disposizione casuale, improvvisata al momento. Questa naturalezza,
oltre a risultare visivamente più piacevole, ci suggerisce anche una certa
rapidità nel confezionamento del piatto, a garanzia della freschezza del
cibo; mentre presentazioni troppo rigidamente costruite lasciano
intendere un lungo stazionamento in cucina per la rifinitura. Sono diversi
gli accorgimenti che ci permettono di ottenere questo effetto, di volta in
volta particolarmente adatti a specifici tipi di preparazione. Per esempio,
un’insalata di verdure, di pasta o anche la nostra “Insalata di lingua”
(presentata nel numeroquattro, novembre 2006) non deve apparire
troppo “pettinata”, anzi risulta più gradevole se tende ad aprirsi
leggermente verso il bordo esterno, allargando appena gli ingredienti e/o
lasciando cadere qua e là qualche goccia di condimento: fino a qualche
tempo fa, le sgocciolature di olio venivano accuratamente ripulite, perché
apparivano come macchie sul lindore del piatto; oggi aggiungono un
tocco di ricchezza e preannunciano gli aromi di un olio particolarmente
pregiato. Altri elementi di “disordine”, utili a spezzare composizioni
troppo rigide e a mantenere la naturalezza della presentazione, possono
essere costituiti da pochi frammenti degli ingredienti della pietanza,
magari di quelli meno visibili o meno facilmente identificabili. Una pasta
ripiena, come i ravioli, una frittata, un involtino presentato intero
possono apparire meno enigmatici e misteriosi se si lascia cadere, come
per caso, in un angolino della presentazione, un elemento usato nella
ricetta: una lumaca, una coscetta di rana, eccetera. Può anche essere
piacevole “ignorare” la cornice interna ed esterna creata dalla falda del
piatto, sempre lasciando cadere in un apparente disordine qualche
piccolo segno formale o cromatico, per esempio le uvette nella presentazione
dei “Biscotti caserecci con confettura di cachi” (presentato nel
numerocinque, dicembre 2006) o la spolverata di paprica a margine dello
“Spezzatino di musso”.
Spezzatino di musso
Tempo di esecuzione 3 ore e mezzo
Dosi per 10 persone
Ingredienti
- 2 kg di polpa di musso (spalla e coscia)
- 150 gr di cipolla e 1 scalogno
- 150 gr di carote
- 200 gr di sedano
- 2 cucchiai di prezzemolo e basilico tritati
- 2 bicchieri scarsi di olio extravergine di oliva
- salvia, rosmarino, una foglia di alloro secca
- 1 bicchiere di vino bianco secco
- 1 dado (sciolto in mezzo bicchiere di acqua calda)
- 2 spicchi d’aglio
- 2/3 chiodi di garofano e un pizzico di cannella
Arte in tavola
Attrezzature particolari: un sacchetto di garza per gli odori.
Porre, a freddo, nella teglia un trito sottile di cipolla, carota e sedano,
l’olio e la carne tagliata a pezzetti. Far rosolare velocemente a fuoco
vivo (10 minuti), aggiungere il prezzemolo e il basilico, lo scalogno
intero steccato con i chiodi di garofano, l’aglio schiacciato, la cannella,
un sacchetto di garza con dentro salvia, rosmarino e alloro il dado
(sciolto in mezzo bicchiere di acqua calda), quindi portare a cottura,
coperto, a fuoco molto lento. Dopo circa un’ora aggiungere il vino e
completare la preparazione. Servire con polenta calda e morbida
“contornando” lo spezzatino con un’insalata di ceci bolliti e conditi con
cipolla finemente tagliata, prezzemolo, rosmarino tritato, sale, pepe,
olio extravergine di oliva.
Carmelo Rizzi
Vino consigliato: Cabernet “Colle d’Elica”, Mattiello - Costozza di Longare
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abconsiderazioni
Che sia vera Resurrezione!
Eccoci a Pasqua: la Quaresima è finita, le “erbe amare” sono un ricordo, la primavera è entrata trionfando.
E gli uomini? In che stagione vivono? Riflessioni intorno alla cucina, intorno alla vita
Non ci sono più stagioni per gli uomini e neanche per i cuochi. Le
multinazionali che finanziano la grande politica mondiale non fanno
parte di questo pianeta, ma credono e vivono in funzione del Dio
denaro. Non conoscono la stagioni e cercano persino di corrompere gli
scienziati perché non lanciano i loro allarmi sempre
più pressanti sulla salute della Terra. Per
questi esseri privi di umanità è
importante vendere. Acquisire
nuovi mercati, distribuire
dividendi che percentualmente
aumentino
ogni anno e
di Amedeo Sandri
fregarsene dei mezzi utilizzati per ottenerli, guardando solamente il
fine, proprio come ha raccontato Macchiavelli. Non si ricordano che noi
tutti siamo figli della terra, nostra grande e buona madre, almeno
finora. Non sanno cosa siano i “bruscandoli” e non hanno mai sentito
nominare i “rampussoli”, per non parlare dei “tanoni”, delle “rósole” o
dei “s-ciopéti”. Certo conoscono bene aragoste, caviale, champagne,
foie gras e via dicendo, perché hanno globalizzato questi prodotti di
lusso mettendoli a disposizione dei grandi alberghi per V.I.P. costruiti nei
luoghi strategici per la finanza e la politica in ogni parte del mondo.
E i cuochi? Stanno al gioco delle multinazionali? Sono loro fedeli servitori
in funzione del Dio denaro? Chi sono i cuochi del terzo millennio? A che
cosa credono? Perché scelgono di fare questo mestiere? Non so dare
delle risposte. Mi piacerebbe credere che i cuochi di oggi
siano delle brave persone, oneste, che utilizzano
testa e mani per dare piacere ai loro simili, i quali
non vanno a “celebrarli” nei loro “templi”, ma a
trovarli a casa loro per passare dei piacevoli
momenti assieme. Mi piacerebbe che usassero
prodotti che la Madre Terra mette loro a
disposizione in quel luogo, in quel momento, in
quella stagione e che questi prodotti fossero
“integri”, non “costruiti” o “forzati” per renderli belli
fuori e “malati” dentro. Mi piacerebbe che vicino alla

Che sia vera Resurrezione!
tecnologia e alla scienza ci fossero anche mani e cuore, che non ci
fossero cucine per ricchi e cucine per meno fortunati, che i tavoli non
fossero pochi e lontani uno dall’altro come vogliono le guide, ma deschi
che servono per socializzare e conoscersi, di fronte ad un unico cibo.
L’aveva ben capito Franco Colombani nel suo “Sole” di Maleo: una voce
nel deserto come quella di Giovanni Battista, una voce che non c‘è più.
Il cibo dovrebbe essere un bene per tutti, senza distinzione.
Da che cosa dobbiamo dunque risorgere? Più che risorgere, dobbiamo
riappropriarci della nostra testa, della nostra terra, delle stagioni, dei
nostri prodotti tipici, della voglia di far dire ad un commensale: “era da
quando è morta mia nonna che non mangiavo più questo cibo” e
godere di tutto ciò, al di là del denaro. Noi cuochi, così come i creatori
di moda, ci lasciamo influenzare dalle tendenze, dai personaggi che le
creano e spesso anche dalle loro “stravaganze”. Ben vengano gli
“stravaganti”, ma l’uomo mangia tutti i giorni e le “stravaganze” le
centellina nell’arco dell’anno, soprattutto se sono costose. Proviamo
per un attimo ad incensarci di meno, a rimetterci giacche bianche e
pantaloni a quadretti lasciando chiuse nel cassetto patacche e targhe,
usando le mani anziché le chiacchiere, dimostrando “sul campo” ciò che
siamo in grado di fare per far star bene i nostri simili. Sarà un esempio
per le nuove generazioni che potranno venire “a bottega” per imparare
a privilegiare il buono sul bello, senza comunque dimenticare
quest’ultimo, ma non mettendolo in “primo piano” a discapito dell’altro.
La “resurrezione” dovrebbe quindi coniugare la tecnica e la conoscenza
scientifica con il buono, il bello, il territorio, la stagionalità dei prodotti
ed una buona manualità, soprattutto nell’esecuzione dei lavori più
umili, quelli che “formano” e “forgiano” il giovane uomo e la giovane
donna. Sono angosciato dal relativismo e dal “vuoto” che pervadono
molti ragazzi, dalla loro mancanza di punti di riferimento che non siano
il telefonino di ultima generazione e la playstation, dall’uso di sigarette,
droghe e parolacce. Credo si stia toccando il fondo; bisogna tornare
all’autenticità, alla verità: bisogna “risorgere”. Buona Pasqua.
Amedeo Sandri
Cari Clienti presenti e futuri,
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Leogra maturata in cantina, prodotta ai piedi delle piccole dolomiti (dove vide la luce
Libera nos a malo) detta, la “Soppressa di Antonio”.

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I caffè dei Caraibi
Haiti - Repubblica Dominicana - Portorico - Cuba - Giamaica
Sino a pochi anni fa il caffè HAITI veniva molto apprezzato
ed adoperato, anche se trattato fondamentalmente come
Arabica Naturale, per la forte corposità che era in grado di
dare alla miscela nella quale veniva immesso. I forti
problemi politici interni hanno fatto si che, l'offerta
proveniente da quel Paese sia diventata scarsa, e di poca
affidabilità qualitativa.
Tutt'altro discorso, invece, per i tipi lavati provenienti dalla
REP. DOMINICANA. Ad una notevolissima corposità
uniscono infatti, un'ottimo equilibrio fra dolcezza ed
acidità.
Simile a questi, con una migliore e fine aromaticità ma,
con i problemi derivanti da una scarsa e notevolmente
costosa offerta, il PORTORICO.
Negli ultimi anni sul mercato sono stati riproposti i caffè
provenienti da CUBA: trattasi di Arabica Lavati con
caratteristiche di buona corposità ed acidità quasi
inesistente che, unite ad un aroma pulito e neutro, li
rendono notevolmente interessanti, sia per l'ampia
gamma d'uso, che per l'ottimo rapporto qualità/prezzo.
A puro titolo di notizia possiamo ricordare ancora l'isola di
GIAMAICA, produttrice di poco caffè, ma estremamente
fine. Sicuramente troppo caro e meno selezionato rispetto
ai tempi passati.
Pagina a cura di Edy Bieker
uno dei massimi intenditori di caffè crudi

Una serata un po’ particolare
Solidarietà, Arte e Cucina al Ceod di Valdagno
con l’Associazione Artegustocolore
La cucina è motivo di aggregazione, è evidente. Quale modo migliore
allora per superare le barriere che ancora esistono (inutile negarlo)
con persone che hanno abilità diverse?
È stato questo l’intento dell’Associazione “Artegustocolore” di Recoaro
che ha allietato una serata al C.E.O.D. Azzurra di Valdagno al termine
di uno spettacolo che gli ospiti (adulti con disabilità gravi) avevano
organizzato per i loro genitori.
“Nella società di oggi troviamo molteplici forme di volontariato per
aiutare gli altri - dice il presidente Sergio Prebianca - ma nel mio
gruppo volevo creare una sfida grande ed essenziale con un tocco di
professionalità”.
Gli chef dell’associazione hanno predisposto un ricco buffet di piccola
pasticceria composto tra l’altro da tartellette e spiedini di frutta
glassati su una fontana di cioccolata mousse con pralineria. “Il nostro
team con la consapevolezza del valore della qualità della vita –
prosegue Prebianca - ha
cercato di far conoscere una
melodia dei sapori e dei
colori agli ospiti. Sono stati
resi protagonisti e gli si è
fatto conoscere un mondo
nuovo; con la simpatia che
solo gli chef che credono
nell’ambito sociale sanno
avere”.
La serata è stata un grande
successo, lo scenario ha
rafforzato per tutti il legame
profondo di costruzione della
solidarietà, della
cooperazione e della vita
associativa.
Il presidente assicura che
questo sarà l’inizio di un
lungo e fondamentale
progetto che l’associazione
“artegustocolore” porterà
avanti perché considerato
molto più che formazione:
vita!
Vanessa Lovato
Gli Shef di Artegustocolore all’opera

Valchiampo: modernità nella tradizione
I ristoratori della Valle del Chiampo continuano il loro percorso
nel made locale con una rassegna di otto serate
Torna per il secondo anno nella Valle del Chiampo la rassegna del Gruppo
Ristoratori. Un ciclo di otto serate in programma da fine aprile a
novembre per presentare i sapori e la tradizione culinaria dell’area, con
un’attenta ricerca del legame tra cibo e territorio.
Un’iniziativa promossa dalla Fipe Confcommercio, nel cui ambito i cinque
ristoratori si sono uniti due anni or sono con lo scopo di valorizzare e
rilanciare i prodotti tipici della vallata del Chiampo. La Rassegna 2007,
nata sulla scorta del buon successo dello scorso anno, preannuncia
un’interessante novità: oltre alle cinque serate organizzate in ognuno dei
ristoranti aderenti, sono previsti tre appuntamenti in cui i ristoratori si
cimenteranno uniti in un unico locale. Metteranno in comune il personale
di cucina e di sala, menu e conoscenze: l’intento è quello di ricercare
nuove affinità e promuovere scambi di professionalità, indispensabili per
crescere.
Il percorso fra i colori e i sapori della Val del Chiampo si apre così presso
il ristorante Al Torcio di Chiampo il 20 aprile per
concludere l’itinerario gustativo-sensoriale nel
mese di Novembre presso il ristorante Ponte
Nuovo. I tre appuntamenti “collettivi” saranno
distribuiti tra maggio, giugno e settembre.
L’enogastronomo
Romolo Cacciatori
Ogni serata a tema sarà accompagnata dall’enogastronomo Romolo
Cacciatori che esplorerà il territorio con la riscoperta dei piatti
dimenticati, valorizzandone la ricercatezza e la professionalità nell’esecuzione.
“Lo scopo degli chef che partecipano - spiega Romolo Cacciatori
- è quello di cullare il commensale in un percorso storico, culturale,
gastronomico con tratti di modernità, valorizzando ogni piatto”.
Un’attenzione particolare verrà infine riservata ai vini che saranno
abbinati ai piatti privilegiando le scelte del territorio vicentino,
soprattutto tra le Doc della Provincia.
V. L.

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Vicenza
Papillart 2007
La seconda edizione della manifestazione ideata da Michele
Pansera invade Piazza della Liberta di Arzignano. E contagia
tutta la città
Immaginate una giornata quasi primaverile, piena di luce e di sole, una
piazza tappezzata di banchi scolastici con tante lastre di cioccolato
fondente, 200 studenti liceali, su una pedana uno splendido pianoforte
Petrof a mezza coda al quale si alternano alunne pianiste e cantanti, un
docente ideatore e organizzatore nonché socio Slow Food, autorità
scolastiche e comunali, tra cui il Sindaco Stefano Fracasso e il Dirigente
Scolastico Maria Bertoldi, il fiduciario Slow Food di Vicenza Mauro
Pasquali, il passeggio di un sabato mattina e poi tanta voglia di creare.
Dalle 9 alle 17 Papillart, giunta alla sua seconda edizione, ha dominato
la scena cittadina.
Il nome dato alla manifestazione è di per sé intrigante e cosa sta a
significare? Arte per papille? Arte e papille? Arte con le papille? E quali
papille se non quelle gustative? Si è trattato infatti di un’esperienzaevento
artistico nel quale gli allievi si sono confrontati con la ricerca del
gusto nell’arte e l’arte del gusto.
La cioccolata, gentilmente offerta dalla ICAM e preparata per l’occasione
dalla pasticceria Davenicio, ben si è prestata per consentire un’esperienza
totale: gli studenti incidendola ne hanno colto il profumo, manipolandola
ne hanno studiato la materialità, osservandola si sono immersi
nelle sfumature tonali calde ed invitanti, l’hanno sentita cedere sotto i
lievi od intensi colpi inferti alla sua superficie ed infine l’hanno gustata.
Passeggiando tra i gruppi di studenti è stato interessante scoprire come
un prodotto pensato per l’alimentazione e il palato abbia potuto
suggerire interpretazioni artistiche impensabili: tra i temi trattati la
pace, la natura, l’integrazione razziale, lo sport, la libertà, la difesa degli
animali, la giustizia, l’io.
Ancora una volta il cibo, in questo caso calato in un contesto artistico,
ha fatto da tramite per promuovere la riflessione e la presa di coscienza
La piazza con la cioccolata intorno
Foto di Nicola Rezzara
Nella foto
gli organizzatori
della
manifestazione:
da sinistra
Carlo Pozza,
Michele Pansera,
Stefano Fracasso,
Maria Bertoldi,
Mauro Pasquali e
Sarina Vaccarella

della realtà. Lavorato, studiato e ”vissuto” in una dimensione sociale ha
svolto una funzione che da sempre gli attiene.
Il cibo, nel caso di Papillart la cioccolata, ha avvicinato, ha aggregato,
ha arricchito e stimolato i rapporti interpersonali. Bellissimi gli incontri
che sono nati tra i cittadini che si trovavano a passare da quelle parti e
gli studenti, per i quali la creazione artistica si è trasformata in dono,
condivisione non solo nel mostrare l’oggetto della loro fantasia
ispiratrice, ma nell’offerta concreta delle loro produzioni e cioè della loro
arte, nella possibilità di consumarla, di mangiarla.
Papillart 2007
Papillart è stata una manifestazione di grande valenza didattica, ma
anche di forte connotazione culturale e sociale. E’ ovvio che anche in
questo caso, non si tratta di un successo casuale.
Gli allievi si sono avvalsi di una fase propedeutica presso il Museo Peggy
Guggenheim di Venezia, dove, con la supervisione del Professor Michele
Pansera, coordinatore del progetto, e con gli esperti del museo, hanno
preso parte ad interessanti laboratori.
Vicenza
Sarina Vaccarella