Precari ieri e oggi, quale il domani - Regione Toscana
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Per vedere <strong>quale</strong> ipotesi si adatti meglio ai lavoratori instab<strong>il</strong>i<br />
occorrerebbe disporre di indagini longitudinali molto approfondite,<br />
tuttavia qualche osservazione sia teorica sia empirica offre<br />
interessanti spunti di riflessione. Innanzi tutto, l’ipotesi dell’obsolescenza<br />
delle competenze, la prima elaborata per sostenere<br />
l’isteresi, non regge perché i lavoratori instab<strong>il</strong>i sono occupati in<br />
attività che dal punto di vista del contenuto professionale non<br />
si distinguono da quelle svolte dai lavoratori stab<strong>il</strong>i. Anche l’obsolescenza<br />
delle relazioni sociali può riguardare soltanto quelle<br />
connesse alle reti fam<strong>il</strong>iari, le più usate per trovare <strong>il</strong> primo lavoro,<br />
ma non certo quelle che si stab<strong>il</strong>iscono nel mondo del lavoro,<br />
nel <strong>quale</strong> i lavoratori instab<strong>il</strong>i sono pienamente inseriti. Soltanto<br />
un curriculum eccessivamente pieno di rapporti di breve durata<br />
può costituire un segnale negativo, ma non certo per l’impresa<br />
che ha “sperimentato” <strong>il</strong> lavoratore avendolo impiegato a termine.<br />
Per contro, l’indagine longitudinale sulla <strong>Toscana</strong> sottolinea<br />
che le maggiori probab<strong>il</strong>ità di restare intrappolati sono connesse<br />
a caratteristiche personali del lavoratore: <strong>il</strong> genere femmin<strong>il</strong>e,<br />
<strong>il</strong> basso livello di istruzione, l’età non più giovane. Si potrebbe,<br />
quindi, pensare che l’arresto del tasso di stab<strong>il</strong>izzazione dopo<br />
alcuni anni non sia dovuto tanto a un fenomeno di isteresi nel<br />
lavoro instab<strong>il</strong>e, quanto piuttosto al fatto che i più “forti” sono<br />
ormai riusciti a trovare un’occupazione stab<strong>il</strong>e e quelli rimasti<br />
ancora instab<strong>il</strong>i sono i più “deboli”, che l’esperienza del lavoro<br />
flessib<strong>il</strong>e, spesso presso diversi datori di lavoro, non è riuscita a<br />
rafforzare sul piano professionale.<br />
Tuttavia, per giungere a conclusioni più fondate occorre tener<br />
conto sia del fatto che i rapporti di lavoro flessib<strong>il</strong>i non sono<br />
eguali, sia delle diverse opportunità che <strong>il</strong> mercato del lavoro<br />
offre. L’indagine longitudinale in <strong>Toscana</strong>, così come l’analisi di<br />
dati amministrativi in un’altra regione (veneto Lavoro, 006),<br />
conferma che l’esito dei contratti a fini formativi è molto migliore<br />
di quello dei normali rapporti a tempo determinato. Quindi,<br />
anche la diversa natura dei contratti flessib<strong>il</strong>i dovrebbe essere<br />
inserita come variab<strong>il</strong>e interveniente nell’analisi dell’insieme dei<br />
fattori che incidono sugli esiti occupazionali dei lavoratori flessib<strong>il</strong>i,<br />
ma ciò richiede di ampliare enormemente <strong>il</strong> numero di<br />
casi da prendere in esame nell’indagine.<br />
Infine, va sottolineato che l’indagine longitudinale introduce<br />
nell’analisi del destino dei lavoratori flessib<strong>il</strong>i un fattore troppo<br />
spesso dimenticato: la natura della domanda di lavoro. Da un<br />
lato, infatti, le differenze nel tasso di stab<strong>il</strong>izzazione risultano<br />
connesse anche alla struttura economica dei sistemi locali; dal-<br />
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