Precari ieri e oggi, quale il domani - Regione Toscana
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dapprima quattro anni dopo l’assunzione e poi dopo altri due<br />
anni. È stato così possib<strong>il</strong>e r<strong>il</strong>evare un fenomeno sim<strong>il</strong>e all’isteresi,<br />
ben noto agli studi sulla disoccupazione. Infatti, <strong>il</strong> tasso di<br />
stab<strong>il</strong>izzazione (cioè la percentuale di assunti con rapporti flessib<strong>il</strong>i<br />
che sono poi riusciti ad acquisire una posizione occupazionale<br />
stab<strong>il</strong>e, dipendente o indipendente), dopo aver raggiunto<br />
<strong>il</strong> 4 % in quattro anni, nei successivi due anni cresce ancora<br />
soltanto di 6 punti percentuali, raggiungendo <strong>il</strong> 48% nei sei anni<br />
complessivi del periodo analizzato dal momento dell’avviamento<br />
ad un rapporto instab<strong>il</strong>e. Un andamento sim<strong>il</strong>e è stato osservato<br />
in veneto per i lavoratori assunti con un contratto a tempo<br />
determinato: <strong>il</strong> loro tasso di occupazione con contratti a tempo<br />
indeterminato cresce rapidamente sino a sfiorare <strong>il</strong> 40% a tre<br />
anni di distanza, poi quasi si arresta (veneto Lavoro, 006).<br />
Dunque, la percentuale di lavoratori flessib<strong>il</strong>i che “stab<strong>il</strong>izzano”<br />
la propria condizione occupazionale non aumenta affatto<br />
in modo lineare con <strong>il</strong> passare del tempo: per chi non è riuscito<br />
a “stab<strong>il</strong>izzarsi” entro un certo numero di anni (tre-quattro, secondo<br />
queste prime indagini) le probab<strong>il</strong>ità di farcela successivamente<br />
si riducono drasticamente e crescono invece quelle<br />
di restar intrappolato nel “carosello” dei lavori precari o peggio<br />
ancora di “uscire” dalla condizione di occupato verso la disoccupazione<br />
o l’inattività.<br />
Per spiegare come per i disoccupati la probab<strong>il</strong>ità di trovare<br />
un lavoro dopo alcuni anni non cresce più e anzi diminuisce,<br />
creando una sacca di lungo-disoccupati molto diffic<strong>il</strong>mente occupab<strong>il</strong>i,<br />
si è fatto ricorso all’ipotesi dell’isteresi. Secondo tale<br />
ipotesi, sarebbe proprio la lunga durata dello stato di disoccupazione<br />
a ridurre le probab<strong>il</strong>ità di ritrovare un lavoro, da un<br />
lato perché una troppo lunga assenza dal lavoro rende obsolete<br />
le competenze acquisite, dall’altro perché la stessa lunga durata<br />
della disoccupazione costituisce un segnale negativo per l’impresa<br />
(se nessuno l’ha ancora assunto, perché devo farlo proprio<br />
io?) e riduce la possib<strong>il</strong>ità di ricorrere alle reti di relazioni sociali<br />
grazie alle quali nella maggior parte dei casi si trova un lavoro. A<br />
questa ipotesi se ne è contrapposta un’altra che sottolinea invece<br />
la grande diversità delle caratteristiche dei disoccupati, per cui<br />
quelli più “forti” per caratteristiche personali, professionali o<br />
sociali ritrovano prima un lavoro, mentre quelli più “deboli” fin<br />
dall’inizio non ce la fanno e cadono nella condizione di lungodisoccupati.<br />
La letteratura socio-economica su tale alternativa è<br />
molto ampia e le conclusioni differiscono a seconda del concreto<br />
caso studiato.<br />
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