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Precari ieri e oggi, quale il domani - Regione Toscana

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COLLANA LAvOrO<br />

studi e ricerche<br />

67


<strong>Precari</strong> <strong>ieri</strong> e <strong>oggi</strong>,<br />

<strong>quale</strong> <strong>il</strong> <strong>domani</strong>?<br />

Prima indagine longitudinale<br />

sui lavoratori flessib<strong>il</strong>i<br />

in <strong>Toscana</strong><br />

A cura di<br />

Francesca Giovani


Il Rapporto di ricerca, affidato all’IRPET (Istituto Regionale per la Programmazione Economica<br />

della <strong>Toscana</strong>), è stato coordinato da Francesca Giovani.<br />

Pur essendo frutto di un lavoro comune, le parti di questo volume sono così ripartite: Francesca<br />

Giovani ha curato i capitoli 1, 4, 5, le conclusioni e l’allegato 2. Teresa Savino i capitoli<br />

2, 7 e l’allegato 3. Michele Beudò <strong>il</strong> capitolo 6. Il capitolo 3 è stato curato da Em<strong>il</strong>io Reyneri<br />

dell’Università di M<strong>il</strong>ano Bicocca. Vanno attribuiti a Stefano Rosignoli l’allegato 1 e a Francesca<br />

Tallarico l’allegato 4.<br />

L’indagine diretta ai lavoratori della Pubblica Amministrazione è stata coordinata da Teresa<br />

Savino che si è avvalsa, per la conduzione di alcuni focus group, della collaborazione di<br />

Giulia Marchetti.<br />

L’indagine telefonica ai lavoratori dipendenti è stata effettuata da Eurema con <strong>il</strong> coordinamento<br />

di Roberta Pini che ha curato, insieme a Laura Vannucci, anche le elaborazioni<br />

statistiche relative all’indagine (capitoli 4, 5 e 6).<br />

Valentina Patacchini ha curato le elaborazioni statistiche relative all’Indagine ISTAT sulle forze<br />

di lavoro (capitolo 2) e ai dati del Conto annuale del Personale negli Enti Locali (capitolo 7).<br />

Al servizio editoriale dell’IRPET si deve l’allestimento del volume.<br />

Un ringraziamento particolare va a tutti gli intervistati che hanno dedicato parte del loro tempo a<br />

raccontarci la loro storia lavorativa e personale, rendendo possib<strong>il</strong>e la realizzazione dell’indagine.<br />

<strong>Precari</strong> <strong>ieri</strong> e <strong>oggi</strong>, <strong>quale</strong> <strong>il</strong> <strong>domani</strong>? : prima indagine longitudinale sui<br />

lavoratori flessib<strong>il</strong>i in <strong>Toscana</strong> / a cura di Francesca Giovani<br />

(Lavoro. Studi e ricerche ; 67)<br />

331.109455 ( 1.)<br />

1. Lavoro temporaneo – <strong>Toscana</strong> . Occupazione – <strong>Toscana</strong> I. Giovani,<br />

Francesca<br />

CIP a cura del Sistema bibliotecario dell’Università di Pisa<br />

ISBN 978-88-849 -491-9<br />

© 007 regione <strong>Toscana</strong><br />

Giunta regionale<br />

Direzione Generale<br />

Politiche Formative, Beni e Attività Culturali<br />

Area di Coordinamento<br />

Orientamento, Istruzione, Formazione, Lavoro<br />

Settore Lavoro e Formazione continua


Presentazione<br />

Lo studio commissionato all’IrPET dalla regione <strong>Toscana</strong><br />

– Settore Lavoro e Formazione continua – offre un contributo conoscitivo<br />

di r<strong>il</strong>ievo all’analisi del fenomeno del lavoro flessib<strong>il</strong>e,<br />

unendo all’esame dello scenario degli ultimi anni la r<strong>il</strong>evazione<br />

‘longitudinale’ sull’evoluzione nel tempo della situazione dei lavoratori<br />

temporanei. Ciò getta luce su un aspetto cruciale: nel medio<br />

periodo, la capacità di stab<strong>il</strong>izzazione dei lavoratori flessib<strong>il</strong>i è<br />

risultata, finora, decisamente modesta, mentre la quota di persone<br />

che restano permanentemente bloccate in percorsi professionali<br />

precari o che rifluisce nell’inattività è relativamente elevata,<br />

in particolare per donne istruite, giovani, lavoratori over 50.<br />

Negli anni recenti, infatti, complice la forte incertezza sulle<br />

prospettive dell’economia, <strong>il</strong> ricorso a contratti a tempo determinato<br />

o atipici ha teso a spostarsi da una prospettiva transitoria<br />

(in grado di favorire l’accesso all’occupazione per alcune componenti<br />

deboli, contenere tempi ed entità della disoccupazione<br />

e venire incontro a richieste di flessib<strong>il</strong>ità delle imprese) verso<br />

condizioni che tendono a determinare un ‘intrappolamento’ dei<br />

lavoratori in condizioni di prolungata precarietà.<br />

Accanto al segmento primario del mercato del lavoro, quello<br />

dei lavoratori con contratti standard, sul mercato del lavoro si è<br />

consolidato un segmento ‘secondario’ dal <strong>quale</strong> sono insufficienti<br />

i passaggi a quello primario.<br />

La regione <strong>Toscana</strong> ha definito, per i prossimi anni, fondamentali<br />

atti di programmazione mirati a rafforzare <strong>il</strong> complesso<br />

del sistema occupazionale toscano:<br />

• Il Piano di indirizzo integrato per istruzione, formazione e<br />

lavoro per <strong>il</strong> quinquennio 006- 010, approvato nel settembre<br />

006 in Consiglio regionale, che prevede nel periodo un<br />

investimento complessivo di m<strong>il</strong>iardo e 119 m<strong>il</strong>ioni di euro<br />

per interventi in tali settori.<br />

• Il nuovo Programma Operativo regionale del fondo sociale<br />

europeo, che stanzia 666 m<strong>il</strong>ioni per <strong>il</strong> periodo 007- 013.<br />

In essi la regione ha individuato nella lotta alla precarietà e<br />

nell’attenzione ai diritti dei lavoratori atipici e temporanei uno<br />

dei punti fondamentali della propria strategia di qualificazione<br />

5


del lavoro e dell’occupazione. È evidente che i buoni risultati<br />

quantitativi ottenuti nel passato recente sul versante dell’occupazione<br />

e della disoccupazione, anche rispetto ai target di Lisbona<br />

e al lavoro delle donne, devono essere consolidati nella<br />

direzione della stab<strong>il</strong>izzazione del lavoro temporaneo, nell’eliminazione<br />

delle sacche di precarietà, nella estensione delle tutele<br />

a tutti i lavoratori.<br />

A partire dal 006 è possib<strong>il</strong>e contare su nuovi strumenti attivati<br />

dalla regione <strong>Toscana</strong> per contrastare la precarizzazione<br />

del lavoro, che si aggiungono agli interventi strutturali dei Servizi<br />

per l’Impiego e dei sistemi di formazione, istruzione, orientamento.<br />

Si tratta di fondi di finanziamento con funzioni di garanzia<br />

dei diritti dei lavoratori e di incentivi alle imprese che<br />

riguardano, oltre all’occupazione femmin<strong>il</strong>e e all’anticipo per la<br />

cassa integrazione per i lavoratori di aziende in crisi, incentivi<br />

per la stab<strong>il</strong>izzazione dei lavoratori a termine: uno specifico fondo<br />

prevede incentivi per chi trasforma i contratti a termine in<br />

contratti a tempo indeterminato. A settembre 007, l’iniziativa<br />

ha già registrato oltre 300 domande, di cui 5 finanziate con<br />

circa 900m<strong>il</strong>a euro di finanziamenti. L’efficacia del fondo sarà<br />

ulteriormente potenziata unificandolo al fondo di sostegno all’assunzione<br />

dei lavoratori in mob<strong>il</strong>ità, che anch’esso risponde a<br />

finalità di ricollocamento stab<strong>il</strong>e nell’occupazione, con stanziamenti<br />

di 1 m<strong>il</strong>ione 400m<strong>il</strong>a euro per ciascuno dei prossimi due<br />

anni. Inoltre, si sta attualmente costituendo un fondo di garanzia<br />

per i lavoratori atipici (collaboratori e figure analoghe), mirato<br />

a favorire l’accesso al credito. Altri importanti elementi di supporto<br />

per gli atipici sono compresi nelle misure di formazione<br />

continua. È stato inoltre realizzato un progetto per garantire nel<br />

territorio toscano la presenza di sportelli di supporto, consulenza<br />

e orientamento per i lavoratori atipici (progetto Prometeo),<br />

andato a scadenza con la programmazione FSE 000- 006. Con<br />

un bando a procedura di evidenza pubblica dello scorso mese di<br />

luglio sarà garantito <strong>il</strong> funzionamento degli sportelli fino al 30<br />

giugno 008. Una volta analizzate forme e modalità della nuova<br />

programmazione FSE 007- 013, potrà concretizzare un intervento<br />

organico sul territorio regionale, anche in relazione alle<br />

specificità locali, qualitative e quantitative, del lavoro atipico.<br />

6<br />

Gianfranco Simoncini<br />

Assessore all’Istruzione,<br />

alla Formazione e al Lavoro<br />

della <strong>Regione</strong> <strong>Toscana</strong>


1.<br />

Introduzione<br />

1.1. Premessa<br />

A circa quattro anni dall’entrata in vigore della Legge 30/ 003<br />

– impropriamente detta Legge Biagi, perché non include una<br />

parte essenziale del modello di flexsecurity cui Biagi si ispirava,<br />

quella diretta a rafforzare l’ut<strong>il</strong>izzo di ammortizzatori sociali e a<br />

rafforzare i servizi pubblici per l’impiego (reyneri, 005a) – è <strong>il</strong><br />

momento di tracciare un primo b<strong>il</strong>ancio sugli effetti dell’applicazione<br />

normativa, con la <strong>quale</strong> si è aperta la seconda fase della<br />

flessib<strong>il</strong>izzazione del lavoro nel nostro paese (la prima è stata<br />

introdotta con la cosiddetta Legge Treu, del 1997) rendendo la<br />

nostra legislazione del lavoro una delle più flessib<strong>il</strong>i di Europa.<br />

La riforma partiva dall’assunto che un’ulteriore espansione<br />

degli strumenti di flessib<strong>il</strong>ità a disposizione delle imprese fosse<br />

una strategia vincente per fare crescere l’occupazione, ma a<br />

guardare le statistiche ufficiali più recenti <strong>il</strong> mercato del lavoro<br />

italiano sembra avere perso del tutto <strong>il</strong> dinamismo in termini di<br />

job creation ancora presente nei primi anni del 000. Sembra infatti<br />

ormai evidente che stia finendo quello che è stato definito,<br />

da Tito Boeri e Pietro Garibaldi ( 006), “l’effetto luna di miele”,<br />

che è stato associato alla introduzione di nuove forme contrattuali<br />

flessib<strong>il</strong>i, ovvero quella fase di transizione in cui l’organico<br />

delle imprese aumenta perché al numero fisso dei lavoratori protetti<br />

si aggiunge un certo numero di lavoratori soggetti a minor<br />

protezione; è in questa fase che l’occupazione cresce anche se <strong>il</strong><br />

prodotto non aumenta. va tuttavia tenuto presente che si tratta<br />

di un processo destinato a non perdurare, perché una volta che<br />

7


le imprese avranno accumulato un certo numero di lavoratori<br />

flessib<strong>il</strong>i, e soprattutto se la fase congiunturale dovesse peggiorare,<br />

ci troveremo a fronteggiare l’effetto inverso, ossia una fase<br />

di mancato rinnovo dei contratti non tutelati.<br />

Il problema del r<strong>il</strong>evante numero di giovani (ma non solo)<br />

coinvolti in questo processo di flessib<strong>il</strong>izzazione riguarda non<br />

tanto gli ingressi con modalità flessib<strong>il</strong>i nel mercato del lavoro<br />

che nel giro di pochi anni si trasformano in lavori stab<strong>il</strong>i (di tipo<br />

autonomo o dipendente), quanto una lunga permanenza (o intrappolamento)<br />

in rapporti instab<strong>il</strong>i che ha come conseguenza<br />

costi umani ancora <strong>oggi</strong> spesso sottovalutati, che possono essere<br />

riassunti nella difficoltà di progettarsi una vita e <strong>il</strong> rischio di non<br />

avere a tempo debito una pensione dignitosa. Gli esperti hanno<br />

infatti stimato che coloro che hanno lunghi percorsi di lavoro<br />

con contratti instab<strong>il</strong>i rischiano di avere pensioni nell’ordine del<br />

30% del salario attuale (che risulta essere mediamente inferiore<br />

a m<strong>il</strong>le euro), rischiando quindi di trovarsi al di sotto della soglia<br />

di povertà.<br />

Se consideriamo che circa <strong>il</strong> 50% delle nuove assunzioni in<br />

Italia avviene oramai con contratti a termine, e che <strong>il</strong> tasso di<br />

conversione in contratti a tempo indeterminato è mediamente<br />

basso (circa 10 punti in un anno), questo denota un alto rischio<br />

di segregazione per i lavoratori assunti con tipologie contrattuali<br />

di questo tipo (Boeri, Garibaldi, 006). Si rende quindi sempre<br />

più necessario fornire delle tutele di base, che proteggano dalla<br />

possib<strong>il</strong>ità di avere delle carriere professionali discontinue come<br />

un sistema efficace ed efficiente di ammortizzatori sociali che<br />

consenta di garantire la continuità del reddito (perché i lavori<br />

di cui si parla sono discontinui), tutele di ordine sanitario e<br />

anche degli strumenti di contrasto alla povertà come <strong>il</strong> reddito<br />

minimo.<br />

Un’altra questione riguarda le difficoltà che incontrano i lavoratori<br />

flessib<strong>il</strong>i a vedere riconosciute le competenze acquisite<br />

nel momento in cui cambiano la propria posizione occupazionale<br />

passando da un’azienda all’altra. Esiste infatti <strong>il</strong> consistente<br />

rischio che i segmenti di carriera lavorativa già effettuati<br />

con contratti atipici vengano praticamente disconosciuti sotto<br />

<strong>il</strong> prof<strong>il</strong>o della competenza professionale acquisita, con effetti<br />

negativi sulla retribuzione e, ovviamente, sulla progressione di<br />

carriera. Uno degli obiettivi da porsi è dunque quello di progettare<br />

modelli dedicati al riconoscimento delle competenze “spendib<strong>il</strong>i”<br />

nel mercato del lavoro. Si impone, quindi, un più stretto<br />

legame tra politiche del lavoro e politiche della formazione pro-<br />

8


fessionale (ed anche scolastica) che miri a rafforzare i percorsi<br />

dei soggetti più deboli.<br />

Una ulteriore posizione di debolezza si registra per la componente<br />

femmin<strong>il</strong>e che indica, da un lato una minor forza sul<br />

mercato del lavoro, dall’altro, <strong>il</strong> permanere di vincoli fam<strong>il</strong>iari<br />

che gravano ancora sulle donne. Gli interventi per sostenere l’inserimento<br />

delle donne in occupazioni stab<strong>il</strong>i o in attività indipendenti,<br />

non possono prescindere da misure volte a ridurre <strong>il</strong><br />

peso del lavoro di cura e a renderlo compatib<strong>il</strong>e con l’impegno<br />

lavorativo, anche modificando l’organizzazione delle imprese.<br />

L’elaborazione di nuovi sistemi di protezione sociale emerge<br />

come una questione di cruciale importanza per la società futura<br />

se si ha a cuore non soltanto la crescita dell’occupazione, ma<br />

anche la coesione sociale, che rischia di essere incrinata da un<br />

eventuale consolidamento della quota di lavoratori instab<strong>il</strong>i per<br />

la vita.<br />

1.2. Alcune anticipazioni sul contenuto del Rapporto<br />

Dato <strong>il</strong> presente quadro di riferimento, <strong>il</strong> lavoro che presentiamo<br />

si è proposto di approfondire le cause, ma anche le conseguenze<br />

e le implicazioni della flessib<strong>il</strong>ità nelle traiettorie e nella<br />

qualità del lavoro di individui che hanno intrapreso un percorso<br />

lavorativo caratterizzato da tipologie contrattuali “a termine”.<br />

La novità della ricerca risiede proprio nella scelta metodologica<br />

di partenza: ovvero seguire, tramite un’indagine di tipo panel,<br />

nella loro carriera un gruppo di lavoratori “atipici” per cogliere<br />

gli esiti che rapporti lavorativi di tipo flessib<strong>il</strong>e hanno nel percorso<br />

di lavoro e nella vita dei lavoratori.<br />

In particolare, nel Capitolo viene presentata un’analisi dinamica<br />

del lavoro flessib<strong>il</strong>e in <strong>Toscana</strong>, con comparazioni a livello<br />

nazionale ed europeo, che mostra come in <strong>Toscana</strong>, così<br />

come per <strong>il</strong> resto del paese, sia cresciuta la quota complessiva<br />

dei lavoratori flessib<strong>il</strong>i: dal 4,5% del 1993 al 1 ,5% del 006,<br />

dato, quest’ultimo, al di sotto del dato nazionale (13,1%) e della<br />

media europea (14,4%); se a questo insieme aggiungiamo i<br />

collaboratori tale quota supera <strong>il</strong> 15% del totale dei lavoratori<br />

dipendenti. Ma non si può dire che le misure dirette a favorire<br />

<strong>il</strong> ricorso a rapporti di lavoro più flessib<strong>il</strong>i abbiano dato, nell’ultimo<br />

periodo, un grande contributo alla crescita complessiva<br />

dell’occupazione, che si è concentrata sulle donne adulte, per<br />

le quali, più che la flessib<strong>il</strong>ità del lavoro, ha avuto un ruolo ri-<br />

9


levante l’incremento del lavoro dipendente a tempo parziale, in<br />

forma stab<strong>il</strong>e. Per i maschi adulti, e per i giovani in generale, si<br />

è invece avuto un effetto di sostituzione, poiché ad un aumento<br />

della percentuale di chi lavora in modo instab<strong>il</strong>e si accompagna<br />

una riduzione di chi lavora in modo stab<strong>il</strong>e. Ciò che appare più<br />

preoccupante è, comunque, l’aumento di coloro che lavorano<br />

con tipologie contrattuali a termine tra le fasce adulte di uomini<br />

e donne, che segnala come siano in crescita le probab<strong>il</strong>ità di intrappolamento<br />

nella precarietà (reyneri, 005a).<br />

Nel Capitolo 3 sono effettuate alcune osservazioni congiunturali<br />

che evidenziano come sulla dinamica del lavoro dipendente<br />

instab<strong>il</strong>e influiscano più fattori economici che normativi,<br />

poiché è constatazione unanime che le numerose forme di lavoro<br />

dipendente a termine introdotte dalla Legge 30/ 003 (job<br />

on call, lavoro occasionale, staff leasing, ecc.) abbiano avuto un<br />

impatto occupazionale modestissimo. A questo proposito è stata<br />

avanzata l’ipotesi che l’andamento dell’occupazione a termine<br />

anticipi quello del prodotto interno lordo, che costituisce <strong>il</strong> principale<br />

indicatore dello stato di salute di un sistema economico.<br />

L’aumento dell’incidenza del lavoro a termine a partire dal 004,<br />

quindi, sarebbe dovuta al fatto che le imprese hanno ripreso ad<br />

assumere anticipando la ripresa economica che si è verificata<br />

dopo quattro anni di stagnazione (dal 001 al 005).<br />

Nei Capitoli 4, 5 e 6 del rapporto sono contenuti i risultati di<br />

un’indagine longitudinale, effettuata nei primi mesi del 006, su<br />

un campione di 900 individui, già intervistati nel 004, che nell’anno<br />

000 risultavano avere avuto un avviamento al lavoro con<br />

una tipologia contrattuale instab<strong>il</strong>e, avendo come scopo quello<br />

di seguire nel tempo gli sbocchi occupazionali di questi lavoratori,<br />

per comprendere se l’esperienza della flessib<strong>il</strong>ità è risultata<br />

essere un ponte per una professionalizzazione e stab<strong>il</strong>izzazione<br />

nel mercato del lavoro oppure una “trappola” verso la marginalità.<br />

Il Capitolo 4 contiene un’analisi delle principali caratteristiche<br />

dei 900 individui intervistati che appartengono a sistemi<br />

produttivi ritenuti rappresentativi degli articolati sent<strong>ieri</strong><br />

di sv<strong>il</strong>uppo della <strong>Toscana</strong>: Firenze (sistema urbano), <strong>il</strong> Mugello<br />

(sistema turistico-industriale), Santa Croce (distretto industriale),<br />

rosignano (sistema turistico) e Follonica (sistema turistico-rurale).<br />

Le donne rappresentano <strong>il</strong> 66% del campione. L’età<br />

degli intervistati è mediamente bassa (<strong>il</strong> 54% ha al massimo 35<br />

anni) ma, se consideriamo che da più parti è dato per acquisito<br />

che i lavori flessib<strong>il</strong>i sono per lo più appannaggio delle giovani<br />

10


generazioni in entrata nel mercato del lavoro, è degna di nota<br />

anche una percentuale non irr<strong>il</strong>evante di adulti. Sono soprattutto<br />

le donne ad essere presenti nelle fasce di età più elevate,<br />

probab<strong>il</strong>mente in virtù di percorsi mediamente più precari di<br />

quelli masch<strong>il</strong>i grazie anche ad uscite dal mercato del lavoro in<br />

particolari fasi del ciclo di vita (nascita dei figli, cura dei genitori<br />

anziani, ecc.).<br />

Nel Capitolo 5 l’attenzione è stata concentrata sulle traiettorie<br />

compiute dai soggetti nel mercato del lavoro, al fine di individuare<br />

quali siano le caratteristiche degli individui coinvolti e dei<br />

loro percorsi che rendono più probab<strong>il</strong>i esiti di professionalizzazione<br />

e di stab<strong>il</strong>izzazione nel lavoro dipendente o in quello autonomo.<br />

L’indagine mostra in modo evidente come le probab<strong>il</strong>ità<br />

di stab<strong>il</strong>izzazione non aumentino in modo lineare con <strong>il</strong> passare<br />

del tempo, anzi. Trascorso un certo numero di anni da un avviamento<br />

al lavoro con tipologia contrattuale instab<strong>il</strong>e (tre, quattro<br />

anni) crescono al contrario le possib<strong>il</strong>ità di rimanere invischiati<br />

in quelle che sono state definite sequenze occupazionali di tipo<br />

“job carousel” (Barb<strong>ieri</strong>, Fullin, reyneri, 005), caratterizzate<br />

dal susseguirsi di diverse esperienze di lavoro e non lavoro, o<br />

peggio ancora di uscire dalla condizione di occupato verso la<br />

disoccupazione o l’inattività.<br />

Il genere femmin<strong>il</strong>e, i “non più giovani”, i meno scolarizzati,<br />

coloro che appartengono a sistemi locali “deboli”, dove le opportunità<br />

sono inferiori, sono risultati sicuramente coloro che<br />

hanno le maggiori probab<strong>il</strong>ità di restare intrappolati in un circuito<br />

di discontinuità caratterizzato da passaggi dentro-fuori <strong>il</strong><br />

mercato del lavoro.<br />

Inoltre, diminuisce <strong>il</strong> già scarso numero di coloro che hanno<br />

scelto la flessib<strong>il</strong>ità lavorativa e cresce la quota di coloro che vivono<br />

la flessib<strong>il</strong>ità come un’esperienza subita (dal 61% all’8 %),<br />

perché costretti dalla carenza di altre opportunità offerte dal<br />

mercato. Il fatto che la domanda di autonomia e di individualizzazione<br />

dei rapporti di lavoro, proveniente dai lavoratori stessi,<br />

non sia risultata r<strong>il</strong>evante, non deve sorprendere più di tanto, in<br />

quanto i lavori di cui si parla sono in realtà atipici, nel senso di<br />

“non standard”, non tanto nel contenuto, quanto nelle modalità<br />

contrattuali. Sono, infatti, lavori che complessivamente si svolgono<br />

con modalità non troppo dissim<strong>il</strong>i tra lavoratori stab<strong>il</strong>i e<br />

flessib<strong>il</strong>i, come orari rigidi, mansioni ben definite, ecc.<br />

Nel Capitolo 6 viene fornito un quadro delle condizioni di<br />

lavoro di lavoratori flessib<strong>il</strong>i che vengono confrontati con lavoratori<br />

che hanno ottenuto una stab<strong>il</strong>izzazione nel mercato del<br />

11


lavoro come dipendenti a tempo indeterminato o come lavoratori<br />

autonomi.<br />

Qual è l’aspetto considerato più importante del proprio lavoro?<br />

Stab<strong>il</strong>ità dell’occupazione, autorealizzazione, stipendio/reddito<br />

sono le prime tre risposte date dai lavoratori senza distinzioni<br />

di r<strong>il</strong>ievo tra le diverse tipologie contrattuali. Le differenze<br />

tra i giudizi di stab<strong>il</strong>i e instab<strong>il</strong>i divengono invece r<strong>il</strong>evanti quando<br />

andiamo ad analizzare gli aspetti ritenuti più soddisfacenti e<br />

quelli ritenuti più insoddisfacenti. Gli autonomi sono in assoluto<br />

più soddisfatti delle possib<strong>il</strong>ità di autorealizzazione offerte dalla<br />

loro attività, i dipendenti stab<strong>il</strong>i e instab<strong>il</strong>i hanno invece al primo<br />

posto i rapporti con i colleghi. Per gli stab<strong>il</strong>i però al secondo<br />

posto viene la sicurezza del posto di lavoro, che sta invece agli<br />

ultimi posti della graduatoria dei flessib<strong>il</strong>i, che risultano invece<br />

maggiormente soddisfatti delle possib<strong>il</strong>ità di autorealizzazione.<br />

E gli aspetti più insoddisfacenti? Per i flessib<strong>il</strong>i la sicurezza del<br />

posto, per gli stab<strong>il</strong>i (dipendenti e autonomi) <strong>il</strong> guadagno. Tra i<br />

lavoratori flessib<strong>il</strong>i non deve stupire <strong>il</strong> maggior grado di insicurezza<br />

percepito dai lavoratori del settore pubblico (51%, contro<br />

<strong>il</strong> 9% del privato e <strong>il</strong> % del terzo settore) che stanno ormai<br />

da tempo vivendo una fase particolarmente critica, dati i blocchi<br />

delle assunzioni e i tagli sul personale che hanno reso praticamente<br />

irrealizzab<strong>il</strong>e <strong>il</strong> raggiungimento di un posto a tempo indeterminato<br />

e sempre più difficoltoso <strong>il</strong> rinnovo degli incarichi.<br />

Anche all’interno del gruppo dei flessib<strong>il</strong>i, dunque, è evidente<br />

l’esistenza di gradi diversi di insicurezza, che per taluni è oltremodo<br />

sofferta, e per altri continua invece ad essere considerata<br />

un fattore meno importante di altri. L’elemento che appare discriminante<br />

è la combinazione tra l’occupazione in impieghi a<br />

scarsa gratificazione individuale e la percezione dell’incertezza<br />

lavorativa che, mescolate insieme, determinano un forte desiderio<br />

di cambiamento in ambito lavorativo. Se la flessib<strong>il</strong>ità si<br />

coniuga invece con professioni congrue con <strong>il</strong> proprio livello di<br />

scolarizzazione, accompagnandosi a percorsi professionali di<br />

crescita e qualificazione, si registra una più netta resistenza al<br />

cambiamento in direzione di lavori che siano meno attinenti ma<br />

più stab<strong>il</strong>i.<br />

Una variab<strong>il</strong>e importante, per comprendere quali siano le<br />

condizioni oggettive del lavoro degli intervistati che lavorano<br />

con tipologie contrattuali a termine, risulta essere la durata dei<br />

rapporti di lavoro, in quanto avere un contratto che non offre<br />

garanzie di continuità nel tempo può costituire un problema r<strong>il</strong>evante,<br />

che influisce sulla qualità della vita e sulle possib<strong>il</strong>ità<br />

1


di pianificazione di medio lungo-periodo (comprarsi una casa,<br />

farsi una famiglia…). A questo proposito i risultati mostrano la<br />

diffusione di contratti mediamente di breve durata (solo <strong>il</strong> 14% è<br />

in possesso di un contratto valido per un anno o più) che risultano<br />

particolarmente diffusi soprattutto tra le donne e coloro che<br />

lavorano in settori sottoposti alla stagionalità del lavoro (agricoltura,<br />

alberghi e ristoranti).<br />

Essere destinatari di un certo numero di contratti rinnovati<br />

senza soluzione di continuità può essere un costo ritenuto accettab<strong>il</strong>e<br />

nel caso vi sia la prospettiva di una stab<strong>il</strong>izzazione ma, a<br />

questo proposito, la percezione che gli intervistati hanno circa le<br />

loro prospettive occupazionali future non è risultata ottimistica<br />

(solo <strong>il</strong> 13% ritiene possib<strong>il</strong>e <strong>il</strong> raggiungimento di un contratto a<br />

tempo indeterminato), così come pessimistiche sono le previsioni<br />

circa la possib<strong>il</strong>ità di ottenere a tempo debito un trattamento<br />

pensionistico adeguato (solo <strong>il</strong> 15% pensa che avrà in futuro una<br />

pensione dignitosa).<br />

Anche la situazione relativa ai redditi mostra una condizione<br />

di svantaggio per quanto riguarda la componente di coloro che<br />

vivono una situazione di instab<strong>il</strong>ità. Il reddito mens<strong>il</strong>e dei lavoratori<br />

flessib<strong>il</strong>i è infatti sensib<strong>il</strong>mente inferiore a quello di coloro<br />

che lavorano a tempo indeterminato (circa la metà si colloca<br />

in una fascia di reddito che non supera i 900 euro mens<strong>il</strong>i). Le<br />

donne, secondo un noto fenomeno di discriminazione di genere,<br />

a tutti i livelli ricevono salari medi più bassi.<br />

Ma quali sono le richieste in termini di tutele e garanzie che<br />

vengono ritenute prioritarie per i lavoratori flessib<strong>il</strong>i? La maggioranza<br />

degli intervistati vorrebbe che fosse resa più sicura l’occupazione,<br />

incrementando <strong>il</strong> lavoro a tempo indeterminato, una<br />

quota significativa ritiene fondamentale l’introduzione di tutele<br />

certe per quanto attiene la malattia, la maternità, gli infortuni.<br />

r<strong>il</strong>evante anche la quota di coloro che segnalano la necessità<br />

di prevedere livelli retributivi più elevati (monetizzando, in un<br />

certo senso, le tutele di lavoro) che aggrega, sia tra i tipici che<br />

tra gli atipici, maggiore consenso rispetto alla possib<strong>il</strong>e introduzione<br />

dell’indennità di disoccupazione, facendo emergere un<br />

atteggiamento di implicita accettazione del “venire meno di un<br />

quadro di stab<strong>il</strong>ità” che non riguarda solo <strong>il</strong> mercato del lavoro,<br />

ma anche l’organizzazione del welfare (Carr<strong>ieri</strong>, Damiano, Ugolini,<br />

005).<br />

Nel Capitolo 7 viene inquadrata, dal punto di vista quantitativo,<br />

la diffusione della flessib<strong>il</strong>ità del lavoro nel pubblico impiego<br />

che evidenzia una crescita generalizzata in tutte le tipologie<br />

13


di ente analizzate arrivando a rappresentare l’8% sul totale del<br />

personale occupato negli Enti locali, in linea con la media nazionale.<br />

Nel capitolo sono, inoltre, presentati i risultati dell’indagine<br />

qualitativa relativa ai percorsi, alle condizioni di lavoro<br />

e alle prospettive future di lavoratori flessib<strong>il</strong>i impiegati nella<br />

Pubblica Amministrazione che rappresentano ormai una quota<br />

sempre più consistente dei lavoratori atipici nella nostra regione,<br />

così come nel resto del paese.<br />

L’ut<strong>il</strong>izzo di tipologie contrattuali a termine ha infatti consentito<br />

di compensare i vuoti di organico creati dal blocco delle<br />

assunzioni nel pubblico impiego; questo meccanismo però è stato<br />

fortemente messo in discussione dalla Finanziaria del 006,<br />

che ha ridotto notevolmente i margini per le amministrazioni<br />

pubbliche imponendo tetti fortemente restrittivi alle spese del<br />

personale.<br />

Le circa cinquanta testimonianze raccolte nel corso dell’indagine<br />

evidenziano una traiettoria contrassegnata da una fase<br />

iniziale di forte entusiasmo e identificazione con l’ente pubblico<br />

– che ha consentito a molti di svolgere un’attività ritenuta di<br />

prestigio e coerente con gli studi svolti – ad una successiva di<br />

forte delusione rispetto alle prospettive future di stab<strong>il</strong>izzazione<br />

e di crescita professionale. Dopo anni di impiego presso lo<br />

stesso ente (mediamente almeno tre anni), svolgendo funzioni<br />

essenziali per <strong>il</strong> funzionamento ordinario della struttura presso<br />

la <strong>quale</strong> prestano servizio, la sensazione che hanno in molti è<br />

quella di essere rimasti intrappolati in una condizione di precarietà<br />

dalla <strong>quale</strong> diventa sempre più diffic<strong>il</strong>e uscire in quanto<br />

l’investimento fatto ha consentito di sv<strong>il</strong>uppare competenze e<br />

professionalità che, in molti casi, sono spendib<strong>il</strong>i solo nel pubblico<br />

o, ancor peggio, solo presso l’ente committente.<br />

È ovvio che, in un mercato del lavoro in continua trasformazione,<br />

destinato a divenire sempre più flessib<strong>il</strong>e, o dove comunque<br />

è ormai presente una quota “strutturale” di nuove forme di<br />

lavoro, l’attenzione deve necessariamente essere focalizzata su<br />

un sistema di welfare, ancora fortemente legato al modello tradizionale<br />

del lavoro dipendente a tempo indeterminato, che necessita<br />

di essere rivisto non solo e non tanto in termini di garanzia<br />

del posto, ma piuttosto in termini dinamici, di sv<strong>il</strong>uppo di sent<strong>ieri</strong><br />

professionali-lavorativi soprattutto per le categorie risultate<br />

più deboli – che portino al raggiungimento di una posizione di<br />

forza sul mercato e che proteggano dai rischi dell’instab<strong>il</strong>ità.<br />

Occorre quindi pensare ad interventi volti a promuovere opportunità,<br />

incidendo sul funzionamento del mercato del lavoro e<br />

14


sui meccanismi tra domanda e offerta, in particolare attraverso<br />

la messa a punto di politiche attive del lavoro, fondate essenzialmente<br />

sulla formazione professionale, l’orientamento, <strong>il</strong> sostegno<br />

alla formazione di lavoro autonomo, i servizi per l’impiego,<br />

la creazione diretta di lavoro.<br />

15


PARte PRImA<br />

Il quadro regionale e nazionale


2.<br />

Il lavoro flessib<strong>il</strong>e in toscana:<br />

un quadro di sintesi<br />

2.1. Più flessib<strong>il</strong>ità, più occupazione?<br />

Nel 006 in <strong>Toscana</strong> su poco più di un m<strong>il</strong>ione di occupati,<br />

i lavoratori con un contratto a termine sono circa 135m<strong>il</strong>a. Nel<br />

giro di quasi un quindicennio la quota complessiva dei lavoratori<br />

flessib<strong>il</strong>i sul totale dell’occupazione dipendente si è quasi<br />

triplicata, passando dal 4,5% del 1993 al 1 ,5% del 006, dato<br />

che ci pone comunque al di sotto della media nazionale (13,1%)<br />

e di quella europea (14,4%) (Tab. .1 e Graf. .1).<br />

tabella 2.1. Occupati dipendenti. <strong>Toscana</strong> e Italia. 1997-2006. Valori assoluti in migliaia<br />

Occupati<br />

temporanei<br />

Occupati<br />

permanenti<br />

19<br />

tOtALe<br />

OCCUPAtI<br />

% occupati a<br />

termine<br />

sul totale<br />

occupati<br />

toscana Italia toscana Italia toscana Italia toscana Italia<br />

006 135 . 13 940 14.639 1.075 16.85 1 ,5 13,1<br />

005 1 9 .018 9 7 14.454 1.056 16.47 1 , 1 ,3<br />

004 118 1.909 896 14. 09 1.014 16.117 11,6 11,8<br />

003 95 1.583 9 8 14.464 1.0 3 16.046 9,3 9,9<br />

00 87 1.563 9 0 14. 86 1.007 15.849 8,6 9,9<br />

001 88 1.514 915 14.003 1.003 15.517 8,8 9,8<br />

000 9 1.530 889 13.601 981 15.131 9,4 10,1<br />

1999 75 1.410 88 13.413 957 14.8 3 7,8 9,5<br />

1998 69 1. 49 867 13. 99 936 14.548 7,4 8,6<br />

1997 6 1.1 7 868 13. 45 930 14.37 6,7 7,8<br />

variazione 005-06 (v.A.) 6 195 13 185 19 380<br />

variazione 005-06 (%) 4,7 9,7 1,4 1,3 1,8 ,3<br />

Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT - Forze di Lavoro


Grafico 2.1. Incidenza dell’occupazione a termine sull’occupazione complessiva. <strong>Toscana</strong>.<br />

1993-2006. Valori %<br />

Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT - Forze di Lavoro<br />

Le donne si confermano la componente con una maggiore<br />

probab<strong>il</strong>ità di avere accesso ai lavori flessib<strong>il</strong>i: tra queste ultime<br />

l’incidenza del lavoro instab<strong>il</strong>e è pari al 14,5% a fronte del 10,8%<br />

r<strong>il</strong>evato tra gli uomini. A livello europeo, invece, l’occupazione<br />

fixed term mostra differenze di genere meno accentuate, con una<br />

percentuale del 15% per le donne e del 13,6% per gli uomini.<br />

Se agli occupati dipendenti a termine vengono aggiunti anche<br />

i 34.785 collaboratori, la quota di lavoratori atipici sfiora i<br />

170m<strong>il</strong>a, pari al 15,3% sul totale dell’occupazione dipendente<br />

in <strong>Toscana</strong>, al di sopra di Lombardia (1 , %), veneto (13,4%),<br />

Em<strong>il</strong>ia romagna (14,1%) e al di sotto della media nazionale<br />

(15,5%).<br />

Per quanto concerne l’analisi territoriale, <strong>il</strong> primo dato da<br />

evidenziare è che la flessib<strong>il</strong>ità del lavoro è un fenomeno che<br />

negli ultimi anni si è diffuso in tutte le aree della <strong>Toscana</strong>, come<br />

mostra la crescita, pressoché ininterrotta, dell’incidenza degli<br />

occupati a termine sul totale dei lavoratori dipendenti nell’arco<br />

di quasi un decennio in tutte le province toscane (Tab. . ).<br />

Tuttavia la valutazione della quota di occupazione flessib<strong>il</strong>e<br />

nelle province rispetto alla media toscana evidenzia la persistenza<br />

di evidenti specificità territoriali.<br />

0


tabella 2.2. Dipendenti a tempo determinato sul totale dei dipendenti.<br />

Province toscane. 1997-2005. Valori %<br />

1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006<br />

Massa Carrara 8,4 9,0 8, 9,7 9,7 10,7 11,3 11,1 11,0 11,7<br />

Lucca 4,5 3,3 6,5 9,8 9,3 9,6 9,3 10,1 8,6 11,7<br />

Pistoia 7,6 8,7 9,3 8,3 9,1 7,9 9,4 10,7 1 ,5 14,4<br />

Firenze 5,5 6,1 6, 7,9 6,7 7,0 7,3 11,0 11,5 11,3<br />

Livorno 6,8 7,4 8,3 7,8 10,0 7,7 8,8 13,4 15, 1 ,<br />

Pisa 7,5 8,7 6,4 10, 6,0 8,7 10,9 11,6 10,1 10,3<br />

Arezzo 6,1 1 ,1 7,8 9,4 8,1 8, 7, 11,5 11,9 1 ,9<br />

Siena 9,7 7,4 9,8 11, 10,5 10,0 9,6 14,6 16,3 16,0<br />

Grosseto 11,4 13,0 13,7 14,7 17,1 1 ,9 10,3 16,0 19,4 18,5<br />

Prato 8,7 9, 10,0 9,5 8,9 9,6 14,1 9,1 11,7 1 ,7<br />

TOSCANA 6,7 7,4 7,8 9,4 8,8 8,6 9,3 11,6 1 , 1 ,5<br />

Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT - Forze di Lavoro<br />

Ma quanto la diffusione di rapporti di lavoro flessib<strong>il</strong>i ha<br />

contribuito alla crescita complessiva dell’occupazione? La Legge<br />

30/ 003, con la <strong>quale</strong> si è aperta la seconda fase della flessib<strong>il</strong>izzazione<br />

del lavoro nel nostro paese (dopo <strong>il</strong> pacchetto Treu<br />

del 1997), partiva dall’assunto che un’ulteriore espansione degli<br />

strumenti di flessib<strong>il</strong>ità a disposizione delle imprese fosse una<br />

strategia vincente per fare crescere l’occupazione.<br />

In <strong>Toscana</strong> le evidenze empiriche mostrano come le forme di<br />

lavoro flessib<strong>il</strong>e abbiano sostenuto la dinamica positiva dell’occupazione<br />

soprattutto nei primi anni ’90, quando a fronte di una<br />

contrazione dell’occupazione stab<strong>il</strong>e si è verificato un aumento<br />

di quella temporanea. Dal 1997 al 000 l’incremento ha riguardato<br />

in maniera pressoché sim<strong>il</strong>e entrambe le componenti. Dal<br />

000 al 00 , grazie agli sgravi fiscali per le assunzioni a tempo<br />

indeterminato previsti dalla Legge Finanziaria del 000, si è assistito<br />

persino alla riduzione del lavoro temporaneo.<br />

Tra <strong>il</strong> 003 e <strong>il</strong> 004 si r<strong>il</strong>eva solo la crescita del lavoro a<br />

termine, che tuttavia non riesce a b<strong>il</strong>anciare le perdite dell’occupazione<br />

standard. Nonostante sia necessario tener presenti le<br />

modifiche della r<strong>il</strong>evazione nell’Indagine sulle Forze di lavoro 1 ,<br />

1 L’anno 004 rappresenta una vera e propria cesura nell’Indagine nazionale<br />

sulle forze di lavoro, con l’avvio di un nuovo metodo di r<strong>il</strong>evazione, che rende<br />

particolarmente faticosa la possib<strong>il</strong>ità di effettuare confronti negli ultimi due<br />

anni. Le novità previste dall’Indagine continua, in particolare i nuovi criteri<br />

di definizione dell’occupazione basati non più sull’autopercezione da parte<br />

1


tuttavia tale dinamica è uno scenario plausib<strong>il</strong>e, che potrebbe<br />

dipendere sia dall’entrata a regime delle leggi sul lavoro atipico,<br />

sia dagli effetti della congiuntura economica, assolutamente<br />

negativa, che ha caratterizzato la nostra regione nel biennio<br />

considerato.<br />

Infine, a partire dal 005 la dinamica dell’occupazione dipendente<br />

torna ad essere positiva, con un contributo di entrambe le<br />

componenti, ma soprattutto del lavoro standard (Graf. . ).<br />

Grafico 2.2. Contributo alla crescita occupazionale in <strong>Toscana</strong>. 1993-2006.<br />

Valori assoluti in migliaia<br />

Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT - Forze di Lavoro<br />

Ulteriori elementi di riflessione possono derivare dalla valutazione<br />

del diverso impatto della diffusione dei lavori atipici sui<br />

livelli e sull’andamento dell’occupazione per genere e per classi<br />

di età.<br />

La flessib<strong>il</strong>ità del lavoro è un fenomeno che avrebbe dovuto<br />

interessare soprattutto la componente giovan<strong>il</strong>e (15- 9 anni)<br />

della forza lavoro in ingresso nel mercato del lavoro, ma l’occupazione<br />

non sembra crescere in questa fascia di età (Tab. .3).<br />

dell’intervistato, bensì su un dato fattuale (l’aver svolto almeno un’ora di lavoro<br />

retribuito nella settimana precedente l’intervista per gli occupati), hanno<br />

condotto ad una rivalutazione dell’occupazione.


tabella 2.3. Tasso di occupazione per posizione lavorativa e classi di età in <strong>Toscana</strong>.<br />

Maschi e femmine. 2000-2006<br />

Maschi<br />

15-29 30-49<br />

2000 2004 2006 2000 2004 2006<br />

Occ. temporanea ,5 10,3 1 ,1 ,7 4, 5,<br />

Occ. con contratti causa mista. 4,8 1,3 1,7 0,8 0, 0,1<br />

Occ. permanente 34,1 9,9 8,3 59,7 58,6 57,5<br />

Occ. indipendente 1 ,7 1 ,0 10,3 31,3 31,5 31,6<br />

TOTALE 54, 53,5 5 ,3 93,7 94,4 94,3<br />

Femmine<br />

Occ. temporanea 4,6 1 ,3 14, 4,6 8,8 9,3<br />

Occ. con contratti causa mista. 3,6 1,0 0,6 0,7 0,3 0,1<br />

Occ. permanente 6,6 4,6 ,6 45,3 46,7 50,<br />

Occ. indipendente 8,3 5,1 5,4 16,7 15,4 13,<br />

TOTALE 43,0 43,1 4 ,8 66,6 71,0 7 ,7<br />

Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT - Forze di Lavoro<br />

Nel periodo 000- 006, l’occupazione dei giovani maschi<br />

è in diminuzione e tende a diventare sempre più instab<strong>il</strong>e: la<br />

componente permanente diminuisce di circa 6 punti percentuali<br />

a fronte di una crescita altrettanto sensib<strong>il</strong>e della componente<br />

flessib<strong>il</strong>e (+10 punti), di cui i contratti a fini formativi (quelli con<br />

maggiori opportunità di trasformazione in rapporti di lavoro<br />

stab<strong>il</strong>i) rappresentano una quota minoritaria e decrescente nel<br />

tempo. Per quanto riguarda i maschi adulti, si continua a verificare<br />

un effetto sostituzione, poiché la debole crescita dell’occupazione<br />

(inferiore a 1 punto percentuale) è dovuta a un aumento<br />

del lavoro flessib<strong>il</strong>e (di circa 3 punti) a fronte della diminuzione<br />

del lavoro standard (- %).<br />

Al pari dei coetanei maschi, per le giovani donne toscane non<br />

si r<strong>il</strong>eva alcun evidente aumento nella partecipazione al mercato<br />

del lavoro, con un tasso di occupazione che rimane sostanzialmente<br />

stab<strong>il</strong>e attorno al 43%. La crescita occupazionale si verifica<br />

tra le donne a partire dai 30 anni (+6%), con un contributo<br />

sia di lavoro stab<strong>il</strong>e che instab<strong>il</strong>e.<br />

Ciò che è preoccupante è che l’aumento degli occupati con<br />

rapporti di lavoro a termine si verifichi non solo nelle fasi di ingresso<br />

nel mercato del lavoro, ma anche tra le fasce adulte, sia<br />

donne che uomini, per le quali le probab<strong>il</strong>ità di restare intrappolati<br />

nella precarietà sono evidentemente più elevate e tendono a<br />

crescere in funzione proprio dell’età e del periodo di permanenza<br />

in tale condizione.<br />

3


Se a questa analisi aggiungiamo anche la tipologia di orario,<br />

è evidente come nella crescita occupazionale al femmin<strong>il</strong>e,<br />

più che la flessib<strong>il</strong>ità del lavoro, abbia avuto un ruolo r<strong>il</strong>evante<br />

l’incremento del lavoro dipendente a tempo parziale, in forma<br />

stab<strong>il</strong>e. Come già sottolineato da reyneri ( 005a), tra le donne<br />

adulte la crescita delle part-timers è particolarmente sostenuta,<br />

in particolare nella sua componente a tempo indeterminato (+7<br />

punti percentuali) (Tab. .4).<br />

tabella 2.4. Tasso di occupazione per posizione lavorativa, orario e classi di età in <strong>Toscana</strong>.<br />

Femmine. 2000-2006<br />

15-29 30-49<br />

2000 2004 2006 2000 2004 2006<br />

Dip. permanente full time ,8 19,0 16,7 37,3 33,9 34,8<br />

Dip. permanente part-time 3,8 5,7 5,9 8,0 1 ,8 15,4<br />

Dip. temporaneo full time 5,3 9,0 8,5 ,8 5,5 6,<br />

Dip. temporaneo part-time ,9 4,3 6,3 1,9 3, 3,1<br />

Indipendenti 8,3 5,1 5,4 16,7 15,4 13,<br />

TOTALE 43,0 43,1 4 ,8 66,6 71,0 7 ,7<br />

Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT - Forze di Lavoro<br />

2.2. L’ut<strong>il</strong>izzo delle diverse tipologie contrattuali<br />

Uno dei tratti caratterizzanti la Legge 30/ 003, e anche tra<br />

i più dibattuti, riguarda l’ulteriore espansione degli strumenti<br />

di flessib<strong>il</strong>ità a disposizione delle imprese (come <strong>il</strong> lavoro a<br />

progetto, a chiamata, lo staff leasing, i contratti di inserimento),<br />

che possono, dunque, contare sull’esistenza di 40 diversi istituti<br />

contrattuali.<br />

A questo riguardo, purtroppo, non è possib<strong>il</strong>e r<strong>il</strong>evare con<br />

esattezza i cambiamenti avvenuti, dal momento che l’ISTAT non<br />

ha previsto alcun aggiornamento del quesito relativo alle tipologie<br />

contrattuali dei lavoratori a termine e non è possib<strong>il</strong>e individuare<br />

la collocazione degli occupati assunti con i nuovi rapporti<br />

di lavoro (Tab. .5).<br />

4


tabella 2.5. Occupati a termine per tipologia contrattuale in <strong>Toscana</strong> per classi di età e<br />

genere. 2004 e 2006. Valori %<br />

2004<br />

maschi Femmine<br />

15-29 30-49 50-64 tOtALe 15-29 30-49 50-64 tOtALe tOtALe<br />

Contratto di formazione lavoro 15,7 6,0 1,0 10,6 10,1 4,3 4,6 6,8 8,3<br />

Contratto di apprendistato 43, - - ,9 9,3 - - 1 ,4 16,6<br />

Contratto a tempo determinato 4,9 67,0 69,1 44,9 4 ,8 80,8 71,6 64,0 56,<br />

Altro tipo di contratto 5,4 15,9 16,3 10,4 6,5 8,8 19,6 8,8 9,4<br />

Non sa 10,7 11,1 13,6 11, 11,3 6,1 4,1 8,1 9,4<br />

TOTALE 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0<br />

2006<br />

Contratto di formazione lavoro 14,1 ,5 0,0 8,6 5,8 1, 0,0 3,0 5,5<br />

Contratto di apprendistato 33, 1,3 0,0 18,4 5,4 0,1 0,0 10, 14,0<br />

Contratto a tempo determinato 45,3 8 ,8 9 ,9 63,4 6 ,0 9 ,4 9 ,3 80,3 7 ,5<br />

Altro tipo di contratto 4,6 1 ,7 7,1 7,9 5,3 5,4 7,7 5,5 6,6<br />

Non sa ,7 0,8 0,0 1,8 1,6 0,9 0,0 1,1 1,4<br />

TOTALE 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0<br />

Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT - Forze di Lavoro<br />

Il quadro fornito dai dati delle Forze di lavoro in <strong>Toscana</strong><br />

evidenzia tra <strong>il</strong> 004 e <strong>il</strong> 006 una pronunciata crescita dei contratti<br />

a tempo determinato, che arrivano a rappresentare circa <strong>il</strong><br />

73% sul totale dei rapporti di lavoro atipici nel 006, rispetto al<br />

56% r<strong>il</strong>evato nel 004; mentre <strong>il</strong> lavoro interinale continua a rappresentare<br />

un fenomeno marginale, coinvolgendo meno del %<br />

dei lavoratori atipici. L’incremento della modalità più tipica dei<br />

rapporti di lavoro a termine, ossia <strong>il</strong> tempo determinato, avviene<br />

a scapito dei contratti di causa mista, per i quali si assiste ad<br />

un considerevole ridimensionamento, imputab<strong>il</strong>e in larga parte<br />

alla diminuzione del ricorso alla formazione lavoro (dall’8% al<br />

5%) e, in misura minore, anche all’apprendistato (dal 17% al<br />

14%), che avrebbe dovuto rappresentare uno dei punti di forza<br />

della riforma dal punto di vista dell’inserimento dei giovani nel<br />

mercato del lavoro . Nella componente giovan<strong>il</strong>e (15- 9 anni), la<br />

Il mancato decollo del contratto di apprendistato è imputab<strong>il</strong>e ai ritardi nella<br />

emanazione delle disposizioni applicative del D.Lgs 76/03 da parte delle regioni.<br />

La <strong>Toscana</strong> fa parte del ristretto gruppo di regioni che hanno provveduto<br />

all’emanazione della disciplina regionale relativa all’apprendistato professionalizzante,<br />

che risulta operante dal 1 Apr<strong>il</strong>e 005.<br />

5


contrazione dei rapporti di lavoro con finalità formative è tale<br />

che si verifica una sorta di effetto sostituzione di questi con <strong>il</strong><br />

più generico contratto a termine.<br />

In diminuzione anche la categoria residuale delle altre tipologie<br />

contrattuali e degli occupati che non hanno saputo indicare<br />

<strong>il</strong> loro tipo di contratto.<br />

I risultati di indagini dirette alle aziende, condotte sia a livello<br />

regionale che nazionale, sopperiscono a tali lacune informative,<br />

indicando come la nuova normativa non abbia modificato<br />

affatto <strong>il</strong> panorama di riferimento delle imprese nella scelta e<br />

nell’ut<strong>il</strong>izzo delle diverse tipologie contrattuali. La prima indagine<br />

IrPET sulla flessib<strong>il</strong>ità del lavoro in <strong>Toscana</strong> (Giovani, 005)<br />

ha evidenziato da parte degli imprenditori scarsi livelli di conoscenza<br />

della Legge 30/ 003 (e delle novità in materia di istituti<br />

contrattuali) e basse previsioni di ut<strong>il</strong>izzo delle nuove forme di<br />

lavoro flessib<strong>il</strong>e.<br />

Anche a livello nazionale l’indagine di Confindustria indica<br />

per <strong>il</strong> 004 un ut<strong>il</strong>izzo più che marginale dei rapporti di lavoro<br />

riconducib<strong>il</strong>i alle nuove disposizioni normative, attribuito da un<br />

lato alla scarsa conoscenza da parte degli imprenditori, dall’altro<br />

all’assenza della necessaria disciplina di dettaglio, come nel<br />

caso dello staff leasing (Guelfi, Trento, 006; Centro Studi Confindustria,<br />

006).<br />

In riferimento al lavoro parasubordinato, l’introduzione della<br />

collaborazione a progetto era, nell’intenzione del legislatore,<br />

lo strumento per far emergere le false posizioni di lavoro autonomo<br />

e trasformarle in rapporti di lavoro subordinato.<br />

In realtà analisi recenti basate su elaborazioni di dati INPS<br />

mostrano come, a distanza di due anni dall’entrata in vigore della<br />

Legge 30/ 003 e dei relativi decreti attuativi, non solo non si<br />

sia verificato un ridimensionamento del fenomeno, ma per molti<br />

collaboratori poco è cambiato dal punto di vista sostanziale<br />

(IrES, 005; NIDIL CGIL, 005).<br />

La maggioranza dei co.co.co. ha solo modificato la propria<br />

denominazione, passando ad essere collaboratori a progetto,<br />

ma i caratteri della loro prestazione lavorativa continuano ad<br />

essere sim<strong>il</strong>i a quelli del lavoratore dipendente: in generale i collaboratori<br />

dichiarano di avere un unico committente, lavorano<br />

prevalentemente presso la sede del committente, sono tenuti a<br />

rispettare un orario di lavoro.<br />

Assai rari sono i casi di stab<strong>il</strong>izzazione con un contratto a<br />

tempo indeterminato, mentre r<strong>il</strong>evante è <strong>il</strong> fatto che in non pochi<br />

casi <strong>il</strong> collaboratore è stato indotto alla apertura della parti-<br />

6


ta IvA. Al 004 in Italia si contano quasi 300m<strong>il</strong>a collaboratori<br />

professionisti, cresciuti del 10% rispetto all’anno precedente,<br />

soprattutto perché, dopo l’approvazione del decreto attuativo<br />

della Legge 30/ 003, è stato <strong>il</strong> datore di lavoro a chiedere loro di<br />

aprire la partita IvA. L’indagine nazionale dell’IrES promossa<br />

da NIDIL CGIL ( 005) mostra come in generale i professionisti<br />

con partita IvA non si differenzino dall’intero universo dei collaboratori:<br />

hanno una posizione molto sim<strong>il</strong>e a quella del lavoratore<br />

subordinato, lavorando per un unico committente, con una<br />

presenza per lo più quotidiana presso la sede del datore di lavoro.<br />

Alta è la percentuale di chi si percepisce un dipendente non<br />

regolarizzato piuttosto che un libero professionista, tant’è che<br />

l’apertura della partita IvA è vissuta prevalentemente come una<br />

condizione imposta dal datore di lavoro o legata al tipo di professione<br />

svolta, piuttosto che una scelta da parte del singolo.<br />

Evidentemente l’obiettivo della Legge 30/ 003 di eliminare le<br />

irregolarità nell’uso delle collaborazioni, rendendo manifeste le<br />

posizioni di falsa autonomia, è fallito e in non pochi casi i collaboratori<br />

non solo non sono riusciti ad ottenere un contratto di<br />

tipo subordinato, ma con l’apertura della partita IvA si trovano<br />

anche nella condizione di non godere più di quelle poche tutele<br />

che la posizione di collaboratore garantiva, oltre a dover sopportare<br />

maggiori oneri fiscali derivanti dalla tenuta della partita<br />

IvA.<br />

Per quanto riguarda la <strong>Toscana</strong>, i dati delle Forze di lavoro<br />

non mostrano livelli diversi rispetto al quadro nazionale. Al 006<br />

i collaboratori risultano poco più di 35m<strong>il</strong>a, pari al 3,1% sul totale<br />

dell’occupazione dipendente, lievemente al di sopra del dato medio<br />

nazionale ( ,8%). Dopo la flessione registrata nel 005 (quando<br />

i collaboratori sono diminuiti da circa 37m<strong>il</strong>a a 33m<strong>il</strong>a), nel<br />

006 <strong>il</strong> dato riprende a crescere.<br />

Per quanto concerne le modalità di lavoro, anche nella nostra<br />

regione i dati ISTAT evidenziano un’occupazione a carattere<br />

prevalentemente dipendente: l’88% lavora per una sola azienda,<br />

<strong>il</strong> 79% lavora presso la sede del datore di lavoro, <strong>il</strong> 58% non<br />

decide l’orario di lavoro. La monocommittenza, <strong>il</strong> lavoro presso<br />

l’azienda e l’accettazione di un orario di lavoro prestab<strong>il</strong>ito<br />

riguarda circa la metà dei collaboratori. Il 39% ha un contratto<br />

inferiore a dodici mesi.<br />

Osservando <strong>il</strong> percorso nell’ultimo anno, ovvero l’attuale<br />

condizione di coloro che un anno prima risultavano occupati<br />

come co.co.co., si osserva che nel 006 un’ampia maggioranza<br />

dei collaboratori lo era già l’anno precedente (76%), immagi-<br />

7


nando che la principale transizione sia stata da collaboratore<br />

coordinato e continuativo a collaboratore a progetto. Solo <strong>il</strong> 3%<br />

si è stab<strong>il</strong>izzato con un impiego a tempo indeterminato, <strong>il</strong> 3,5%<br />

è un dipendente con un contratto a termine, <strong>il</strong> % ha avviato<br />

un’attività autonoma. Degno di nota <strong>il</strong> fatto che oltre <strong>il</strong> 15% degli<br />

ex co.co.co. <strong>oggi</strong> non lavora, perché disoccupato (6%) oppure<br />

perché uscito dal mercato del lavoro e entrato nella condizione<br />

di inattività (9%) (Tab. .6).<br />

tabella 2.6. La condizione professionale o non professionale al 2004 e al 2006 di coloro<br />

che un anno prima erano occupati come collaboratori coordinati e continuativi. <strong>Toscana</strong>.<br />

Valori %<br />

2004 2006<br />

Dipendente a tempo indeterminato 3,3 3,4<br />

Dipendente a tempo determinato 3,5 3,5<br />

Collaboratore 84,1 75,6<br />

Autonomo 0,4 ,<br />

Disoccupato ,8 6,0<br />

Inattivo 5,9 9,3<br />

TOTALE<br />

Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT - Forze di Lavoro<br />

100,0 100,0<br />

Se confrontiamo i dati 004 e 006, contrassegnati dalla progressiva<br />

entrata a regime delle nuove previsioni normative, si<br />

evidenzia un peggioramento delle opportunità occupazionali<br />

complessive dei collaboratori: la conferma dello status di collaboratore<br />

rimane l’esito decisamente più probab<strong>il</strong>e, anche se in<br />

diminuzione (da 84% a 76%); rimangono stab<strong>il</strong>i le transizioni<br />

al lavoro dipendente, sia standard che a termine; in lieve crescita<br />

l’ingresso in percorsi di autoimprenditorialità, all’interno dei<br />

quali, sarebbe opportuno valutare quanti siano i lavoratori che<br />

effettivamente svolgono la propria professione in condizione di<br />

autonomia.<br />

r<strong>il</strong>evante è semmai la crescita di quanti sono usciti dal mercato<br />

del lavoro (dal 6% al 9%) e di quanti sono alla ricerca di una<br />

nuova occupazione (dal 3% al 6%).<br />

8


3.<br />

La flessib<strong>il</strong>ità del lavoro<br />

in toscana: un confronto<br />

con <strong>il</strong> quadro nazionale<br />

3.1. Qualche osservazione congiunturale<br />

In <strong>Toscana</strong>, come per tutta l’Italia, l’incidenza dei rapporti di<br />

lavoro a termine sul totale dell’occupazione dipendente dal 004<br />

ha ripreso ad aumentare, dopo aver arrestato per qualche anno<br />

la sua ininterrotta crescita dal 1993. Questo andamento conferma<br />

quanto scarso sia stato l’impatto dei mutamenti normativi<br />

sul mercato del lavoro (reyneri, 006). Quasi metà del fortissimo<br />

incremento della percentuale di occupazione dipendente a<br />

tempo determinato dal 1993 al 001 è precedente al “pacchetto<br />

Treu” del 1997 e alla riforma liberalizzante dei contratti a termine<br />

del 001 segue addirittura una loro contrazione, almeno in<br />

termini relativi. Neppure la decisa crescita dal 004, in <strong>Toscana</strong><br />

un po’ maggiore che a livello nazionale, può essere attribuita a<br />

modificazioni normative, poiché è constatazione unanime che<br />

le numerose forme di lavoro dipendente a termine introdotte<br />

dalla Legge 30/ 003 (job on call, lavoro occasionale, staff leasing,<br />

ecc.) hanno avuto un impatto occupazionale modestissimo<br />

(Ministero del lavoro 006b; veneto Lavoro, 006).<br />

Sulla dinamica del lavoro dipendente instab<strong>il</strong>e, che come è<br />

noto interessa in misura molto maggiore le nuove assunzioni<br />

dei giovani, è probab<strong>il</strong>e influiscano più fattori economici che<br />

normativi. A questo proposito è stata avanzata l’ipotesi che l’andamento<br />

dell’occupazione a termine anticipi quello del prodotto<br />

interno lordo, che costituisce <strong>il</strong> principale indicatore dello<br />

stato di salute di un sistema economico, (Ministero del lavoro,<br />

006b). L’aumento dell’incidenza del lavoro a termine nel 004<br />

e nel 005, quindi, sarebbe dovuto al fatto che le imprese hanno<br />

ripreso ad assumere e precederebbe di alcuni mesi la ripresa<br />

economica dopo quattro anni di stagnazione, dal 001 al 005.<br />

L’andamento positivo della congiuntura economica a partire dai<br />

primi mesi del 006 sembra confermare tale ipotesi.<br />

Tuttavia, a questo aspetto incoraggiante, se ne accompagna-<br />

9


no altri di segno opposto per quanto riguarda l’ulteriore diffusione<br />

dei lavori instab<strong>il</strong>i, che sono ormai diventati la via principale<br />

seguita dalle imprese e dalle organizzazioni pubbliche per<br />

assumere, in particolare i giovani al loro primo impiego. Uno<br />

studio della Banca d’Italia ( 006) ha mostrato che la quota delle<br />

posizioni a termine (che comprendono anche le collaborazioni e<br />

le prestazioni occasionali, oltre ai rapporti di lavoro dipendente<br />

a tempo determinato) è molto più elevata tra i “nuovi assunti”,<br />

cioè tra coloro che hanno trovato un’occupazione nei 1 mesi<br />

precedenti l’indagine sulle forze di lavoro condotta dall’Istat, e<br />

che questa differenza è in netto aumento dal 004 al 006. Come<br />

si può vedere dalla tabella 3.1, la quota dei neo-assunti con contratto<br />

a termine è salita da poco meno del 39% del 004 a quasi<br />

<strong>il</strong> 45% del 006, superando <strong>il</strong> 50% per i lavoratori con meno<br />

di 30 anni. Se si escludono coloro che hanno trovato un’occupazione<br />

indipendente, le assunzioni da parte delle imprese si<br />

ripartiscono praticamente in parti eguali tra contratti a termine<br />

e a tempo indeterminato, ma le assunzioni con rapporti permanenti<br />

diventano sempre più minoritarie per i giovani sino a 9<br />

anni, la maggior parte dei quali si può pensare al loro primo<br />

impiego. L’incidenza del lavoro a termine è ovviamente molto<br />

minore se si considera l’occupazione totale e per di più dal 004<br />

al 006 cresce solo di un punto percentuale, ma di quasi quattro<br />

punti per i giovani. Da questa fortissima differenza tra <strong>il</strong> flusso<br />

delle nuove assunzioni e lo stock dell’occupazione totale si<br />

trae l’indicazione che una larga parte dei rapporti a termine sarà<br />

successivamente trasformata in rapporti a tempo determinato,<br />

ma su questo punto si tornerà più oltre riprendendo i risultati<br />

dell’indagine longitudinale e quelli di altre elaborazioni sull’indagine<br />

continua Istat delle forze di lavoro.<br />

tabella 3.1. Occupati per condizione professionale. Italia.<br />

A tempo indeterminato A termine Indipendente<br />

Non<br />

Non<br />

Non<br />

tutti occupati (b) tutti occupati (d) tutti occupati (f)<br />

(a) 1 anno - (a) (c) 1 anno - (c) (e) 1 anno - (e)<br />

prima (b)<br />

prima (d)<br />

prima (e)<br />

2004<br />

Tutti 6 ,9 39,0 - 3,9 10,7 38,6 7,9 6,4 ,4 -4,0<br />

Tra 15 e 9 anni<br />

2005<br />

59,6 38,1 - 1,5 3,7 46,4 ,7 16,7 15,5 -1,<br />

Tutti 63,4 39,4 - 4,0 10,8 40,5 9,7 5,8 0,1 -5,7<br />

Tra 15 e 9 anni<br />

2006<br />

59,5 37, - ,3 5,0 49,8 4,8 15,5 13,0 - ,5<br />

Tutti 63,0 35,5 - 7,5 11,7 44,8 33,1 5,3 19,8 -5,5<br />

Tra 15 e 9 anni 56,6 3 ,5 - 4,1 7,4 50,5 3,1 16,0 17,0 1,0<br />

Fonte: Banca d’Italia ( 006) per <strong>il</strong> 004 e <strong>il</strong> 005, elaborazione da dati ISTAT per <strong>il</strong> 006.<br />

30


Peggiore dal punto di vista strutturale, ma congiunturalmente<br />

in via di miglioramento appare la situazione dell’occupazione<br />

in <strong>Toscana</strong>. Infatti, come mostra la tabella 3. , costruita con gli<br />

stessi criteri adottati dalla Banca d’Italia, tra chi ha trovato lavoro<br />

nel corso dei 1 mesi precedenti l’indagine l’incidenza dei<br />

rapporti a termine è molto più alta che non a livello nazionale<br />

e cresce da poco più del 46% nel 004 a quasi <strong>il</strong> 5 % nel 005,<br />

ma diminuisce al 43% nel 006, sia pure grazie solo alla ripresa<br />

degli ingressi nel lavoro in proprio, che possono nascondere situazioni<br />

di occupazione dipendente precaria. Se si considerano<br />

soltanto i giovani sino a 9 anni, la quota di assunti a termine<br />

cresce da poco meno del 58% sino a sfiorare <strong>il</strong> 6 %, per poi ridiscendere<br />

al 56%. Se si escludono gli ingressi nell’occupazione<br />

indipendente, la quota di assunti con rapporti a termine dalle<br />

imprese supera nettamente <strong>il</strong> 60% e raggiunge addirittura <strong>il</strong> 70%<br />

per i giovani.<br />

tabella 3.2. Occupati per condizione professionale. <strong>Toscana</strong>.<br />

A tempo indeterminato A termine Indipendente<br />

Non (b)<br />

Non (d)<br />

Non (f)<br />

tutti occupati - (a) tutti occupati - (c) tutti occupati - (e)<br />

(a) 1 anno (c) 1 anno (e) 1 anno<br />

prima (b)<br />

prima (d)<br />

prima (e)<br />

Tutti<br />

Tra 15 e 9 anni<br />

Oltre 9 anni<br />

2005<br />

59,4<br />

54,7<br />

60,4<br />

6,8<br />

1,3<br />

31,6<br />

-3 ,5<br />

-33,4<br />

- 8,8<br />

10,7<br />

5,5<br />

7,4<br />

46,4<br />

57,6<br />

36,6<br />

35,8<br />

3 ,1<br />

9,<br />

30,0<br />

19,7<br />

3 ,<br />

6,8<br />

1,1<br />

31,7<br />

-3,<br />

1,3<br />

-0,5<br />

Tutti<br />

Tra 15 e 9 anni<br />

Oltre 9 anni<br />

2006<br />

59,9<br />

5 ,5<br />

61,3<br />

3 ,3<br />

6,<br />

37,0<br />

- 7,6<br />

- 6,4<br />

- 4,4<br />

11,0<br />

30,7<br />

7,<br />

51,7<br />

61,6<br />

44,1<br />

40,7<br />

30,9<br />

36,9<br />

9,1<br />

16,8<br />

31,5<br />

16,0<br />

1 ,<br />

18,9<br />

-13,1<br />

-4,6<br />

-1 ,5<br />

Tutti<br />

Tra 15 e 9 anni<br />

Oltre 9 anni<br />

59,7<br />

50,<br />

61,5<br />

9,8<br />

5,3<br />

3 ,6<br />

- 9,9<br />

- 4,9<br />

- 8,9<br />

1 ,1<br />

31,1<br />

8,4<br />

43,1<br />

56,1<br />

35,0<br />

31,0<br />

5,0<br />

6,6<br />

8,3<br />

18,7<br />

30,1<br />

7,1<br />

18,6<br />

3 ,4<br />

-1,<br />

-0,1<br />

,3<br />

Fonte: elaborazione su dati ISTAT.<br />

Invece, la <strong>Toscana</strong> non presenta significative differenze dalle<br />

medie nazionali per quanto riguarda l’incidenza dei rapporti a<br />

termine sull’occupazione totale. Ne consegue che in <strong>Toscana</strong> è<br />

molto più forte che non a livello nazionale lo scarto tra <strong>il</strong> flusso<br />

dei nuovi assunti e lo stock degli occupati, come si può vedere<br />

dal confronto tra le colonne (d) - (c) delle tabelle 3.1 e 3. :<br />

le differenze ivi riportate osc<strong>il</strong>lano in Italia dai 3 ai 30 punti<br />

percentuali e in <strong>Toscana</strong> da 31 a quasi 41 punti percentuali. Ciò<br />

31


dovrebbe indicare che in <strong>Toscana</strong> gli ingressi nell’occupazione<br />

dipendente (per tutti, ma in particolare per i giovani) sono molto<br />

più spesso instab<strong>il</strong>i rispetto ai valori medi nazionali, ma che,<br />

in compenso, più alta è la frequenza di una loro trasformazione<br />

in posizioni stab<strong>il</strong>i sicché l’incidenza dei rapporti instab<strong>il</strong>i nel<br />

complesso diventa sim<strong>il</strong>e a quella che si r<strong>il</strong>eva a livello nazionale.<br />

Questa conclusione, tuttavia, va presa con prudenza, poiché<br />

occorre considerare la diversa dinamica storica dei due valori<br />

messi a confronto: l’incidenza dei rapporti a termine sul flusso<br />

dei nuovi impieghi è un dato annuo, che può variare velocemente,<br />

mentre quella sullo stock dell’occupazione varia molto<br />

più lentamente, perché è condizionata dal volume dei rapporti<br />

di lavoro a tempo indeterminato stipulati in un passato anche<br />

lontano. Quindi, se la <strong>Toscana</strong> avesse una maggiore “sedimentazione”<br />

di rapporti permanenti contratti in passato, la sua più<br />

elevata capacità di trasformare in stab<strong>il</strong>i un più alto flusso di<br />

ingressi instab<strong>il</strong>i andrebbe ridimensionata. Siccome, però, tale<br />

situazione è poco verosim<strong>il</strong>e, non resta che constatare come la<br />

<strong>Toscana</strong> attualmente si caratterizzi nel panorama italiano per<br />

una più diffusa instab<strong>il</strong>ità nell’ingresso al lavoro alle dipendenze,<br />

compensata da una maggior frequenza delle trasformazioni<br />

dei rapporti instab<strong>il</strong>i in stab<strong>il</strong>i. Solo <strong>il</strong> ricorso all’analisi dei<br />

dati amministrativi sulla posizione degli occupati di fonte Inps<br />

o Centri per l’impiego potrà confermare o smentire questa peculiarità<br />

della <strong>Toscana</strong> rispetto al contesto italiano.<br />

3.2. Le caratteristiche personali dei lavoratori instab<strong>il</strong>i<br />

Anche questa indagine mostra che i lavoratori flessib<strong>il</strong>i in<br />

<strong>Toscana</strong> presentano alcuni tratti personali che li caratterizzano:<br />

sono molto più spesso donne, giovani che vivono ancora con i<br />

genitori, mentre contraddittorio è <strong>il</strong> ruolo svolto dall’istruzione,<br />

poiché le posizioni instab<strong>il</strong>i sembrano più diffuse sia tra i meno<br />

che tra i più istruiti. L’analisi descrittiva che pone a confronto le<br />

caratteristiche dei lavoratori instab<strong>il</strong>i con quelle dei lavoratori<br />

stab<strong>il</strong>i tende a “tipizzare” le due figure, facendo emergere degli<br />

identikit delle persone che più probab<strong>il</strong>mente si trovano in una<br />

posizione lavorativa flessib<strong>il</strong>e o permanente. In questa analisi,<br />

le diverse caratteristiche sono considerate insieme, perché non<br />

è possib<strong>il</strong>e distinguerle. Ad esempio, poiché i giovani sono più<br />

istruiti degli adulti, non è possib<strong>il</strong>e distinguere se <strong>il</strong> rischio di<br />

lavorare in posizione instab<strong>il</strong>e dipenda dalla giovane età o piut-<br />

3


tosto dal più elevato livello di istruzione. Un approccio diverso<br />

tende, invece, a separare l’impatto dei diversi fattori, isolandolo<br />

da quello degli altri attraverso una particolare tecnica statistica,<br />

la regressione logistica multinominale.<br />

Per poter cogliere gli effetti di ognuna delle caratteristiche<br />

personali sul tipo di lavoro svolto al netto di quelli delle altre<br />

caratteristiche è, però, necessario vederli in modo relativo, cioè<br />

considerando contemporaneamente due termini di riferimento:<br />

una modalità della condizione di lavoro e una modalità per ogni<br />

caratteristica della persona presa in esame. Per quanto riguarda<br />

la modalità della condizione di lavoro (la nostra variab<strong>il</strong>e dipendente)<br />

è stato ovvio scegliere come termine di riferimento <strong>il</strong> lavoro<br />

dipendente a tempo indeterminato in modo da far emergere<br />

le caratteristiche di coloro che invece svolgono ognuna delle<br />

altre forme di lavoro, da quella a tempo determinato alle collaborazioni,<br />

dal lavoro imprenditoriale e professionale a quello in<br />

proprio (senza dipendenti) di carattere per lo più artigianale o<br />

commerciale. Per ognuna delle caratteristiche personali è stata<br />

scelta una modalità di riferimento: le femmine per <strong>il</strong> genere, la<br />

classe di età 55-64 anni per l’età, la condizione di “altro parente”<br />

per la posizione fam<strong>il</strong>iare e un titolo universitario per l’istruzione.<br />

Un simbolo negativo indica che una data modalità di una<br />

caratteristica del lavoratore ha minori probab<strong>il</strong>ità di essere presente<br />

rispetto alla duplice modalità di riferimento e un simbolo<br />

positivo, invece, una maggiore probab<strong>il</strong>ità, mentre <strong>il</strong> valore dei<br />

coefficienti indica l’intensità della probab<strong>il</strong>ità, negativa o positiva<br />

che sia.<br />

I risultati di questa analisi condotta sui dati dell’indagine<br />

continua Istat sulle forze di lavoro sono presentati nella tabella<br />

3.3 per la <strong>Toscana</strong> nel 004, nel 005 e nel 006 e nella tabella<br />

3.4 per l’Italia nel 005 e nel 006, per poter avere un termine di<br />

confronto.<br />

33


tabella 3.3. Modelli di probab<strong>il</strong>ità di avere un’occupazione diversa dal rapporto di lavoro<br />

dipendente a tempo indeterminato. <strong>Toscana</strong>.<br />

2004 tempo<br />

determinato<br />

34<br />

Collaboratori Imprenditori e<br />

professionisti<br />

In proprio<br />

e coadiuvanti<br />

Intercetta - 1,47 *** - 1,585 - 1,69 ** - 1,74 ***<br />

Genere Maschio - 0,558 *** - 0,56 + 0,7 9 *** + 0,435 ***<br />

Femmina 0,000 0,000 0,000 0,000<br />

Classi di età 15- 4 + 1,796 *** + 0,116 - 1,105 - 1,00 ***<br />

5-34 + 0,711 - 0,75 - 0,376 - 0,735 ***<br />

35-44 + 0,317 - 1,045 ** - 0,5 - 0,517 ***<br />

45-54 - 0, 78 - 1,678 *** - 0,7 *** - 0,717 ***<br />

55-64 0,000 0,000 0,000 0,000<br />

Posizione fam<strong>il</strong>iare Capofamiglia - 0,891 ** + 0, 3 + 0,837 - 0, 91<br />

Coniuge - 0,469 + 0, 15 + 0,4 6 - 0,030<br />

Figli - 0,0 6 + 0,918 + 0,193 - 0,304<br />

Altri parenti 0,000 0,000 0,000 0,000<br />

Istruzione Licenza elementare 0,0 0 - 0,950 - 1,648 *** + 1,669 ***<br />

Licenza media - 0,307 - 1,778 *** - ,009 *** + 1,590 ***<br />

Diploma e professionali - 0,396 - 0,995 *** - 0,989 *** + 1,050 ***<br />

Università 0,000 0,000 0,000 0,000<br />

Pseudo r-quadrato Numero casi 3.741<br />

Cox e Snell 0,176<br />

Nagelkerke 0,197<br />

McFadden 0,086<br />

* = significatività 10%, ** = significatività 5%, *** = significatività 1%.<br />

2005 tempo<br />

determinato<br />

Collaboratori Imprenditori e<br />

professionisti<br />

In proprio<br />

e coadiuvanti<br />

Intercetta - ,48 *** - 1,388 - 1,665 ** - ,188 ***<br />

Genere Maschio - 0,406 * - 0,447 + 0,847 *** + 0,4 8 ***<br />

Femmina 0,000 0,000 0,000 0,000<br />

Classi di età 15- 4 + ,671 *** + 0,777 - 1, 61 - 0,559<br />

5-34 + 1,179 *** - 0,36 - 0,704 * - 0,649 ***<br />

35-44 + 0,743 - 0,919 - 0,48 - 0,475 ***<br />

45-54 + 0,0 1 - 1,143 - 0,535 - 0,561 ***<br />

55-64 0,000 0,000 0,000 0,000<br />

Posizione fam<strong>il</strong>iare Capofamiglia - 0,170 - 0,689 + 0,6 - 0,183<br />

Coniuge + 0,104 - 1,005 + 0,5 7 - 0,016<br />

Figli + 0,3 7 - 0,138 + 0, 19 - 0, 11<br />

Altri parenti 0,000 0,000 0,000 0,000<br />

Istruzione Licenza elementare + 0,138 - 1,194 - 1,833 *** + , 31 ***<br />

Licenza media - 0,309 - 1,376 *** - ,456 *** + 1,814 ***<br />

Diploma e professionali - 0, 74 - 0,446 - 0,877 *** + 1,458 ***<br />

Università 0,000 0,000 0,000 0,000<br />

Pseudo r-quadrato Numero casi 3.483<br />

Cox e Snell 0,191<br />

Nagelkerke 0, 14<br />

McFadden 0,094<br />

* = significatività 10%, ** = significatività 5%, *** = significatività 1%.


tabella 3.3 segue<br />

2006 tempo<br />

determinato<br />

35<br />

Collaboratori Imprenditori e<br />

professionisti<br />

In proprio<br />

e coadiuvanti<br />

Intercetta - ,466 *** - ,309 *** - 1,188 *** - ,540 ***<br />

Genere Maschio - 0,574 *** - 0,358 + 1,0 6 *** + 0,498 ***<br />

Femmina 0,000 0,000 0,000 0,000<br />

Classi di età 15- 4 + ,196 *** + 0, 5 - 0,94 - 0,3 8<br />

5-34 + 0,879 *** + 0,0 1 - 0,76 *** - 0,430 ****<br />

35-44 + 0,135 - 0, 03 - 0,364 * - 0,533 ***<br />

45-54 - 0,1 8 - 1,493 *** - 0,408 * - 0,553 ***<br />

55-64 0,000 0,000 0,000 0,000<br />

Posizione fam<strong>il</strong>iare Capofamiglia + 0,355 - 0,1 9 - 0,140 0,091<br />

Coniuge + 0,439 - 0,070 - 0, 49 + 0, 13<br />

Figli + 0,904 ** + 0,347 - 0,759 * + 0,01<br />

Altri parenti 0,000 0,000 0,000 0,000<br />

Istruzione Licenza elementare + 0,396 - 1,375 * - 1,666 *** + ,107 ***<br />

Licenza media - 0,0 - 0,940 *** - 1,835 *** + 1,986 ***<br />

Diploma e professionali - 0,3 6 * - 0,565 ** - 0,893 *** + 1,311 ***<br />

Università 0,000 0,000 0,000 0,000<br />

Pseudo r-quadrato Numero casi 3.593<br />

Cox e Snell 0,190<br />

Nagelkerke 0, 1<br />

McFadden 0,093<br />

* = significatività 10%, ** = significatività 5%, *** = significatività 1%.<br />

tabella 3.4 Modelli di probab<strong>il</strong>ità di avere un’occupazione diversa dal rapporto<br />

di lavoro dipendente a tempo indeterminato. Italia.<br />

2005 tempo<br />

determinato<br />

Collaboratori Imprenditori e<br />

professionisti<br />

In proprio<br />

e coadiuvanti<br />

Intercetta - ,107 *** - 1,968 *** - 1,955 *** - ,311 ***<br />

Genere Maschio - 0,41 *** - 0,589 *** + 0,916 *** + 0,457 ***<br />

Femmina 0,000 0,000 0,000 0,000<br />

Classi di età 15- 4 + 1,979 *** + 0,330 - 1,771 *** - 1,018 ***<br />

5-34 + 1,00 *** - 0,10 - 0,554 *** - 0,570 ***<br />

35-44 + 0,61 *** - 0,59 *** - 0, 37 *** - 0,459 ***<br />

45-54 + 0,067 - 0,976 *** - 0,4 8 *** - 0,586 ***<br />

55-64 0,000 0,000 0,000 0,000<br />

Posizione fam<strong>il</strong>iare Capofamiglia - 0,335 *** - 0, 41 + 0,698 *** - 0,10<br />

Coniuge - 0,1 5 - 0,303 + 0,638 *** + 0,1 9<br />

Figli + 0, 4 * + 0,396 + 0,503 ** + 0,055<br />

Altri parenti 0,000 0,000 0,000 0,000<br />

Istruzione Licenza elementare + 0,705 *** - 1,198 *** - ,48 *** + 1,953 ***<br />

Licenza media - 0,335 *** - 1,54 *** - ,311 *** + 1,581 ***<br />

Diploma e professionali - 0,417 *** - 0,746 *** - 1, 61 *** + 1,157 ***<br />

Università 0,000 0,000 0,000 0,000<br />

Pseudo r-quadrato Numero casi 63.881<br />

Cox e Snell 0,163<br />

Nagelkerke 0,184<br />

McFadden 0,08<br />

* = significatività 10%, ** = significatività 5%, *** = significatività 1%.


tabella 3.4 segue<br />

2006 tempo<br />

determinato<br />

36<br />

Collaboratori Imprenditori e<br />

professionisti<br />

In proprio<br />

e coadiuvanti<br />

Intercetta - , 65 *** - ,0 8 *** - 1,955 *** - ,303 ***<br />

Genere Maschio - 0,437 *** - 0,539 *** + 0,887 *** + 0,489 ***<br />

Femmina 0,000 0,000 0,000 0,000<br />

Classi di età 15- 4 + ,116 *** + 0,383 *** - 1,610 *** - 0,776 ***<br />

5-34 + 1,045 *** + 0,067 - 0,5 5 *** - 0,467 ***<br />

35-44 + 0,6 9 *** - 0,613 *** - 0, 79 *** - 0,399 ***<br />

45-54 + 0,145 ** - 1,106 *** - 0,374 *** - 0,466 ***<br />

55-64 0,000 0,000 0,000 0,000<br />

Posizione fam<strong>il</strong>iare Capofamiglia - 0, 30 ** - 0, 11 + 0,670 *** - 0,107<br />

Coniuge - 0,015 - 0,086 + 0,5 4 *** + 0,1 8 *<br />

Figli + 0,380 *** + 0,459 ** + 0,46 ** + 0,016<br />

Altri parenti 0,000 0,000 0,000 0,000<br />

Istruzione Licenza elementare + 0,811 *** - 1, 50 *** - ,65 *** + 1,80 ***<br />

Licenza media - 0,1 7 *** - 1,447 *** - , 64 *** + 1,533 ***<br />

Diploma e professionali - 0,411 *** - 0,980 *** - 1,365 *** + 1,041 ***<br />

Università 0,000 0,000 0,000 0,000<br />

Pseudo r-quadrato Numero casi 6 .39<br />

Cox e Snell 0,163<br />

Nagelkerke 0,184<br />

McFadden 0,08<br />

* = significatività 10%, ** = significatività 5%, *** = significatività 1%.<br />

Fonte: elaborazioni su dati ISTAT.<br />

Per ogni tipo di occupazione diversa dal rapporto di lavoro<br />

dipendente a tempo indeterminato è quindi possib<strong>il</strong>e mettere in<br />

luce quali sono i maggiori fattori di rischio.<br />

a) rapporti di lavoro dipendente a tempo determinato (compresi<br />

quelli a fini formativi):<br />

• genere: <strong>il</strong> rischio di svolgere tali lavori è nettamente più<br />

alto per le donne;<br />

• età: <strong>il</strong> rischio decresce progressivamente al crescere dell’età;<br />

• posizione fam<strong>il</strong>iare: <strong>il</strong> rischio è nettamente meno elevato<br />

per i capifamiglia e più elevato per i figli;<br />

• istruzione: <strong>il</strong> rischio è nettamente più elevato per le persone<br />

meno istruite, ma discretamente più elevato anche per<br />

i più istruiti.<br />

b) rapporti di collaborazione (comprese le prestazioni occasionali):<br />

• genere: <strong>il</strong> rischio di avere tali rapporti è nettamente più<br />

elevato per le donne;<br />

• età: <strong>il</strong> rischio è nettamente più elevato per i più giovani,<br />

ma anche per chi ha più di 55 anni, ad indicare che potrebbe<br />

esservi anche una professionalizzazione di questa<br />

condizione;


• posizione fam<strong>il</strong>iare: <strong>il</strong> rischio è meno elevato per i capifamiglia<br />

e più elevato per i figli, ma la significatività della<br />

relazione è scarsa;<br />

• istruzione: <strong>il</strong> rischio cresce progressivamente al crescere<br />

del livello di istruzione. Fa eccezione la <strong>Toscana</strong> nel 004,<br />

ma anche in questo caso <strong>il</strong> rischio è di gran lunga più elevato<br />

per i più istruiti.<br />

c) imprenditori e professionisti:<br />

• genere: la probab<strong>il</strong>ità è nettamente più elevata per i maschi;<br />

• età: la probab<strong>il</strong>ità di essere imprenditori o professionisti è<br />

più elevata per gli ultra-trentacinquenni e soprattutto per<br />

gli ultra-cinquantacinquenni;<br />

• posizione fam<strong>il</strong>iare: la probab<strong>il</strong>ità è più elevata per i capifamiglia<br />

e in misura minore per i coniugi. Fa eccezione la<br />

<strong>Toscana</strong> nel 006, ma i coefficienti non sono significativi.<br />

• istruzione: la probab<strong>il</strong>ità è nettamente minore per i meno<br />

istruiti, ma in <strong>Toscana</strong> è significativamente superiore per<br />

chi ha la sola licenza elementare rispetto a chi ha la licenza<br />

media, ad indicare la persistenza di una fascia di imprenditori<br />

caratterizzata da uno scarso capitale umano.<br />

d) lavoratori in proprio e coadiuvanti:<br />

• genere: la probab<strong>il</strong>ità di essere lavoratori in proprio o coadiuvanti<br />

è nettamente più alta per i maschi, sia pur meno<br />

che per imprenditori e professionisti;<br />

• età: <strong>il</strong> rischio è più elevato per gli ultra-cinquantacinquenni<br />

e meno elevato per i più giovani;<br />

• posizione fam<strong>il</strong>iare: nessuna significativa differenza;<br />

• istruzione: <strong>il</strong> rischio decresce progressivamente al crescere<br />

del livello di istruzione.<br />

Il quadro che emerge non rivela fenomeni nuovi o inattesi,<br />

ma consente di mettere in luce i tratti che accomunano sia<br />

le posizioni di lavoro instab<strong>il</strong>e sia quelle indipendenti e i tratti<br />

che invece li distinguono. In particolare, si può sottolineare<br />

che i lavoratori flessib<strong>il</strong>i se tendono ad assomigliarsi per genere<br />

(femmin<strong>il</strong>e) e posizione fam<strong>il</strong>iare (figli), si distinguono in modo<br />

abbastanza netto per età (tra i collaboratori vi è una discreta<br />

presenza di ultra-cinquantenni) e soprattutto per livello di istruzione<br />

(i collaboratori tendono a esser molto più istruiti dei lavoratori<br />

a tempo determinato). Da questo punto di vista la <strong>Toscana</strong><br />

presenta un modello di probab<strong>il</strong>ità di svolgere lavori instab<strong>il</strong>i,<br />

così come indipendenti, del tutto sim<strong>il</strong>e a quello nazionale.<br />

37


3.3. transizione, intrappolamento ed effetto isteresi<br />

La questione decisiva per valutare i lavori flessib<strong>il</strong>i o instab<strong>il</strong>i<br />

è <strong>il</strong> ruolo svolto nella carriera lavorativa di chi li svolge: sono<br />

“trampolini” verso posizioni più sicure oppure “trappole” da cui<br />

non si riesce ad uscire se non verso la disoccupazione o l’inattività?<br />

Naturalmente la risposta può dipendere dalla prospettiva<br />

temporale presa in considerazione, perché si può pensare che<br />

per “transitare” verso una posizione stab<strong>il</strong>e occorra trascorrere<br />

un periodo di lavoro instab<strong>il</strong>e più o meno lungo. È perciò necessario<br />

adottare un approccio longitudinale al fine di r<strong>il</strong>evare la<br />

situazione dei lavoratori per molti anni. L’indagine presentata in<br />

questo volume è una delle poche che finora ha percorso questa<br />

(costosa) strada, con risultati di grande interesse. Prima di richiamarli,<br />

ponendoli a confronto con quelli di altre analisi, può<br />

essere ut<strong>il</strong>e presentare rapidamente gli esiti delle transizioni “a<br />

breve termine” quali è possib<strong>il</strong>e ora r<strong>il</strong>evare grazie alla nuova<br />

indagine continua Istat sulle forze di lavoro. Lo scopo è anche<br />

quello di “collocare” i processi di uscita dalle posizioni di lavoro<br />

flessib<strong>il</strong>i nel quadro generale dei processi di uscita da tutte le posizioni<br />

lavorative, anche per ricordare su quali basi si giustifica<br />

la contrapposizione tra lavori stab<strong>il</strong>i e instab<strong>il</strong>i.<br />

La tabella 3.5 presenta per la <strong>Toscana</strong> la distribuzione delle<br />

condizioni nel 004 e nel 005 di coloro che nell’anno precedente<br />

erano occupati secondo <strong>quale</strong> era la loro posizione. Per avere un<br />

termine di riferimento, nella tabella 3.6 è stata calcolata anche<br />

la transizione dal 004 al 005 per l’Italia. Accanto alla classica<br />

occupazione dipendente a tempo indeterminato, emergono altre<br />

due posizioni molto stab<strong>il</strong>i: gli imprenditori e i professionisti, e<br />

i lavoratori in proprio e i coadiuvanti. In tutti e tre questi casi<br />

la percentuale di permanenza da un anno all’altro nella stessa<br />

posizione osc<strong>il</strong>la dal 94% al 98%. Si conferma, quindi, quanto<br />

sia giustificata la decisione di includere i lavori realmente indipendenti<br />

tra quelli stab<strong>il</strong>i, anche se non sono altrettanto protetti<br />

sul piano giuridico e contrattuale di quelli dipendenti a tempo<br />

indeterminato 3 .<br />

3 Ma non bisogna dimenticare i vantaggi formali e informali del lavoro indipendente,<br />

dalla possib<strong>il</strong>ità di auto-gestire tempi e modi della prestazione lavorativa<br />

al reddito più elevato, raggiunto grazie anche alla diffusa elusione ed<br />

evasione fiscale.<br />

38


tabella 3.5. Transizioni degli occupati nell’arco di un anno. <strong>Toscana</strong>.<br />

Posizione Condizione nel 2004<br />

occupazionale nel 2003 A tempo<br />

indeterminato<br />

tempo<br />

determinato Collaboratori<br />

39<br />

Imprenditori<br />

e professionisti<br />

In proprio e<br />

coadiuvanti<br />

In cerca<br />

di lavoro<br />

Inattivi tOtALe<br />

A tempo indeterminato 94,2 0,9 0,3 0 0,5 1 3,1 100,0<br />

A termine 13,5 68,5 1, 0,3 3,4 7,3 5,7 100,0<br />

Collaboratori 10, 3,7 81,3 0 0 1,5 3,2 100,0<br />

Imprenditori e professionisti 1,4 0 0 95,4 ,3 0,5 0,4 100,0<br />

In proprio e coadiuvanti 0,7 0,3 0 0 94,7 1,3 ,9 100,0<br />

Posizione Condizione nel 2005<br />

occupazionale nel 2004 A tempo<br />

indeterminato<br />

tempo<br />

determinato Collaboratori<br />

Imprenditori<br />

e professionisti<br />

In proprio e<br />

coadiuvanti<br />

In cerca<br />

di lavoro<br />

Inattivi tOtALe<br />

Dipendente indeterminato 93,5 1,3 0,1 0 ,5 0,9 1,6 100,0<br />

Dipendente determinato 11,9 58,5 1,1 0,5 3,3 13,4 11, 100,0<br />

Collaboratore 3,8 11,9 68,0 3,7 0 4, 8,4 100,0<br />

Imprenditori e professionisti 0 0,3 0 98,0 1,3 0 0,4 100,0<br />

In proprio e coadiuvanti 0,3 0, 0,1 0 95,9 1,6 1,8 100,0<br />

Posizione Condizione nel 2006<br />

occupazionale nel 2005 A tempo<br />

indeterminato<br />

tempo<br />

determinato Collaboratori<br />

Imprenditori<br />

e professionisti<br />

In proprio e<br />

coadiuvanti<br />

In cerca<br />

di lavoro<br />

Inattivi tOtALe<br />

A tempo indeterminato 93,6 1,4 0,0 0,1 1,6 0,6 ,7 100,0<br />

A termine 17,8 66,3 3,6 0,3 3,9 4,0 4,0 100,0<br />

Collaboratori ,0 1,9 86,9 0,0 ,6 0,0 6,7 100,0<br />

Imprenditori e professionisti 1,0 0,0 0,5 94,6 1,9 0,3 1,7 100,0<br />

In proprio e coadiuvanti 0,7 0,1 0,4 ,1 92,8 1,3 ,7 100,0<br />

Fonte: elaborazioni su dati ISTAT.<br />

tabella 3.6. Transizioni degli occupati nell’arco di un anno. Italia.<br />

Posizione Condizione nel 2005<br />

occupazionale nel 2004 A tempo<br />

indeterminato<br />

tempo<br />

determinato Collaboratori<br />

Imprenditori<br />

e professionisti<br />

In proprio e<br />

coadiuvanti<br />

In cerca<br />

di lavoro<br />

Inattivi tOtALe<br />

Dipendente indeterminato 94,3 0,8 0,1 0,1 1,9 0,9 1,8 100,0<br />

Dipendente determinato 11,5 70,3 1,1 0, 1,9 7, 7,9 100,0<br />

Collaboratore 5,0 4,6 78,2 0,9 1,5 5, 4,6 100,0<br />

Imprenditori e professionisti 0,4 0,4 0,3 97,4 0,4 0,3 0,9 100,0<br />

In proprio e coadiuvanti 0,6 0,5 0,1 0,1 95,8 0,7 , 100,0<br />

Posizione Condizione nel 2006<br />

occupazionale nel 2005 A tempo<br />

indeterminato<br />

tempo<br />

determinato Collaboratori<br />

Imprenditori<br />

e professionisti<br />

In proprio e<br />

coadiuvanti<br />

In cerca<br />

di lavoro<br />

Inattivi tOtALe<br />

A tempo indeterminato 93,7 1, 0,1 0,3 1,1 1,0 ,7 100,0<br />

A termine 14,6 68,5 ,6 0,4 1,7 5,1 7,1 100,0<br />

Collaboratori 4,7 5,9 75,4 1,7 3,8 ,8 5,7 100,0<br />

Imprenditori e professionisti 0,6 0,4 0,4 94,4 ,6 0,4 1,1 100,0<br />

In proprio e coadiuvanti 1,0 0,4 0,1 1, 93,9 0,5 ,8 100,0<br />

Fonte: elaborazioni su dati ISTAT.


Invece, per i lavoratori a termine e i collaboratori 4 non soltanto<br />

le percentuali di permanenza nella stessa posizione sono<br />

nettamente inferiori (dal 60% all’80%), ma soprattutto molto<br />

più elevate sono le percentuali delle “uscite” dall’occupazione<br />

verso la disoccupazione ed anche l’inattività, benché la presenza<br />

di giovani sia molto maggiore, mentre le transizioni verso le posizioni<br />

stab<strong>il</strong>i, dipendenti o indipendenti, sono addirittura meno<br />

frequenti di quelle verso l’inoccupazione. Limitare <strong>il</strong> periodo<br />

considerato ad un solo anno porta a sovrastimare la criticità dell’instab<strong>il</strong>ità<br />

dei lavori flessib<strong>il</strong>i, perché nelle uscite verso l’inattività<br />

sono comprese quelle verso <strong>il</strong> ritorno allo studio a tempo<br />

pieno dei giovani e quelle delle donne che fanno lavori stagionali<br />

non tutti gli anni. Tuttavia, colpisce che, sia pure nell’arco di un<br />

solo anno, transitano verso posizioni stab<strong>il</strong>i nel caso migliore<br />

poco più del 15% dei lavoratori dipendenti a tempo determinato<br />

e del 10% dei collaboratori.<br />

In un’ottica congiunturale, la situazione dei lavoratori flessib<strong>il</strong>i<br />

in <strong>Toscana</strong> peggiora nettamente dal 004 al 005, poiché diminuiscono<br />

le uscite verso i lavori stab<strong>il</strong>i (dal 17, % al 15,7% per i lavoratori<br />

a tempo determinato e dal 10, % al 7,5% per i collaboratori)<br />

e aumentano quelle verso l’inoccupazione (dal 13% al 4,6% per<br />

i lavoratori a tempo determinato e dal 4,7% al 1 ,6% per i collaboratori).<br />

Tuttavia, dal 005 al 006, mentre la situazione dei<br />

collaboratori sembra peggiorare ulteriormente, soprattutto poiché<br />

cresce molto l’“intrappolamento” in tale posizione (sino a sfiorare<br />

l’87%), quella dei lavoratori a tempo determinato migliora, poiché<br />

le uscite verso i lavori stab<strong>il</strong>i aumentano nettamente (al %) e<br />

quelle verso l’inoccupazione crollano (all’8%). Infine, se poste a<br />

confronto con le medie nazionali, le possib<strong>il</strong>ità di transizione dei<br />

lavoratori flessib<strong>il</strong>i in <strong>Toscana</strong> che nel 005 erano peggiori soprattutto<br />

per i lavoratori a tempo determinato, nel 006 risultano migliori<br />

proprio per tale posizione lavorativa, mentre si aggrava anche<br />

in termini relativi la situazione dei collaboratori. Ciò sembra<br />

in contrasto almeno in parte con l’ipotesi che in <strong>Toscana</strong> siano più<br />

frequenti i passaggi da assunzioni instab<strong>il</strong>i ad occupazioni stab<strong>il</strong>i,<br />

di cui si è detto, ma occorre tener conto del troppo limitato periodo<br />

di tempo preso in considerazione.<br />

L’indagine longitudinale, invece, ha consentito di cogliere <strong>il</strong><br />

percorso dei lavoratori assunti con un rapporto di lavoro instab<strong>il</strong>e<br />

per un più lungo periodo di tempo, poiché li ha intervistati<br />

4 Tra i collaboratori sono inclusi qui anche i prestatori d’opera occasionale. Ciò<br />

spiega le (piccole) differenze con le elaborazioni presentate nella tabella .11.<br />

40


dapprima quattro anni dopo l’assunzione e poi dopo altri due<br />

anni. È stato così possib<strong>il</strong>e r<strong>il</strong>evare un fenomeno sim<strong>il</strong>e all’isteresi,<br />

ben noto agli studi sulla disoccupazione. Infatti, <strong>il</strong> tasso di<br />

stab<strong>il</strong>izzazione (cioè la percentuale di assunti con rapporti flessib<strong>il</strong>i<br />

che sono poi riusciti ad acquisire una posizione occupazionale<br />

stab<strong>il</strong>e, dipendente o indipendente), dopo aver raggiunto<br />

<strong>il</strong> 4 % in quattro anni, nei successivi due anni cresce ancora<br />

soltanto di 6 punti percentuali, raggiungendo <strong>il</strong> 48% nei sei anni<br />

complessivi del periodo analizzato dal momento dell’avviamento<br />

ad un rapporto instab<strong>il</strong>e. Un andamento sim<strong>il</strong>e è stato osservato<br />

in veneto per i lavoratori assunti con un contratto a tempo<br />

determinato: <strong>il</strong> loro tasso di occupazione con contratti a tempo<br />

indeterminato cresce rapidamente sino a sfiorare <strong>il</strong> 40% a tre<br />

anni di distanza, poi quasi si arresta (veneto Lavoro, 006).<br />

Dunque, la percentuale di lavoratori flessib<strong>il</strong>i che “stab<strong>il</strong>izzano”<br />

la propria condizione occupazionale non aumenta affatto<br />

in modo lineare con <strong>il</strong> passare del tempo: per chi non è riuscito<br />

a “stab<strong>il</strong>izzarsi” entro un certo numero di anni (tre-quattro, secondo<br />

queste prime indagini) le probab<strong>il</strong>ità di farcela successivamente<br />

si riducono drasticamente e crescono invece quelle<br />

di restar intrappolato nel “carosello” dei lavori precari o peggio<br />

ancora di “uscire” dalla condizione di occupato verso la disoccupazione<br />

o l’inattività.<br />

Per spiegare come per i disoccupati la probab<strong>il</strong>ità di trovare<br />

un lavoro dopo alcuni anni non cresce più e anzi diminuisce,<br />

creando una sacca di lungo-disoccupati molto diffic<strong>il</strong>mente occupab<strong>il</strong>i,<br />

si è fatto ricorso all’ipotesi dell’isteresi. Secondo tale<br />

ipotesi, sarebbe proprio la lunga durata dello stato di disoccupazione<br />

a ridurre le probab<strong>il</strong>ità di ritrovare un lavoro, da un<br />

lato perché una troppo lunga assenza dal lavoro rende obsolete<br />

le competenze acquisite, dall’altro perché la stessa lunga durata<br />

della disoccupazione costituisce un segnale negativo per l’impresa<br />

(se nessuno l’ha ancora assunto, perché devo farlo proprio<br />

io?) e riduce la possib<strong>il</strong>ità di ricorrere alle reti di relazioni sociali<br />

grazie alle quali nella maggior parte dei casi si trova un lavoro. A<br />

questa ipotesi se ne è contrapposta un’altra che sottolinea invece<br />

la grande diversità delle caratteristiche dei disoccupati, per cui<br />

quelli più “forti” per caratteristiche personali, professionali o<br />

sociali ritrovano prima un lavoro, mentre quelli più “deboli” fin<br />

dall’inizio non ce la fanno e cadono nella condizione di lungodisoccupati.<br />

La letteratura socio-economica su tale alternativa è<br />

molto ampia e le conclusioni differiscono a seconda del concreto<br />

caso studiato.<br />

41


Per vedere <strong>quale</strong> ipotesi si adatti meglio ai lavoratori instab<strong>il</strong>i<br />

occorrerebbe disporre di indagini longitudinali molto approfondite,<br />

tuttavia qualche osservazione sia teorica sia empirica offre<br />

interessanti spunti di riflessione. Innanzi tutto, l’ipotesi dell’obsolescenza<br />

delle competenze, la prima elaborata per sostenere<br />

l’isteresi, non regge perché i lavoratori instab<strong>il</strong>i sono occupati in<br />

attività che dal punto di vista del contenuto professionale non<br />

si distinguono da quelle svolte dai lavoratori stab<strong>il</strong>i. Anche l’obsolescenza<br />

delle relazioni sociali può riguardare soltanto quelle<br />

connesse alle reti fam<strong>il</strong>iari, le più usate per trovare <strong>il</strong> primo lavoro,<br />

ma non certo quelle che si stab<strong>il</strong>iscono nel mondo del lavoro,<br />

nel <strong>quale</strong> i lavoratori instab<strong>il</strong>i sono pienamente inseriti. Soltanto<br />

un curriculum eccessivamente pieno di rapporti di breve durata<br />

può costituire un segnale negativo, ma non certo per l’impresa<br />

che ha “sperimentato” <strong>il</strong> lavoratore avendolo impiegato a termine.<br />

Per contro, l’indagine longitudinale sulla <strong>Toscana</strong> sottolinea<br />

che le maggiori probab<strong>il</strong>ità di restare intrappolati sono connesse<br />

a caratteristiche personali del lavoratore: <strong>il</strong> genere femmin<strong>il</strong>e,<br />

<strong>il</strong> basso livello di istruzione, l’età non più giovane. Si potrebbe,<br />

quindi, pensare che l’arresto del tasso di stab<strong>il</strong>izzazione dopo<br />

alcuni anni non sia dovuto tanto a un fenomeno di isteresi nel<br />

lavoro instab<strong>il</strong>e, quanto piuttosto al fatto che i più “forti” sono<br />

ormai riusciti a trovare un’occupazione stab<strong>il</strong>e e quelli rimasti<br />

ancora instab<strong>il</strong>i sono i più “deboli”, che l’esperienza del lavoro<br />

flessib<strong>il</strong>e, spesso presso diversi datori di lavoro, non è riuscita a<br />

rafforzare sul piano professionale.<br />

Tuttavia, per giungere a conclusioni più fondate occorre tener<br />

conto sia del fatto che i rapporti di lavoro flessib<strong>il</strong>i non sono<br />

eguali, sia delle diverse opportunità che <strong>il</strong> mercato del lavoro<br />

offre. L’indagine longitudinale in <strong>Toscana</strong>, così come l’analisi di<br />

dati amministrativi in un’altra regione (veneto Lavoro, 006),<br />

conferma che l’esito dei contratti a fini formativi è molto migliore<br />

di quello dei normali rapporti a tempo determinato. Quindi,<br />

anche la diversa natura dei contratti flessib<strong>il</strong>i dovrebbe essere<br />

inserita come variab<strong>il</strong>e interveniente nell’analisi dell’insieme dei<br />

fattori che incidono sugli esiti occupazionali dei lavoratori flessib<strong>il</strong>i,<br />

ma ciò richiede di ampliare enormemente <strong>il</strong> numero di<br />

casi da prendere in esame nell’indagine.<br />

Infine, va sottolineato che l’indagine longitudinale introduce<br />

nell’analisi del destino dei lavoratori flessib<strong>il</strong>i un fattore troppo<br />

spesso dimenticato: la natura della domanda di lavoro. Da un<br />

lato, infatti, le differenze nel tasso di stab<strong>il</strong>izzazione risultano<br />

connesse anche alla struttura economica dei sistemi locali; dal-<br />

4


l’altro, per spiegare le difficoltà di stab<strong>il</strong>izzazione dei laureati<br />

si fa riferimento alla scarsissima domanda di laureati da parte<br />

delle imprese private e al blocco delle assunzioni nel pubblico<br />

impiego, che costringe soprattutto le amministrazioni locali a<br />

ricorrere anche per compiti ordinari alle varie forme di lavoro<br />

flessib<strong>il</strong>e, dai rapporti a tempo determinato (trimestrali e semestrali)<br />

alle collaborazioni, e all’appalto a società private o del terzo<br />

settore di interi servizi. L’importanza dei lavoratori instab<strong>il</strong>i<br />

nel settore pubblico è un fenomeno largamente trascurato, cui<br />

l’indagine presentata in questo volume dedica finalmente l’attenzione<br />

che merita.<br />

Le amministrazioni pubbliche risultano <strong>il</strong> peggior datore di<br />

lavoro flessib<strong>il</strong>e. Infatti i soggetti pubblici, anche se più spesso<br />

stipulano contratti di lunga durata, sono quelli più propensi a<br />

reiterare tali contratti con gli stessi lavoratori, ormai senza dare<br />

loro ragionevoli prospettive di stab<strong>il</strong>izzazione. Dopo molti anni<br />

di rapporti di lavoro instab<strong>il</strong>e, nel settore pubblico quasi nessun<br />

lavoratore ritiene che sarà assunto a tempo indeterminato<br />

allo scadere del contratto, mentre moltissimi pensano che sarà<br />

loro rinnovato ancora una volta <strong>il</strong> contratto a termine. Se fino<br />

a qualche anno fa un rapporto a termine era considerato la via<br />

migliore per poi partecipare con successo ad un concorso che<br />

assicurava un posto sicuro sino alla pensione, tra i precari della<br />

pubblica amministrazione, soprattutto tra quelli con un più alto<br />

livello di istruzione, si è ormai diffusa la sensazione di essere entrati<br />

in un tunnel senza sbocco, dal <strong>quale</strong> non è possib<strong>il</strong>e uscire<br />

anche perché <strong>il</strong> settore privato non offre prospettive adeguate<br />

alle loro competenze e aspirazioni professionali. Buona parte di<br />

una generazione di laureati entrati con entusiasmo nella pubblica<br />

amministrazione per svolgere i nuovi servizi di qualità, che<br />

è sempre più chiamata a fornire, vive ora una situazione di crescente<br />

frustrazione. Nell’affrontare la questione del lavoro flessib<strong>il</strong>e<br />

occorre tener conto anche di questo problema.<br />

3.4. Una flessib<strong>il</strong>ità sempre meno scelta e sempre più subita<br />

Più in generale l’approccio longitudinale consente all’indagine<br />

sui lavoratori flessib<strong>il</strong>i in <strong>Toscana</strong> di vedere come si modifica<br />

col passare del tempo la percezione dell’incertezza lavorativa.<br />

Dapprima, trascurando la dimensione diacronica, anche l’indagine<br />

risponde alla domanda se alcuni dei lavoratori flessib<strong>il</strong>i<br />

accettano uno scambio tra precarietà occupazionale e gratifi-<br />

43


cazione professionale facendo ricorso alla relazione che esiste<br />

tra l’attività svolta e le aspettative lavorative (Fullin, 004). Si<br />

può distinguere, infatti, chi ha aspettative di transizione da chi<br />

ha un percorso orientato. Alcuni svolgono occupazioni instab<strong>il</strong>i<br />

che non corrispondono alle proprie aspirazioni e mirano a trovare<br />

un impiego più adeguato, oltre che più sicuro; mentre altri<br />

apprezzano i contenuti del proprio lavoro e non intendono cambiare<br />

attività, anche se aspirano a svolgerla in forme più stab<strong>il</strong>i.<br />

Chi ha aspettative di transizione svolge un lavoro che non lo<br />

soddisfa e tende a non identificarsi in esso, cercando di posticipare<br />

o di costruire altrove la propria identità professionale e<br />

sociale. Chi ha un percorso orientato, invece, è soddisfatto della<br />

propria attività e spesso riesce a fondarvi la propria identità, a<br />

prescindere dall’instab<strong>il</strong>ità del rapporto.<br />

Tuttavia, dopo alcuni anni di instab<strong>il</strong>ità occupazionale, che<br />

rende diffic<strong>il</strong>e la progettazione della propria vita fam<strong>il</strong>iare e relazionale,<br />

anche per chi ha un percorso orientato viene meno la<br />

propensione ad accettare lo scambio tra instab<strong>il</strong>ità e qualità professionale<br />

del lavoro. Perciò, anche per costoro l’instab<strong>il</strong>ità occupazionale<br />

diventa fonte di frustrazione e insoddisfazione. Il caso<br />

più clamoroso è quello dei laureati che sono rimasti intrappolati<br />

nel carosello dei rapporti a termine con le amministrazioni pubbliche.<br />

rispetto alle prime ricerche sul “vissuto” dei lavoratori instab<strong>il</strong>i,<br />

condotte quando la diffusione del fenomeno era ancora<br />

agli inizi, la situazione è ormai mutata. Anche qualora la loro percentuale<br />

fosse relativamente bassa rispetto a quanti hanno avuto<br />

un’esperienza lavorativa flessib<strong>il</strong>e, gli intrappolati cominciano ad<br />

essere molti. E i loro orientamenti verso <strong>il</strong> lavoro non possono che<br />

diventare sempre più negativi, così come diventano sempre più<br />

critiche le loro prospettive personali, soprattutto per chi vive in<br />

famiglie ove non vi sono lavoratori stab<strong>il</strong>i, una condizione sempre<br />

meno rara con <strong>il</strong> passare del tempo e <strong>il</strong> crescere dell’età, come<br />

rivela ancora l’indagine longitudinale sui lavoratori instab<strong>il</strong>i di<br />

lunga durata. va, quindi, crescendo <strong>il</strong> rischio che si formi una fascia<br />

di lavoratori sui 35-40 anni, che non riescono a trovare alcun<br />

motivo di soddisfazione nel lavoro in cui sono intrappolati, non<br />

possono pensare di poter svolgere per i propri figli <strong>il</strong> ruolo che i<br />

genitori hanno svolto per loro e per di più cominciano a prendere<br />

consapevolezza del grave futuro previdenziale che li attende.<br />

Ben si comprende come i sentimenti di insicurezza si diffondano<br />

in Italia al di là di quanto farebbe supporre la percentuale di<br />

occupazione instab<strong>il</strong>e, che è ancora inferiore alla media europea<br />

(Accornero, 006b).<br />

44


PARte seCONdA<br />

Le indagini dirette


4.<br />

Il percorso di ricerca<br />

4.1. Il disegno della ricerca<br />

Come è stato da più parti evidenziato, i lavori flessib<strong>il</strong>i, caratterizzati<br />

da contratti atipici, rappresentano ad <strong>oggi</strong> un’importante<br />

componente dell’occupazione che riguarda non solo giovani,<br />

ma anche uomini e donne con credenziali e livelli educativi<br />

molto diversi tra di loro.<br />

Diviene per questo necessario cambiare la tradizionale prospettiva<br />

di analisi e considerare <strong>il</strong> lavoro come un flusso, invece<br />

che come una posizione, concentrando l’attenzione sulle traiettorie<br />

compiute sul mercato del lavoro da soggetti che lavorano<br />

con tipologie contrattuali flessib<strong>il</strong>i, per individuare quali siano<br />

le caratteristiche degli individui coinvolti (sesso, età, titolo di<br />

studio, ecc.), e dei loro percorsi (tipologia contrattuale di partenza,<br />

territori di appartenenza, ecc.), che rendono più probab<strong>il</strong>i<br />

esiti di professionalizzazione e di stab<strong>il</strong>izzazione nel lavoro<br />

dipendente o in quello autonomo e, al contrario, quali siano gli<br />

elementi di debolezza (scarsa scolarizzazione, formazione, ecc.)<br />

che possono favorire percorsi di precarizzazione.<br />

Obiettivo prioritario è stato quello di realizzare un’analisi<br />

delle seguenti variab<strong>il</strong>i: scelta volontaria versus scelta subita;<br />

prospettiva transitoria versus “to be trapped”. Ovvero, gli elementi<br />

di instab<strong>il</strong>ità insiti nella “società dei lavori” costituiscono una<br />

“mob<strong>il</strong>ità americana” attraverso i lavori, o una precarizzazione<br />

del lavoro? E, in ogni caso, sono <strong>il</strong> trade-off della maggiore qualità?<br />

Questi sono gli interrogativi che ci dobbiamo porre. Non si<br />

può pensare che passare da un impiego all’altro sia un’operazione<br />

priva di costi per tutti, basti pensare alla discontinuità delle<br />

carriere e alla bassa copertura previdenziale che sicuramente<br />

segnalano la necessità di dare al welfare un prof<strong>il</strong>o maggiormente<br />

a misura delle nuove tipologie lavorative.<br />

Al tempo stesso bisogna poter valutare anche le opportunità<br />

offerte dalla flessib<strong>il</strong>ità come la possib<strong>il</strong>ità di connettere i “lavori”<br />

al ciclo di vita, ai bisogni della famiglia, ai ritmi della comunità;<br />

l’estrema articolazione delle opzioni nel campo dei sistemi<br />

47


orari; la possib<strong>il</strong>ità di costruire prof<strong>il</strong>i nuovi dell’impiegab<strong>il</strong>ità<br />

attraverso i sistemi formativi.<br />

L’indagine che qui presentiamo si è proposta quindi di seguire<br />

nella loro carriera un gruppo di lavoratori “atipici” per cogliere<br />

gli esiti che rapporti lavorativi di tipo flessib<strong>il</strong>e hanno nel<br />

percorso di lavoro e nella vita dei lavoratori.<br />

A questo proposito, l’IrPET ha recentemente effettuato<br />

un’indagine diretta (Giovani, 005) su un campione di lavoratori<br />

appartenenti a sistemi economico locali ritenuti rappresentativi<br />

degli articolati sent<strong>ieri</strong> di sv<strong>il</strong>uppo della <strong>Toscana</strong>: Firenze<br />

(sistema urbano), Mugello (sistema turistico-industriale), Santa<br />

Croce (sistema industriale aperto/distretto), rosignano (sistema<br />

turistico) e Follonica (sistema turistico-rurale). Le circa duem<strong>il</strong>a<br />

unità oggetto dell’analisi, intervistate con metodo CATI nel Dicembre<br />

003/Gennaio 004, sono lavoratori che nell’anno 000<br />

risultavano avere avuto un avviamento al lavoro con una tipologia<br />

contrattuale instab<strong>il</strong>e.<br />

Prioritario obiettivo conoscitivo dell’indagine che presentiamo<br />

è stato quello di ricontattare, a distanza di due anni, gli<br />

stessi lavoratori per cogliere qual è la loro posizione nel mercato<br />

del lavoro, e se questa è scelta oppure subita. Lo scopo di questa<br />

r<strong>il</strong>evazione è dunque quello di seguire nel tempo i percorsi<br />

lavorativi di lavoratori atipici, distinti per settore di attività e<br />

sistema locale di appartenenza, per comprendere se le tipologie<br />

contrattuali flessib<strong>il</strong>i rappresentano un trampolino verso la stab<strong>il</strong>izzazione<br />

nel mercato del lavoro o un intrappolamento nella<br />

precarietà.<br />

Le 900 unità oggetto dell’analisi (Cfr. Allegato 1) sono state<br />

intervistate telefonicamente, con metodo CATI, nei primi mesi<br />

del 006. L’intervista (Cfr. Allegato ) è stata focalizzata su alcuni<br />

nodi tematici, in particolare sui percorsi della flessib<strong>il</strong>ità, gli<br />

esiti, i costi, le aspettative. Un’attenzione particolare è stata dedicata<br />

ai contenuti e alle condizioni di lavoro: tipologia dell’attività<br />

svolta, luoghi, tempi di lavoro, soddisfazione nei confronti<br />

di vari aspetti del lavoro.<br />

È stato, inoltre, indagato circa i possib<strong>il</strong>i rischi di precarizzazione,<br />

facendo riferimento alle tutele di welfare e ai bisogni<br />

espressi in termini di rappresentanza.<br />

48


4.2. Le caratteristiche degli intervistati<br />

vediamo in primo luogo quali sono le caratteristiche del<br />

campione, leggendole alla luce delle differenze tra i vari sistemi<br />

di riferimento, avendo l’obiettivo di comprendere, nella fase successiva<br />

di analisi, quali sono i punti di forza e di debolezza che<br />

possono influenzare in senso positivo o negativo i percorsi dei<br />

lavoratori flessib<strong>il</strong>i.<br />

Le donne rappresentano <strong>il</strong> 66% del campione. L’età degli intervistati<br />

è mediamente bassa (Tab. 4.1): <strong>il</strong> 54,5% ha al massimo<br />

35 anni; <strong>il</strong> 6% rientra nella classe che va dai 36 ai 45 e <strong>il</strong> 0% ha<br />

oltre 45 anni di età. Sono soprattutto le donne ad essere presenti<br />

nelle fasce di età più elevate (<strong>il</strong> 54% ha oltre 35 anni contro <strong>il</strong><br />

9,5% degli uomini).<br />

tabella 4.1. Classi di età per sesso. Valori %<br />

maschi Femmine tOtALe<br />

Fino a 4 anni 9,6 4,1 6,0<br />

5-35 60,8 4 , 48,5<br />

36-45 17,9 9,6 5,7<br />

Oltre 45 11,6 4,0 19,8<br />

TOTALE 100,0 100,0 100,0<br />

Come mostra la tabella 4. , <strong>il</strong> livello di scolarizzazione è prevalentemente<br />

medio-alto (5 % diplomati e 15% laureati); tra le<br />

donne <strong>il</strong> livello di scolarizzazione medio è più basso (<strong>il</strong> 37% non<br />

ha nessun titolo contro <strong>il</strong> 7% degli uomini).<br />

tabella 4.2. Livello di istruzione per sesso. Valori %<br />

maschi Femmine tOtALe<br />

Basso 6,9 37,1 33,7<br />

Medio 57,8 48,4 51,6<br />

Alto 15,3 14,5 14,8<br />

TOTALE 100,0 100,0 100,0<br />

Per quanto concerne <strong>il</strong> livello di istruzione (Tab. 4.3), come<br />

atteso, <strong>il</strong> sistema urbano di Firenze si caratterizza per <strong>il</strong> livello<br />

più elevato di scolarizzazione (78% ha un titolo di studio medioalto<br />

(contro <strong>il</strong> 66% della media campionaria); di cui i 1% è in<br />

possesso di laurea (contro <strong>il</strong> 15% del dato medio).<br />

49


tabella 4.3. Livello di istruzione per sistemi locali. Valori %<br />

Firenze mugello santa Croce<br />

Rosignano<br />

marittimo<br />

Follonica<br />

Basso 1,7 36,1 45,3 45,9 31,9<br />

Medio 57,5 47, 48,1 43,1 51,8<br />

Alto 0,7 16,7 6,6 11,0 16,3<br />

TOTALE 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0<br />

Legenda: Basso: nessun titolo; Medio: diploma; Alto: laurea<br />

Anche a Follonica, sistema turistico, si evidenzia un livello di<br />

scolarizzazione leggermente superiore alla media, (<strong>il</strong> 68% ha un<br />

titolo di studio medio alto).<br />

Nel Mugello <strong>il</strong> livello di istruzione è risultato solo leggermente<br />

più basso rispetto alla media (<strong>il</strong> 64% ha un titolo medio-alto);<br />

mentre a Santa Croce e rosignano si r<strong>il</strong>evano livelli di scolarizzazione<br />

molto più bassi rispetto alla media (in entrambi i casi<br />

una quota inferiore al 55% degli intervistati è in possesso di un<br />

titolo medio-alto).<br />

4.3. La condizione attuale<br />

La maggior parte degli intervistati risulta essere nella condizione<br />

di lavoratore (70%); è in cerca di occupazione l’11%, casalinga<br />

<strong>il</strong> 9%, studente <strong>il</strong> 7%, <strong>il</strong> rimanente è in altra condizione (in servizio<br />

di leva/civ<strong>il</strong>e, inab<strong>il</strong>e al lavoro, ritirato dal lavoro) (Tab. 4.4).<br />

tabella 4.4. Qual è attualmente la sua condizione professionale? Valori %<br />

maschi Femmine tOtALe<br />

Occupato 79,1 64,9 69,7<br />

In cerca di occupazione 9,6 11,4 10,8<br />

Casalinga 0,0 13,5 8,9<br />

Studente 9,0 6,6 7,4<br />

In servizio di leva o in servizio civ<strong>il</strong>e sostitutivo 0,3 0,0 0,1<br />

Lavoratore stagionale (al momento inoccupato) 1,0 1,5 1,4<br />

Tirocinante/corsista/stagista 0,7 0,7 0,7<br />

Altra condizione 0,0 0,9 0,6<br />

Cassa Integrazione Guadagni/In mob<strong>il</strong>ità 0,3 0,5 0,5<br />

TOTALE 100,0 100,0 100,0<br />

50


È soprattutto tra la componente masch<strong>il</strong>e che una quota più<br />

elevata di intervistati risulta occupata (79% contro <strong>il</strong> 65% della<br />

componente femmin<strong>il</strong>e). Le differenze tra la componente masch<strong>il</strong>e<br />

e quella femmin<strong>il</strong>e sono imputab<strong>il</strong>i soprattutto alla quota<br />

significativa di donne uscite dal mercato del lavoro come casalinghe<br />

(13,5%).<br />

Tra coloro che lavorano come dipendenti <strong>il</strong> 7 % ha un contratto<br />

a tempo indeterminato, <strong>il</strong> rimanente un contratto a termine.<br />

Tra i lavoratori flessib<strong>il</strong>i le tipologie contrattuali più ut<strong>il</strong>izzate<br />

sono <strong>il</strong> tempo determinato e le collaborazioni coordinate e<br />

continuative (entrambe più ut<strong>il</strong>izzate per la componente femmin<strong>il</strong>e);<br />

seguono quote marginali di lavoratori con contratti causa<br />

mista (formazione lavoro e apprendistato) che riguardano prevalentemente<br />

la componente masch<strong>il</strong>e (Tab. 4.5).<br />

tabella 4.5. Lavoratori dipendenti per tipologia contrattuale e genere. Valori %<br />

maschi Femmine tOtALe<br />

Dipendente a tempo indeterminato 74,0 70,6 71,8<br />

Dipendente a tempo determinato 15,0 18,6 17,3<br />

Contratto con agenzia di lavoro interinale 0,0 0,3 0,<br />

Collaborazione coordinata e continuativa/ Collab. a progetto 4,5 6,1 5,5<br />

Contratto di lavoro occasionale 0,0 1,4 0,9<br />

Contratto di formazione lavoro 0,5 0,0 0,<br />

Contratto di apprendistato ,5 0,6 1,3<br />

Lavoratore stagionale 0,5 1,7 1,3<br />

Altro 3,0 0,8 1,6<br />

TOTALE 100,0 100,0 100,0<br />

Il tipo di lavoro svolto (Tab. 4.6) per i maschi è prevalentemente<br />

di tipo operaio (55% contro <strong>il</strong> 34% della componente<br />

femmin<strong>il</strong>e); tra le donne si registrano percentuali più elevate di<br />

lavoro impiegatizio (44% contro <strong>il</strong> 7% dei maschi) e di commesse/cameriere/venditrici<br />

(17% contro <strong>il</strong> 10% degli uomini).<br />

Bassa la percentuale di coloro che occupano posizioni dirigenziali<br />

sia tra la componente masch<strong>il</strong>e (6%) e ancor più tra quella<br />

femmin<strong>il</strong>e (4%).<br />

51


tabella 4.6. Categoria professionale per genere. Valori %<br />

maschi Femmine tOtALe<br />

Professioni medio alte 5,7 4,0 4,6<br />

Impiegati 6,8 44, 38,0<br />

venditori, commessi 9,8 16,8 14,3<br />

Operai specializzati e non 55, 33,9 41,5<br />

Altro ,6 1,1 1,7<br />

TOTALE 100,0 100,0 100,0<br />

I lavoratori autonomi rappresentano <strong>il</strong> 9,5% del totale degli<br />

occupati e sono maggiormente rappresentati dalla componente<br />

masch<strong>il</strong>e (16% contro <strong>il</strong> 9,5% delle femmine).<br />

Tra le donne sono presenti soprattutto libero professioniste<br />

(5 % contro <strong>il</strong> 34% degli uomini); mentre tra la componente<br />

masch<strong>il</strong>e prevalgono i lavoratori in proprio, ovvero consulenti,<br />

assicuratori, rappresentanti (53% contro <strong>il</strong> 9%) (Tab. 4.7).<br />

tabella 4.7. Lavoratori autonomi per tipologia e genere. Valori %<br />

maschi Femmine tOtALe<br />

Imprenditore 13, 14,3 13,6<br />

Libero professionista 34, 5 ,4 40,7<br />

Lavoratore in proprio 5 ,6 8,6 44,1<br />

Coadiuvante nell’azienda di un fam<strong>il</strong>iare 0,0 4,8 1,7<br />

TOTALE 100,0 100,0 100,0<br />

Il settore di attività prevalente (Tab. 4.8), soprattutto per la<br />

componente femmin<strong>il</strong>e, è quello del terziario (8 % contro <strong>il</strong> 55%<br />

per gli uomini), nelle sue varie componenti. Tra gli uomini, al<br />

contrario, si registra una percentuale più elevata di quanti lavorano<br />

nell’industria (41% contro <strong>il</strong> 16,5% delle donne).<br />

5


tabella 4.8. Settore di attività per genere. Valori %<br />

53<br />

maschi Femmine tOtALe<br />

Agricoltura 4,1 1,7 ,6<br />

Attività manifatturiere e Costruzioni 41, 16,5 5,3<br />

Commercio 1 ,4 16,0 14,7<br />

Alberghi e ristoranti 4,6 10,8 8,6<br />

Servizi alle aziende 1,6 10,5 14,5<br />

Servizi alle persone 15,5 40,5 31,6<br />

Altro 0,5 4,0 ,8<br />

TOTALE 100,0 100,0 100,0<br />

Per quanto riguarda la distribuzione dei settori di attività nei<br />

sistemi locali (Tab. 4.9) si r<strong>il</strong>eva una particolare concentrazione<br />

del terziario nel sistema urbano di Firenze (complessivamente <strong>il</strong><br />

77%), dove le attività manifatturiere sono invece risultate meno<br />

r<strong>il</strong>evanti rispetto alla media campionaria ( 1% contro <strong>il</strong> 5%).<br />

Al contrario, nel distretto industriale di Santa Croce l’industria<br />

ha in assoluto <strong>il</strong> peso più r<strong>il</strong>evante (40%). Nel sistema turistico<br />

rurale di Follonica si riscontra, come atteso, una presenza superiore<br />

alla media nell’agricoltura (9% contro <strong>il</strong> 3%) e negli alberghi<br />

e ristoranti (11% contro <strong>il</strong> 9%), ma anche nell’industria ( 8%<br />

contro <strong>il</strong> 5%), presumib<strong>il</strong>mente anche in virtù della vicinanza<br />

del polo siderurgico di Piombino. Anche nel sistema turistico<br />

di rosignano Marittimo si r<strong>il</strong>eva una presenza superiore alla<br />

media di lavoro negli alberghi e ristoranti (15% contro <strong>il</strong> 9%)<br />

e nell’agricoltura (5% contro <strong>il</strong> 3%), mentre più bassa rispetto<br />

alla media campionaria la presenza nell’industria ( 3% contro<br />

<strong>il</strong> 5%) e nei servizi alle imprese (10% contro <strong>il</strong> 14,5%). Nel Mugello<br />

i settori di attività più r<strong>il</strong>evanti sono risultati i servizi alle<br />

persone ( 8%) e le attività manifatturiere ( 4%).


tabella 4.9. Settore di attività per sistema locale. Valori %<br />

Firenze mugello<br />

54<br />

santa<br />

Croce<br />

Rosignano<br />

marittimo<br />

Follonica<br />

Agricoltura 0,0 4,0 0,0 5,1 8,7<br />

Attività manifatturiere e Costruzioni 1,0 4,0 40,0 ,8 8,0<br />

Commercio 18,3 17,3 6, 13,9 13,0<br />

Alberghi e ristoranti 6,7 6,7 3,1 15, 10,6<br />

Servizi alle aziende 19,6 17,3 0,0 10,1 8,7<br />

Servizi alle persone 3 ,1 8,0 4,6 30,4 8,6<br />

Altro , ,7 6, ,5 ,5<br />

TOTALE 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0<br />

La numerosità media degli addetti delle aziende è bassa<br />

(Tab. 4.10): <strong>il</strong> 38% lavora infatti in aziende con al massimo 10<br />

addetti; <strong>il</strong> 8% in aziende tra 11 e 49 addetti e <strong>il</strong> 33% in aziende<br />

dai 50 addetti in su. È soprattutto tra la componente femmin<strong>il</strong>e<br />

che prevale la quota di coloro che lavorano in aziende di piccolissima<br />

dimensione (<strong>il</strong> 44% lavora in aziende con al massimo 10<br />

addetti contro <strong>il</strong> 9% degli uomini).<br />

tabella 4.10. Numero di addetti azienda attuale. Valori %<br />

maschi Femmine tOtALe<br />

Fino a 10 addetti 9,4 44,1 38,4<br />

Da 11 a 15 addetti 1 ,4 11,5 11,8<br />

Da 16 a 19 addetti ,4 7,4 5,5<br />

Da 0 a 49 addetti 17,1 7,4 11,1<br />

Da 50 a 00 addetti 15,9 13,0 14,1<br />

Oltre 00 addetti 0,6 10,7 14,5<br />

Non so/non risponde ,4 5,9 4,5<br />

TOTALE 100,0 100,0 100,0


5.<br />

I percorsi della flessib<strong>il</strong>ità<br />

5.1. Flessib<strong>il</strong>ità del lavoro: scelta o costrizione?<br />

Nell’analisi dei percorsi lavorativi intrapresi da soggetti con<br />

occupazioni instab<strong>il</strong>i è fondamentale la comprensione delle motivazioni<br />

per cui è stato scelto, o subito, un lavoro con modalità<br />

contrattuali “a termine”. A questo proposito, è stata tracciata<br />

una distinzione tra i percorsi scelti – tipici di soggetti per cui la<br />

flessib<strong>il</strong>ità è un modo di lavorare che consente maggiore autonomia,<br />

più flessib<strong>il</strong>ità degli orari, un’opportunità di fare un’esperienza<br />

formativa, oppure un modo per svolgere <strong>il</strong> lavoro desiderato<br />

– e i percorsi subiti – caratteristici di persone che aspirano a<br />

un lavoro stab<strong>il</strong>e e non lo hanno trovato.<br />

Innanzitutto, degno di r<strong>il</strong>ievo, che la stragrande maggioranza<br />

dei nostri intervistati, appartenga alla categoria di coloro che<br />

lavorano con tali tipologie contrattuali perché non hanno avuto<br />

altra scelta (8 %). Il confronto con l’indagine precedente (Giovani,<br />

005), in cui agli intervistati veniva domandato qual era<br />

stata la motivazione che, negli anni 000 e 004 li aveva indotti<br />

a lavorare con una tipologia contrattuale instab<strong>il</strong>e, mostra in<br />

modo evidente come la flessib<strong>il</strong>ità sia stata maggiormente scelta<br />

in una fase iniziale del percorso lavorativo e sia sempre più<br />

subita da coloro che, trascorsi alcuni anni, permangono ancora<br />

in tale condizione: al 000 dichiarava di non avere avuto altra<br />

possib<strong>il</strong>ità <strong>il</strong> 54% degli intervistati e al 004 <strong>il</strong> 61%.<br />

È soprattutto la componente femmin<strong>il</strong>e a dichiarare di avere<br />

subito un percorso lavorativo flessib<strong>il</strong>e (84,5% contro <strong>il</strong> 76%)<br />

evidenziando come <strong>il</strong> mercato del lavoro offra al genere femmin<strong>il</strong>e<br />

inferiori opportunità di impiego stab<strong>il</strong>e (Graf. 5.1). Tale fenomeno<br />

non deve necessariamente essere interpretato negativamente<br />

– specie se lo si confronta con le uscite definitive dal lavoro<br />

o le lunghe interruzioni che hanno caratterizzato le carriere<br />

femmin<strong>il</strong>i delle generazioni precedenti – ma piuttosto come uno<br />

strumento per mantenere nel tempo <strong>il</strong> capitale umano di donne<br />

55


in particolari fasi del ciclo di vita legate ad esigenze di cura della<br />

famiglia (figli piccoli, anziani, ecc.). Ovviamente, esiste anche <strong>il</strong><br />

rovescio della medaglia, che rimanda a percorsi femmin<strong>il</strong>i fatti<br />

di “lavoretti” con contratti a termine, senza protezione in caso<br />

di malattia e senza contributi pensionistici che, in presenza di<br />

coniugi/conviventi breadwinner, in possesso di lavori più stab<strong>il</strong>i<br />

e redditizi, possono anche risultare adeguati, ma al tempo stesso<br />

essere particolarmente rischiosi data la crescente instab<strong>il</strong>ità<br />

dei legami fam<strong>il</strong>iari. Inoltre, le accresciute possib<strong>il</strong>ità di potere<br />

stipulare contratti di lavoro “non standard” può divenire per le<br />

imprese un incentivo a non assumere stab<strong>il</strong>mente, soprattutto<br />

donne, per non dovere sostenere l’eventuale peso di future maternità<br />

e assenze per cause fam<strong>il</strong>iari (Saraceno, 00 ).<br />

Tra l’esigua minoranza di coloro che dichiarano di avere scelto<br />

la flessib<strong>il</strong>ità (18%), le motivazioni più segnalate sono risultate<br />

essere di tipo strumentale: “perché era l’unico modo di svolgere <strong>il</strong><br />

lavoro desiderato” (44%); “per integrare <strong>il</strong> reddito fam<strong>il</strong>iare” ( 0%);<br />

“per la flessib<strong>il</strong>ità degli orari” (1 %); “per fare un’esperienza formativa”<br />

(8%).<br />

Il fatto che la domanda di autonomia e di individualizzazione<br />

del rapporto di lavoro proveniente dai lavoratori stessi non<br />

sia stata r<strong>il</strong>evante ( 8%) non deve sorprendere più di tanto, in<br />

quanto i lavori di cui si parla, che abbiamo visto essere rappresentativi<br />

della gran parte dei lavori flessib<strong>il</strong>i, sono in realtà atipici,<br />

nel senso di “non standard”, non tanto nel contenuto, quanto<br />

nelle modalità contrattuali. Sono infatti lavori che complessivamente<br />

si svolgono con modalità non troppo dissim<strong>il</strong>i tra lavoratori<br />

stab<strong>il</strong>i e flessib<strong>il</strong>i, come orari rigidi, mansioni ben definite,<br />

ecc. (cfr. Cap. 6).<br />

Grafico 5.1. È stata una sua scelta lavorare con forme contrattuali a termine? Valori %<br />

56


È ovvio quindi ipotizzare che, per coloro che non sono orientati<br />

verso lavori di tipo dipendente, la vera alternativa possa essere<br />

rappresentata dal lavoro autonomo tout court (Saraceno,<br />

00 ) oppure, in alcuni casi, dalle collaborazioni coordinate e<br />

continuative, tipologia contrattuale formalmente al confine tra<br />

l’autonomia e l’indipendenza, che però, coma mostra anche la<br />

nostra indagine, spesso si svolgono in realtà con modalità del<br />

tutto identiche a quelle dei lavoratori standard.<br />

Osservando i dati disaggregati per genere (Graf. 5. ), tra le<br />

donne si r<strong>il</strong>eva una percentuale più r<strong>il</strong>evante di percorsi finalizzati<br />

all’autonomia e flessib<strong>il</strong>ità degli orari, mettendo in luce<br />

come modalità lavorative flessib<strong>il</strong>i possano rappresentare, soprattutto<br />

per <strong>il</strong> genere femmin<strong>il</strong>e, uno strumento per conc<strong>il</strong>iare<br />

tempi di vita e di lavoro.<br />

Grafico 5.2. Perché ha scelto di lavorare con forme contrattuali flessib<strong>il</strong>i? (risposta multipla).<br />

Valori %<br />

I dati disaggregati per livelli di scolarizzazione (Graf. 5.3)<br />

evidenziano come <strong>il</strong> fatto di lavorare con contratti atipici divenga<br />

sempre più strumentale con <strong>il</strong> crescere del titolo di studio,<br />

sia per la componente masch<strong>il</strong>e che per quella femmin<strong>il</strong>e. Per i<br />

laureati e i diplomati sono infatti molto più elevate le quote di<br />

coloro che dichiarano di non avere avuto altra scelta (rispettivamente<br />

86,5% e 83% contro <strong>il</strong> 76% dei senza titolo). Le particolari<br />

difficoltà che incontrano coloro che sono dotati di più alti livelli<br />

di scolarizzazione all’interno del nostro sistema economico re-<br />

57


gionale sono notoriamente legate alla domanda di un sistema<br />

produttivo di piccola e piccolissima impresa non in grado di assorbire<br />

l’offerta di lavoro proveniente dai laureati e diplomati<br />

dando luogo a livelli particolarmente elevati di job-mismatches<br />

che segnalano un’allocazione inefficiente e un sottout<strong>il</strong>izzo del<br />

patrimonio umano 5 .<br />

Grafico 5.3. Non hanno scelto di lavorare con forme contrattuali flessib<strong>il</strong>i per livello di<br />

scolarizzazione. Valori%<br />

Tali difficoltà sono evidenziate anche da coloro che dichiarano<br />

di lavorare con forme contrattuali non stab<strong>il</strong>i per scelta: tra le<br />

motivazioni dei laureati emerge infatti una quota più significativa<br />

di quanti dichiarano che in realtà la flessib<strong>il</strong>ità è stata l’unico<br />

modo per poter svolgere <strong>il</strong> lavoro desiderato (75% contro <strong>il</strong> 4 %<br />

dei diplomati e <strong>il</strong> 33% dei senza titolo).<br />

5 I dati Excelsior, che attraverso indagini svolte dalle CCIAA forniscono le previsioni<br />

di assunzione per le aziende toscane del settore privato, evidenziano,<br />

a proposito, la scarsa domanda di laureati proveniente dal sistema produttivo<br />

regionale. Fatto 100 <strong>il</strong> totale di manodopera richiesta, la domanda di laureati è<br />

pari al 7%, a fronte di quote più significative di altre regioni come <strong>il</strong> Lazio e la<br />

Lombardia (14%), e scarti significativi anche con Piemonte ed Em<strong>il</strong>ia romagna<br />

(10%) e, in generale, un valore nazionale del 9%.<br />

58


5.2. I percorsi dei lavoratori temporanei 6<br />

Nel presente paragrafo esamineremo quali sono stati i percorsi<br />

dei lavoratori intervistati a partire dall’anno 000.<br />

Tra coloro che al 000 risultavano instab<strong>il</strong>i, nel 006 si è stab<strong>il</strong>izzato<br />

<strong>il</strong> 48% degli intervistati (41% con un contratto a tempo<br />

indeterminato e <strong>il</strong> 7% come lavoratore autonomo); <strong>il</strong> 0% è ancora<br />

flessib<strong>il</strong>e; <strong>il</strong> 14% è in cerca di lavoro; <strong>il</strong> 18% è uscito dalle<br />

forze di lavoro (<strong>il</strong> 9 % come studente e <strong>il</strong> 9% come casalinga)<br />

(Graf. 5.4).<br />

Grafico 5.4. Flessib<strong>il</strong>i al 2000 per condizione attuale. Valori %<br />

rispetto all’indagine del 004 7 dove, a distanza di quattro<br />

anni da un avviamento al lavoro instab<strong>il</strong>e, avevamo r<strong>il</strong>evato un<br />

tasso di stab<strong>il</strong>izzazione complessivo del 41% abbiamo un incremento<br />

di trasformazioni a tempo indeterminato e/o autonomo<br />

di 7 punti percentuali – <strong>il</strong> che significa un incremento medio<br />

annuo di 3,5 punti, decisamente inferiore al periodo precedente<br />

(oltre 10 punti medi annui) – e una percentuale più elevata di<br />

transizioni verso la disoccupazione (+3 punti).<br />

6 In questo paragrafo sono esclusi dall’analisi tutti coloro che, nel campione iniziale,<br />

risultavano al 000 aver un contratto a tempo indeterminato part-time, in<br />

quanto oggetto dell’analisi è in questo caso l’instab<strong>il</strong>ità del lavoro e gli effetti di<br />

quest’ultima a distanza di 4 e 6 anni. Per lo stesso motivo sono stati esclusi tutti<br />

coloro che sono risultati inab<strong>il</strong>i al lavoro (3 individui) e pensionati (9) al 006.<br />

7 Nell’indagine precedente (Giovani, 005), a distanza di quattro anni da un<br />

avviamento con tipologia contrattuale instab<strong>il</strong>e, risultava essersi stab<strong>il</strong>izzato<br />

<strong>il</strong> 41% degli intervistati (<strong>il</strong> 36% degli intervistati con un contratto a tempo indeterminato<br />

e <strong>il</strong> 5% con un’attività di tipo autonomo; <strong>il</strong> 4% risultava ancora<br />

flessib<strong>il</strong>e; l’11% era in cerca di lavoro; <strong>il</strong> 0,5% risultava uscito dalle forze di<br />

lavoro.<br />

59


Presumib<strong>il</strong>mente la causa di questa battuta di arresto<br />

va ricercata, in periodi di permanenza troppo lunghi in una<br />

condizione lavorativa instab<strong>il</strong>e (mediamente 6 anni), che<br />

hanno un’elevata probab<strong>il</strong>ità di avere come esito un “intrappolamento”<br />

in carriere lavorative discontinue, interrotte e<br />

instab<strong>il</strong>i (Barb<strong>ieri</strong>, Fullin, reyneri, 005), come confermato<br />

anche dalla crescita di sequenze occupazionali di tipo “job<br />

carousel”, caratterizzate dal susseguirsi di diverse esperienze<br />

di lavoro e non lavoro, condizione ulteriormente aggravata<br />

da una fase economica sicuramente non positiva.<br />

Come mostra <strong>il</strong> grafico 5.5, la componente femmin<strong>il</strong>e è risultata<br />

complessivamente svantaggiata rispetto a quella masch<strong>il</strong>e<br />

sia nei percorsi di stab<strong>il</strong>izzazione verso un lavoro dipendente<br />

(solo <strong>il</strong> 38% ha ad <strong>oggi</strong> un rapporto di lavoro a tempo indeterminato<br />

contro <strong>il</strong> 49% degli uomini) che autonomo (<strong>il</strong> 4% contro<br />

<strong>il</strong> 1 %). Inoltre, una quota più elevata di donne è alla ricerca di<br />

lavoro (<strong>il</strong> 15% contro l’11% degli uomini), e <strong>il</strong> 14% è uscita dalle<br />

forze di lavoro come casalinga.<br />

Grafico 5.5. Flessib<strong>il</strong>i al 2000 per condizione attuale e genere. Valori %<br />

I percorsi di transizione per età (Graf. 5.6) mostrano come<br />

sia più probab<strong>il</strong>e rimanere intrappolati in percorsi precari per<br />

gli ultra 35enni: tra <strong>il</strong> 000 e <strong>il</strong> 006 risultano infatti stab<strong>il</strong>izzati<br />

con un lavoro dipendente o autonomo <strong>il</strong> 44% degli over 35enni<br />

contro <strong>il</strong> 5 % dei più giovani; tra gli adulti sono inoltre molto<br />

più significative le quote di coloro che sono caduti nella disoccupazione<br />

(18% contro <strong>il</strong> 10,5% dei più giovani) e di uscite dal<br />

mercato del lavoro (18,5% di casalinghe contro <strong>il</strong> % della fascia<br />

di età dei più giovani). Sono soprattutto le donne adulte a sperimentare<br />

i tassi più bassi di stab<strong>il</strong>izzazione (38%), le più elevate<br />

probab<strong>il</strong>ità di uscita dal mercato del lavoro ( 5% come casalinga)<br />

e di disoccupazione (18%).<br />

60


Grafico 5.6. Flessib<strong>il</strong>i al 2000 per condizione attuale e per età. Valori %<br />

venendo poi al legame esistente tra livello di istruzione ed<br />

esiti di stab<strong>il</strong>izzazione (Graf. 5.7) si evidenzia come al femmin<strong>il</strong>e<br />

<strong>il</strong> valore dell’istruzione sia lineare: al più alto livello di istruzione<br />

corrisponde la più alta probab<strong>il</strong>ità di stab<strong>il</strong>izzazione (46%) dovuta<br />

in particolare alle più elevate probab<strong>il</strong>ità di sperimentare<br />

lavori in proprio (9,5% contro <strong>il</strong> 3% delle diplomate e l’1% delle<br />

senza titolo).<br />

Grafico 5.7. Flessib<strong>il</strong>i al 2000 per condizione attuale e per livello di scolarizzazione. Valori %<br />

Tale probab<strong>il</strong>ità decresce per le diplomate (44%) e per i soggetti<br />

con bassa istruzione (37%). Queste ultime hanno le probab<strong>il</strong>ità<br />

più elevate di trovarsi in uno stato di inoccupazione: come<br />

casalinghe ( 7%) o come disoccupate (18%) evidenziando come<br />

per donne con bassa istruzione, impiegate in lavori di bassa qua-<br />

61


lifica, sia più fac<strong>il</strong>e che la flessib<strong>il</strong>ità si coniughi con percorsi<br />

lavorativi di tipo “job carousel”. Le laureate sono invece coloro<br />

che hanno un minor rischio di cadere nella disoccupazione e di<br />

uscire dalle forze di lavoro, ma anche le probab<strong>il</strong>ità più alte di<br />

permanere nella flessib<strong>il</strong>ità (36,5% contro <strong>il</strong> 16,5% delle diplomate<br />

e <strong>il</strong> 19% delle senza titolo).<br />

Per i maschi la relazione è esattamente opposta: ai titoli più<br />

bassi corrispondono i più elevati tassi di stab<strong>il</strong>izzazione, mentre<br />

i laureati sperimentano i livelli più bassi. vediamo perché.<br />

I maschi dal livello di scolarizzazione basso sono più stab<strong>il</strong>izzati<br />

(68,5% contro <strong>il</strong> 63% dei diplomati e <strong>il</strong> 37% dei laureati), ma<br />

bisogna ricordare che hanno un’età media più elevata 8 e quindi<br />

da più tempo permangono nel mercato del lavoro. In questo senso<br />

un ruolo importante è stato svolto anche dal lavoro autonomo,<br />

in quanto in questo gruppo troviamo in assoluto la quota più elevata<br />

di coloro che si sono messi in proprio (16% contro <strong>il</strong> 10% dei<br />

diplomati e <strong>il</strong> 9,5% dei laureati). I maschi non scolarizzati sono<br />

anche coloro che sperimentano le maggiori probab<strong>il</strong>ità di cadere<br />

nella disoccupazione (18% contro <strong>il</strong> 7% dei diplomati e <strong>il</strong> 14% dei<br />

laureati) a conferma di quanto percorsi a rischio possano verificarsi<br />

soprattutto per figure di basso prof<strong>il</strong>o.<br />

Il risultato legato agli alti livelli di istruzione, che vede i<br />

maschi laureati stab<strong>il</strong>izzarsi meno degli altri e permanere più<br />

a lungo nella flessib<strong>il</strong>ità ( 6% è ancora flessib<strong>il</strong>e contro <strong>il</strong> 18%<br />

dei diplomati e <strong>il</strong> 14% dei senza titolo), che a prima vista può<br />

apparire controintuitivo, in realtà si inquadra pienamente nelle<br />

dinamiche occupazionali della forza lavoro istruita, che vede<br />

i laureati sperimentare performance lavorative ascendenti nel<br />

tempo e premianti nel lungo periodo, a partire però da livelli<br />

iniziali anche inferiori a quelli dei soggetti meno istruiti.<br />

Occorre a tal riguardo interrogarsi, infatti, da cosa dipenda<br />

la maggiore permanenza dei laureati e delle laureate nella flessib<strong>il</strong>ità.<br />

Un aspetto che si lega a quanto appena ricordato può<br />

dipendere, innanzi tutto, dall’età dei laureati che nel campione<br />

da noi analizzato sono caratterizzati da un’età media piuttosto<br />

bassa e quindi una bassa anzianità lavorativa che risulta spesa<br />

8 I maschi senza titolo hanno un’età media di 37 anni contro 30 dei diplomati e<br />

33 dei laureati. Anche le donne senza titolo hanno un’età più elevata rispetto<br />

alle altre (4 anni contro 34 delle diplomate e delle laureate). In questo caso la<br />

relazione è però diversa perché la donna, scarsamente scolarizzata e non più<br />

giovane, tende maggiormente ad uscire dal mercato del lavoro come casalinga.<br />

6


prevalentemente nell’ambito del lavoro flessib<strong>il</strong>e 9 . Ma la permanenza<br />

nella flessib<strong>il</strong>ità può anche dipendere dalla volontà del<br />

lavoratore in possesso di un elevato livello di istruzione: si permane<br />

nell’ambito dei lavori flessib<strong>il</strong>i per accumulare esperienze<br />

in attesa di trovare <strong>il</strong> lavoro desiderato, magari coerente con <strong>il</strong><br />

livello di istruzione posseduto (Mele, 005b). Una volta conseguito<br />

un dato livello di istruzione e quindi una volta formata una<br />

data aspirazione professionale, non basta trovare un’occupazione,<br />

ma occorre che questa sia coincidente con quella desiderata<br />

e quindi coerente con <strong>il</strong> livello di istruzione. In questo senso,<br />

quindi, la flessib<strong>il</strong>ità permette a tali soggetti di ut<strong>il</strong>izzare modalità<br />

contrattuali che consentono loro di accumulare esperienze<br />

professionali nell’attesa di trovare <strong>il</strong> lavoro “scelto” 10 .<br />

Una volta esaminata l’influenza delle caratteristiche individuali<br />

sui percorsi di transizione andiamo a verificare l’influenza<br />

di variab<strong>il</strong>i attinenti <strong>il</strong> tipo di attività svolto.<br />

Per quanto riguarda le tipologie contrattuali di partenza<br />

(Graf. 5.8) è soprattutto la causa mista (formazione lavoro e apprendistato),<br />

da sempre principale canale di ingresso dei giovani<br />

nel mercato del lavoro, che ha avuto i migliori esiti dal punto<br />

di vista della stab<strong>il</strong>izzazione, sia nel lavoro dipendente a tempo<br />

indeterminato (<strong>il</strong> 50% contro <strong>il</strong> 39% di coloro che al 000 avevano<br />

un contratto a tempo determinato), sia dal punto di vista dei<br />

percorsi di tipo autonomo (l’8% ha un’attività in proprio contro<br />

<strong>il</strong> 6% del tempo determinato). È in cerca di lavoro <strong>il</strong> 10% di chi<br />

aveva un contratto di questo tipo al 000 (contro <strong>il</strong> 15% dei tempo<br />

determinato).<br />

Particolarmente svantaggiata la situazione di chi risultava<br />

avviato con un part-time flessib<strong>il</strong>e che registra la più bassa percentuale<br />

di stab<strong>il</strong>izzazione nel lavoro dipendente (15%), la quota<br />

più elevata di coloro che permangono nella flessib<strong>il</strong>ità (38,5%<br />

9 Come abbiamo visto nella nota precedente i laureati hanno un’anzianità molto<br />

più bassa rispetto ai senza titolo ma uguale (nel caso della componente<br />

femmin<strong>il</strong>e) o superiore (per quella masch<strong>il</strong>e) rispetto ai diplomati. È evidente<br />

però che <strong>il</strong> laureato rispetto al diplomato ha intrapreso mediamente percorsi<br />

lavorativi più brevi.<br />

10 Come abbiamo visto anche nel paragrafo precedente tra quanti sono risultati<br />

ad <strong>oggi</strong> ancora instab<strong>il</strong>i, sono soprattutto coloro che hanno un’alta scolarizzazione<br />

a dichiarare di non avere avuto altra scelta (75% contro <strong>il</strong> 59% dei<br />

diplomati e <strong>il</strong> 5 % dei senza titolo) a conferma di come sia diffic<strong>il</strong>e soddisfare<br />

le proprie aspettative per i laureati, in un mercato del lavoro come quello<br />

toscano, fatto di piccola-media impresa, dove è particolarmente basso <strong>il</strong> fabbisogno<br />

da parte delle imprese di giovani usciti dall’Università.<br />

63


contro <strong>il</strong> 19,5% della media campionaria) e una percentuale r<strong>il</strong>evante<br />

di disoccupati ( 3%). L’unico dato positivo per questa<br />

categoria di lavoratori è la quota più significativa in assoluto<br />

di coloro che hanno intrapreso un percorso di tipo autonomo<br />

(15%).<br />

Per quanto riguarda i percorsi di transizione secondo <strong>il</strong> settore<br />

di attività avvenuti nel periodo 004- 006, la tabella 5.1 ci<br />

mostra come sia in particolare <strong>il</strong> settore delle attività manifatturiere/costruzioni<br />

quello dove le percentuali di esiti positivi, avvenute<br />

nell’ambito del settore di provenienza stesso sono risultate<br />

più elevate (40% di dipendenti stab<strong>il</strong>i e 4% di autonomi). Seguono,<br />

a notevole distanza, i servizi alle imprese ( 4% dipendenti<br />

stab<strong>il</strong>i e 8% autonomi) e <strong>il</strong> commercio ( 8% dipendenti stab<strong>il</strong>i).<br />

A ruota vengono i servizi alle persone ( 1% dipendenti stab<strong>il</strong>i e<br />

% autonomi) e gli alberghi e i ristoranti ( 1% dipendenti stab<strong>il</strong>i).<br />

È soprattutto in questo ultimo settore che è risultato particolarmente<br />

elevato <strong>il</strong> peso degli inoccupati ( 9%), a testimonianza<br />

di come tale ambito di attività rappresenti, come noto, possib<strong>il</strong>ità<br />

di lavoro stagionale e quindi favorisca percorsi di instab<strong>il</strong>ità<br />

caratterizzati da frequenti entrate e uscite dal mercato del lavoro,<br />

ma anche opportunità per i giovani o per le donne che non<br />

hanno possib<strong>il</strong>ità di lavorare continuativamente per tutto l’anno<br />

(impegni scolastici, carichi fam<strong>il</strong>iari, ecc.) 11 .<br />

Grafico 5.8. Tipologia contrattuale al 2000 per condizione occupazionale attuale. Valori %<br />

11 L’esercizio non è stato effettuato per <strong>il</strong> settore agricolo perché caratterizzato<br />

da numeri assoluti troppo bassi.<br />

64


tabella 5.1. Settore di attività al 2004 per condizione occupazionale attuale 12 . Valori %<br />

stab<strong>il</strong>izzati<br />

nello stesso<br />

settore<br />

Autonomi<br />

nello stesso<br />

settore<br />

65<br />

Altri<br />

occupati<br />

Inoccupati tOtALe<br />

Agricoltura 0,0 0,0 100,0 0,0 100,0<br />

Attività manifatturiere<br />

e<br />

Costruzioni<br />

40,0 4,4 46,7 8,9 100,0<br />

Commercio 7,6 0,0 51,7 0,7 100,0<br />

Alberghi e ristoranti 1,4 0,0 50,0 8,6 100,0<br />

Servizi alle aziende 4,0 8,0 68,0 0,0 100,0<br />

Servizi alle persone 1,0 1,6 6 ,9 14,5 100,0<br />

TOTALE 6, ,7 58,5 1 ,6 100,0<br />

5.3. La flessib<strong>il</strong>izzazione nei diversi sistemi locali<br />

Prioritario obiettivo conoscitivo dello studio che presentiamo<br />

è stato quello di analizzare i percorsi di transizione di lavoratori<br />

flessib<strong>il</strong>i al 000, appartenenti a sistemi economico locali<br />

rappresentativi dell’articolata struttura socioeconomica della<br />

<strong>Toscana</strong>, per verificare se l’esperienza lavorativa flessib<strong>il</strong>e ha<br />

assunto per i singoli protagonisti un “ponte per una professionalizzazione”<br />

o una “trappola” verso la marginalità e con quali<br />

peculiarità a livello territoriale.<br />

Abbiamo deciso di ragionare a livello di singolo sistema, ipotizzando<br />

una sorta di autocontenimento di questi ultimi, in virtù<br />

del fatto che i lavoratori appartenenti ai singoli sistemi locali al<br />

000, per la stragrande maggioranza, sono risultati ancora lavorare<br />

e risiedere nelle stesse aree di riferimento.<br />

Ma vediamo di seguito l’analisi per singolo sistema locale.<br />

• Firenze (Sistema urbano)<br />

Iniziamo la nostra analisi con Firenze, sistema urbano, caratterizzato<br />

da una struttura produttiva estremamente complessa,<br />

fortemente specializzata in tutte le componenti del terziario,<br />

ma che mostra anche elevati livelli di incidenza nelle attività<br />

industriali (in particolare la meccanica, ma anche prodotti in<br />

1 Dal calcolo sono esclusi gli inab<strong>il</strong>i e i pensionati e tutti coloro che al 004 non<br />

lavoravano. Tra gli altri occupati sono inclusi tutti coloro che lavoravano in un<br />

settore di attività diverso da quello del 004 sia in modo autonomo chedipendente<br />

(sia stab<strong>il</strong>e che flessib<strong>il</strong>e).


metallo, carta, stampa, editoria, chimica e farmaceutica). Area<br />

che notoriamente offre ampie opportunità occupazionali alla<br />

propria popolazione residente – e non solo, come confermano<br />

gli ingenti flussi pendolari in ingresso – dove i livelli di scolarizzazione<br />

sono elevati ed in cui la quota di giovani disoccupati<br />

appare inferiore alla media (Bacci, 001).<br />

Il campione di lavoratori intervistati appartenenti al sistema<br />

fiorentino possiede un livello di istruzione significativamente più<br />

alto del totale (<strong>il</strong> 78% ha un titolo di studio medio-alto contro <strong>il</strong><br />

66% della media campionaria). Il settore di attività (Graf. 5.9)<br />

è prevalentemente <strong>il</strong> terziario (77%) suddiviso in: commercio<br />

(18%), servizi alle imprese ( 0%) servizi alle persone (33%) e alberghi<br />

e ristoranti (7%). Le attività manifatturiere sono meno r<strong>il</strong>evanti<br />

rispetto alla media campionaria ( 1% contro <strong>il</strong> 5,5%).<br />

Grafico 5.9. Settore di attività dei lavoratori intervistati. Firenze. Valori %<br />

Dal punto di vista degli sbocchi occupazionali di coloro che<br />

al 000 risultavano instab<strong>il</strong>i (Graf. 5.10), è <strong>il</strong> sistema che sembra<br />

offrire le più elevate probab<strong>il</strong>ità di stab<strong>il</strong>izzazione: <strong>il</strong> 57% degli<br />

intervistati ha avuto un esito occupazionale positivo (contro <strong>il</strong><br />

48% del dato medio).<br />

In linea con la media campionaria la quota di coloro che<br />

sono rimasti flessib<strong>il</strong>i (19%). Il 1 % è in cerca di lavoro e una<br />

quota molto più bassa rispetto alla media è sfociata nelle non<br />

forze di lavoro (1 % contro <strong>il</strong> 19%).<br />

Degno di r<strong>il</strong>ievo che nell’area si registri in assoluto <strong>il</strong> più alto<br />

livello di donne stab<strong>il</strong>izzate (55% contro <strong>il</strong> 4 % del dato medio),<br />

ma anche <strong>il</strong> fatto che nel sistema urbano sia presente <strong>il</strong> minor<br />

dislivello tra opportunità offerte alla componente femmin<strong>il</strong>e e a<br />

quella masch<strong>il</strong>e (i maschi stab<strong>il</strong>izzati sono <strong>il</strong> 50%, quindi 5 punti<br />

percentuali in più rispetto alla componente femmin<strong>il</strong>e) contro<br />

66


un dato medio che invece fa emergere un notevole svantaggio<br />

per le donne (circa 19 punti percentuali). Nell’area urbana si<br />

r<strong>il</strong>eva inoltre la più bassa presenza di donne uscite dal mercato<br />

del lavoro come casalinghe (5% contro <strong>il</strong> 14% del dato medio).<br />

Grafico 5.10. Condizione del 2004 per condizione al 2006 per sistemi locali. Firenze. Valori %<br />

• Mugello (Sistema turistico industriale)<br />

Il sistema del Mugello, identificato dai comuni che rientrano<br />

nell’ambito dei servizi all’impiego di Borgo San Lorenzo, è<br />

caratterizzato da una discreta presenza turistica e residenziale<br />

e da una r<strong>il</strong>evante consistenza del settore delle costruzioni e<br />

dell’industria del metallo. I settori più r<strong>il</strong>evanti in termini occupazionali<br />

sono: le costruzioni, <strong>il</strong> commercio al dettaglio, la<br />

fabbricazione e lavorazione dei prodotti in metallo, gli alberghi<br />

e ristoranti, <strong>il</strong> commercio all’ingrosso, l’industria dell’abbigliamento<br />

e le pelli, cuoio e calzature.<br />

Si r<strong>il</strong>eva un quota di lavoro regolare inferiore alla media toscana<br />

grazie al peso dell’agricoltura, del commercio e della ricezione<br />

turistica, settori caratterizzati da una regolarità inferiore<br />

alla media e da un’elevata stagionalità.<br />

L’indice di occupazione è leggermente superiore alla media<br />

toscana, mentre la quota di giovani disoccupati sul totale è nettamente<br />

inferiore al valore regionale, grazie ad un precoce ingresso<br />

al lavoro della componente giovan<strong>il</strong>e che, nonostante la<br />

crescita dell’indice di istruzione, mantiene comunque valori più<br />

bassi rispetto alla media regionale (Bacci, 001).<br />

Il campione di lavoratori intervistati ha un livello di istruzione<br />

leggermente più basso del dato medio (<strong>il</strong> 36% ha un titolo di<br />

studio basso contro <strong>il</strong> 34% della media campionaria).<br />

I settori di attività prevalenti sono: l’industria ( 4%) e i servizi<br />

alle persone ( 8%) (Graf. 5.11).<br />

67


Dal punto di vista degli sbocchi occupazionali (Graf. 5.1 ) è<br />

<strong>il</strong> sistema che, subito dopo l’area fiorentina, sembra offrire le più<br />

elevate probab<strong>il</strong>ità di stab<strong>il</strong>izzazione (51%); inoltre è <strong>il</strong> sistema<br />

dove si r<strong>il</strong>evano le più basse possib<strong>il</strong>ità di caduta nella disoccupazione<br />

(7,5% contro <strong>il</strong> 14% del dato medio); in linea con la<br />

media la quota di coloro che sono rimasti flessib<strong>il</strong>i (19%).<br />

Grafico 5.11. Settore di attività dei lavoratori intervistati. Mugello. Valori %<br />

Grafico 5.12. Condizione del 2004 per condizione al 2006 per sistemi locali. Mugello. Valori %<br />

rispetto all’indagine del 004 <strong>il</strong> Mugello è sicuramente<br />

un’area che ha maturato migliori opportunità di stab<strong>il</strong>izzazione<br />

nel mercato locale del lavoro che si sono realizzate in modo<br />

particolare per la componente masch<strong>il</strong>e, che ha realizzato in assoluto<br />

la quota più elevata di occupati stab<strong>il</strong>izzati (73% contro <strong>il</strong><br />

61% della media). Per la componente femmin<strong>il</strong>e si registra invece<br />

un tasso di stab<strong>il</strong>izzazione notevolmente più basso di quello<br />

masch<strong>il</strong>e, ma in linea con la media campionaria (41%).<br />

68


• Santa Croce (Distretto industriale)<br />

Distretto industriale caratterizzato da una natura fortemente<br />

industriale con specializzazione produttiva nel settore della<br />

moda (concia delle pelli e del cuoio, calzature).<br />

Tale area presenta livelli occupazionali elevati ed una quota<br />

di giovani disoccupati nettamente inferiore alla media toscana.<br />

Non sorprende, quindi, <strong>il</strong> basso livello di istruzione, tipico di<br />

tutte le aree di piccola e media impresa dove la fac<strong>il</strong>ità nel trovare<br />

lavoro anche con livelli di istruzione medio-bassi tende a<br />

spiazzare la prosecuzione degli studi a vantaggio di un precoce<br />

ingresso nel mondo del lavoro (Bacci, 001).<br />

Il campione di lavoratori intervistati è ovviamente in linea<br />

con le caratteristiche che abbiamo appena delineato dell’area:<br />

ha un livello di istruzione significativamente più basso del totale<br />

(<strong>il</strong> 45% ha un titolo di studio basso contro <strong>il</strong> 34% del totale).<br />

Il settore di attività prevalente è quello dell’industria (40% contro<br />

<strong>il</strong> 5,5% del totale) (Graf. 5.13).<br />

Grafico 5.13. Settore di attività dei lavoratori intervistati. Santa Croce. Valori %<br />

Il distretto industriale di Santa Croce, che nell’indagine del<br />

004, insieme al sistema urbano fiorentino, era risultata una delle<br />

aree dove i tassi di transizione dalla flessib<strong>il</strong>ità verso modalità<br />

lavorative stab<strong>il</strong>i risultavano più elevati, a distanza di due anni<br />

risulta invece avere perso posizioni nelle opportunità di stab<strong>il</strong>izzazione<br />

offerte ai lavoratori, presumib<strong>il</strong>mente a causa della<br />

particolare fase di crisi attraversata dal sistema moda.<br />

La stab<strong>il</strong>ità del lavoro è stata raggiunta dal 51% degli intervistati<br />

(che rimane comunque una percentuale che è al di sopra<br />

della media campionaria, 48%), e, una quota in linea con la me-<br />

69


dia risulta ad <strong>oggi</strong> disoccupata (14%). Una percentuale più bassa<br />

rispetto alla media è rimasta flessib<strong>il</strong>e (1 % contro <strong>il</strong> 0%), ma<br />

un quota più elevata rispetto alla media campionaria è uscita<br />

dalle forze di lavoro ( 4% contro <strong>il</strong> 18%).<br />

Le opportunità di stab<strong>il</strong>izzazione della componente femmin<strong>il</strong>e<br />

sono notevolmente più basse di quelle masch<strong>il</strong>i, superiori<br />

però rispetto alla media campionaria (45,5% contro <strong>il</strong> 4 % del<br />

dato medio) (Graf. 5.14).<br />

Grafico 5.14. Condizione del 2004 per condizione al 2006 per sistemi locali. Santa Croce.<br />

Valori %<br />

• Follonica (Sistema turistico rurale)<br />

In questo sistema lo sv<strong>il</strong>uppo turistico ha assunto forme sfumate<br />

svolgendo anche una funzione di tipo residenziale basata<br />

sulle seconde case. La caratterizzazione turistica risulta evidente<br />

dall’importanza del settore terziario (in particolare commercio<br />

e pubblici esercizi).<br />

Tra i comparti produttivi non rientranti nella tipologia<br />

dei servizi una quota ingente è rappresentata dalle costruzioni,<br />

dall’industria chimica (in forte declino), e dal peso tuttora<br />

r<strong>il</strong>evante del settore agricolo. L’indice di occupazione si<br />

presenta al di sotto della media, mentre quello relativo alla<br />

disoccupazione giovan<strong>il</strong>e presenta valori elevati. In notevole<br />

crescita l’indice di istruzione che, comunque, si mantiene al<br />

di sotto della media regionale. Il mercato del lavoro locale si<br />

caratterizza inoltre per una quota leggermente superiore alla<br />

media di lavoro non regolare imputab<strong>il</strong>e principalmente alla<br />

consistenza del terziario turistico e dell’agricoltura, settori in<br />

cui, è noto, si riscontra solitamente un grado minore di regolarità<br />

(Bacci, 001).<br />

70


Il campione di lavoratori intervistati ha un livello di istruzione<br />

significativamente più basso del totale (<strong>il</strong> 45% ha un titolo di studio<br />

basso contro <strong>il</strong> 34% del dato medio). I settori di attività prevalenti<br />

sono i servizi alle persone ( 8%) e l’industria ( 8%). Superiore rispetto<br />

al dato medio la presenza nell’agricoltura (9% contro <strong>il</strong> 3%)<br />

e negli alberghi/ristoranti (11% contro l’8%) (Graf. 5.15).<br />

Grafico 5.15. Settore di attività dei lavoratori intervistati. Follonica. Valori %<br />

Dal punto di vista degli sbocchi occupazionali le probab<strong>il</strong>ità<br />

di stab<strong>il</strong>izzazione sono risultate inferiori alla media campionaria<br />

(<strong>il</strong> 40% contro <strong>il</strong> 48%) e una quota molto più elevata rispetto<br />

alla media è rimasta in una situazione di instab<strong>il</strong>ità (46% contro<br />

<strong>il</strong> 0%) (Graf. 5.16).<br />

Si registrano inoltre differenze significative tra la componente<br />

masch<strong>il</strong>e e quella femmin<strong>il</strong>e: solo <strong>il</strong> 37% delle donne si è stab<strong>il</strong>izzata<br />

contro <strong>il</strong> 6 ,5% degli uomini. Una quota significativamente<br />

più elevata di donne risulta disoccupata (19% contro <strong>il</strong> 15%) e una<br />

leggermente più alta rispetto alla media è risultata permanere nella<br />

flessib<strong>il</strong>ità ( % contro <strong>il</strong> 0%).<br />

Grafico 5.16. Condizione del 2004 per condizione al 2006 per sistemi locali. Follonica. Valori %<br />

71


• Rosignano (Sistema turistico)<br />

La forte vocazione turistica della zona è resa evidente dall’importanza<br />

del settore alberghi e ristoranti. È necessario però<br />

ricordare la tradizione industriale dell’area facendo riferimento<br />

al polo chimico degli stab<strong>il</strong>imenti Solvay, attorno ai quali è cresciuta<br />

e si è sv<strong>il</strong>uppata l’omonima frazione di rosignano Solvay.<br />

Il settore della chimica che, pur presentando un’importanza superiore<br />

a quella assunta nel complesso della regione sta subendo,<br />

ormai da tempo, un accentuato trend di ridimensionamento.<br />

Altri settori importanti dal punto di vista occupazionale sono<br />

<strong>il</strong> commercio al dettaglio e le costruzioni. L’indice di occupazione<br />

è inferiore a quello medio toscano, mentre quello relativo all’incidenza<br />

di giovani disoccupati è decisamente al di sopra della<br />

media. A ciò si accompagna un indice di istruzione leggermente<br />

inferiore al dato medio toscano. Come nel caso di Follonica,<br />

la significativa presenza del settore turistico e dell’agricoltura<br />

determinano una presenza significativa di lavoro non regolare<br />

(Bacci, 001).<br />

Il campione di lavoratori intervistati ha un livello di istruzione<br />

significativamente più basso del totale (<strong>il</strong> 45,9% ha un titolo<br />

basso contro <strong>il</strong> 34% del totale). Il settore di attività prevalente è<br />

quello dei servizi alle persone (30%), seguito dalle attività manifatturiere<br />

( 3%). Superiore rispetto alla media la presenza negli<br />

alberghi/ristoranti (15% contro l’8%) (Graf. 5.17).<br />

Sicuramente è <strong>il</strong> sistema in cui sono risultate più basse le<br />

possib<strong>il</strong>ità di stab<strong>il</strong>izzazione del lavoro: solo <strong>il</strong> 9,5% degli intervistati<br />

ha avuto un esito occupazionale positivo (contro <strong>il</strong> 48%<br />

del dato medio). Più alte rispetto alla media campionaria anche<br />

le quote di coloro che sono rimasti intrappolati nella flessib<strong>il</strong>ità<br />

( 4% contro <strong>il</strong> 0%) e di quanti sono usciti dal mercato del lavoro<br />

(31% contro <strong>il</strong> 18%).<br />

Solo <strong>il</strong> 6% delle donne si è stab<strong>il</strong>izzata contro <strong>il</strong> 4 % degli<br />

uomini. Inoltre, tra le donne si registra la quota in assoluto più<br />

elevata di uscite dalle forze di lavoro come casalinghe ( 5% contro<br />

<strong>il</strong> 14% del dato medio) (Graf. 5.18). Nei mercati più deboli,<br />

coerentemente con quanto avviene a scale territoriali più ampie,<br />

è soprattutto la componente femmin<strong>il</strong>e ad apparire svantaggiata<br />

e questo comporta un effetto scoraggiamento anche nella ricerca<br />

del lavoro. Mentre infatti la quota di disoccupate è risultata in<br />

linea con la media campionaria (15%), si registra in assoluto la<br />

quota più elevata di casalinghe ( 5% contro <strong>il</strong> 14% della media<br />

campionaria).<br />

7


Grafico 5.17. Settore di attività dei lavoratori intervistati. Rosignano Marittimo. Valori %<br />

Grafico 5.18. Condizione del 2004 per condizione al 2006 per sistemi locali. Rosignano Marittimo.<br />

Valori %<br />

5.4. Le sequenze occupazionali<br />

L’osservazione longitudinale dei percorsi tra occupazioni<br />

garantite e non garantite è necessaria per la ricostruzione delle<br />

traiettorie e gli esiti delle forme di impiego non standard in<br />

quanto è stato mostrato che carriere lavorative discontinue, interrotte<br />

e instab<strong>il</strong>i possono costituire un fattore di penalizzazione<br />

che accresce la probab<strong>il</strong>ità di restare intrappolati in un circuito<br />

di successive occupazioni non standard (Barb<strong>ieri</strong>, Fullin,<br />

reyneri, 005).<br />

Ma vediamo di capire meglio quali sono stati i percorsi delle<br />

intervistate e degli intervistati tra <strong>il</strong> 000, <strong>il</strong> 004 e <strong>il</strong> 006. Tra<br />

coloro che al 000 risultavano avere avuto un rapporto lavorativo<br />

non standard e al 004 risultavano essere caduti in uno stato<br />

di disoccupazione oltre la metà (51%) risulta ancora disoccupato;<br />

<strong>il</strong> 19% è tornato ad essere occupato di nuovo con modalità<br />

flessib<strong>il</strong>i; <strong>il</strong> 19% è occupato in modo stab<strong>il</strong>e e l’11% è uscito dalle<br />

73


forze di lavoro (<strong>il</strong> 7% come casalinga e <strong>il</strong> 4% come studente)<br />

(Graf. 5.19).<br />

Grafico 5.19. Flessib<strong>il</strong>i al 2000 disoccupati 2004 per condizione attuale. Totale.<br />

Valori %<br />

L’analisi di genere conferma la minore probab<strong>il</strong>ità da parte<br />

della componente femmin<strong>il</strong>e di permanere nella disoccupazione<br />

(<strong>il</strong> 53% è ancora disoccupata contro <strong>il</strong> 49% dei maschi) e le maggiori<br />

probab<strong>il</strong>ità di uscita dal mercato del lavoro (<strong>il</strong> 10% è casalinga).<br />

Questo comporta, ovviamente, minori probab<strong>il</strong>ità (Graf.<br />

5. 0) di stab<strong>il</strong>izzazione nel mercato del lavoro: sono occupate in<br />

modo stab<strong>il</strong>e <strong>il</strong> 15% delle donne contro <strong>il</strong> 4% dei maschi.<br />

Grafico 5.20. Flessib<strong>il</strong>i al 2000 disoccupati 2004 per condizione attuale e genere. Valori %<br />

vediamo invece gli esiti di chi, flessib<strong>il</strong>e al 000, risultava essere<br />

nella stessa condizione al 0 04: <strong>il</strong> 46% è ancora flessib<strong>il</strong>e; <strong>il</strong><br />

4 % è occupato in modo stab<strong>il</strong>e; <strong>il</strong> 9% è in cerca di occupazione<br />

e <strong>il</strong> rimanente è uscito dalle forze di lavoro (Graf. 5. 1).<br />

74


Grafico 5.21. Flessib<strong>il</strong>i al 2000 e 2004 per condizione attuale. Totale. Valori %<br />

Anche in questo tipo di percorso si conferma un’evidente<br />

svantaggio da parte della componente femmin<strong>il</strong>e che risulta essersi<br />

stab<strong>il</strong>izzata solo nel 38% dei casi (contro <strong>il</strong> 50% di quella<br />

masch<strong>il</strong>e) (Graf. 5. ).<br />

Grafico 5.22. Flessib<strong>il</strong>i al 2000 e 2004 per condizione attuale e genere. Valori %<br />

Tra coloro che invece al 004 risultavano avere raggiunto<br />

condizioni lavorative dipendenti e stab<strong>il</strong>i la stragrande maggioranza,<br />

sia della componente masch<strong>il</strong>e che di quella femmin<strong>il</strong>e è<br />

rimasta in tale condizione (88) (Graf. 5. 3).<br />

75


Grafico 5.23. Flessib<strong>il</strong>i al 2000, indeterminati al 2004 per condizione attuale e genere. Valori %<br />

Anche tra coloro che hanno intrapreso un percorso lavorativo<br />

di tipo autonomo si r<strong>il</strong>eva una quota maggioritaria di quanti<br />

al 006 sono risultati permanere nella stessa condizione lavorativa,<br />

soprattutto tra la componente masch<strong>il</strong>e (79% contro <strong>il</strong> 64%<br />

delle donne) (Graf. 5. 4).<br />

Grafico 5.24. Flessib<strong>il</strong>i al 2000, autonomi al 2004 per condizione attuale e genere. Valori %<br />

Gli ultimi due gruppi sono invece rappresentati da coloro che<br />

nel 004 risultavano essere inoccupati come studenti o come casalinghe<br />

13 . Per queste ultime l’avviamento al 000 con una tipologia<br />

contrattuale instab<strong>il</strong>e ha rappresentato un momento di incontro<br />

con <strong>il</strong> mercato del lavoro che nella stragrande maggioranza dei<br />

casi si è interrotto (l’80% al 006 è ancora in tale condizione) presumib<strong>il</strong>mente<br />

per mancanza di opportunità e/o per l’impossib<strong>il</strong>ità<br />

di conc<strong>il</strong>iare i tempi di lavoro con quelli di cura (Graf. 5. 5).<br />

13 Per ovvi motivi dall’analisi che presentiamo sono esclusi coloro che al 006<br />

risultavano ritirati dal lavoro.<br />

76


Grafico 5.25. Flessib<strong>il</strong>i al 2000, casalinghe al 2004 per condizione attuale. Valori %<br />

Nel caso degli studenti, invece, la flessib<strong>il</strong>ità ha consentito,<br />

nella gran parte dei casi di conc<strong>il</strong>iare gli studi con esperienze<br />

lavorative come evidenziato dalla maggior parte di coloro che al<br />

006 risultano ancora nella stessa condizione (59% dei maschi e<br />

7 % delle femmine) (Graf. 5. 6).<br />

Grafico 5.26. Flessib<strong>il</strong>i al 2000 studenti al 2004 per condizione attuale e per genere<br />

5.5. Riflessioni finali<br />

La fine del posto fisso è un evento epocale che comporta<br />

traiettorie più discontinue che, in alcuni casi, portano ad una<br />

stab<strong>il</strong>izzazione nel mercato del lavoro (con un lavoro autonomo<br />

o a tempo indeterminato), mentre in altri hanno come esito un<br />

intrappolamento nella precarietà.<br />

L’indagine, da questo punto di vista non sembra fornire un<br />

quadro tranqu<strong>il</strong>lizzante: a distanza di 6 anni da un avviamento<br />

al lavoro con tipologia contrattuale instab<strong>il</strong>e le trasformazioni in<br />

lavoro stab<strong>il</strong>i riguardano meno della metà del campione (48%).<br />

Siamo infatti di fronte ad una discreta persistenza di lavoratori<br />

77


non stab<strong>il</strong>i ( 0%), ad una riduzione dei passaggi al lavoro garantito<br />

(un incremento medio annuo di 3,5 punti nell’ultimo biennio<br />

contro gli oltre 10 punti medi annui dei quattro anni precedenti),<br />

e ad una crescita delle uscite verso la disoccupazione (dall’11%<br />

al 14%) che sembrano denunciare un aumento di coloro che non<br />

riescono a transitare da un lavoro a termine verso un impiego<br />

sicuro.<br />

Nel biennio i più stab<strong>il</strong>i sono risultati i lavoratori dipendenti<br />

con contratto a tempo indeterminato (circa 90 su 100 sono<br />

rimasti nella stessa posizione); seguiti dai lavoratori autonomi<br />

(73 su 100). Molto diversi gli esiti dei lavoratori dipendenti con<br />

tipologia contrattuali a termine che solo nel 4 % dei casi hanno<br />

avuto come esito una stab<strong>il</strong>izzazione nel mercato del lavoro<br />

(37% a tempo indeterminato e 5% autonomo). Ancor più problematiche<br />

le traiettorie di coloro che, a distanza di due anni da un<br />

avviamento al lavoro con tipologia contrattuale instab<strong>il</strong>e, sono<br />

caduti in uno stato di disoccupazione; a distanza di ulteriori due<br />

anni oltre la metà (51%) risulta ancora in cerca di occupazione.<br />

Il quadro viene ulteriormente aggravato dal fatto che, rispetto<br />

all’indagine precedente, diminuisce <strong>il</strong> già basso numero di<br />

coloro che hanno scelto la flessib<strong>il</strong>ità lavorativa e cresce la quota<br />

di coloro che vivono la flessib<strong>il</strong>ità come un’esperienza subita<br />

perché costretti dalle logiche del mercato.<br />

Sembrerebbe dunque che i percorsi di stab<strong>il</strong>izzazione<br />

subiscano una battuta d’arresto, trascorsi periodi di permanenza<br />

troppo lunghi in tale stato, come parrebbe confermato<br />

anche dalla crescita di sequenze occupazionali di tipo “job<br />

carousel”, caratterizzate dal susseguirsi di diverse esperienze<br />

di lavoro e non lavoro (Barb<strong>ieri</strong>, Fullin, reyneri, 005),<br />

che hanno un’elevata probab<strong>il</strong>ità di avere come esito un “intrappolamento”<br />

in carriere lavorative discontinue, interrotte<br />

e instab<strong>il</strong>i.<br />

Quali gli esiti per le persone coinvolte in traiettorie di questo<br />

tipo?<br />

L’indagine che presentiamo ha mostrato che i tassi di trasformazione<br />

sono molto diversi a seconda delle caratteristiche degli<br />

individui e della tipologia di attività svolta. Le donne, i “non più<br />

giovani”, coloro che hanno una bassa scolarizzazione, che vive<br />

in sistemi produttivi “deboli”, risulta infatti complessivamente<br />

avere intrapreso percorsi più precari, caratterizzati da ingressi e<br />

uscite, nel mercato del lavoro.<br />

Sembra dunque evidente che l’indagine non conforti la tesi<br />

secondo cui i lavori atipici abbiano un effetto trampolino verso<br />

78


<strong>il</strong> lavoro sicuro, soprattutto nei casi in cui si prolunghi oltre un<br />

certo limite la durata e/o la sequenza di impieghi instab<strong>il</strong>i nel<br />

proprio percorso 14 .<br />

Passare da un impiego all’altro non risulta un’operazione<br />

priva di costi per tutti, basti pensare alla discontinuità delle carriere<br />

e alla bassa copertura previdenziale che sicuramente segnalano<br />

la necessità di dare al welfare un prof<strong>il</strong>o maggiormente<br />

a misura delle nuove tipologie lavorative.<br />

È forse questo <strong>il</strong> punto su cui dobbiamo ulteriormente riflettere,<br />

cercando di immaginare un sistema di welfare universalistico<br />

in cui chi intraprende un percorso di flessib<strong>il</strong>ità possa<br />

essere coperto da efficaci meccanismi di protezione dai rischi,<br />

per far sì che <strong>il</strong> lavoratore involontariamente temporaneo non<br />

debba soltanto accollarsi rischi, costi e persino penalità, come<br />

mostrano stipendi percepiti mediamente più bassi dei lavoratori<br />

maggiormente tutelati 15 .<br />

14 Anche l’indagine l’Indagine longitudinale sulle famiglie italiane (Ilfi) mostra<br />

che se si entra nel mercato del lavoro con una sequenza di impieghi atipici<br />

diventa forte <strong>il</strong> rischio di intrappolamento in posti poco qualificati e a basso<br />

salario.<br />

15 Tra le varie proposte nel suo ultimo volume Accornero ben sintetizza alcune<br />

fra le principali tutele che dovrebbero essere previste per i lavoratori instab<strong>il</strong>i.<br />

“A chi ha reiterato più impieghi temporanei nella medesima impresa si possono<br />

accordare contribuzioni “figurative” per la pensione e un diritto di seniority<br />

nelle assunzioni stab<strong>il</strong>i. Si possono inoltre fissare – come in altri Paesi – dei<br />

limiti alle reiterazioni del contratto. Si può garantire una piena esigib<strong>il</strong>ità delle<br />

anzianità lavorative e delle credenziali assicurative maturate, anche ai fini<br />

della “totalizzazione” dei contributi recentemente approvati. Si possono prevedere<br />

un fondo per <strong>il</strong> mutuo casa a copertura delle garanzie bancarie, e dei<br />

contributi per l’affitto di un’abitazione. Si possono uniformare le aliquote contributive<br />

per tutti i rapporti di lavoro, come base materiale di una eguaglianza<br />

delle opportunità previdenziali. Si può predisporre una copertura finanziaria<br />

obbligatoria al di là delle singola durata contrattuale, per un’attività formativa<br />

che aiuti lo sv<strong>il</strong>uppo professionale e <strong>il</strong> riconoscimento delle competenze” (Accornero,<br />

006a).<br />

79


6.<br />

Le condizioni di lavoro:<br />

lavoratori stab<strong>il</strong>i e flessib<strong>il</strong>i<br />

a confronto<br />

6.1. Condizioni, tutele e prospettive contrattuali<br />

In questa sezione del rapporto ci occuperemo delle condizioni<br />

di lavoro degli occupati definiti “non standard” (occupati<br />

con un contratto diverso da quello a tempo indeterminato), e<br />

in particolare delle opinioni espresse quanto alle forme contrattuali,<br />

le tutele, gli orari e i contenuti del lavoro, confrontandole<br />

con i giudizi resi dai lavoratori occupati a tempo indeterminato<br />

e dagli occupati “autonomi” 16 .<br />

Oltre all’indagine <strong>il</strong> più possib<strong>il</strong>e sistematica delle condizioni<br />

oggettive dell’attuale impiego, e delle rappresentazioni sociali<br />

del lavoro che ne derivano, vi sono almeno due interrogativi cui<br />

preme tentare di dare una risposta. Il primo è se esista un trade-off<br />

tra flessib<strong>il</strong>ità del lavoro e qualità delle sue condizioni. Il<br />

secondo, speculare rispetto al precedente, è se i lavoratori un<br />

tempo flessib<strong>il</strong>i che hanno guadagnato la condizione di lavoratori<br />

stab<strong>il</strong>i abbiano effettivamente riscontrato un miglioramento<br />

nel lavoro, o se al contrario <strong>il</strong> raggiungimento del posto a tempo<br />

indeterminato abbia prefigurato <strong>il</strong> sacrificio di taluni aspetti,<br />

sulla cui r<strong>il</strong>evanza sembra convergere sempre più l’universo dei<br />

lavoratori, come per esempio la richiesta di un’occupazione con<br />

maggiori gradi di autonomia e possib<strong>il</strong>ità di autorealizzazione.<br />

Il perseguimento di queste aspirazioni o valori, d’altronde,<br />

non esclude che i lavoratori forniscano un giudizio nettamente<br />

negativo circa quella dimensione della flessib<strong>il</strong>ità che è quasi<br />

unanimemente considerata la meno soddisfacente: la “precarietà”.<br />

Così se, in questo paragrafo come nei seguenti, si r<strong>il</strong>eva<br />

tra gli intervistati con contratti temporanei una soddisfazione<br />

16 I lavoratori definiti “autonomi” sono costituiti per più dell’80% da liberi professionisti<br />

(in maggioranza donne) e lavoratori in proprio (prevalenti gli uomini),<br />

oltre che da imprenditori (14%) e, in numero estremamente esiguo, da<br />

coadiuvanti fam<strong>il</strong>iari ( %).<br />

81


elativa per alcuni aspetti connessi all’employment (possib<strong>il</strong>ità<br />

di autorealizzazione e di apprendimento, autonomia), passando<br />

ad un’ottica di life-cycle ut<strong>il</strong>ity, di traiettorie di vita, si manifestano<br />

invece i “costi umani” degli itinerari discontinui sperimentati<br />

sul lavoro, anzi tra i lavori: la percezione dell’insicurezza dell’attuale<br />

occupazione tende a vanificare la pur presente positività<br />

dei contenuti del lavoro, e come fanno notare anche i curatori<br />

dell’indagine Il lavoro che cambia, si fa stridente <strong>il</strong> contrasto tra<br />

“contenuti del lavoro che migliorano e tutele che peggiorano”<br />

(Carr<strong>ieri</strong>, Damiano, Ugolini, 005).<br />

Gli intervistati presenti nel campione con contratti instab<strong>il</strong>i<br />

sono 143, pari al 3% del totale 17 . Entrando più nel dettaglio delle<br />

forme contrattuali, si tratta di una maggioranza di individui<br />

assunti con un contratto a tempo determinato (68% del totale<br />

dei lavoratori “non standard”), di una minoranza che dispone di<br />

altre tipologie contrattuali di durata temporanea quali apprendistato,<br />

lavoro interinale, contratto stagionale e formazione-lavoro<br />

(<strong>il</strong> 10,5%), e di circa un quinto del totale che ha un contratto<br />

come co.co.co. o di collaborazione a progetto 18 .<br />

La disaggregazione per genere vede la prevalenza numerica<br />

delle donne (68% del campione), confermando come occasioni<br />

di lavoro instab<strong>il</strong>e siano più frequenti per <strong>il</strong> genere femmin<strong>il</strong>e<br />

che masch<strong>il</strong>e (Tab. 6.1).<br />

tabella 6.1. Lavoratori non standard: intervistati per tipologia contrattuale e genere.<br />

Valori assoluti e valori %<br />

tipologia<br />

contrattuale<br />

Valori assoluti Valori %<br />

maschi Femmine tOtALe maschi Femmine tOtALe<br />

Dipendente a tempo<br />

determinato<br />

30 67 97 66,7 68,4 67,8<br />

Collab. coord. e<br />

cont./collab. a progetto<br />

9 31 0,0 ,4 1,7<br />

Altri contratti dip.<br />

a termine (a)<br />

6 9 15 13,3 9,1 10,5<br />

TOTALE 45 98 143 100,0 100,0 100,0<br />

(a) Altri contratti dip. a termine: comprendono interinali, contratti di formazione-lavoro,<br />

di apprendistato e stagionali<br />

17 rimangono esclusi dalle elaborazioni qui presentate i lavoratori occasionali,<br />

comunque numericamente irr<strong>il</strong>evanti nel campione.<br />

18 Nel caso di più contratti si è fatto riferimento a quello principale (in particolare<br />

per i collaboratori).<br />

8


Il 43% dei lavoratori non standard è inserito nei servizi, <strong>il</strong><br />

16% nell’industria e nelle costruzioni, <strong>il</strong> 15% nei servizi alle imprese.<br />

Seguono alberghi e ristorazione (10%), commercio (9%),<br />

agricoltura (6%) e altri settori (1%).<br />

rispetto al totale del campione, i flessib<strong>il</strong>i risultano sottorappresentati<br />

nell’ambito del commercio e delle attività manifatturiere,<br />

e al contrario sovrarappresentati nel settore dei servizi alle<br />

persone (Tab. 6. ).<br />

tabella 6.2. Lavoratori non standard: intervistati per tipologia contrattuale e settore d’impiego.<br />

Valori %<br />

Agricoltura Attività<br />

manifatturiere e<br />

costruzioni<br />

Commercio Alberghi e<br />

ristoranti<br />

83<br />

servizi alle<br />

aziende<br />

servizi alle<br />

persone<br />

Altro tOtALe<br />

Valori assoluti<br />

Tempo Indeterminato 6 115 67 33 57 110 14 40<br />

Flessib<strong>il</strong>i 8 3 13 14 6 1 143<br />

Autonomi 7 16 10 4 13 7 59<br />

TOTALE 1 154 90 51 9 179 17 604<br />

Valori %<br />

Tempo Indeterminato 1,5 8,6 16,7 8, 14, 7,4 3,5 100,0<br />

Flessib<strong>il</strong>i 5,6 16,1 9,1 9,8 15,4 43,4 0,7 100,0<br />

Autonomi 11,9 7,1 16,9 6,8 ,0 11,9 3,4 100,0<br />

TOTALE 3,5 5,5 14,9 8,4 15, 9,6 ,8 100,0<br />

Secondo la mansione, i flessib<strong>il</strong>i sono leggermente sovrarappresentati<br />

nelle professioni medio-alte (7% contro <strong>il</strong> 4% degli<br />

indeterminati) e in quelle impiegatizie (4 % contro <strong>il</strong> 37%).<br />

Di conseguenza, la loro presenza tra gli operai, specializzati o<br />

meno, è inferiore rispetto a quella dei lavoratori standard (35%<br />

contro <strong>il</strong> 44%) (Graf. 6.1).<br />

Grafico 6.1. Lavoratori non standard: intervistati per tipologia contrattuale e mansione<br />

professionale. Valori %


Solo per <strong>il</strong> 18% degli instab<strong>il</strong>i la flessib<strong>il</strong>ità del lavoro è stata<br />

scelta (cfr. § 5.1), mentre nella stragrande maggioranza è subita<br />

(8 %), in particolare per le donne (+8% rispetto agli uomini) 19 .<br />

D’altronde, come testimoniato dalla letteratura in materia, la<br />

condizione di atipico 0 nella gran parte dei casi è tale solo per la<br />

diversa forma contrattuale, dal momento che sono la netta maggioranza<br />

coloro che lavorano per un unico committente in maniera<br />

pressoché continuativa, presso la sede di questo e in orari e<br />

con mansioni ordinarie, dunque con un prof<strong>il</strong>o lavorativo sostanzialmente<br />

assim<strong>il</strong>ab<strong>il</strong>e a quello di un dipendente subordinato.<br />

La flessib<strong>il</strong>ità è subita soprattutto dai lavoratori che lavorano<br />

per soggetti pubblici, dove la quota di coloro che “non hanno<br />

avuto altra scelta” raggiunge <strong>il</strong> 96%. Nel settore privato e nel<br />

terzo settore questi sono rispettivamente <strong>il</strong> 75% e <strong>il</strong> 67% degli<br />

intervistati, perciò, pur rimanendo largamente maggioritaria la<br />

quota di quanti hanno “subito” la flessib<strong>il</strong>ità, questa è significativamente<br />

inferiore a quella del settore pubblico.<br />

• La durata del contratto<br />

La prima informazione attinente alle condizioni oggettive del<br />

lavoro che interessa esplorare è la durata del contratto in essere.<br />

Escluse tipologie di brevissima durata, vale a dire inferiori a un<br />

mese (che sono in numero irr<strong>il</strong>evante e riguardano “missioni” di<br />

lavoratori interinali), <strong>il</strong> 39% degli intervistati dichiara di avere<br />

contratti di durata annuale e <strong>il</strong> 33% afferma di avere stipulato<br />

contratti di durata compresa tra i 4 e gli 11 mesi. Per <strong>il</strong> 13% i<br />

contratti non superano i 3 mesi. Contratti di durata superiore<br />

all’anno riguardano solo <strong>il</strong> 1 % del totale.<br />

Mentre la distinzione tra contratti da dipendente a termine<br />

e collaboratori non fa emergere significative differenze quanto<br />

alla durata 1 , è piuttosto la disaggregazione per genere (oltre che<br />

per settore di impiego) a mostrare differenze anche molto mar-<br />

19 Sebbene con risultati meno polarizzati, questo scenario è confermato anche<br />

da una recente ricerca su scala nazionale dell’Isfol ( 004): in questa la percentuale<br />

di quanti affermano di lavorare con un’occupazione temporanea “per<br />

mancanza di alternative”, infatti, è di poco oltre la metà.<br />

0 Si usa questa espressione nella sua accezione ristretta, dal momento che l’universo<br />

degli atipici è ben più ampio di quello dei lavori “instab<strong>il</strong>i”, o “flessib<strong>il</strong>i”<br />

(ISTAT, 005).<br />

1 Fatta salva una leggera tendenza a durate maggiori per i collaboratori, in parte<br />

attribuib<strong>il</strong>e alla presenza di lavoratori stagionali e interinali nel gruppo dei<br />

“dipendenti con contratti a termine”.<br />

84


cate. Le donne hanno in genere contratti più brevi, e soprattutto<br />

risultano da un lato nettamente sottorappresentate nei contratti<br />

di durata superiore ai 1 mesi (sono in questa situazione <strong>il</strong> %<br />

dei maschi e <strong>il</strong> 7% delle donne), e dall’altro sovrarappresentate<br />

nei contratti di durata fino a 3 mesi (16% contro <strong>il</strong> 9%) (Tab.<br />

6.3).<br />

tabella 6.3. Lavoratori non standard: durata del contratto in mesi per genere. Valori %<br />

durata maschi Femmine tOtALe<br />

Fino a 3 mesi 8,7 15,5 13,3<br />

Tra 4 e 11 mesi 6,1 37,1 33,6<br />

1 mesi 39,1 39, 39,<br />

Oltre 1 1,7 7, 11,9<br />

Non risponde 4,3 1,0 ,1<br />

TOTALE 100,0 100,0 100,0<br />

Guardando alla durata per settore (Tab. 6.4), si nota che:<br />

– nell’industria e nelle costruzioni sono relativamente di più i<br />

contratti di durata molto breve, ma anche e soprattutto quelli<br />

di durata superiore all’anno, <strong>il</strong> doppio della media generale.<br />

Si conferma così da un lato la tendenza all’uso di figure<br />

esterne all’azienda per sostituzioni, picchi produttivi, o per<br />

lo svolgimento di alcune fasi del lavoro presumib<strong>il</strong>mente a<br />

minore qualificazione; e dall’altro la disponib<strong>il</strong>ità a stab<strong>il</strong>izzare<br />

più di quanto non accada in altri settori la forza-lavoro<br />

alle proprie dipendenze, evidentemente considerata strutturalmente<br />

necessaria anche nel lungo periodo;<br />

– analoga tendenza, ma ancor più polarizzata, si riscontra nel<br />

commercio: sono di più della media sia i contratti brevi che<br />

quelli di durata maggiore (oltre l’anno);<br />

– nella ristorazione e nelle strutture alberghiere, al contrario,<br />

prevale di gran lunga la stagionalità delle occupazioni, e solo<br />

una minoranza oltrepassa gli 11 mesi di durata. Anche in<br />

agricoltura la maggior parte degli occupati non possiede un<br />

contratto superiore agli 11 mesi di contratto, e in nessun<br />

caso la durata è superiore ad un anno;<br />

– <strong>il</strong> contratto di durata annuale è prevalente nel caso delle<br />

aziende che offrono servizi alle imprese; è sim<strong>il</strong>e anche <strong>il</strong> risultato<br />

del settore dei servizi alla persona, salvo che per i<br />

contratti di durata superiore all’anno, che è di poco inferiore<br />

alla media.<br />

85


tabella 6.4. Lavoratori non standard: durata del contratto in mesi per settore. Valori %<br />

Agricoltura Attività<br />

manifatturiere e<br />

costruzioni<br />

Commercio Alberghi e<br />

ristoranti<br />

86<br />

servizi alle<br />

aziende<br />

servizi alle<br />

persone<br />

tOtALe<br />

Fino a 3 mesi 1 ,5 17,4 3,1 8,6 13,6 6,5 13,3<br />

Tra 4 e 11 mesi 6 ,5 30,4 3,1 4 ,9 18, 35,5 33,6<br />

1 mesi 5,0 6,1 30,8 8,6 50,0 46,8 39,<br />

Oltre 1 0,0 1,7 3,1 0,0 13,6 9,7 11,9<br />

Non risponde 0,0 4,3 0,0 0,0 4,5 1,6 ,1<br />

TOTALE 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0<br />

Si è anche proceduto a elaborare l’informazione sulla durata<br />

del contratto secondo la collocazione pubblica, privata o no-profit<br />

dell’occupazione: i risultati mostrano la maggiore propensione<br />

degli enti pubblici o parapubblici a stipulare contratti di durata<br />

tendenzialmente maggiore (<strong>il</strong> 57% supera gli 11 mesi, 49%<br />

<strong>il</strong> dato del settore privato), e contemporaneamente a contenere<br />

<strong>il</strong> ricorso a contratti di breve durata (10% contro <strong>il</strong> 17%). Nel settore<br />

privato, sono però leggermente più frequenti gli accordi di<br />

durata superiore all’anno (13% i privati, 10% in organizzazioni<br />

pubbliche).<br />

Nel terzo settore si assume con contratti non particolarmente<br />

brevi: sono assenti gli incarichi di durata inferiore ai 3 mesi;<br />

nel 50% dei casi i contratti risultano di durata media; nel 30%<br />

raggiungono i 1 mesi; infine per <strong>il</strong> 10% dei lavoratori di questo<br />

settore si supera la durata annuale. La distinzione tra contratto<br />

a termine e collaborazione non fa emergere significative differenze<br />

(Tab. 6.5).<br />

tabella 6.5. Lavoratori non standard: durata del contratto in mesi per soggetto pubblico/privato/no<br />

profit. Valori %<br />

durata soggetto pubblico soggetto privato terzo settore tOtALe<br />

Fino a 3 mesi 9,8 17,1 0,0 13,3<br />

Tra 4 e 11 mesi 31,4 3 ,9 50,0 33,6<br />

1 mesi 47,1 35,4 30,0 39,<br />

Oltre 1 9,8 13,4 10,0 11,9<br />

Non risponde ,0 1, 10,0 ,1<br />

TOTALE 100,0 100,0 100,0 100,0<br />

Ad una durata come si è visto tendenzialmente breve (annuale<br />

o addirittura inferiore), si associa un certo numero di con-


tratti stipulati in successione con la stessa azienda: per <strong>il</strong> 9%, i<br />

contratti accumulati con l’attuale committente sono più di tre,<br />

e alcuni collaboratori denunciano anche 9-10 contratti. Il 35%<br />

degli intervistati con assunzioni non standard risponde di avere<br />

avuto -3 contratti con l’attuale committente, e un altro 35%<br />

afferma di avere stipulato solo <strong>il</strong> contratto in essere.<br />

L’analisi per genere mostra ancora una volta lo svantaggio<br />

relativo delle donne, che sono molto più presenti dei colleghi di<br />

sesso masch<strong>il</strong>e tra coloro che indicano di avere avuto più di 3<br />

contratti con la stessa azienda ( % degli uomini contro <strong>il</strong> 3 %<br />

delle donne) (Tab. 6.6).<br />

tabella 6.6. Lavoratori non standard: numero di contratti avuti complessivamente con<br />

l’attuale committente (compreso quello in corso) per genere. Valori %<br />

Numero contratti maschi Femmine tOtALe<br />

1 39,1 34,0 35,7<br />

-3 37,0 34,0 35,0<br />

Oltre 3 1,7 3 ,0 8,7<br />

Non risponde , 0,0 0,7<br />

TOTALE 100,0 100,0 100,0<br />

La disaggregazione per settore pubblico/privato (e no-profit)<br />

fa r<strong>il</strong>evare la propensione del settore pubblico nel procedere a<br />

diversi rinnovi consecutivi. Mentre nel privato <strong>il</strong> 41% dei lavoratori<br />

flessib<strong>il</strong>i sono al primo contratto con l’attuale committente,<br />

o al massimo hanno avuto -3 rinnovi (4 %) e solo una minoranza<br />

fa r<strong>il</strong>evare un numero di contratti superiore a tre (11%),<br />

nel pubblico la situazione è rovesciata. La maggioranza assoluta<br />

degli intervistati afferma infatti di avere avuto più di tre incarichi<br />

con <strong>il</strong> medesimo committente (53%); nel 9% dei casi si<br />

tratta invece della prima esperienza lavorativa con lo stesso e<br />

per <strong>il</strong> 18% gli incarichi sono stati -3 (Tab. 6.7).<br />

tabella 6.7. Lavoratori non standard: numero di contratti avuti complessivamente con<br />

l’attuale committente (compreso quello in corso), per soggetto pubblico/privato/no profit.<br />

Valori %<br />

Numero contratti soggetto pubblico soggetto privato terzo settore tOtALe<br />

1 9,4 41,0 , 35,7<br />

-3 17,6 4 , 66,7 35,0<br />

Oltre 3 5 ,9 15,7 11,1 8,7<br />

Non risponde 0,0 1, 0,0 0,7<br />

TOTALE 100,0 100,0 100,0 100,0<br />

87


Nel terzo settore, infine, la maggior parte dei lavoratori ha ricevuto<br />

-3 incarichi dall’attuale committente, e gli occupati che<br />

hanno stipulato più di tre contratti risultano essere solo l’11%.<br />

Neanche in questo caso l’essere titolare di un contratto di<br />

collaborazione, anziché di un contratto a tempo determinato,<br />

cambia in maniera significativa <strong>il</strong> numero di incarichi sottoscritti<br />

col medesimo committente.<br />

• Le prospettive occupazionali<br />

Essere destinatari di un certo numero di contratti rinnovati<br />

senza soluzione di continuità può essere un costo ritenuto accettab<strong>il</strong>e<br />

nel caso vi sia, tra gli altri incentivi, la prospettiva di<br />

una stab<strong>il</strong>izzazione. Ma, a questo proposito, la percezione che<br />

gli intervistati hanno circa le loro prospettive occupazionali future<br />

non è risultata ottimistica; chiesto loro cosa prevedib<strong>il</strong>mente<br />

succederà alla scadenza dell’attuale contratto, solo <strong>il</strong> 13% ha<br />

risposto che sarà assunto a tempo indeterminato .<br />

Significativamente, questa risposta è stata fornita dal %<br />

degli uomini e solo dall’8% delle donne. Ben <strong>il</strong> 57%, invece,<br />

conta di veder rinnovato l’attuale contratto, nella medesima<br />

forma oppure con variazioni non sostanziali. Il 15% prevede<br />

la fine del rapporto di lavoro (anche in questo caso sono forti<br />

le differenze di genere: 19% delle donne contro <strong>il</strong> 9% degli uomini).<br />

L’8% dichiara la massima incertezza del proprio futuro<br />

(“non so/non ho idea”) e solo <strong>il</strong> % cambierà lavoro per scelta<br />

propria (Tab. 6.8).<br />

Gli intervistati si dimostrano del resto buoni profeti: come mostra un’indagine<br />

del Cnel ( 004), nell’arco del triennio 1998- 001 (dunque un periodo più favorevole<br />

alla conversione dei contratti dei lavoratori flessib<strong>il</strong>i in impieghi stab<strong>il</strong>i,<br />

anche grazie agli incentivi presenti in Finanziaria 001), la sorte degli occupati<br />

a tempo determinato è quantomeno contrastata, coincidendo in circa la metà<br />

dei casi in itinerari lavorativi ascendenti (soprattutto al Nord), nella permanenza<br />

nella condizione di instab<strong>il</strong>ità per un quarto del campione, nell’uscita dal mercato<br />

del lavoro di circa 1 lavoratore su 10, nel passaggio al lavoro autonomo del 4%<br />

degli occupati fixed terms, infine nel passaggio a lavori in nero nel 5% del totale.<br />

88


tabella 6.8. Lavoratori non standard: “Cosa pensa che le sarà proposto allo scadere del<br />

contratto?” per genere. Valori %<br />

89<br />

maschi Femmine tOtALe<br />

So già che non mi rinnoveranno <strong>il</strong> contratto 8,7 18,6 15,4<br />

Mi sarà rinnovato <strong>il</strong> contratto attuale 3 ,6 45,4 41,3<br />

Sarò assunto a tempo indeterminato 1,7 8, 1 ,6<br />

Per scelta cambierò lavoro , ,1 ,1<br />

Avrò un nuovo contratto ma sempre a termine 17,4 15,5 16,1<br />

Altro 6,5 3,1 4,<br />

Non so/Non ho idea 10,9 7, 8,4<br />

TOTALE 100,0 100,0 100,0<br />

Complessivamente <strong>il</strong> 75% degli intervistati, con una leggera<br />

prevalenza delle donne, afferma che nei prossimi 1 mesi svolgerà<br />

molto probab<strong>il</strong>mente ancora lavori con contratti non stab<strong>il</strong>i.<br />

Il 13% ritiene invece che potrà essere assunto con un tempo<br />

indeterminato, e l’11% non riesce a formulare nessuna previsione<br />

(Tab. 6.9).<br />

tabella 6.9. Lavoratori non standard: “pensando ai prossimi 12 mesi, lei prevede di poter<br />

svolgere un’attività lavorativa...” per genere. Valori %<br />

maschi Femmine tOtALe<br />

Sì, sempre con contratti non stab<strong>il</strong>i 71,7 76,3 74,8<br />

Sì, con un contratto a tempo indeterminato 17,4 11,3 13,3<br />

No, nei prossimi mesi non ha intenzione di lavorare<br />

(motivi di studio, famiglia..)<br />

, 0,0 0,7<br />

No, purtroppo non credo che troverò nuovi lavori 0,0 1,0 0,7<br />

Non so 8,7 11,3 10,5<br />

TOTALE 100,0 100,0 100,0<br />

Disporre di un contratto a termine invece che di una collaborazione<br />

fa la differenza, ma non in un unico senso: tra i<br />

collaboratori, sono infatti molti meno coloro che rispondono di<br />

avere ottime possib<strong>il</strong>ità di ottenere un’assunzione con contratto<br />

a tempo indeterminato (<strong>il</strong> 3%) rispetto alle previsioni dei dipendenti<br />

con contratto a termine (15%). D’altra parte, tra questi ultimi,<br />

sono di più anche quanti denotano una assoluta incertezza<br />

su ciò che potrà accadere alla scadenza naturale dell’attuale incarico<br />

(10% contro <strong>il</strong> 3% dei collaboratori).


Procedendo alla consueta disaggregazione per settore pubblico,<br />

privato o no-profit, emerge come solo nel settore privato<br />

e nel terzo settore vi sia una quota di una qualche consistenza<br />

degli intervistati che prevede di essere assunto, alla data della<br />

naturale scadenza del contratto in essere, con un tempo indeterminato:<br />

rispettivamente, <strong>il</strong> 19% e l’11%. Nel settore pubblico,<br />

invece, le prospettive di stab<strong>il</strong>izzazione si azzerano: solo <strong>il</strong> %<br />

dei lavoratori interpellati dichiara che sarà assunto con un contratto<br />

stab<strong>il</strong>e.<br />

Chi al contrario si dice ragionevolmente certo di non vedersi<br />

rinnovato <strong>il</strong> contratto è <strong>il</strong> 1 % dei lavoratori nel privato, <strong>il</strong> 15%<br />

degli occupati nel pubblico, e ben <strong>il</strong> 44% degli assunti nel terzo<br />

settore.<br />

Il 67% dei lavoratori del settore pubblico prevede un rinnovo<br />

del contratto; questa è anche la previsione del 53% dei lavoratori<br />

presso soggetti privati, e del 44% del no-profit (Tab. 6.10).<br />

tabella 6.10. Lavoratori non standard: “Cosa pensa che le sarà proposto allo scadere del<br />

contratto?”, per soggetto pubblico/privato/no profit. Valori %<br />

soggetto<br />

pubblico<br />

90<br />

soggetto<br />

privato<br />

terzo<br />

settore<br />

tOtALe<br />

So già che non mi rinnoveranno <strong>il</strong> contratto 15,7 1 ,0 44,4 15,4<br />

Mi sarà rinnovato <strong>il</strong> contratto attuale 66,6 53,0 44,0 57,4<br />

Sarò assunto a tempo indeterminato ,0 19,3 11,1 1 ,6<br />

Per scelta cambierò lavoro 0,0 3,6 0,0 ,1<br />

Altro 5,9 3,6 0,0 4,<br />

Non so/Non ho idea 9,8 8,4 0,0 8,4<br />

TOTALE 100,0 100,0 100,0 100,0<br />

• Gli aspetti retributivi<br />

Tra le condizioni contrattuali dei lavoratori, sia flessib<strong>il</strong>i sia<br />

di altro genere, che interessa verificare vi è senz’altro anche l’informazione<br />

relativa alla retribuzione 3 .<br />

Dalle risposte fornite emerge la collocazione dei “non standard”<br />

in fasce di reddito tendenzialmente basse, sia in assoluto,<br />

sia nel confronto con lavoratori stab<strong>il</strong>i o autonomi.<br />

3 È necessario ricordare che, nel caso dei collaboratori, non sono previsti né <strong>il</strong><br />

trattamento di fine rapporto né integrazioni usualmente associate ai rapporti<br />

di lavoro a tempo indeterminato (mens<strong>il</strong>ità ulteriori rispetto alle dodici annuali).


Il 47% dei lavoratori flessib<strong>il</strong>i guadagna meno di 900 euro<br />

al mese (40% <strong>il</strong> dato medio di tutti gli intervistati), <strong>il</strong> 41% ha<br />

uno stipendio compreso tra i 900 e i 1 00 euro (in linea con <strong>il</strong><br />

totale), e soprattutto solo <strong>il</strong> 4% va oltre i 1 00 euro, là dove la<br />

quota degli standard in questa fascia di reddito è del 10% (14%<br />

gli autonomi, 9% <strong>il</strong> dato medio) (Tab. 6.11).<br />

tabella 6.11. Intervistati per ammontare dell’ultimo salario netto mens<strong>il</strong>e e tipologia<br />

contrattuale. Valori %<br />

Fasce di reddito tempo Indeterminato Flessib<strong>il</strong>i Autonomi tOtALe<br />

Fino a 900 euro 39,0 46,9 5,4 39,5<br />

901-1. 00 euro 43,3 41,3 3 , 41,7<br />

Oltre 1. 00 euro 10,0 4, 13,6 8,9<br />

Non risponde 7, 7,7 5,4 9,1<br />

TOTALE 100,0 100 100 100<br />

Nel confronto per mansione professionale tra lavoratori flessib<strong>il</strong>i<br />

e con contratti standard, risultano più sfavoriti coloro che<br />

lavorano come impiegati e come operai, mentre tra i venditori<br />

e i commessi la relazione è inversa e gli occupati con contratti a<br />

durata temporanea sono complessivamente meglio retribuiti.<br />

Nelle professioni medio-alte e nelle professioni impiegatizie,<br />

lo svantaggio relativo degli atipici si risolve in uno schiacciamento<br />

verso <strong>il</strong> basso delle retribuzioni superiori ai 1 00 euro,<br />

cioè la fascia di reddito del 47% degli occupati stab<strong>il</strong>i e solo del<br />

10% degli instab<strong>il</strong>i.<br />

Per chi è occupato come venditore/commesso o come operaio,<br />

non si registra alcuna r<strong>il</strong>evante forbice retributiva. va tuttavia<br />

sottolineata la scarsa incidenza di assunti con retribuzioni<br />

alte, sia tra i flessib<strong>il</strong>i che tra i lavoratori standard (Tab. 6.1 ).<br />

tabella 6.12. Lavoratori con contratti standard e flessib<strong>il</strong>i: ammontare dell’ultimo salario<br />

netto mens<strong>il</strong>e secondo la tipologia contrattuale e la mansione professionale. Valori %<br />

Fasce di reddito Professioni medio alte Impiegati Venditori, commessi Operai specializzati e non<br />

tempo<br />

indet.<br />

Fles. tOtALe tempo<br />

indet.<br />

Fles. tOtALe tempo<br />

indet.<br />

91<br />

Fles. tOtALe tempo<br />

indet.<br />

Fles. tOtALe<br />

Fino a 900 euro 33,3 30,0 3 ,0 3 ,6 50,0 37,7 50,8 36,8 47,4 40,4 50,0 4 ,5<br />

901-1. 00 euro 0,0 60,0 36,0 45,6 40,0 44,0 39,0 5 ,6 4 ,3 46,0 34,0 43,4<br />

Oltre 1. 00 euro 46,7 10 3 14,3 3,3 11,1 3,4 5,3 3,8 5,7 4 5,3<br />

Non risponde 0,0 0,0 0,0 7,5 6,7 7, 6,8 5,3 6,4 8,0 1 ,0 8,8<br />

TOTALE 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0


La debolezza economica dei lavoratori temporanei, unita all’incertezza<br />

del posto di lavoro, avvicina pericolosamente i lavoratori<br />

instab<strong>il</strong>i ad una condizione di “vulnerab<strong>il</strong>ità sociale”, specie<br />

in assenza di reti fam<strong>il</strong>iari che funzionino da argine rispetto<br />

al rischio di povertà.<br />

Si tratta di un aspetto forse sottovalutato dagli studi in materia,<br />

salvo le tesi di alcuni autori che recentemente hanno posto<br />

l’accento sulla relazione tra “società del rischio” e lavoro temporaneo<br />

(ranci, 00 ; Fullin, 003).<br />

E invece, in un sistema di protezione sociale come quello<br />

italiano che, contrariamente a molti degli altri contesti europei,<br />

non prevede alcuna forma di protezione sociale o di reddito minimo<br />

(vuoi “di inserimento”, “garantito”, “minimo” o di “ultima<br />

istanza”) rispetto ai “vuoti” retributivi che inevitab<strong>il</strong>mente<br />

costellano le carriere di buona parte dei lavoratori instab<strong>il</strong>i, vi<br />

sono alcuni categorie sociali per le quali si può a ragione parlare<br />

di “criticità” e “vulnerab<strong>il</strong>ità”. Sono in particolare gli adulti<br />

con contratti temporanei, ossia gli “intrappolati” nella flessib<strong>il</strong>ità,<br />

e i membri di famiglie senza alcun reddito stab<strong>il</strong>e (reyneri,<br />

005b).<br />

E, a questo proposito, va detto che tra gli intervistati, le situazioni<br />

in cui entrambi i coniugi siano inquadrati con contratti<br />

a termine sono tutt’altro che infrequenti. Nel 54% dei casi di chi<br />

ha un contratto a termine, <strong>il</strong> coniuge ha un contratto a tempo<br />

indeterminato, ma per l’11% (quasi <strong>il</strong> doppio della media generale)<br />

l’inquadramento contrattuale della persona cui si è legati<br />

affettivamente è quello del tempo determinato; nel 3% del totale<br />

<strong>il</strong> partner è in cerca di occupazione oppure non è attivo sul<br />

mercato del lavoro (comprendendo chi ne è uscito perché rassegnato<br />

all’impossib<strong>il</strong>ità di trovare un’occupazione), e nel 1 % dei<br />

casi svolge un lavoro autonomo (Tab. 6.13).<br />

tabella 6.13. Intervistati secondo la tipologia contrattuale e la condizione lavorativa<br />

del coniuge. Valori %<br />

tipologia contrattuale<br />

Occupato a tempo Occupato con<br />

indeterminato contratti a termine<br />

9<br />

Autonomo Inoccupato/<br />

inattivo<br />

tOtALe<br />

Tempo indeterminato 60,5 5,8 15,1 18,6 100,0<br />

Flessib<strong>il</strong>i 53,6 10,7 1 ,5 3, 100,0<br />

Autonomi 4 ,1 5,3 36,8 15,8 100,0<br />

TOTALE 57,5 6,9 16, 19,4 100,0


• Le tutele del lavoro<br />

Passiamo infine a valutare le tutele del lavoro in senso stretto,<br />

e in particolare i trattamenti pensionistici, cominciando col<br />

dire che solo <strong>il</strong> 17% del totale degli intervistati pensa di poter<br />

avere in futuro una pensione adeguata. La gran parte dei lavoratori<br />

(54%) non crede in questa possib<strong>il</strong>ità; tanti sono anche<br />

coloro che dicono di non saper valutare ( 8%).<br />

Sono soprattutto i lavoratori <strong>oggi</strong> flessib<strong>il</strong>i a ritenere impossib<strong>il</strong>e<br />

avere in futuro una pensione adeguata (60%), seguiti dai<br />

lavoratori autonomi. I lavoratori “standard”, infine, sono più<br />

degli altri incerti sul proprio futuro previdenziale; un giudizio,<br />

questo, sul <strong>quale</strong> pesano evidentemente le molte riforme (e annunci<br />

di riforme) del sistema pensionistico (Graf. 6. ).<br />

Grafico 6.2. “Pensa di avere una pensione adeguata per vivere quando smetterà di lavorare?”<br />

per tipologia contrattuale. Valori %<br />

All’interno del gruppo dei lavoratori flessib<strong>il</strong>i, la differenza<br />

tra l’opinione dei titolari di contratti di collaborazione, e coloro<br />

che sono assunti a tempo determinato, è r<strong>il</strong>evante: i primi credono<br />

all’adeguatezza del futuro trattamento pensionistico solo nel<br />

7% dei casi, per l’84% si dicono convinti che questa possib<strong>il</strong>ità<br />

non si realizzerà e per <strong>il</strong> 10% si mostrano incerti. Più equ<strong>il</strong>ibrate<br />

le opinioni dei lavoratori con contratto a termine, ma anche in<br />

questo caso sono sempre una netta maggioranza coloro che non<br />

credono di poter avere un giorno una pensione sufficiente per<br />

vivere (53%). Gli incerti rappresentano ben <strong>il</strong> 30%, e chi fornisce<br />

una risposta positiva <strong>il</strong> 19% (Graf. 6.3).<br />

93


Grafico 6.3. Dipendenti con contratti a termine e collaboratori: “Pensa di avere una pensione<br />

adeguata per vivere quando smetterà di lavorare?”. Valori %<br />

La disaggregazione per classe di età mostra che al crescere<br />

di questa sono in proporzione di più quelli che non credono alla<br />

possib<strong>il</strong>ità di una pensione adeguata. Su questo risultato pesa<br />

probab<strong>il</strong>mente la preoccupazione dei lavoratori più anziani<br />

quanto alla consistenza monetaria del trattamento pensionistico<br />

di spettanza, evidentemente stimata come insufficiente.<br />

In particolare, una sorta di effetto-soglia si riscontra oltre i<br />

35 anni, salvo <strong>il</strong> fatto che i lavoratori in età mediana (36-45 anni)<br />

si mostrano particolarmente incerti in materia (<strong>il</strong> 3 % risponde<br />

“non saprei”). D’altro canto, a rispondere di non saper fare una<br />

previsione, sono – oltre ai lavoratori quarantenni – anche i giovanissimi<br />

(con età inferiore ai 4 anni) (Graf. 6.4).<br />

Grafico 6.4. “Pensa di avere una pensione adeguata per vivere quando smetterà di lavorare?”<br />

per fascia di età. Valori %<br />

Il 77% dei lavoratori dispone della previdenza pubblica come<br />

tutela pensionistica, <strong>il</strong> 16% ha integrato quest’ultima con versamenti<br />

volontari per la pensione integrativa, e <strong>il</strong> 9% ha infine<br />

investito in fondi pensione. Si noti che l’11% degli intervistati,<br />

probab<strong>il</strong>mente percependo talmente debole la propria posizione<br />

pensionistica da ritenerla sostanzialmente inesistente, risponde<br />

di non disporre di nessuna tutela (Tab. 6.14).<br />

94


tabella 6.14. Forme di tutela previdenziale di cui si dispone (risposta multipla) per tipologia<br />

contrattuale. Valori %<br />

tempo<br />

indeterminato<br />

95<br />

Flessib<strong>il</strong>e Autonomo tOtALe<br />

Previdenza pubblica 8 ,6 7 , 55,9 77,4<br />

Fondi pensione 10,0 5,1 10, 8,7<br />

Previdenza privata individuale 14,7 16,5 30,5 16,6<br />

Nessuna 6,7 15,8 5,4 10,8<br />

Il confronto tra lavoratori stab<strong>il</strong>i e temporanei indica che<br />

i primi dispongono in misura maggiore sia di tutele derivanti<br />

da fondi pubblici (83%, +10% circa rispetto ai flessib<strong>il</strong>i), che<br />

dell’attivazione dei fondi pensione (10%, +5 punti percentuali<br />

rispetto ai lavoratori temporanei). Proprio i lavoratori con contratti<br />

a durata limitata, d’altra parte, cercano evidentemente di<br />

integrare, in misura superiore ai lavoratori con contratti a tempo<br />

indeterminato, la prevedib<strong>il</strong>e esiguità dei futuri trattamenti<br />

pensionistici mediante forme previdenziali individuali (16,5%);<br />

si tratta comunque solo di una minoranza del campione di occupati<br />

con contratti non standard.<br />

La “strategia” e <strong>il</strong> posizionamento previdenziale dei lavoratori<br />

autonomi è, rispetto alle altre due categorie di impiego esaminate,<br />

del tutto peculiare: se anche per questo gruppo la maggioranza<br />

dispone di una forma di previdenza pubblica, anche se<br />

in percentuale nettamente inferiore alla media (56% contro <strong>il</strong><br />

77%), nel medesimo tempo acquista una notevole consistenza <strong>il</strong><br />

ricorso alle forme di previdenza privata individuale, che copre <strong>il</strong><br />

30% circa degli intervistati con lavoro autonomo (+15% rispetto<br />

al dato del totale dei lavoratori).<br />

Approfondiamo ancora una volta la diversa situazione di<br />

collaboratori e dipendenti a termine. Posto che la distribuzione<br />

delle risposte è abbastanza sim<strong>il</strong>e, i collaboratori affermano di<br />

ricorrere più dei lavoratori a tempo determinato ai fondi pensione<br />

e alla previdenza integrativa. Quanto al numero di intervistati<br />

che risponde di non avere nessuna forma di previdenza, questi<br />

sono <strong>il</strong> 14% dei dipendenti a termine, e l’8% dei collaboratori<br />

(Graf. 6.5).


Grafico 6.5. Dipendenti con contratti a termine e collaboratori: forme di tutela previdenziale<br />

di cui si dispone (risposta multipla). Valori %<br />

Ma quali sono infine le politiche che nell’opinione dei lavoratori<br />

si rendono necessarie per quei soggetti che hanno un contratto<br />

temporaneo? La percezione delle possib<strong>il</strong>i azioni di intervento<br />

cambia solo leggermente secondo la tipologia contrattuale:<br />

sia per gli assunti stab<strong>il</strong>i che per gli occupati flessib<strong>il</strong>i, infatti,<br />

le prime tre risposte sono: innanzitutto, l’incremento delle assunzioni<br />

a tempo indeterminato (misura, questa, maggiormente<br />

indicata dai flessib<strong>il</strong>i); l’introduzione di tutele certe per quanto<br />

attiene alla malattia, alla maternità o in caso di infortunio (misura<br />

indicata soprattutto dai lavoratori con contratto stab<strong>il</strong>e);<br />

quindi l’aumento della retribuzione intesa <strong>quale</strong> tutela in vista<br />

di eventuali periodi di disoccupazione o per <strong>il</strong> miglioramento<br />

della propria posizione pensionistica.<br />

Quanto a quest’ultima policy, non è irr<strong>il</strong>evante notare che<br />

essa attira maggiori consensi della possib<strong>il</strong>e introduzione dell’indennità<br />

di disoccupazione; sembra emergere, cioè, una predisposizione<br />

alla monetizzazione delle tutele del lavoro. Si confida<br />

relativamente di meno nell’azione pubblica, e nello stesso tempo<br />

si individualizzano le strategie di contrasto ai rischi connessi alla<br />

perdita dell’occupazione o agli svantaggi dei trattamenti pensionistici,<br />

in un atteggiamento di implicita accettazione del “venire<br />

meno di un quadro di stab<strong>il</strong>ità” che non riguarda solo <strong>il</strong> mercato<br />

del lavoro, ma anche l’organizzazione del welfare (Carr<strong>ieri</strong>, Damiano,<br />

Ugolini, 005). La “scala delle preferenze” così ordinata<br />

non è però pienamente condivisa dai lavoratori flessib<strong>il</strong>i: sono<br />

infatti meno coloro che indicano la necessità di livelli retributivi<br />

più elevati (18% contro <strong>il</strong> 7% dei lavoratori standard) e contemporaneamente<br />

di più quanti ritengono fondamentale <strong>il</strong> riconoscimento<br />

dell’indennità di disoccupazione (16% contro <strong>il</strong> 6%)<br />

(Tab. 6.15).<br />

96


Infine, una minoranza dei lavoratori considera prioritario <strong>il</strong><br />

ricongiungimento dei contributi (13% circa per entrambi i gruppi);<br />

la formazione continua (più importante per i lavoratori standard<br />

che non per gli instab<strong>il</strong>i: la segnalano <strong>il</strong> 1 % dei primi contro<br />

<strong>il</strong> 6% dei secondi); la presenza di agenzie di collocamento di<br />

elevata qualità ed efficienza (9% degli stab<strong>il</strong>i, 5% dei flessib<strong>il</strong>i).<br />

tabella 6.15. “Quali sono secondo lei le politiche da attivare per i lavoratori a termine?” per<br />

tipologia contrattuale (risposta multipla max. 2 risposte). Valori %<br />

97<br />

tempo<br />

indeterminato<br />

Flessib<strong>il</strong>e tOtALe<br />

Incrementare <strong>il</strong> lavoro a tempo indeterminato 5 ,7 66,4 53,0<br />

ricongiungimento dei contributi 13,9 13,3 14,1<br />

Tutele certe (malattia, maternità, infortuni) 30,1 0,3 5,7<br />

Formazione continua 11,7 6,3 10,7<br />

Indennità di disoccupazione 6, 16,1 9,4<br />

Buone agenzie di collocamento 8,7 4,9 7,4<br />

Livelli retributivi più elevati (che permettano di<br />

affrontare periodi di non occupazione, farsi una<br />

pensione, ecc.)<br />

6,6 18, 4,4<br />

Altro , ,1 ,9<br />

Non so 3,5 ,8 3,6<br />

La distinzione tra collaboratori e dipendenti a termine marca<br />

differenze sostanziali nelle risposte su quali politiche debbano considerarsi<br />

prioritarie. Ad esempio, se per entrambe le categorie di lavoratori<br />

l’incremento dei contratti no fixed terms è la politica di cui<br />

più si avverte la necessità, vi sono differenze sostanziali tra <strong>il</strong> giudizio<br />

dei tempi determinati (70%) e quello dei collaboratori (55%) 4 . risulta<br />

invece relativamente meno importante l’aspetto retributivo: solo<br />

<strong>il</strong> 9% dei collaboratori dà questa indicazione, che invece è ritenuta<br />

molto importante dai dipendenti a termine ( 1%) (Tab. 6.16).<br />

4 Da questa evidenza empirica emerge dunque l’esistenza, per i collaboratori, di<br />

un’attitudine a concepire l’attuale inquadramento come un percorso orientato.<br />

Come vedremo meglio più avanti, tuttavia, la variab<strong>il</strong>e decisiva in tal senso è<br />

quella temporale.


tabella 6.16. Collaboratori e dipendenti a termine: “Quali sono secondo lei le politiche da<br />

attivare per i lavoratori a termine?” (risposta multipla max. 2 risposte)<br />

98<br />

Collaboratori dipendenti a<br />

termine<br />

Incrementare <strong>il</strong> lavoro a tempo indeterminato 54,8 69,6<br />

ricongiungimento dei contributi ,6 10,7<br />

Tutele certe (malattia, maternità, infortuni) 35,5 16,1<br />

Formazione continua 9,7 5,4<br />

Indennità di disoccupazione ,6 14,3<br />

Buone agenzie di collocamento 6,5 4,5<br />

Livelli retributivi più elevati (che permettano di affrontare<br />

periodi di non occupazione, farsi una pensione, ecc.)<br />

9,7 0,5<br />

Altro 3, 1,8<br />

Non so 3, ,7<br />

L’assenza di strumenti di tutela riferiti alla maternità e al rischio<br />

di infortuni o malattie, rende urgente, agli occhi dei collaboratori,<br />

l’introduzione di politiche che prendano in carico<br />

questi specifici aspetti (è l’opinione del 36% dei collaboratori,<br />

e “solo” del 16% dei dipendenti a termine); l’accentuata instab<strong>il</strong>ità<br />

delle esperienze lavorative e la discontinuità dei percorsi<br />

(più frequente l’alternanza tra periodi di occupazione e di disoccupazione)<br />

si riflette nella richiesta di indennità che li tutelino<br />

durante i periodi di non-lavoro ( 3% contro <strong>il</strong> 14% dei tempi<br />

determinati); la debolezza della posizione pensionistica fa sì che<br />

l’importanza del ricongiungimento dei contributi sia particolarmente<br />

“sentito” da questo gruppo di lavoratori più che dagli altri<br />

( 3% <strong>il</strong> dato dei flessib<strong>il</strong>i, 11% i dipendenti con contratto a tempo<br />

determinato).<br />

Le più recenti modifiche della normativa sul lavoro sono state<br />

apportate dalla Legge 30/ 003, che ha proceduto all’insegna<br />

di una sostanziale svolta in direzione di una maggiore flessib<strong>il</strong>ità<br />

nell’impiego.<br />

Poiché essa incide anche sulle tutele dei lavoratori, chiudiamo<br />

questo paragrafo approfondendo <strong>quale</strong> sia <strong>il</strong> giudizio dato in<br />

proposito da quest’ultimi.<br />

Innanzitutto, una buona parte dei lavoratori non conosce la<br />

Legge in questione 5 . Si tratta del 40% del totale degli intervistati,<br />

e nello specifico del 43% dei tempi indeterminati, del 3 % dei<br />

flessib<strong>il</strong>i, del 41% degli autonomi (Tab. 6.17).<br />

5 Così come avviene per le imprese che pure sono le principali beneficiarie del<br />

provvedimento.


tabella 6.17. “Come giudica la legge 30/2003 (cosiddetta Legge Biagi) sulla riforma del mercato<br />

del lavoro?” per tipologia contrattuale. Valori %<br />

tempo<br />

indeterminato<br />

99<br />

Flessib<strong>il</strong>e Autonomo tOtALe<br />

Non la conosce 4 ,5 3 ,3 40,7 39,7<br />

Ha portato/sta portando miglioramenti<br />

al mercato del lavoro<br />

Manterrà invariata la situazione<br />

occupazionale<br />

Ha peggiorato/peggiorerà le condizioni<br />

lavorative<br />

3,7 3,8 15,3 4,8<br />

6,5 1 ,7 6,8 8,1<br />

33,6 38,6 ,0 33,8<br />

La conosce ma non sa 13,7 1 ,7 15,3 13,6<br />

TOTALE 100,0 100,0 100,0 100,0<br />

Il 34% dà un giudizio negativo: per questi la Legge 30 del<br />

003 porta ad un peggioramento della situazione occupazionale.<br />

A dare una sim<strong>il</strong>e valutazione sono soprattutto quei lavoratori<br />

che sono più immediatamente coinvolti dalle innovazioni<br />

introdotte, ossia i lavoratori instab<strong>il</strong>i (39%).<br />

L’8% degli intervistati, infine, considera la normativa in questione<br />

ininfluente sulle condizioni lavorative (13% <strong>il</strong> dato dei<br />

flessib<strong>il</strong>i), e <strong>il</strong> 14% pur conoscendo <strong>il</strong> provvedimento non sa darne<br />

una valutazione; in quest’ultimo caso le opinioni dei lavoratori<br />

non variano al variare della tipologia contrattuale.<br />

6.2. Il tempo del lavoro<br />

Nella scala valoriale con cui i lavoratori intervistati ordinano<br />

per grado di importanza i vari aspetti delle condizioni del<br />

proprio impiego, l’orario di lavoro è giudicato meno r<strong>il</strong>evante<br />

di altri (cfr. § 6.3). Tuttavia, se dall’ambito delle dimensioni ritenute<br />

“più importanti” si passa all’individuazione delle sfere<br />

maggiormente “soddisfacenti”, cresce <strong>il</strong> numero di coloro che<br />

considerano l’orario, da un lato come <strong>il</strong> fattore che procura maggiori<br />

soddisfazioni (10% circa), e dall’altro l’elemento che meno<br />

soddisfa dell’attuale condizione (14%, con punte fino al 0% tra<br />

i lavoratori autonomi).<br />

La r<strong>il</strong>evanza del tempo del lavoro si misura ut<strong>il</strong>izzando<br />

due criteri: con <strong>il</strong> primo, si mette a tema la conc<strong>il</strong>iazione, talvolta<br />

del tutto funzionale (come nei part-timers volontari), talvolta<br />

difficoltosa, delle ore spese per l’impegno lavorativo con<br />

quelle extra-lavorative (“quel che resta del giorno”, secondo la


puntuale definizione dell’ISFOL), ed anche <strong>il</strong> livello di regolarità/irregolarità<br />

delle ore lavorate nell’arco della settimana,<br />

o del mese.<br />

Con <strong>il</strong> secondo, si focalizza l’attenzione sul fatto che <strong>il</strong> tempo<br />

lavorativo può rappresentare una “gabbia mal tollerata dalla<br />

<strong>quale</strong> non si può fuggire” (rampazi, 1989), di cui si soffre<br />

<strong>il</strong> carattere eterodiretto dall’esterno, se si stenta ad identificarsi<br />

con le attività normate dai tempi e dai ritmi lavorativi, non ritenendoli<br />

significativi per la propria esistenza. In questa prospettiva,<br />

<strong>il</strong> tempo del lavoro è potenzialmente tempo di qualità, se<br />

di qualità sono i contenuti del lavoro, perché questi esprimono<br />

la relazione positiva tra individuo e organizzazione sociale, e <strong>il</strong><br />

sentimento di adesione del primo rispetto alla seconda attraverso<br />

i significati del lavoro (Elias, 1986).<br />

Ma vediamo a quanto tempo corrisponde l’impegno di lavoro<br />

per i lavoratori del campione. Innanzitutto, <strong>il</strong> 19% dei dipendenti<br />

occupati con contratto fixed terms lavora con un part-time.<br />

In particolare si tratta del 1% dei dipendenti donne e del 14%<br />

degli uomini: dunque la forbice tra maschi e femmine è meno<br />

ampia di quella r<strong>il</strong>evab<strong>il</strong>e in genere nelle occupazioni “standard”<br />

( 1% contro 46%). Tra i collaboratori, per i quali si è stimata<br />

una soglia di massimo 5 ore settimanali per individuare un impegno<br />

di lavoro part-time, si sale fino ad un significativo 45% di<br />

lavoratori a tempo ridotto.<br />

riferendosi solo ai contratti a tempo determinato, <strong>il</strong> numero<br />

medio di ore lavorate nel caso di un part-time è pari a 19,6<br />

ore settimanali; nel caso di un contratto full time è di 37,8. Solo<br />

pochissimi dipendenti a termine lavorano oltre le 40 ore settimanali<br />

(5,4%, in linea con <strong>il</strong> numero di ore lavorate dai temi<br />

indeterminati) (Tab. 6.18).<br />

100


tabella 6.18. Dipendenti “non standard” con contratto a termine full time/part-time. Valori<br />

assoluti e valori %<br />

Orario Valori assoluti Valori %<br />

Dip. a tempo determinato<br />

A tempo pieno 91 81,3<br />

A tempo parziale 1 18,8<br />

TOTALE 11 100,0<br />

Collaboratori<br />

A tempo pieno 14 45,<br />

A tempo parziale 17 54,8<br />

TOTALE 31 100,0<br />

• Le preferenze per <strong>il</strong> tempo pieno o ridotto<br />

Tra quanti lavorano a tempo pieno, <strong>il</strong> 55% afferma che questo<br />

era <strong>il</strong> suo desiderio (6 % <strong>il</strong> dato dei lavoratori a tempo indeterminato),<br />

per <strong>il</strong> 31% è una scelta dettata da ragioni economiche<br />

(non vi sono differenze tra lavoratori standard e non standard),<br />

e solo pochi dichiarano di avere attivamente cercato un lavoro<br />

a tempo parziale senza trovarlo (3%, si tratta esclusivamente di<br />

lavoratrici di genere femmin<strong>il</strong>e).<br />

Al binomio desiderio/necessità di lavorare a tempo pieno,<br />

che sempre connota <strong>il</strong> tempo del lavoro tra aspirazione professionale<br />

e bisogno di risorse, fanno quindi riferimento le risposte<br />

fornite dal 90% degli intervistati (Tab. 6.19).<br />

tabella 6.19. Dipendenti con contratto a termine full time per motivo del perché lavora a<br />

tempo pieno. Valori assoluti e valori %<br />

Valori<br />

assoluti<br />

101<br />

Valori<br />

%<br />

Confronto:<br />

% espresse da occupati<br />

con contratti a tempo<br />

indeterminato<br />

Non ho trovato un lavoro part-time 3 3,3 3,0<br />

Desideravo lavorare a tempo pieno 50 54,9 61,9<br />

Ho bisogno di lavorare a tempo pieno/<br />

per motivi economici<br />

Il part-time avrebbe penalizzato la mia<br />

carriera<br />

8 30,8 30,4<br />

5 5,5 ,<br />

Altro 4 4,4 ,6<br />

Non risponde 1 1,1 0,0<br />

TOTALE 91 100,0 100,0<br />

Non può però dirsi lo stesso per chi è impiegato attualmente<br />

con contratti part-time, che solo in circa la metà dei casi risulta


una tipologia d’impiego scelta oppure funzionale a necessità di<br />

vario genere, come motivi di salute, esigenze di studio o di formazione<br />

professionale, ecc.<br />

Il 48% risponde infatti di non lavorare con un tempo pieno<br />

solo perché non è riuscito a trovarne la disponib<strong>il</strong>ità. In particolare,<br />

questa è la risposta fornita dal 60% degli uomini (contro <strong>il</strong><br />

44% delle donne), mentre tra le donne <strong>il</strong> part-time risulta -in proporzione<br />

all’altro sesso- necessario per prendersi cura dei figli o<br />

dei fam<strong>il</strong>iari non autosufficienti, motivazioni che sono del tutto<br />

escluse dagli uomini (Tab. 6. 0).<br />

tabella 6.20. Dipendenti con contratto a termine part-time per motivo del perché lavora a<br />

tempo parziale per genere. Valori %<br />

maschi Femmine tOtALe Confronto:<br />

% espresse<br />

da occupati con<br />

contratti a tempo<br />

indeterminato<br />

Perché non ha trovato un lavoro a<br />

tempo pieno<br />

60,0 43,8 47,6 34,1<br />

Perché non desidera lavorare a<br />

tempo pieno<br />

0,0 6,3 9,5 15,9<br />

Perché studia o segue corsi di<br />

formazione professionale<br />

0,0 6,3 9,5 3,0<br />

Per problemi di salute/per prendersi<br />

cura dei figli e dei fam<strong>il</strong>iari<br />

0,0 18,8 19,0 41,7<br />

Altri motivi 0,0 18,8 19,0 5,3<br />

TOTALE 100,0 100,0 100,0 100,0<br />

La percentuale di donne che, potendo disporre di un contratto<br />

a tempo indeterminato, risulta invece avere scelto <strong>il</strong> part-time per<br />

assolvere alla cura dei propri figli, è di fatto di più del doppio rispetto<br />

alle dipendenti con contratto a tempo determinato. Con questa<br />

tipologia contrattuale, cambiano notevolmente le motivazioni<br />

dell’orientarsi sul part-time (e anche sul full time): diminuiscono<br />

quanti lavorano a tempo ridotto per non avere trovato un impiego<br />

a tempo pieno, e al contrario aumenta <strong>il</strong> numero di chi deliberatamente<br />

ha scelto di voler lavorare per un numero di ore limitato.<br />

Per quanto attiene invece ai titolari di contratti di collaborazione,<br />

<strong>il</strong> tema dell’orario si pone nel senso della possib<strong>il</strong>ità di<br />

decidere in autonomia <strong>il</strong> proprio impegno lavorativo: la maggioranza<br />

dei collaboratori può effettivamente stab<strong>il</strong>ire come far<br />

fronte al carico di lavoro assegnato (58%), mentre una quota<br />

del 4 %, dunque consistente, è tenuta a rispettare orari imposti<br />

gerarchicamente. Gli uomini decidono autonomamente in un<br />

numero maggiore di casi rispetto alle donne (Tab. 6. 1).<br />

10


tabella 6.21. Collaboratori: autonomia sull’orario di lavoro. Valori assoluti e valori %<br />

103<br />

Valori assoluti Valori %<br />

Decide autonomamente l’orario 18 58,1<br />

Non decide l’orario 13 41,9<br />

TOTALE 31 100,0<br />

Per i dipendenti con contratto a termine, invece, l’orario di lavoro<br />

è prestab<strong>il</strong>ito in circa <strong>il</strong> 70% dei casi, oppure risulta flessib<strong>il</strong>e<br />

ma solo “entro certi limiti” ( 1%). Se l’orario è flessib<strong>il</strong>e in grado<br />

maggiore, questo accade soprattutto per esigenze dell’azienda<br />

(5%). va sottolineato anche che la flessib<strong>il</strong>ità è minore rispetto a<br />

quella dei lavoratori con contratti standard (Tab. 6. ).<br />

tabella 6.22. Dipendenti con contratto a termine: “Ha un orario di lavoro prefissato?”, per<br />

genere. Valori %<br />

maschi Femmine tOtALe Confronto:<br />

% espresse<br />

da occupati con<br />

contratti a tempo<br />

indeterminato<br />

Sì, ho un orario prefissato 67,6 73,3 71,4 65,<br />

In linea di massima devo seguire un<br />

orario ma ho una certa flessib<strong>il</strong>ità<br />

18,9 1,3 0,5 7,1<br />

Sono totalmente libero di scegliere<br />

quando lavorare<br />

,7 ,7 ,7 1,<br />

Ho un orario flessib<strong>il</strong>e che dipende<br />

dalle esigenze dell’azienda<br />

10,8 ,7 5,4 6,<br />

Altro 0,0 0,0 0,0 0,<br />

TOTALE 100,0 100,0 100,0 100,0<br />

• Gli straordinari e gli orari “socialmente svantaggiati”<br />

A tutti i lavoratori è stato chiesto anche se vi fosse un riconoscimento<br />

per <strong>il</strong> lavoro effettuato con ore di straordinario. Concentrandosi<br />

sugli occupati con contratto a termine, dall’indagine<br />

emerge che: <strong>il</strong> 9% non svolge alcun tipo di lavoro straordinario<br />

(30% i tempi indeterminati); per <strong>il</strong> 18% questo è assim<strong>il</strong>ato a<br />

“recupero ore” (9% <strong>il</strong> dato dei lavoratori standard); per circa la<br />

metà lo straordinario è correttamente riconosciuto e retribuito<br />

dall’azienda (47% per i dipendenti a tempo determinato, 55% i<br />

lavoratori a tempo indeterminato); solo in una ristretta minoranza<br />

di casi (6%) <strong>il</strong> lavoro straordinario non è riconosciuto (senza<br />

differenze in base alla tipologia contrattuale) (Tab. 6. 3).


tabella 6.23. Dipendenti con contratto a termine: “Gli straordinari le vengono riconosciuti?”<br />

per genere. Valori %<br />

maschi Femmine tOtALe Confronto:<br />

% espresse<br />

da occupati con<br />

contratti a tempo<br />

indeterminato<br />

Sì, come recupero di ore 10,8 1,3 17,9 8,5<br />

Sì, mi vengono pagati 54,1 44,0 47,3 55,0<br />

No 5,4 6,7 6,3 6,7<br />

Non faccio ore di lavoro straordinario 9,7 8,0 8,6 9,9<br />

TOTALE 100,0 100,0 100,0 100,0<br />

In assoluto, non emergono scostamenti r<strong>il</strong>evanti tra tempi determinati<br />

e indeterminati, al pari di quanto si r<strong>il</strong>evava nella precedente<br />

indagine sulla situazione dei lavoratori al 004 (Giovani, 005).<br />

Esaminiamo infine, sempre con riferimento ai contratti da dipendenti<br />

a termine, come si svolge l’impegno lavorativo giornaliero tra le<br />

diverse fasce orarie della giornata, e in particolare con quanta frequenza<br />

le modalità di svolgimento del lavoro coinvolgano anche la fascia<br />

serale (dalle 0), notturna, e le giornate di sabato e domenica, ossia<br />

orari definib<strong>il</strong>i come “socialmente svantaggiati” perché svolti in giorni<br />

o in parti della giornata abitualmente dedicate alla vita privata.<br />

L’irruzione del lavoro in questi ambiti – abituale nelle produzioni<br />

a ciclo continuo e in alcuni servizi di pubblica ut<strong>il</strong>ità, come<br />

la sanità – sta caratterizzando settori lavorativi sempre più ampi,<br />

provocando difficoltà di conc<strong>il</strong>iazione tra lavoro e non lavoro<br />

nella vita di un numero crescente di occupati (ISFOL, 004).<br />

Dalle risposte espresse dai lavoratori temporanei risulta che<br />

è molto raro l’impiego per <strong>il</strong> lavoro notturno (<strong>il</strong> 91% dei lavoratori<br />

non è mai occupato in questa fascia) e, per la gran parte,<br />

anche serale (78% coloro che hanno risposto di non lavorare<br />

“mai” dopo le 0; l’11% ha risposto “saltuariamente” e solo per<br />

<strong>il</strong> 1 % del totale l’impegno in questa fascia della giornata è da<br />

considerarsi come abituale). Questi risultati non si discostano<br />

da quelli relativi ai tempi indeterminati, a differenza di quanto<br />

accade per i festivi.<br />

La giornata del sabato è “tempo di lavoro” per <strong>il</strong> 37% degli intervistati<br />

atipici; in maniera saltuaria, lo è anche per un altro 14%<br />

dei lavoratori. Quanti non lavorano mai di sabato sono quindi<br />

“solo” circa la metà; si tratta di una percentuale superiore a quella<br />

r<strong>il</strong>evata per gli assunti con contratto a tempo indeterminato, i<br />

quali complessivamente lavorano di sabato nel 9% dei casi.<br />

104


Quasi un lavoratore temporaneo su cinque, inoltre, lavora<br />

abitualmente o più che abitualmente la domenica: anche in questo<br />

caso <strong>il</strong> confronto con i lavoratori “standard” fa registrare un<br />

certo svantaggio, anche se non di intensità eclatante, a sfavore<br />

dei dipendenti a termine (Tab. 6. 4).<br />

tabella 6.24. Dipendenti con contratto a termine: fasce orarie di lavoro serali/notturne<br />

e festivi. Valori %<br />

Orario sempre Abitualmente saltuariamente mai tOtALe<br />

Serale (Dalle 0 in poi) 4,5 7,1 10,7 77,7 100,0<br />

Notturno 1,8 3,6 3,6 91,1 100,0<br />

Sabato 6,8 9,8 14,3 49,1 100,0<br />

Domenica 10,7 7,1 8,9 73, 100,0<br />

Il genere incide sugli orari di lavoro dei dipendenti temporanei,<br />

ma con un impatto non univoco: gli uomini risultano maggiormente<br />

lavorare in parti della giornata usualmente riservate<br />

al riposo (lavoro notturno e serale), mentre tra le donne cresce<br />

la percentuale di coloro che lavorano nelle giornate di sabato e<br />

domenica (Tab. 6. 5).<br />

tabella 6.25. Dipendenti con contratto a termine, per genere: fasce orarie di lavoro<br />

serali/notturne e festivi. Valori %<br />

Orario sempre Abitualmente saltuariamente mai tOtALe<br />

Donne<br />

Serale (Dalle 0 in poi) 4,0 5,3 5,3 85,3 100,0<br />

Notturno 1,3 ,7 1,3 94,7 100,0<br />

Sabato 9,3 6,7 13,3 50,7 100,0<br />

Domenica 13,3 4,0 5,3 77,3 100,0<br />

Uomini<br />

Serale (Dalle 0 in poi) 5,4 10,8 1,6 6 , 100,0<br />

Notturno ,7 5,4 8,1 83,8 100,0<br />

Sabato 1,6 16, 16, 45,9 100,0<br />

Domenica 5,4 13,5 16, 64,9 100,0<br />

Incrociando infine <strong>il</strong> dato degli orari di lavoro “socialmente<br />

svantaggiati” con <strong>il</strong> settore di impiego, risulta una fortissima differenziazione<br />

secondo <strong>il</strong> tipo di lavoro svolto (Tab. 6. 6).<br />

I dipendenti a termine lavorano “sempre o spesso” in orario<br />

serale, soprattutto se occupati nella ristorazione e nel turismo<br />

(43%, contro una media dell’11%) e nel commercio (33%); in<br />

misura nettamente inferiore, se <strong>il</strong> settore di impiego è l’industria<br />

(costruzioni incluse), con un dato del 14%. Mai l’orario serale è<br />

105


tempo di lavoro per chi è occupato in agricoltura, o nei servizi<br />

alle imprese o alle persone.<br />

L’orario notturno è soprattutto appannaggio – nuovamente<br />

– del settore alberghiero e della ristorazione e dell’industria (14%<br />

in entrambi i casi, la media generale è invece del 5%), ma anche del<br />

settore dei servizi alle aziende (8%). Non risultano mai orari di questo<br />

tipo nel commercio, in agricoltura o nei servizi alle persone.<br />

Le giornate di sabato e domenica, che come si è visto vedono<br />

impegnate relativamente di più le donne anziché gli uomini,<br />

fanno riscontrare percentuali r<strong>il</strong>evanti <strong>il</strong> sabato nei settori del<br />

“commercio” (78%, 37% la media generale) “alberghi e ristoranti”<br />

(71%), e “servizi alle persone” (38%). Nettamente inferiore<br />

alle media risultano i settori dei servizi alle imprese (8%) e, entro<br />

una certa misura, delle attività agricole ( 5%).<br />

tabella 6.26. Dipendenti con contratto a termine, per settore: fasce orarie di lavoro<br />

serali/notturne e festivi. Valori %<br />

Orario Frequenza serale<br />

(dalle 20<br />

in poi)<br />

Agricoltura<br />

Attività manifatturiere<br />

e costruzioni<br />

Commercio<br />

Alberghi e ristoranti<br />

Servizi alle aziende<br />

Servizi alle persone<br />

TOTALE<br />

106<br />

Notturno sabato domenica<br />

Sempre/spesso 0,0 0,0 5,0 0,0<br />

Saltuariam./mai 100,0 100,0 75,0 100,0<br />

Sempre/spesso 14,3 14,3 14,3 4,8<br />

Saltuariam./mai 85,7 85,7 85,7 95,<br />

Sempre/spesso 33,3 0,0 77,8 33,3<br />

Saltuariam./mai 66,7 100,0 , 66,7<br />

Sempre/spesso 4 ,9 14,3 71,4 64,3<br />

Saltuariam./mai 57,1 85,7 8,6 35,7<br />

Sempre/spesso 0,0 8,3 8,3 8,3<br />

Saltuariam./mai 100,0 91,7 91,7 91,7<br />

Sempre/spesso ,1 0,0 38,3 1 ,8<br />

Saltuariam./mai 97,9 100,0 61,7 87,<br />

Sempre/spesso 11,6 5,4 36,6 17,9<br />

Saltuariam./mai 88,4 94,6 63,4 8 ,1<br />

La domenica, infine, non lavorano gli agricoli (0%), gli occupati<br />

nella manifattura (5%) e nei servizi alle aziende (ancora<br />

8%); negli altri settori, invece, si registra un impiego tutt’altro<br />

che irr<strong>il</strong>evante del lavoro nei festivi. È <strong>il</strong> caso del 13% degli occupati<br />

nei servizi alla persone, del 33% nel commercio, fino al 64%<br />

dei lavoratori del settore turistico e della ristorazione.


6.3. La soddisfazione del lavoro<br />

La soddisfazione espressa – nelle sue diverse dimensioni –<br />

per l’attuale occupazione è stata indagata interrogando gli intervistati<br />

principalmente su: la percezione del miglioramento/peggioramento<br />

della propria vita lavorativa (anche nello specifico<br />

di quali aspetti in particolare siano andati peggiorando/migliorando)<br />

rispetto alla condizione di un anno prima; la congruenza<br />

dell’attività svolta rispetto al percorso scolastico effettuato (titolo<br />

di studio); <strong>il</strong> giudizio di gradimento del lavoratore quanto<br />

alle condizioni d’impiego (retribuzione, sicurezza del posto di<br />

lavoro, orario eccetera), le possib<strong>il</strong>ità di accesso al “sapere” professionale,<br />

e ad un certo grado di autonomia nell’organizzazione<br />

delle proprie mansioni; la r<strong>il</strong>evazione di quali aspetti del lavoro<br />

siano considerati più importanti dai lavoratori.<br />

Le elaborazioni hanno permesso di individuare alcune variab<strong>il</strong>i<br />

che costituiscono elementi discriminanti ai fini dell’analisi<br />

sulla qualità del lavoro. Queste sono: l’attinenza del percorso<br />

scolastico rispetto al settore e alle mansioni di impiego, anche<br />

al di là del grado di scolarizzazione che comunque risulta anch’esso<br />

un fattore condizionante; la stab<strong>il</strong>ità contrattuale dell’occupazione;<br />

<strong>il</strong> grado di autonomia sul lavoro 6 ; <strong>il</strong> settore di<br />

impiego.<br />

Questi elementi, come si vedrà, combinandosi l’uno con l’altro<br />

configurano prof<strong>il</strong>i, o tipi, di approccio al lavoro, anche molto<br />

differenziati.<br />

• Qual è l’aspetto più importante del lavoro?<br />

Questa è la domanda che è stata posta ai lavoratori intervistati,<br />

i quali hanno risposto che è in assoluto la sicurezza del<br />

posto di lavoro l’elemento di maggior importanza. Si esprime<br />

così, infatti, ben <strong>il</strong> 41% del totale dei lavoratori. Sono soprattutto<br />

i lavoratori con contratti “standard” a indicare questo aspetto<br />

(47%), seguiti dai flessib<strong>il</strong>i (34%) e dagli autonomi ( %), per i<br />

quali è piuttosto la possib<strong>il</strong>ità di autorealizzazione – condizione<br />

e effetto dei percorsi di imprenditorialità – ad essere segnalata<br />

6 vale a dire, <strong>il</strong> bisogno soddisfatto di stab<strong>il</strong>ire con una certa libertà le condizioni<br />

immediate del proprio lavoro, di determinare autonomamente la propria<br />

condotta lavorativa (ISFOL, 004) e, infine, lo “sganciamento” dall’autorità<br />

aziendale gerarchicamente organizzata, che altre indagini mostrano essere<br />

uno degli aspetti che più riduce la qualità percepita del lavoro, in special<br />

modo nelle aziende di grande dimensione.<br />

107


più degli altri fattori (66%). D’altro canto, l’autorealizzazione è<br />

un aspetto tutt’altro che trascurato dai lavoratori dipendenti, dal<br />

momento che compare come seconda risposta sia per gli assunti<br />

a tempo indeterminato (15%) che per i flessib<strong>il</strong>i (19%).<br />

Per gli autonomi, <strong>il</strong> secondo fattore in ordine di importanza<br />

è invece proprio la sicurezza del posto ( %). Per tutti i lavoratori,<br />

<strong>il</strong> terzo elemento è la condizione retributiva: lo segnala <strong>il</strong><br />

1 % degli occupati standard, <strong>il</strong> 13% dei flessib<strong>il</strong>i, e <strong>il</strong> 19% degli<br />

autonomi.<br />

Meno importanti di altri aspetti sono considerati, in ordine,<br />

i rapporti con i colleghi e con i superiori (11%), la possib<strong>il</strong>ità<br />

di imparare cose nuove (4%), la possib<strong>il</strong>ità di carriera (3%), <strong>il</strong><br />

prestigio sociale della professione (3%), infine l’orario di lavoro<br />

( %) (Tab. 6. 7).<br />

tabella 6.27. L’aspetto della condizione di lavoro considerato “più importante” per tipologia<br />

contrattuale. Valori %<br />

tempo<br />

indeterminato<br />

Flessib<strong>il</strong>e Autonomo tOtALe<br />

Sicurezza del posto di lavoro 46,5 34, ,0 41,0<br />

Possib<strong>il</strong>ità di carriera 1,7 4,4 3,4 ,6<br />

rapporti con i colleghi/superiori 11,4 10,8 6,8 10,8<br />

Stipendio/reddito 11,7 1 ,7 18,6 1 ,6<br />

Possib<strong>il</strong>ità di autorealizzazione 14,9 19,0 35,6 17,9<br />

Possib<strong>il</strong>ità di imparare cose nuove 3,5 6,3 3,4 4,<br />

Orario di lavoro 1, 4,4 3,4 ,3<br />

Prestigio, stima degli altri 3,0 3, 0,0 ,7<br />

Non so 1,7 1,3 1,7 1,6<br />

Tutti 3,7 3, 3,4 3,6<br />

Nessuno 0,5 0,6 1,7 0,6<br />

TOTALE 100,0 100,0 100,0 100,0<br />

Gli aspetti maggiormente importanti del lavoro si risolvono<br />

dunque tra stab<strong>il</strong>ità dell’occupazione, aspirazioni all’autorealizzazione<br />

e alla gratificazione personale, e consistenza della retribuzione,<br />

che in tutti i casi sono le prime tre risposte date dai lavoratori<br />

al di là della tipologia contrattuale, come si può vedere<br />

dal prospetto seguente (Tab. 6. 8).<br />

108


tabella 6.28. Aspetti delle condizioni di lavoro: prime 3 risposte per numerosità per tipologia contrattuale<br />

tipologia<br />

contrattuale<br />

“… <strong>il</strong> più importante”<br />

Prima risposta seconda risposta terza risposta<br />

Tempo indeterminato Sicurezza del posto di lavoro Possib<strong>il</strong>ità di autorealizzazione Stipendio/reddito<br />

Flessib<strong>il</strong>i Sicurezza del posto di lavoro Possib<strong>il</strong>ità di autorealizzazione Stipendio/reddito<br />

Autonomi Possib<strong>il</strong>ità di autorealizzazione Sicurezza del posto di lavoro Stipendio/reddito<br />

“… <strong>il</strong> più soddisfacente”<br />

Tempo indeterminato rapporti con i colleghi/superiori Sicurezza del posto di lavoro Possib<strong>il</strong>ità di autorealizzazione<br />

Flessib<strong>il</strong>i rapporti con i colleghi/superiori Possib<strong>il</strong>ità di autorealizzazione Possib<strong>il</strong>ità di imparare cose nuove<br />

Autonomi Possib<strong>il</strong>ità di autorealizzazione rapporti con i colleghi/superiori Possib<strong>il</strong>ità di imparare cose nuove<br />

“… <strong>il</strong> meno soddisfacente”<br />

Tempo indeterminato “Nessuno” Stipendio/reddito “Non saprei”<br />

Flessib<strong>il</strong>i Sicurezza del posto di lavoro Stipendio/reddito Orario di lavoro<br />

Autonomi Stipendio/reddito Orario di lavoro “Nessuno”<br />

Le risposte fornite in particolare dai lavoratori flessib<strong>il</strong>i si<br />

concentrano, più di quelle date dai lavoratori assunti con contratti<br />

standard, sulle aspirazioni alla gratificazione personale e<br />

la qualità della professione. La sicurezza del posto di lavoro è<br />

comunque indicata da circa un lavoratore temporaneo su tre.<br />

Incrociando la variab<strong>il</strong>e sicurezza/insicurezza percepita del<br />

proprio lavoro con le risposte fornite circa gli aspetti che sono<br />

ritenuti più importanti, emergono alcuni importanti risultati,<br />

soprattutto per quanto riguarda i lavoratori flessib<strong>il</strong>i.<br />

In particolare, l’importanza assegnata alla sicurezza del posto<br />

di lavoro è correlata inversamente rispetto alla percezione<br />

della sua incertezza: tra i lavoratori flessib<strong>il</strong>i che sperimentano<br />

un posto di lavoro poco o per niente sicuro, sono relativamente<br />

di più quanti hanno indicato questo aspetto delle condizioni di<br />

lavoro come “<strong>il</strong> più importante” (39% contro <strong>il</strong> 31% dei lavoratori<br />

“sicuri” del posto”) (Tab. 6. 9).<br />

109


tabella 6.29. L’aspetto della condizione di lavoro considerato “più importante”, per tipologia<br />

contrattuale e grado di sicurezza percepita del posto di lavoro. Valori %<br />

L’aspetto più importante sicuro o abbastanza Poco sicuro o per niente<br />

tempo Flessib<strong>il</strong>i Auton. tOtALe tempo Flessib<strong>il</strong>i Auton. tOtALe<br />

indeterm. indeterm.<br />

Sicurezza posto di lavoro 46,3 31,4 16,3 40,8 48,5 39,3 30,8 41,<br />

Possib<strong>il</strong>ità di carriera 1,9 ,9 ,3 , 0,0 7,1 7,7 4,9<br />

rapporti con i colleghi/superiori 11,5 11,8 7,0 11, 9,1 8,9 7,7 8,8<br />

Stipendio 1 ,3 14,7 18,6 13,3 6,1 8,9 3,1 9,8<br />

Possib<strong>il</strong>ità di autorealizzazione 15,6 15,7 39,5 17,6 9,1 5,0 3,1 19,6<br />

Imparare cose nuove 3,6 5,9 ,3 3,9 3,0 7,1 7,7 5,9<br />

Orario di lavoro 0,8 5,9 4,7 , 6,1 1,8 0,0 ,9<br />

Prestigio, stima degli altri ,5 4,9 0,0 ,7 9,1 0,0 0,0 ,9<br />

Non so 1,1 ,0 ,3 1,4 6,1 0,0 0,0 ,0<br />

Tutti 3,8 3,9 4,7 3,9 3,0 1,8 0,0 ,0<br />

Nessuno 0,5 1,0 ,3 0,8 0,0 0,0 0,0 0,0<br />

TOTALE 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0<br />

Sempre considerando le risposte dei lavoratori con contratti<br />

temporanei, si r<strong>il</strong>eva che alla percezione di una maggiore sicurezza<br />

del posto di lavoro si accompagna invece una più elevata considerazione<br />

della qualità dei rapporti con colleghi e superiori (1 %<br />

<strong>il</strong> dato dei lavoratori più sicuri, 9% i più insicuri), dell’orario di<br />

lavoro (6% contro <strong>il</strong> %), e della retribuzione (15% contro <strong>il</strong> 9%).<br />

• Qual è l’aspetto più soddisfacente?<br />

È <strong>il</strong> rapporto con i colleghi/con i superiori l’elemento rispetto<br />

al <strong>quale</strong> i lavoratori (salvo gli autonomi) si dicono “più soddisfatti”<br />

– così risponde circa <strong>il</strong> 4% dei lavoratori. L’unica eccezione è<br />

rappresentata appunto dai lavoratori indipendenti, che indicano<br />

questa risposta solo nel 1 % dei casi. Il 19%, invece, dichiara<br />

di trovare maggiormente soddisfacente la “possib<strong>il</strong>ità di autorealizzazione”<br />

che l’attuale occupazione gli consente, con punte<br />

tra i lavoratori autonomi (48%), e un certo consenso anche tra<br />

i flessib<strong>il</strong>i ( 3%), mentre tra gli assunti a tempo indeterminato<br />

questo fattore sembra non pesare in misura così marcata (13%).<br />

Piuttosto, quest’ultimi apprezzano la certezza del posto (19%),<br />

esattamente al contrario – ovviamente – dei lavoratori con contratto<br />

“non standard”, che non ne dispongono (3%). Anche tra<br />

gli autonomi la sicurezza del posto di lavoro non è tra gli aspetti<br />

che più si considera soddisfacente, dal momento che solo <strong>il</strong> 5%<br />

lo indica come elemento di maggior soddisfazione dell’attuale<br />

110


condizione lavorativa – vedremo in seguito perché.<br />

Il 10% dei lavoratori standard e <strong>il</strong> 9% dei flessib<strong>il</strong>i indica<br />

anche l’orario di lavoro come fattore più soddisfacente; l’orario<br />

non è invece altrettanto considerato dagli autonomi (5%),<br />

che mostrano piuttosto di apprezzare – così come fanno i flessib<strong>il</strong>i<br />

– le possib<strong>il</strong>ità di apprendimento formale o informale (“la<br />

possib<strong>il</strong>ità di imparare cose nuove”), cioè uno degli elementi che<br />

insieme alla formazione, consentendo lo sv<strong>il</strong>uppo delle competenze<br />

personali, incrementa l’autopercezione della propria occupab<strong>il</strong>ità,<br />

ritenuta in misura crescente dalle giovani generazioni<br />

una valida difesa per l’incertezza lavorativa, talvolta più efficace<br />

delle tutele contrattuali (Tab. 6.30).<br />

tabella 6.30. L’aspetto della condizione di lavoro di cui si è “più soddisfatti” per tipologia<br />

contrattuale. Valori %<br />

tempo<br />

indeterminato<br />

111<br />

Flessib<strong>il</strong>e Autonomo tOtALe<br />

Sicurezza del posto di lavoro 19, ,5 5,1 13,6<br />

Possib<strong>il</strong>ità di carriera ,7 1,9 1,7 ,4<br />

rapporti con i colleghi/superiori 4,6 5,3 11,9 3,6<br />

Stipendio/reddito 5,7 7,6 3,4 6,0<br />

Possib<strong>il</strong>ità di autorealizzazione 13,4 ,8 47,5 19,1<br />

Possib<strong>il</strong>ità di imparare cose nuove 6,5 1 ,0 10, 8,<br />

Orario di lavoro 10,4 8,9 5,1 9,5<br />

Prestigio, stima degli altri 5,0 5,1 0,0 4,5<br />

Non so 4,7 7,0 5,1 5,3<br />

Tutti 4,0 3, 6,8 4,0<br />

Nessuno 3,7 3,8 3,4 3,7<br />

TOTALE 100,0 100,0 100,0 100,0<br />

Tra i lavoratori temporanei, possono inoltre distinguersi<br />

due differenti prof<strong>il</strong>i di approccio al lavoro, in base al grado<br />

di congruenza dell’attuale occupazione con <strong>il</strong> titolo di studio<br />

(Tab. 6.31).


tabella 6.31. Lavoratori flessib<strong>il</strong>i: l’aspetto del lavoro considerato “più soddisfacente” per<br />

congruenza dell’attuale occupazione rispetto al titolo di studio. Valori %<br />

sì, molto<br />

attinente<br />

11<br />

sì, ma solo<br />

in parte<br />

No, per<br />

niente<br />

totale<br />

Sicurezza del posto di lavoro 0,0 3,6 4,4 ,5<br />

Possib<strong>il</strong>ità di carriera 3,3 0,0 1,5 1,9<br />

rapporti con i colleghi/superiori 0,0 8,6 9,4 5,3<br />

Stipendio/reddito 1,7 10,7 11,8 7,6<br />

Possib<strong>il</strong>ità di autorealizzazione 33,3 1,4 14,7 ,8<br />

Possib<strong>il</strong>ità di imparare cose nuove 16,7 10,7 8,8 1 ,0<br />

Orario di lavoro 6,7 10,7 10,3 8,9<br />

Prestigio, stima degli altri 8,3 0,0 4,4 5,1<br />

Non so 3,3 10,7 7,4 7,0<br />

Tutti 3,3 3,6 1,5 3,<br />

Nessuno 3,3 0,0 5,9 3,8<br />

TOTALE 100,0 100,0 100,0 100,0<br />

Se si esamina la relazione tra attinenza della mansione professionale<br />

rispetto al percorso formativo e aspetti del lavoro<br />

considerati “più soddisfacenti”, gli occupati che affermano la<br />

maggiore congruenza del proprio lavoro rispetto a ciò per cui<br />

hanno studiato, apprezzano più dei lavoratori con un percorso<br />

per così dire “incoerente”, la “possib<strong>il</strong>ità di autorealizzazione”<br />

(33% contro <strong>il</strong> 15%), la “possib<strong>il</strong>ità di imparare cose nuove” (rispettivamente,<br />

17% e 9%), <strong>il</strong> prestigio sociale (8% contro <strong>il</strong> 4%),<br />

ed anche la possib<strong>il</strong>ità di carriera (3% contro l’1%), nonostante<br />

quest’ultima risposta sia in assoluto tra gli aspetti che meno soddisfano<br />

gli occupati non standard.<br />

viceversa, chi risponde “no, per niente” alla domanda sull’attinenza<br />

del titolo di studio, è in proporzione più soddisfatto del<br />

rapporto con i colleghi/superiori ( 9% contro <strong>il</strong> 0%), dell’orario<br />

di lavoro (10% contro <strong>il</strong> 7%), dello stipendio (1 % e %), e infine<br />

anche della sicurezza del posto di lavoro (4% contro nessuno<br />

degli occupati con una elevata congruenza).<br />

Anche l’incrocio tra grado di scolarizzazione e aspetti di<br />

maggiore soddisfazione del lavoro (con alcune eccezioni), fa registrare<br />

una divaricazione tra soggetti con titolo di studio più<br />

elevato (che apprezzano in particolare le possib<strong>il</strong>ità di carriera,<br />

di autorealizzazione, e di apprendimento offerte dall’attuale lavoro)<br />

e lavoratori con bassa scolarizzazione (per i quali al contrario<br />

sono aspetti maggiormente gratificanti la sicurezza del


posto di lavoro e i rapporti con i colleghi ed i superiori). Ne deriva<br />

l’impressione – come suffragato da altre elaborazioni – che<br />

i lavoratori più istruiti, qualificati e con alle spalle un percorso<br />

formativo coerente con l’attuale mansione, siano più attenti alle<br />

opportunità di lungo periodo di una carriera per la <strong>quale</strong> hanno<br />

studiato e che appare in grado di offrire loro una reale gratificazione<br />

personale, piuttosto che agli aspetti “materiali” del lavoro.<br />

I costi della flessib<strong>il</strong>ità, di cui peraltro la stragrande maggioranza<br />

è perfettamente cosciente, sono in qualche modo “scambiati”<br />

con <strong>il</strong> maggior valore delle aspirazioni individuali. In breve, con<br />

i contenuti del lavoro.<br />

Del resto, i lavoratori instab<strong>il</strong>i sono anche <strong>il</strong> gruppo che fa<br />

registrate in proporzione una maggiore attinenza dei contenuti<br />

del lavoro rispetto ai titoli di studio (Tab. 6.3 ).<br />

tabella 6.32. Lavoratori con contratti “standard” e flessib<strong>il</strong>i: congruenza dell’attuale<br />

occupazione rispetto al titolo di studio per tipologia contrattuale. Valori %<br />

tipologia contrattuale sì, molto<br />

attinente<br />

sì, ma solo<br />

in parte<br />

113<br />

No, per<br />

niente<br />

Non<br />

saprei<br />

totale<br />

Tempo Indeterminato 8,1 1,4 48,0 ,5 100,0<br />

Flessib<strong>il</strong>e 39,9 18, 40,6 1,4 100,0<br />

TOTALE 31, 0,6 46,1 , 100,0<br />

Infatti, <strong>il</strong> 40% degli occupati temporanei giudica “molto attinente”<br />

al proprio lavoro <strong>il</strong> titolo di studio di cui è in possesso,<br />

contro <strong>il</strong> 8% degli occupati con contratti standard. Contemporaneamente,<br />

sono in numero minore coloro che dichiarano<br />

l’assoluta incongruenza degli stessi: <strong>il</strong> 41% dei flessib<strong>il</strong>i, contro<br />

<strong>il</strong> 48% dei lavoratori assunti a tempo indeterminato.<br />

Il questionario permetteva anche di analizzare se, adottando<br />

un’ottica diacronica, le condizioni di lavoro fossero mutate nel<br />

breve periodo. Queste, rispetto ad un anno fa, nell’opinione di<br />

più della metà dei lavoratori flessib<strong>il</strong>i sono rimaste complessivamente<br />

stab<strong>il</strong>i (54%), mentre per <strong>il</strong> 30% si è registrato un miglioramento<br />

e, per una minoranza, un peggioramento (16%).<br />

rispetto alla media di tutti i lavoratori, tra i flessib<strong>il</strong>i sono di più<br />

quanti ritengono peggiorata la propria condizione (16% contro<br />

l’11% complessivo) (Tab. 6.33).


tabella 6.33. “Come considera la sua condizione lavorativa attuale rispetto a quella di un<br />

anno fa?” per tipologia contrattuale. Valori %<br />

tempo indeterminato Flessib<strong>il</strong>e Autonomo tOtALe<br />

Uguale 64,9 54,1 35,6 59,4<br />

Migliore 7,1 30,4 44,1 9,6<br />

Peggiore 8,0 15,5 0,3 11,0<br />

TOTALE 100,0 100,0 100,0 100,0<br />

In particolare, per i lavoratori flessib<strong>il</strong>i sono migliorate soprattutto<br />

le condizioni salariali (31%), l’itinerario di crescita<br />

professionale ( 8%), le possib<strong>il</strong>ità di avere accesso ad iniziative<br />

di formazione ( 5%) e <strong>il</strong> grado di autonomia con cui è svolto <strong>il</strong><br />

proprio lavoro ( 5%). D’altra parte, per ognuno di questi aspetti<br />

come per gli altri su cui si richiedeva un giudizio, la maggioranza<br />

assoluta ritiene sostanzialmente inalterate le condizioni di<br />

lavoro rispetto ad anno fa (Tab. 6.34).<br />

tabella 6.34. Lavoratori flessib<strong>il</strong>i: “come giudica i seguenti aspetti della condizione lavorativa<br />

rispetto ad un anno fa?”. Valori %<br />

migliorati Peggiorati Uguali Non so tOtALe<br />

Le condizioni salariali 31,1 8,8 58,8 1,4 100,0<br />

Possib<strong>il</strong>ità di recupero/riposo<br />

18,9 7,4 71,6 ,0 100,0<br />

Continuità del lavoro/<br />

sicurezza dell’impiego<br />

19,6 10,1 66,9 3,4 100,0<br />

Possib<strong>il</strong>ità di Formazione 5,0 3,4 64, 7,4 100,0<br />

Diritti sindacali<br />

(Malattia, maternità,<br />

paternità, ecc.)<br />

17,6 7,4 68, 6,8 100,0<br />

Possib<strong>il</strong>ità di crescita<br />

professionale<br />

7,7 8,8 58,1 5,4 100,0<br />

Autonomia del lavoro<br />

svolto<br />

5,0 4,7 65,5 4,7 100,0<br />

viceversa, la certezza della continuità del lavoro è risultata la dimensione<br />

che si ritiene essere peggiorata in maggior misura, anche<br />

se questo giudizio è dato “solo” da un lavoratore su 10, <strong>il</strong> che non<br />

esclude peraltro che per <strong>il</strong> 70% di quanti affermano la sua sostanziale<br />

“stab<strong>il</strong>ità”, si tratti di una stab<strong>il</strong>ità verso <strong>il</strong> basso, secondo una<br />

dinamica di cronicizzazione, o intrappolamento, nella flessib<strong>il</strong>ità 7 .<br />

7 “Chi ha un lavoro a tempo indeterminato e vuole cambiarlo sarà soddisfatto<br />

solo se quello nuovo è migliore, mentre chi ha un lavoro a tempo determinato<br />

in scadenza sarà già soddisfatto se non è peggiore” (Accornero, 006b).<br />

114


• E <strong>il</strong> meno soddisfacente?<br />

Passiamo agli aspetti che meno sono giudicati soddisfacenti:<br />

innanzitutto, è da notare e valutare con molta attenzione <strong>il</strong><br />

fatto che la maggioranza relativa ( 0%) dei lavoratori risponda<br />

che non c’è nessun aspetto dell’attività lavorativa che meriti la<br />

definizione di “non soddisfacente” (sebbene siano tanti i “non<br />

so”). Tuttavia questa valutazione è fortemente polarizzata tra<br />

tempi indeterminati/autonomi da un lato (rispettivamente, 3%<br />

e 19%), e flessib<strong>il</strong>i dall’altro (“solo” <strong>il</strong> 13%).<br />

Quest’ultimi si concentrano infatti sulla mancata certezza<br />

del posto di lavoro, con una percentuale del 7% che è sensib<strong>il</strong>mente<br />

superiore a quella media (9%) (Tab. 6.35).<br />

tabella 6.35. L’aspetto della condizione di lavoro di cui si è “più insoddisfatti” per tipologia<br />

contrattuale. Valori %<br />

tempo<br />

Flessib<strong>il</strong>e Autonomo tOtALe<br />

indeterminato<br />

Sicurezza del posto di lavoro , 7, 10, 9,4<br />

Possib<strong>il</strong>ità di carriera 6,5 6,3 0,0 5,8<br />

rapporti con i colleghi/superiori 8,0 5,1 3,4 6,8<br />

Stipendio/reddito 18,9 15, 7,1 18,7<br />

Possib<strong>il</strong>ità di autorealizzazione 6,5 3,8 0,0 5,<br />

Possib<strong>il</strong>ità di imparare cose nuove ,7 1,3 0,0 ,1<br />

Orario di lavoro 1 ,9 13,9 0,3 13,9<br />

Prestigio, stima degli altri ,0 3, 6,8 ,7<br />

Non so 14,4 7,0 10, 1 ,1<br />

Tutti 3,0 3,8 3,4 3,<br />

Nessuno ,9 13,3 18,6 0,0<br />

TOTALE 100,0 100,0 100,0 100,0<br />

L’insieme degli intervistati lamenta secondariamente la scarsità<br />

della retribuzione, ritenuto <strong>il</strong> fattore “meno soddisfacente”<br />

dal 19% di tutti i lavoratori, in special modo dagli autonomi<br />

( 7%) e, in misura inferiore, dai lavoratori con contratti standard<br />

(19%). Il dato relativo ai flessib<strong>il</strong>i, che come abbiamo visto<br />

hanno buste-paga mediamente più leggere degli altri lavoratori,<br />

è ciò nonostante più basso (15%).<br />

• L’incertezza del posto di lavoro<br />

Al di là della minore o maggiore importanza conferita, la<br />

percezione della sicurezza della propria occupazione è, come<br />

abbiamo visto, un elemento che convoglia su di sé le maggiori<br />

115


soddisfazioni come le insoddisfazioni. Nel caso dei lavoratori<br />

flessib<strong>il</strong>i, più di un terzo definisce la propria posizione lavorativa<br />

“poco o per niente” sicura (33% degli uomini, 37% delle donne),<br />

contro <strong>il</strong> 16,5% del totale di tutti i lavoratori (Graf. 6.6).<br />

Grafico 6.6. “Ritiene che <strong>il</strong> suo posto di lavoro sia…” per attuale tipologia contrattuale.<br />

Valori %<br />

Quali sono le ragioni di questa incertezza? Nel caso dei lavoratori<br />

flessib<strong>il</strong>i, per l’80% la motivazione va ricercata nel contratto<br />

di lavoro precario (nel caso dei collaboratori coordinati e continuativi<br />

la percentuale di questa risposta sale ulteriormente). Si<br />

tratta di una percentuale doppia della media (pari al 45%), che<br />

si discosta in modo marcato rispetto alle risposte fornite dagli<br />

autonomi, per i quali le cause dell’incertezza sono identificate<br />

nel fatto di “lavorare in un settore in crisi” (39%), e nella convinzione<br />

che “<strong>oggi</strong> nessun posto di lavoro è sicuro” (31%), e naturalmente<br />

dalle risposte date dai lavoratori con contratti standard<br />

a tempo indeterminato, per i quali l’insicurezza del posto di lavoro<br />

coincide essenzialmente con i timori di un’eventuale crisi<br />

di settore e/o aziendale 8 (Tab. 6.36).<br />

8 Secondo l’ISTAT, la probab<strong>il</strong>ità di perdere <strong>il</strong> lavoro nell’arco di un anno di un<br />

lavoratore con contratto standard è del 4%; per un lavoratore flessib<strong>il</strong>e è del<br />

14%.<br />

116


tabella 6.36. Lavoratori che hanno dichiarato “poco o per niente” sicuro <strong>il</strong> proprio posto di<br />

lavoro per tipologia contrattuale e ragione dell’incertezza. Valori %<br />

tempo<br />

indeterminato<br />

117<br />

Flessib<strong>il</strong>e Autonomo tOtALe<br />

Lavoro in un settore in crisi 18, 5,4 38,5 13,7<br />

Lavoro in un’azienda in difficoltà 4 ,4 1,8 0,0 14,7<br />

Ho un contratto di lavoro<br />

precario<br />

Oggi nessun posto di lavoro<br />

è sicuro<br />

0,0 80,4 7,7 45,1<br />

18, 10,7 30,8 15,7<br />

Altro 1, 1,8 3,1 10,8<br />

TOTALE 100,0 100,0 100,0 100,0<br />

Tra i lavoratori flessib<strong>il</strong>i, al contrario di quanto avviene tra<br />

gli assunti a tempo indeterminato, si sentono meno sicuri gli<br />

occupati del settore pubblico che non quelli del privato e del terzo<br />

settore: rispettivamente, sono poco o per niente sicuri della<br />

continuità del lavoro <strong>il</strong> 51% dei lavoratori del settore pubblico,<br />

<strong>il</strong> 9% del settore privato, <strong>il</strong> % del terzo settore.<br />

Tra gli occupati con contratti standard, pur nell’elevatissima<br />

quota di coloro che giudicano del tutto o abbastanza sicuro <strong>il</strong><br />

proprio impiego (9 %), vi sono delle differenze secondo <strong>il</strong> settore:<br />

si sentono poco o per niente sicuri più degli altri i lavoratori<br />

del privato (9%), quindi quelli dell’area del no-profit (6%), infine<br />

i lavoratori pubblici (4%) (Tab. 6.37).<br />

tabella 6.37. “Ritiene che <strong>il</strong> suo posto di lavoro sia…” , per attuale tipologia contrattuale e<br />

settore di impiego pubblico. Valori %<br />

settore sicuro o abbastanza sicuro Poco o per niente sicuro tOtALe<br />

Flessib<strong>il</strong>i<br />

Pubblico 49,0 51,0 100,0<br />

Privato 71,1 8,9 100,0<br />

Terzo settore 77,8 , 100,0<br />

TOTALE 63,6 36,4 100,0<br />

A tempo indeterminato<br />

Pubblico 96, 3,8 100,0<br />

Privato 90,6 9,4 100,0<br />

Terzo settore 94,3 5,7 100,0<br />

TOTALE 91,7 8,3 100,0


Se, considerando ancora una volta i lavoratori flessib<strong>il</strong>i, torniamo<br />

ad analizzare le risposte rese alla domanda sugli aspetti<br />

“meno soddisfacenti”, e distinguiamo quanti, al di là della posizione<br />

contrattuale “temporanea”, affermano di essere comunque<br />

moderatamente certi della continuità professionale, e quanti al<br />

contrario percepiscono una grande incertezza a questo proposito,<br />

l’ipotesi avanzata in precedenza di uno “scambio” tra sicurezza<br />

del posto di lavoro/aspirazioni professionali e del percorso<br />

lavorativo, va riesaminata.<br />

risulta infatti che ben <strong>il</strong> 54% degli “insicuri” del posto segnala<br />

come elemento “più insoddisfacente” proprio la sicurezza<br />

lavorativa, là dove i “sicuri” non indicano tale fattore se non nel<br />

13% dei casi.<br />

Anche all’interno del gruppo dei flessib<strong>il</strong>i, dunque, è palese<br />

l’esistenza di gradi differenti di insicurezza, che per taluni è oltremodo<br />

sofferta, e per altri continua invece ad essere considerata<br />

un fattore meno importante di altri.<br />

Questa forbice così ampia consente di considerare “discriminante<br />

e sineddotica” per la nostra analisi la variab<strong>il</strong>e “percezione<br />

della sicurezza dell’occupazione” (ISFOL, 004), e di distinguere,<br />

nel gruppo dei lavoratori instab<strong>il</strong>i, i “flessib<strong>il</strong>i” dai “precari”.<br />

Tra queste due categorie, che indubbiamente disegnano percorsi<br />

professionali molto diversi nell’esito – più che nell’iniziale<br />

approccio al lavoro – si dividono i lavoratori anche quando è<br />

chiesto loro se vorrebbero cambiare occupazione.<br />

• Vorrebbe cambiare lavoro?<br />

In complesso, <strong>il</strong> 60% del campione di tutti i lavoratori intervistati<br />

al di là della tipologia contrattuale, si dichiara soddisfatto<br />

della propria condizione lavorativa, tanto da dichiarare di non<br />

volerla cambiare, mentre <strong>il</strong> 5% vorrebbe cambiare lavoro e <strong>il</strong><br />

13% crede di non poter comunque trovare un’occupazione migliore<br />

di quella attuale.<br />

Per gli occupati con contratti stab<strong>il</strong>i (le cui risposte sono in<br />

linea con <strong>il</strong> totale del campione), le ragioni del cambiamento<br />

sono rappresentate innanzitutto dalla retribuzione, quindi da<br />

lavori con maggiori possib<strong>il</strong>ità di carriera e più formativi, oltre<br />

che più gratificanti. Gli autonomi, invece, nonostante tutto<br />

non sembrano aspirare ad un cambiamento (solo l’8% afferma<br />

di voler cambiare, mentre quasi l’80% risponde di essere soddisfatto).<br />

Quanto ai lavoratori con contratti “non standard”, questi<br />

sono più propensi degli altri, anche se non in misura molto mar-<br />

118


cata, a desiderare un’altra professione (lo afferma <strong>il</strong> 9% dei flessib<strong>il</strong>i<br />

contro <strong>il</strong> 4% della media complessiva), e di converso a<br />

dichiararsi meno soddisfatti dell’attuale occupazione (54% contro<br />

<strong>il</strong> 60% di tutti i lavoratori). Tra chi ritiene di essere convinto<br />

di non poter comunque trovare, al di là dei propri desideri, un<br />

altro lavoro (<strong>il</strong> 15% dei flessib<strong>il</strong>i, una percentuale in linea con<br />

la media generale delle risposte di tutti i lavoratori), le donne si<br />

trovano leggermente sovrarappresentate (Tab. 6.38).<br />

tabella 6.38. “Vorrebbe cambiare lavoro?”, per tipologia contrattuale e sicurezza percepita del<br />

posto di lavoro. Valori %<br />

sicuro o abbastanza Poco sicuro o per niente tOtALe<br />

tempo Fless. Auton. tOt. tempo Fless. Auton. tOt. tempo Fless. Auton. tOt.<br />

indet. indet. indet.<br />

Sì ,5 4,5 7,0 1,6 51,5 37,5 15,4 39, 4,6 9,1 8,5 4,<br />

No, sono soddisfatto 6 ,7 60,8 86,0 64,3 30,3 4 ,9 61,5 41, 60, 54,4 78,0 60,4<br />

Non credo di poter trovare<br />

un lavoro migliore<br />

13, 1 ,7 7,0 1 ,5 15, 17,9 3,1 17,6 13,4 14,6 11,9 13,6<br />

Non so 1,6 ,0 0,0 1,6 3,0 1,8 0,0 ,0 1,7 1,9 1,7 1,8<br />

TOTALE 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0<br />

A fare pesantemente la differenza nelle risposte fornite circa<br />

la volontà di cambiare occupazione o viceversa dirsi soddisfatti<br />

(o rassegnati) all’attuale posto di lavoro, non è tuttavia tanto la<br />

tipologia contrattuale di impiego, quanto – di nuovo – la certezza<br />

del lavoro.<br />

Questa variab<strong>il</strong>e infatti polarizza le risposte di tutte le categorie<br />

di lavoratori prese in considerazione, e non solo quelle dei<br />

lavoratori flessib<strong>il</strong>i: così, tra i tempi indeterminati <strong>il</strong> numero di<br />

coloro che sono disposti a cambiare occupazione sale fino a oltre<br />

la metà nel caso la sicurezza del posto di lavoro sia percepita<br />

come bassa o nulla (per ragioni di crisi aziendali o di settore).<br />

Analogamente, tra i lavoratori autonomi la percentuale – in sé<br />

abbastanza bassa – di chi vuole cambiare, praticamente raddoppia<br />

tra gli insicuri. E, infine, tra i lavoratori flessib<strong>il</strong>i, la forbice<br />

tra sicuri e insicuri dell’attuale occupazione si allarga notevolmente:<br />

se i primi sono soddisfatti nel 63% dei casi, i secondi<br />

lo sono soltanto per <strong>il</strong> 43% del totale; i “sicuri” sono rassegnati<br />

all’idea di non poter trovare un lavoro migliore nel 13% del totale,<br />

gli “insicuri” che danno questa risposta sono invece <strong>il</strong> 3%; e<br />

119


soprattutto, sale la percentuale di coloro che, incerti sulla continuità<br />

dell’occupazione, affermano di voler cambiare (38% contro<br />

una media del 9%).<br />

Concentrandosi ancora sui flessib<strong>il</strong>i, la volontà di cambiare<br />

lavoro è positivamente correlata all’attinenza dei percorsi scolastici<br />

e formativi (se questa è maggiore, risulta più elevato anche<br />

<strong>il</strong> desiderio di cambiare lavoro), e anche al titolo di studio. In<br />

questa distribuzione delle risposte emerge infatti la maggiore<br />

dinamicità sul mercato del lavoro dei soggetti più qualificati ed<br />

istruiti, ed anche un “effetto intrappolamento” di quanti possiedono<br />

un basso grado di scolarizzazione, che più degli altri “non<br />

credono di poter trovare un’altra occupazione”. Analogamente,<br />

chi lavora con mansioni che risultano incoerenti rispetto al proprio<br />

percorso formativo, non crede di poter reperire un lavoro<br />

migliore ( 1% contro una media del 15%) (Tabb. 6.39-6.40).<br />

tabella 6.39. Lavoratori flessib<strong>il</strong>i: “Vorrebbe cambiare lavoro?”, per attinenza del titolo di<br />

studio ai contenuti dell’attuale occupazione. Valori %<br />

sì, molto<br />

attinente<br />

1 0<br />

sì, ma solo<br />

in parte<br />

No,<br />

per niente<br />

tOtALe<br />

Sì 5,0 1,4 35,3 8,8<br />

No, sono soddisfatto di quello che ho 63,3 64,3 4 ,6 54,5<br />

No, non credo di poter trovare un<br />

lavoro migliore<br />

10,0 10,7 0,6 14,7<br />

Non so 1,7 3,6 1,5 1,9<br />

TOTALE 100,0 100,0 100,0 100,0<br />

tabella 6.40. Lavoratori flessib<strong>il</strong>i: “Vorrebbe cambiare lavoro?”, per grado di scolarizzazione.<br />

Valori %<br />

Basso medio Alto tOtALe<br />

Sì 6,8 4,7 40,0 9,1<br />

No, sono soddisfatto di quello che ho 53,7 59,7 45,0 54,4<br />

No, non credo di poter trovare un<br />

lavoro migliore<br />

19,5 11,7 15,0 14,6<br />

Non so 0,0 3,9 0,0 1,9<br />

TOTALE 100,0 100,0 100,0 100,0<br />

I venditori e i commessi sono più propensi ad un cambio di<br />

occupazione, seguiti dagli operai (specializzati e non), che più<br />

che altro dichiarano di non poter cambiare lavoro, perché convinti<br />

di “non riuscire a trovare un lavoro migliore”. I più restii a


mutare occupazione sono, com’era lecito attendersi, i lavoratori<br />

classificati come appartenenti alle “professioni di medio-alto livello”,<br />

e anche gli impiegati.<br />

Naturalmente, la volontà di cambiare lavoro è anche inversamente<br />

proporzionale alla retribuzione.<br />

Ma la variab<strong>il</strong>e maggiormente esplicativa della scelta tra preferenza<br />

per <strong>il</strong> posto attuale e volontà di cambiamento dell’attuale<br />

occupazione, è <strong>il</strong> settore di impiego.<br />

Come si può osservare, i giudizi sono in questo caso estremamente<br />

differenziati secondo <strong>il</strong> ramo di attività. Il 38% di chi lavora<br />

nel commercio e <strong>il</strong> 36% degli assunti nel settore dei servizi alle<br />

imprese desiderano cambiare; questi risultati si spiegano tuttavia<br />

con ragioni differenti. Tra i primi, infatti, pesa la congiunzione<br />

orari di lavoro prolungati-scarsa gratificazione-retribuzione non<br />

alta; per i secondi, <strong>il</strong> voler cambiare posto di lavoro è piuttosto<br />

un segno di dinamismo e di apertura che non per caso è correlato<br />

con livelli di scolarizzazione mediamente più alti.<br />

Gli intervistati che vogliono cambiare lavoro sono in numero<br />

nettamente più basso nei settori della manifattura, della ristorazione<br />

e del turismo, dei servizi alle persone (dove però molti sono<br />

anche convinti dell’impossib<strong>il</strong>ità di trovare un lavoro migliore).<br />

L’elemento che appare discriminante, in realtà, è la combinazione<br />

tra l’occupazione in un settore di impiego a scarsa gratificazione<br />

individuale e la percezione dell’incertezza della continuità<br />

lavorativa; quest’ultima, in particolare, determina tra gli<br />

occupati nei rami degli alberghi/ristoranti, delle attività manifatturiere/costruzioni,<br />

e del commercio, un orientamento netto<br />

al voler cambiare lavoro.<br />

Mentre nei settori dove più si danno opportunità di qualificazione<br />

e di apprendimento 9 , vale a dire l’area dei servizi alle<br />

imprese e alle persone, l’insicurezza del posto non sembra condizionare<br />

oltremisura la volontà di permanenza in un’occupazione<br />

che è sentita come propria, nei rimanenti settori 30 <strong>il</strong> doppio<br />

svantaggio di precarietà e bassa gratificazione professionale<br />

rende inaccettab<strong>il</strong>e l’idea dell’immob<strong>il</strong>ità occupazionale, e perciò<br />

si massimizza la propensione al cambiamento.<br />

Così, negli occupati negli alberghi e nei ristoranti <strong>il</strong> 9% è<br />

propenso a cambiare lavoro, ma tra gli incerti del posto la per-<br />

9 Il maggior numero di lavoratori che ha svolto attività formative si ritrova nei<br />

settori dei servizi alle aziende e alle persone.<br />

30 Esclusa l’agricoltura, per l’irr<strong>il</strong>evanza statistica dei risultati.<br />

1 1


centuale corrispondente sale al 100%; nel commercio, <strong>il</strong> 38%<br />

in media vuole cambiare occupazione ma – di nuovo – tra chi<br />

non è sicuro del posto le risposte di questo genere arrivano al<br />

50%. risultati analoghi si hanno per l’industria. Al contrario,<br />

nei servizi alle imprese, la quota di lavoratori decisi a cambiare<br />

occupazione sono <strong>il</strong> 36%, in linea con la percentuale di risposta<br />

espressa dagli insicuri (34%), così come accade per gli assunti<br />

nei servizi alle persone ( 6% <strong>il</strong> totale di chi vuole cambiare, 7%<br />

<strong>il</strong> dato degli incerti) (Tab. 6.41).<br />

tabella 6.41. Lavoratori flessib<strong>il</strong>i: “Vorrebbe cambiare lavoro?”, per settore e incertezza del<br />

posto di lavoro. Valori %<br />

Attività manifatturiere e<br />

costruzioni<br />

Commercio Alberghi e ristoranti servizi alle imprese servizi alle persone<br />

di cui incerti tOtALe di cui incerti tOtALe di cui incerti tOtALe di cui incerti tOtALe di cui incerti tOtALe<br />

Sì 60,0 6,1 50,0 38,5 100,0 8,6 33,3 36,4 6,7 5,8<br />

No, sono soddisfatto 0,0 60,9 50,0 38,5 0,0 64,3 66,7 54,5 46,7 54,8<br />

Non troverò un lavoro migliore 0,0 13,0 0,0 15,4 0,0 7,1 0,0 4,5 6,7 17,7<br />

Non so 0,0 0,0 0,0 7,7 0,0 0,0 0,0 4,5 0,0 1,6<br />

TOTALE 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0<br />

Ovviamente, l’aspirazione ad un cambiamento si risolve, dal<br />

punto di vista contrattuale, nel desiderio di disporre di un contratto<br />

a tempo indeterminato per la quasi totalità degli intervistati<br />

con contratti di lavoro flessib<strong>il</strong>e (Tab. 6.4 ).<br />

tabella 6.42. Lavoratori che desiderano cambiare l’occupazione: “Con <strong>quale</strong> tipo di contratto<br />

vorrebbe lavorare?” per tipologia contrattuale. Valori %<br />

tempo Indeterminato Flessib<strong>il</strong>i Autonomi tOtALe<br />

Un lavoro dipendente con un contratto a tempo indeterminato 79,8 91,3 40,0 8 ,0<br />

Un lavoro dipendente a tempo non indeterminato 1,0 , 0,0 1,3<br />

Un lavoro autonomo 9,1 , 0,0 7,3<br />

Collaborazione coordinata e continuativa 1,0 0,0 0,0 0,7<br />

Altro 7,1 0,0 0,0 4,7<br />

Non so ,0 4,3 40,0 4,0<br />

TOTALE 100,0 100,0 100,0 100,0<br />

Come abbiamo visto, vi sono dei fattori precisi sui quali si<br />

costruisce la soddisfazione del lavoro, e di contro anche degli<br />

elementi che intervengono quali criticità. Per i lavoratori flessi-<br />

1


<strong>il</strong>i in particolare, la soddisfazione dell’occupazione dipende dal<br />

tipo di lavoro svolto, dalle possib<strong>il</strong>ità di autorealizzazione e di<br />

apprendimento che questo consente o meno.<br />

Per mantenere inalterati quest’ultimi elementi, una parte dei<br />

lavoratori temporanei sembra disponib<strong>il</strong>e anche ad uno “scambio<br />

tra la qualità del lavoro, che migliora gradatamente, e <strong>il</strong><br />

rapporto di lavoro, che resta temporaneo senza però diventare<br />

-o essere necessariamente percepito- come precario” (Carr<strong>ieri</strong>,<br />

Damiano, Ugolini, 005). Chiesto loro cosa sarebbero disposti a<br />

sacrificare dell’attuale collocazione per avere un lavoro più stab<strong>il</strong>e,<br />

<strong>il</strong> numero di quanti non cambierebbero l’attuale lavoro per<br />

un altro con un contratto stab<strong>il</strong>e, è anzi r<strong>il</strong>evante: <strong>il</strong> 4 % degli<br />

occupati con contratto a tempo determinato, e <strong>il</strong> 3 % dei collaboratori<br />

(Tab. 6.43).<br />

tabella 6.43. Lavoratori con contratto a tempo determinato e collaboratori: “Per avere un<br />

lavoro stab<strong>il</strong>e lei sarebbe disposto a sacrificare qualcosa del suo attuale lavoro?”. Valori %<br />

dipendenti a termine Collaboratori<br />

Sì 48, 51,6<br />

No 4 ,0 3 ,3<br />

Non so 9,8 16,1<br />

TOTALE 100,0 100,0<br />

Gli aspetti che meno si è disposti a scambiare risultano proprio<br />

<strong>il</strong> fare un lavoro che “offra opportunità di carriera” (solo<br />

<strong>il</strong> 0% dei dipendenti a termine accetterebbe lo “scambio”, e <strong>il</strong><br />

13% dei collaboratori), o “opportunità formative” (<strong>il</strong> 15% dei<br />

dipendenti a contratto e <strong>il</strong> 19% dei collaboratori), e la gratificazione<br />

ricavata dalla propria occupazione (nessun collaboratore<br />

accetterebbe questo scambio, <strong>il</strong> 3 % dei lavoratori a termine lo<br />

accetterebbe).<br />

Il 48% dei dipendenti a termine e <strong>il</strong> 5 % dei collaboratori,<br />

invece, si dice disponib<strong>il</strong>e, soprattutto rinunciando alla flessib<strong>il</strong>ità<br />

degli orari (rispettivamente, 37% e 44%), ma anche a minori<br />

guadagni (33% e 44%) (Tab. 6.44).<br />

1 3


tabella 6.44. Lavoratori con contratto a tempo determinato e collaboratori: “Cosa sarebbe<br />

disposto a sacrificare?”. Valori %<br />

1 4<br />

dipendenti a<br />

termine<br />

Collaboratori<br />

Fare un lavoro con orari più rigidi 37,0 44,0<br />

Guadagnare meno 33,3 44,0<br />

Fare un lavoro meno gratificante 31,5 0,0<br />

Fare un lavoro che non offra opportunità di carriera 0,4 13,<br />

Fare un lavoro che non offre opportunità formative 14,8 19,1<br />

Altro 7,4 13,3<br />

TOTALE 100,0 100,0<br />

vi sono tuttavia dei fattori che complicano la linearità di<br />

questo asserto: nello schema riportato sotto si è tentato di rappresentarli,<br />

in parte riprendendo <strong>il</strong> diagramma proposto nella<br />

già citata indagine di Carr<strong>ieri</strong>, Damiano, Ugolini ( 005).<br />

Figura 6.1. Lavoratori flessib<strong>il</strong>i: i limiti dello scambio<br />

SODDISFAZIONE<br />

DEL LAvOrO<br />

SETTOrE DI IMPIEGO<br />

DUrATA DELLA PErMANENZA<br />

NELLA FLESSIBILITÀ<br />

CArrIErA E rETrIBUZIONE<br />

ATTINENZA DEI PErCOrSI FOrMATIvI<br />

CON IL LAvOrO SvOLTO<br />

TIPO DI LAvOrO<br />

In alcuni settori la flessib<strong>il</strong>ità è rigettata con decisione quando<br />

si combina con occupazioni che non si accompagnano a sv<strong>il</strong>uppi<br />

professionali nel senso della crescente autonomia e qualificazione.<br />

Anche la permanenza temporale nella flessib<strong>il</strong>ità oltre un<br />

certo limite porta a non voler più sostenere lo scambio contratto<br />

temporaneo vs. contenuti positivi del lavoro, a meno che non<br />

intervengano significativi percorsi ascendenti nelle prospettive<br />

di carriera o nella retribuzione.<br />

Infine, la congruenza dei percorsi formativi e scolastici rispetto<br />

all’occupazione svolta funziona come fattore di “resistenza”<br />

al cambiamento in direzione di lavori meno attinenti ma<br />

più stab<strong>il</strong>i, la cui valenza positiva, tuttavia, si perde nella durata<br />

eccessiva dell’instab<strong>il</strong>ità contrattuale.


6.4. Riflessioni finali<br />

Dai risultati dell’indagine emerge innanzitutto che le condizioni<br />

oggettive di lavoro degli occupati con contratti non standard<br />

sono mediamente peggiori di quelle dei lavoratori stab<strong>il</strong>i, e<br />

anche di quelle degli autonomi.<br />

La durata dei contratti dei lavoratori flessib<strong>il</strong>i è tendenzialmente<br />

non lunga (comunque per la maggior parte dei casi<br />

inferiore all’anno), sia per i collaboratori che per i dipendenti<br />

con contratto a tempo determinato; è preponderante, inoltre, la<br />

prassi del rinnovo per un numero indefinito di volte del medesimo<br />

contratto, soprattutto nella Pubblica Amministrazione.<br />

Essere destinatari di un certo numero di contratti rinnovati<br />

senza soluzione di continuità può essere un costo ritenuto accettab<strong>il</strong>e<br />

nel caso vi sia la prospettiva di una stab<strong>il</strong>izzazione. Ma, a<br />

questo proposito, la percezione che gli intervistati hanno circa<br />

le loro prospettive occupazionali future non è risultata ottimistica;<br />

chiesto loro cosa prevedib<strong>il</strong>mente succederà alla scadenza<br />

dell’attuale contratto, solo <strong>il</strong> 13% ha risposto che sarà assunto a<br />

tempo indeterminato.<br />

Nelle previsioni degli intervistati, dunque, <strong>il</strong> proprio futuro<br />

lavorativo è ancora da flessib<strong>il</strong>i, e ciò vale in particolare per i<br />

collaboratori.<br />

Sotto <strong>il</strong> prof<strong>il</strong>o della remunerazione, i lavoratori non standard<br />

guadagnano mediamente meno degli stab<strong>il</strong>i, e solo in rari<br />

casi si collocano nelle fasce di reddito più alte. Incertezza professionale,<br />

discontinuità del reddito e retribuzioni non elevate,<br />

avvicinano pericolosamente almeno una parte degli occupati<br />

flessib<strong>il</strong>i ad una condizione di “vulnerab<strong>il</strong>ità sociale” che non<br />

riguarda solo <strong>il</strong> presente ma coinvolge anche la visione del futuro:<br />

così, ben <strong>il</strong> 60% dei lavoratori temporanei immagina di non<br />

poter disporre un giorno di una pensione adeguata per vivere, e<br />

tale opinione sale fino all’84% tra i collaboratori.<br />

Infine, i lavoratori temporanei lavorano in orari “socialmente<br />

svantaggiati” più frequentemente degli occupati con contratti<br />

di lavoro standard. In particolare, gli uomini risultano essere<br />

impegnati sul lavoro in parti della giornata usualmente riservate<br />

al riposo (lavoro notturno e serale), mentre tra le donne è maggiore<br />

<strong>il</strong> numero di coloro che lavorano nelle giornate di sabato<br />

e domenica.<br />

Per quanto attiene alle condizioni di lavoro delle donne, queste<br />

fanno r<strong>il</strong>evare uno svantaggio relativo su più fronti: i loro<br />

contratti sono ancora più brevi, le prospettive occupazionali<br />

1 5


assai più incerte, gli stipendi risultano più bassi, <strong>il</strong> part-time è<br />

meno diffuso che tra le lavoratrici stab<strong>il</strong>izzate.<br />

Il quadro sin qui tracciato diviene ancora più significativo<br />

considerando che <strong>il</strong> prof<strong>il</strong>o dei lavoratori non standard si distingue<br />

da quello degli occupati con contratto a tempo indeterminato<br />

per una maggiore scolarizzazione e una più elevata coerenza<br />

dei percorsi scolastici e formativi rispetto all’attuale mansione<br />

professionale.<br />

Quest’ultimi elementi sono, insieme ad altri, all’origine delle<br />

rappresentazioni del lavoro tipiche di questo gruppo di lavoratori.<br />

Se anche per gli instab<strong>il</strong>i la sicurezza del posto di lavoro<br />

è l’aspetto che si ritiene più importante (al pari di quanto affermato<br />

dai lavoratori stab<strong>il</strong>i), nello stesso tempo risultano particolarmente<br />

apprezzati aspetti quali la possib<strong>il</strong>ità di autorealizzazione,<br />

dell’apprendimento, delle opportunità di carriera, e<br />

relativamente di meno le dimensioni più materiali delle condizioni<br />

di lavoro (rapporti con i colleghi e con i superiori, orario,<br />

retribuzione). Poiché questa scala valoriale è ancora una volta<br />

positivamente correlata con <strong>il</strong> grado di scolarizzazione e la congruenza<br />

dei percorsi professionali rispetto al titolo di studio, ne<br />

deriva l’ipotesi che i lavoratori più istruiti, qualificati e con alle<br />

spalle un percorso formativo coerente con l’attuale mansione,<br />

siano mediamente più attenti alle opportunità di lungo periodo<br />

di una carriera per la <strong>quale</strong> hanno studiato e che sia in grado di<br />

offrire loro una reale gratificazione personale. I costi della flessib<strong>il</strong>ità,<br />

di cui peraltro la stragrande maggioranza è perfettamente<br />

cosciente, sono in qualche modo “scambiati” con le aspirazioni<br />

individuali. In breve, con i contenuti del lavoro.<br />

Ciò non toglie che al di là della minore o maggiore importanza<br />

conferita, la percezione della sicurezza della propria occupazione<br />

sia un fattore su cui si concentrano le maggiori insoddisfazioni<br />

espresse dagli occupati temporanei. Anche tra coloro che<br />

tra flessib<strong>il</strong>ità e professionalizzazione “butterebbero giù dalla<br />

torre” la prima anziché la seconda, si r<strong>il</strong>eva infatti un’insoddisfazione<br />

di fondo per l’instab<strong>il</strong>ità occupazionale.<br />

La flessib<strong>il</strong>ità, perciò, è una condizione complessivamente<br />

subita più che scelta, nonostante talvolta sia considerata necessaria<br />

per <strong>il</strong> raggiungimento delle aspirazioni personali. E la<br />

dimensione in cui si muove quella quota dei lavoratori flessib<strong>il</strong>i<br />

che, pur incerti sulla continuità lavorativa, non desiderano<br />

mutare <strong>il</strong> proprio status per ottenere più stab<strong>il</strong>ità, è quella dello<br />

scambio: attori razionali, se si vuole, ma non liberi professionisti<br />

di se stessi che senza alcun contraccolpo, ed anzi con un<br />

1 6


uon grado di spregiudicatezza, si spostano indifferentemente<br />

da un impiego ad un altro (<strong>il</strong> successivo sempre migliore del<br />

precedente).<br />

L’incertezza del lavoro in particolare, permette di distinguere<br />

al di là del comune inquadramento contrattuale nell’ambito delle<br />

occupazioni “instab<strong>il</strong>i”, i flessib<strong>il</strong>i dai precari. Per quest’ultimi,<br />

la temporaneità dell’occupazione e la discontinuità dei percorsi<br />

professionali risultano un tutto che condiziona negativamente<br />

la soddisfazione per <strong>il</strong> proprio lavoro nel complesso; per quanti<br />

invece sono prioritariamente alla ricerca di un lavoro che offra<br />

gratificazione e possib<strong>il</strong>ità di professionalizzazione, la flessib<strong>il</strong>ità<br />

è un aspetto del lavoro meno discriminante. Con un limite:<br />

che la sua eccessiva durata nel tempo fa progressivamente venire<br />

meno la propensione allo scambio tra instab<strong>il</strong>ità e migliori<br />

contenuti del lavoro.<br />

1 7


7.<br />

Un approfondimento<br />

qualitativo: la flessib<strong>il</strong>ità<br />

del lavoro nella Pubblica<br />

Amministrazione toscana 31<br />

7.1. Introduzione<br />

A partire dall’inizio del decennio scorso, la Pubblica Amministrazione<br />

è entrata in una fase di profonda trasformazione. Con<br />

l’approvazione del D.Lgs. n. 9/1993 3 , si è avviato <strong>il</strong> processo<br />

di “privatizzazione”, che ha tentato di avvicinarne la disciplina<br />

a quella del lavoro subordinato nel settore privato, ponendo le<br />

premesse per l’estensione anche agli enti pubblici delle formule<br />

contrattuali flessib<strong>il</strong>i già in uso nelle imprese.<br />

Secondo i dati ricavati dal Conto Annuale dello Stato, risulta<br />

che nel triennio 001- 003 le Pubbliche Amministrazioni<br />

hanno attivato oltre 73m<strong>il</strong>a contratti di lavoro flessib<strong>il</strong>i<br />

(a tempo determinato e formazione-lavoro) e circa 180m<strong>il</strong>a<br />

lavoratori “estranei all’amministrazione” (interinali e lavoratori<br />

socialmente ut<strong>il</strong>i), ai quali vanno aggiunti i 173m<strong>il</strong>a<br />

contratti di collaborazione coordinata e continuativa, in<br />

sensib<strong>il</strong>e incremento tra <strong>il</strong> 00 e <strong>il</strong> 003 (+ 9%). Si tratta<br />

di cifre r<strong>il</strong>evanti e tanto più significative se inserite in un<br />

quadro complessivo di contrazione dell’occupazione a tempo<br />

indeterminato (-1%), causata dalle politiche di blocco delle<br />

assunzioni nel pubblico impiego.<br />

31 L’indagine è stata realizzata nei primi mesi del 006, all’in<strong>domani</strong> dell’approvazione<br />

della Legge Finanziaria per <strong>il</strong> 006, quindi l’analisi non tiene conto<br />

delle misure di stab<strong>il</strong>izzazione per alcune categorie di lavoratori atipici nel<br />

pubblico impiego previste dalla manovra finanziaria del 007 e, per quanto<br />

riguarda la <strong>Toscana</strong>, dalla Legge regionale n. 7 del 3 maggio 007.<br />

3 Il D.Lgs n. 9/1993, poi modificato dal D.Lgs n. 80 del 1998, dispone che le<br />

pubbliche amministrazioni “si avvalgono delle forme contrattuali flessib<strong>il</strong>i di<br />

assunzione e di impiego del personale previste dal codice civ<strong>il</strong>e e dalle leggi<br />

sui rapporti di lavoro subordinato nell’impresa”.<br />

1 9


Le forme flessib<strong>il</strong>i di lavoro si ritrovano in tutte le tipologie<br />

di amministrazioni, con punte sensib<strong>il</strong>mente più elevate rispetto<br />

alla media (4,5%) nell’Università e nel comparto regioni e<br />

Autonomie locali, dove la quota di lavoratori a termine è pari<br />

rispettivamente al 16% e al 14%.<br />

Per quanto concerne la realtà degli Enti locali, nonostante<br />

abbiano la facoltà di dimensionare e gestire le proprie risorse<br />

umane, nell’ambito dell’autonomia organizzativa e normativa<br />

attribuita dal D.Lgs. n. 67/ 000, tuttavia negli ultimi anni Province,<br />

Comuni e Comunità montane si sono trovati a rispettare<br />

vincoli crescenti nelle dotazioni organiche imposti dal Governo<br />

centrale, determinando un incremento nel ricorso a tipologie di<br />

impiego non-standard.<br />

La Finanziaria del 006, però, con le stringenti limitazioni<br />

previste per la spesa del personale 33 , potrebbe avere conseguenze<br />

negative sulla continuità lavorativa di questi lavoratori.<br />

Taluni rappresentanti sindacali parlano di una riduzione tra i<br />

90 e i 1 0m<strong>il</strong>a nel triennio 006- 008. Ovviamente, dal lato dei<br />

lavoratori, la questione si pone in maniera grave in termini di<br />

instab<strong>il</strong>ità dei posti di lavoro; ma <strong>il</strong> problema diventa r<strong>il</strong>evante<br />

anche per le stesse Pubbliche Amministrazioni in termini di precarizzazione<br />

dei servizi rivolti ai cittadini: negli anni precedenti<br />

l’ampio ricorso a queste tipologie contrattuali si è verificato in<br />

molti casi non per esigenze specifiche e contingenti legate alla<br />

realizzazione di un singolo progetto, ma per garantire lo svolgimento<br />

ordinario delle funzioni essenziali – e quindi stab<strong>il</strong>i – dell’Ente<br />

pubblico.<br />

Alla luce di queste considerazioni, abbiamo ritenuto opportuno<br />

compiere un approfondimento specifico relativo ai lavoratori<br />

occupati nella Pubblica Amministrazione con contratti non<br />

standard.<br />

In questo capitolo, dopo aver inquadrato dal punto di vista<br />

quantitativo la diffusione della flessib<strong>il</strong>ità del lavoro nel pubblico<br />

impiego attraverso i dati del Conto Annuale del personale<br />

degli Enti locali e della regione <strong>Toscana</strong> (§ 7. ), riportiamo i risultati<br />

di un’indagine diretta svolta attraverso la realizzazione<br />

di cinque focus group, che hanno coinvolto circa 50 lavoratori<br />

impiegati presso Enti decentrati e agenzie collegate dell’area<br />

fiorentina e pratese, di cui abbiamo cercato di analizzare non<br />

33 Dal 006 le amministrazioni pubbliche potranno ricorrere a forme di lavoro<br />

non a tempo indeterminato, ma solo nel limite del 60% della spesa analoga<br />

sostenuta nel 003.<br />

130


solo le problematiche relative al lavoro, ma anche le evidenti<br />

implicazioni che la flessib<strong>il</strong>ità determina nel vissuto quotidiano<br />

degli individui 34 (§ 7.3).<br />

7.2. Le dimensioni del lavoro flessib<strong>il</strong>e nella Pubblica<br />

Amministrazione toscana 35<br />

In un quadro generale caratterizzato da politiche occupazionali<br />

restrittive, determinate sia dai vincoli stringenti introdotti<br />

dalle Leggi Finanziarie a carico degli Enti decentrati, sia<br />

dalle modifiche previdenziali volte alla posticipazione dell’età<br />

pensionab<strong>il</strong>e, una delle poche forme di movimento nell’ambito<br />

del personale è rappresentata dal ricorso alle tipologie di lavoro<br />

flessib<strong>il</strong>e.<br />

Complessivamente nel 004 su poco meno di 38m<strong>il</strong>a occupati<br />

negli Enti locali, i lavoratori a termine sono circa 3m<strong>il</strong>a, pari<br />

all’8% sul totale del personale, pressoché in linea con <strong>il</strong> dato r<strong>il</strong>evato<br />

a livello nazionale per <strong>il</strong> comparto regioni ed autonomie<br />

locali (7,8%).<br />

I livelli minimi sono registrati nelle Comunità montane e nelle<br />

Amministrazioni provinciali (tra <strong>il</strong> 5% e <strong>il</strong> 6%), ma con tassi di<br />

crescita significativi; nei Comuni l’8,3% dei dipendenti è impiegato<br />

con un contratto atipico; in regione <strong>Toscana</strong> si passa dal<br />

6% del 001 all’8,5% nel 004.<br />

Nel quadriennio esaminato si osserva una crescita generalizzata<br />

delle forme di lavoro flessib<strong>il</strong>e in tutte le tipologie di ente<br />

analizzate (a parte la flessione del 00 registrata a carico delle<br />

Amministrazioni comunali) (Tab. 7.1).<br />

In generale la forma di impiego più diffusa è <strong>il</strong> tempo determinato<br />

(89%); le forme di lavoro atipiche meno tradizionali<br />

continuano a rappresentare un’esigua minoranza: modesto <strong>il</strong><br />

ricorso sia al lavoro interinale (6%), sia alla formazione lavoro<br />

34 L’approfondimento relativo al settore pubblico fa parte di un percorso di ricerca<br />

più ampio sulla flessib<strong>il</strong>ità del lavoro in <strong>Toscana</strong>, avviato nel 003 e<br />

promosso dal Consiglio regionale. La ricerca si è svolta agli inizi del 004,<br />

all’in<strong>domani</strong> dell’approvazione della Legge 30/ 003, e in quell’occasione ha<br />

coinvolto 100 collaboratori di vari enti pubblici, in particolare regione e<br />

Agenzie regionali, Autonomie locali, Enti ministeriali (cfr. Savino, 005).<br />

35 Questo paragrafo riprende parte del contributo “Flessib<strong>il</strong>ità e stab<strong>il</strong>ità del lavoro<br />

negli Enti decentrati” in La finanza locale in <strong>Toscana</strong>, a cura di S. Lorenzini<br />

( 006), IrPET, Firenze.<br />

131


(5%). Tuttavia, nel periodo analizzato va r<strong>il</strong>evata la crescita numerica<br />

di queste due tipologie contrattuali, in particolare nelle<br />

Amministrazioni comunali, e soprattutto l’incremento della loro<br />

incidenza rispetto al più tradizionale lavoro a termine; probab<strong>il</strong>mente<br />

su questa evoluzione incidono i vincoli sulle nuove assunzioni<br />

che dalla Finanziaria del 00 gravano sui rapporti di<br />

lavoro a tempo determinato, da cui invece rimangono esclusi i<br />

lavoratori interinali: sul totale dei dipendenti atipici, i lavoratori<br />

con contratti di formazione passano da meno dell’1% al 5% nel<br />

004, i lavoratori interinali da meno del 3% al 6% (Tab. 7. ).<br />

tabella 7.1. Lavoratori con contratti flessib<strong>il</strong>i e totale dipendenti negli Enti locali e in <strong>Regione</strong><br />

<strong>Toscana</strong>. 2001-2004. Valori assoluti e valori %<br />

dip. con contratti flessib<strong>il</strong>i tOtALe dIPeNdeNtI % flessib<strong>il</strong>i sul totale<br />

Province<br />

001 1 1 4.698 ,6<br />

00 03 4.993 4,1<br />

003 8 4.993 4,6<br />

004 3 5.118 6,3<br />

Comunità montane<br />

001 19 538 3,5<br />

00 558 3,9<br />

003 9 595 4,9<br />

004 30 56 5,3<br />

Comuni<br />

001 .478 33.603 7,4<br />

00 .157 33.056 6,5<br />

003 .503 33. 54 7,5<br />

004 .671 3 . 38 8,3<br />

Enti locali<br />

001 .618 38.839 6,7<br />

00 .38 38.607 6,<br />

003 .760 38.84 7,1<br />

004 3.0 3 37.918 8,0<br />

<strong>Regione</strong><br />

001 16 .646 6,1<br />

00 176 .803 6,3<br />

003 08 .834 7,3<br />

004 48 .917 8,5<br />

Fonte: nostre elaborazioni su dati Conto Annuale del personale<br />

13


tabella 7.2. Lavoratori con contratti flessib<strong>il</strong>i per tipologia di contratto negli Enti locali. 2001-<br />

2004. Valori assoluti e valori %<br />

Valori assoluti Valori %<br />

Interinale tOtALe<br />

Formazione<br />

lavoro<br />

Interinale tOtALe tempo<br />

determinato<br />

Formazione<br />

lavoro<br />

tempo<br />

determinato<br />

Province<br />

001 111 0 10 1 1 91,7 0,0 8,3 100,0<br />

00 190 9 4 03 93,6 4,4 ,0 100,0<br />

003 16 1 0 8 94,7 5,3 0,0 100,0<br />

004 310 11 1 3 96,3 3,4 0,3 100,0<br />

Comunità montane<br />

001 16 0 3 19 84, 0,0 15,8 100,0<br />

00 17 0 5 77,3 0,0 ,7 100,0<br />

003 1 6 9 7 ,4 6,9 0,7 100,0<br />

004 4 3 3 30 80,0 10,0 10,0 100,0<br />

133<br />

Comuni<br />

001 .407 15 56 .478 97,1 0,6 ,3 100,0<br />

00 1.997 46 114 .157 9 ,6 ,1 5,3 100,0<br />

003 . 17 119 167 .503 88,6 4,8 6,7 100,0<br />

004 .346 141 184 .671 87,8 5,3 6,9 100,0<br />

Enti locali<br />

001 .534 15 69 .618 96,8 0,6 ,6 100,0<br />

00 . 04 55 1 3 .38 9 ,5 ,3 5, 100,0<br />

003 .454 133 173 .760 88,9 4,8 6,3 100,0<br />

004 .680 155 188 3.0 3 88,7 5,1 6, 100,0<br />

Fonte: nostre elaborazioni su dati Conto Annuale del personale


Complessivamente nel quadriennio considerato la diminuzione<br />

occupazionale nelle Autonomie locali è dovuta alla forte riduzione<br />

di dipendenti con contratti a tempo indeterminato nelle Amministrazioni<br />

comunali, che solo in parte la crescita delle forme<br />

atipiche di lavoro è riuscita ad attutire. Negli altri Enti <strong>il</strong> trend<br />

positivo dell’occupazione sembra essere imputab<strong>il</strong>e al contributo<br />

del lavoro a tempo indeterminato, sostenuto in buona misura<br />

anche dalla crescita del lavoro a termine (Graf. 7.1).<br />

Grafico 7.1. Contributo alla crescita dei dipendenti negli Enti locali e in <strong>Regione</strong> <strong>Toscana</strong>.<br />

2001-2004. Valori assoluti<br />

Fonte: nostre elaborazioni su dati Conto Annuale del personale<br />

L’analisi fin qui condotta non include le collaborazioni coordinate<br />

e continuative, la cui r<strong>il</strong>evazione purtroppo, così come<br />

quella degli incarichi di studio, ricerca o consulenza, sconta ancora<br />

molti limiti, in quanto <strong>il</strong> dato – laddove disponib<strong>il</strong>e – fa riferimento<br />

esclusivo al numero di contratti attivati, senza alcuna<br />

informazione sul numero di lavoratori coinvolti e sulla durata di<br />

tali rapporti di lavoro.<br />

Si ipotizza che le collaborazioni abbiano incontrato un notevole<br />

favore tra le Amministrazioni pubbliche, che spesso ne<br />

hanno usufruito ben oltre i limiti previsti per questa tipologia<br />

contrattuale dalle norme speciali vigenti per <strong>il</strong> lavoro pubblico<br />

(art. 7 comma 6 D.Lgs. n. 165/ 001). Si tratta, infatti, di un contratto<br />

che richiede pochi adempimenti e al <strong>quale</strong> non si applicano<br />

le norme in materia di accesso agli impieghi nelle Pubbliche<br />

amministrazioni.<br />

Per la sola regione <strong>Toscana</strong>, l’unico ente per <strong>il</strong> <strong>quale</strong> disponiamo<br />

dei dati relativi agli ultimi quattro anni, i contratti di collaborazione<br />

attivati nel 004 sono oltre un centinaio, a fronte di<br />

circa la metà r<strong>il</strong>evati nel biennio precedente. Complessivamente<br />

134


la spesa sostenuta dall’amministrazione raddoppia nel giro di<br />

un biennio, partendo da circa 800m<strong>il</strong>a euro e attestandosi nei<br />

tre anni successivi attorno a 1,8 m<strong>il</strong>ioni di euro, con un’incidenza<br />

sul totale del costo del lavoro che rimane sostanzialmente invariata<br />

nel triennio 001-03 (1,6%), in lieve flessione nell’ultimo<br />

anno di osservazione (1, %).<br />

Per quanto concerne gli Enti locali, complessivamente la<br />

spesa sostenuta per l’attivazione di collaborazioni è pari a oltre<br />

34 m<strong>il</strong>ioni di euro, in sensib<strong>il</strong>e crescita nel quadriennio di osservazione.<br />

Il trend positivo riguarda tutti i livelli di governo, sia in<br />

termini di livelli di spesa, sia in termini di incidenza sul totale<br />

del costo del lavoro (Tabb. 7.3-7.4).<br />

tabella 7.3. Spesa per collaborazioni coordinate e continuative negli Enti locali e in <strong>Regione</strong><br />

<strong>Toscana</strong>. 2001-2004<br />

2001 2002 2003 2004<br />

135<br />

Var. %<br />

2004-2001<br />

Province 3.747. 74 4.7 .606 5.603. 63 6. 70.084 67,3<br />

Comuni 13.518.9 4 18.769.071 .774.774 6.983. 44 99,6<br />

Comunità montane 496. 89 539.55 900. 78 1.047.894 111,1<br />

Enti locali 17.76 .488 4.031. 9 9. 78.315 34.301. 93,1<br />

regione 83 .363 1.750.560 1.8 .69 1.735.613 108,5<br />

Fonte: nostre elaborazioni su dati Conto Annuale del personale<br />

tabella 7.4. Incidenza della spesa per collaborazioni coordinate e continuative sul costo del<br />

lavoro negli Enti locali e in <strong>Regione</strong> <strong>Toscana</strong>. 2001-2004<br />

2001 2002 2003 2004<br />

Province 3,0 3, 3,7 3,5<br />

Comuni 1,4 ,0 ,3 ,5<br />

Comunità montane 3,3 3,3 4,3 4,8<br />

regione 1,6 1,6 1,6 1,<br />

Fonte: nostre elaborazioni su dati Conto Annuale del personale<br />

7.3. I risultati dell’indagine<br />

• L’ingresso da flessib<strong>il</strong>e nella Pubblica Amministrazione:<br />

l’opportunità della vita!<br />

L’avvio della “carriera” di lavoratore flessib<strong>il</strong>e, in generale,<br />

non è mai risultato come frutto di una scelta di una particolare<br />

condizione contrattuale da parte del soggetto, ma nella maggio-


anza dei casi le persone si sono trovate a dover accettare tale<br />

condizione, perché <strong>il</strong> mercato non offriva alternative e/o perché<br />

per svolgere una certa professione non esistevano altre opportunità<br />

se non quella di lavorare con contratti atipici (Magatti,<br />

Fullin, 00 ; Giovani, 005).<br />

Tanto più vero nell’accesso al pubblico impiego dove, in assenza<br />

di concorsi per posti a tempo indeterminato, i contratti<br />

atipici rappresentano l’unico modo per entrare in contatto con<br />

la Pubblica Amministrazione.<br />

La porta di accesso all’impiego nel settore pubblico, seppure<br />

con rapporti di lavoro a termine, ha comunque rappresentato<br />

per molti dei nostri intervistati <strong>il</strong> raggiungimento di un importante<br />

traguardo sotto molteplici punti di vista.<br />

In primo luogo, perché l’occasione di lavoro è stata associata<br />

alla protezione e alla sicurezza dell’impiego che, almeno fino a<br />

pochi anni fa, <strong>il</strong> pubblico garantiva: <strong>il</strong> posto in una Pubblica Amministrazione<br />

è stato visto come un ambito di lavoro regolare,<br />

dove poter godere di tutte le forme di tutela e che, soprattutto<br />

per le donne, poteva consentire di adottare strategie più agevoli<br />

di conc<strong>il</strong>iazione con le esigenze fam<strong>il</strong>iari. Di fronte all’opportunità<br />

di intraprendere un percorso che si riteneva avrebbe portato<br />

in poco tempo alla stab<strong>il</strong>ità lavorativa, si era anche disponib<strong>il</strong>i<br />

a rinunciare a maggiori livelli retributivi che, invece, un impiego<br />

analogo nel privato poteva garantire.<br />

Per me entrare in questa amministrazione sei anni fa è stata<br />

l’occasione della vita, una cosa veramente incredib<strong>il</strong>e, una grossissima<br />

opportunità e ne sono stata felice per molti anni. Per me era<br />

veramente tanto. Mi sono fatta allettare dall’idea di rimanere nel<br />

pubblico, perché comunque era una soluzione che non ti permetteva<br />

di guadagnare grandi soldi, ma sicuramente è più sicura del<br />

privato (laureata in Architettura, 38 anni).<br />

Inoltre, taluni hanno sottolineato <strong>il</strong> prestigio connesso al<br />

lavoro in un ente pubblico: anche in presenza di occasioni di<br />

lavoro a termine e con remote prospettive di assunzione, l’idea<br />

di lavorare per una Pubblica Amministrazione, magari r<strong>il</strong>evante<br />

sul territorio, ha rappresentato un’opportunità ugualmente attraente,<br />

soprattutto perché, come molti hanno evidenziato, in<br />

questo settore hanno ottenuto la possib<strong>il</strong>ità di svolgere un’attività<br />

coerente con <strong>il</strong> proprio titolo di studio. A questo proposito<br />

bisogna ricordare come questi lavoratori svolgano spesso professioni<br />

di carattere intellettuale e tecnico di medio ed elevato<br />

136


livello: dalle professioni legate alle scienze umane (ricercatori,<br />

docenti, formatori, archivisti, addetti stampa) a quelle tecniche<br />

nell’ambito delle scienze fisiche (informatici, programmatori,<br />

geometri, ingegneri, fisici, statistici) (Savino, 005).<br />

Sono “giovani adulti” (in genere trentenni), soprattutto donne,<br />

che hanno studiato più a lungo rispetto alla generazione dei<br />

padri. L’investimento in capitale umano comporta <strong>il</strong> desiderio di<br />

svolgere un lavoro soddisfacente, sia in termini di attinenza delle<br />

competenze acquisite nella fase di formazione, sia in termini<br />

economici e di prospettive di carriera. Questo si scontra con un<br />

mercato del lavoro come quello toscano – caratterizzato da un<br />

profondo squ<strong>il</strong>ibrio tra le caratteristiche dell’offerta (giovane e<br />

altamente scolarizzata) e quelle richieste dalle imprese (attestate<br />

su bassi livelli di qualificazione) – che offre poche prospettive,<br />

soprattutto al femmin<strong>il</strong>e, per chi è in possesso di elevati titoli di<br />

studio 36 .<br />

In questo scenario la precarietà della propria posizione occupazionale<br />

è stata vissuta come inevitab<strong>il</strong>e ed è stata percepita<br />

persino come una condizione priv<strong>il</strong>egiata, che, anche in assenza<br />

di riconoscimenti sul piano economico e contrattuale, ha consentito<br />

di ottenere una propria realizzazione professionale e<br />

personale. Si tratta di una componente di lavoratori che, per<br />

lungo tempo, è stata disposta ad accettare i costi delle condizioni<br />

contrattuali, a patto di salvaguardare i contenuti, le modalità<br />

di gestione e <strong>il</strong> riconoscimento sociale dell’attività svolta.<br />

I miei amici, che si sono laureati con me e che ora lavorano<br />

nel privato, mi dicono che sono fortunata, perché, anche se con<br />

contratti così, lavoro in Comune; metti mano su cose molto importanti,<br />

che un libero professionista non si sogna neanche di poter<br />

fare. Indipendentemente dallo stipendiuccio mens<strong>il</strong>e, si tratta<br />

proprio di soddisfazione personale (laureata in Architettura, 34<br />

anni).<br />

Lavorare per un istituto che ha un nome, è un istituto serio.<br />

Ha un prestigio e non è da poco che, anche se sei flessib<strong>il</strong>e, puoi<br />

lavorare in un ente importante. Mi piaceva, mi dava soddisfazione<br />

(laureata in Scienze politiche, 36 anni).<br />

36 Secondo i dati Excelsior relativi alle previsioni di assunzione per <strong>il</strong> 005 da<br />

parte degli imprenditori toscani, <strong>il</strong> titolo di studio meno richiesto continua a<br />

essere quello universitario (7,6%) a fronte di una quota r<strong>il</strong>evante di occupazione<br />

potenziale per la <strong>quale</strong> è sufficiente l’obbligo scolastico (35%).<br />

137


Io non ho chiaramente scelto di fare la collaboratrice coordinata<br />

e continuativa. Avrei preferito essere una dipendente, avere<br />

tutti gli oneri sociali dei dipendenti. Ma mi ero appena laureata<br />

e trovare un lavoro di quel genere, che mi permetteva di sfruttare<br />

la mia laurea in lingue, di conoscere i vari istituti europei, per me<br />

era in quel momento lì una gran fortuna, e l’ho preso con grande<br />

entusiasmo (laureata in Lingue, 38 anni).<br />

Noi tutti facciamo un lavoro che ci piace molto. E quindi per<br />

assurdo, pur essendo precari, siamo dei priv<strong>il</strong>egiati. Almeno mi<br />

sono sempre vista così. Subito dopo la laurea sono approdata all’assessorato.<br />

Mi è piaciuto subito ed è quello che voglio fare da<br />

grande. Da un certo punto di vista è stato un colpo di fortuna<br />

(laureata in Scienze Politiche, 3 anni).<br />

Solo in pochi hanno sottolineato come <strong>il</strong> loro ingresso nel<br />

mercato del lavoro attraverso tipologie contrattuali atipiche sia<br />

frutto di una scelta consapevole. Si tratta soprattutto di uomini,<br />

impegnati in professioni tecniche (come l’architetto o l’ingegnere),<br />

maggiormente orientati verso un futuro da liberi professionisti,<br />

che percepiscono <strong>il</strong> mercato come fonte di opportunità più<br />

che di rischi. Apprezzano nella flessib<strong>il</strong>ità del lavoro le opportunità<br />

che offre di costruirsi un percorso autonomo, ut<strong>il</strong>izzando<br />

la propria professionalità, le proprie competenze e i contatti per<br />

ottenere una posizione competitiva forte nel mercato. L’incarico<br />

con l’Amministrazione pubblica è vissuto come uno dei tanti,<br />

che non è destinato necessariamente alla stab<strong>il</strong>izzazione presso<br />

l’ente.<br />

La flessib<strong>il</strong>ità per me è una scelta personale, non è stata una<br />

imposizione. Mi sto sempre più indirizzando verso una professione<br />

del tutto individuale, quindi la flessib<strong>il</strong>ità per me sarà <strong>il</strong> pane<br />

quotidiano dei prossimi anni. La flessib<strong>il</strong>ità è un bene che ci sia<br />

per me, nel senso che <strong>il</strong> mio obiettivo è quello non di avere una<br />

professione da dipendente. A me piace <strong>il</strong> mio lavoro, piace spaziare<br />

nei vari rami nel mio settore, quindi stare un’ora in più o due ore<br />

in più in ufficio non è un problema (laureato in Ingegneria, 7<br />

anni).<br />

Uno magari all’inizio della carriera ambisce al posto sicuro e all’inquadramento<br />

a tempo indeterminato. Io, invece, appena laureato, sono<br />

entrato in una società, dove, dopo avere fatto un periodo di prova, ho<br />

iniziato a gestire progetti. Gestire progetti significa tante cose, significa<br />

138


tenere i rapporti con <strong>il</strong> committente, fare attività di elaborazione dei dati,<br />

definire una linea strategica e quindi questo ti porta ad avere orari anche<br />

non precisissimi Quello che sono riuscito a fare nella società poi l’ho messo<br />

a frutto per i colloqui con gli enti pubblici. A livello professionale, mi<br />

piace un sacco, perché poi mi organizzo i tempi, riesco a incastrare varie<br />

cose, per cui non fai la stessa cosa tutti i giorni che vai al lavoro e non ti<br />

passa mai e stai a guardare l’orologio. Faccio cose molto diverse, per cui<br />

da questo punto di vista è perfetto (laureato in Geologia, 30 anni).<br />

• Da flessib<strong>il</strong>e a precario: la mob<strong>il</strong>ità dei lavoratori nel pubblico<br />

impiego<br />

La valutazione relativa al proprio percorso professionale,<br />

che è emersa durante i focus group, nella maggioranza dei casi<br />

non è affatto positiva. Le testimonianze dei lavoratori evidenziano<br />

una traiettoria contrassegnata da una fase iniziale di forte<br />

entusiasmo e di “innamoramento” per <strong>il</strong> lavoro svolto, oltre che<br />

di identificazione con l’ente pubblico, ad una successiva di forte<br />

delusione e dis<strong>il</strong>lusione rispetto alle proprie aspettative future di<br />

stab<strong>il</strong>izzazione e di crescita professionale.<br />

Dopo anni, in alcuni casi anche molti, impiegati presso lo<br />

stesso ente, transitando di rinnovo in rinnovo in condizioni contrattuali<br />

e livelli di tutela diversi, la sensazione per molti è quella<br />

di essere rimasti intrappolati.<br />

Inizialmente l’instab<strong>il</strong>ità è stata concepita come una risorsa,<br />

nella misura in cui ha fac<strong>il</strong>itato l’ingresso nel mercato del lavoro,<br />

soprattutto in un settore come quello pubblico altrimenti non<br />

accessib<strong>il</strong>e, ha consentito processi di formazione e di acquisizione<br />

di competenze e, in alcuni casi, ha concesso elevati margini<br />

di autonomia nella gestione del proprio lavoro. Ma alla lunga <strong>il</strong><br />

senso di libertà che questa condizione lavorativa può trasmettere<br />

ha teso a tramutarsi in una trappola, facendo emergere tutto<br />

<strong>il</strong> peso dell’incertezza, anche alla luce del percorso compiuto,<br />

delle prospettive future e delle fasi del ciclo di vita attraversate.<br />

La percezione di non essere più a rischio di precarietà, ma di<br />

essere completamente entrati in tale dimensione, ben evidente<br />

nelle parole di questa collaboratrice, è paradigmatica dell’esperienza<br />

di molti lavoratori ascoltati.<br />

La flessib<strong>il</strong>ità è stata un ottimo canale per entrare. E usi questo<br />

termine: flessib<strong>il</strong>e, flessib<strong>il</strong>e, flessib<strong>il</strong>e. Dopo tre anni usi più spesso<br />

<strong>il</strong> termine precario, è proprio la sensazione che cambia. All’inizio<br />

ho pensato che la flessib<strong>il</strong>ità fosse un ottimo strumento e ne ho fatto<br />

anche una scelta consapevole. Ero contenta di essere flessib<strong>il</strong>e,<br />

139


ero contenta di non avere orari, ero contenta di non dovere rendere<br />

conto a qualcuno se non al responsab<strong>il</strong>e del progetto. Mi ha fatto<br />

piacere ed è stata un’ottima esperienza. Però, dopo tre anni, uno<br />

ha davvero bisogno di una prospettiva che dia un pochino di più<br />

quella famosa sicurezza. Quando capisci che quella prospettiva si<br />

allontana sempre di più e che probab<strong>il</strong>mente non arriverà mai, ti<br />

senti, tutto ad un tratto, precario. Proprio quel vecchio precariato…<br />

C’è nel pubblico e c’è nel privato, lo vedo dappertutto. Per me<br />

è stato tremendo. Io lo vivo in questo periodo ed è molto destab<strong>il</strong>izzante<br />

rispetto alle scelte che devi fare, o meglio che vorresti fare per<br />

la tua vita privata (laureata in Scienze politiche, 36 anni).<br />

Ma da dove deriva la sensazione di intrappolamento, che traspare<br />

dai contributi di molti dei lavoratori interpellati?<br />

Per molti l’attuale condizione contrattuale non è una situazione<br />

di passaggio, né tanto meno una forma di ingresso<br />

nel mercato del lavoro. Si tratta di lavoratori che hanno alle<br />

spalle percorsi mediamente lunghi nell’ambito del lavoro flessib<strong>il</strong>e<br />

(prevalentemente come collaboratori) e di rapporti duraturi<br />

(almeno tre anni) con l’ente presso <strong>il</strong> <strong>quale</strong> attualmente<br />

sono impiegati. Sono lavoratori ben inseriti all’interno delle<br />

organizzazioni degli enti committenti; hanno pochi margini<br />

di autonomia nella scelta del luogo di lavoro, che in genere è<br />

la sede del committente, e nella organizzazione del tempo di<br />

lavoro. In genere svolgono funzioni essenziali per <strong>il</strong> funzionamento<br />

ordinario dell’ente presso <strong>il</strong> <strong>quale</strong> prestano servizio,<br />

e in molti casi <strong>il</strong> loro impiego non è affatto determinato da<br />

esigenze specifiche e contingenti, legate alla realizzazione di<br />

un singolo progetto.<br />

In molti casi, usufruendo di più rinnovi contrattuali, si sono<br />

creati rapporti di lavoro duraturi, che hanno determinato per <strong>il</strong><br />

lavoratore (ma anche per l’ente) una continuità professionale.<br />

Si tratta, tuttavia, di una condizione non assim<strong>il</strong>ab<strong>il</strong>e alla stab<strong>il</strong>ità,<br />

perché rappresenta spesso <strong>il</strong> prolungamento nel tempo<br />

di una condizione vissuta e percepita come instab<strong>il</strong>e. La lunga<br />

durata è in questo caso un indicatore di intrappolamento in<br />

una condizione, dalla <strong>quale</strong> diventa sempre più diffic<strong>il</strong>e uscire,<br />

man mano che passano gli anni e si cresce dal punto di vista<br />

dell’età anagrafica. Inoltre, la continuità del rapporto con l’ente<br />

consente l’instaurarsi di una relazione con <strong>il</strong> committente, con<br />

i colleghi, con l’intero ambiente lavorativo che alimenta la speranza<br />

del raggiungimento del traguardo: l’assunzione a tempo<br />

indeterminato.<br />

140


Forse è stata un po’ anche colpa mia, ma io mi sono sentita<br />

ancorata all’ente, perché speravo… ma non soltanto io, anche i<br />

miei dirigenti mi hanno fatto sperare che ci fosse un futuro in<br />

questo percorso. Poi, di fatto questo futuro non c’è stato. Se anche<br />

ora ci dovesse essere e dovessi entrare, è stato un tale calvario e a<br />

questo punto non so se sarei soddisfatta più di tanto (laureata in<br />

Architettura, 38 anni).<br />

Io mi sono anche un po’ lasciata <strong>il</strong>ludere dal dirigente con<br />

cui lavoravo che mi diceva: “Guarda, non ti dico ora, ma nel<br />

giro di breve tempo faremo i concorsi anche perché la struttura<br />

ha bisogno di essere stab<strong>il</strong>e”. E quindi io mi sono fermata anche<br />

mentalmente e non ho cercato altro. Non sono andata a guardare<br />

se c’erano concorsi per me o opportunità anche nel privato… A<br />

un certo punto, però, arrivi a un punto che non sei più trasversale.<br />

Nel momento in cui entri in un settore… Io ho 33 anni, mi<br />

sono laureata nel 2000. Ormai è dal ’98 che lavoro tra una cosa e<br />

un’altra. Questa cosa è spiazzante (laureata in Scienze dell’Educazione,<br />

33 anni).<br />

La sensazione di essere rimasti intrappolati emerge anche<br />

nelle parole di coloro che ritengono di aver avuto delle carriere<br />

bloccate, la concentrazione sul rinnovo del contratto spesso ha<br />

fatto perdere di vista gli aspetti professionalizzanti del proprio<br />

percorso di lavoro.<br />

Il problema è che sono stata per sei anni nello stesso posto di<br />

lavoro, dove non sono cresciuta professionalmente, dove ho fatto<br />

dal primo giorno in cui sono entrata fino ad <strong>oggi</strong>, sempre <strong>il</strong> medesimo<br />

lavoro, affiancata sempre dalla medesima persona, senza<br />

avere la minima possib<strong>il</strong>ità di crescere. Sono rimasta la borsista di<br />

sei anni fa. È stata una scelta che poi però è risultata penalizzante,<br />

anche dal punto di vista professionale. È una cosa che mi pesa,<br />

anche perché ho 38 anni e sono nell’età in cui potrei dare veramente<br />

… e però, insomma, non ne ho neanche venti. Sono in un<br />

momento per cui o do ora oppure… insomma, la vedo dura anche<br />

mettersi in marcia per crescere. Mi sento ingessata, ecco (laureata<br />

in Architettura, 38 anni).<br />

L’investimento fatto ha consentito di sv<strong>il</strong>uppare competenze<br />

e professionalità che in molti casi sono spendib<strong>il</strong>i solo nel pubblico<br />

o, ancor peggio, solo presso l’ente committente.<br />

Il settore in cui ho fatto esperienza finora è spendib<strong>il</strong>e nel pub-<br />

141


lico; non c’è verso, nel privato non è spendib<strong>il</strong>e. E devo dire che<br />

è andata avanti un po’ per caso questa cosa, quando sei lì, poi<br />

impari anche. Se dovessi spendermi da un’altra parte, io dovrei<br />

ricominciare daccapo. Ma lo farò, sicuramente lo dovrò fare, mi<br />

dovrò rimettere completamente in gioco. Il problema poi è che lo<br />

puoi fare fino a una certa età, se lo fai a 24 anni, ci puoi stare,<br />

ma a 30 o 32 anni la cosa diventa già più complicata (laureata in<br />

Scienze della formazione, 7 anni).<br />

In effetti è emersa anche la consapevolezza da parte di molti<br />

di essere manodopera troppo qualificata per le richieste, invece,<br />

di basso prof<strong>il</strong>o provenienti dal sistema produttivo regionale.<br />

Nel tentativo, intrapreso in alcuni casi, di cercare un’altra occupazione,<br />

rivolgendosi anche al settore privato, l’ostacolo dell’elevata<br />

qualificazione è risultato particolarmente evidente.<br />

Ho mandato curriculum, ho cercato, però non ho trovato niente,<br />

niente… anche perché appunto le mie competenze da una parte<br />

sono molto alte, ma anche molto specifiche, non c’è molto mercato<br />

in Italia per queste cose. Forse cercando all’estero avrei avuto<br />

qualche possib<strong>il</strong>ità in più però, per un motivo o per un altro, non<br />

mi sentivo pronta a fare una scelta del genere. Il problema è che<br />

siamo un po’ troppo qualificati per <strong>il</strong> mercato del lavoro ordinario.<br />

Oltre che essere troppo qualificata, io sono anche troppo vecchia:<br />

ho 38 anni e, quando vedi le domande, cercano personale anche<br />

qualificato massimo trentacinquenne, massimo trentenne, ma anche<br />

ventenne (laureata in Lingue, 38 anni).<br />

Anche io ho sempre tenuto d’occhio in maniera più o meno<br />

continuativa gli annunci. Il problema è che sono arrivata a un<br />

punto in cui ho una certa necessità di trovare qualcosa di alternativo<br />

e non trovo. Non trovo lavoro alternativo nei contenuti, perché<br />

la ricerca si fa qui e si fa da altre poche parti. A questo punto<br />

mi sono detta: qualsiasi lavoro pur di non stare a casa a girarmi<br />

i pollici. Il problema è che ho mandato diverse domande, cercando<br />

anche delle possib<strong>il</strong>ità in cui potessi riciclare l’esperienza di<br />

ricerca, e ho trovato veramente <strong>il</strong> vuoto, nessuno mi ha risposto.<br />

Effettivamente <strong>il</strong> fatto di fare un lavoro particolare ti penalizza nel<br />

momento in cui vuoi fare valere la tua esperienza da altre parti.<br />

Anch’io sono laureata in economia e commercio, per cui bene o<br />

male un contratto da segretaria o sim<strong>il</strong>e lo troverò probab<strong>il</strong>mente.<br />

Non mi piace, ma a fronte di stare a casa e non avere altro, lo prenderò<br />

(laureata in Economia e commercio, 9 anni).<br />

14


La scelta di indirizzarsi verso <strong>il</strong> pubblico impiego si è rivelata<br />

per più ragioni controproducente rispetto alle aspettative di<br />

stab<strong>il</strong>izzazione che in molti nutrivano inizialmente e, paradossalmente,<br />

l’attuale percezione è quella di essere meno tutelati<br />

rispetto a chi, invece, opera nel settore privato.<br />

C’è la consapevolezza di un uso non certo virtuoso delle tipologie<br />

contrattuali atipiche, soprattutto nel caso delle collaborazioni,<br />

che sono state attivate per colmare le lacune del personale<br />

dipendente, per aspetti di convenienza da parte dell’ente (primo<br />

fra tutti <strong>il</strong> minor costo), per svolgere attività non certo connotate<br />

dal carattere della straordinarietà, e che sono state reiterate per<br />

anni, alimentando nei lavoratori aspettative di assunzioni nel<br />

breve periodo, che tuttavia non ci sono state e che, alla luce degli<br />

attuali vincoli previsti dalle disposizioni nazionali a carico del<br />

pubblico impiego, potrebbero non esserci ancora per un lungo<br />

periodo.<br />

Emerge, inoltre, la frustrazione di chi è consapevole di svolgere<br />

lo stesso lavoro e le stesse funzioni del dipendente, a fronte<br />

di un’immeritata disparità nell’accesso a tutele e diritti.<br />

Nel privato, c’è un discorso di costo aziendale: un co.co.pro.<br />

gli costa la metà di un dipendente; quindi c’è una logica, ancorché<br />

sbagliata, comunque c’è una logica aziendale. Nel pubblico è un<br />

po’ prendere in giro le persone, perché la flessib<strong>il</strong>ità va a sopperire<br />

alle mancanze dell’organico, perché loro non possono assumere le<br />

persone. Perché non ti prendono per la tua specificità, per le tue<br />

competenze. Tu a partita IVA dovresti essere come un professionista,<br />

invece no: loro hanno <strong>il</strong> vantaggio che possono avere delle<br />

persone che lavorano <strong>il</strong> doppio di quanto lavora un dipendente<br />

pubblico, che è inamovib<strong>il</strong>e. L’handicap più grosso è comunque<br />

che tutto questo è finalizzato al niente. Perché un <strong>domani</strong> i concorsi<br />

sono aperti a tutte le persone e quindi non è da dire, aspetti un<br />

concorso e poi c’entri anche te, non è vero (laureato in Economia<br />

aziendale, 33 anni).<br />

Il problema della Pubblica Amministrazione, quanto a maggiori<br />

tutele rispetto al privato, in realtà non è affatto vero per un<br />

atipico, perché non ha neppure <strong>il</strong> rapporto diretto con <strong>il</strong> datore<br />

di lavoro che ha libertà di assumere. Il dirigente del pubblico ha<br />

sempre e comunque la scusa, <strong>il</strong> pretesto o anche concretamente è<br />

vero che non ha <strong>il</strong> potere di assumerti. Inoltre, è certamente più<br />

probab<strong>il</strong>e che fallisca un’azienda privata piuttosto che un’amministrazione<br />

pubblica; un’amministrazione non chiude però ti la-<br />

143


scia a casa. Indipendentemente dal fatto che <strong>il</strong> tuo lavoro sia stato<br />

indispensab<strong>il</strong>e, che tu abbia reso una prestazione che nel privato<br />

ti avrebbe dato gli estremi per fare una vertenza. Quindi, dal punto<br />

di vista stretto della tutela, della maggiore garanzia che ti dà <strong>il</strong><br />

pubblico rispetto al privato, non è assolutamente vero (laureata in<br />

Statistica, 35 anni).<br />

La sicurezza la dà ai dipendenti a tempo indeterminato però<br />

agli atipici no. Anzi io, avendo lavorato come co.co.co. per un privato,<br />

lì cioè veramente godevo di tutti i diritti di flessib<strong>il</strong>ità, di<br />

maggiore libertà e anche di professionalizzazione (laureata in Lettere,<br />

35 anni).<br />

• La stab<strong>il</strong>ità, ma a quali condizioni?<br />

La maggioranza degli intervistati ha avuto, fin da subito, un<br />

percorso orientato verso <strong>il</strong> lavoro stab<strong>il</strong>e: hanno apprezzato l’ambiente<br />

di lavoro e <strong>il</strong> tipo di attività, vi hanno investito energie,<br />

per lungo tempo non hanno pensato di cambiare lavoro, anche<br />

di fronte ad offerte di lavoro a tempo indeterminato, nutrendo la<br />

speranza di essere alla fine assunti presso l’ente come dipendenti,<br />

conc<strong>il</strong>iando così l’aspirazione alla stab<strong>il</strong>ità con la possib<strong>il</strong>ità<br />

di realizzarsi professionalmente.<br />

Una volta mi è capitato di avere una proposta di assunzione a<br />

tempo indeterminato e l’ho rifiutata: era una casa editrice ed era<br />

un lavoro di tipo amministrativo, una cosa molto amministrativa.<br />

Io all’epoca – e ora mi viene da ridere – erano cinque o sei<br />

anni che facevo la co.co.co. e speravo in una qualche sistemazione,<br />

ma… <strong>il</strong> lavoro che facevo mi piaceva, mi dava soddisfazione,<br />

era stimolante e poi c’era lavoro sempre di più, voglio dire, perché<br />

l’ente non deve assumere le persone che tutto sommato lavorano<br />

bene, che sono riconfermate tutti gli anni? Quindi uno continua a<br />

sperare che forse… (laureata in Lingue, 37 anni).<br />

In passato, ho avuto l’opportunità di avere un contratto a tempo<br />

indeterminato, la famigerata assunzione. Era anche un lavoro<br />

abbastanza attinente a quello che faccio, però ero appena arrivata<br />

qui, mi piaceva l’ambiente, avevo tutta una serie di speranze e<br />

anche di aspirazioni, di idee forse anche un po’ romantiche sul<br />

tipo di lavoro, e non mi andava di rinchiudermi in una logica<br />

aziendale in cui devi produrre, produrre, produrre per <strong>il</strong> profitto. E<br />

quindi ho rifiutato anche se si era parlato di assunzione a tempo<br />

indeterminato (laureata in Lingue, 38 anni).<br />

144


Ma dopo un così lungo periodo vissuto nell’instab<strong>il</strong>ità, molti<br />

evidenziano la propria disponib<strong>il</strong>ità a rinunciare ad alcuni vantaggi<br />

del proprio attuale impiego in cambio di un posto di lavoro<br />

stab<strong>il</strong>e.<br />

In primo luogo, la condizione di (apparente) priv<strong>il</strong>egio in cui<br />

si trovano per <strong>il</strong> fatto di svolgere un lavoro coerente con <strong>il</strong> proprio<br />

percorso formativo e fonte di grandi soddisfazioni: in molti<br />

sarebbero disposti a barattare la soddisfazione con la sicurezza<br />

dell’impiego, soprattutto tra le donne. Molti sono pronti a<br />

scendere a compromessi, perché consapevoli delle forti barriere<br />

all’ingresso nel settore pubblico determinate dal blocco delle assunzioni<br />

degli ultimi anni, che rendono sempre più remota la<br />

possib<strong>il</strong>ità di accedere al posto sicuro, protetto e compatib<strong>il</strong>e,<br />

soprattutto per le donne, alla realizzazione di progetti fam<strong>il</strong>iari.<br />

varcata abbondantemente la soglia dei trent’anni, oltre alla<br />

dimensione professionale, assumono centralità anche le possib<strong>il</strong>ità<br />

di realizzazione, fino a questo momento rimandate, nell’ambito<br />

della sfera privata.<br />

Se mi proponessero un posto con maggiore garanzia di stab<strong>il</strong>ità,<br />

sarei flessib<strong>il</strong>e sul contenuto del lavoro. È chiaro che nei<br />

miei sogni c’è <strong>il</strong> lavoro stab<strong>il</strong>e e nelle cose in cui sono più formata,<br />

però penso che comunque la precarietà investa tutta la vita,<br />

l’incapacità di fare progetti a lungo termine (laureata in Lettere,<br />

30 anni).<br />

Il mio lavoro mi dava una enorme soddisfazione, però ora lo<br />

baratto volent<strong>ieri</strong> con un po’ di stab<strong>il</strong>ità, anche perché cerco di fare<br />

delle scelte, noi siamo flessib<strong>il</strong>i, ma <strong>il</strong> resto del mondo chiede altre<br />

forme di garanzie stab<strong>il</strong>i (laureata in Scienze politiche, 36 anni).<br />

Due anni fa potevo fare anche un discorso del genere: non mi<br />

interessa vendere niente a nessuno, voglio fare qualcosa che mi<br />

piaccia, va bene anche se precario. Però più in là che vai con l’età,<br />

le cose cambiano tantissimo, specialmente per una donna. Alla<br />

fine dell’anno, quando al telegiornale ti elencano le cose per cui gli<br />

italiani spendono la tredicesima, l’assicurazione della macchina,<br />

<strong>il</strong> mutuo… e io pensavo: “Che fortuna io non ce l’ho tutte queste<br />

cose, sì però non ho nemmeno la tredicesima!” Mi ricordo che<br />

mi feci da sola questa battuta. Allora non aveva importanza per<br />

me, poi ad un certo punto inizi ad averne abbastanza (laureata in<br />

Scienze Politiche, 3 anni).<br />

145


La stab<strong>il</strong>ità non è sembrato essere un obiettivo desiderab<strong>il</strong>e<br />

sempre e comunque. Per alcuni intervistati la stab<strong>il</strong>izzazione è<br />

una meta importante, per la <strong>quale</strong> tuttavia non rinuncerebbero<br />

alla possib<strong>il</strong>ità di svolgere un lavoro adeguato alle proprie competenze<br />

e che sia fonte di soddisfazione.<br />

Io non potrei fare un lavoro che non mi dà un senso di soddisfazione<br />

nel fare qualcosa che mi piace. Poi mi ritroverò a dover<br />

sfamare una famiglia e cambio idea, però, al momento, è più importante<br />

sapere che per otto ore al giorno fai qualcosa che ti dà un<br />

senso (laureata in Scienze della Formazione, 7 anni).<br />

Se i contenuti del lavoro rappresentano un limite invalicab<strong>il</strong>e,<br />

altri sono gli aspetti sui quali i lavoratori contratterebbero<br />

per ottenere un impiego stab<strong>il</strong>e: in primo luogo la flessib<strong>il</strong>ità<br />

nella gestione del proprio orario di lavoro.<br />

Rispetto ai contenuti del lavoro non so se riuscirei a concedere<br />

tantissimo. Lasciare la precarietà per un lavoro d’ufficio o di ragioneria?<br />

Penso che non lo farei. Forse perché è una scelta che ho<br />

fatto prima e non tornerei indietro. Rispetto alla situazione che<br />

vivo ora, concederei <strong>il</strong> discorso dell’organizzazione degli orari e dei<br />

tempi, quello sì. Penso sia inevitab<strong>il</strong>e. Io sono abbastanza libero di<br />

gestirmi <strong>il</strong> tempo come credo, quindi questa sarebbe la concessione<br />

che farei (laureato in Economia e Commercio, 35 anni).<br />

Solo in pochi casi è emersa anche la disponib<strong>il</strong>ità a trasferirsi,<br />

come unica soluzione alla possib<strong>il</strong>ità di proseguire <strong>il</strong> proprio<br />

percorso lavorativo, che garantisca anche margini di crescita<br />

professionale:<br />

Il mio lavoro è fantastico, però se devo ragionare… vorrei fare<br />

comunque un lavoro sim<strong>il</strong>e e per mantenere un’attività sim<strong>il</strong>e a<br />

quella attuale dovrei spostarmi su un orizzonte non troppo lontano…<br />

Roma, M<strong>il</strong>ano…, però dentro a una struttura che mi prenda<br />

ora e che mi dia la sicurezza di farmi salire nel giro di pochi anni<br />

(laureato in Economia Ambientale, 31 anni).• Lavoratori precari<br />

e dipendenti a confronto: le relazioni nei luoghi di lavoro<br />

Nonostante i lavoratori flessib<strong>il</strong>i dichiarino di essere sostanzialmente<br />

soddisfatti delle relazioni con i dipendenti standard<br />

nei luoghi di lavoro, comunque dalle testimonianze raccolte traspare<br />

una generale consapevolezza dell’esistenza di una linea di<br />

demarcazione piuttosto netta tra “loro” e gli “altri”.<br />

146


Il discorso del rapporto fra i collaboratori e i dipendenti fissi<br />

è delicatissimo. È proprio un discorso di prestigio, come dire, io<br />

sono assunto… è un po’ un gioco all’esclusione. Gli assunti di fatto<br />

hanno una posizione diversa dalla nostra, soprattutto nel pubblico,<br />

dove vale la regola che, se sei assunto, non c’è verso di essere<br />

buttato fuori (laureata in Scienze politiche, 36 anni).<br />

I lavoratori a termine provano una sorta di deprivazione<br />

relativa rispetto ai colleghi dipendenti, ponendo attenzione soprattutto<br />

al tema della disparità in termini di tutele e di livelli<br />

retributivi.<br />

In primo luogo, viene sollevata l’incapacità da parte del dipendente<br />

di comprendere <strong>il</strong> gap esistente tra la propria condizione<br />

di lavoratore a tempo indeterminato nel pubblico, in<br />

possesso dei massimi livelli di tutele e di garanzie, e quella del<br />

lavoratore a termine, collocato, invece, nella cosiddetta periferia<br />

dei diritti.<br />

Uno degli ambiti di incomprensione è rappresentato dal livello<br />

retributivo che, come sottolineano ad esempio i collaboratori<br />

coordinati e continuativi, nel loro caso è solo apparentemente<br />

più elevato, perché non inclusivo di tutte le garanzie, di cui invece<br />

possono usufruire i dipendenti (ferie, malattie, contributi<br />

previdenziali ecc.).<br />

È pesante doversi confrontare sempre con la persona che ti sta<br />

accanto di scrivania, ci passi tutto <strong>il</strong> giorno e questa persona pensa<br />

che te stai lì, fai la stessa cosa che fa lei e quella pensa che io guadagno<br />

tanti soldi. E sai questa idea non gliela levi. Però se loro hanno<br />

<strong>il</strong> raffreddore, stanno a casa una settimana… Io sono venuta a lavorare<br />

in delle condizioni… (laureata in Scienze politiche, 3 anni).<br />

È diffic<strong>il</strong>e combattere con la mentalità del dipendente. Devi stare<br />

costantemente a contatto con una persona che ha fatto un concorso<br />

e che, nella maggior parte dei casi, non fa un tubo dalla mattina<br />

alla sera. Io ho una retribuzione pagata su undici mesi invece<br />

che su dodici, questa è l’unica cosa che siamo riusciti a ottenere<br />

in due anni di litigi e, secondo loro, io con questo mese mi pago le<br />

ferie, quindi, <strong>il</strong> dipendente è convinto che io prenda più di lui. Ma<br />

come? Non si rende conto che io mi pago tutto da sola? C’è questo<br />

grosso divario di mentalità, con cui combatti tutti i giorni e mi<br />

rinfacciano se ho preso mezz’ora per <strong>il</strong> pranzo. Mi dovrò pur cibare<br />

anch’io, no? (laureata in Scienze della formazione, 7 anni).<br />

147


In alcuni casi sono emerse situazioni di forte isolamento rispetto<br />

ai colleghi, da cui scaturisce un diffuso senso di malessere<br />

di fronte alle difficoltà di ottenere un riconoscimento del<br />

proprio ruolo e del proprio spazio lavorativo.<br />

In tanti anni di lavoro non mi hanno mai trattata come una<br />

dipendente, non mi hanno mai fatto sentire parte del gruppo. Mi<br />

hanno sempre trattata come una persona giovane, per loro sono<br />

sempre giovane, io e <strong>il</strong> mio collega ci chiamano “quei ragazzi”. Basta!<br />

Dopo dieci anni non puoi più trattarmi come la ragazzina che<br />

è entrata con la borsa di studio, tutte le volte che arrivo mi sembra<br />

sempre di essere quella che viene da fuori e non una di loro. Te sei<br />

quello diverso, che <strong>domani</strong> non c’è più. Se al posto tuo viene un<br />

altro, non c’è problema (diplomata, 33 anni).<br />

Come ha r<strong>il</strong>evato Accornero ( 000), in contesti di questo tipo<br />

possono verificarsi rischi di divaricazione fra i lavoratori: da un<br />

lato un nucleo più o meno ristretto di dipendenti stab<strong>il</strong>i (i core<br />

workers), dall’altro la manodopera temporanea (i contingency<br />

workers), che tuttavia, spesso, non rappresenta un gruppo al<br />

proprio interno omogeneo, composto da lavoratori con forme<br />

contrattuali diversificate (tempo determinato, collaborazioni,<br />

collaborazioni con partita IvA, borse di studio ecc.). La pluralizzazione<br />

delle forme di lavoro produce, infatti, un’ulteriore segmentazione<br />

della forza lavoro, non solo nei confronti dei lavoratori<br />

standard, ma anche all’interno dei lavoratori atipici stessi,<br />

per cui <strong>il</strong> pericolo è che si venga a creare una situazione conflittuale<br />

tra lavoratori operanti in un stesso contesto lavorativo<br />

sulla base di modalità contrattuali diverse, derivante da nuove<br />

forme di gerarchizzazione basate sulla maggiore o minore stab<strong>il</strong>ità<br />

dei lavoratori.<br />

L’altro aspetto r<strong>il</strong>evante è che nei contesti da noi analizzati<br />

i lavoratori instab<strong>il</strong>i spesso costituiscono la componente che,<br />

nonostante l’atipicità delle condizioni contrattuali, contribuisce<br />

oppure è persino responsab<strong>il</strong>e del core business degli enti di<br />

appartenenza, occupandosi prioritariamente dello svolgimento<br />

delle funzioni ordinarie e stab<strong>il</strong>i di tali organizzazioni, che in<br />

molti casi altrimenti non verrebbero svolte.<br />

L’approvazione della Legge Finanziaria per <strong>il</strong> 006 è stato un<br />

interessante banco di prova rispetto alla questione della tenuta<br />

della coesione sociale nell’ambito del lavoro. Le stringenti limitazioni<br />

per la spesa del personale imposte agli Enti decentrati<br />

ha avuto, in alcuni casi, conseguenze negative sulla continuità<br />

148


lavorativa della componente flessib<strong>il</strong>e del personale, che, oltre a<br />

vedere sfumare le aspettative di stab<strong>il</strong>izzazione attraverso l’assunzione,<br />

ha rischiato – e tuttora rischia – anche in termini di<br />

rinnovo del contratto e quindi l’opportunità di continuare a svolgere<br />

<strong>il</strong> proprio lavoro anche in qualità di collaboratore. Dire cosa<br />

è successo dopo la Finanziaria non è cosa agevole, anche perché<br />

non è stata individuata alcuna linea comune a livello regionale,<br />

ma ciascun ente, a seconda della propria situazione interna, si è<br />

organizzato autonomamente. Si riscontrano casi in cui si sono<br />

effettivamente verificati mancati rinnovi dei contratti, in altri<br />

casi l’intero personale dell’ente, tutti collaboratori, sono stati<br />

mantenuti. In altri casi ancora le soluzioni individuate passano<br />

attraverso procedure di outsourcing, con forti implicazioni in<br />

termini di qualità e costi dei servizi, oltre che in relazione alle<br />

condizioni dei lavoratori coinvolti.<br />

A questo proposito emblematico è quanto verificatosi nel Comune<br />

di Prato, all’in<strong>domani</strong> della presentazione delle disposizioni<br />

contenuti nella Finanziaria.<br />

Alla fine del 005 la Giunta comunale ha approvato una delibera<br />

in relazione ai provvedimenti relativi all’applicazione della<br />

Legge Finanziaria per quanto concerne le spese per <strong>il</strong> personale.<br />

Per rispettare <strong>il</strong> vincolo richiesto del taglio dell’1% delle spese<br />

per <strong>il</strong> personale, l’Amministrazione pratese aveva ipotizzato una<br />

manovra che fosse in grado di salvaguardare l’occupazione per<br />

180 collaboratori, che integrano un organico insufficiente e inferiore<br />

rispetto a Comuni analoghi dal punto di vista delle dimensioni<br />

demografiche, e la funzionalità dei servizi 37 . La delibera<br />

prevedeva un “patto di solidarietà” tra lavoratori, basato su un<br />

piano di risparmi che sarebbero andati ad incidere sulla parte<br />

variab<strong>il</strong>e del salario dei dipendenti di ruolo (come ad esempio<br />

l’accesso ai fondi di produttività), oltre a minori spese derivanti<br />

dalla razionalizzazione dei servizi 38 .<br />

37 “Tagliare l’1% delle spese per <strong>il</strong> personale – si legge nel comunicato dell’ufficio<br />

stampa del Comune – è un’operazione di due m<strong>il</strong>ioni di euro, che avrebbe<br />

comportato una riduzione drastica del personale precario. In pratica mandare<br />

a casa i circa 180 co.co.co., con conseguenze gravi sui servizi e sulla funzionalità<br />

del Comune. Detto in altro modo sarebbero scomparse non poche sezioni<br />

di scuola materna, pregiudicata l’attività dell’Assessorato alla multiculturalità<br />

in una città a forte presenza di immigrati, ridotti i servizi informatici che ormai<br />

fanno girare la macchina comunale”.<br />

38 Nel dettaglio si proponeva: la rinuncia da parte del personale di ruolo a 400<br />

m<strong>il</strong>a euro complessivi del fondo dei dipendenti, per i dirigenti a 50 m<strong>il</strong>a euro;<br />

la decurtazione del 10% per <strong>il</strong> funzionamento degli organi istituzionali. Al-<br />

149


La proposta ha sollevato non poche reazioni da parte sia dei lavoratori<br />

dipendenti che delle organizzazioni sindacali, che hanno<br />

portato prima al congelamento della delibera, poi al ridimensionamento<br />

dell’entità finanziaria della manovra fino ad arrivare all’esclusione<br />

del fondo di produttività nel concorrere ai risparmi. I lavoratori<br />

flessib<strong>il</strong>i di Prato interpellati sull’evento hanno sottolineato<br />

un’evidente presa di distanza non solo da parte dei propri colleghi<br />

dipendenti, ma anche delle stesse organizzazioni sindacali.<br />

La vicenda è tanto più <strong>il</strong>luminante se teniamo presente <strong>il</strong> contesto<br />

di riferimento, ossia un’area distrettuale, dove <strong>il</strong> lavoro per<br />

decenni è stato fonte di integrazione e <strong>il</strong> dialogo sociale prassi<br />

consolidata nelle relazioni industriali. In particolare <strong>il</strong> metodo<br />

concertativo ha rappresentato uno dei punti di forza del sistema<br />

locale, soprattutto nei suoi momenti più diffic<strong>il</strong>i, che ha reso Prato<br />

un modello di riferimento non solo per <strong>il</strong> dinamismo imprenditoriale,<br />

i livelli di crescita economica e di benessere, ma anche per<br />

la qualità delle relazioni tra gli attori pubblici e privati nell’area.<br />

Questo rapporto fra dipendenti e collaboratori mi ha colpito in<br />

questi ultimi periodi. Con la Finanziaria c’è stata questa netta divaricazione<br />

fra chi è assunto e chi non lo è. La Legge praticamente<br />

scaricava sui collaboratori tutte le crisi finanziarie e tutte le spese.<br />

Nessuno chiaramente rinuncia ai diritti acquisiti, per quanto<br />

riguarda lo stipendio, ma forse anche altro. E si è sentita la netta<br />

divaricazione fra lo status di collaboratore esterno e quello di dipendente<br />

interno (laureato in Economia e Commercio, 35 anni).<br />

Passare per i corridoi e vedere le persone che si girano e che<br />

ti guardano male, come dire te mi stai rubando un euro. A noi è<br />

successo così (laureata in Architettura, 34 anni).<br />

Il mio punto di vista è che è molto diffic<strong>il</strong>e toccare dei priv<strong>il</strong>egi<br />

di chi già è assunto. È chiaro che scatena, io lo capisco benissimo,<br />

che scatena delle enormi resistenze. Al tempo stesso, riconosco che<br />

c’è un divario tra chi è collaboratore rispetto a un dirigente, ma<br />

lo stesso fra un dipendente e un dirigente, ci sono delle differenze<br />

che sono andate un po’ troppo verso <strong>il</strong> modello privato. In un ente<br />

pubblico devi fare una cosa proprio grave, ma grave, grave, grave<br />

per essere mandato via. Mentre in una azienda privata <strong>il</strong> dirigente<br />

tre riduzioni potevano derivare dalla razionalizzazione sui servizi (300 m<strong>il</strong>a<br />

euro), dalla diminuzione dello stanziamento per le trasferte dei dipendenti<br />

(1 0 m<strong>il</strong>a euro), dal congelamento degli straordinari (50 m<strong>il</strong>a euro), ecc.<br />

150


che fa due cavolate, ciao ciao. Tu hai quei soldi lì, hai quei benefici<br />

lì, però te li devi meritare fino in fondo, no? Io parlo in generale.<br />

Credo che nel pubblico ci siano alcuni percorsi sim<strong>il</strong>i, però non<br />

giustificati poi dal rendimento (laureato in Sociologia, 38 anni).<br />

In generale dalle testimonianze raccolte non sembra emergere<br />

un rapporto semplice tra i lavoratori flessib<strong>il</strong>i e le organizzazioni<br />

sindacali. Ad esempio, è significativo <strong>il</strong> fatto che, nel<br />

raccontare le loro storie professionali e nell’esprimere le proprie<br />

lamentele, i collaboratori non abbiano mai citato i soggetti<br />

sindacali, né le categorie direttamente coinvolte, se non quando<br />

direttamente stimolati in materia.<br />

La principale difficoltà del sindacato nasce dall’esistenza nei<br />

luoghi di lavoro di una stratificazione non solo tra le varie tipologie<br />

contrattuali, ma anche tra le figure accomunate dalla<br />

medesima condizione contrattuale (ma spesso con condizioni<br />

di lavoro, posizioni sociali e aspettative diversificate), che rende<br />

complicato individuare un solo modello di rappresentanza. Il<br />

processo di differenziazione delle condizioni e delle esperienze<br />

di lavoro porta spesso i lavoratori a percepirsi come soggetti<br />

individuali, rendendo diffic<strong>il</strong>e l’identificazione con un gruppo e<br />

ostacolando l’organizzazione di qualsiasi azione collettiva.<br />

Quello che io ho r<strong>il</strong>evato è una grossa difficoltà da parte dei<br />

comparti tradizionali del sindacato a entrare in contatto con questo<br />

nuovo mondo. Non puoi tu, da sindacalista, andare a parlare<br />

a un’assemblea di atipici con le stesse parole e con la stessa formazione<br />

che hai quando ti rivolgi a delle persone che sono dipendenti<br />

pubblici. È tutto un altro pianeta, <strong>il</strong> sindacalista che si deve rivolgere<br />

ai precari deve appunto ritornare all’Ottocento, in un certo<br />

senso... Il sindacalista tradizionale può dire: “No, se io comincio<br />

a fare gli accordi e comincio ad aiutare i precari, legittimo la precarietà”.<br />

Questo è <strong>il</strong> nodo politico. È una cosa che in tasca non<br />

ce l’ha nessuno, <strong>quale</strong> sia la strategia migliore per difendere i lavoratori…<br />

se costruire, e in che modo costruire una rete di tutela,<br />

rinforzando la condizione dell’atipico oppure fare una lotta frontale<br />

per eliminare completamente… e con quali strumenti… per<br />

eliminare completamente <strong>il</strong> problema del lavoro atipico (laureata<br />

in Statistica, 35 anni).<br />

Noi abbiamo gli interni comandati dalla scuola, gli assunti a<br />

tempo determinato, i collaboratori che lavorano su progetto, quelli<br />

151


che lavorano con partita IVA, i consulenti, gli stagisti. Quindi c’è<br />

tutta questa galassia di figure che noi stessi facciamo fatica, nel<br />

senso che certe volte vediamo delle facce nuove e ci chiediamo e<br />

questo chi è? (laureata in Lingue, 38 anni).<br />

La cosa più strana è che non abbiamo diritto nemmeno alla<br />

definizione di categoria. Vorrei sapere cosa abbiamo in comune<br />

noi con <strong>il</strong> povero pony express, eppure apparteniamo teoricamente<br />

allo stesso gruppo. Non saremo mai una lobby. Non avremo mai<br />

una massa critica, io penso che, in buona parte, nei lavori più<br />

um<strong>il</strong>i, non lo sanno neanche che ci sono dei diritti (diplomata,<br />

44 anni).<br />

Nonostante le difficoltà, è emersa una forte domanda di tutele<br />

e garanzie, che dovrebbero compensare la preoccupazione<br />

per la precarietà dei rapporti di lavoro e che costituiscono <strong>il</strong> terreno<br />

ideale per lo sv<strong>il</strong>uppo di azioni di tipo collettivo. Si tratta<br />

di richieste relative ad una legislazione più protettiva in materia<br />

di diritti, di tutele contrattuali relative alle retribuzioni e alle<br />

condizioni costitutive del rapporto di lavoro, oltre che quelle di<br />

maggiori prestazioni nel campo delle politiche sociali, in particolare<br />

sul versante della maternità e della previdenza.<br />

Il diritto a poter usufruire del periodo di malattia, la maternità,<br />

l’indennità di disoccupazione nei momenti di stacco da un<br />

contratto a l’altro. Se ho un contratto di ruolo, ho <strong>il</strong> diritto all’indennità<br />

nel momento in cui passo da un contratto all’altro; e non<br />

cambia la situazione se sono precaria. Anzi, a maggior ragione. Io<br />

scendo a patti di avere un lavoro flessib<strong>il</strong>e, di mettermi in gioco, di<br />

poterlo cambiare o non averlo da qui a un anno… almeno vorrei<br />

la parte acquisita dei diritti. Però ormai la flessib<strong>il</strong>ità è di norma;<br />

è diventata un sostituto contrattuale né più né meno, visto che <strong>il</strong><br />

lavoro che fai è lo stesso del tuo collega a tempo indeterminato, gli<br />

orari che fai sono quelli. Allora diventa tutto equivalente, ad eccezione<br />

dei diritti dei lavoratori (laureata in Lingue, 30 anni).<br />

Io aggiungerei anche <strong>il</strong> riconoscimento della professionalità.<br />

Nella Pubblica Amministrazione significherebbe <strong>il</strong> livello: te hai<br />

lavorato a quel livello lì, e quindi non solo ricevi un’indennità di<br />

disoccupazione adeguata al livello, ma attesto anche che tu sei in<br />

grado di svolgere quel tipo di lavoro, per quel livello e questo ti può<br />

fac<strong>il</strong>itare nell’avere un contratto con un altro committente (laureata<br />

in Lingue, 38 anni).<br />

15


I diritti fondamentali sono la malattia, la maternità e anche un<br />

po’ di ferie. E poi ci vorrebbe anche un minimo di diritto alla continuità,<br />

nel senso che ci vorrebbe un diritto ad avere una prelazione,<br />

nel caso in cui venga ripreso del personale per prof<strong>il</strong>i analoghi<br />

al tuo. E poi ci vorrebbe <strong>il</strong> diritto a sapere non l’ultimo giorno di<br />

contratto, anzi <strong>il</strong> giorno dopo che ti è scaduto, se ti verrà rinnovato.<br />

Non è una cosa dignitosa per un lavoratore (laureata in Fisica,<br />

35 anni).<br />

Il sapere qual è <strong>il</strong> giorno in cui riscuoti… a me non dispiacerebbe<br />

sapere quando riscuoto (laureata in Scienze Politiche, 3<br />

anni).<br />

E poi un ultimo elemento, e cioè che, secondo me, i lavori atipici<br />

dovrebbero costare di più del lavoro a tempo indeterminato.<br />

In questo modo voglio vedere come ci si mette (laureata in Lettere,<br />

3 anni).<br />

Ed in effetti molte di tali richieste hanno trovato spazio nell’ambito<br />

di accordi che le organizzazioni sindacali sono riuscite<br />

a stipulare in vari enti locali toscani, prevedendo, in assenza di<br />

un quadro normativo nazionale di riferimento sul lavoro atipico,<br />

<strong>il</strong> riconoscimento di retribuzioni equiparate a quelle dei dipendenti,<br />

degli anni di servizio prestati come collaboratori presso<br />

Pubbliche Amministrazioni in caso di partecipazione a procedure<br />

concorsuali, del diritto alle ferie retribuite, dei diritti sindacali,<br />

delle tutele per maternità, gravidanza a rischio, allattamento,<br />

adozione, malattia e infortunio, per le quali la copertura delle<br />

spese avviene in molti casi attraverso l’attivazione da parte degli<br />

enti committenti di apposite assicurazioni private.<br />

Il problema che semmai è emerso dai nostri colloqui con i<br />

lavoratori è, da un lato, la scarsa conoscenza di tali accordi, e<br />

quindi la scarsa consapevolezza da parte dei collaboratori di essere<br />

in possesso di diritti, che ad <strong>oggi</strong> sono esigib<strong>il</strong>i; dall’altro,<br />

l’assenza di forme di controllo sulla reale applicazione di tali accordi.<br />

Senza contare <strong>il</strong> fatto che esistono categorie di lavoratori,<br />

per i quali alcune di queste tutele non sono affatto contemplate,<br />

come i collaboratori con partita IvA, i collaboratori occasionali<br />

o i titolari di borsa di studio.<br />

Mi pare che qualche accordo ci sia anche a Prato.. ci dovrebbe<br />

essere qualcosa (laureanda in Economia e Commercio, 9<br />

anni).<br />

153


Che io sappia, anzi diciamo che non lo so e questo dovrebbe<br />

spiegare già molto del rapporto che c’è fra i precari e <strong>il</strong> sindacato<br />

(laureata in Lettere, 35 anni).<br />

Il problema grosso è che questi accordi sindacali dipendono<br />

dalla buona volontà del singolo amministratore, perché quando<br />

l’amministratore cambia, come nel nostro caso, può decidere di<br />

strafregarsene. Questa è la considerazione che traggo dalla nostra<br />

esperienza: forse ce li ridaranno in futuro questi diritti ora non ce<br />

l’abbiamo (laureata in Fisica, 35 anni).<br />

• Vivere flessib<strong>il</strong>mente<br />

Nonostante le profonde trasformazioni degli ultimi decenni<br />

del secolo scorso, <strong>il</strong> lavoro continua ad essere una dimensione<br />

centrale nella vita di ciascun individuo, poiché da un lato garantisce<br />

la sopravvivenza e l’indipendenza economica, dall’altro<br />

rappresenta <strong>il</strong> più efficace dispositivo di integrazione nella vita<br />

adulta e nella società, <strong>il</strong> fattore che influisce maggiormente sulla<br />

stratificazione sociale, conferendo dunque identità sociale,<br />

influendo sull’autostima individuale e sulla considerazione da<br />

parte degli altri.<br />

Pertanto parlare di flessib<strong>il</strong>ità vuol dire introdurre questioni<br />

che riguardano non solo la sfera del lavoro, ma tutte le dimensioni<br />

della vita personale del singolo, e che toccano l’intera organizzazione<br />

della società. Una r<strong>il</strong>evante parte della letteratura<br />

in materia si è concentrata proprio sull’analisi delle implicazioni<br />

nel vissuto quotidiano dell’essere flessib<strong>il</strong>e, sui r<strong>il</strong>evanti oneri<br />

che i lavori instab<strong>il</strong>i tendono ad imporre a carico dell’individuo,<br />

della famiglia e della comunità (Gallino, 001).<br />

Nell’ambito della nostra indagine, <strong>il</strong> fenomeno della flessib<strong>il</strong>ità<br />

ha una precisa caratterizzazione generazionale, coinvolgendo<br />

“giovani adulti”, che, proprio nella fase della vita caratterizzata<br />

dalle scelte cruciali per <strong>il</strong> destino – non solo professionale ma<br />

anche personale – vivono l’esperienza della flessib<strong>il</strong>ità con l’inquietudine<br />

del futuro e l’incapacità di progettarne uno proprio.<br />

Ciò che colpisce è che stiamo parlando non di lavoratori a qualificazione<br />

medio-bassa, ma di soggetti con elevati titoli di studio,<br />

che svolgono nella maggioranza dei casi professioni intellettuali<br />

e tecniche con elevati livelli di specializzazione.<br />

La precarietà dell’impiego e la percezione di importanti vincoli<br />

organizzativi ed economici connessi a tale condizione contribuiscono<br />

a creare un contesto particolarmente diffic<strong>il</strong>e per<br />

154


chi si trova a dover affrontare scelte importanti per <strong>il</strong> proprio<br />

futuro.<br />

Come è emerso dalle testimonianze raccolte durante i focus<br />

group, molti continuano a vivere con i genitori, perché non hanno<br />

un reddito sufficiente per pagare l’affitto o per comperare<br />

la casa. Oppure, se usciti da casa, continuano a dover far riferimento<br />

alla rete fam<strong>il</strong>iare per affrontare la vita da soli o in<br />

compagnia di un partner che, sempre più spesso, è anch’esso un<br />

lavoratore temporaneo.<br />

Anche decisioni meno importanti, ma che comunque si presentano<br />

nel corso della vita, come l’acquisto di un’auto o qualsiasi<br />

altro acquisto con pagamento rateale, risentono in maniera<br />

negativa dell’incertezza lavorativa.<br />

Noi si vive in questo stato di limbo, per cui rimani figlio fino a<br />

quaranta anni (laureata in Architettura, 38 anni).<br />

Io sono andata via di casa e vivo attualmente da sola, però con<br />

<strong>il</strong> grosso apporto dei miei genitori, perché altrimenti… Mi sostengo<br />

quasi totalmente da sola, ma non totalmente. Non riesco ancora<br />

(laureata in Scienze forestali, 35 anni).<br />

Per la mia esperienza quotidiana la flessib<strong>il</strong>ità pesa, pesa eccome.<br />

Non pesa nei primi anni. Ora, invece, a 36 anni, mi sta<br />

cominciando a pesare parecchio. Il mondo intorno gira in maniera<br />

opposta a come giro io e non ci capisco più niente. È un<br />

po’ complicato. Bisognerebbe che anche tutte le altre cose cominciassero<br />

ad allinearsi un po’; oppure, ancora meglio, mi auguro<br />

che <strong>il</strong> prossimo Governo ci assuma tutti. Nelle scelte private per<br />

me la flessib<strong>il</strong>ità lavorativa ha pesato. Ad esempio, non mi sono<br />

mai potuta permettere di pagare un affitto da sola, ma ho sempre<br />

dovuto condividere con qualcun altro, come sto facendo ora; mi<br />

pesa adesso che vorrei acquistare una casa, perché non so se mi<br />

finanzieranno. Poi c’è tutta la richiesta della rete sociale che ti sta<br />

intorno, la famiglia e così via… non ti senti mai completamente<br />

autonoma e mai completamente libera. Mi pesa (laureata in<br />

Scienze politiche, 36 anni).<br />

Anche a me dà fastidio che noi si vada in una direzione e <strong>il</strong><br />

mondo vada da un’altra parte. Io non ho mai dovuto chiedere un<br />

mutuo, però vorrei comprare una macchina, visto che ora vado a<br />

piedi, e <strong>il</strong> finanziamento sarà un problema. Non so se me lo daranno,<br />

e non è un mutuo chiaramente. Devo fare affidamento ancora<br />

su mio padre, perché se non firma lui non mi danno niente… Io<br />

sono stata un anno in affitto in una casa e non ho potuto prender-<br />

155


la io, perché la proprietaria ha voluto la firma di un genitore. Io<br />

ho 27 anni! Non riesci a emanciparti. Questa flessib<strong>il</strong>ità, parlando<br />

di prospettive future, sicuramente è un handicap forte perché non<br />

mi permette di vedere al di là del mio naso. A me sicuramente<br />

pesa una cosa del genere (laureata in Scienze della formazione,<br />

7 anni).<br />

L’incertezza relativa al proprio percorso professionale, la<br />

conseguente instab<strong>il</strong>ità e/o inadeguatezza, della fonte di reddito<br />

individuale, rappresentano in generale condizionamenti r<strong>il</strong>evanti<br />

sulle scelte di transizione dei giovani, tanto più r<strong>il</strong>evanti<br />

soprattutto in presenza di un sistema di welfare di tipo fam<strong>il</strong>istico<br />

(Esping-Andersen, 00 ) come quello italiano, che esclude<br />

strumenti di sostegno al reddito (sussidi per disoccupazione o<br />

sociali, ma anche per studio e formazione). In presenza di un<br />

sistema centrato sulla protezione del lavoratore subordinato<br />

standard (in genere <strong>il</strong> capofamiglia, maschio e adulto), che non<br />

prevede tutele collettive per i lavori non stab<strong>il</strong>i, la strategia più<br />

frequentemente adottata è rappresentata dal ricorso a dispositivi<br />

di protezione per via fam<strong>il</strong>iare.<br />

Fino a adesso si è dato per scontato che la famiglia costituisse<br />

<strong>il</strong> più efficace strumento di assorbimento dei rischi connessi<br />

alla flessib<strong>il</strong>ità, ma questo fino a quando?<br />

In primo luogo, come hanno notato i nostri intervistati, non<br />

necessariamente tutti i soggetti si trovano nelle condizioni di<br />

poter usufruire delle rete fam<strong>il</strong>iare e, in tal caso, non esistono<br />

protezioni alternative offerte dal sistema di welfare. Ma, ancor<br />

più r<strong>il</strong>evante, è <strong>il</strong> fatto che non necessariamente tutti i soggetti<br />

vogliano continuare ad essere figli fino a 40 anni, molti esprimono<br />

<strong>il</strong> desiderio di affrancarsi dalla propria condizione di dipendenza<br />

dalla solidarietà delle generazioni adulte.<br />

L’altro aspetto r<strong>il</strong>evante riguarda i progetti di fecondità; solo<br />

in pochi hanno figli e nella maggioranza dei casi le coppie hanno<br />

posticipato la decisione di avere figli con la prospettiva di ottenere<br />

una stab<strong>il</strong>ità occupazionale ancora non arrivata.<br />

Una che ha la partita IVA, un figlio non lo fa. Tutti mi chiedono<br />

perché non faccio un bambino e io rispondo perché non so come<br />

fare a fare un bambino… insomma non me lo posso permettere…<br />

Non solo a chi lo lasci… Ma non è detto che una abbia una gravidanza<br />

perfetta che fino a nove mesi puoi andare a lavorare con la<br />

pancia… C’è chi, al secondo mese, deve stare a letto e io non me lo<br />

posso permettere (laureata in Scienze politiche, 3 anni).<br />

156


Come donna, è fortemente penalizzante <strong>il</strong> fatto di aspettare la<br />

stab<strong>il</strong>ità per costruire una famiglia e fare un figlio. Io non ho figli.<br />

Se potessi tornare indietro, probab<strong>il</strong>mente farei una scelta diversa.<br />

Ritrovarsi a questa età e aver rinunciato a una cosa importante,<br />

sinceramente è abbastanza grave. Ho un sentimento di rabbia nei<br />

confronti di questa condizione che, per carità, in qualche maniera<br />

mi sono anche scelta, nel senso che ho voluto continuare su questa<br />

strada. Questa flessib<strong>il</strong>ità lavorativa è stata fortemente condizionante<br />

per me (laureata in Architettura, 38 anni).<br />

È evidente come la carenza di tutele per maternità, particolarmente<br />

accentuata nel caso delle collaboratrici con partita<br />

IvA, rappresenta un forte condizionamento nella decisione di<br />

avere un figlio, così come <strong>il</strong> timore di uscire da un mercato del<br />

lavoro con poche opportunità adeguate e la possib<strong>il</strong>ità, per niente<br />

remota, di non riuscire a rientrarci dopo un’interruzione per<br />

maternità.<br />

In effetti, per le lavoratrici a termine, soprattutto per le collaboratrici,<br />

la maternità rappresenta una scelta diffic<strong>il</strong>e, perché<br />

l’interruzione per maternità e <strong>il</strong> conseguente rallentamento nei<br />

ritmi di lavoro implicano minori livelli reddituali, decurtazione<br />

dei risparmi e soprattutto uscire dal giro, allontanarsi da quella<br />

comunità professionale, da quella rete di rapporti che consentono<br />

la permanenza nel mercato del lavoro.<br />

Anche se viene raggiunta una posizione forte all’interno del<br />

settore di riferimento, si ha una professionalità elevata e riconosciuta<br />

dai committenti, si intrattengono più rapporti di lavoro,<br />

tuttavia la sicurezza economica deriva unicamente dalla capacità<br />

di lavorare, pertanto qualsiasi interruzione può far scivolare <strong>il</strong><br />

lavoratore in una condizione di estrema vulnerab<strong>il</strong>ità.<br />

Nel momento in cui io vorrò avere una famiglia e dei figli, questa<br />

cosa della partita IVA potrà avere dei lati positivi, ma ne avrà<br />

anche tanti negativi. La partita IVA mi potrà dare la possib<strong>il</strong>ità di<br />

fare <strong>il</strong> lavoro a casa, se fossi una partita IVA come dovrei essere…<br />

Ma con la maternità… a parte che stai a casa e non becchi una<br />

lira, ma una volta che esci da un circuito, poi non ci rientri (laureata<br />

in Scienze della formazione, 7 anni).<br />

Ma nella scelta di avere dei figli preoccupano anche le condizioni<br />

con le quali si può affrontare <strong>il</strong> periodo successivo alla<br />

nascita. La conc<strong>il</strong>iazione dei tempi di lavoro con quelli di vita<br />

rappresenta un problema pressante anche per chi, almeno in<br />

157


teoria, dovrebbe avere la possib<strong>il</strong>ità di usufruire di una flessib<strong>il</strong>ità<br />

oraria. Il problema in realtà è che <strong>il</strong> lavoro flessib<strong>il</strong>e spesso<br />

non ha un orario flessib<strong>il</strong>e, perché è quello rigido del dipendente,<br />

perché comunque è richiesta la presenza quotidiana, perché,<br />

soprattutto in casi di collaborazioni con più committenti, in certi<br />

periodi richiede ritmi di lavoro intensi, che mal si conc<strong>il</strong>iano<br />

con le esigenze fam<strong>il</strong>iari quotidiane.<br />

Il problema è che poi, quando diventi mamma, non hai più<br />

tutto quel tempo da dedicare alle relazioni per trovare contatti e<br />

nuovi lavori. A questo si sommano poi tutte le ansie del fatto che<br />

comunque ci sono tante collaborazioni, perciò la tensione è costante…<br />

e la maternità è stata un dramma… insomma, e se ti<br />

ammali e succede qualcosa…(laureata in Statistica, 35 anni).<br />

Come tutte le lavoratrici, diventa prioritario avere una rete<br />

di supporto (genitori), che sopperisca alle carenze di offerta dei<br />

servizi per l’infanzia (as<strong>il</strong>i nido, scuole materne, centri ricreativi,<br />

ecc,) e alle rigidità di un sistema, in cui l’organizzazione<br />

degli orari e dei tempi non è ancora tale da rispondere ad esigenze<br />

di supporto sempre più articolate, flessib<strong>il</strong>i e personalizzate<br />

espresse dalle famiglie.<br />

Di fronte ad un contesto di questo tipo i lavoratori flessib<strong>il</strong>i<br />

preferiscono spesso evitare di fare programmi di lungo periodo,<br />

concentrandosi sul presente e ponendosi obiettivi di breve periodo,<br />

per avere una maggiore probab<strong>il</strong>ità di raggiungerli. Questo<br />

tipo di atteggiamento comporta anche <strong>il</strong> non fare i conti con<br />

quello che sarà <strong>il</strong> proprio futuro, soprattutto in termini previdenziali,<br />

non tanto per una mancata presa di coscienza rispetto<br />

al fatto che <strong>il</strong> proprio lavoro non garantirà un reddito adeguato<br />

al termine della carriera lavorativa, ma piuttosto perché spesso<br />

non possono permettersi di ut<strong>il</strong>izzare parte della propria retribuzione<br />

da investire in fondi pensionistici integrativi.<br />

La flessib<strong>il</strong>ità è la condizione buona per vivere alla giornata<br />

ma, se uno guarda con una prospettiva futura, allora crea dei<br />

problemi. La flessib<strong>il</strong>ità sembra un’esigenza diffusa nel sistema e<br />

ovunque, poi, in realtà, uno individualmente regge <strong>il</strong> carico da<br />

solo o comunque con le persone nella sua stessa situazione. Quando<br />

vai in banca, <strong>il</strong> mutuo te lo negano. Se hai l’esigenza di affittare<br />

una casa o una stanza in città devi sempre porti <strong>il</strong> problema di<br />

quanto ti durerà ancora <strong>il</strong> contratto. Oltre a questi aspetti, quello<br />

che mi preoccupa ancora di più è l’aspetto previdenziale. Se penso<br />

158


a me fra trenta anni, mi vedo come un poveraccio. Non so come<br />

potrò campare. Per ora ho <strong>il</strong> supporto di chi mi sta alle spalle e che<br />

mi sostiene. Fra trent’anni, quando non hai più l’aiuto fam<strong>il</strong>iare,<br />

sarai un problema sociale (laureato in Economia e commercio,<br />

35 anni).<br />

7.4. Riflessioni finali<br />

Il reiterato blocco delle assunzioni imposto agli Enti decentrati<br />

dal Governo centrale attraverso le ultime Leggi Finanziarie,<br />

a fronte di maggiori impegni e più ampie competenze conferite<br />

ai livelli locali di governo nell’ambito del processo di decentramento,<br />

ha determinato nel corso degli ultimi anni un progressivo<br />

incremento della quota di lavoratori flessib<strong>il</strong>i nella Pubblica<br />

Amministrazione.<br />

Le diverse forme di lavoro non standard (dal tradizionale<br />

contratto a tempo determinato alla collaborazione coordinata e<br />

continuativa) sono state ut<strong>il</strong>izzate per colmare evidenti carenze<br />

dell’organico, per garantire la funzionalità ordinaria degli enti,<br />

oltre che per ampliarne i servizi per <strong>il</strong> cittadino, e ovviamente<br />

per contenere la spesa del personale.<br />

Tale trend ha subito una battuta d’arresto con l’ultima Legge<br />

Finanziaria, che con l’imposizione di stringenti vincoli alla spesa<br />

del personale, ed in particolare a tutte le tipologie contrattuali a<br />

termine, ha determinato conseguenze negative sulla continuità<br />

professionale di molti lavoratori, lasciandone dis<strong>il</strong>luse non solo<br />

le aspettative “massime” di stab<strong>il</strong>izzazione attraverso l’assunzione,<br />

ma anche quelle “minime” di rinnovo del contratto e quindi<br />

lavoratore atipico.<br />

La job insecurity, sempre più diffusa sia tra lavoratori dipendenti<br />

che autonomi (Accornero, 006a; Carr<strong>ieri</strong>, Damiano, Ugolini,<br />

005), va a colpire anche un ambito che ha tradizionalmente<br />

rappresentato i massimi livelli di tutela e sicurezza del posto<br />

di lavoro: con la diffusione delle tipologie flessib<strong>il</strong>i del lavoro,<br />

l’immagine associata alla Pubblica Amministrazione appare<br />

sempre più lontana da quella tradizionale del posto di lavoro<br />

sicuro, protetto e, soprattutto per le donne, compatib<strong>il</strong>e con le<br />

esigenze di cura della famiglia.<br />

È proprio dall’immagine tradizionale del pubblico impiego<br />

che è partita la carriera professionale della maggioranza dei lavoratori<br />

atipici da noi intervistati nell’ambito dell’indagine: lavoratori<br />

giovani, con elevati livelli di scolarizzazione, con gran-<br />

159


di ambizioni di realizzazione professionale, che hanno trovato<br />

nell’ente pubblico la possib<strong>il</strong>ità di svolgere attività coerenti con<br />

la propria formazione, coniugata all’opportunità di vedere soddisfatte<br />

le proprie aspirazioni alla stab<strong>il</strong>ità.<br />

L’instab<strong>il</strong>ità della propria posizione occupazionale è stata<br />

vissuta inizialmente come una situazione di passaggio inevitab<strong>il</strong>e<br />

ed è stata persino percepita come una condizione priv<strong>il</strong>egiata,<br />

che, anche in assenza di riconoscimenti sul piano economico e<br />

contrattuale, ha consentito di ottenere una propria realizzazione<br />

professionale e personale.<br />

Si tratta di una componente di lavoratori che, per lungo tempo,<br />

è stata disposta ad accettare i costi delle condizioni contrattuali,<br />

a patto di salvaguardare i contenuti, le modalità di gestione,<br />

<strong>il</strong> riconoscimento sociale dell’attività svolta, oltre che le prospettive<br />

di inserimento stab<strong>il</strong>e attraverso l’assunzione a tempo<br />

indeterminato.<br />

A distanza di qualche anno, in alcuni casi anche molti, sembra<br />

essersi conclusa la fase iniziale di innamoramento per <strong>il</strong><br />

lavoro svolto, oltre che di identificazione con l’ente pubblico,<br />

mentre prevale un sentimento di profonda insoddisfazione che<br />

sfocia nell’amara constatazione della ristrettezza delle proprie<br />

prospettive di stab<strong>il</strong>izzazione e di crescita professionale.<br />

Se in passato <strong>il</strong> lavoro a termine nella Pubblica Amministrazione<br />

è stato ut<strong>il</strong>izzato come un avvicinamento a tappe all’obiettivo<br />

della stab<strong>il</strong>izzazione, adesso <strong>il</strong> legame precario con <strong>il</strong> posto di<br />

lavoro sembra rappresentare una condizione di lunga permanenza.<br />

Infatti, in molti casi, usufruendo di più rinnovi contrattuali,<br />

si sono creati rapporti di lavoro duraturi, che hanno determinato<br />

per <strong>il</strong> lavoratore (ma anche per l’ente) una continuità professionale.<br />

Si tratta, tuttavia, di una condizione non assim<strong>il</strong>ab<strong>il</strong>e alla<br />

stab<strong>il</strong>ità, perché rappresenta spesso <strong>il</strong> prolungamento nel tempo<br />

di una condizione vissuta e percepita come instab<strong>il</strong>e. La lunga<br />

durata è in questo caso un indicatore di intrappolamento in una<br />

condizione, dalla <strong>quale</strong> diventa sempre più diffic<strong>il</strong>e uscire, man<br />

mano che passano gli anni e si cresce dal punto di vista dell’età<br />

anagrafica. Inoltre, la continuità del rapporto con l’ente consente<br />

l’instaurarsi di una relazione con <strong>il</strong> committente, con i colleghi,<br />

con l’intero ambiente lavorativo che alimenta la speranza del raggiungimento<br />

del traguardo: l’assunzione a tempo indeterminato.<br />

Ma la percezione di essere rimasti intrappolati è determinata<br />

anche dalla consapevolezza da parte di questi lavoratori di aver<br />

intrapreso un percorso professionale fortemente orientato, rispetto<br />

al <strong>quale</strong> molto è stato investito in termini di risorse, tem-<br />

160


po e dedizione, oltre che in termini di costruzione della propria<br />

identità personale, un percorso tuttavia che ha caratteristiche,<br />

competenze ed ab<strong>il</strong>ità che spesso lo rendono poco spendib<strong>il</strong>e<br />

al di fuori del settore pubblico o addirittura del singolo ente.<br />

Pertanto, non solo rimangono irrealizzate e irrealizzab<strong>il</strong>i, se non<br />

per pochi, le prospettive di stab<strong>il</strong>izzazione, ma diventa anche<br />

diffic<strong>il</strong>e rimettersi in gioco, spesso in età non così giovane (per<br />

alcuni è stata superata abbondantemente la soglia convenzionale<br />

dei 35 anni di ingresso nell’età adulta), in un mercato del lavoro<br />

come quello toscano caratterizzato da una domanda di lavoro<br />

attestata su bassi livelli di qualificazione dei prof<strong>il</strong>i richiesti, con<br />

conseguenti difficoltà di assorbimento dei soggetti in possesso<br />

di elevati titoli di studio.<br />

Tra le altre principali dimensioni di insoddisfazione dei lavoratori<br />

intervistati, è emersa anche la frustrazione derivante dall’immeritata<br />

disuguaglianza di trattamento rispetto ai colleghi<br />

dipendenti, sia nel caso in cui svolgano le stesse attività, e ancor<br />

più nel caso in cui ricoprano incarichi niente affatto straordinari<br />

e non svolti da nessun altro.<br />

Si tratta, infatti, di una forza lavoro che, seppure a termine,<br />

è consapevole di essere una componente tutt’altro che marginale<br />

per la Pubblica Amministrazione, vista l’entità e le caratteristiche<br />

delle attività svolte, ma che si percepisce (e si trova) in un vuoto<br />

di cittadinanza. La tipicità dell’attività svolta è, infatti, associata<br />

all’atipicità della condizione contrattuale, che li relega nella condizione<br />

di lavoratori di serie B, inclusi solo temporaneamente nelle<br />

tutele (come i lavoratori a tempo determinato), oppure esclusi<br />

(parzialmente o totalmente) dalle principali tutele (come collaboratori,<br />

titolari involontari di partita IvA, borsisti ecc.).<br />

È emersa, a questo proposito, una forte domanda di tutele<br />

e garanzie, che dovrebbero compensare la preoccupazione per<br />

la precarietà dei rapporti di lavoro e che costituiscono <strong>il</strong> terreno<br />

ideale per lo sv<strong>il</strong>uppo di azioni di tipo collettivo. Si tratta di<br />

richieste relative ad una legislazione più protettiva in materia<br />

di diritti, di tutele contrattuali relative alle retribuzioni e alle<br />

condizioni costitutive del rapporto di lavoro, oltre che quelle di<br />

maggiori prestazioni nel campo delle politiche sociali, in particolare<br />

sul versante della maternità e della previdenza.<br />

Un primo segnale positivo di accoglimento di tali richieste<br />

è ravvisab<strong>il</strong>e nel tentativo compiuto in varie amministrazioni<br />

pubbliche toscane di ampliare ed integrare <strong>il</strong> sistema delle tutele<br />

per i lavoratori non standard attraverso la stipula di accordi<br />

sindacali.<br />

161


Ovviamente tali interventi a livello locale, dai quali non si<br />

può prescindere, devono comunque far riferimento ad una revisione<br />

del quadro normativo nazionale in materia di lavoro, che<br />

conduca alla costruzione di un sistema di sicurezza sociale in<br />

grado di rispondere al diffuso senso di precarietà collegato alle<br />

trasformazioni introdotte nel mercato del lavoro. La garanzia<br />

di una continuità di cittadinanza del lavoro (Accornero, 006a)<br />

passa attraverso <strong>il</strong> riconoscimento di una base minima di diritti<br />

equivalenti per tutti i lavoratori e l’individuazione di strumenti<br />

di tutela che rendano la flessib<strong>il</strong>ità sostenib<strong>il</strong>e, anche per chi ha<br />

intrapreso percorsi lavorativi nel pubblico impiego.<br />

16


Conclusioni<br />

La prima indagine longitudinale sul lavoro flessib<strong>il</strong>e in <strong>Toscana</strong><br />

mostra innanzitutto come la presenza del lavoro a termine sia<br />

sempre più r<strong>il</strong>evante e diffusa in modo cap<strong>il</strong>lare in tutta la regione:<br />

dal 4,4% del 1993 al 1 ,5% del 006, dato che si pone comunque<br />

al di sotto di quello nazionale (13,1%) ed europeo (14,4%).<br />

Ma come valutare questa crescita? Quali gli esiti per le persone<br />

coinvolte in traiettorie di questo tipo? Quale la qualità del<br />

lavoro attivato? Queste le principali domande che <strong>il</strong> gruppo di<br />

lavoro si è posto nelle varie fasi della ricerca. Ecco, in sintesi, le<br />

principali risposte a tali quesiti.<br />

La prima conclusione è che la diffusione di figure lavorative<br />

atipiche non è cresciuta solamente tra le generazioni in ingresso<br />

sul lavoro ma anche tra le fasce adulte di uomini e donne, segnalando<br />

come siano sempre più elevate le probab<strong>il</strong>ità di rimanere<br />

intrappolati nella precarietà.<br />

Ma l’elemento fondamentale per valutare i lavori a termine è<br />

comprendere se questi ultimi stiano segmentando <strong>il</strong> mercato del<br />

lavoro in lavoratori di serie A e lavoratori di serie B, i primi con<br />

<strong>il</strong> massimo delle tutele e garanzie, i secondi poco o per niente<br />

protetti dal nostro sistema di welfare.<br />

È stato per questo ritenuto cruciale, ed è la novità assoluta<br />

di questo studio, adottare un approccio longitudinale al fine di<br />

“seguire” la situazione di un gruppo di lavoratori, per un periodo<br />

di tempo di sei anni, con l’obiettivo di comprendere in che<br />

misura i lavori temporanei finiscano per trasformarsi in occupazioni<br />

stab<strong>il</strong>i all’interno delle traiettorie dei singoli lavoratori.<br />

L’indagine mostra in modo evidente come le probab<strong>il</strong>ità di<br />

stab<strong>il</strong>izzazione non aumentino in modo lineare con <strong>il</strong> passare<br />

del tempo, anzi. Trascorso un certo numero di anni da un avviamento<br />

al lavoro con tipologia contrattuale instab<strong>il</strong>e crescono,<br />

al contrario, le possib<strong>il</strong>ità di rimanere invischiati in quelle che<br />

sono state definite sequenze occupazionali di tipo “job carousel”<br />

163


(Barb<strong>ieri</strong>, Fullin, reyneri, 005), con passaggi fra occupazioni e<br />

stati occupazionali diversi, dentro e fuori <strong>il</strong> mercato del lavoro,<br />

o peggio ancora di uscire dalla condizione di occupato verso la<br />

disoccupazione o l’inattività. I principali risultati dell’indagine<br />

non sembrano fornire un quadro tranqu<strong>il</strong>lizzante: a distanza di<br />

sei anni da un avviamento al lavoro con tipologie contrattuali<br />

flessib<strong>il</strong>i le trasformazioni in lavori stab<strong>il</strong>i riguardano meno di<br />

metà del campione (48%).<br />

Da evidenziare, inoltre, che nell’ultimo biennio si assiste ad<br />

una riduzione dei passaggi verso <strong>il</strong> lavoro garantito (un incremento<br />

medio annuo di 3,5 punti negli ultimi due anni contro<br />

gli oltre 10 punti medi annui dei quatro anni precedenti) mostrando<br />

come per coloro che non sono riusciti a “stab<strong>il</strong>izzarsi”<br />

entro un certo lasso di tempo si incrementino le probab<strong>il</strong>ità di<br />

rimanere intrappolati nel “carosello” dei lavori precari, o peggio<br />

ancora di divenire disoccupati o inattivi.<br />

Sembra dunque evidente che i lavori atipici non abbiano<br />

avuto un effetto trampolino (verso <strong>il</strong> lavoro stab<strong>il</strong>e) efficace allo<br />

stesso modo per tutti e ovunque. Il rischio di intrappolamento è<br />

risultato particolarmente elevato per le donne, i non più giovani,<br />

i meno scolarizzati, coloro che vivono in sistemi locali poco<br />

strutturati e dinamici, ma soprattutto nei casi in cui si prolunghi<br />

oltre un certo limite la durata e/o la sequenza di impieghi instab<strong>il</strong>i<br />

nel proprio percorso.<br />

La presenza di una frattura tra condizioni lavorative di lavoratori<br />

stab<strong>il</strong>i e instab<strong>il</strong>i è risultata evidente sotto diversi punti di<br />

vista. Innanzitutto la flessib<strong>il</strong>ità risulta sempre di più una condizione<br />

non scelta ma subita, nonostante talvolta sia considerata<br />

necessaria per <strong>il</strong> raggiungimento delle aspirazioni personali,<br />

in particolare per i lavoratori più istruiti, qualificati e con un<br />

percorso congruente con l’attuale mansione. Ulteriori svantaggi<br />

consistono in stipendi più bassi degli stab<strong>il</strong>i e in lavori che si<br />

svolgono più frequentemente in orari “socialmente svantaggiati”.<br />

Ciò che appare più drammatico però è <strong>il</strong> fatto che anche le<br />

prospettive occupazionali future non siano giudicate in modo<br />

ottimistico dagli intervistati, che dichiarano di non riuscire ad<br />

intravedere un futuro diverso e migliore.<br />

Emblematica, da questo punto di vista, la condizione dei<br />

lavoratori instab<strong>il</strong>i del settore pubblico dove i reiterati blocchi<br />

alle assunzioni adottati per frenare <strong>il</strong> disavanzo pubblico hanno<br />

generato una schiera di lavoratori precari che svolgono lo stesso<br />

lavoro e le stesse funzioni dei dipendenti a fronte di un’immeri-<br />

164


tata disparità nell’accesso a tutele e diritti. Dopo anni di impiego<br />

presso lo stesso ente (mediamente almeno tre anni), svolgendo<br />

funzioni essenziali per <strong>il</strong> funzionamento ordinario della struttura<br />

presso la <strong>quale</strong> prestano servizio, la sensazione che hanno in<br />

molti è quella di essere rimasti intrappolati in una condizione<br />

di precarietà dalla <strong>quale</strong> diventa sempre più diffic<strong>il</strong>e uscire in<br />

quanto l’investimento fatto ha consentito di sv<strong>il</strong>uppare competenze<br />

e professionalità che, in molti casi, sono spendib<strong>il</strong>i solo<br />

nel pubblico o, ancor peggio, solo presso l’ente committente.<br />

A questo diffuso senso di scarsa fiducia verso <strong>il</strong> futuro lavorativo<br />

si accompagnano anche le incertezze relative al welfare 39 :<br />

solo una minoranza degli intervistati si aspetta infatti di percepire<br />

in futuro una pensione adeguata. È ovvio che questa mancanza<br />

di prospettive può spingere all’insofferenza o all’abbattimento<br />

alimentando un malessere sociale che influenza e condiziona i<br />

comportamenti individuali e collettivi, frustrando gli stimoli a<br />

intraprendere, ad affermarsi, a creare (Accornero, 006a).<br />

Ma che cosa possiamo fare per superare la divisione dei lavoratori<br />

in serie A e B? Qual è la ricetta da seguire affinché i giovani<br />

coinvolti (ma non solo), che rappresentano <strong>il</strong> motore della<br />

dinamicità sociale, possano ritrovare quella risorsa che sappiamo<br />

essere indispensab<strong>il</strong>e per lo sv<strong>il</strong>uppo e l’avvenire della nostra<br />

comunità, la fiducia?<br />

Innanzitutto attivare una rete di protezione universale e decorosa<br />

che al tempo stesso non disincentivi lo sforzo di ricerca<br />

del lavoro. Il concetto è quello di “welfare delle opportunità”, in<br />

luogo del welfare della protezione passiva che viene dal passato.<br />

I suoi capisaldi dovrebbero essere rappresentati dall’istruzione,<br />

39 Il senso di precarietà e di sfiducia ha del resto le sue valide ragioni di esistere.<br />

Nonostante sia trascorso un bel po’ di tempo da quando, nel nostro<br />

paese, sono stati introdotti elementi di flessib<strong>il</strong>ità riguardanti le modalità di<br />

ingresso nel lavoro (varati dal centro-sinistra nel 1997 con <strong>il</strong> cosiddetto “pacchetto<br />

Treu” e ulteriormente ampliati dal successivo governo di centro-destra<br />

con Legge 30 del 003), non è ancora stata impostato un sistema di sicurezza<br />

sociale che tuteli i lavoratori nei confronti dei cambiamenti introdotti. Una<br />

delle caratteristiche peculiari del sistema di welfare italiano è infatti l’assenza<br />

di una prestazione di tipo assistenziale che intervenga a sostenere <strong>il</strong> reddito<br />

dei disoccupati quando termina <strong>il</strong> diritto a percepire le prestazioni di tipo<br />

assicurativo. All’esigenza di una safety net di ultima istanza, si è risposto in<br />

modo né equo, né trasparente estendendo eccessivamente la durata di alcune<br />

prestazioni assistenziali (Cig e mob<strong>il</strong>ità), la platea dei beneficiari di altre prestazioni<br />

(pensioni di invalidità e pensioni agli invalidi civ<strong>il</strong>i), i requisiti per la<br />

concessione di prepensionamenti, pensioni di anzianità, ecc.<br />

165


dalla formazione professionale, dalle politiche attive del lavoro<br />

e dell’occupazione. Solo accompagnando la proclamazione dei<br />

diritti con l’erogazione di servizi per l’occupab<strong>il</strong>ità, si può assicurare<br />

ai lavoratori la tutela e la valorizzazione del loro capitale<br />

umano, e quindi la loro libertà negoziale, lungo l’intero arco della<br />

vita lavorativa.<br />

Bisogna, inoltre, ridisegnare la cittadinanza sociale, tramite<br />

politiche che allarghino le possib<strong>il</strong>ità di ingresso e di crescita dei<br />

giovani nel mercato del lavoro, limitando la precarietà connessa<br />

alla flessib<strong>il</strong>ità, riattivando i meccanismi di promozione sociale,<br />

abbassando le barriere di ingresso alle professioni e alle nicchie<br />

protette della società, ampliando <strong>il</strong> reclutamento di giovani in<br />

posizioni di responsab<strong>il</strong>ità nelle invecchiate gerarchie della vita<br />

politica, economica, sociale (Livi Bacci, 005).<br />

Solo così potremo dare vita a una società futura caratterizzata<br />

da un ricambio generazionale più armonioso e una struttura<br />

demografica più sostenib<strong>il</strong>e dal punto di vista economico.<br />

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178


Allegato 1<br />

COstRUzIONe deL CAmPIONe e PIANO dI CAmPIONAmeNtO<br />

Il campione di intervistati è stato ripreso da un precedente campione<br />

di lavoratori intervistati dall’IrPET tra Dicembre 004 e<br />

Gennaio 005 che deriva dalla seguente procedura di campionamento.<br />

Tramite l’analisi discriminante sono stati costruiti dei gruppi di<br />

Centri per l’Impiego che abbiamo chiamato distretti, caratterizzati<br />

da una forte omogeneità al loro interno ed eterogeneità tra<br />

loro. All’interno di ciascun distretto sono stati selezionati singoli<br />

Centri per l’Impiego che abbiamo convenzionalmente chiamato<br />

sezioni (dal termine sezioni di collocamento).<br />

Le sezioni rappresentative di ciascun distretto che sono state<br />

selezionate sono:<br />

– Firenze per <strong>il</strong> distretto numero 1.<br />

– Mugello per <strong>il</strong> distretto numero .<br />

– S. Croce per <strong>il</strong> distretto numero 3.<br />

– rosignano per <strong>il</strong> distretto numero 4.<br />

– Follonica per <strong>il</strong> distretto numero 5.<br />

La scelta di tali sezioni è stata in parte casuale, in parte motivata<br />

dalla disponib<strong>il</strong>ità all’invio degli archivi necessari all’indagine<br />

telefonica. La sezione estratta rappresenta, con una affidab<strong>il</strong>ità<br />

statistica dipendente dai risultati dell’analisi discriminante, tutti i<br />

Centri per l’Impiego appartenenti al medesimo distretto.<br />

A ciascuna sezione selezionata è stato richiesto l’archivio degli<br />

avviati al 000 relativo alle seguenti tipologie contrattuali:<br />

– Avviati a tempo indeterminato.<br />

– Avviati a tempo determinato.<br />

– Avviati part-time.<br />

– Avviati causa mista.<br />

I campi richiesti sono stati i seguenti:<br />

– Nome.<br />

– Cognome.<br />

– Sesso.<br />

– Data di avviamento.<br />

– Tipologia contrattuale.<br />

– Numero di telefono.<br />

– Comune di residenza.<br />

– Codice fiscale.<br />

– Data di nascita.<br />

179


Il piano di campionamento ut<strong>il</strong>izzato è di tipo casuale semplice<br />

stratificato in modo proporzionale con limitazione superiore<br />

della numerosità campionaria negli strati. Le variab<strong>il</strong>i di stratificazione<br />

sono le seguenti:<br />

• Sezioni (Centro per l’Impiego)<br />

Da ciascuno dei 5 distretti ottenuti dall’analisi discriminante è<br />

stato estratto un Centro per l’Impiego (Sezione): la variab<strong>il</strong>e Sezione<br />

è dunque formata da 5 modalità che sono i 5 Centri per<br />

l’Impiego estratti e precisamente:<br />

– Firenze.<br />

– Borgo San Lorenzo (Mugello).<br />

– S. Croce.<br />

– rosignano.<br />

– Follonica.<br />

• Genere<br />

Ovviamente rappresentato da strati:<br />

– Maschi.<br />

– Femmine.<br />

• Tipologie contrattuali<br />

Sono state prese in considerazione 3 tipologie di contratti:<br />

– Tempo determinato.<br />

– Part-time (qualsiasi tipologia contrattuale).<br />

– Causa mista (contratto di formazione lavoro e apprendistato).<br />

Complessivamente, gli strati formati dall’intersezione delle tre<br />

variab<strong>il</strong>i categoriche, mostrati nella tabella 1, sono risultati 30,<br />

per ciascuno è stato eseguita una estrazione casuale semplice<br />

senza ripetizione con numerosità proporzionale alla dimensione<br />

dello strato, ma limitata ad un numero massimo di unità campionarie<br />

pari a 100. La numerosità campionaria complessiva è<br />

stata posta pari a 000.<br />

180


tabella 1. Numerosità campionaria<br />

distr. sezione sesso Contratto strati<br />

181<br />

Pop.<br />

distretti<br />

Pop.<br />

sezioni<br />

Archivio<br />

totale<br />

Archivio<br />

senza<br />

telefono<br />

Archivio<br />

con<br />

telefono<br />

1 Firenze M Determinato 1 5.403 7.519 1.608 318 1 90 100<br />

1 Firenze M Part-time 3.303 1. 70 709 15 557 100<br />

1 Firenze M Causa mista 3 7. 6 .766 577 35 54 100<br />

1 Firenze F Determinato 4 8.560 9.515 1.649 160 1489 100<br />

1 Firenze F Part-time 5 8.943 3.316 1.864 19 167 100<br />

1 Firenze F Causa mista 6 5.701 .587 451 41 410 100<br />

Mugello M Determinato 7 17.178 1.433 1 8 19 109 38<br />

Mugello M Part-time 8 .0 0 144 5 5 47 17<br />

Mugello M Causa mista 9 5.150 436 100 6 94 33<br />

Mugello F Determinato 10 15.769 1.33 153 7 146 51<br />

Mugello F Part-time 11 5.78 51 16 7 09 73<br />

Mugello F Causa mista 1 3.006 40 74 7 5<br />

3 S. Croce M Determinato 13 19.198 1.441 05 1 184 65<br />

3 S. Croce M Part-time 14 .8 4 175 8 3 5 9<br />

3 S. Croce M Causa mista 15 9.440 6 6 111 8 103 36<br />

3 S. Croce F Determinato 16 16.633 634 5 10 15 75<br />

3 S. Croce F Part-time 17 6.965 198 134 5 1 9 45<br />

3 S. Croce F Causa mista 18 6.3 4 49 10 4 98 34<br />

4 rosignano M Determinato 19 10. 06 1. 67 05 5 153 54<br />

4 rosignano M Part-time 0 1.851 4 9 104 0 84 30<br />

4 rosignano M Causa mista 1 3.6 5 69 158 8 130 46<br />

4 rosignano F Determinato 1 .459 1.818 5 17 35 8<br />

4 rosignano F Part-time 3 4.731 1.13 400 50 350 100<br />

4 rosignano F Causa mista 4 .938 544 171 1 159 56<br />

5 Follonica M Determinato 5 7.068 1.403 1.5 4 81 1 43 100<br />

5 Follonica M Part-time 6 561 160 160 5 155 54<br />

5 Follonica M Causa mista 7 .103 367 350 15 335 100<br />

5 Follonica F Determinato 8 5.679 1. 71 995 39 956 100<br />

5 Follonica F Part-time 9 1.966 471 6 8 6 60 100<br />

5 Follonica F Causa mista 30 1.178 31 0 18 77<br />

Le successive variab<strong>il</strong>i della tabella 1 rappresentano le numerosità<br />

complessive degli archivi per strato ed indicano relativamente<br />

al 000:<br />

– La popolazione degli avviati per strato nei distretti da cui<br />

sono stati estratte le sezioni (Pop. Distretti).<br />

– La popolazione degli avviati per strato nei Centri per l’Impiego<br />

selezionati dai distretti (Pop. Sezioni).<br />

– La popolazione che figura negli archivi dei singoli Centri per<br />

l’Impiego (Archivio totale).<br />

– La popolazione degli archivi dei Centri per l’Impiego per i<br />

quali non è disponib<strong>il</strong>e <strong>il</strong> numero telefonico (Archivio senza telefono).<br />

– La popolazione degli archivi dei Centri per l’Impiego per i<br />

quali è presente un numero telefonico (Archivio con telefono).<br />

– La numerosità campionaria per strato (Camp.).<br />

Camp.


Il coefficiente di riporto all’universo è stato determinato come<br />

rapporto tra numerosità campionaria dello strato e numero dei<br />

record dell’Archivio totale (che comprende tutti i record non<br />

doppi con e senza numero telefonico). Dalla numerosità campionaria<br />

dipende la precisione o più tecnicamente parlando l’efficienza<br />

degli stimatori, tale efficienza può essere misurata in<br />

molti modi, due tra i più diretti indici per misurare la bontà delle<br />

stime sono l’errore relativo percentuale della stima err% e l’errore<br />

assoluto della stima ass. Se Θ è <strong>il</strong> parametro da stimare e Θ<br />

è <strong>il</strong> suo stimatore indichiamo questi indici nel seguente modo:<br />

err% = |Θ-θ| / θ<br />

ass = |Θ-θ|<br />

In genere l’errore relativo percentuale si può calcolare per le variab<strong>il</strong>i<br />

quantitative e l’errore assoluto per le variab<strong>il</strong>i qualitative.<br />

• Precisione della stima per le variab<strong>il</strong>i quantitative<br />

Quando si osservano, su un campione estratto da una popolazione,<br />

variab<strong>il</strong>i quantitative è possib<strong>il</strong>e per esse calcolare (sia<br />

nel campione che nella popolazione) la media e la varianza di<br />

tali variab<strong>il</strong>i.<br />

L’errore percentuale di una stima della media dipende dalla media<br />

della popolazione (µ), dalla varianza della popolazione (σ )<br />

e dalla numerosità campionaria (n), in base alla seguente formula:<br />

⎛ σ<br />

⎜<br />

⎝ µ<br />

err% = 1,96 ⋅<br />

⎞<br />

⎟<br />

⎠<br />

n<br />

18<br />

= 1,96 ⋅ CV<br />

n<br />

Aggregando media e varianza nel coefficiente di variazione (Cv),<br />

si può vedere come cambia l’errore percentuale della stima al<br />

variare appunto<br />

€<br />

del coefficiente di variazione e della numerosità<br />

(Tab. ). È chiaro che <strong>il</strong> parametro µ per calcolare l’errore<br />

percentuale sia diverso da 0 altrimenti l’errore percentuale<br />

dovrebbe essere sostituito dallo scarto assoluto, come misura<br />

dell’efficienza dello stimatore.


tabella 2. Errori % al 95% di confidenza<br />

Numerosità/cv 0,1 0,4 0,7 1 1,3 1,6 1,9 2,2 2,5 2,8 3,1 3,4 3,7 4<br />

0 4,4 17,5 30,7 43,8 57,0 70,1 83,3 96,4 109,6 1 ,7 135,9 149,0 16 , 175,3<br />

40 3,1 1 ,4 1,7 31,0 40,3 49,6 58,9 68, 77,5 86,8 96,1 105,4 114,7 1 4,0<br />

60 ,5 10,1 17,7 5,3 3 ,9 40,5 48,1 55,7 63,3 70,8 78,4 86,0 93,6 101,<br />

80 , 8,8 15,3 1,9 8,5 35,1 41,6 48, 54,8 61,4 67,9 74,5 81,1 87,7<br />

100 ,0 7,8 13,7 19,6 5,5 31,4 37, 43,1 49,0 54,9 60,8 66,6 7 ,5 78,4<br />

1 0 1,8 7, 1 ,5 17,9 3,3 8,6 34,0 39,4 44,7 50,1 55,5 60,8 66, 71,6<br />

140 1,7 6,6 11,6 16,6 1,5 6,5 31,5 36,4 41,4 46,4 51,4 56,3 61,3 66,3<br />

160 1,5 6, 10,8 15,5 0,1 4,8 9,4 34,1 38,7 43,4 48,0 5 ,7 57,3 6 ,0<br />

180 1,5 5,8 10, 14,6 19,0 3,4 7,8 3 ,1 36,5 40,9 45,3 49,7 54,1 58,4<br />

00 1,4 5,5 9,7 13,9 18,0 , 6,3 30,5 34,6 38,8 43,0 47,1 51,3 55,4<br />

0 1,3 5,3 9,3 13, 17, 1,1 5,1 9,1 33,0 37,0 41,0 44,9 48,9 5 ,9<br />

40 1,3 5,1 8,9 1 ,7 16,4 0, 4,0 7,8 31,6 35,4 39, 43,0 46,8 50,6<br />

60 1, 4,9 8,5 1 , 15,8 19,4 3,1 6,7 30,4 34,0 37,7 41,3 45,0 48,6<br />

80 1, 4,7 8, 11,7 15, 18,7 ,3 5,8 9,3 3 ,8 36,3 39,8 43,3 46,9<br />

300 1,1 4,5 7,9 11,3 14,7 18,1 1,5 4,9 8,3 31,7 35,1 38,5 41,9 45,3<br />

3 0 1,1 4,4 7,7 11,0 14, 17,5 0,8 4,1 7,4 30,7 34,0 37,3 40,5 43,8<br />

340 1,1 4,3 7,4 10,6 13,8 17,0 0, 3,4 6,6 9,8 33,0 36,1 39,3 4 ,5<br />

360 1,0 4,1 7, 10,3 13,4 16,5 19,6 ,7 5,8 8,9 3 ,0 35,1 38, 41,3<br />

380 1,0 4,0 7,0 10,1 13,1 16,1 19,1 ,1 5,1 8, 31, 34, 37, 40,<br />

400 1,0 3,9 6,9 9,8 1 ,7 15,7 18,6 1,6 4,5 7,4 30,4 33,3 36,3 39,<br />

4 0 1,0 3,8 6,7 9,6 1 ,4 15,3 18, 1,0 3,9 6,8 9,6 3 ,5 35,4 38,3<br />

440 0,9 3,7 6,5 9,3 1 ,1 15,0 17,8 0,6 3,4 6, 9,0 31,8 34,6 37,4<br />

460 0,9 3,7 6,4 9,1 11,9 14,6 17,4 0,1 ,8 5,6 8,3 31,1 33,8 36,6<br />

480 0,9 3,6 6,3 8,9 11,6 14,3 17,0 19,7 ,4 5,0 7,7 30,4 33,1 35,8<br />

500 0,9 3,5 6,1 8,8 11,4 14,0 16,7 19,3 1,9 4,5 7, 9,8 3 ,4 35,1<br />

Una volta estratto <strong>il</strong> campione, possiamo stimare l’errore percentuale<br />

commesso stimando preventivamente per la variab<strong>il</strong>e<br />

di studio <strong>il</strong> coefficiente di variazione ut<strong>il</strong>izzato tramite la formula:<br />

^<br />

CV = S2<br />

X<br />

• Precisione della stima per le variab<strong>il</strong>i qualitative<br />

Molte delle variab<strong>il</strong>i sono variab<strong>il</strong>i qualitative relative a domande<br />

che richiedono € una risposta su k modalità. È importante in<br />

questo caso poter stimare efficientemente la proporzione di ciascuna<br />

modalità nella popolazione. Lo stimatore di tale proporzione<br />

usualmente ut<strong>il</strong>izzato è la proporzione campionaria:<br />

P<br />

∧<br />

= Y<br />

n = Numero di osse rvazioni che presentano la modalità<br />

Numerosità camp ionaria<br />

183


In questo caso non è possib<strong>il</strong>e stimare efficacemente l’errore<br />

percentuale della stima rispetto alla proporzione vera in quanto,<br />

essendo la proporzione vera un valore compreso tra 0 ed 1<br />

può avvicinarsi anche molto allo 0 rendendo l’errore percentuale<br />

smisuratamente elevato (anche quando le stime sono buone).<br />

In questo caso si calcola semplicemente lo scarto assoluto tra<br />

stima e parametro. Considerando che la distribuzione della proporzione<br />

campionaria è una Binomiale relativa con media p e<br />

varianza p(1-p)/n e notando che tale distribuzione tende asintoticamente<br />

ad una normale lo scarto assoluto può essere calcolato<br />

nel seguente modo:<br />

ass = 1,96 ⋅<br />

Nella tabella 3 si mostrano gli errori assoluti calcolati al variare<br />

della numerosità e del parametro p.<br />

€<br />

tabella 3. Errori assoluti al 95% di confidenza<br />

184<br />

P ⋅ (1 - P)<br />

n<br />

Numerosità/p 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7 0,8 0,9<br />

10 18,6 4,8 8,4 30,4 31,0 30,4 8,4 4,8 18,6<br />

0 13,1 17,5 0,1 1,5 1,9 1,5 0,1 17,5 13,1<br />

40 9,3 1 ,4 14, 15, 15,5 15, 14, 1 ,4 9,3<br />

60 7,6 10,1 11,6 1 ,4 1 ,7 1 ,4 11,6 10,1 7,6<br />

80 6,6 8,8 10,0 10,7 11,0 10,7 10,0 8,8 6,6<br />

100 5,9 7,8 9,0 9,6 9,8 9,6 9,0 7,8 5,9<br />

150 4,8 6,4 7,3 7,8 8,0 7,8 7,3 6,4 4,8<br />

00 4, 5,5 6,4 6,8 6,9 6,8 6,4 5,5 4,<br />

50 3,7 5,0 5,7 6,1 6, 6,1 5,7 5,0 3,7<br />

300 3,4 4,5 5, 5,5 5,7 5,5 5, 4,5 3,4<br />

350 3,1 4, 4,8 5,1 5, 5,1 4,8 4, 3,1<br />

400 ,9 3,9 4,5 4,8 4,9 4,8 4,5 3,9 ,9<br />

450 ,8 3,7 4, 4,5 4,6 4,5 4, 3,7 ,8<br />

500 ,6 3,5 4,0 4,3 4,4 4,3 4,0 3,5 ,6<br />

550 ,5 3,3 3,8 4,1 4, 4,1 3,8 3,3 ,5<br />

600 ,4 3, 3,7 3,9 4,0 3,9 3,7 3, ,4<br />

650 ,3 3,1 3,5 3,8 3,8 3,8 3,5 3,1 ,3<br />

La variab<strong>il</strong>ità massima si ottiene quando P = 0,5, dunque ass =<br />

0,98/n. La seguente tabella mostra per diverse numerosità campionarie<br />

e diversi valori di p l’errore assoluto che si può commettere<br />

nella stima della proporzione con la probab<strong>il</strong>ità del 95%.


• Gli intervistati<br />

L’Osservatorio longitudinale, nel suo primo anno di attività, si è<br />

posto quindi l’obiettivo di re-intervistare soggetti colti all’interno<br />

del campione di intervistati che al 004 erano risultati ancora<br />

flessib<strong>il</strong>i o che invece erano all’epoca usciti dalle forze di lavoro<br />

(esclusi i pensionati).<br />

Prioritario obiettivo conoscitivo è stato quello di analizzare gli<br />

sbocchi occupazionali di questi lavoratori per cogliere, a distanza<br />

di altri due anni, qual è la loro posizione nel mercato del<br />

lavoro, e se questa è scelta oppure subita. Lo scopo di questa r<strong>il</strong>evazione<br />

(e delle successive) è dunque quello di seguire nel tempo<br />

i percorsi lavorativi di lavoratori atipici, distinti per settore<br />

di attività e sistema locale di appartenenza, per comprendere se<br />

le tipologie contrattuali flessib<strong>il</strong>i rappresentano un trampolino<br />

verso la stab<strong>il</strong>izzazione nel mercato del lavoro o un intrappolamento<br />

nella precarietà.<br />

Nel campione è stato deciso di intervistare, come gruppi di controllo,<br />

anche coloro che al 004 si erano stab<strong>il</strong>izzati con un contratto<br />

a tempo indeterminato o con un lavoro di tipo autonomo.<br />

Nelle tabelle 4 e 5 sono riportati gli esiti degli oltre 1.800 contatti<br />

telefonici, avvenuti tra <strong>il</strong> 4 gennaio e <strong>il</strong> 13 febbraio 006, che<br />

hanno portato al risultato finale di 900 interviste.<br />

tabella 4. Esito numeri contattati<br />

185<br />

VA %<br />

Numero inesistente/sbagliato 1 7 7,0<br />

Accetta intervista 900 49,3<br />

richiamare (è stata effettuata almeno 1 telefonata) 504 7,6<br />

rifiuta 109 6,0<br />

Non è mai rintracciab<strong>il</strong>e/Ha cambiato abitazione 147 8,0<br />

Interotto 40 ,<br />

TOTALE 1.8 7 100,0


tabella 5. Interviste realizzate per strato<br />

Condizione al 2004 Universo Intervistati Incidenza %<br />

Disoccupato 07 116 56,0<br />

Casalinga 133 80 60,<br />

Studente 173 89 51,4<br />

Tirocinante 8 3 37,5<br />

Altra condizione non occupato 44 16 36,4<br />

NON OCCUPATO 565 304 53,8<br />

Dipendente a tempo indeterminato 75 351 46,7<br />

Lavoratore autonomo 91 39 4 ,9<br />

LAvOrATOrE STABILE 843 390 46,3<br />

Co.co.co./a progetto 48 1 43,8<br />

Interinale 4 50,0<br />

Lavoratore stagionale 5 6 1 0,0<br />

Socio lav. Coop. 1 4 33,3<br />

Contratti occasionali 15 8 53,3<br />

Formazione lavoro 17 4 3,5<br />

Apprendistato 77 33 4 ,9<br />

Lavori senza contratto 1 10 47,6<br />

Altro occupato 19 9 47,4<br />

Dipendente a tempo determinato 01 109 54,<br />

LAvOrATOrE FLESSIBILE 419 06 49,<br />

TOTALE 1.8 7 900 49,3<br />

• L’intervista e <strong>il</strong> questionario<br />

L’intervista, di tipo telefonico, con metodo CATI, è stata focalizzata<br />

su alcuni nodi tematici, in particolare sui percorsi della<br />

flessib<strong>il</strong>ità, gli esiti, i costi, le aspettative. Un’attenzione particolare<br />

è stata dedicata ai contenuti e alle condizioni di lavoro: tipologia<br />

dell’attività svolta, luoghi, tempi di lavoro, soddisfazione<br />

nei confronti di vari aspetti del lavoro. È stato, inoltre, indagato<br />

circa i possib<strong>il</strong>i rischi di precarizzazione, facendo riferimento<br />

alle tutele di welfare e ai bisogni espressi in termini di rappresentanza<br />

(vedi Allegato ).<br />

186


Allegato 2<br />

QUestIONARIO<br />

Nel 2004 ci risulta che lei fosse nella condizione di:<br />

Inoccupato<br />

Disoccupato<br />

Casalinga<br />

Studente<br />

Lavoratore stagionale<br />

Tirocinante<br />

Altra condizione<br />

Dipendente a tempo determinato<br />

Co.co.co.<br />

Interinale<br />

Socio lav. coop.<br />

Contratti occasionali<br />

Formazione lavoro<br />

Apprendistato<br />

Lavori senza contratto<br />

Altro<br />

Lavoro autonomo<br />

Dipendente a tempo indeterminato<br />

Che durata aveva <strong>il</strong> contratto?<br />

1-3 mesi<br />

4-11 mesi<br />

1 mesi<br />

Più di 1 mesi<br />

Non ricordo<br />

In <strong>quale</strong> settore?<br />

Agricoltura<br />

Attività manifatturiere e Costruzioni<br />

Commercio<br />

Alberghi e ristoranti<br />

Servizi alle aziende<br />

Servizi alle persone<br />

Non ricordo<br />

Altro<br />

187


Quale era la categoria professionale?<br />

Dipendente come:<br />

Dirigente<br />

Direttivo/quadro<br />

Impiegato intermedio<br />

Operaio subalterno e assim<strong>il</strong>ati<br />

Apprendista<br />

Lav. a domic<strong>il</strong>io per imprese<br />

Autonomo come:<br />

Imprenditore<br />

Libero professionista<br />

Lavoratore in proprio<br />

Coadiuvante nell’azienda di un fam<strong>il</strong>iare<br />

Socio di cooperativa<br />

Quanti addetti aveva l’azienda per la <strong>quale</strong> lavorava (tutti i<br />

lavoratori compresi titolari e soci)?<br />

1-3<br />

4-9<br />

10-19<br />

0-49<br />

50-100<br />

101- 49<br />

50 e oltre<br />

Non ricorda<br />

L’azienda per la <strong>quale</strong> lavorava era di proprietà prevalentemente:<br />

Pubblica<br />

Privata<br />

Terzo settore (cooperative sociali, associazioni, volontariato,<br />

fondazioni)<br />

Nel 2000 era occupato con la seguente tipologia<br />

contrattuale?<br />

Tempo determinato<br />

Formazione lavoro<br />

Apprendistato<br />

Tempo indeterminato<br />

188


Da quando ha cominciato a lavorare <strong>quale</strong> genere di rapporto ha<br />

intrattenuto prevalentemente?<br />

Dipendente a tempo indeterminato<br />

Tempo pieno<br />

Part-time<br />

Dipendente a tempo determinato<br />

Tempo pieno<br />

Part-time<br />

Lavoro interinale<br />

Tempo pieno<br />

Part-time<br />

Collaborazione coordinata e continuativa<br />

Con partita IVA<br />

Senza partita IVA<br />

Socio lavoratore delle cooperative<br />

Contratti occasionali<br />

Formazione lavoro<br />

Apprendistato<br />

Lavoro autonomo<br />

Lavori senza contratto<br />

Con varie tipologie di contratto<br />

Stagionale<br />

Non ricordo/ non sa<br />

Altro<br />

Qual è attualmente la sua condizione professionale?<br />

Occupato<br />

Non occupato<br />

In cerca di occupazione<br />

Casalinga<br />

Studente<br />

In servizio di leva o in servizio civ<strong>il</strong>e sostitutivo<br />

Inab<strong>il</strong>e al lavoro<br />

ritirato dal lavoro<br />

Lavoratore stagionale (al momento inoccupato)<br />

Tirocinante/corsista/stagista<br />

Altra condizione<br />

Non risposto<br />

189


PeR COLORO CHe LAVORANO<br />

Tipologia e caratteristiche dell’attività lavorativa principale<br />

Adesso le porrò alcune domande relative alle caratteristiche<br />

del suo lavoro. Se r. svolge più di un lavoro consideri quello<br />

principale, cioè quello a cui dedica più ore. Se svolge più lavori<br />

ai quali dedica lo stesso tempo consideri quello che ritiene più<br />

importante (maggior guadagno, stab<strong>il</strong>ità del lavoro, ecc.)<br />

Lei lavora come:<br />

Lavoratore dipendente<br />

A tempo indeterminato<br />

Contratto di formazione lavoro sono scaduti<br />

Contratto di apprendistato<br />

Contratto a termine inquadrato in un contratto collettivo<br />

Contratto con agenzia di lavoro interinale<br />

Altro tipo di contratto a termine<br />

Lavoratore con contratti di:<br />

Collaborazione coordinata e continuativa senza partita IVA<br />

Collaborazione coordinata e continuativa con partita IVA<br />

Prestazione d’opera occasionale senza partita IVA<br />

Prestazione d’opera occasionale con partita IVA<br />

Autonomo come:<br />

Imprenditore<br />

Libero professionista<br />

Lavoratore in proprio<br />

Coadiuvante nell’azienda di un fam<strong>il</strong>iare<br />

Socio di cooperativa<br />

190


PeR COLORO CHe LAVORANO A temPO<br />

INdeteRmINAtO O IN mOdO AUtONOmO<br />

Il passaggio da un lavoro a termine ad un lavoro più<br />

stab<strong>il</strong>e (con contratto a tempo indeterminato o autonomo)<br />

ha avuto costi o benefici?<br />

Ha avuto dei costi<br />

Ho dovuto rinunciare ad un lavoro più interessante<br />

Guadagno meno<br />

Ho meno tempo libero<br />

Ho meno autonomia<br />

Ho meno possib<strong>il</strong>ità di carriera<br />

Non ritengo affatto <strong>il</strong> lavoro attuale stab<strong>il</strong>e<br />

Altro<br />

Ha avuto dei benefici<br />

Ho un lavoro più interessante<br />

Guadagno di più<br />

Ho più tempo libero<br />

Ho più autonomia<br />

Ho più possib<strong>il</strong>ità di carriera<br />

Ho maggiori tutele (pensione, malattia, ferie, ecc.)<br />

Altro<br />

sOLO AI CO.CO.CO.<br />

Lei lavora per una sola azienda e/o cliente o per più di una<br />

azienda e/o clienti?<br />

Per una sola azienda/cliente<br />

Per più aziende/clienti<br />

se LAVORA CON PIÙ dI UNA PeRCHé?<br />

Non ho altra scelta<br />

Mi garantisco una certa continuità del lavoro<br />

Mi è ut<strong>il</strong>e per crescere professionalmente<br />

Ho maggiore autonomia<br />

Altro<br />

191


se LAVORA PeR UNA sOLA PeRCHé?<br />

Non ho altra scelta<br />

Ho scelto di lavorare per l’azienda che mi garantisce possib<strong>il</strong>ità<br />

di stab<strong>il</strong>izzazione futura<br />

Ho scelto di lavorare per l’azienda che mi garantisce possib<strong>il</strong>ità<br />

di crescita professionale<br />

Ho scelto <strong>il</strong> committente che mi garantiva di lavorare con più<br />

autonomia<br />

se HA LA PARtItA IVA<br />

La decisione di prendere la partita IVA<br />

È stata una scelta sua<br />

È stata una scelta imposta dall’azienda<br />

Abitualmente decide dove lavorare o è tenuto a lavorare<br />

presso l’azienda e/o <strong>il</strong> cliente?<br />

Decide dove lavorare<br />

Lavora presso l’azienda/cliente<br />

sOLO PeR COLORO CHe HANNO UN CONtRAttO A<br />

teRmINe INCLUsI CO.CO.CO.<br />

Qual è la durata complessiva in mesi dell’attuale<br />

contratto?<br />

Meno di un mese<br />

N. mesi<br />

Il lavoro è a termine perché si tratta di:<br />

Periodo di formazione<br />

Periodo di prova<br />

Lavoro stagionale<br />

Lavoro occasionale (comprese supplenze nella scuola o<br />

sostituzione di un lavoratore)<br />

Lavoro per la realizzazione di un progetto<br />

Occupare un posto vacante (incarico a termine nella scuola,<br />

nella sanità, ecc.)<br />

Altro<br />

Non sa<br />

di che tipo di contratto a termine si tratta?<br />

Contratto di formazione lavoro<br />

Contratto di apprendistato<br />

Contratto a termine inquadrato in un contratto collettivo<br />

Contratto con agenzia di lavoro interinale<br />

19


Altro tipo di contratto<br />

Quali sono le motivazioni che la inducono in questo<br />

momento a lavorare con forme contrattuali a termine?<br />

È una scelta<br />

Non ho avuto altra scelta<br />

se È stAtA UNA sCeLtA<br />

Perché ha scelto di lavorare con forme contrattuali<br />

flessib<strong>il</strong>i?<br />

Per avere autonomia<br />

Per la flessib<strong>il</strong>ità degli orari<br />

Perché era l’unico modo di svolgere <strong>il</strong> lavoro desiderato<br />

Per integrare <strong>il</strong> reddito fam<strong>il</strong>iare<br />

Per fare un’esperienza formativa<br />

PeR COLORO CHe HANNO PIÙ dI UN CONtRAttO<br />

RIFeRIRsI semPRe A QUeLLO PRINCIPALe dAL<br />

PUNtO dI VIstA deL GUAdAGNO e/O deLLe ORe<br />

LAVORAte, O COmUNQUe A QUeLLO CHe I. RItIeNe<br />

PIÙ ImPORtANte.<br />

Qual è la durata del suo ultimo contratto (in mesi)?<br />

Quanti sono i contratti che ha avuto complessivamente con<br />

l’attuale committente?<br />

(Conteggiare anche contratti avuti diversi da quello in corso)<br />

Pensando ai prossimi 12 mesi lei prevede di poter svolgere<br />

un’attività lavorativa?<br />

Sì, sempre con contratti non stab<strong>il</strong>i<br />

Sì, con un contratto a tempo indeterminato<br />

No, nei prossimi mesi non ha intenzione di lavorare (motivi di<br />

studio, famiglia..)<br />

No, purtroppo non credo che troverò nuovi lavori<br />

Non so<br />

ORARIO dI LAVORO<br />

Lei ha un contratto a tempo pieno o part-time?<br />

A tempo pieno<br />

A tempo parziale<br />

Altro<br />

193


sOLO PeR I PART-TIMERS<br />

Per <strong>quale</strong> motivo lavora part-time?<br />

Perché non ha trovato un lavoro a tempo pieno<br />

Perché non desidera lavorare a tempo pieno<br />

Perché studia o segue corsi di formazione professionale<br />

Per problemi di salute/ personali<br />

Per prendersi cura dei figli<br />

Per prendersi cura di fam<strong>il</strong>iari non autosufficienti<br />

Altri motivi<br />

PeR COLORO CHe deVONO PReNdeRsI CURA deI<br />

FIGLI O dI FAmILIARI<br />

se avesse a disposizione dei servizi pubblici o privati<br />

adeguati (per orari, vicinanza, personale specializzato, costi<br />

del servizio, etc.) cui affidare la cura dei figli e/o dei fam<strong>il</strong>iari<br />

vorrebbe lavorare a tempo pieno?<br />

Sì, perché:<br />

vorrei guadagnare di più<br />

vorrei un lavoro più coinvolgente e impegnativo<br />

Altro<br />

No, perché:<br />

penso che in ogni caso vorrei avere tempo per la famiglia<br />

penso che in ogni caso vorrei avere tempo per me<br />

Altro<br />

sOLO PeR COLORO CHe LAVORANO A temPO PIeNO<br />

Per <strong>quale</strong> motivo lavora a tempo pieno?<br />

Non ha trovato un lavoro part-time<br />

Desideravo lavorare a tempo pieno<br />

Ho bisogno di lavorare a tempo pieno/ per motivi economici<br />

Il part-time avrebbe penalizzato la mia carriera<br />

Altro<br />

194


PeR tUttI I LAVORAtORI dIPeNdeNtI e A teRmINe,<br />

INCLUsI CO.CO.CO.<br />

Il suo orario contrattuale quante ore prevede la settimana?<br />

Gli straordinari Le vengono riconosciuti?<br />

Sì, come recupero di ore<br />

Sì, mi vengono pagati<br />

No<br />

PeR tUttI I LAVORAtORI (anche autonomi)<br />

solitamente quante ore lavora?<br />

< 1<br />

1- 7<br />

8-35<br />

36-39<br />

40<br />

Oltre 40<br />

Non risponde<br />

Ha un orario di lavoro prefissato?<br />

Sì, ho un orario prefissato<br />

In linea di massima devo seguire un orario ma ho una certa<br />

flessib<strong>il</strong>ità<br />

Sono totalmente libero di scegliere quando lavorare<br />

Ho un orario flessib<strong>il</strong>e che dipende dalle esigenze dell’azienda<br />

modalità di svolgimento del lavoro<br />

Serale<br />

(dalle 0 in poi)<br />

Notturno<br />

Di sabato<br />

Di domenica<br />

sempre Abitualmente saltuariamente mai<br />

195


Lei è solito lavorare<br />

Nel comune in cui risiede<br />

In un altro comune della stessa provincia<br />

In un’altra provincia della toscana<br />

Fuori regione<br />

Non ha un luogo abituale di lavoro<br />

Per iniziare questo lavoro ha dovuto trasferirsi da un altro<br />

comune?<br />

Sì, da un altro comune della stessa provincia<br />

Sì, da un’altra provincia<br />

Sì, da fuori regione<br />

Può descrivermi con precisione in che cosa consiste <strong>il</strong> suo<br />

lavoro e dirmi <strong>il</strong> nome della sua professione?<br />

Può dirmi la sua categoria professionale?<br />

Dipendente come:<br />

Dirigente<br />

Direttivo/quadro<br />

Impiegato intermedio<br />

Operaio subalterno e assim<strong>il</strong>ati<br />

Apprendista<br />

Lav. a domic<strong>il</strong>io per imprese<br />

In modo autonomo come:<br />

Imprenditore<br />

Libero professionista<br />

Lavoratore in proprio<br />

Coadiuvante nell’azienda di un fam<strong>il</strong>iare<br />

Socio di cooperativa<br />

196


CARAtteRIstICHe AzIeNdA<br />

settore di attività<br />

Agricoltura<br />

Attività manifatturiere e Costruzioni<br />

Commercio<br />

Alberghi e ristoranti<br />

Servizi alle imprese<br />

Servizi alle persone<br />

Altro<br />

Non risponde<br />

L’azienda dove lavora è di proprietà prevalentemente<br />

Pubblica<br />

Privata<br />

Terzo settore (cooperative sociali, associazioni, volontariato,<br />

fondazioni)<br />

Numero di addetti azienda attuale<br />

1-3<br />

4-9<br />

10-19<br />

0-49<br />

50-100<br />

101- 49<br />

50 e oltre<br />

Non risponde<br />

da quanti mesi è occupato nell’azienda in cui lavora<br />

attualmente<br />

Non più di 6 mesi<br />

Da 7 a 1 mesi<br />

Da 13 a 4 mesi<br />

Oltre 4 mesi<br />

Non risponde<br />

se AUtONOmO<br />

In che anno ha cominciato questa attività?<br />

197


PeR tUttI I LAVORAtORI dIPeNdeNtI, A teRmINe,<br />

AUtONOmI<br />

Attraverso quali azioni ha trovato <strong>il</strong> lavoro che svolge<br />

attualmente?<br />

(È possib<strong>il</strong>e dare più modalità di risposta)<br />

Iscrizione Centri per l’Impiego (ex Ufficio di collocamento)<br />

vincita di un concorso (pubblico o privato)<br />

Iscrizione ad un’agenzia privata di collocamento o interinale<br />

Tramite segnalazione al datore di lavoro da parte di parenti<br />

Tramite segnalazioni di amici e/o conoscenti<br />

Segnalazione a possib<strong>il</strong>i datori di lavoro ottenuta tramite <strong>il</strong><br />

centro di formazione professionale o i centri di orientamento<br />

professionale<br />

Tramite tirocinio in impresa<br />

Segnalazioni a possib<strong>il</strong>i datori di lavoro da parte dei sindacati/<br />

partiti<br />

Ha risposto/messo inserzioni sui giornali o inviato curricula ad<br />

aziende<br />

Ha avviato un’attività in proprio<br />

Si è inserito nell’azienda fam<strong>il</strong>iare<br />

Ha cercato su Internet<br />

Tramite la scuola<br />

Altro<br />

CONdIzIONI dI LAVORO<br />

Come considera la sua condizione lavorativa attuale<br />

rispetto a quella di un anno fa?<br />

Uguale<br />

Migliore<br />

Peggiore<br />

198


ed ora esamini alcuni dei principali aspetti attinenti la sua<br />

condizione lavorativa e ci dica se rispetto ad un anno fa sono<br />

Le condizioni salariali<br />

Possib<strong>il</strong>ità di recupero/riposo<br />

Continuità del lavoro/sicurezza dell’impiego<br />

Formazione<br />

Malattia/infortuni<br />

Diritti sindacali<br />

Maternità/paternità<br />

Possib<strong>il</strong>ità di crescita professionale<br />

Possib<strong>il</strong>ità di formazione<br />

Autonomia del lavoro svolto<br />

199<br />

migliorati Peggiorati Uguali<br />

sOLO PeR COLORO CHe HANNO UN CONtRAttO A<br />

teRmINe INCLUsI CO.CO.CO.<br />

Cosa pensa che le sarà proposto allo scadere dell’attuale<br />

contratto?<br />

So già che non mi rinnoveranno <strong>il</strong> contratto<br />

Mi sarà rinnovato <strong>il</strong> contratto attuale<br />

Sarò assunto a tempo indeterminato<br />

Per scelta cambierò lavoro<br />

Avrò un nuovo contratto ma sempre a termine<br />

PeR tUttI I LAVORAtORI ANCHe AUtONOmI<br />

dal 2004 ad <strong>oggi</strong> ha seguito qualche attività formativa, in<br />

particolare:<br />

Corso di formazione professionale<br />

Sì<br />

No<br />

Quali?<br />

Corso di formazione professionale organizzato e/o riconosciuto<br />

dalla <strong>Regione</strong><br />

Corso finanziato dall’azienda o ente in cui lavora<br />

Altro corso di formazione professionale<br />

Altro tipo di attività formativa


sOddIsFAzIONe NeI CONFRONtI deL LAVORO<br />

Il lavoro che svolge è attinente come contenuti al suo titolo<br />

di studio?<br />

Sì, molto attinente<br />

Sì, ma solo in parte<br />

No, per niente<br />

Non saprei<br />

Adesso le elenco alcuni aspetti considerati importanti per<br />

l’attività lavorativa. Ci indichi <strong>quale</strong> è l’aspetto per lei più<br />

importante; quello di cui si ritiene più soddisfatto e quello<br />

di cui si ritiene più insoddisfatto<br />

Sicurezza posto di lavoro<br />

Possib<strong>il</strong>ità di carriera<br />

rapporti con i colleghi/superiori<br />

Stipendio/reddito<br />

Possib<strong>il</strong>ità di autorealizzazione<br />

(esprimere le proprie capacità)<br />

Possib<strong>il</strong>ità di imparare cose nuove<br />

Orario di lavoro<br />

Prestigio, stima degli altri<br />

Più<br />

importante<br />

Ritiene che <strong>il</strong> suo posto di lavoro sia<br />

Sicuro<br />

Abbastanza sicuro<br />

Poco sicuro<br />

Per niente sicuro<br />

00<br />

Più<br />

soddisfatto<br />

Più<br />

insoddisfatto


se poco o per niente sicuro, per <strong>quale</strong> ragione?<br />

Lavoro in un settore in crisi<br />

Lavoro in un’azienda in difficoltà<br />

Ho un contratto di lavoro precario<br />

Oggi nessun posto di lavoro è sicuro<br />

Vorrebbe cambiare lavoro?<br />

Si<br />

No, sono soddisfatto di quello che ho<br />

No, non credo di poter trovare un lavoro migliore<br />

Che tipo di lavoro desidera?<br />

Un lavoro dipendente con un contratto a tempo indeterminato<br />

Un lavoro dipendente a tempo non indeterminato<br />

Un lavoro autonomo<br />

Collaborazione coordinata e continuativa<br />

sarebbe disposto a muoversi dal suo comune di residenza<br />

se Le venisse offerto un buon lavoro?<br />

No<br />

Sì<br />

In qualunque luogo, anche all’estero<br />

Entro i confini nazionali<br />

Entro i confini regionali<br />

Entro un raggio che mi consenta di mantenere la mia residenza<br />

attuale<br />

Non so<br />

01


sOLO PeR COLORO CHe HANNO UN LAVORO A temPO<br />

INdeteRmINAtO/AUtONOmO<br />

Lei sarebbe disposto a scambiare la sicurezza di un posto<br />

di lavoro sicuro per<br />

Un lavoro più gratificante<br />

Un lavoro che le consente maggiore flessib<strong>il</strong>ità degli orari<br />

Un lavoro che le offre maggiori guadagni<br />

Un lavoro che le offre migliori opportunità formative<br />

Un lavoro che le offre migliori opportunità di carriera<br />

sOLO PeR COLORO CHe HANNO UN LAVORO A<br />

teRmINe<br />

Per avere un lavoro stab<strong>il</strong>e lei sarebbe disposto a<br />

sacrificare qualcosa del suo attuale lavoro?<br />

No<br />

Sì<br />

Guadagnare meno<br />

Fare un lavoro meno gratificante<br />

Fare un lavoro con orari più rigidi<br />

Fare un lavoro che non offra opportunità di carriera<br />

Fare un lavoro che non offre opportunità formative<br />

Altro<br />

0<br />

sì No Non so


PeR GLI INOCCUPAtI<br />

sta cercando un lavoro?<br />

Sì<br />

No, perché:<br />

Penso di riprendere gli studi<br />

Perché non vedo nessuna opportunità in giro<br />

Perché non ci sono lavori adeguati alla mia preparazione<br />

Per problemi personali<br />

Per questioni attinenti alla famiglia (cura dei figli, anziani, ecc.)<br />

Perché non sono interessato<br />

Perché svolgo un lavoro stagionale<br />

da quanti mesi sta cercando lavoro?<br />

Meno di 7 mesi<br />

Da 7 a 1 mesi<br />

Da più di 1 mesi<br />

Non risponde<br />

Che tipo di lavoro sta cercando prevalentemente?<br />

(anche se ne sta cercando piu’ di uno indicare <strong>il</strong> principale/<br />

preferito)<br />

Un lavoro dipendente con un contratto a tempo indeterminato<br />

Un lavoro dipendente a tempo non indeterminato<br />

Un lavoro autonomo<br />

Collaborazione coordinata e continuativa<br />

Con <strong>quale</strong> tipo di orario vorrebbe lavorare?<br />

A tempo pieno<br />

Part-time<br />

Senza preferenze<br />

sarebbe disposto a muoversi dal suo comune di residenza<br />

se Le venisse offerto un buon lavoro?<br />

Sì<br />

In qualunque luogo, anche all’estero<br />

Entro i confini nazionali<br />

Entro i confini regionali<br />

Entro un raggio che mi consenta di mantenere la mia residenza<br />

attuale<br />

Non so<br />

No<br />

Non sa<br />

03


Negli ultimi sei mesi <strong>quale</strong> di queste azioni di ricerca ha<br />

intrapreso?<br />

Ha avuto contatti con i Centri Pubblici per l’Impiego (ex Ufficio<br />

di collocamento)<br />

Ha sostenuto le prove di un concorso (pubblico o privato)<br />

Ha inviato una domanda per partecipare ad un concorso<br />

pubblico<br />

Ha avuto contatti con un’agenzia privata di collocamento o<br />

interinale<br />

Ha sostenuto un colloquio di lavoro (una selezione) presso<br />

privati<br />

Ha esaminato offerte di lavoro sui giornali<br />

Ha cercato su Internet<br />

Ha messo inserzioni o ha risposto ad annunci sui giornali<br />

Ha fatto domande di lavoro e/o inviato <strong>il</strong> curriculum a privati<br />

Ha chiesto a parenti, amici e conoscenti<br />

Ha chiesto permessi, licenze, finanziamenti per avviare<br />

un’attività<br />

Ha cercato terreni, locali, attrezzature per avviare un’attività<br />

Altro<br />

In generale pensa nei prossimi anni per lei trovare <strong>il</strong> lavoro<br />

desiderato sarà:<br />

Molto diffic<strong>il</strong>e<br />

Diffic<strong>il</strong>e<br />

fac<strong>il</strong>e<br />

Molto fac<strong>il</strong>e<br />

Non so<br />

Sarebbe disponib<strong>il</strong>e a studiare (proseguire gli studi) per<br />

ottenere <strong>il</strong> lavoro desiderato?<br />

Sì<br />

No<br />

Non so<br />

se sÌ<br />

Che tipo di studio/formazione ulteriore intenderebbe<br />

intraprendere?<br />

Proseguire studi scolastici (scuola secondaria, università…)<br />

Corsi di formazione professionale<br />

Esperienze di studio all’estero<br />

Esperienze di formazione lavoro all’estero<br />

04


Corsi di lingue straniere<br />

Corsi di Informatica<br />

Altro<br />

Non so<br />

sOLO PeR COLORO CHe LAVORANO A teRmINe,<br />

INCLUsI CO.CO.CO.<br />

La Legge 30/2003 (cosiddetta Legge Biagi) sulla riforma<br />

del mercato del lavoro<br />

Non la conosce<br />

Ha portato/sta portando miglioramenti alla sua condizione<br />

lavorativa<br />

Manterrà invariata la sua condizione lavorativa<br />

Ha peggiorato/peggiorerà la sua condizione lavorativa<br />

PeR tUttI ANCHe GLI INOCCUPAtI eCCettO I<br />

FLessIBILI<br />

La Legge 30/2003 (cosiddetta Legge Biagi) sulla riforma<br />

del mercato del lavoro<br />

Non la conosce<br />

Ha portato/sta portando miglioramenti al mercato del lavoro<br />

(fatto crescere l’occupazione, dato maggiori tutele ai lavoratori,<br />

ecc.)<br />

Ha mantenuto invariate la situazione occupazionale<br />

(l’occupazione non è cresciuta quantitativamente e non è<br />

migliorata qualitativamente)<br />

Ha peggiorato le condizioni lavorative<br />

05


PeR tUttI I LAVORAtORI dIPeNdeNtI, A teRmINe,<br />

AUtONOmI<br />

Pensa di avere una pensione adeguata per vivere quando<br />

smetterà di lavorare?<br />

Sì<br />

No<br />

Non so<br />

di quali forme di tutela previdenziale dispone?<br />

Previdenza pubblica<br />

Fondi pensione<br />

Previdenza privata individuale<br />

Nessuna<br />

Quali sono secondo lei le politiche da attivare per i<br />

lavoratori a termine?<br />

Incrementare <strong>il</strong> lavoro a tempo indeterminato<br />

ricongiungimento dei contributi<br />

Tutele certe (malattia, maternità, infortuni)<br />

Formazione continua<br />

Indennità di disoccupazione<br />

Buone agenzie di collocamento<br />

Livelli retributivi più elevati (che permettano di affrontare<br />

periodi di non occupazione, farsi una pensione, ecc.)<br />

06


INFORmAzIONI sULL’INteRVIstAtO<br />

sesso<br />

Maschio<br />

Femmina<br />

Anno di nascita<br />

Luogo di socializzazione, dove è vissuto prevalentemente<br />

fino a 18 anni<br />

Luogo dove vive attualmente<br />

Con chi abita attualmente?<br />

Da solo<br />

Coniuge/ Convivente<br />

Figli (Se si, quanti?) Età dei figli<br />

Fratelli/Sorelle (Se si, quanti?)<br />

Genitori, suoceri (Se si, quanti?)<br />

Altri parenti (Se si, quanti?)<br />

Amici, conoscenti (Se si, quanti?)<br />

escluso lei, quanti percepiscono regolarmente un reddito<br />

(da lavoro o da pensione) nella sua famiglia?<br />

Può dirmi <strong>il</strong> titolo di studio massimo conseguito?<br />

Nessun titolo<br />

Licenza elementare<br />

Licenza media inferiore<br />

Diploma di scuola media superiore<br />

Maturità liceale<br />

Liceo scientifico<br />

Liceo classico<br />

Liceo linguistico<br />

Liceo artistico<br />

Diploma di maturità (4-5 anni)<br />

Istituto professionale<br />

Istituto tecnico<br />

Istituto magistrale<br />

Scuola magistrale<br />

Istituto d’arte<br />

Diploma di qualifica ( -3 anni)<br />

Istituto professionale<br />

07


Scuola magistrale<br />

Istituto d’arte<br />

Diploma terziario non universitario (Accademia di belle arti,<br />

Perfezionamento del conservatorio musicale, ecc.)<br />

Diploma universitario<br />

Gruppo scientifico (matematica, fisica, chimica, farmacia,<br />

biologia, geologia)<br />

Gruppo medico<br />

Gruppo ingegneria<br />

Gruppo architettura<br />

Gruppo agrario<br />

Gruppo economico-sociale (economia, scienze statistiche, scienze<br />

politiche, sociologia)<br />

Gruppo giuridico<br />

Gruppo letterario (lettere, f<strong>il</strong>osofia, lingue, psicologia, scienza<br />

dell’educazione)<br />

Gruppo educazione fisica<br />

Altri diplomi universitari<br />

Laurea triennale<br />

Gruppo scientifico (matematica, fisica, chimica, farmacia,<br />

biologia, geologia)<br />

Gruppo medico<br />

Gruppo ingegneria<br />

Gruppo architettura<br />

Gruppo agrario<br />

Gruppo economico-sociale (economia, scienze statistiche, scienze<br />

politiche, sociologia)<br />

Gruppo giuridico<br />

Gruppo letterario (lettere, f<strong>il</strong>osofia, lingue, psicologia, scienza<br />

dell’educazione)<br />

Gruppo educazione fisica<br />

Altro<br />

Laurea quadriennale o specialistica<br />

Gruppo scientifico (matematica, fisica, chimica, farmacia,<br />

biologia, geologia)<br />

Gruppo medico<br />

Gruppo ingegneria<br />

Gruppo architettura<br />

Gruppo agrario<br />

Gruppo economico-sociale (economia, scienze statistiche, scienze<br />

politiche, sociologia)<br />

Gruppo giuridico<br />

Gruppo letterario (lettere, f<strong>il</strong>osofia, lingue, psicologia, scienza<br />

08


dell’educazione)<br />

Gruppo educazione fisica<br />

Altro<br />

Condizione lavorativa del coniuge<br />

Occupato a tempo indeterminato<br />

Occupato flessib<strong>il</strong>e<br />

Autonomo<br />

Non occupato<br />

Può dirci, a quanto ammonta <strong>il</strong> suo ultimo salario netto<br />

mens<strong>il</strong>e (guadagno medio mens<strong>il</strong>e per lavoratori in<br />

proprio)? (euro)<br />

Fino a 500<br />

501-700<br />

701-900<br />

901-1000<br />

1001-1 00<br />

1 01-1500<br />

Oltre 1500<br />

Non risponde<br />

È iscritto/a ad un sindacato lavoratori?<br />

Sì<br />

No, perché:<br />

Non le interessa<br />

Pensa di farlo in futuro<br />

Altro<br />

09


Allegato 3<br />

tRACCIA deL focuS gRouP CON I LAVORAtORI<br />

“A teRmINe” deLLA PUBBLICA AmmINIstRAzIONe<br />

1. Percorsi ed esiti<br />

Poiché uno degli obiettivi dell’indagine è quella di seguire le<br />

traiettorie compiute da lavoratori flessib<strong>il</strong>i nel mercato del lavoro<br />

e cogliere gli esiti che esperienze di lavoro non stab<strong>il</strong>i hanno<br />

sui percorsi di lavoro ma anche sul vissuto personale, vi chiederei<br />

di <strong>il</strong>lustrare <strong>il</strong> vostro percorso professionale, evidenziando i<br />

cambiamenti (tipo di lavoro, settore, tipologia contrattuale, motivazioni<br />

che vi hanno indotto a cambiare), eventuali periodi di<br />

disoccupazione e/o uscite dal mercato del lavoro.<br />

Qual è la vostra attuale condizione professionale? ritenete che<br />

sia provvisoria o definitiva?<br />

State cercando un altro lavoro? Per quali motivi? Che tipo di<br />

lavoro state cercando? Pensate che sia diffic<strong>il</strong>e trovare lavoro?<br />

Quali sono i vostri progetti per <strong>il</strong> futuro? Che tipo di lavoro vorreste<br />

fare? Con quali modalità contrattuali?<br />

Per quali aspetti del lavoro sareste disponib<strong>il</strong>i a scambiare la<br />

sicurezza del lavoro?<br />

2. Vincoli e opportunità della flessib<strong>il</strong>ità<br />

In generale <strong>il</strong> lavoro tende ad essere <strong>oggi</strong> più flessib<strong>il</strong>e e meno<br />

garantito: cosa ne pensate?<br />

Alcuni sostengono che la flessib<strong>il</strong>ità crei occupazione. Quale è<br />

la vostra opinione al riguardo alla luce anche della vostra esperienza:<br />

ritenete che la flessib<strong>il</strong>ità vi abbia agevolato nell’ingresso<br />

e nella permanenza nel mercato del lavoro oppure avreste comunque<br />

lavorato e magari con un contratto a tempo indeterminato?<br />

Lavorare con un contratto di collaborazione rappresenta/ha rappresentato<br />

per voi un problema oppure può rappresentare/ha<br />

rappresentato anche un’opportunità? Perché?<br />

Proviamo a fare un elenco dei principali aspetti positivi e di<br />

quelli negativi relativi alla condizione di collaboratore.<br />

11


3. Le collaborazioni nella Pubblica Amministrazione alla<br />

luce della Legge 30/2003 (Legge Biagi) e della finanziaria<br />

2006<br />

Uno degli aspetti della Legge 30/ 003 che ha suscitato maggiore<br />

interesse è stata l’introduzione della collaborazione a progetto.<br />

Pensate che con l’introduzione del contratto a progetto vi siano<br />

stati dei miglioramenti oppure no nella condizione dei collaboratori?<br />

Anche se la normativa non si applica al pubblico impiego, vi<br />

sono state conseguenze nel vostro ente successivamente all’emanazione<br />

della Legge?<br />

La Finanziaria per <strong>il</strong> 006 prevede disposizioni fortemente restrittive<br />

relative al ricorso alle collaborazioni da parte degli enti<br />

pubblici. Quale è la vostra opinione in merito? Quale situazione<br />

vi è stata prospettata nell’ambito del vostro ente di appartenenza?<br />

Quale sarà l’esito per la condizione vostra e, più in generale,<br />

quella dei collaboratori della Pubblica Amministrazione?<br />

vi è stata chiesta la partita IvA? Pensate che vi sarà chiesta?<br />

4. diritti e rappresentanza<br />

ritenete di avere/aver avuto maggiori garanzie e tutele per <strong>il</strong> fatto<br />

di essere/essere stati co.co.co. nell’ambito della PA?<br />

Molti enti pubblici toscani (comuni, province, regione, agenzie<br />

regionali) hanno stipulato accordi con le organizzazioni sindacali<br />

in riferimento alla questione dei collaboratori, in cui si prevedono,<br />

tra le altre, iniziative per potenziare la formazione e la<br />

qualificazione di questi lavoratori, convenzioni con assicurazioni<br />

in caso di malattia, <strong>il</strong> riconoscimento del diritto ad un periodo<br />

di riposo psicofisico, <strong>il</strong> riconoscimento professionale dei periodi<br />

di collaborazione per i concorsi ecc. Ne siete a conoscenza?<br />

Esiste un accordo di questo tipo anche nell’ente presso <strong>il</strong> <strong>quale</strong><br />

lavorate/lavoravate? Ne avete usufruito? E/o vi siete mossi anche<br />

autonomamente stipulando polizze assicurative, fondi pensione<br />

ecc.?<br />

Quali sono secondo voi i diritti che devono comunque essere<br />

garantiti sempre ad ogni lavoratore, a prescindere dal tipo di<br />

contratto?<br />

Quali sono secondo voi le politiche da attivare nei confronti dei<br />

lavoratori flessib<strong>il</strong>i?<br />

vi siete mai rivolti alle organizzazioni sindacali? Per quali mo-<br />

1


tivi? Avete all’interno del vostro ente una rappresentanza sindacale?<br />

Quale è la vostra valutazione relativa all’operato del sindacato<br />

in merito alle tutele per i collaboratori e i lavoratori flessib<strong>il</strong>i in<br />

generale?<br />

5. Condizione fam<strong>il</strong>iare e prospettive<br />

Nella passata indagine, è emerso come la maggioranza dei collaboratori<br />

viveva con i propri genitori e solo pochi avevano assunto<br />

responsab<strong>il</strong>ità fam<strong>il</strong>iari e, ancor meno, genitoriali.<br />

Quale è la vostra condizione fam<strong>il</strong>iare? Il fatto di vivere in famiglia,<br />

di essere sposati/conviventi, di aver dei figli, di vivere da soli<br />

rappresenta un vincolo, una risorsa, una protezione?<br />

In <strong>quale</strong> misura l’instab<strong>il</strong>ità lavorativa pesa/ha pesato sulle vostre<br />

scelte personali (andare a vivere da soli, matrimonio/convivenza,<br />

acquisto della casa, fare figli….)?<br />

Immaginate la vostra vita fra cinque/dieci anni? Che cosa cambierà?<br />

Che tipo di lavoro svolgerete? Quale sarà la vostra condizione<br />

fam<strong>il</strong>iare? Immaginate che <strong>il</strong> vostro tenore di vita sarà<br />

uguale/migliore/peggiore?<br />

13


Allegato 4<br />

LA LeGGe 30/2003<br />

Con la Legge 14 febbraio 003, n. 30, nota anche come “Legge<br />

Biagi” (Delega al Governo in materia di occupazione e mercato<br />

del lavoro) <strong>il</strong> Parlamento ha autorizzato <strong>il</strong> governo ad emanare,<br />

nell’arco dei prossimi anni, alcuni decreti legislativi contenenti<br />

misure volte a riformare <strong>il</strong> mercato del lavoro. Gli obiettivi e i<br />

principi guida di questa riforma sono stati chiaramente indicati<br />

nel “Libro Bianco sul mercato del lavoro in Italia” (ottobre<br />

00 ), e successivamente condivisi dalle trentanove organizzazioni<br />

sindacali e datoriali firmatarie del “Patto per l’Italia” (luglio<br />

00 ). Al fine di dare attuazione a tali principi, recepiti dalla<br />

Legge n. 30, è stato emanato <strong>il</strong> Decreto legislativo 10 settembre<br />

003, n. 76, in vigore dal 4 ottobre 003. Il Titolo I – “Disposizioni<br />

generali” – si occupa di puntualizzare le finalità e <strong>il</strong> campo<br />

di applicazione del D.Lgs. n. 76/ 003 e di dettare le definizioni<br />

di alcuni termini che vengono poi analiticamente esaminati,<br />

istituto per istituto, dal decreto. Innanzitutto si precisa che non<br />

rientrano nel campo di applicazione della riforma le pubbliche<br />

amministrazioni ed <strong>il</strong> loro personale, per le quali si continuano<br />

ad applicare le norme precedenti all’entrata in vigore del D.Lgs.<br />

n. 76/ 003.<br />

La normativa si “autodefinisce” attuativa delle direttive contenute<br />

nella Legge delega (Legge n. 30/ 003), ed espressamente si<br />

colloca all’interno degli orientamenti comunitari in materia di<br />

occupazione e apprendimento permanente e dichiara le proprie<br />

finalità nell’aumentare l’occupazione e promuovere la qualità e la<br />

stab<strong>il</strong>ità del lavoro, nel rispetto delle disposizioni relative alla libertà<br />

e dignità del lavoratore (di cui allo Statuto dei lavoratori)<br />

e alle disposizioni sulla parità dei sessi. Le finalità enunciate dall’articolo<br />

1 si ispirano, quindi, alle indicazioni delineate a livello<br />

comunitario, nell’ambito della cosiddetta “Strategia europea per<br />

l’occupazione” e riguardano da un lato l’incremento dei livelli<br />

occupazionali attraverso la creazione di un mercato del lavoro<br />

efficiente e trasparente, dall’altro la necessità di introdurre nuove<br />

“misure” flessib<strong>il</strong>i di svolgimento dell’attività lavorativa che<br />

consentano di adattare l’organizzazione del lavoro ai mutamenti<br />

dell’economia ed all’esigenza delle imprese di competere sul<br />

mercato internazionale.<br />

Si è ritenuto, inoltre, che attraverso l’introduzione di nuovi con-<br />

15


tratti di tipo “flessib<strong>il</strong>e”, imprese e lavoratori avrebbero potuto<br />

“scegliere” forme di attività che per modalità di esecuzione,<br />

orario di lavoro o altre caratteristiche avrebbero dovuto meglio<br />

adattarsi alle esigenze di ciascuno e favorire, quindi, l’ingresso<br />

nel mondo del lavoro di persone che hanno bisogno di coniugare<br />

i tempi lavorativi con quelli dedicati alla famiglia, all’apprendimento<br />

o ad altri scopi.<br />

vediamo ora più in dettaglio quali sono le novità introdotte dalla<br />

riforma.<br />

1. La somministrazione di lavoro<br />

Il contratto di somministrazione di lavoro è un contratto mediante<br />

<strong>il</strong> <strong>quale</strong> un soggetto – somministratore – mette a disposizione<br />

di un altro soggetto – ut<strong>il</strong>izzatore – uno o più lavoratori che<br />

prestano la propria attività nell’interesse e sotto la direzione ed<br />

<strong>il</strong> controllo dell’ut<strong>il</strong>izzatore stesso.<br />

Come si può desumere si tratta di ipotesi in cui <strong>il</strong> tradizionale<br />

rapporto tra datore di lavoro e lavoratore viene sostituito da un<br />

più complesso rapporto “tr<strong>il</strong>aterale” tra datore di lavoro/somministratore,<br />

lavoratore e azienda ut<strong>il</strong>izzatrice delle prestazioni.<br />

Questo schema non è una novità in quanto già con <strong>il</strong> precedente<br />

“pacchetto Treu” (Legge n. 196/1997) era stato legittimato <strong>il</strong> c.d.<br />

lavoro interinale. Tuttavia <strong>il</strong> lavoro temporaneo era caratterizzato<br />

da un’intrinseca transitorietà oltre che dal necessario riferimento<br />

a casi specifici – previsti dalla legge e dalla contrattazione<br />

collettiva – che ne consentivano la stipula.<br />

Ora, invece, <strong>il</strong> contratto di somministrazione può essere stipulato<br />

a termine (come avveniva con “vecchio” lavoro interinale) a<br />

fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo<br />

o sostitutivo, ma anche a tempo indeterminato (c.d. staff leasing)<br />

nei casi tassativamente previsti dalla legge (salva l’apertura alla<br />

contrattazione collettiva) ed elencati nell’art. 0, comma 3 del<br />

D.Lgs. n. 76/ 003. Si tratta, in linea di massima, di una serie<br />

di attività che non costituiscono <strong>il</strong> “core business” dell’azienda e<br />

che – sino all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 76/ 003 – sono state<br />

spesso oggetto di appalti di servizi, con tutti i limiti di cui alla<br />

Legge n. 1369/1960 (“divieto di interposizione di manodopera”),<br />

legge la cui abrogazione (art. 85 comma 1) costituisce un altro<br />

dato saliente dell’intervento riformatore. Lo scopo che si intende<br />

perseguire attraverso l’introduzione di tali modifiche normative<br />

è quello attribuire al sistema produttivo nuove possib<strong>il</strong>ità di<br />

16


“esternalizzazione” di alcune attività e quindi di una maggiore<br />

flessib<strong>il</strong>ità ed elasticità della struttura dell’impresa.<br />

In continuità con la previgente normativa sul lavoro interinale<br />

risulta, invece, confermata la scelta di identificare in modo preventivo<br />

e non derogab<strong>il</strong>e la “professionalità” dei fornitori di manodopera.<br />

Non si può trattare di imprese qualunque: somministratori<br />

di lavoro possono essere soltanto strutture aziendali, denominate<br />

Agenzie per <strong>il</strong> lavoro, munite di apposita autorizzazione<br />

e requisiti specifici previsti dalla legge. A tale proposito è <strong>il</strong> caso<br />

di ricordare che, nel quadro delle novità introdotte dal D.Lgs. n.<br />

76/ 003 e riguardanti la disciplina del mercato del lavoro in generale,<br />

le “Agenzie per <strong>il</strong> lavoro” si differenziano rispetto a quelle<br />

di cui alla Legge n. 196/1997 (pacchetto Treu) per l’ampliamento<br />

delle attività facoltizzate, non più limitate al solo lavoro interinale,<br />

ma estese ad ogni forma di somministrazione di lavoro. Le<br />

Agenzie per <strong>il</strong> lavoro sono soggetti che possono operare a tutto<br />

campo, poiché, ottenute le necessarie autorizzazioni, potranno<br />

svolgere attività di somministrazione a tempo indeterminato e<br />

determinato, di intermediazione tra domanda e offerta di lavoro<br />

(collocamento), di ricerca e selezione del personale, di supporto<br />

alla ricollocazione del personale (c.d. outplacement).<br />

2. Il lavoro part-time<br />

Uno degli obiettivi del D.Lgs. n. 76/ 003 è quello di rendere più<br />

flessib<strong>il</strong>e la disciplina del lavoro a tempo parziale – già radicalmente<br />

riformata dal D.Lgs n. 61/ 000 e poi integrata dal D.Lgs.<br />

n. 100/ 001 – così da aumentare la diffusione di tale tipologia di<br />

lavoro e incrementare l’occupazione femmin<strong>il</strong>e, dei giovani e dei<br />

soggetti di età compresa tra i 55 e i 65 anni.<br />

Si è ritenuto, infatti, che la precedente normativa rendeva difficoltoso<br />

<strong>il</strong> ricorso al lavoro part-time a causa di numerose “rigidità”<br />

e “formalismi” nella stessa contenuti.<br />

Il decreto legislativo non abroga né sostituisce integralmente la<br />

previgente disciplina, limitandosi ad apportare alcune modifiche<br />

nell’ambito della preesistente struttura.<br />

In particolare, è stato liberalizzato <strong>il</strong> ricorso al “lavoro supplementare”<br />

(lavoro reso oltre l’orario concordato nel contratto<br />

individuale ma entro <strong>il</strong> limite del tempo pieno): secondo la formulazione<br />

originaria del D.Lgs. n 61/ 000, <strong>il</strong> datore di lavoro<br />

poteva ricorrere al lavoro supplementare soltanto “previo consenso<br />

dell’interessato” e unicamente nel caso in cui questa facol-<br />

17


tà fosse prevista nel contratto collettivo applicato in azienda. La<br />

nuova normativa permette espressamente al datore di lavoro di<br />

richiedere <strong>il</strong> lavoro supplementare, anche in assenza di specifica<br />

previsione nel contratto collettivo, a condizione che vi sia <strong>il</strong> consenso<br />

del lavoratore. A fronte, dunque, del consenso del dipendente<br />

ed in assenza di specifiche disposizioni collettive pare che<br />

<strong>il</strong> datore di lavoro possa ricorrere in modo del tutto <strong>il</strong>limitato al<br />

lavoro supplementare, concordando con <strong>il</strong> lavoratore l’ammontare<br />

della maggiorazione per l’ulteriore attività prestata.<br />

Inoltre, la normativa <strong>oggi</strong> modificata aveva introdotto per la<br />

prima volta la possib<strong>il</strong>ità per <strong>il</strong> datore di lavoro di variare la distribuzione<br />

dell’orario di lavoro a tempo parziale. Tale facoltà<br />

era, però, subordinata al consenso del lavoratore, al riconoscimento<br />

a favore dello stesso di una maggiorazione economica,<br />

a un preavviso di 10 giorni riducib<strong>il</strong>e a 48 ore dalla contrattazione<br />

collettiva, <strong>il</strong> tutto nell’ambito dei limiti e delle condizioni<br />

espressamente previsti dagli stessi contratti collettivi. Tutto ciò<br />

unitamente al fatto che soltanto pochi contratti collettivi avevano<br />

regolamentato tali clausole e al fatto che era espressamente<br />

consentita la sola modifica della collocazione temporale e non<br />

anche quella della durata della prestazione di lavoro, rendeva<br />

estremamente diffic<strong>il</strong>e avvalersi delle c.d. clausole elastiche. La<br />

nuova normativa cerca, quindi, di liberalizzare ulteriormente<br />

l’ut<strong>il</strong>izzo di dette clausole, operando, tra l’altro, una distinzione<br />

tra clausole flessib<strong>il</strong>i (che consentono di modificare la collocazione<br />

temporale della prestazione lavorativa) e clausole elastiche<br />

(che permettono la variazione in aumento della prestazione<br />

lavorativa).<br />

Il D.Lgs. n. 76/ 003 prevede, infatti, che <strong>il</strong> datore di lavoro può<br />

concordare direttamente con <strong>il</strong> dipendente l’apposizione di tali<br />

clausole anche in assenza di specifiche disposizioni dei contratti<br />

collettivi e pur nel rispetto dei limiti previsti dallo stesso decreto<br />

legislativo.<br />

Ulteriori novità riguardano la trasformazione del rapporto di lavoro<br />

part-time. Infatti, è ora possib<strong>il</strong>e trasformare <strong>il</strong> rapporto di<br />

lavoro da tempo pieno a tempo parziale a fronte di un accordo<br />

scritto tra le parti convalidato esclusivamente dalla competente<br />

Direzione provinciale del lavoro, senza più bisogno di assistenza<br />

da parte di un componente della rSA (rappresentanza sindacale<br />

aziendale). viene, poi, abolito l’obbligo per <strong>il</strong> datore di convertire<br />

<strong>il</strong> rapporto di lavoro dei dipendenti a tempo parziale che avessero<br />

fatto apposita domanda di trasformazione a tempo pieno,<br />

in caso di nuove assunzioni (<strong>il</strong> c.d. diritto di precedenza).<br />

18


3. Il lavoro ripartito<br />

Il lavoro ripartito (c.d. job sharing) è una tipologia contrattuale<br />

nata negli Stati Uniti d’America nel corso degli anni ’60 per far<br />

fronte ad esigenze di flessib<strong>il</strong>ità del mercato del lavoro.<br />

In seguito lo job sharing si è diffuso in Europa (in particolare nel<br />

Nord), dove la regolamentazione è, però, sempre stata soggetta a<br />

vincoli rigidi ovvero ha rappresentato una soluzione alternativa<br />

“difensiva” nel caso di crisi aziendale.<br />

In Italia <strong>il</strong> lavoro ripartito, già previsto dalla contrattazione collettiva<br />

del settore terziario, è stato disciplinato per la prima volta<br />

dalla circolare ministeriale n. 43 del 1998 che, allo scopo di legittimare<br />

una prassi diffusa nel mercato del lavoro, ne riconosceva<br />

la compatib<strong>il</strong>ità con l’ordinamento italiano anche in assenza di<br />

una disciplina specifica, rimandando a quella generale in materia<br />

di lavoro subordinato (nei limiti di compatib<strong>il</strong>ità), ovvero<br />

alla contrattazione collettiva.<br />

Ora <strong>il</strong> D.Lgs. n. 76/ 003 – Titolo v artt. 41/45 – definisce <strong>il</strong> lavoro<br />

ripartito come “uno speciale contratto di lavoro mediante <strong>il</strong><br />

<strong>quale</strong> due lavoratori assumono in solido l’adempimento di un’unica<br />

e identica obbligazione lavorativa”. Pertanto, i contraenti sono<br />

da una parte <strong>il</strong> datore di lavoro e dall’altra non un unico lavoratore<br />

ma due: ciascuno di essi svolge una “quota di lavoro”,<br />

ma resta direttamente e personalmente responsab<strong>il</strong>e dell’adempimento<br />

dell’intera prestazione. Ai prestatori di lavoro è inoltre<br />

attribuita la facoltà di decidere, un<strong>il</strong>ateralmente ed in qualsiasi<br />

momento, di effettuare sostituzioni tra di loro, nonché di modificare<br />

consensualmente la collocazione temporale dell’orario di<br />

lavoro. In sostanza, i lavoratori sono liberi di determinare come<br />

e quando ripartirsi la prestazione lavorativa, con <strong>il</strong> solo obbligo<br />

di garantire l’esecuzione dell’intera obbligazione e di informare<br />

<strong>il</strong> datore di lavoro (con cadenza almeno settimanale) dell’orario<br />

cui ciascuno di essi è tenuto.<br />

Il modello adottato dal legislatore nel disciplinare tale tipologia<br />

contrattuale è quello di una sorta di regolamentazione quadro<br />

della fattispecie, la cui definizione degli aspetti specifici è demandata<br />

alle parti, non solo in sede di contrattazione collettiva,<br />

ma anche e soprattutto come espressione della volontà dei contraenti<br />

(datore di lavoro e coobbligati).<br />

19


4. Il lavoro intermittente<br />

Il lavoro intermittente o a chiamata trova la sua origine nell’esperienza<br />

statunitense, dove è particolarmente diffuso nel settore<br />

terziario e della Pubblica Amministrazione.<br />

In Europa <strong>il</strong> solo paese in cui ha trovato diffusione è l’Olanda<br />

dove assume la denominazione di “job on call” o “stand-by<br />

workers”.<br />

In Italia <strong>il</strong> primo approccio a tale figura contrattuale è stato<br />

frutto della contrattazione collettiva; in seguito, pur in assenza<br />

di una specifica disciplina, si è fatto ricorso a forme di lavoro<br />

intermittente, soprattutto nel settore terziario, per sopperire a<br />

esigenze temporanee e occasionali, estranee dal normale ciclo<br />

produttivo, ovvero per sostituzione di personale.<br />

Il D.Lgs. n. 76/ 003 definisce <strong>il</strong> lavoro intermittente come quella<br />

tipologia contrattuale nella <strong>quale</strong> <strong>il</strong> lavoratore si pone, a tempo<br />

determinato o indeterminato, a disposizione del datore di lavoro,<br />

<strong>il</strong> <strong>quale</strong> può usufruire della sua prestazione lavorativa “chiamandolo”<br />

di volta in volta a eseguire una determinata attività,<br />

nel rispetto di un periodo minimo di preavviso (un giorno).<br />

Il lavoro intermittente è caratterizzato da: “discontinuità o intermittenza”<br />

delle prestazioni svolte dal lavoratore e la c.d. “indennità<br />

di disponib<strong>il</strong>ità” che compensa la disponib<strong>il</strong>ità del prestatore<br />

di lavoro per <strong>il</strong> periodo concordato.<br />

La finalità di tale tipologia contrattuale è, dunque, quella di soddisfare<br />

esigenze lavorative “temporanee”, come avviene per la<br />

“somministrazione di lavoro” e per <strong>il</strong> contratto di lavoro a tempo<br />

parziale.<br />

rispetto al primo, <strong>il</strong> lavoro intermittente si caratterizza per la<br />

b<strong>il</strong>ateralità del rapporto (nel lavoro interinale si ha un rapporto<br />

tr<strong>il</strong>aterale tra somministratore, ut<strong>il</strong>izzatore, lavoratore). Si differenzia,<br />

invece, dal part-time per l’assenza di una predeterminazione<br />

del periodo lavorativo: nel lavoro a chiamata, infatti, la<br />

disponib<strong>il</strong>ità del dipendente è “continua” perché la prestazione<br />

lavorativa richiesta è connessa alle necessità dell’assetto produttivo<br />

o organizzativo ed è, quindi, assolutamente “incerta”.<br />

5. Il lavoro a progetto<br />

I rapporti di collaborazione coordinata e continuativa (co.co.co.)<br />

hanno rappresentato in questi ultimi anni un elemento di grande<br />

flessib<strong>il</strong>ità nel mercato del lavoro italiano.<br />

0


Superando gli schemi tipici dei rapporti di lavoro subordinato,<br />

infatti, essi hanno consentito a imprese ed enti pubblici di far<br />

fronte a molteplici esigenze organizzative con costi più bassi e<br />

procedure più fac<strong>il</strong>i da gestire.<br />

Così nel corso del 00 sono stati quasi due m<strong>il</strong>ioni e mezzo gli<br />

iscritti all’apposita Gestione separata costituita presso l’INPS (ai<br />

sensi dell’art. Legge n. 335/1995) per tutti i collaboratori coordinati<br />

e continuativi non coperti da altre forme di previdenza.<br />

In questo contesto si inserisce la c.d. riforma Biagi, che si propone<br />

di rivedere la disciplina del lavoro “parasubordinato” (definizione<br />

che ricomprende la generalità dei rapporti di collaborazione<br />

che si concretino in una “prestazione di opera continuativa<br />

e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere<br />

subordinato” ai sensi dell’art. 409 cod. procedura civ<strong>il</strong>e),<br />

muovendo dall’intento di correggere l’uso ritenuto distorto che<br />

di tale strumento era stato fatto “ in funzione elusiva o frodatoria<br />

della legislazione posta a tutela del lavoro subordinato” (così<br />

si legge nel Libro bianco sul mercato del lavoro in Italia, pubblicato<br />

nell’ottobre 001).<br />

Lo spirito “repressivo” della riforma si riflette, pertanto sulla<br />

nuova disciplina dettata dal D.Lgs. n. 76/ 003, così che “i<br />

rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, prevalentemente<br />

personale e senza vincolo di subordinazione, di cui all’art.<br />

409, n. 3 c.p.c. (codice di procedura civ<strong>il</strong>e) devono essere<br />

riconducib<strong>il</strong>i a uno o più progetti specifici o programmi di lavoro<br />

o fasi di esso” pena la loro trasformazione in rapporti di lavoro<br />

subordinato a tempo indeterminato. Pertanto, la prestazione<br />

del collaboratore non può più essere genericamente ricondotta<br />

all’attività del committente o a un ramo di essa (ad esempio:<br />

consulenza per lo sv<strong>il</strong>uppo delle attività commerciali della società<br />

committente), ma deve riferirsi a uno specifico progetto o<br />

programma di lavoro o fasi di essi “determinati dal committente<br />

e gestiti autonomamente dal collaboratore in funzione del risultato”<br />

(ad esempio: sv<strong>il</strong>uppo di uno specifico prodotto, implementazione<br />

di una particolare metodologia di lavoro).<br />

Per quanto concerne la durata del rapporto essa dovrà essere<br />

“determinata” o “determinab<strong>il</strong>e” (art. 6 D.Lgs. n. 76/ 003) in<br />

relazione allo sv<strong>il</strong>uppo del progetto; in mancanza di un termine<br />

preciso, quindi, i rapporti di collaborazione a progetto “si<br />

risolvono al momento della realizzazione del progetto o del programma<br />

o della fase che ne costituisce oggetto” (art. 67, comma<br />

1). vengono, inoltre, dettate una serie di disposizioni riguardanti<br />

i requisiti di forma del contratto, la risoluzione del rappor-<br />

1


to, la successione di contratti, le modalità di determinazione<br />

del corrispettivo e infine i diritti e doveri del collaboratore. Di<br />

particolare interesse, la disciplina dettata per le ipotesi di gravidanza,<br />

malattia o infortunio. In tali casi <strong>il</strong> rapporto rimane<br />

sospeso, senza erogazione del corrispettivo per tutta la durata<br />

della sospensione. In caso di malattia o infortunio, tuttavia, la<br />

sospensione del rapporto non comporta la proroga della durata<br />

del contratto, che si estingue comunque alla scadenza prestab<strong>il</strong>ita.<br />

In caso di gravidanza, invece, è prevista anche una proroga<br />

della scadenza pattuita per un periodo di 180 giorni.<br />

6. Contratti a “causa mista” – apprendistato e contratto di<br />

inserimento<br />

Il nostro ordinamento riconosceva due schemi contrattuali<br />

aventi contenuto formativo: <strong>il</strong> contratto di apprendistato e <strong>il</strong><br />

contratto di formazione e lavoro. Accanto ai due contratti di lavoro<br />

subordinato sopra menzionati, dobbiamo segnalare anche<br />

altre iniziative aventi contenuto formativo – che però non costituiscono<br />

veri rapporti di lavoro – indirizzate esclusivamente<br />

all’acquisizione di conoscenze da parte del lavoratore: i contratti<br />

di inserimento in azienda senza retribuzione e a fini di tirocinio<br />

formativo e di orientamento (c.d. stage), regolati attualmente<br />

dall’articolo 18 della Legge n. 196/1997 e dal D.M. n. 14 /1998.<br />

Questo istituto non è stato intaccato dalla riforma anche se l’articolo<br />

60 del D.Lgs. n. 76/ 003 inserisce una nuova tipologia di<br />

“stage”, <strong>il</strong> tirocinio estivo di orientamento che va ad aggiungersi<br />

ai tirocini già esistenti.<br />

Per quanto riguarda, invece, l’apprendistato ed <strong>il</strong> contratto di<br />

formazione e lavoro, la loro regolamentazione è stata oggetto di<br />

r<strong>il</strong>evanti modifiche che muovono dall’intento di operare una più<br />

netta distinzione tra la funzione formativa vera e propria e quella<br />

di inserimento o reinserimento nel mercato del lavoro.<br />

7. Apprendistato<br />

Il contratto di apprendistato era disciplinato, sotto <strong>il</strong> prof<strong>il</strong>o generale,<br />

dagli artt. 130- 134 del codice civ<strong>il</strong>e e, sotto <strong>il</strong> prof<strong>il</strong>o<br />

speciale, dalla Legge n. 5/1995 (modificata ed integrata da interventi<br />

legislativi successivi). L’art. della legge citata definisce<br />

l’apprendistato come “uno speciale rapporto di lavoro, in for-


za del <strong>quale</strong> l’imprenditore è obbligato ad impartire, nella sua<br />

impresa, all’apprendista assunto alle sue dipendenze, l’insegnamento<br />

necessario perché possa conseguire la capacità tecnica<br />

per diventare lavoratore qualificato, ut<strong>il</strong>izzandone l’opera nella<br />

medesima impresa”. In linea generale, al “vecchio” contratto di<br />

apprendistato si applicavano le norme applicab<strong>il</strong>i al rapporto<br />

di lavoro subordinato che non fossero esplicitamente derogate<br />

dalle leggi speciali.<br />

All’interno della riforma sono rinvenib<strong>il</strong>i tre tipologie di contratto<br />

di apprendistato alle quali corrispondono specifiche finalità e<br />

diversi limiti di età:<br />

1) contratto di apprendistato per l’espletamento del dirittodovere<br />

di istruzione e formazione (per giovani che abbiano<br />

compiuto 15 anni di età);<br />

) contratto di apprendistato professionalizzante con finalità di<br />

acquisizione di una specifica qualifica attraverso formazione<br />

sul lavoro e apprendimento tecnico-professionale (per soggetti<br />

di età compresa tra 18 e 9 anni);<br />

3) contratto di apprendistato mirato al conseguimento di un<br />

titolo di studio di livello secondario, ovvero di un titolo di<br />

studio universitario, ovvero di un percorso di alta formazione<br />

(per soggetti di età compresa tra 18 e 9 anni).<br />

Al di là del rinvio alle regioni per la regolamentazione pratico-operativa,<br />

si è comunque ritenuto che sotto un prof<strong>il</strong>o generale<br />

la definizione di apprendistato resta quella fissata dall’art.<br />

, comma 1, della Legge n. 5/1995. Infatti l’art. 85 del decreto<br />

legislativo abroga solo <strong>il</strong> comma dell’art. e l’art. 3 della Legge<br />

n. 5/1995. Per <strong>il</strong> resto, tutte le norme sull’apprendistato rimangono<br />

in vigore, come specifica l’ultimo comma dell’art. 47, quantomeno<br />

sino all’introduzione delle regolamentazioni regionali.<br />

8. Contratto di inserimento<br />

Il contratto di inserimento sostituisce integralmente <strong>il</strong> “vecchio”<br />

contratto di formazione e lavoro (Cfl), che era stato introdotto<br />

in Italia dalla Legge 19 dicembre 1984, n. 863. La natura del<br />

c.f.l. era quella di un c.d. contratto a “causa mista”: comprensiva<br />

cioè di un periodo di lavoro e di un periodo di formazione<br />

e apprendimento. Si trattava di un contratto a tempo determinato<br />

<strong>il</strong> cui fine doveva essere quello di favorire l’inserimento al<br />

lavoro dei giovani. Le norme sul Cfl sono state successivamente<br />

modificate e integrate da una serie di interventi normativi: Leg-<br />

3


ge n. 113/1986, Legge n. 407/1990, Legge n.169/1991, Legge n.<br />

451/1994; Legge n. 196/1997. Il limite di età, originariamente<br />

fissato a 9 anni e poi elevato a 3 , poteva poi essere aumentato<br />

a discrezione regionale. In via preliminare è <strong>il</strong> caso di precisare<br />

che <strong>il</strong> D.Lgs n. 76/ 003 non contiene alcuna previsione esplicita<br />

di abrogazione delle precedenti norme che disciplinavano <strong>il</strong> Cfl.<br />

È comunque possib<strong>il</strong>e dedurne un’abrogazione implicita, dalle<br />

disposizioni contenute nella seconda parte dell’art. 86 comma 9,<br />

dove si afferma che “la vigente disciplina in materia di contratti<br />

di formazione e lavoro trova applicazione esclusivamente nei<br />

confronti della Pubblica Amministrazione”. L’art. 54 del D.Lgs.<br />

n. 76/ 003 definisce <strong>il</strong> contratto di inserimento come “un contratto<br />

di lavoro diretto a realizzare, mediante un progetto individuale<br />

di adattamento delle competenze professionali del lavoratore<br />

a un determinato contesto lavorativo, l’inserimento ovvero<br />

<strong>il</strong> reinserimento nel mercato del lavoro” di una serie di soggetti<br />

specificamente individuati (art. 55). Con l’introduzione del contratto<br />

di inserimento si è inteso, quindi, priv<strong>il</strong>egiare l’elemento<br />

dell’inserimento occupazionale piuttosto che la finalità formativa.<br />

Infatti, i soggetti che potranno ricorrere a questa figura contrattuale<br />

non sono più soltanto i giovani (fino a un certo limite<br />

di età), ma tutti i soggetti elencati nell’art. 55 del decreto ovvero:<br />

a) persone di età compresa tra i 18 e i 9 anni; b) disoccupati<br />

di lunga durata da 9 fino a 3 anni; c) lavoratori con più di 50<br />

anni di età che siano privi di un posto di lavoro; d) lavoratori che<br />

desiderino riprendere una attività lavorativa e che non abbiano<br />

lavorato per almeno due anni; e) donne di qualsiasi età residenti<br />

in un’area geografica in cui <strong>il</strong> tasso di occupazione femmin<strong>il</strong>e<br />

sia inferiore almeno del 0% di quello masch<strong>il</strong>e o in cui <strong>il</strong> tasso<br />

di disoccupazione femmin<strong>il</strong>e superi del 10% quello masch<strong>il</strong>e f)<br />

persone riconosciute affette da grave handicap fisico, mentale o<br />

psichico.<br />

4


Indice<br />

Presentazione pag. 5<br />

1. Introduzione « 7<br />

1.1. Premessa « 7<br />

1. . Alcune anticipazioni sul contenuto del rapporto « 9<br />

PARte PRImA<br />

Il quadro regionale e nazionale<br />

2.<br />

Il lavoro flessib<strong>il</strong>e in toscana: un quadro di sintesi « 19<br />

.1. Più flessib<strong>il</strong>ità, più occupazione? « 19<br />

. . L’ut<strong>il</strong>izzo delle diverse tipologie contrattuali « 4<br />

3.<br />

La flessib<strong>il</strong>ità del lavoro in toscana: un confronto<br />

con <strong>il</strong> quadro nazionale « 9<br />

3.1. Qualche osservazione congiunturale « 9<br />

3. . Le caratteristiche personali dei lavoratori instab<strong>il</strong>i « 3<br />

3.3. Transizione, intrappolamento ed effetto isteresi « 38<br />

3.4. Una flessib<strong>il</strong>ità sempre meno scelta e sempre<br />

più subìta « 43<br />

PARte seCONdA<br />

Le indagini dirette<br />

4.<br />

Il percorso di ricerca « 47<br />

4.1. Il disegno della ricerca « 47<br />

4. . Le caratteristiche degli intervistati « 49<br />

4.3. La condizione attuale « 50<br />

5.<br />

I percorsi nella flessib<strong>il</strong>ità « 55<br />

5.1. Flessib<strong>il</strong>ità del lavoro: scelta o costrizione? « 55<br />

5. . I percorsi dei lavoratori temporanei « 59<br />

5.3. La flessib<strong>il</strong>izzazione nei diversi sistemi locali « 65<br />

5


5.4. Le sequenze occupazionali « 73<br />

5.5. riflessioni finali « 77<br />

6.<br />

Le condizioni di lavoro: lavoratori stab<strong>il</strong>i e flessib<strong>il</strong>i<br />

a confronto « 81<br />

6.1. Condizioni, tutele e prospettive contrattuali « 81<br />

6. Il tempo del lavoro « 99<br />

6.3 La soddisfazione del lavoro « 107<br />

6.4 riflessioni finali « 1 5<br />

7.<br />

Un approfondimento qualitativo: la flessib<strong>il</strong>ità del lavoro<br />

nella Pubblica Amministrazione « 1 9<br />

7.1 Introduzione « 1 9<br />

7. Le dimensioni del lavoro flessib<strong>il</strong>e nella<br />

Pubblica Amministrazione toscana « 131<br />

7.3 I risultati dell’indagine « 135<br />

7.4 riflessioni finali « 159<br />

Conclusioni « 163<br />

Riferimenti bibliografici « 167<br />

Allegati<br />

1. Costruzione del campione e piano di campionamento « 179<br />

. Questionario « 187<br />

3. Traccia del focus group con i lavoratori “a termine”<br />

della Pubblica Amministrazione « 11<br />

4. La Legge 30/ 003 « 15<br />

6


Finito di stampare nel mese di Novembre 2007<br />

presso le Industrie Grafiche della Pacini Editore S.p.A. - Pisa<br />

per conto di EdIzIoNI PluS - università di Pisa

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