Precari ieri e oggi, quale il domani - Regione Toscana
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COLLANA LAvOrO<br />
studi e ricerche<br />
67
<strong>Precari</strong> <strong>ieri</strong> e <strong>oggi</strong>,<br />
<strong>quale</strong> <strong>il</strong> <strong>domani</strong>?<br />
Prima indagine longitudinale<br />
sui lavoratori flessib<strong>il</strong>i<br />
in <strong>Toscana</strong><br />
A cura di<br />
Francesca Giovani
Il Rapporto di ricerca, affidato all’IRPET (Istituto Regionale per la Programmazione Economica<br />
della <strong>Toscana</strong>), è stato coordinato da Francesca Giovani.<br />
Pur essendo frutto di un lavoro comune, le parti di questo volume sono così ripartite: Francesca<br />
Giovani ha curato i capitoli 1, 4, 5, le conclusioni e l’allegato 2. Teresa Savino i capitoli<br />
2, 7 e l’allegato 3. Michele Beudò <strong>il</strong> capitolo 6. Il capitolo 3 è stato curato da Em<strong>il</strong>io Reyneri<br />
dell’Università di M<strong>il</strong>ano Bicocca. Vanno attribuiti a Stefano Rosignoli l’allegato 1 e a Francesca<br />
Tallarico l’allegato 4.<br />
L’indagine diretta ai lavoratori della Pubblica Amministrazione è stata coordinata da Teresa<br />
Savino che si è avvalsa, per la conduzione di alcuni focus group, della collaborazione di<br />
Giulia Marchetti.<br />
L’indagine telefonica ai lavoratori dipendenti è stata effettuata da Eurema con <strong>il</strong> coordinamento<br />
di Roberta Pini che ha curato, insieme a Laura Vannucci, anche le elaborazioni<br />
statistiche relative all’indagine (capitoli 4, 5 e 6).<br />
Valentina Patacchini ha curato le elaborazioni statistiche relative all’Indagine ISTAT sulle forze<br />
di lavoro (capitolo 2) e ai dati del Conto annuale del Personale negli Enti Locali (capitolo 7).<br />
Al servizio editoriale dell’IRPET si deve l’allestimento del volume.<br />
Un ringraziamento particolare va a tutti gli intervistati che hanno dedicato parte del loro tempo a<br />
raccontarci la loro storia lavorativa e personale, rendendo possib<strong>il</strong>e la realizzazione dell’indagine.<br />
<strong>Precari</strong> <strong>ieri</strong> e <strong>oggi</strong>, <strong>quale</strong> <strong>il</strong> <strong>domani</strong>? : prima indagine longitudinale sui<br />
lavoratori flessib<strong>il</strong>i in <strong>Toscana</strong> / a cura di Francesca Giovani<br />
(Lavoro. Studi e ricerche ; 67)<br />
331.109455 ( 1.)<br />
1. Lavoro temporaneo – <strong>Toscana</strong> . Occupazione – <strong>Toscana</strong> I. Giovani,<br />
Francesca<br />
CIP a cura del Sistema bibliotecario dell’Università di Pisa<br />
ISBN 978-88-849 -491-9<br />
© 007 regione <strong>Toscana</strong><br />
Giunta regionale<br />
Direzione Generale<br />
Politiche Formative, Beni e Attività Culturali<br />
Area di Coordinamento<br />
Orientamento, Istruzione, Formazione, Lavoro<br />
Settore Lavoro e Formazione continua
Presentazione<br />
Lo studio commissionato all’IrPET dalla regione <strong>Toscana</strong><br />
– Settore Lavoro e Formazione continua – offre un contributo conoscitivo<br />
di r<strong>il</strong>ievo all’analisi del fenomeno del lavoro flessib<strong>il</strong>e,<br />
unendo all’esame dello scenario degli ultimi anni la r<strong>il</strong>evazione<br />
‘longitudinale’ sull’evoluzione nel tempo della situazione dei lavoratori<br />
temporanei. Ciò getta luce su un aspetto cruciale: nel medio<br />
periodo, la capacità di stab<strong>il</strong>izzazione dei lavoratori flessib<strong>il</strong>i è<br />
risultata, finora, decisamente modesta, mentre la quota di persone<br />
che restano permanentemente bloccate in percorsi professionali<br />
precari o che rifluisce nell’inattività è relativamente elevata,<br />
in particolare per donne istruite, giovani, lavoratori over 50.<br />
Negli anni recenti, infatti, complice la forte incertezza sulle<br />
prospettive dell’economia, <strong>il</strong> ricorso a contratti a tempo determinato<br />
o atipici ha teso a spostarsi da una prospettiva transitoria<br />
(in grado di favorire l’accesso all’occupazione per alcune componenti<br />
deboli, contenere tempi ed entità della disoccupazione<br />
e venire incontro a richieste di flessib<strong>il</strong>ità delle imprese) verso<br />
condizioni che tendono a determinare un ‘intrappolamento’ dei<br />
lavoratori in condizioni di prolungata precarietà.<br />
Accanto al segmento primario del mercato del lavoro, quello<br />
dei lavoratori con contratti standard, sul mercato del lavoro si è<br />
consolidato un segmento ‘secondario’ dal <strong>quale</strong> sono insufficienti<br />
i passaggi a quello primario.<br />
La regione <strong>Toscana</strong> ha definito, per i prossimi anni, fondamentali<br />
atti di programmazione mirati a rafforzare <strong>il</strong> complesso<br />
del sistema occupazionale toscano:<br />
• Il Piano di indirizzo integrato per istruzione, formazione e<br />
lavoro per <strong>il</strong> quinquennio 006- 010, approvato nel settembre<br />
006 in Consiglio regionale, che prevede nel periodo un<br />
investimento complessivo di m<strong>il</strong>iardo e 119 m<strong>il</strong>ioni di euro<br />
per interventi in tali settori.<br />
• Il nuovo Programma Operativo regionale del fondo sociale<br />
europeo, che stanzia 666 m<strong>il</strong>ioni per <strong>il</strong> periodo 007- 013.<br />
In essi la regione ha individuato nella lotta alla precarietà e<br />
nell’attenzione ai diritti dei lavoratori atipici e temporanei uno<br />
dei punti fondamentali della propria strategia di qualificazione<br />
5
del lavoro e dell’occupazione. È evidente che i buoni risultati<br />
quantitativi ottenuti nel passato recente sul versante dell’occupazione<br />
e della disoccupazione, anche rispetto ai target di Lisbona<br />
e al lavoro delle donne, devono essere consolidati nella<br />
direzione della stab<strong>il</strong>izzazione del lavoro temporaneo, nell’eliminazione<br />
delle sacche di precarietà, nella estensione delle tutele<br />
a tutti i lavoratori.<br />
A partire dal 006 è possib<strong>il</strong>e contare su nuovi strumenti attivati<br />
dalla regione <strong>Toscana</strong> per contrastare la precarizzazione<br />
del lavoro, che si aggiungono agli interventi strutturali dei Servizi<br />
per l’Impiego e dei sistemi di formazione, istruzione, orientamento.<br />
Si tratta di fondi di finanziamento con funzioni di garanzia<br />
dei diritti dei lavoratori e di incentivi alle imprese che<br />
riguardano, oltre all’occupazione femmin<strong>il</strong>e e all’anticipo per la<br />
cassa integrazione per i lavoratori di aziende in crisi, incentivi<br />
per la stab<strong>il</strong>izzazione dei lavoratori a termine: uno specifico fondo<br />
prevede incentivi per chi trasforma i contratti a termine in<br />
contratti a tempo indeterminato. A settembre 007, l’iniziativa<br />
ha già registrato oltre 300 domande, di cui 5 finanziate con<br />
circa 900m<strong>il</strong>a euro di finanziamenti. L’efficacia del fondo sarà<br />
ulteriormente potenziata unificandolo al fondo di sostegno all’assunzione<br />
dei lavoratori in mob<strong>il</strong>ità, che anch’esso risponde a<br />
finalità di ricollocamento stab<strong>il</strong>e nell’occupazione, con stanziamenti<br />
di 1 m<strong>il</strong>ione 400m<strong>il</strong>a euro per ciascuno dei prossimi due<br />
anni. Inoltre, si sta attualmente costituendo un fondo di garanzia<br />
per i lavoratori atipici (collaboratori e figure analoghe), mirato<br />
a favorire l’accesso al credito. Altri importanti elementi di supporto<br />
per gli atipici sono compresi nelle misure di formazione<br />
continua. È stato inoltre realizzato un progetto per garantire nel<br />
territorio toscano la presenza di sportelli di supporto, consulenza<br />
e orientamento per i lavoratori atipici (progetto Prometeo),<br />
andato a scadenza con la programmazione FSE 000- 006. Con<br />
un bando a procedura di evidenza pubblica dello scorso mese di<br />
luglio sarà garantito <strong>il</strong> funzionamento degli sportelli fino al 30<br />
giugno 008. Una volta analizzate forme e modalità della nuova<br />
programmazione FSE 007- 013, potrà concretizzare un intervento<br />
organico sul territorio regionale, anche in relazione alle<br />
specificità locali, qualitative e quantitative, del lavoro atipico.<br />
6<br />
Gianfranco Simoncini<br />
Assessore all’Istruzione,<br />
alla Formazione e al Lavoro<br />
della <strong>Regione</strong> <strong>Toscana</strong>
1.<br />
Introduzione<br />
1.1. Premessa<br />
A circa quattro anni dall’entrata in vigore della Legge 30/ 003<br />
– impropriamente detta Legge Biagi, perché non include una<br />
parte essenziale del modello di flexsecurity cui Biagi si ispirava,<br />
quella diretta a rafforzare l’ut<strong>il</strong>izzo di ammortizzatori sociali e a<br />
rafforzare i servizi pubblici per l’impiego (reyneri, 005a) – è <strong>il</strong><br />
momento di tracciare un primo b<strong>il</strong>ancio sugli effetti dell’applicazione<br />
normativa, con la <strong>quale</strong> si è aperta la seconda fase della<br />
flessib<strong>il</strong>izzazione del lavoro nel nostro paese (la prima è stata<br />
introdotta con la cosiddetta Legge Treu, del 1997) rendendo la<br />
nostra legislazione del lavoro una delle più flessib<strong>il</strong>i di Europa.<br />
La riforma partiva dall’assunto che un’ulteriore espansione<br />
degli strumenti di flessib<strong>il</strong>ità a disposizione delle imprese fosse<br />
una strategia vincente per fare crescere l’occupazione, ma a<br />
guardare le statistiche ufficiali più recenti <strong>il</strong> mercato del lavoro<br />
italiano sembra avere perso del tutto <strong>il</strong> dinamismo in termini di<br />
job creation ancora presente nei primi anni del 000. Sembra infatti<br />
ormai evidente che stia finendo quello che è stato definito,<br />
da Tito Boeri e Pietro Garibaldi ( 006), “l’effetto luna di miele”,<br />
che è stato associato alla introduzione di nuove forme contrattuali<br />
flessib<strong>il</strong>i, ovvero quella fase di transizione in cui l’organico<br />
delle imprese aumenta perché al numero fisso dei lavoratori protetti<br />
si aggiunge un certo numero di lavoratori soggetti a minor<br />
protezione; è in questa fase che l’occupazione cresce anche se <strong>il</strong><br />
prodotto non aumenta. va tuttavia tenuto presente che si tratta<br />
di un processo destinato a non perdurare, perché una volta che<br />
7
le imprese avranno accumulato un certo numero di lavoratori<br />
flessib<strong>il</strong>i, e soprattutto se la fase congiunturale dovesse peggiorare,<br />
ci troveremo a fronteggiare l’effetto inverso, ossia una fase<br />
di mancato rinnovo dei contratti non tutelati.<br />
Il problema del r<strong>il</strong>evante numero di giovani (ma non solo)<br />
coinvolti in questo processo di flessib<strong>il</strong>izzazione riguarda non<br />
tanto gli ingressi con modalità flessib<strong>il</strong>i nel mercato del lavoro<br />
che nel giro di pochi anni si trasformano in lavori stab<strong>il</strong>i (di tipo<br />
autonomo o dipendente), quanto una lunga permanenza (o intrappolamento)<br />
in rapporti instab<strong>il</strong>i che ha come conseguenza<br />
costi umani ancora <strong>oggi</strong> spesso sottovalutati, che possono essere<br />
riassunti nella difficoltà di progettarsi una vita e <strong>il</strong> rischio di non<br />
avere a tempo debito una pensione dignitosa. Gli esperti hanno<br />
infatti stimato che coloro che hanno lunghi percorsi di lavoro<br />
con contratti instab<strong>il</strong>i rischiano di avere pensioni nell’ordine del<br />
30% del salario attuale (che risulta essere mediamente inferiore<br />
a m<strong>il</strong>le euro), rischiando quindi di trovarsi al di sotto della soglia<br />
di povertà.<br />
Se consideriamo che circa <strong>il</strong> 50% delle nuove assunzioni in<br />
Italia avviene oramai con contratti a termine, e che <strong>il</strong> tasso di<br />
conversione in contratti a tempo indeterminato è mediamente<br />
basso (circa 10 punti in un anno), questo denota un alto rischio<br />
di segregazione per i lavoratori assunti con tipologie contrattuali<br />
di questo tipo (Boeri, Garibaldi, 006). Si rende quindi sempre<br />
più necessario fornire delle tutele di base, che proteggano dalla<br />
possib<strong>il</strong>ità di avere delle carriere professionali discontinue come<br />
un sistema efficace ed efficiente di ammortizzatori sociali che<br />
consenta di garantire la continuità del reddito (perché i lavori<br />
di cui si parla sono discontinui), tutele di ordine sanitario e<br />
anche degli strumenti di contrasto alla povertà come <strong>il</strong> reddito<br />
minimo.<br />
Un’altra questione riguarda le difficoltà che incontrano i lavoratori<br />
flessib<strong>il</strong>i a vedere riconosciute le competenze acquisite<br />
nel momento in cui cambiano la propria posizione occupazionale<br />
passando da un’azienda all’altra. Esiste infatti <strong>il</strong> consistente<br />
rischio che i segmenti di carriera lavorativa già effettuati<br />
con contratti atipici vengano praticamente disconosciuti sotto<br />
<strong>il</strong> prof<strong>il</strong>o della competenza professionale acquisita, con effetti<br />
negativi sulla retribuzione e, ovviamente, sulla progressione di<br />
carriera. Uno degli obiettivi da porsi è dunque quello di progettare<br />
modelli dedicati al riconoscimento delle competenze “spendib<strong>il</strong>i”<br />
nel mercato del lavoro. Si impone, quindi, un più stretto<br />
legame tra politiche del lavoro e politiche della formazione pro-<br />
8
fessionale (ed anche scolastica) che miri a rafforzare i percorsi<br />
dei soggetti più deboli.<br />
Una ulteriore posizione di debolezza si registra per la componente<br />
femmin<strong>il</strong>e che indica, da un lato una minor forza sul<br />
mercato del lavoro, dall’altro, <strong>il</strong> permanere di vincoli fam<strong>il</strong>iari<br />
che gravano ancora sulle donne. Gli interventi per sostenere l’inserimento<br />
delle donne in occupazioni stab<strong>il</strong>i o in attività indipendenti,<br />
non possono prescindere da misure volte a ridurre <strong>il</strong><br />
peso del lavoro di cura e a renderlo compatib<strong>il</strong>e con l’impegno<br />
lavorativo, anche modificando l’organizzazione delle imprese.<br />
L’elaborazione di nuovi sistemi di protezione sociale emerge<br />
come una questione di cruciale importanza per la società futura<br />
se si ha a cuore non soltanto la crescita dell’occupazione, ma<br />
anche la coesione sociale, che rischia di essere incrinata da un<br />
eventuale consolidamento della quota di lavoratori instab<strong>il</strong>i per<br />
la vita.<br />
1.2. Alcune anticipazioni sul contenuto del Rapporto<br />
Dato <strong>il</strong> presente quadro di riferimento, <strong>il</strong> lavoro che presentiamo<br />
si è proposto di approfondire le cause, ma anche le conseguenze<br />
e le implicazioni della flessib<strong>il</strong>ità nelle traiettorie e nella<br />
qualità del lavoro di individui che hanno intrapreso un percorso<br />
lavorativo caratterizzato da tipologie contrattuali “a termine”.<br />
La novità della ricerca risiede proprio nella scelta metodologica<br />
di partenza: ovvero seguire, tramite un’indagine di tipo panel,<br />
nella loro carriera un gruppo di lavoratori “atipici” per cogliere<br />
gli esiti che rapporti lavorativi di tipo flessib<strong>il</strong>e hanno nel percorso<br />
di lavoro e nella vita dei lavoratori.<br />
In particolare, nel Capitolo viene presentata un’analisi dinamica<br />
del lavoro flessib<strong>il</strong>e in <strong>Toscana</strong>, con comparazioni a livello<br />
nazionale ed europeo, che mostra come in <strong>Toscana</strong>, così<br />
come per <strong>il</strong> resto del paese, sia cresciuta la quota complessiva<br />
dei lavoratori flessib<strong>il</strong>i: dal 4,5% del 1993 al 1 ,5% del 006,<br />
dato, quest’ultimo, al di sotto del dato nazionale (13,1%) e della<br />
media europea (14,4%); se a questo insieme aggiungiamo i<br />
collaboratori tale quota supera <strong>il</strong> 15% del totale dei lavoratori<br />
dipendenti. Ma non si può dire che le misure dirette a favorire<br />
<strong>il</strong> ricorso a rapporti di lavoro più flessib<strong>il</strong>i abbiano dato, nell’ultimo<br />
periodo, un grande contributo alla crescita complessiva<br />
dell’occupazione, che si è concentrata sulle donne adulte, per<br />
le quali, più che la flessib<strong>il</strong>ità del lavoro, ha avuto un ruolo ri-<br />
9
levante l’incremento del lavoro dipendente a tempo parziale, in<br />
forma stab<strong>il</strong>e. Per i maschi adulti, e per i giovani in generale, si<br />
è invece avuto un effetto di sostituzione, poiché ad un aumento<br />
della percentuale di chi lavora in modo instab<strong>il</strong>e si accompagna<br />
una riduzione di chi lavora in modo stab<strong>il</strong>e. Ciò che appare più<br />
preoccupante è, comunque, l’aumento di coloro che lavorano<br />
con tipologie contrattuali a termine tra le fasce adulte di uomini<br />
e donne, che segnala come siano in crescita le probab<strong>il</strong>ità di intrappolamento<br />
nella precarietà (reyneri, 005a).<br />
Nel Capitolo 3 sono effettuate alcune osservazioni congiunturali<br />
che evidenziano come sulla dinamica del lavoro dipendente<br />
instab<strong>il</strong>e influiscano più fattori economici che normativi,<br />
poiché è constatazione unanime che le numerose forme di lavoro<br />
dipendente a termine introdotte dalla Legge 30/ 003 (job<br />
on call, lavoro occasionale, staff leasing, ecc.) abbiano avuto un<br />
impatto occupazionale modestissimo. A questo proposito è stata<br />
avanzata l’ipotesi che l’andamento dell’occupazione a termine<br />
anticipi quello del prodotto interno lordo, che costituisce <strong>il</strong> principale<br />
indicatore dello stato di salute di un sistema economico.<br />
L’aumento dell’incidenza del lavoro a termine a partire dal 004,<br />
quindi, sarebbe dovuta al fatto che le imprese hanno ripreso ad<br />
assumere anticipando la ripresa economica che si è verificata<br />
dopo quattro anni di stagnazione (dal 001 al 005).<br />
Nei Capitoli 4, 5 e 6 del rapporto sono contenuti i risultati di<br />
un’indagine longitudinale, effettuata nei primi mesi del 006, su<br />
un campione di 900 individui, già intervistati nel 004, che nell’anno<br />
000 risultavano avere avuto un avviamento al lavoro con<br />
una tipologia contrattuale instab<strong>il</strong>e, avendo come scopo quello<br />
di seguire nel tempo gli sbocchi occupazionali di questi lavoratori,<br />
per comprendere se l’esperienza della flessib<strong>il</strong>ità è risultata<br />
essere un ponte per una professionalizzazione e stab<strong>il</strong>izzazione<br />
nel mercato del lavoro oppure una “trappola” verso la marginalità.<br />
Il Capitolo 4 contiene un’analisi delle principali caratteristiche<br />
dei 900 individui intervistati che appartengono a sistemi<br />
produttivi ritenuti rappresentativi degli articolati sent<strong>ieri</strong><br />
di sv<strong>il</strong>uppo della <strong>Toscana</strong>: Firenze (sistema urbano), <strong>il</strong> Mugello<br />
(sistema turistico-industriale), Santa Croce (distretto industriale),<br />
rosignano (sistema turistico) e Follonica (sistema turistico-rurale).<br />
Le donne rappresentano <strong>il</strong> 66% del campione. L’età<br />
degli intervistati è mediamente bassa (<strong>il</strong> 54% ha al massimo 35<br />
anni) ma, se consideriamo che da più parti è dato per acquisito<br />
che i lavori flessib<strong>il</strong>i sono per lo più appannaggio delle giovani<br />
10
generazioni in entrata nel mercato del lavoro, è degna di nota<br />
anche una percentuale non irr<strong>il</strong>evante di adulti. Sono soprattutto<br />
le donne ad essere presenti nelle fasce di età più elevate,<br />
probab<strong>il</strong>mente in virtù di percorsi mediamente più precari di<br />
quelli masch<strong>il</strong>i grazie anche ad uscite dal mercato del lavoro in<br />
particolari fasi del ciclo di vita (nascita dei figli, cura dei genitori<br />
anziani, ecc.).<br />
Nel Capitolo 5 l’attenzione è stata concentrata sulle traiettorie<br />
compiute dai soggetti nel mercato del lavoro, al fine di individuare<br />
quali siano le caratteristiche degli individui coinvolti e dei<br />
loro percorsi che rendono più probab<strong>il</strong>i esiti di professionalizzazione<br />
e di stab<strong>il</strong>izzazione nel lavoro dipendente o in quello autonomo.<br />
L’indagine mostra in modo evidente come le probab<strong>il</strong>ità<br />
di stab<strong>il</strong>izzazione non aumentino in modo lineare con <strong>il</strong> passare<br />
del tempo, anzi. Trascorso un certo numero di anni da un avviamento<br />
al lavoro con tipologia contrattuale instab<strong>il</strong>e (tre, quattro<br />
anni) crescono al contrario le possib<strong>il</strong>ità di rimanere invischiati<br />
in quelle che sono state definite sequenze occupazionali di tipo<br />
“job carousel” (Barb<strong>ieri</strong>, Fullin, reyneri, 005), caratterizzate<br />
dal susseguirsi di diverse esperienze di lavoro e non lavoro, o<br />
peggio ancora di uscire dalla condizione di occupato verso la<br />
disoccupazione o l’inattività.<br />
Il genere femmin<strong>il</strong>e, i “non più giovani”, i meno scolarizzati,<br />
coloro che appartengono a sistemi locali “deboli”, dove le opportunità<br />
sono inferiori, sono risultati sicuramente coloro che<br />
hanno le maggiori probab<strong>il</strong>ità di restare intrappolati in un circuito<br />
di discontinuità caratterizzato da passaggi dentro-fuori <strong>il</strong><br />
mercato del lavoro.<br />
Inoltre, diminuisce <strong>il</strong> già scarso numero di coloro che hanno<br />
scelto la flessib<strong>il</strong>ità lavorativa e cresce la quota di coloro che vivono<br />
la flessib<strong>il</strong>ità come un’esperienza subita (dal 61% all’8 %),<br />
perché costretti dalla carenza di altre opportunità offerte dal<br />
mercato. Il fatto che la domanda di autonomia e di individualizzazione<br />
dei rapporti di lavoro, proveniente dai lavoratori stessi,<br />
non sia risultata r<strong>il</strong>evante, non deve sorprendere più di tanto, in<br />
quanto i lavori di cui si parla sono in realtà atipici, nel senso di<br />
“non standard”, non tanto nel contenuto, quanto nelle modalità<br />
contrattuali. Sono, infatti, lavori che complessivamente si svolgono<br />
con modalità non troppo dissim<strong>il</strong>i tra lavoratori stab<strong>il</strong>i e<br />
flessib<strong>il</strong>i, come orari rigidi, mansioni ben definite, ecc.<br />
Nel Capitolo 6 viene fornito un quadro delle condizioni di<br />
lavoro di lavoratori flessib<strong>il</strong>i che vengono confrontati con lavoratori<br />
che hanno ottenuto una stab<strong>il</strong>izzazione nel mercato del<br />
11
lavoro come dipendenti a tempo indeterminato o come lavoratori<br />
autonomi.<br />
Qual è l’aspetto considerato più importante del proprio lavoro?<br />
Stab<strong>il</strong>ità dell’occupazione, autorealizzazione, stipendio/reddito<br />
sono le prime tre risposte date dai lavoratori senza distinzioni<br />
di r<strong>il</strong>ievo tra le diverse tipologie contrattuali. Le differenze<br />
tra i giudizi di stab<strong>il</strong>i e instab<strong>il</strong>i divengono invece r<strong>il</strong>evanti quando<br />
andiamo ad analizzare gli aspetti ritenuti più soddisfacenti e<br />
quelli ritenuti più insoddisfacenti. Gli autonomi sono in assoluto<br />
più soddisfatti delle possib<strong>il</strong>ità di autorealizzazione offerte dalla<br />
loro attività, i dipendenti stab<strong>il</strong>i e instab<strong>il</strong>i hanno invece al primo<br />
posto i rapporti con i colleghi. Per gli stab<strong>il</strong>i però al secondo<br />
posto viene la sicurezza del posto di lavoro, che sta invece agli<br />
ultimi posti della graduatoria dei flessib<strong>il</strong>i, che risultano invece<br />
maggiormente soddisfatti delle possib<strong>il</strong>ità di autorealizzazione.<br />
E gli aspetti più insoddisfacenti? Per i flessib<strong>il</strong>i la sicurezza del<br />
posto, per gli stab<strong>il</strong>i (dipendenti e autonomi) <strong>il</strong> guadagno. Tra i<br />
lavoratori flessib<strong>il</strong>i non deve stupire <strong>il</strong> maggior grado di insicurezza<br />
percepito dai lavoratori del settore pubblico (51%, contro<br />
<strong>il</strong> 9% del privato e <strong>il</strong> % del terzo settore) che stanno ormai<br />
da tempo vivendo una fase particolarmente critica, dati i blocchi<br />
delle assunzioni e i tagli sul personale che hanno reso praticamente<br />
irrealizzab<strong>il</strong>e <strong>il</strong> raggiungimento di un posto a tempo indeterminato<br />
e sempre più difficoltoso <strong>il</strong> rinnovo degli incarichi.<br />
Anche all’interno del gruppo dei flessib<strong>il</strong>i, dunque, è evidente<br />
l’esistenza di gradi diversi di insicurezza, che per taluni è oltremodo<br />
sofferta, e per altri continua invece ad essere considerata<br />
un fattore meno importante di altri. L’elemento che appare discriminante<br />
è la combinazione tra l’occupazione in impieghi a<br />
scarsa gratificazione individuale e la percezione dell’incertezza<br />
lavorativa che, mescolate insieme, determinano un forte desiderio<br />
di cambiamento in ambito lavorativo. Se la flessib<strong>il</strong>ità si<br />
coniuga invece con professioni congrue con <strong>il</strong> proprio livello di<br />
scolarizzazione, accompagnandosi a percorsi professionali di<br />
crescita e qualificazione, si registra una più netta resistenza al<br />
cambiamento in direzione di lavori che siano meno attinenti ma<br />
più stab<strong>il</strong>i.<br />
Una variab<strong>il</strong>e importante, per comprendere quali siano le<br />
condizioni oggettive del lavoro degli intervistati che lavorano<br />
con tipologie contrattuali a termine, risulta essere la durata dei<br />
rapporti di lavoro, in quanto avere un contratto che non offre<br />
garanzie di continuità nel tempo può costituire un problema r<strong>il</strong>evante,<br />
che influisce sulla qualità della vita e sulle possib<strong>il</strong>ità<br />
1
di pianificazione di medio lungo-periodo (comprarsi una casa,<br />
farsi una famiglia…). A questo proposito i risultati mostrano la<br />
diffusione di contratti mediamente di breve durata (solo <strong>il</strong> 14% è<br />
in possesso di un contratto valido per un anno o più) che risultano<br />
particolarmente diffusi soprattutto tra le donne e coloro che<br />
lavorano in settori sottoposti alla stagionalità del lavoro (agricoltura,<br />
alberghi e ristoranti).<br />
Essere destinatari di un certo numero di contratti rinnovati<br />
senza soluzione di continuità può essere un costo ritenuto accettab<strong>il</strong>e<br />
nel caso vi sia la prospettiva di una stab<strong>il</strong>izzazione ma, a<br />
questo proposito, la percezione che gli intervistati hanno circa le<br />
loro prospettive occupazionali future non è risultata ottimistica<br />
(solo <strong>il</strong> 13% ritiene possib<strong>il</strong>e <strong>il</strong> raggiungimento di un contratto a<br />
tempo indeterminato), così come pessimistiche sono le previsioni<br />
circa la possib<strong>il</strong>ità di ottenere a tempo debito un trattamento<br />
pensionistico adeguato (solo <strong>il</strong> 15% pensa che avrà in futuro una<br />
pensione dignitosa).<br />
Anche la situazione relativa ai redditi mostra una condizione<br />
di svantaggio per quanto riguarda la componente di coloro che<br />
vivono una situazione di instab<strong>il</strong>ità. Il reddito mens<strong>il</strong>e dei lavoratori<br />
flessib<strong>il</strong>i è infatti sensib<strong>il</strong>mente inferiore a quello di coloro<br />
che lavorano a tempo indeterminato (circa la metà si colloca<br />
in una fascia di reddito che non supera i 900 euro mens<strong>il</strong>i). Le<br />
donne, secondo un noto fenomeno di discriminazione di genere,<br />
a tutti i livelli ricevono salari medi più bassi.<br />
Ma quali sono le richieste in termini di tutele e garanzie che<br />
vengono ritenute prioritarie per i lavoratori flessib<strong>il</strong>i? La maggioranza<br />
degli intervistati vorrebbe che fosse resa più sicura l’occupazione,<br />
incrementando <strong>il</strong> lavoro a tempo indeterminato, una<br />
quota significativa ritiene fondamentale l’introduzione di tutele<br />
certe per quanto attiene la malattia, la maternità, gli infortuni.<br />
r<strong>il</strong>evante anche la quota di coloro che segnalano la necessità<br />
di prevedere livelli retributivi più elevati (monetizzando, in un<br />
certo senso, le tutele di lavoro) che aggrega, sia tra i tipici che<br />
tra gli atipici, maggiore consenso rispetto alla possib<strong>il</strong>e introduzione<br />
dell’indennità di disoccupazione, facendo emergere un<br />
atteggiamento di implicita accettazione del “venire meno di un<br />
quadro di stab<strong>il</strong>ità” che non riguarda solo <strong>il</strong> mercato del lavoro,<br />
ma anche l’organizzazione del welfare (Carr<strong>ieri</strong>, Damiano, Ugolini,<br />
005).<br />
Nel Capitolo 7 viene inquadrata, dal punto di vista quantitativo,<br />
la diffusione della flessib<strong>il</strong>ità del lavoro nel pubblico impiego<br />
che evidenzia una crescita generalizzata in tutte le tipologie<br />
13
di ente analizzate arrivando a rappresentare l’8% sul totale del<br />
personale occupato negli Enti locali, in linea con la media nazionale.<br />
Nel capitolo sono, inoltre, presentati i risultati dell’indagine<br />
qualitativa relativa ai percorsi, alle condizioni di lavoro<br />
e alle prospettive future di lavoratori flessib<strong>il</strong>i impiegati nella<br />
Pubblica Amministrazione che rappresentano ormai una quota<br />
sempre più consistente dei lavoratori atipici nella nostra regione,<br />
così come nel resto del paese.<br />
L’ut<strong>il</strong>izzo di tipologie contrattuali a termine ha infatti consentito<br />
di compensare i vuoti di organico creati dal blocco delle<br />
assunzioni nel pubblico impiego; questo meccanismo però è stato<br />
fortemente messo in discussione dalla Finanziaria del 006,<br />
che ha ridotto notevolmente i margini per le amministrazioni<br />
pubbliche imponendo tetti fortemente restrittivi alle spese del<br />
personale.<br />
Le circa cinquanta testimonianze raccolte nel corso dell’indagine<br />
evidenziano una traiettoria contrassegnata da una fase<br />
iniziale di forte entusiasmo e identificazione con l’ente pubblico<br />
– che ha consentito a molti di svolgere un’attività ritenuta di<br />
prestigio e coerente con gli studi svolti – ad una successiva di<br />
forte delusione rispetto alle prospettive future di stab<strong>il</strong>izzazione<br />
e di crescita professionale. Dopo anni di impiego presso lo<br />
stesso ente (mediamente almeno tre anni), svolgendo funzioni<br />
essenziali per <strong>il</strong> funzionamento ordinario della struttura presso<br />
la <strong>quale</strong> prestano servizio, la sensazione che hanno in molti è<br />
quella di essere rimasti intrappolati in una condizione di precarietà<br />
dalla <strong>quale</strong> diventa sempre più diffic<strong>il</strong>e uscire in quanto<br />
l’investimento fatto ha consentito di sv<strong>il</strong>uppare competenze e<br />
professionalità che, in molti casi, sono spendib<strong>il</strong>i solo nel pubblico<br />
o, ancor peggio, solo presso l’ente committente.<br />
È ovvio che, in un mercato del lavoro in continua trasformazione,<br />
destinato a divenire sempre più flessib<strong>il</strong>e, o dove comunque<br />
è ormai presente una quota “strutturale” di nuove forme di<br />
lavoro, l’attenzione deve necessariamente essere focalizzata su<br />
un sistema di welfare, ancora fortemente legato al modello tradizionale<br />
del lavoro dipendente a tempo indeterminato, che necessita<br />
di essere rivisto non solo e non tanto in termini di garanzia<br />
del posto, ma piuttosto in termini dinamici, di sv<strong>il</strong>uppo di sent<strong>ieri</strong><br />
professionali-lavorativi soprattutto per le categorie risultate<br />
più deboli – che portino al raggiungimento di una posizione di<br />
forza sul mercato e che proteggano dai rischi dell’instab<strong>il</strong>ità.<br />
Occorre quindi pensare ad interventi volti a promuovere opportunità,<br />
incidendo sul funzionamento del mercato del lavoro e<br />
14
sui meccanismi tra domanda e offerta, in particolare attraverso<br />
la messa a punto di politiche attive del lavoro, fondate essenzialmente<br />
sulla formazione professionale, l’orientamento, <strong>il</strong> sostegno<br />
alla formazione di lavoro autonomo, i servizi per l’impiego,<br />
la creazione diretta di lavoro.<br />
15
PARte PRImA<br />
Il quadro regionale e nazionale
2.<br />
Il lavoro flessib<strong>il</strong>e in toscana:<br />
un quadro di sintesi<br />
2.1. Più flessib<strong>il</strong>ità, più occupazione?<br />
Nel 006 in <strong>Toscana</strong> su poco più di un m<strong>il</strong>ione di occupati,<br />
i lavoratori con un contratto a termine sono circa 135m<strong>il</strong>a. Nel<br />
giro di quasi un quindicennio la quota complessiva dei lavoratori<br />
flessib<strong>il</strong>i sul totale dell’occupazione dipendente si è quasi<br />
triplicata, passando dal 4,5% del 1993 al 1 ,5% del 006, dato<br />
che ci pone comunque al di sotto della media nazionale (13,1%)<br />
e di quella europea (14,4%) (Tab. .1 e Graf. .1).<br />
tabella 2.1. Occupati dipendenti. <strong>Toscana</strong> e Italia. 1997-2006. Valori assoluti in migliaia<br />
Occupati<br />
temporanei<br />
Occupati<br />
permanenti<br />
19<br />
tOtALe<br />
OCCUPAtI<br />
% occupati a<br />
termine<br />
sul totale<br />
occupati<br />
toscana Italia toscana Italia toscana Italia toscana Italia<br />
006 135 . 13 940 14.639 1.075 16.85 1 ,5 13,1<br />
005 1 9 .018 9 7 14.454 1.056 16.47 1 , 1 ,3<br />
004 118 1.909 896 14. 09 1.014 16.117 11,6 11,8<br />
003 95 1.583 9 8 14.464 1.0 3 16.046 9,3 9,9<br />
00 87 1.563 9 0 14. 86 1.007 15.849 8,6 9,9<br />
001 88 1.514 915 14.003 1.003 15.517 8,8 9,8<br />
000 9 1.530 889 13.601 981 15.131 9,4 10,1<br />
1999 75 1.410 88 13.413 957 14.8 3 7,8 9,5<br />
1998 69 1. 49 867 13. 99 936 14.548 7,4 8,6<br />
1997 6 1.1 7 868 13. 45 930 14.37 6,7 7,8<br />
variazione 005-06 (v.A.) 6 195 13 185 19 380<br />
variazione 005-06 (%) 4,7 9,7 1,4 1,3 1,8 ,3<br />
Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT - Forze di Lavoro
Grafico 2.1. Incidenza dell’occupazione a termine sull’occupazione complessiva. <strong>Toscana</strong>.<br />
1993-2006. Valori %<br />
Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT - Forze di Lavoro<br />
Le donne si confermano la componente con una maggiore<br />
probab<strong>il</strong>ità di avere accesso ai lavori flessib<strong>il</strong>i: tra queste ultime<br />
l’incidenza del lavoro instab<strong>il</strong>e è pari al 14,5% a fronte del 10,8%<br />
r<strong>il</strong>evato tra gli uomini. A livello europeo, invece, l’occupazione<br />
fixed term mostra differenze di genere meno accentuate, con una<br />
percentuale del 15% per le donne e del 13,6% per gli uomini.<br />
Se agli occupati dipendenti a termine vengono aggiunti anche<br />
i 34.785 collaboratori, la quota di lavoratori atipici sfiora i<br />
170m<strong>il</strong>a, pari al 15,3% sul totale dell’occupazione dipendente<br />
in <strong>Toscana</strong>, al di sopra di Lombardia (1 , %), veneto (13,4%),<br />
Em<strong>il</strong>ia romagna (14,1%) e al di sotto della media nazionale<br />
(15,5%).<br />
Per quanto concerne l’analisi territoriale, <strong>il</strong> primo dato da<br />
evidenziare è che la flessib<strong>il</strong>ità del lavoro è un fenomeno che<br />
negli ultimi anni si è diffuso in tutte le aree della <strong>Toscana</strong>, come<br />
mostra la crescita, pressoché ininterrotta, dell’incidenza degli<br />
occupati a termine sul totale dei lavoratori dipendenti nell’arco<br />
di quasi un decennio in tutte le province toscane (Tab. . ).<br />
Tuttavia la valutazione della quota di occupazione flessib<strong>il</strong>e<br />
nelle province rispetto alla media toscana evidenzia la persistenza<br />
di evidenti specificità territoriali.<br />
0
tabella 2.2. Dipendenti a tempo determinato sul totale dei dipendenti.<br />
Province toscane. 1997-2005. Valori %<br />
1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006<br />
Massa Carrara 8,4 9,0 8, 9,7 9,7 10,7 11,3 11,1 11,0 11,7<br />
Lucca 4,5 3,3 6,5 9,8 9,3 9,6 9,3 10,1 8,6 11,7<br />
Pistoia 7,6 8,7 9,3 8,3 9,1 7,9 9,4 10,7 1 ,5 14,4<br />
Firenze 5,5 6,1 6, 7,9 6,7 7,0 7,3 11,0 11,5 11,3<br />
Livorno 6,8 7,4 8,3 7,8 10,0 7,7 8,8 13,4 15, 1 ,<br />
Pisa 7,5 8,7 6,4 10, 6,0 8,7 10,9 11,6 10,1 10,3<br />
Arezzo 6,1 1 ,1 7,8 9,4 8,1 8, 7, 11,5 11,9 1 ,9<br />
Siena 9,7 7,4 9,8 11, 10,5 10,0 9,6 14,6 16,3 16,0<br />
Grosseto 11,4 13,0 13,7 14,7 17,1 1 ,9 10,3 16,0 19,4 18,5<br />
Prato 8,7 9, 10,0 9,5 8,9 9,6 14,1 9,1 11,7 1 ,7<br />
TOSCANA 6,7 7,4 7,8 9,4 8,8 8,6 9,3 11,6 1 , 1 ,5<br />
Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT - Forze di Lavoro<br />
Ma quanto la diffusione di rapporti di lavoro flessib<strong>il</strong>i ha<br />
contribuito alla crescita complessiva dell’occupazione? La Legge<br />
30/ 003, con la <strong>quale</strong> si è aperta la seconda fase della flessib<strong>il</strong>izzazione<br />
del lavoro nel nostro paese (dopo <strong>il</strong> pacchetto Treu<br />
del 1997), partiva dall’assunto che un’ulteriore espansione degli<br />
strumenti di flessib<strong>il</strong>ità a disposizione delle imprese fosse una<br />
strategia vincente per fare crescere l’occupazione.<br />
In <strong>Toscana</strong> le evidenze empiriche mostrano come le forme di<br />
lavoro flessib<strong>il</strong>e abbiano sostenuto la dinamica positiva dell’occupazione<br />
soprattutto nei primi anni ’90, quando a fronte di una<br />
contrazione dell’occupazione stab<strong>il</strong>e si è verificato un aumento<br />
di quella temporanea. Dal 1997 al 000 l’incremento ha riguardato<br />
in maniera pressoché sim<strong>il</strong>e entrambe le componenti. Dal<br />
000 al 00 , grazie agli sgravi fiscali per le assunzioni a tempo<br />
indeterminato previsti dalla Legge Finanziaria del 000, si è assistito<br />
persino alla riduzione del lavoro temporaneo.<br />
Tra <strong>il</strong> 003 e <strong>il</strong> 004 si r<strong>il</strong>eva solo la crescita del lavoro a<br />
termine, che tuttavia non riesce a b<strong>il</strong>anciare le perdite dell’occupazione<br />
standard. Nonostante sia necessario tener presenti le<br />
modifiche della r<strong>il</strong>evazione nell’Indagine sulle Forze di lavoro 1 ,<br />
1 L’anno 004 rappresenta una vera e propria cesura nell’Indagine nazionale<br />
sulle forze di lavoro, con l’avvio di un nuovo metodo di r<strong>il</strong>evazione, che rende<br />
particolarmente faticosa la possib<strong>il</strong>ità di effettuare confronti negli ultimi due<br />
anni. Le novità previste dall’Indagine continua, in particolare i nuovi criteri<br />
di definizione dell’occupazione basati non più sull’autopercezione da parte<br />
1
tuttavia tale dinamica è uno scenario plausib<strong>il</strong>e, che potrebbe<br />
dipendere sia dall’entrata a regime delle leggi sul lavoro atipico,<br />
sia dagli effetti della congiuntura economica, assolutamente<br />
negativa, che ha caratterizzato la nostra regione nel biennio<br />
considerato.<br />
Infine, a partire dal 005 la dinamica dell’occupazione dipendente<br />
torna ad essere positiva, con un contributo di entrambe le<br />
componenti, ma soprattutto del lavoro standard (Graf. . ).<br />
Grafico 2.2. Contributo alla crescita occupazionale in <strong>Toscana</strong>. 1993-2006.<br />
Valori assoluti in migliaia<br />
Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT - Forze di Lavoro<br />
Ulteriori elementi di riflessione possono derivare dalla valutazione<br />
del diverso impatto della diffusione dei lavori atipici sui<br />
livelli e sull’andamento dell’occupazione per genere e per classi<br />
di età.<br />
La flessib<strong>il</strong>ità del lavoro è un fenomeno che avrebbe dovuto<br />
interessare soprattutto la componente giovan<strong>il</strong>e (15- 9 anni)<br />
della forza lavoro in ingresso nel mercato del lavoro, ma l’occupazione<br />
non sembra crescere in questa fascia di età (Tab. .3).<br />
dell’intervistato, bensì su un dato fattuale (l’aver svolto almeno un’ora di lavoro<br />
retribuito nella settimana precedente l’intervista per gli occupati), hanno<br />
condotto ad una rivalutazione dell’occupazione.
tabella 2.3. Tasso di occupazione per posizione lavorativa e classi di età in <strong>Toscana</strong>.<br />
Maschi e femmine. 2000-2006<br />
Maschi<br />
15-29 30-49<br />
2000 2004 2006 2000 2004 2006<br />
Occ. temporanea ,5 10,3 1 ,1 ,7 4, 5,<br />
Occ. con contratti causa mista. 4,8 1,3 1,7 0,8 0, 0,1<br />
Occ. permanente 34,1 9,9 8,3 59,7 58,6 57,5<br />
Occ. indipendente 1 ,7 1 ,0 10,3 31,3 31,5 31,6<br />
TOTALE 54, 53,5 5 ,3 93,7 94,4 94,3<br />
Femmine<br />
Occ. temporanea 4,6 1 ,3 14, 4,6 8,8 9,3<br />
Occ. con contratti causa mista. 3,6 1,0 0,6 0,7 0,3 0,1<br />
Occ. permanente 6,6 4,6 ,6 45,3 46,7 50,<br />
Occ. indipendente 8,3 5,1 5,4 16,7 15,4 13,<br />
TOTALE 43,0 43,1 4 ,8 66,6 71,0 7 ,7<br />
Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT - Forze di Lavoro<br />
Nel periodo 000- 006, l’occupazione dei giovani maschi<br />
è in diminuzione e tende a diventare sempre più instab<strong>il</strong>e: la<br />
componente permanente diminuisce di circa 6 punti percentuali<br />
a fronte di una crescita altrettanto sensib<strong>il</strong>e della componente<br />
flessib<strong>il</strong>e (+10 punti), di cui i contratti a fini formativi (quelli con<br />
maggiori opportunità di trasformazione in rapporti di lavoro<br />
stab<strong>il</strong>i) rappresentano una quota minoritaria e decrescente nel<br />
tempo. Per quanto riguarda i maschi adulti, si continua a verificare<br />
un effetto sostituzione, poiché la debole crescita dell’occupazione<br />
(inferiore a 1 punto percentuale) è dovuta a un aumento<br />
del lavoro flessib<strong>il</strong>e (di circa 3 punti) a fronte della diminuzione<br />
del lavoro standard (- %).<br />
Al pari dei coetanei maschi, per le giovani donne toscane non<br />
si r<strong>il</strong>eva alcun evidente aumento nella partecipazione al mercato<br />
del lavoro, con un tasso di occupazione che rimane sostanzialmente<br />
stab<strong>il</strong>e attorno al 43%. La crescita occupazionale si verifica<br />
tra le donne a partire dai 30 anni (+6%), con un contributo<br />
sia di lavoro stab<strong>il</strong>e che instab<strong>il</strong>e.<br />
Ciò che è preoccupante è che l’aumento degli occupati con<br />
rapporti di lavoro a termine si verifichi non solo nelle fasi di ingresso<br />
nel mercato del lavoro, ma anche tra le fasce adulte, sia<br />
donne che uomini, per le quali le probab<strong>il</strong>ità di restare intrappolati<br />
nella precarietà sono evidentemente più elevate e tendono a<br />
crescere in funzione proprio dell’età e del periodo di permanenza<br />
in tale condizione.<br />
3
Se a questa analisi aggiungiamo anche la tipologia di orario,<br />
è evidente come nella crescita occupazionale al femmin<strong>il</strong>e,<br />
più che la flessib<strong>il</strong>ità del lavoro, abbia avuto un ruolo r<strong>il</strong>evante<br />
l’incremento del lavoro dipendente a tempo parziale, in forma<br />
stab<strong>il</strong>e. Come già sottolineato da reyneri ( 005a), tra le donne<br />
adulte la crescita delle part-timers è particolarmente sostenuta,<br />
in particolare nella sua componente a tempo indeterminato (+7<br />
punti percentuali) (Tab. .4).<br />
tabella 2.4. Tasso di occupazione per posizione lavorativa, orario e classi di età in <strong>Toscana</strong>.<br />
Femmine. 2000-2006<br />
15-29 30-49<br />
2000 2004 2006 2000 2004 2006<br />
Dip. permanente full time ,8 19,0 16,7 37,3 33,9 34,8<br />
Dip. permanente part-time 3,8 5,7 5,9 8,0 1 ,8 15,4<br />
Dip. temporaneo full time 5,3 9,0 8,5 ,8 5,5 6,<br />
Dip. temporaneo part-time ,9 4,3 6,3 1,9 3, 3,1<br />
Indipendenti 8,3 5,1 5,4 16,7 15,4 13,<br />
TOTALE 43,0 43,1 4 ,8 66,6 71,0 7 ,7<br />
Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT - Forze di Lavoro<br />
2.2. L’ut<strong>il</strong>izzo delle diverse tipologie contrattuali<br />
Uno dei tratti caratterizzanti la Legge 30/ 003, e anche tra<br />
i più dibattuti, riguarda l’ulteriore espansione degli strumenti<br />
di flessib<strong>il</strong>ità a disposizione delle imprese (come <strong>il</strong> lavoro a<br />
progetto, a chiamata, lo staff leasing, i contratti di inserimento),<br />
che possono, dunque, contare sull’esistenza di 40 diversi istituti<br />
contrattuali.<br />
A questo riguardo, purtroppo, non è possib<strong>il</strong>e r<strong>il</strong>evare con<br />
esattezza i cambiamenti avvenuti, dal momento che l’ISTAT non<br />
ha previsto alcun aggiornamento del quesito relativo alle tipologie<br />
contrattuali dei lavoratori a termine e non è possib<strong>il</strong>e individuare<br />
la collocazione degli occupati assunti con i nuovi rapporti<br />
di lavoro (Tab. .5).<br />
4
tabella 2.5. Occupati a termine per tipologia contrattuale in <strong>Toscana</strong> per classi di età e<br />
genere. 2004 e 2006. Valori %<br />
2004<br />
maschi Femmine<br />
15-29 30-49 50-64 tOtALe 15-29 30-49 50-64 tOtALe tOtALe<br />
Contratto di formazione lavoro 15,7 6,0 1,0 10,6 10,1 4,3 4,6 6,8 8,3<br />
Contratto di apprendistato 43, - - ,9 9,3 - - 1 ,4 16,6<br />
Contratto a tempo determinato 4,9 67,0 69,1 44,9 4 ,8 80,8 71,6 64,0 56,<br />
Altro tipo di contratto 5,4 15,9 16,3 10,4 6,5 8,8 19,6 8,8 9,4<br />
Non sa 10,7 11,1 13,6 11, 11,3 6,1 4,1 8,1 9,4<br />
TOTALE 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0<br />
2006<br />
Contratto di formazione lavoro 14,1 ,5 0,0 8,6 5,8 1, 0,0 3,0 5,5<br />
Contratto di apprendistato 33, 1,3 0,0 18,4 5,4 0,1 0,0 10, 14,0<br />
Contratto a tempo determinato 45,3 8 ,8 9 ,9 63,4 6 ,0 9 ,4 9 ,3 80,3 7 ,5<br />
Altro tipo di contratto 4,6 1 ,7 7,1 7,9 5,3 5,4 7,7 5,5 6,6<br />
Non sa ,7 0,8 0,0 1,8 1,6 0,9 0,0 1,1 1,4<br />
TOTALE 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0<br />
Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT - Forze di Lavoro<br />
Il quadro fornito dai dati delle Forze di lavoro in <strong>Toscana</strong><br />
evidenzia tra <strong>il</strong> 004 e <strong>il</strong> 006 una pronunciata crescita dei contratti<br />
a tempo determinato, che arrivano a rappresentare circa <strong>il</strong><br />
73% sul totale dei rapporti di lavoro atipici nel 006, rispetto al<br />
56% r<strong>il</strong>evato nel 004; mentre <strong>il</strong> lavoro interinale continua a rappresentare<br />
un fenomeno marginale, coinvolgendo meno del %<br />
dei lavoratori atipici. L’incremento della modalità più tipica dei<br />
rapporti di lavoro a termine, ossia <strong>il</strong> tempo determinato, avviene<br />
a scapito dei contratti di causa mista, per i quali si assiste ad<br />
un considerevole ridimensionamento, imputab<strong>il</strong>e in larga parte<br />
alla diminuzione del ricorso alla formazione lavoro (dall’8% al<br />
5%) e, in misura minore, anche all’apprendistato (dal 17% al<br />
14%), che avrebbe dovuto rappresentare uno dei punti di forza<br />
della riforma dal punto di vista dell’inserimento dei giovani nel<br />
mercato del lavoro . Nella componente giovan<strong>il</strong>e (15- 9 anni), la<br />
Il mancato decollo del contratto di apprendistato è imputab<strong>il</strong>e ai ritardi nella<br />
emanazione delle disposizioni applicative del D.Lgs 76/03 da parte delle regioni.<br />
La <strong>Toscana</strong> fa parte del ristretto gruppo di regioni che hanno provveduto<br />
all’emanazione della disciplina regionale relativa all’apprendistato professionalizzante,<br />
che risulta operante dal 1 Apr<strong>il</strong>e 005.<br />
5
contrazione dei rapporti di lavoro con finalità formative è tale<br />
che si verifica una sorta di effetto sostituzione di questi con <strong>il</strong><br />
più generico contratto a termine.<br />
In diminuzione anche la categoria residuale delle altre tipologie<br />
contrattuali e degli occupati che non hanno saputo indicare<br />
<strong>il</strong> loro tipo di contratto.<br />
I risultati di indagini dirette alle aziende, condotte sia a livello<br />
regionale che nazionale, sopperiscono a tali lacune informative,<br />
indicando come la nuova normativa non abbia modificato<br />
affatto <strong>il</strong> panorama di riferimento delle imprese nella scelta e<br />
nell’ut<strong>il</strong>izzo delle diverse tipologie contrattuali. La prima indagine<br />
IrPET sulla flessib<strong>il</strong>ità del lavoro in <strong>Toscana</strong> (Giovani, 005)<br />
ha evidenziato da parte degli imprenditori scarsi livelli di conoscenza<br />
della Legge 30/ 003 (e delle novità in materia di istituti<br />
contrattuali) e basse previsioni di ut<strong>il</strong>izzo delle nuove forme di<br />
lavoro flessib<strong>il</strong>e.<br />
Anche a livello nazionale l’indagine di Confindustria indica<br />
per <strong>il</strong> 004 un ut<strong>il</strong>izzo più che marginale dei rapporti di lavoro<br />
riconducib<strong>il</strong>i alle nuove disposizioni normative, attribuito da un<br />
lato alla scarsa conoscenza da parte degli imprenditori, dall’altro<br />
all’assenza della necessaria disciplina di dettaglio, come nel<br />
caso dello staff leasing (Guelfi, Trento, 006; Centro Studi Confindustria,<br />
006).<br />
In riferimento al lavoro parasubordinato, l’introduzione della<br />
collaborazione a progetto era, nell’intenzione del legislatore,<br />
lo strumento per far emergere le false posizioni di lavoro autonomo<br />
e trasformarle in rapporti di lavoro subordinato.<br />
In realtà analisi recenti basate su elaborazioni di dati INPS<br />
mostrano come, a distanza di due anni dall’entrata in vigore della<br />
Legge 30/ 003 e dei relativi decreti attuativi, non solo non si<br />
sia verificato un ridimensionamento del fenomeno, ma per molti<br />
collaboratori poco è cambiato dal punto di vista sostanziale<br />
(IrES, 005; NIDIL CGIL, 005).<br />
La maggioranza dei co.co.co. ha solo modificato la propria<br />
denominazione, passando ad essere collaboratori a progetto,<br />
ma i caratteri della loro prestazione lavorativa continuano ad<br />
essere sim<strong>il</strong>i a quelli del lavoratore dipendente: in generale i collaboratori<br />
dichiarano di avere un unico committente, lavorano<br />
prevalentemente presso la sede del committente, sono tenuti a<br />
rispettare un orario di lavoro.<br />
Assai rari sono i casi di stab<strong>il</strong>izzazione con un contratto a<br />
tempo indeterminato, mentre r<strong>il</strong>evante è <strong>il</strong> fatto che in non pochi<br />
casi <strong>il</strong> collaboratore è stato indotto alla apertura della parti-<br />
6
ta IvA. Al 004 in Italia si contano quasi 300m<strong>il</strong>a collaboratori<br />
professionisti, cresciuti del 10% rispetto all’anno precedente,<br />
soprattutto perché, dopo l’approvazione del decreto attuativo<br />
della Legge 30/ 003, è stato <strong>il</strong> datore di lavoro a chiedere loro di<br />
aprire la partita IvA. L’indagine nazionale dell’IrES promossa<br />
da NIDIL CGIL ( 005) mostra come in generale i professionisti<br />
con partita IvA non si differenzino dall’intero universo dei collaboratori:<br />
hanno una posizione molto sim<strong>il</strong>e a quella del lavoratore<br />
subordinato, lavorando per un unico committente, con una<br />
presenza per lo più quotidiana presso la sede del datore di lavoro.<br />
Alta è la percentuale di chi si percepisce un dipendente non<br />
regolarizzato piuttosto che un libero professionista, tant’è che<br />
l’apertura della partita IvA è vissuta prevalentemente come una<br />
condizione imposta dal datore di lavoro o legata al tipo di professione<br />
svolta, piuttosto che una scelta da parte del singolo.<br />
Evidentemente l’obiettivo della Legge 30/ 003 di eliminare le<br />
irregolarità nell’uso delle collaborazioni, rendendo manifeste le<br />
posizioni di falsa autonomia, è fallito e in non pochi casi i collaboratori<br />
non solo non sono riusciti ad ottenere un contratto di<br />
tipo subordinato, ma con l’apertura della partita IvA si trovano<br />
anche nella condizione di non godere più di quelle poche tutele<br />
che la posizione di collaboratore garantiva, oltre a dover sopportare<br />
maggiori oneri fiscali derivanti dalla tenuta della partita<br />
IvA.<br />
Per quanto riguarda la <strong>Toscana</strong>, i dati delle Forze di lavoro<br />
non mostrano livelli diversi rispetto al quadro nazionale. Al 006<br />
i collaboratori risultano poco più di 35m<strong>il</strong>a, pari al 3,1% sul totale<br />
dell’occupazione dipendente, lievemente al di sopra del dato medio<br />
nazionale ( ,8%). Dopo la flessione registrata nel 005 (quando<br />
i collaboratori sono diminuiti da circa 37m<strong>il</strong>a a 33m<strong>il</strong>a), nel<br />
006 <strong>il</strong> dato riprende a crescere.<br />
Per quanto concerne le modalità di lavoro, anche nella nostra<br />
regione i dati ISTAT evidenziano un’occupazione a carattere<br />
prevalentemente dipendente: l’88% lavora per una sola azienda,<br />
<strong>il</strong> 79% lavora presso la sede del datore di lavoro, <strong>il</strong> 58% non<br />
decide l’orario di lavoro. La monocommittenza, <strong>il</strong> lavoro presso<br />
l’azienda e l’accettazione di un orario di lavoro prestab<strong>il</strong>ito<br />
riguarda circa la metà dei collaboratori. Il 39% ha un contratto<br />
inferiore a dodici mesi.<br />
Osservando <strong>il</strong> percorso nell’ultimo anno, ovvero l’attuale<br />
condizione di coloro che un anno prima risultavano occupati<br />
come co.co.co., si osserva che nel 006 un’ampia maggioranza<br />
dei collaboratori lo era già l’anno precedente (76%), immagi-<br />
7
nando che la principale transizione sia stata da collaboratore<br />
coordinato e continuativo a collaboratore a progetto. Solo <strong>il</strong> 3%<br />
si è stab<strong>il</strong>izzato con un impiego a tempo indeterminato, <strong>il</strong> 3,5%<br />
è un dipendente con un contratto a termine, <strong>il</strong> % ha avviato<br />
un’attività autonoma. Degno di nota <strong>il</strong> fatto che oltre <strong>il</strong> 15% degli<br />
ex co.co.co. <strong>oggi</strong> non lavora, perché disoccupato (6%) oppure<br />
perché uscito dal mercato del lavoro e entrato nella condizione<br />
di inattività (9%) (Tab. .6).<br />
tabella 2.6. La condizione professionale o non professionale al 2004 e al 2006 di coloro<br />
che un anno prima erano occupati come collaboratori coordinati e continuativi. <strong>Toscana</strong>.<br />
Valori %<br />
2004 2006<br />
Dipendente a tempo indeterminato 3,3 3,4<br />
Dipendente a tempo determinato 3,5 3,5<br />
Collaboratore 84,1 75,6<br />
Autonomo 0,4 ,<br />
Disoccupato ,8 6,0<br />
Inattivo 5,9 9,3<br />
TOTALE<br />
Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT - Forze di Lavoro<br />
100,0 100,0<br />
Se confrontiamo i dati 004 e 006, contrassegnati dalla progressiva<br />
entrata a regime delle nuove previsioni normative, si<br />
evidenzia un peggioramento delle opportunità occupazionali<br />
complessive dei collaboratori: la conferma dello status di collaboratore<br />
rimane l’esito decisamente più probab<strong>il</strong>e, anche se in<br />
diminuzione (da 84% a 76%); rimangono stab<strong>il</strong>i le transizioni<br />
al lavoro dipendente, sia standard che a termine; in lieve crescita<br />
l’ingresso in percorsi di autoimprenditorialità, all’interno dei<br />
quali, sarebbe opportuno valutare quanti siano i lavoratori che<br />
effettivamente svolgono la propria professione in condizione di<br />
autonomia.<br />
r<strong>il</strong>evante è semmai la crescita di quanti sono usciti dal mercato<br />
del lavoro (dal 6% al 9%) e di quanti sono alla ricerca di una<br />
nuova occupazione (dal 3% al 6%).<br />
8
3.<br />
La flessib<strong>il</strong>ità del lavoro<br />
in toscana: un confronto<br />
con <strong>il</strong> quadro nazionale<br />
3.1. Qualche osservazione congiunturale<br />
In <strong>Toscana</strong>, come per tutta l’Italia, l’incidenza dei rapporti di<br />
lavoro a termine sul totale dell’occupazione dipendente dal 004<br />
ha ripreso ad aumentare, dopo aver arrestato per qualche anno<br />
la sua ininterrotta crescita dal 1993. Questo andamento conferma<br />
quanto scarso sia stato l’impatto dei mutamenti normativi<br />
sul mercato del lavoro (reyneri, 006). Quasi metà del fortissimo<br />
incremento della percentuale di occupazione dipendente a<br />
tempo determinato dal 1993 al 001 è precedente al “pacchetto<br />
Treu” del 1997 e alla riforma liberalizzante dei contratti a termine<br />
del 001 segue addirittura una loro contrazione, almeno in<br />
termini relativi. Neppure la decisa crescita dal 004, in <strong>Toscana</strong><br />
un po’ maggiore che a livello nazionale, può essere attribuita a<br />
modificazioni normative, poiché è constatazione unanime che<br />
le numerose forme di lavoro dipendente a termine introdotte<br />
dalla Legge 30/ 003 (job on call, lavoro occasionale, staff leasing,<br />
ecc.) hanno avuto un impatto occupazionale modestissimo<br />
(Ministero del lavoro 006b; veneto Lavoro, 006).<br />
Sulla dinamica del lavoro dipendente instab<strong>il</strong>e, che come è<br />
noto interessa in misura molto maggiore le nuove assunzioni<br />
dei giovani, è probab<strong>il</strong>e influiscano più fattori economici che<br />
normativi. A questo proposito è stata avanzata l’ipotesi che l’andamento<br />
dell’occupazione a termine anticipi quello del prodotto<br />
interno lordo, che costituisce <strong>il</strong> principale indicatore dello<br />
stato di salute di un sistema economico, (Ministero del lavoro,<br />
006b). L’aumento dell’incidenza del lavoro a termine nel 004<br />
e nel 005, quindi, sarebbe dovuto al fatto che le imprese hanno<br />
ripreso ad assumere e precederebbe di alcuni mesi la ripresa<br />
economica dopo quattro anni di stagnazione, dal 001 al 005.<br />
L’andamento positivo della congiuntura economica a partire dai<br />
primi mesi del 006 sembra confermare tale ipotesi.<br />
Tuttavia, a questo aspetto incoraggiante, se ne accompagna-<br />
9
no altri di segno opposto per quanto riguarda l’ulteriore diffusione<br />
dei lavori instab<strong>il</strong>i, che sono ormai diventati la via principale<br />
seguita dalle imprese e dalle organizzazioni pubbliche per<br />
assumere, in particolare i giovani al loro primo impiego. Uno<br />
studio della Banca d’Italia ( 006) ha mostrato che la quota delle<br />
posizioni a termine (che comprendono anche le collaborazioni e<br />
le prestazioni occasionali, oltre ai rapporti di lavoro dipendente<br />
a tempo determinato) è molto più elevata tra i “nuovi assunti”,<br />
cioè tra coloro che hanno trovato un’occupazione nei 1 mesi<br />
precedenti l’indagine sulle forze di lavoro condotta dall’Istat, e<br />
che questa differenza è in netto aumento dal 004 al 006. Come<br />
si può vedere dalla tabella 3.1, la quota dei neo-assunti con contratto<br />
a termine è salita da poco meno del 39% del 004 a quasi<br />
<strong>il</strong> 45% del 006, superando <strong>il</strong> 50% per i lavoratori con meno<br />
di 30 anni. Se si escludono coloro che hanno trovato un’occupazione<br />
indipendente, le assunzioni da parte delle imprese si<br />
ripartiscono praticamente in parti eguali tra contratti a termine<br />
e a tempo indeterminato, ma le assunzioni con rapporti permanenti<br />
diventano sempre più minoritarie per i giovani sino a 9<br />
anni, la maggior parte dei quali si può pensare al loro primo<br />
impiego. L’incidenza del lavoro a termine è ovviamente molto<br />
minore se si considera l’occupazione totale e per di più dal 004<br />
al 006 cresce solo di un punto percentuale, ma di quasi quattro<br />
punti per i giovani. Da questa fortissima differenza tra <strong>il</strong> flusso<br />
delle nuove assunzioni e lo stock dell’occupazione totale si<br />
trae l’indicazione che una larga parte dei rapporti a termine sarà<br />
successivamente trasformata in rapporti a tempo determinato,<br />
ma su questo punto si tornerà più oltre riprendendo i risultati<br />
dell’indagine longitudinale e quelli di altre elaborazioni sull’indagine<br />
continua Istat delle forze di lavoro.<br />
tabella 3.1. Occupati per condizione professionale. Italia.<br />
A tempo indeterminato A termine Indipendente<br />
Non<br />
Non<br />
Non<br />
tutti occupati (b) tutti occupati (d) tutti occupati (f)<br />
(a) 1 anno - (a) (c) 1 anno - (c) (e) 1 anno - (e)<br />
prima (b)<br />
prima (d)<br />
prima (e)<br />
2004<br />
Tutti 6 ,9 39,0 - 3,9 10,7 38,6 7,9 6,4 ,4 -4,0<br />
Tra 15 e 9 anni<br />
2005<br />
59,6 38,1 - 1,5 3,7 46,4 ,7 16,7 15,5 -1,<br />
Tutti 63,4 39,4 - 4,0 10,8 40,5 9,7 5,8 0,1 -5,7<br />
Tra 15 e 9 anni<br />
2006<br />
59,5 37, - ,3 5,0 49,8 4,8 15,5 13,0 - ,5<br />
Tutti 63,0 35,5 - 7,5 11,7 44,8 33,1 5,3 19,8 -5,5<br />
Tra 15 e 9 anni 56,6 3 ,5 - 4,1 7,4 50,5 3,1 16,0 17,0 1,0<br />
Fonte: Banca d’Italia ( 006) per <strong>il</strong> 004 e <strong>il</strong> 005, elaborazione da dati ISTAT per <strong>il</strong> 006.<br />
30
Peggiore dal punto di vista strutturale, ma congiunturalmente<br />
in via di miglioramento appare la situazione dell’occupazione<br />
in <strong>Toscana</strong>. Infatti, come mostra la tabella 3. , costruita con gli<br />
stessi criteri adottati dalla Banca d’Italia, tra chi ha trovato lavoro<br />
nel corso dei 1 mesi precedenti l’indagine l’incidenza dei<br />
rapporti a termine è molto più alta che non a livello nazionale<br />
e cresce da poco più del 46% nel 004 a quasi <strong>il</strong> 5 % nel 005,<br />
ma diminuisce al 43% nel 006, sia pure grazie solo alla ripresa<br />
degli ingressi nel lavoro in proprio, che possono nascondere situazioni<br />
di occupazione dipendente precaria. Se si considerano<br />
soltanto i giovani sino a 9 anni, la quota di assunti a termine<br />
cresce da poco meno del 58% sino a sfiorare <strong>il</strong> 6 %, per poi ridiscendere<br />
al 56%. Se si escludono gli ingressi nell’occupazione<br />
indipendente, la quota di assunti con rapporti a termine dalle<br />
imprese supera nettamente <strong>il</strong> 60% e raggiunge addirittura <strong>il</strong> 70%<br />
per i giovani.<br />
tabella 3.2. Occupati per condizione professionale. <strong>Toscana</strong>.<br />
A tempo indeterminato A termine Indipendente<br />
Non (b)<br />
Non (d)<br />
Non (f)<br />
tutti occupati - (a) tutti occupati - (c) tutti occupati - (e)<br />
(a) 1 anno (c) 1 anno (e) 1 anno<br />
prima (b)<br />
prima (d)<br />
prima (e)<br />
Tutti<br />
Tra 15 e 9 anni<br />
Oltre 9 anni<br />
2005<br />
59,4<br />
54,7<br />
60,4<br />
6,8<br />
1,3<br />
31,6<br />
-3 ,5<br />
-33,4<br />
- 8,8<br />
10,7<br />
5,5<br />
7,4<br />
46,4<br />
57,6<br />
36,6<br />
35,8<br />
3 ,1<br />
9,<br />
30,0<br />
19,7<br />
3 ,<br />
6,8<br />
1,1<br />
31,7<br />
-3,<br />
1,3<br />
-0,5<br />
Tutti<br />
Tra 15 e 9 anni<br />
Oltre 9 anni<br />
2006<br />
59,9<br />
5 ,5<br />
61,3<br />
3 ,3<br />
6,<br />
37,0<br />
- 7,6<br />
- 6,4<br />
- 4,4<br />
11,0<br />
30,7<br />
7,<br />
51,7<br />
61,6<br />
44,1<br />
40,7<br />
30,9<br />
36,9<br />
9,1<br />
16,8<br />
31,5<br />
16,0<br />
1 ,<br />
18,9<br />
-13,1<br />
-4,6<br />
-1 ,5<br />
Tutti<br />
Tra 15 e 9 anni<br />
Oltre 9 anni<br />
59,7<br />
50,<br />
61,5<br />
9,8<br />
5,3<br />
3 ,6<br />
- 9,9<br />
- 4,9<br />
- 8,9<br />
1 ,1<br />
31,1<br />
8,4<br />
43,1<br />
56,1<br />
35,0<br />
31,0<br />
5,0<br />
6,6<br />
8,3<br />
18,7<br />
30,1<br />
7,1<br />
18,6<br />
3 ,4<br />
-1,<br />
-0,1<br />
,3<br />
Fonte: elaborazione su dati ISTAT.<br />
Invece, la <strong>Toscana</strong> non presenta significative differenze dalle<br />
medie nazionali per quanto riguarda l’incidenza dei rapporti a<br />
termine sull’occupazione totale. Ne consegue che in <strong>Toscana</strong> è<br />
molto più forte che non a livello nazionale lo scarto tra <strong>il</strong> flusso<br />
dei nuovi assunti e lo stock degli occupati, come si può vedere<br />
dal confronto tra le colonne (d) - (c) delle tabelle 3.1 e 3. :<br />
le differenze ivi riportate osc<strong>il</strong>lano in Italia dai 3 ai 30 punti<br />
percentuali e in <strong>Toscana</strong> da 31 a quasi 41 punti percentuali. Ciò<br />
31
dovrebbe indicare che in <strong>Toscana</strong> gli ingressi nell’occupazione<br />
dipendente (per tutti, ma in particolare per i giovani) sono molto<br />
più spesso instab<strong>il</strong>i rispetto ai valori medi nazionali, ma che,<br />
in compenso, più alta è la frequenza di una loro trasformazione<br />
in posizioni stab<strong>il</strong>i sicché l’incidenza dei rapporti instab<strong>il</strong>i nel<br />
complesso diventa sim<strong>il</strong>e a quella che si r<strong>il</strong>eva a livello nazionale.<br />
Questa conclusione, tuttavia, va presa con prudenza, poiché<br />
occorre considerare la diversa dinamica storica dei due valori<br />
messi a confronto: l’incidenza dei rapporti a termine sul flusso<br />
dei nuovi impieghi è un dato annuo, che può variare velocemente,<br />
mentre quella sullo stock dell’occupazione varia molto<br />
più lentamente, perché è condizionata dal volume dei rapporti<br />
di lavoro a tempo indeterminato stipulati in un passato anche<br />
lontano. Quindi, se la <strong>Toscana</strong> avesse una maggiore “sedimentazione”<br />
di rapporti permanenti contratti in passato, la sua più<br />
elevata capacità di trasformare in stab<strong>il</strong>i un più alto flusso di<br />
ingressi instab<strong>il</strong>i andrebbe ridimensionata. Siccome, però, tale<br />
situazione è poco verosim<strong>il</strong>e, non resta che constatare come la<br />
<strong>Toscana</strong> attualmente si caratterizzi nel panorama italiano per<br />
una più diffusa instab<strong>il</strong>ità nell’ingresso al lavoro alle dipendenze,<br />
compensata da una maggior frequenza delle trasformazioni<br />
dei rapporti instab<strong>il</strong>i in stab<strong>il</strong>i. Solo <strong>il</strong> ricorso all’analisi dei<br />
dati amministrativi sulla posizione degli occupati di fonte Inps<br />
o Centri per l’impiego potrà confermare o smentire questa peculiarità<br />
della <strong>Toscana</strong> rispetto al contesto italiano.<br />
3.2. Le caratteristiche personali dei lavoratori instab<strong>il</strong>i<br />
Anche questa indagine mostra che i lavoratori flessib<strong>il</strong>i in<br />
<strong>Toscana</strong> presentano alcuni tratti personali che li caratterizzano:<br />
sono molto più spesso donne, giovani che vivono ancora con i<br />
genitori, mentre contraddittorio è <strong>il</strong> ruolo svolto dall’istruzione,<br />
poiché le posizioni instab<strong>il</strong>i sembrano più diffuse sia tra i meno<br />
che tra i più istruiti. L’analisi descrittiva che pone a confronto le<br />
caratteristiche dei lavoratori instab<strong>il</strong>i con quelle dei lavoratori<br />
stab<strong>il</strong>i tende a “tipizzare” le due figure, facendo emergere degli<br />
identikit delle persone che più probab<strong>il</strong>mente si trovano in una<br />
posizione lavorativa flessib<strong>il</strong>e o permanente. In questa analisi,<br />
le diverse caratteristiche sono considerate insieme, perché non<br />
è possib<strong>il</strong>e distinguerle. Ad esempio, poiché i giovani sono più<br />
istruiti degli adulti, non è possib<strong>il</strong>e distinguere se <strong>il</strong> rischio di<br />
lavorare in posizione instab<strong>il</strong>e dipenda dalla giovane età o piut-<br />
3
tosto dal più elevato livello di istruzione. Un approccio diverso<br />
tende, invece, a separare l’impatto dei diversi fattori, isolandolo<br />
da quello degli altri attraverso una particolare tecnica statistica,<br />
la regressione logistica multinominale.<br />
Per poter cogliere gli effetti di ognuna delle caratteristiche<br />
personali sul tipo di lavoro svolto al netto di quelli delle altre<br />
caratteristiche è, però, necessario vederli in modo relativo, cioè<br />
considerando contemporaneamente due termini di riferimento:<br />
una modalità della condizione di lavoro e una modalità per ogni<br />
caratteristica della persona presa in esame. Per quanto riguarda<br />
la modalità della condizione di lavoro (la nostra variab<strong>il</strong>e dipendente)<br />
è stato ovvio scegliere come termine di riferimento <strong>il</strong> lavoro<br />
dipendente a tempo indeterminato in modo da far emergere<br />
le caratteristiche di coloro che invece svolgono ognuna delle<br />
altre forme di lavoro, da quella a tempo determinato alle collaborazioni,<br />
dal lavoro imprenditoriale e professionale a quello in<br />
proprio (senza dipendenti) di carattere per lo più artigianale o<br />
commerciale. Per ognuna delle caratteristiche personali è stata<br />
scelta una modalità di riferimento: le femmine per <strong>il</strong> genere, la<br />
classe di età 55-64 anni per l’età, la condizione di “altro parente”<br />
per la posizione fam<strong>il</strong>iare e un titolo universitario per l’istruzione.<br />
Un simbolo negativo indica che una data modalità di una<br />
caratteristica del lavoratore ha minori probab<strong>il</strong>ità di essere presente<br />
rispetto alla duplice modalità di riferimento e un simbolo<br />
positivo, invece, una maggiore probab<strong>il</strong>ità, mentre <strong>il</strong> valore dei<br />
coefficienti indica l’intensità della probab<strong>il</strong>ità, negativa o positiva<br />
che sia.<br />
I risultati di questa analisi condotta sui dati dell’indagine<br />
continua Istat sulle forze di lavoro sono presentati nella tabella<br />
3.3 per la <strong>Toscana</strong> nel 004, nel 005 e nel 006 e nella tabella<br />
3.4 per l’Italia nel 005 e nel 006, per poter avere un termine di<br />
confronto.<br />
33
tabella 3.3. Modelli di probab<strong>il</strong>ità di avere un’occupazione diversa dal rapporto di lavoro<br />
dipendente a tempo indeterminato. <strong>Toscana</strong>.<br />
2004 tempo<br />
determinato<br />
34<br />
Collaboratori Imprenditori e<br />
professionisti<br />
In proprio<br />
e coadiuvanti<br />
Intercetta - 1,47 *** - 1,585 - 1,69 ** - 1,74 ***<br />
Genere Maschio - 0,558 *** - 0,56 + 0,7 9 *** + 0,435 ***<br />
Femmina 0,000 0,000 0,000 0,000<br />
Classi di età 15- 4 + 1,796 *** + 0,116 - 1,105 - 1,00 ***<br />
5-34 + 0,711 - 0,75 - 0,376 - 0,735 ***<br />
35-44 + 0,317 - 1,045 ** - 0,5 - 0,517 ***<br />
45-54 - 0, 78 - 1,678 *** - 0,7 *** - 0,717 ***<br />
55-64 0,000 0,000 0,000 0,000<br />
Posizione fam<strong>il</strong>iare Capofamiglia - 0,891 ** + 0, 3 + 0,837 - 0, 91<br />
Coniuge - 0,469 + 0, 15 + 0,4 6 - 0,030<br />
Figli - 0,0 6 + 0,918 + 0,193 - 0,304<br />
Altri parenti 0,000 0,000 0,000 0,000<br />
Istruzione Licenza elementare 0,0 0 - 0,950 - 1,648 *** + 1,669 ***<br />
Licenza media - 0,307 - 1,778 *** - ,009 *** + 1,590 ***<br />
Diploma e professionali - 0,396 - 0,995 *** - 0,989 *** + 1,050 ***<br />
Università 0,000 0,000 0,000 0,000<br />
Pseudo r-quadrato Numero casi 3.741<br />
Cox e Snell 0,176<br />
Nagelkerke 0,197<br />
McFadden 0,086<br />
* = significatività 10%, ** = significatività 5%, *** = significatività 1%.<br />
2005 tempo<br />
determinato<br />
Collaboratori Imprenditori e<br />
professionisti<br />
In proprio<br />
e coadiuvanti<br />
Intercetta - ,48 *** - 1,388 - 1,665 ** - ,188 ***<br />
Genere Maschio - 0,406 * - 0,447 + 0,847 *** + 0,4 8 ***<br />
Femmina 0,000 0,000 0,000 0,000<br />
Classi di età 15- 4 + ,671 *** + 0,777 - 1, 61 - 0,559<br />
5-34 + 1,179 *** - 0,36 - 0,704 * - 0,649 ***<br />
35-44 + 0,743 - 0,919 - 0,48 - 0,475 ***<br />
45-54 + 0,0 1 - 1,143 - 0,535 - 0,561 ***<br />
55-64 0,000 0,000 0,000 0,000<br />
Posizione fam<strong>il</strong>iare Capofamiglia - 0,170 - 0,689 + 0,6 - 0,183<br />
Coniuge + 0,104 - 1,005 + 0,5 7 - 0,016<br />
Figli + 0,3 7 - 0,138 + 0, 19 - 0, 11<br />
Altri parenti 0,000 0,000 0,000 0,000<br />
Istruzione Licenza elementare + 0,138 - 1,194 - 1,833 *** + , 31 ***<br />
Licenza media - 0,309 - 1,376 *** - ,456 *** + 1,814 ***<br />
Diploma e professionali - 0, 74 - 0,446 - 0,877 *** + 1,458 ***<br />
Università 0,000 0,000 0,000 0,000<br />
Pseudo r-quadrato Numero casi 3.483<br />
Cox e Snell 0,191<br />
Nagelkerke 0, 14<br />
McFadden 0,094<br />
* = significatività 10%, ** = significatività 5%, *** = significatività 1%.
tabella 3.3 segue<br />
2006 tempo<br />
determinato<br />
35<br />
Collaboratori Imprenditori e<br />
professionisti<br />
In proprio<br />
e coadiuvanti<br />
Intercetta - ,466 *** - ,309 *** - 1,188 *** - ,540 ***<br />
Genere Maschio - 0,574 *** - 0,358 + 1,0 6 *** + 0,498 ***<br />
Femmina 0,000 0,000 0,000 0,000<br />
Classi di età 15- 4 + ,196 *** + 0, 5 - 0,94 - 0,3 8<br />
5-34 + 0,879 *** + 0,0 1 - 0,76 *** - 0,430 ****<br />
35-44 + 0,135 - 0, 03 - 0,364 * - 0,533 ***<br />
45-54 - 0,1 8 - 1,493 *** - 0,408 * - 0,553 ***<br />
55-64 0,000 0,000 0,000 0,000<br />
Posizione fam<strong>il</strong>iare Capofamiglia + 0,355 - 0,1 9 - 0,140 0,091<br />
Coniuge + 0,439 - 0,070 - 0, 49 + 0, 13<br />
Figli + 0,904 ** + 0,347 - 0,759 * + 0,01<br />
Altri parenti 0,000 0,000 0,000 0,000<br />
Istruzione Licenza elementare + 0,396 - 1,375 * - 1,666 *** + ,107 ***<br />
Licenza media - 0,0 - 0,940 *** - 1,835 *** + 1,986 ***<br />
Diploma e professionali - 0,3 6 * - 0,565 ** - 0,893 *** + 1,311 ***<br />
Università 0,000 0,000 0,000 0,000<br />
Pseudo r-quadrato Numero casi 3.593<br />
Cox e Snell 0,190<br />
Nagelkerke 0, 1<br />
McFadden 0,093<br />
* = significatività 10%, ** = significatività 5%, *** = significatività 1%.<br />
tabella 3.4 Modelli di probab<strong>il</strong>ità di avere un’occupazione diversa dal rapporto<br />
di lavoro dipendente a tempo indeterminato. Italia.<br />
2005 tempo<br />
determinato<br />
Collaboratori Imprenditori e<br />
professionisti<br />
In proprio<br />
e coadiuvanti<br />
Intercetta - ,107 *** - 1,968 *** - 1,955 *** - ,311 ***<br />
Genere Maschio - 0,41 *** - 0,589 *** + 0,916 *** + 0,457 ***<br />
Femmina 0,000 0,000 0,000 0,000<br />
Classi di età 15- 4 + 1,979 *** + 0,330 - 1,771 *** - 1,018 ***<br />
5-34 + 1,00 *** - 0,10 - 0,554 *** - 0,570 ***<br />
35-44 + 0,61 *** - 0,59 *** - 0, 37 *** - 0,459 ***<br />
45-54 + 0,067 - 0,976 *** - 0,4 8 *** - 0,586 ***<br />
55-64 0,000 0,000 0,000 0,000<br />
Posizione fam<strong>il</strong>iare Capofamiglia - 0,335 *** - 0, 41 + 0,698 *** - 0,10<br />
Coniuge - 0,1 5 - 0,303 + 0,638 *** + 0,1 9<br />
Figli + 0, 4 * + 0,396 + 0,503 ** + 0,055<br />
Altri parenti 0,000 0,000 0,000 0,000<br />
Istruzione Licenza elementare + 0,705 *** - 1,198 *** - ,48 *** + 1,953 ***<br />
Licenza media - 0,335 *** - 1,54 *** - ,311 *** + 1,581 ***<br />
Diploma e professionali - 0,417 *** - 0,746 *** - 1, 61 *** + 1,157 ***<br />
Università 0,000 0,000 0,000 0,000<br />
Pseudo r-quadrato Numero casi 63.881<br />
Cox e Snell 0,163<br />
Nagelkerke 0,184<br />
McFadden 0,08<br />
* = significatività 10%, ** = significatività 5%, *** = significatività 1%.
tabella 3.4 segue<br />
2006 tempo<br />
determinato<br />
36<br />
Collaboratori Imprenditori e<br />
professionisti<br />
In proprio<br />
e coadiuvanti<br />
Intercetta - , 65 *** - ,0 8 *** - 1,955 *** - ,303 ***<br />
Genere Maschio - 0,437 *** - 0,539 *** + 0,887 *** + 0,489 ***<br />
Femmina 0,000 0,000 0,000 0,000<br />
Classi di età 15- 4 + ,116 *** + 0,383 *** - 1,610 *** - 0,776 ***<br />
5-34 + 1,045 *** + 0,067 - 0,5 5 *** - 0,467 ***<br />
35-44 + 0,6 9 *** - 0,613 *** - 0, 79 *** - 0,399 ***<br />
45-54 + 0,145 ** - 1,106 *** - 0,374 *** - 0,466 ***<br />
55-64 0,000 0,000 0,000 0,000<br />
Posizione fam<strong>il</strong>iare Capofamiglia - 0, 30 ** - 0, 11 + 0,670 *** - 0,107<br />
Coniuge - 0,015 - 0,086 + 0,5 4 *** + 0,1 8 *<br />
Figli + 0,380 *** + 0,459 ** + 0,46 ** + 0,016<br />
Altri parenti 0,000 0,000 0,000 0,000<br />
Istruzione Licenza elementare + 0,811 *** - 1, 50 *** - ,65 *** + 1,80 ***<br />
Licenza media - 0,1 7 *** - 1,447 *** - , 64 *** + 1,533 ***<br />
Diploma e professionali - 0,411 *** - 0,980 *** - 1,365 *** + 1,041 ***<br />
Università 0,000 0,000 0,000 0,000<br />
Pseudo r-quadrato Numero casi 6 .39<br />
Cox e Snell 0,163<br />
Nagelkerke 0,184<br />
McFadden 0,08<br />
* = significatività 10%, ** = significatività 5%, *** = significatività 1%.<br />
Fonte: elaborazioni su dati ISTAT.<br />
Per ogni tipo di occupazione diversa dal rapporto di lavoro<br />
dipendente a tempo indeterminato è quindi possib<strong>il</strong>e mettere in<br />
luce quali sono i maggiori fattori di rischio.<br />
a) rapporti di lavoro dipendente a tempo determinato (compresi<br />
quelli a fini formativi):<br />
• genere: <strong>il</strong> rischio di svolgere tali lavori è nettamente più<br />
alto per le donne;<br />
• età: <strong>il</strong> rischio decresce progressivamente al crescere dell’età;<br />
• posizione fam<strong>il</strong>iare: <strong>il</strong> rischio è nettamente meno elevato<br />
per i capifamiglia e più elevato per i figli;<br />
• istruzione: <strong>il</strong> rischio è nettamente più elevato per le persone<br />
meno istruite, ma discretamente più elevato anche per<br />
i più istruiti.<br />
b) rapporti di collaborazione (comprese le prestazioni occasionali):<br />
• genere: <strong>il</strong> rischio di avere tali rapporti è nettamente più<br />
elevato per le donne;<br />
• età: <strong>il</strong> rischio è nettamente più elevato per i più giovani,<br />
ma anche per chi ha più di 55 anni, ad indicare che potrebbe<br />
esservi anche una professionalizzazione di questa<br />
condizione;
• posizione fam<strong>il</strong>iare: <strong>il</strong> rischio è meno elevato per i capifamiglia<br />
e più elevato per i figli, ma la significatività della<br />
relazione è scarsa;<br />
• istruzione: <strong>il</strong> rischio cresce progressivamente al crescere<br />
del livello di istruzione. Fa eccezione la <strong>Toscana</strong> nel 004,<br />
ma anche in questo caso <strong>il</strong> rischio è di gran lunga più elevato<br />
per i più istruiti.<br />
c) imprenditori e professionisti:<br />
• genere: la probab<strong>il</strong>ità è nettamente più elevata per i maschi;<br />
• età: la probab<strong>il</strong>ità di essere imprenditori o professionisti è<br />
più elevata per gli ultra-trentacinquenni e soprattutto per<br />
gli ultra-cinquantacinquenni;<br />
• posizione fam<strong>il</strong>iare: la probab<strong>il</strong>ità è più elevata per i capifamiglia<br />
e in misura minore per i coniugi. Fa eccezione la<br />
<strong>Toscana</strong> nel 006, ma i coefficienti non sono significativi.<br />
• istruzione: la probab<strong>il</strong>ità è nettamente minore per i meno<br />
istruiti, ma in <strong>Toscana</strong> è significativamente superiore per<br />
chi ha la sola licenza elementare rispetto a chi ha la licenza<br />
media, ad indicare la persistenza di una fascia di imprenditori<br />
caratterizzata da uno scarso capitale umano.<br />
d) lavoratori in proprio e coadiuvanti:<br />
• genere: la probab<strong>il</strong>ità di essere lavoratori in proprio o coadiuvanti<br />
è nettamente più alta per i maschi, sia pur meno<br />
che per imprenditori e professionisti;<br />
• età: <strong>il</strong> rischio è più elevato per gli ultra-cinquantacinquenni<br />
e meno elevato per i più giovani;<br />
• posizione fam<strong>il</strong>iare: nessuna significativa differenza;<br />
• istruzione: <strong>il</strong> rischio decresce progressivamente al crescere<br />
del livello di istruzione.<br />
Il quadro che emerge non rivela fenomeni nuovi o inattesi,<br />
ma consente di mettere in luce i tratti che accomunano sia<br />
le posizioni di lavoro instab<strong>il</strong>e sia quelle indipendenti e i tratti<br />
che invece li distinguono. In particolare, si può sottolineare<br />
che i lavoratori flessib<strong>il</strong>i se tendono ad assomigliarsi per genere<br />
(femmin<strong>il</strong>e) e posizione fam<strong>il</strong>iare (figli), si distinguono in modo<br />
abbastanza netto per età (tra i collaboratori vi è una discreta<br />
presenza di ultra-cinquantenni) e soprattutto per livello di istruzione<br />
(i collaboratori tendono a esser molto più istruiti dei lavoratori<br />
a tempo determinato). Da questo punto di vista la <strong>Toscana</strong><br />
presenta un modello di probab<strong>il</strong>ità di svolgere lavori instab<strong>il</strong>i,<br />
così come indipendenti, del tutto sim<strong>il</strong>e a quello nazionale.<br />
37
3.3. transizione, intrappolamento ed effetto isteresi<br />
La questione decisiva per valutare i lavori flessib<strong>il</strong>i o instab<strong>il</strong>i<br />
è <strong>il</strong> ruolo svolto nella carriera lavorativa di chi li svolge: sono<br />
“trampolini” verso posizioni più sicure oppure “trappole” da cui<br />
non si riesce ad uscire se non verso la disoccupazione o l’inattività?<br />
Naturalmente la risposta può dipendere dalla prospettiva<br />
temporale presa in considerazione, perché si può pensare che<br />
per “transitare” verso una posizione stab<strong>il</strong>e occorra trascorrere<br />
un periodo di lavoro instab<strong>il</strong>e più o meno lungo. È perciò necessario<br />
adottare un approccio longitudinale al fine di r<strong>il</strong>evare la<br />
situazione dei lavoratori per molti anni. L’indagine presentata in<br />
questo volume è una delle poche che finora ha percorso questa<br />
(costosa) strada, con risultati di grande interesse. Prima di richiamarli,<br />
ponendoli a confronto con quelli di altre analisi, può<br />
essere ut<strong>il</strong>e presentare rapidamente gli esiti delle transizioni “a<br />
breve termine” quali è possib<strong>il</strong>e ora r<strong>il</strong>evare grazie alla nuova<br />
indagine continua Istat sulle forze di lavoro. Lo scopo è anche<br />
quello di “collocare” i processi di uscita dalle posizioni di lavoro<br />
flessib<strong>il</strong>i nel quadro generale dei processi di uscita da tutte le posizioni<br />
lavorative, anche per ricordare su quali basi si giustifica<br />
la contrapposizione tra lavori stab<strong>il</strong>i e instab<strong>il</strong>i.<br />
La tabella 3.5 presenta per la <strong>Toscana</strong> la distribuzione delle<br />
condizioni nel 004 e nel 005 di coloro che nell’anno precedente<br />
erano occupati secondo <strong>quale</strong> era la loro posizione. Per avere un<br />
termine di riferimento, nella tabella 3.6 è stata calcolata anche<br />
la transizione dal 004 al 005 per l’Italia. Accanto alla classica<br />
occupazione dipendente a tempo indeterminato, emergono altre<br />
due posizioni molto stab<strong>il</strong>i: gli imprenditori e i professionisti, e<br />
i lavoratori in proprio e i coadiuvanti. In tutti e tre questi casi<br />
la percentuale di permanenza da un anno all’altro nella stessa<br />
posizione osc<strong>il</strong>la dal 94% al 98%. Si conferma, quindi, quanto<br />
sia giustificata la decisione di includere i lavori realmente indipendenti<br />
tra quelli stab<strong>il</strong>i, anche se non sono altrettanto protetti<br />
sul piano giuridico e contrattuale di quelli dipendenti a tempo<br />
indeterminato 3 .<br />
3 Ma non bisogna dimenticare i vantaggi formali e informali del lavoro indipendente,<br />
dalla possib<strong>il</strong>ità di auto-gestire tempi e modi della prestazione lavorativa<br />
al reddito più elevato, raggiunto grazie anche alla diffusa elusione ed<br />
evasione fiscale.<br />
38
tabella 3.5. Transizioni degli occupati nell’arco di un anno. <strong>Toscana</strong>.<br />
Posizione Condizione nel 2004<br />
occupazionale nel 2003 A tempo<br />
indeterminato<br />
tempo<br />
determinato Collaboratori<br />
39<br />
Imprenditori<br />
e professionisti<br />
In proprio e<br />
coadiuvanti<br />
In cerca<br />
di lavoro<br />
Inattivi tOtALe<br />
A tempo indeterminato 94,2 0,9 0,3 0 0,5 1 3,1 100,0<br />
A termine 13,5 68,5 1, 0,3 3,4 7,3 5,7 100,0<br />
Collaboratori 10, 3,7 81,3 0 0 1,5 3,2 100,0<br />
Imprenditori e professionisti 1,4 0 0 95,4 ,3 0,5 0,4 100,0<br />
In proprio e coadiuvanti 0,7 0,3 0 0 94,7 1,3 ,9 100,0<br />
Posizione Condizione nel 2005<br />
occupazionale nel 2004 A tempo<br />
indeterminato<br />
tempo<br />
determinato Collaboratori<br />
Imprenditori<br />
e professionisti<br />
In proprio e<br />
coadiuvanti<br />
In cerca<br />
di lavoro<br />
Inattivi tOtALe<br />
Dipendente indeterminato 93,5 1,3 0,1 0 ,5 0,9 1,6 100,0<br />
Dipendente determinato 11,9 58,5 1,1 0,5 3,3 13,4 11, 100,0<br />
Collaboratore 3,8 11,9 68,0 3,7 0 4, 8,4 100,0<br />
Imprenditori e professionisti 0 0,3 0 98,0 1,3 0 0,4 100,0<br />
In proprio e coadiuvanti 0,3 0, 0,1 0 95,9 1,6 1,8 100,0<br />
Posizione Condizione nel 2006<br />
occupazionale nel 2005 A tempo<br />
indeterminato<br />
tempo<br />
determinato Collaboratori<br />
Imprenditori<br />
e professionisti<br />
In proprio e<br />
coadiuvanti<br />
In cerca<br />
di lavoro<br />
Inattivi tOtALe<br />
A tempo indeterminato 93,6 1,4 0,0 0,1 1,6 0,6 ,7 100,0<br />
A termine 17,8 66,3 3,6 0,3 3,9 4,0 4,0 100,0<br />
Collaboratori ,0 1,9 86,9 0,0 ,6 0,0 6,7 100,0<br />
Imprenditori e professionisti 1,0 0,0 0,5 94,6 1,9 0,3 1,7 100,0<br />
In proprio e coadiuvanti 0,7 0,1 0,4 ,1 92,8 1,3 ,7 100,0<br />
Fonte: elaborazioni su dati ISTAT.<br />
tabella 3.6. Transizioni degli occupati nell’arco di un anno. Italia.<br />
Posizione Condizione nel 2005<br />
occupazionale nel 2004 A tempo<br />
indeterminato<br />
tempo<br />
determinato Collaboratori<br />
Imprenditori<br />
e professionisti<br />
In proprio e<br />
coadiuvanti<br />
In cerca<br />
di lavoro<br />
Inattivi tOtALe<br />
Dipendente indeterminato 94,3 0,8 0,1 0,1 1,9 0,9 1,8 100,0<br />
Dipendente determinato 11,5 70,3 1,1 0, 1,9 7, 7,9 100,0<br />
Collaboratore 5,0 4,6 78,2 0,9 1,5 5, 4,6 100,0<br />
Imprenditori e professionisti 0,4 0,4 0,3 97,4 0,4 0,3 0,9 100,0<br />
In proprio e coadiuvanti 0,6 0,5 0,1 0,1 95,8 0,7 , 100,0<br />
Posizione Condizione nel 2006<br />
occupazionale nel 2005 A tempo<br />
indeterminato<br />
tempo<br />
determinato Collaboratori<br />
Imprenditori<br />
e professionisti<br />
In proprio e<br />
coadiuvanti<br />
In cerca<br />
di lavoro<br />
Inattivi tOtALe<br />
A tempo indeterminato 93,7 1, 0,1 0,3 1,1 1,0 ,7 100,0<br />
A termine 14,6 68,5 ,6 0,4 1,7 5,1 7,1 100,0<br />
Collaboratori 4,7 5,9 75,4 1,7 3,8 ,8 5,7 100,0<br />
Imprenditori e professionisti 0,6 0,4 0,4 94,4 ,6 0,4 1,1 100,0<br />
In proprio e coadiuvanti 1,0 0,4 0,1 1, 93,9 0,5 ,8 100,0<br />
Fonte: elaborazioni su dati ISTAT.
Invece, per i lavoratori a termine e i collaboratori 4 non soltanto<br />
le percentuali di permanenza nella stessa posizione sono<br />
nettamente inferiori (dal 60% all’80%), ma soprattutto molto<br />
più elevate sono le percentuali delle “uscite” dall’occupazione<br />
verso la disoccupazione ed anche l’inattività, benché la presenza<br />
di giovani sia molto maggiore, mentre le transizioni verso le posizioni<br />
stab<strong>il</strong>i, dipendenti o indipendenti, sono addirittura meno<br />
frequenti di quelle verso l’inoccupazione. Limitare <strong>il</strong> periodo<br />
considerato ad un solo anno porta a sovrastimare la criticità dell’instab<strong>il</strong>ità<br />
dei lavori flessib<strong>il</strong>i, perché nelle uscite verso l’inattività<br />
sono comprese quelle verso <strong>il</strong> ritorno allo studio a tempo<br />
pieno dei giovani e quelle delle donne che fanno lavori stagionali<br />
non tutti gli anni. Tuttavia, colpisce che, sia pure nell’arco di un<br />
solo anno, transitano verso posizioni stab<strong>il</strong>i nel caso migliore<br />
poco più del 15% dei lavoratori dipendenti a tempo determinato<br />
e del 10% dei collaboratori.<br />
In un’ottica congiunturale, la situazione dei lavoratori flessib<strong>il</strong>i<br />
in <strong>Toscana</strong> peggiora nettamente dal 004 al 005, poiché diminuiscono<br />
le uscite verso i lavori stab<strong>il</strong>i (dal 17, % al 15,7% per i lavoratori<br />
a tempo determinato e dal 10, % al 7,5% per i collaboratori)<br />
e aumentano quelle verso l’inoccupazione (dal 13% al 4,6% per<br />
i lavoratori a tempo determinato e dal 4,7% al 1 ,6% per i collaboratori).<br />
Tuttavia, dal 005 al 006, mentre la situazione dei<br />
collaboratori sembra peggiorare ulteriormente, soprattutto poiché<br />
cresce molto l’“intrappolamento” in tale posizione (sino a sfiorare<br />
l’87%), quella dei lavoratori a tempo determinato migliora, poiché<br />
le uscite verso i lavori stab<strong>il</strong>i aumentano nettamente (al %) e<br />
quelle verso l’inoccupazione crollano (all’8%). Infine, se poste a<br />
confronto con le medie nazionali, le possib<strong>il</strong>ità di transizione dei<br />
lavoratori flessib<strong>il</strong>i in <strong>Toscana</strong> che nel 005 erano peggiori soprattutto<br />
per i lavoratori a tempo determinato, nel 006 risultano migliori<br />
proprio per tale posizione lavorativa, mentre si aggrava anche<br />
in termini relativi la situazione dei collaboratori. Ciò sembra<br />
in contrasto almeno in parte con l’ipotesi che in <strong>Toscana</strong> siano più<br />
frequenti i passaggi da assunzioni instab<strong>il</strong>i ad occupazioni stab<strong>il</strong>i,<br />
di cui si è detto, ma occorre tener conto del troppo limitato periodo<br />
di tempo preso in considerazione.<br />
L’indagine longitudinale, invece, ha consentito di cogliere <strong>il</strong><br />
percorso dei lavoratori assunti con un rapporto di lavoro instab<strong>il</strong>e<br />
per un più lungo periodo di tempo, poiché li ha intervistati<br />
4 Tra i collaboratori sono inclusi qui anche i prestatori d’opera occasionale. Ciò<br />
spiega le (piccole) differenze con le elaborazioni presentate nella tabella .11.<br />
40
dapprima quattro anni dopo l’assunzione e poi dopo altri due<br />
anni. È stato così possib<strong>il</strong>e r<strong>il</strong>evare un fenomeno sim<strong>il</strong>e all’isteresi,<br />
ben noto agli studi sulla disoccupazione. Infatti, <strong>il</strong> tasso di<br />
stab<strong>il</strong>izzazione (cioè la percentuale di assunti con rapporti flessib<strong>il</strong>i<br />
che sono poi riusciti ad acquisire una posizione occupazionale<br />
stab<strong>il</strong>e, dipendente o indipendente), dopo aver raggiunto<br />
<strong>il</strong> 4 % in quattro anni, nei successivi due anni cresce ancora<br />
soltanto di 6 punti percentuali, raggiungendo <strong>il</strong> 48% nei sei anni<br />
complessivi del periodo analizzato dal momento dell’avviamento<br />
ad un rapporto instab<strong>il</strong>e. Un andamento sim<strong>il</strong>e è stato osservato<br />
in veneto per i lavoratori assunti con un contratto a tempo<br />
determinato: <strong>il</strong> loro tasso di occupazione con contratti a tempo<br />
indeterminato cresce rapidamente sino a sfiorare <strong>il</strong> 40% a tre<br />
anni di distanza, poi quasi si arresta (veneto Lavoro, 006).<br />
Dunque, la percentuale di lavoratori flessib<strong>il</strong>i che “stab<strong>il</strong>izzano”<br />
la propria condizione occupazionale non aumenta affatto<br />
in modo lineare con <strong>il</strong> passare del tempo: per chi non è riuscito<br />
a “stab<strong>il</strong>izzarsi” entro un certo numero di anni (tre-quattro, secondo<br />
queste prime indagini) le probab<strong>il</strong>ità di farcela successivamente<br />
si riducono drasticamente e crescono invece quelle<br />
di restar intrappolato nel “carosello” dei lavori precari o peggio<br />
ancora di “uscire” dalla condizione di occupato verso la disoccupazione<br />
o l’inattività.<br />
Per spiegare come per i disoccupati la probab<strong>il</strong>ità di trovare<br />
un lavoro dopo alcuni anni non cresce più e anzi diminuisce,<br />
creando una sacca di lungo-disoccupati molto diffic<strong>il</strong>mente occupab<strong>il</strong>i,<br />
si è fatto ricorso all’ipotesi dell’isteresi. Secondo tale<br />
ipotesi, sarebbe proprio la lunga durata dello stato di disoccupazione<br />
a ridurre le probab<strong>il</strong>ità di ritrovare un lavoro, da un<br />
lato perché una troppo lunga assenza dal lavoro rende obsolete<br />
le competenze acquisite, dall’altro perché la stessa lunga durata<br />
della disoccupazione costituisce un segnale negativo per l’impresa<br />
(se nessuno l’ha ancora assunto, perché devo farlo proprio<br />
io?) e riduce la possib<strong>il</strong>ità di ricorrere alle reti di relazioni sociali<br />
grazie alle quali nella maggior parte dei casi si trova un lavoro. A<br />
questa ipotesi se ne è contrapposta un’altra che sottolinea invece<br />
la grande diversità delle caratteristiche dei disoccupati, per cui<br />
quelli più “forti” per caratteristiche personali, professionali o<br />
sociali ritrovano prima un lavoro, mentre quelli più “deboli” fin<br />
dall’inizio non ce la fanno e cadono nella condizione di lungodisoccupati.<br />
La letteratura socio-economica su tale alternativa è<br />
molto ampia e le conclusioni differiscono a seconda del concreto<br />
caso studiato.<br />
41
Per vedere <strong>quale</strong> ipotesi si adatti meglio ai lavoratori instab<strong>il</strong>i<br />
occorrerebbe disporre di indagini longitudinali molto approfondite,<br />
tuttavia qualche osservazione sia teorica sia empirica offre<br />
interessanti spunti di riflessione. Innanzi tutto, l’ipotesi dell’obsolescenza<br />
delle competenze, la prima elaborata per sostenere<br />
l’isteresi, non regge perché i lavoratori instab<strong>il</strong>i sono occupati in<br />
attività che dal punto di vista del contenuto professionale non<br />
si distinguono da quelle svolte dai lavoratori stab<strong>il</strong>i. Anche l’obsolescenza<br />
delle relazioni sociali può riguardare soltanto quelle<br />
connesse alle reti fam<strong>il</strong>iari, le più usate per trovare <strong>il</strong> primo lavoro,<br />
ma non certo quelle che si stab<strong>il</strong>iscono nel mondo del lavoro,<br />
nel <strong>quale</strong> i lavoratori instab<strong>il</strong>i sono pienamente inseriti. Soltanto<br />
un curriculum eccessivamente pieno di rapporti di breve durata<br />
può costituire un segnale negativo, ma non certo per l’impresa<br />
che ha “sperimentato” <strong>il</strong> lavoratore avendolo impiegato a termine.<br />
Per contro, l’indagine longitudinale sulla <strong>Toscana</strong> sottolinea<br />
che le maggiori probab<strong>il</strong>ità di restare intrappolati sono connesse<br />
a caratteristiche personali del lavoratore: <strong>il</strong> genere femmin<strong>il</strong>e,<br />
<strong>il</strong> basso livello di istruzione, l’età non più giovane. Si potrebbe,<br />
quindi, pensare che l’arresto del tasso di stab<strong>il</strong>izzazione dopo<br />
alcuni anni non sia dovuto tanto a un fenomeno di isteresi nel<br />
lavoro instab<strong>il</strong>e, quanto piuttosto al fatto che i più “forti” sono<br />
ormai riusciti a trovare un’occupazione stab<strong>il</strong>e e quelli rimasti<br />
ancora instab<strong>il</strong>i sono i più “deboli”, che l’esperienza del lavoro<br />
flessib<strong>il</strong>e, spesso presso diversi datori di lavoro, non è riuscita a<br />
rafforzare sul piano professionale.<br />
Tuttavia, per giungere a conclusioni più fondate occorre tener<br />
conto sia del fatto che i rapporti di lavoro flessib<strong>il</strong>i non sono<br />
eguali, sia delle diverse opportunità che <strong>il</strong> mercato del lavoro<br />
offre. L’indagine longitudinale in <strong>Toscana</strong>, così come l’analisi di<br />
dati amministrativi in un’altra regione (veneto Lavoro, 006),<br />
conferma che l’esito dei contratti a fini formativi è molto migliore<br />
di quello dei normali rapporti a tempo determinato. Quindi,<br />
anche la diversa natura dei contratti flessib<strong>il</strong>i dovrebbe essere<br />
inserita come variab<strong>il</strong>e interveniente nell’analisi dell’insieme dei<br />
fattori che incidono sugli esiti occupazionali dei lavoratori flessib<strong>il</strong>i,<br />
ma ciò richiede di ampliare enormemente <strong>il</strong> numero di<br />
casi da prendere in esame nell’indagine.<br />
Infine, va sottolineato che l’indagine longitudinale introduce<br />
nell’analisi del destino dei lavoratori flessib<strong>il</strong>i un fattore troppo<br />
spesso dimenticato: la natura della domanda di lavoro. Da un<br />
lato, infatti, le differenze nel tasso di stab<strong>il</strong>izzazione risultano<br />
connesse anche alla struttura economica dei sistemi locali; dal-<br />
4
l’altro, per spiegare le difficoltà di stab<strong>il</strong>izzazione dei laureati<br />
si fa riferimento alla scarsissima domanda di laureati da parte<br />
delle imprese private e al blocco delle assunzioni nel pubblico<br />
impiego, che costringe soprattutto le amministrazioni locali a<br />
ricorrere anche per compiti ordinari alle varie forme di lavoro<br />
flessib<strong>il</strong>e, dai rapporti a tempo determinato (trimestrali e semestrali)<br />
alle collaborazioni, e all’appalto a società private o del terzo<br />
settore di interi servizi. L’importanza dei lavoratori instab<strong>il</strong>i<br />
nel settore pubblico è un fenomeno largamente trascurato, cui<br />
l’indagine presentata in questo volume dedica finalmente l’attenzione<br />
che merita.<br />
Le amministrazioni pubbliche risultano <strong>il</strong> peggior datore di<br />
lavoro flessib<strong>il</strong>e. Infatti i soggetti pubblici, anche se più spesso<br />
stipulano contratti di lunga durata, sono quelli più propensi a<br />
reiterare tali contratti con gli stessi lavoratori, ormai senza dare<br />
loro ragionevoli prospettive di stab<strong>il</strong>izzazione. Dopo molti anni<br />
di rapporti di lavoro instab<strong>il</strong>e, nel settore pubblico quasi nessun<br />
lavoratore ritiene che sarà assunto a tempo indeterminato<br />
allo scadere del contratto, mentre moltissimi pensano che sarà<br />
loro rinnovato ancora una volta <strong>il</strong> contratto a termine. Se fino<br />
a qualche anno fa un rapporto a termine era considerato la via<br />
migliore per poi partecipare con successo ad un concorso che<br />
assicurava un posto sicuro sino alla pensione, tra i precari della<br />
pubblica amministrazione, soprattutto tra quelli con un più alto<br />
livello di istruzione, si è ormai diffusa la sensazione di essere entrati<br />
in un tunnel senza sbocco, dal <strong>quale</strong> non è possib<strong>il</strong>e uscire<br />
anche perché <strong>il</strong> settore privato non offre prospettive adeguate<br />
alle loro competenze e aspirazioni professionali. Buona parte di<br />
una generazione di laureati entrati con entusiasmo nella pubblica<br />
amministrazione per svolgere i nuovi servizi di qualità, che<br />
è sempre più chiamata a fornire, vive ora una situazione di crescente<br />
frustrazione. Nell’affrontare la questione del lavoro flessib<strong>il</strong>e<br />
occorre tener conto anche di questo problema.<br />
3.4. Una flessib<strong>il</strong>ità sempre meno scelta e sempre più subita<br />
Più in generale l’approccio longitudinale consente all’indagine<br />
sui lavoratori flessib<strong>il</strong>i in <strong>Toscana</strong> di vedere come si modifica<br />
col passare del tempo la percezione dell’incertezza lavorativa.<br />
Dapprima, trascurando la dimensione diacronica, anche l’indagine<br />
risponde alla domanda se alcuni dei lavoratori flessib<strong>il</strong>i<br />
accettano uno scambio tra precarietà occupazionale e gratifi-<br />
43
cazione professionale facendo ricorso alla relazione che esiste<br />
tra l’attività svolta e le aspettative lavorative (Fullin, 004). Si<br />
può distinguere, infatti, chi ha aspettative di transizione da chi<br />
ha un percorso orientato. Alcuni svolgono occupazioni instab<strong>il</strong>i<br />
che non corrispondono alle proprie aspirazioni e mirano a trovare<br />
un impiego più adeguato, oltre che più sicuro; mentre altri<br />
apprezzano i contenuti del proprio lavoro e non intendono cambiare<br />
attività, anche se aspirano a svolgerla in forme più stab<strong>il</strong>i.<br />
Chi ha aspettative di transizione svolge un lavoro che non lo<br />
soddisfa e tende a non identificarsi in esso, cercando di posticipare<br />
o di costruire altrove la propria identità professionale e<br />
sociale. Chi ha un percorso orientato, invece, è soddisfatto della<br />
propria attività e spesso riesce a fondarvi la propria identità, a<br />
prescindere dall’instab<strong>il</strong>ità del rapporto.<br />
Tuttavia, dopo alcuni anni di instab<strong>il</strong>ità occupazionale, che<br />
rende diffic<strong>il</strong>e la progettazione della propria vita fam<strong>il</strong>iare e relazionale,<br />
anche per chi ha un percorso orientato viene meno la<br />
propensione ad accettare lo scambio tra instab<strong>il</strong>ità e qualità professionale<br />
del lavoro. Perciò, anche per costoro l’instab<strong>il</strong>ità occupazionale<br />
diventa fonte di frustrazione e insoddisfazione. Il caso<br />
più clamoroso è quello dei laureati che sono rimasti intrappolati<br />
nel carosello dei rapporti a termine con le amministrazioni pubbliche.<br />
rispetto alle prime ricerche sul “vissuto” dei lavoratori instab<strong>il</strong>i,<br />
condotte quando la diffusione del fenomeno era ancora<br />
agli inizi, la situazione è ormai mutata. Anche qualora la loro percentuale<br />
fosse relativamente bassa rispetto a quanti hanno avuto<br />
un’esperienza lavorativa flessib<strong>il</strong>e, gli intrappolati cominciano ad<br />
essere molti. E i loro orientamenti verso <strong>il</strong> lavoro non possono che<br />
diventare sempre più negativi, così come diventano sempre più<br />
critiche le loro prospettive personali, soprattutto per chi vive in<br />
famiglie ove non vi sono lavoratori stab<strong>il</strong>i, una condizione sempre<br />
meno rara con <strong>il</strong> passare del tempo e <strong>il</strong> crescere dell’età, come<br />
rivela ancora l’indagine longitudinale sui lavoratori instab<strong>il</strong>i di<br />
lunga durata. va, quindi, crescendo <strong>il</strong> rischio che si formi una fascia<br />
di lavoratori sui 35-40 anni, che non riescono a trovare alcun<br />
motivo di soddisfazione nel lavoro in cui sono intrappolati, non<br />
possono pensare di poter svolgere per i propri figli <strong>il</strong> ruolo che i<br />
genitori hanno svolto per loro e per di più cominciano a prendere<br />
consapevolezza del grave futuro previdenziale che li attende.<br />
Ben si comprende come i sentimenti di insicurezza si diffondano<br />
in Italia al di là di quanto farebbe supporre la percentuale di<br />
occupazione instab<strong>il</strong>e, che è ancora inferiore alla media europea<br />
(Accornero, 006b).<br />
44
PARte seCONdA<br />
Le indagini dirette
4.<br />
Il percorso di ricerca<br />
4.1. Il disegno della ricerca<br />
Come è stato da più parti evidenziato, i lavori flessib<strong>il</strong>i, caratterizzati<br />
da contratti atipici, rappresentano ad <strong>oggi</strong> un’importante<br />
componente dell’occupazione che riguarda non solo giovani,<br />
ma anche uomini e donne con credenziali e livelli educativi<br />
molto diversi tra di loro.<br />
Diviene per questo necessario cambiare la tradizionale prospettiva<br />
di analisi e considerare <strong>il</strong> lavoro come un flusso, invece<br />
che come una posizione, concentrando l’attenzione sulle traiettorie<br />
compiute sul mercato del lavoro da soggetti che lavorano<br />
con tipologie contrattuali flessib<strong>il</strong>i, per individuare quali siano<br />
le caratteristiche degli individui coinvolti (sesso, età, titolo di<br />
studio, ecc.), e dei loro percorsi (tipologia contrattuale di partenza,<br />
territori di appartenenza, ecc.), che rendono più probab<strong>il</strong>i<br />
esiti di professionalizzazione e di stab<strong>il</strong>izzazione nel lavoro<br />
dipendente o in quello autonomo e, al contrario, quali siano gli<br />
elementi di debolezza (scarsa scolarizzazione, formazione, ecc.)<br />
che possono favorire percorsi di precarizzazione.<br />
Obiettivo prioritario è stato quello di realizzare un’analisi<br />
delle seguenti variab<strong>il</strong>i: scelta volontaria versus scelta subita;<br />
prospettiva transitoria versus “to be trapped”. Ovvero, gli elementi<br />
di instab<strong>il</strong>ità insiti nella “società dei lavori” costituiscono una<br />
“mob<strong>il</strong>ità americana” attraverso i lavori, o una precarizzazione<br />
del lavoro? E, in ogni caso, sono <strong>il</strong> trade-off della maggiore qualità?<br />
Questi sono gli interrogativi che ci dobbiamo porre. Non si<br />
può pensare che passare da un impiego all’altro sia un’operazione<br />
priva di costi per tutti, basti pensare alla discontinuità delle<br />
carriere e alla bassa copertura previdenziale che sicuramente<br />
segnalano la necessità di dare al welfare un prof<strong>il</strong>o maggiormente<br />
a misura delle nuove tipologie lavorative.<br />
Al tempo stesso bisogna poter valutare anche le opportunità<br />
offerte dalla flessib<strong>il</strong>ità come la possib<strong>il</strong>ità di connettere i “lavori”<br />
al ciclo di vita, ai bisogni della famiglia, ai ritmi della comunità;<br />
l’estrema articolazione delle opzioni nel campo dei sistemi<br />
47
orari; la possib<strong>il</strong>ità di costruire prof<strong>il</strong>i nuovi dell’impiegab<strong>il</strong>ità<br />
attraverso i sistemi formativi.<br />
L’indagine che qui presentiamo si è proposta quindi di seguire<br />
nella loro carriera un gruppo di lavoratori “atipici” per cogliere<br />
gli esiti che rapporti lavorativi di tipo flessib<strong>il</strong>e hanno nel<br />
percorso di lavoro e nella vita dei lavoratori.<br />
A questo proposito, l’IrPET ha recentemente effettuato<br />
un’indagine diretta (Giovani, 005) su un campione di lavoratori<br />
appartenenti a sistemi economico locali ritenuti rappresentativi<br />
degli articolati sent<strong>ieri</strong> di sv<strong>il</strong>uppo della <strong>Toscana</strong>: Firenze<br />
(sistema urbano), Mugello (sistema turistico-industriale), Santa<br />
Croce (sistema industriale aperto/distretto), rosignano (sistema<br />
turistico) e Follonica (sistema turistico-rurale). Le circa duem<strong>il</strong>a<br />
unità oggetto dell’analisi, intervistate con metodo CATI nel Dicembre<br />
003/Gennaio 004, sono lavoratori che nell’anno 000<br />
risultavano avere avuto un avviamento al lavoro con una tipologia<br />
contrattuale instab<strong>il</strong>e.<br />
Prioritario obiettivo conoscitivo dell’indagine che presentiamo<br />
è stato quello di ricontattare, a distanza di due anni, gli<br />
stessi lavoratori per cogliere qual è la loro posizione nel mercato<br />
del lavoro, e se questa è scelta oppure subita. Lo scopo di questa<br />
r<strong>il</strong>evazione è dunque quello di seguire nel tempo i percorsi<br />
lavorativi di lavoratori atipici, distinti per settore di attività e<br />
sistema locale di appartenenza, per comprendere se le tipologie<br />
contrattuali flessib<strong>il</strong>i rappresentano un trampolino verso la stab<strong>il</strong>izzazione<br />
nel mercato del lavoro o un intrappolamento nella<br />
precarietà.<br />
Le 900 unità oggetto dell’analisi (Cfr. Allegato 1) sono state<br />
intervistate telefonicamente, con metodo CATI, nei primi mesi<br />
del 006. L’intervista (Cfr. Allegato ) è stata focalizzata su alcuni<br />
nodi tematici, in particolare sui percorsi della flessib<strong>il</strong>ità, gli<br />
esiti, i costi, le aspettative. Un’attenzione particolare è stata dedicata<br />
ai contenuti e alle condizioni di lavoro: tipologia dell’attività<br />
svolta, luoghi, tempi di lavoro, soddisfazione nei confronti<br />
di vari aspetti del lavoro.<br />
È stato, inoltre, indagato circa i possib<strong>il</strong>i rischi di precarizzazione,<br />
facendo riferimento alle tutele di welfare e ai bisogni<br />
espressi in termini di rappresentanza.<br />
48
4.2. Le caratteristiche degli intervistati<br />
vediamo in primo luogo quali sono le caratteristiche del<br />
campione, leggendole alla luce delle differenze tra i vari sistemi<br />
di riferimento, avendo l’obiettivo di comprendere, nella fase successiva<br />
di analisi, quali sono i punti di forza e di debolezza che<br />
possono influenzare in senso positivo o negativo i percorsi dei<br />
lavoratori flessib<strong>il</strong>i.<br />
Le donne rappresentano <strong>il</strong> 66% del campione. L’età degli intervistati<br />
è mediamente bassa (Tab. 4.1): <strong>il</strong> 54,5% ha al massimo<br />
35 anni; <strong>il</strong> 6% rientra nella classe che va dai 36 ai 45 e <strong>il</strong> 0% ha<br />
oltre 45 anni di età. Sono soprattutto le donne ad essere presenti<br />
nelle fasce di età più elevate (<strong>il</strong> 54% ha oltre 35 anni contro <strong>il</strong><br />
9,5% degli uomini).<br />
tabella 4.1. Classi di età per sesso. Valori %<br />
maschi Femmine tOtALe<br />
Fino a 4 anni 9,6 4,1 6,0<br />
5-35 60,8 4 , 48,5<br />
36-45 17,9 9,6 5,7<br />
Oltre 45 11,6 4,0 19,8<br />
TOTALE 100,0 100,0 100,0<br />
Come mostra la tabella 4. , <strong>il</strong> livello di scolarizzazione è prevalentemente<br />
medio-alto (5 % diplomati e 15% laureati); tra le<br />
donne <strong>il</strong> livello di scolarizzazione medio è più basso (<strong>il</strong> 37% non<br />
ha nessun titolo contro <strong>il</strong> 7% degli uomini).<br />
tabella 4.2. Livello di istruzione per sesso. Valori %<br />
maschi Femmine tOtALe<br />
Basso 6,9 37,1 33,7<br />
Medio 57,8 48,4 51,6<br />
Alto 15,3 14,5 14,8<br />
TOTALE 100,0 100,0 100,0<br />
Per quanto concerne <strong>il</strong> livello di istruzione (Tab. 4.3), come<br />
atteso, <strong>il</strong> sistema urbano di Firenze si caratterizza per <strong>il</strong> livello<br />
più elevato di scolarizzazione (78% ha un titolo di studio medioalto<br />
(contro <strong>il</strong> 66% della media campionaria); di cui i 1% è in<br />
possesso di laurea (contro <strong>il</strong> 15% del dato medio).<br />
49
tabella 4.3. Livello di istruzione per sistemi locali. Valori %<br />
Firenze mugello santa Croce<br />
Rosignano<br />
marittimo<br />
Follonica<br />
Basso 1,7 36,1 45,3 45,9 31,9<br />
Medio 57,5 47, 48,1 43,1 51,8<br />
Alto 0,7 16,7 6,6 11,0 16,3<br />
TOTALE 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0<br />
Legenda: Basso: nessun titolo; Medio: diploma; Alto: laurea<br />
Anche a Follonica, sistema turistico, si evidenzia un livello di<br />
scolarizzazione leggermente superiore alla media, (<strong>il</strong> 68% ha un<br />
titolo di studio medio alto).<br />
Nel Mugello <strong>il</strong> livello di istruzione è risultato solo leggermente<br />
più basso rispetto alla media (<strong>il</strong> 64% ha un titolo medio-alto);<br />
mentre a Santa Croce e rosignano si r<strong>il</strong>evano livelli di scolarizzazione<br />
molto più bassi rispetto alla media (in entrambi i casi<br />
una quota inferiore al 55% degli intervistati è in possesso di un<br />
titolo medio-alto).<br />
4.3. La condizione attuale<br />
La maggior parte degli intervistati risulta essere nella condizione<br />
di lavoratore (70%); è in cerca di occupazione l’11%, casalinga<br />
<strong>il</strong> 9%, studente <strong>il</strong> 7%, <strong>il</strong> rimanente è in altra condizione (in servizio<br />
di leva/civ<strong>il</strong>e, inab<strong>il</strong>e al lavoro, ritirato dal lavoro) (Tab. 4.4).<br />
tabella 4.4. Qual è attualmente la sua condizione professionale? Valori %<br />
maschi Femmine tOtALe<br />
Occupato 79,1 64,9 69,7<br />
In cerca di occupazione 9,6 11,4 10,8<br />
Casalinga 0,0 13,5 8,9<br />
Studente 9,0 6,6 7,4<br />
In servizio di leva o in servizio civ<strong>il</strong>e sostitutivo 0,3 0,0 0,1<br />
Lavoratore stagionale (al momento inoccupato) 1,0 1,5 1,4<br />
Tirocinante/corsista/stagista 0,7 0,7 0,7<br />
Altra condizione 0,0 0,9 0,6<br />
Cassa Integrazione Guadagni/In mob<strong>il</strong>ità 0,3 0,5 0,5<br />
TOTALE 100,0 100,0 100,0<br />
50
È soprattutto tra la componente masch<strong>il</strong>e che una quota più<br />
elevata di intervistati risulta occupata (79% contro <strong>il</strong> 65% della<br />
componente femmin<strong>il</strong>e). Le differenze tra la componente masch<strong>il</strong>e<br />
e quella femmin<strong>il</strong>e sono imputab<strong>il</strong>i soprattutto alla quota<br />
significativa di donne uscite dal mercato del lavoro come casalinghe<br />
(13,5%).<br />
Tra coloro che lavorano come dipendenti <strong>il</strong> 7 % ha un contratto<br />
a tempo indeterminato, <strong>il</strong> rimanente un contratto a termine.<br />
Tra i lavoratori flessib<strong>il</strong>i le tipologie contrattuali più ut<strong>il</strong>izzate<br />
sono <strong>il</strong> tempo determinato e le collaborazioni coordinate e<br />
continuative (entrambe più ut<strong>il</strong>izzate per la componente femmin<strong>il</strong>e);<br />
seguono quote marginali di lavoratori con contratti causa<br />
mista (formazione lavoro e apprendistato) che riguardano prevalentemente<br />
la componente masch<strong>il</strong>e (Tab. 4.5).<br />
tabella 4.5. Lavoratori dipendenti per tipologia contrattuale e genere. Valori %<br />
maschi Femmine tOtALe<br />
Dipendente a tempo indeterminato 74,0 70,6 71,8<br />
Dipendente a tempo determinato 15,0 18,6 17,3<br />
Contratto con agenzia di lavoro interinale 0,0 0,3 0,<br />
Collaborazione coordinata e continuativa/ Collab. a progetto 4,5 6,1 5,5<br />
Contratto di lavoro occasionale 0,0 1,4 0,9<br />
Contratto di formazione lavoro 0,5 0,0 0,<br />
Contratto di apprendistato ,5 0,6 1,3<br />
Lavoratore stagionale 0,5 1,7 1,3<br />
Altro 3,0 0,8 1,6<br />
TOTALE 100,0 100,0 100,0<br />
Il tipo di lavoro svolto (Tab. 4.6) per i maschi è prevalentemente<br />
di tipo operaio (55% contro <strong>il</strong> 34% della componente<br />
femmin<strong>il</strong>e); tra le donne si registrano percentuali più elevate di<br />
lavoro impiegatizio (44% contro <strong>il</strong> 7% dei maschi) e di commesse/cameriere/venditrici<br />
(17% contro <strong>il</strong> 10% degli uomini).<br />
Bassa la percentuale di coloro che occupano posizioni dirigenziali<br />
sia tra la componente masch<strong>il</strong>e (6%) e ancor più tra quella<br />
femmin<strong>il</strong>e (4%).<br />
51
tabella 4.6. Categoria professionale per genere. Valori %<br />
maschi Femmine tOtALe<br />
Professioni medio alte 5,7 4,0 4,6<br />
Impiegati 6,8 44, 38,0<br />
venditori, commessi 9,8 16,8 14,3<br />
Operai specializzati e non 55, 33,9 41,5<br />
Altro ,6 1,1 1,7<br />
TOTALE 100,0 100,0 100,0<br />
I lavoratori autonomi rappresentano <strong>il</strong> 9,5% del totale degli<br />
occupati e sono maggiormente rappresentati dalla componente<br />
masch<strong>il</strong>e (16% contro <strong>il</strong> 9,5% delle femmine).<br />
Tra le donne sono presenti soprattutto libero professioniste<br />
(5 % contro <strong>il</strong> 34% degli uomini); mentre tra la componente<br />
masch<strong>il</strong>e prevalgono i lavoratori in proprio, ovvero consulenti,<br />
assicuratori, rappresentanti (53% contro <strong>il</strong> 9%) (Tab. 4.7).<br />
tabella 4.7. Lavoratori autonomi per tipologia e genere. Valori %<br />
maschi Femmine tOtALe<br />
Imprenditore 13, 14,3 13,6<br />
Libero professionista 34, 5 ,4 40,7<br />
Lavoratore in proprio 5 ,6 8,6 44,1<br />
Coadiuvante nell’azienda di un fam<strong>il</strong>iare 0,0 4,8 1,7<br />
TOTALE 100,0 100,0 100,0<br />
Il settore di attività prevalente (Tab. 4.8), soprattutto per la<br />
componente femmin<strong>il</strong>e, è quello del terziario (8 % contro <strong>il</strong> 55%<br />
per gli uomini), nelle sue varie componenti. Tra gli uomini, al<br />
contrario, si registra una percentuale più elevata di quanti lavorano<br />
nell’industria (41% contro <strong>il</strong> 16,5% delle donne).<br />
5
tabella 4.8. Settore di attività per genere. Valori %<br />
53<br />
maschi Femmine tOtALe<br />
Agricoltura 4,1 1,7 ,6<br />
Attività manifatturiere e Costruzioni 41, 16,5 5,3<br />
Commercio 1 ,4 16,0 14,7<br />
Alberghi e ristoranti 4,6 10,8 8,6<br />
Servizi alle aziende 1,6 10,5 14,5<br />
Servizi alle persone 15,5 40,5 31,6<br />
Altro 0,5 4,0 ,8<br />
TOTALE 100,0 100,0 100,0<br />
Per quanto riguarda la distribuzione dei settori di attività nei<br />
sistemi locali (Tab. 4.9) si r<strong>il</strong>eva una particolare concentrazione<br />
del terziario nel sistema urbano di Firenze (complessivamente <strong>il</strong><br />
77%), dove le attività manifatturiere sono invece risultate meno<br />
r<strong>il</strong>evanti rispetto alla media campionaria ( 1% contro <strong>il</strong> 5%).<br />
Al contrario, nel distretto industriale di Santa Croce l’industria<br />
ha in assoluto <strong>il</strong> peso più r<strong>il</strong>evante (40%). Nel sistema turistico<br />
rurale di Follonica si riscontra, come atteso, una presenza superiore<br />
alla media nell’agricoltura (9% contro <strong>il</strong> 3%) e negli alberghi<br />
e ristoranti (11% contro <strong>il</strong> 9%), ma anche nell’industria ( 8%<br />
contro <strong>il</strong> 5%), presumib<strong>il</strong>mente anche in virtù della vicinanza<br />
del polo siderurgico di Piombino. Anche nel sistema turistico<br />
di rosignano Marittimo si r<strong>il</strong>eva una presenza superiore alla<br />
media di lavoro negli alberghi e ristoranti (15% contro <strong>il</strong> 9%)<br />
e nell’agricoltura (5% contro <strong>il</strong> 3%), mentre più bassa rispetto<br />
alla media campionaria la presenza nell’industria ( 3% contro<br />
<strong>il</strong> 5%) e nei servizi alle imprese (10% contro <strong>il</strong> 14,5%). Nel Mugello<br />
i settori di attività più r<strong>il</strong>evanti sono risultati i servizi alle<br />
persone ( 8%) e le attività manifatturiere ( 4%).
tabella 4.9. Settore di attività per sistema locale. Valori %<br />
Firenze mugello<br />
54<br />
santa<br />
Croce<br />
Rosignano<br />
marittimo<br />
Follonica<br />
Agricoltura 0,0 4,0 0,0 5,1 8,7<br />
Attività manifatturiere e Costruzioni 1,0 4,0 40,0 ,8 8,0<br />
Commercio 18,3 17,3 6, 13,9 13,0<br />
Alberghi e ristoranti 6,7 6,7 3,1 15, 10,6<br />
Servizi alle aziende 19,6 17,3 0,0 10,1 8,7<br />
Servizi alle persone 3 ,1 8,0 4,6 30,4 8,6<br />
Altro , ,7 6, ,5 ,5<br />
TOTALE 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0<br />
La numerosità media degli addetti delle aziende è bassa<br />
(Tab. 4.10): <strong>il</strong> 38% lavora infatti in aziende con al massimo 10<br />
addetti; <strong>il</strong> 8% in aziende tra 11 e 49 addetti e <strong>il</strong> 33% in aziende<br />
dai 50 addetti in su. È soprattutto tra la componente femmin<strong>il</strong>e<br />
che prevale la quota di coloro che lavorano in aziende di piccolissima<br />
dimensione (<strong>il</strong> 44% lavora in aziende con al massimo 10<br />
addetti contro <strong>il</strong> 9% degli uomini).<br />
tabella 4.10. Numero di addetti azienda attuale. Valori %<br />
maschi Femmine tOtALe<br />
Fino a 10 addetti 9,4 44,1 38,4<br />
Da 11 a 15 addetti 1 ,4 11,5 11,8<br />
Da 16 a 19 addetti ,4 7,4 5,5<br />
Da 0 a 49 addetti 17,1 7,4 11,1<br />
Da 50 a 00 addetti 15,9 13,0 14,1<br />
Oltre 00 addetti 0,6 10,7 14,5<br />
Non so/non risponde ,4 5,9 4,5<br />
TOTALE 100,0 100,0 100,0
5.<br />
I percorsi della flessib<strong>il</strong>ità<br />
5.1. Flessib<strong>il</strong>ità del lavoro: scelta o costrizione?<br />
Nell’analisi dei percorsi lavorativi intrapresi da soggetti con<br />
occupazioni instab<strong>il</strong>i è fondamentale la comprensione delle motivazioni<br />
per cui è stato scelto, o subito, un lavoro con modalità<br />
contrattuali “a termine”. A questo proposito, è stata tracciata<br />
una distinzione tra i percorsi scelti – tipici di soggetti per cui la<br />
flessib<strong>il</strong>ità è un modo di lavorare che consente maggiore autonomia,<br />
più flessib<strong>il</strong>ità degli orari, un’opportunità di fare un’esperienza<br />
formativa, oppure un modo per svolgere <strong>il</strong> lavoro desiderato<br />
– e i percorsi subiti – caratteristici di persone che aspirano a<br />
un lavoro stab<strong>il</strong>e e non lo hanno trovato.<br />
Innanzitutto, degno di r<strong>il</strong>ievo, che la stragrande maggioranza<br />
dei nostri intervistati, appartenga alla categoria di coloro che<br />
lavorano con tali tipologie contrattuali perché non hanno avuto<br />
altra scelta (8 %). Il confronto con l’indagine precedente (Giovani,<br />
005), in cui agli intervistati veniva domandato qual era<br />
stata la motivazione che, negli anni 000 e 004 li aveva indotti<br />
a lavorare con una tipologia contrattuale instab<strong>il</strong>e, mostra in<br />
modo evidente come la flessib<strong>il</strong>ità sia stata maggiormente scelta<br />
in una fase iniziale del percorso lavorativo e sia sempre più<br />
subita da coloro che, trascorsi alcuni anni, permangono ancora<br />
in tale condizione: al 000 dichiarava di non avere avuto altra<br />
possib<strong>il</strong>ità <strong>il</strong> 54% degli intervistati e al 004 <strong>il</strong> 61%.<br />
È soprattutto la componente femmin<strong>il</strong>e a dichiarare di avere<br />
subito un percorso lavorativo flessib<strong>il</strong>e (84,5% contro <strong>il</strong> 76%)<br />
evidenziando come <strong>il</strong> mercato del lavoro offra al genere femmin<strong>il</strong>e<br />
inferiori opportunità di impiego stab<strong>il</strong>e (Graf. 5.1). Tale fenomeno<br />
non deve necessariamente essere interpretato negativamente<br />
– specie se lo si confronta con le uscite definitive dal lavoro<br />
o le lunghe interruzioni che hanno caratterizzato le carriere<br />
femmin<strong>il</strong>i delle generazioni precedenti – ma piuttosto come uno<br />
strumento per mantenere nel tempo <strong>il</strong> capitale umano di donne<br />
55
in particolari fasi del ciclo di vita legate ad esigenze di cura della<br />
famiglia (figli piccoli, anziani, ecc.). Ovviamente, esiste anche <strong>il</strong><br />
rovescio della medaglia, che rimanda a percorsi femmin<strong>il</strong>i fatti<br />
di “lavoretti” con contratti a termine, senza protezione in caso<br />
di malattia e senza contributi pensionistici che, in presenza di<br />
coniugi/conviventi breadwinner, in possesso di lavori più stab<strong>il</strong>i<br />
e redditizi, possono anche risultare adeguati, ma al tempo stesso<br />
essere particolarmente rischiosi data la crescente instab<strong>il</strong>ità<br />
dei legami fam<strong>il</strong>iari. Inoltre, le accresciute possib<strong>il</strong>ità di potere<br />
stipulare contratti di lavoro “non standard” può divenire per le<br />
imprese un incentivo a non assumere stab<strong>il</strong>mente, soprattutto<br />
donne, per non dovere sostenere l’eventuale peso di future maternità<br />
e assenze per cause fam<strong>il</strong>iari (Saraceno, 00 ).<br />
Tra l’esigua minoranza di coloro che dichiarano di avere scelto<br />
la flessib<strong>il</strong>ità (18%), le motivazioni più segnalate sono risultate<br />
essere di tipo strumentale: “perché era l’unico modo di svolgere <strong>il</strong><br />
lavoro desiderato” (44%); “per integrare <strong>il</strong> reddito fam<strong>il</strong>iare” ( 0%);<br />
“per la flessib<strong>il</strong>ità degli orari” (1 %); “per fare un’esperienza formativa”<br />
(8%).<br />
Il fatto che la domanda di autonomia e di individualizzazione<br />
del rapporto di lavoro proveniente dai lavoratori stessi non<br />
sia stata r<strong>il</strong>evante ( 8%) non deve sorprendere più di tanto, in<br />
quanto i lavori di cui si parla, che abbiamo visto essere rappresentativi<br />
della gran parte dei lavori flessib<strong>il</strong>i, sono in realtà atipici,<br />
nel senso di “non standard”, non tanto nel contenuto, quanto<br />
nelle modalità contrattuali. Sono infatti lavori che complessivamente<br />
si svolgono con modalità non troppo dissim<strong>il</strong>i tra lavoratori<br />
stab<strong>il</strong>i e flessib<strong>il</strong>i, come orari rigidi, mansioni ben definite,<br />
ecc. (cfr. Cap. 6).<br />
Grafico 5.1. È stata una sua scelta lavorare con forme contrattuali a termine? Valori %<br />
56
È ovvio quindi ipotizzare che, per coloro che non sono orientati<br />
verso lavori di tipo dipendente, la vera alternativa possa essere<br />
rappresentata dal lavoro autonomo tout court (Saraceno,<br />
00 ) oppure, in alcuni casi, dalle collaborazioni coordinate e<br />
continuative, tipologia contrattuale formalmente al confine tra<br />
l’autonomia e l’indipendenza, che però, coma mostra anche la<br />
nostra indagine, spesso si svolgono in realtà con modalità del<br />
tutto identiche a quelle dei lavoratori standard.<br />
Osservando i dati disaggregati per genere (Graf. 5. ), tra le<br />
donne si r<strong>il</strong>eva una percentuale più r<strong>il</strong>evante di percorsi finalizzati<br />
all’autonomia e flessib<strong>il</strong>ità degli orari, mettendo in luce<br />
come modalità lavorative flessib<strong>il</strong>i possano rappresentare, soprattutto<br />
per <strong>il</strong> genere femmin<strong>il</strong>e, uno strumento per conc<strong>il</strong>iare<br />
tempi di vita e di lavoro.<br />
Grafico 5.2. Perché ha scelto di lavorare con forme contrattuali flessib<strong>il</strong>i? (risposta multipla).<br />
Valori %<br />
I dati disaggregati per livelli di scolarizzazione (Graf. 5.3)<br />
evidenziano come <strong>il</strong> fatto di lavorare con contratti atipici divenga<br />
sempre più strumentale con <strong>il</strong> crescere del titolo di studio,<br />
sia per la componente masch<strong>il</strong>e che per quella femmin<strong>il</strong>e. Per i<br />
laureati e i diplomati sono infatti molto più elevate le quote di<br />
coloro che dichiarano di non avere avuto altra scelta (rispettivamente<br />
86,5% e 83% contro <strong>il</strong> 76% dei senza titolo). Le particolari<br />
difficoltà che incontrano coloro che sono dotati di più alti livelli<br />
di scolarizzazione all’interno del nostro sistema economico re-<br />
57
gionale sono notoriamente legate alla domanda di un sistema<br />
produttivo di piccola e piccolissima impresa non in grado di assorbire<br />
l’offerta di lavoro proveniente dai laureati e diplomati<br />
dando luogo a livelli particolarmente elevati di job-mismatches<br />
che segnalano un’allocazione inefficiente e un sottout<strong>il</strong>izzo del<br />
patrimonio umano 5 .<br />
Grafico 5.3. Non hanno scelto di lavorare con forme contrattuali flessib<strong>il</strong>i per livello di<br />
scolarizzazione. Valori%<br />
Tali difficoltà sono evidenziate anche da coloro che dichiarano<br />
di lavorare con forme contrattuali non stab<strong>il</strong>i per scelta: tra le<br />
motivazioni dei laureati emerge infatti una quota più significativa<br />
di quanti dichiarano che in realtà la flessib<strong>il</strong>ità è stata l’unico<br />
modo per poter svolgere <strong>il</strong> lavoro desiderato (75% contro <strong>il</strong> 4 %<br />
dei diplomati e <strong>il</strong> 33% dei senza titolo).<br />
5 I dati Excelsior, che attraverso indagini svolte dalle CCIAA forniscono le previsioni<br />
di assunzione per le aziende toscane del settore privato, evidenziano,<br />
a proposito, la scarsa domanda di laureati proveniente dal sistema produttivo<br />
regionale. Fatto 100 <strong>il</strong> totale di manodopera richiesta, la domanda di laureati è<br />
pari al 7%, a fronte di quote più significative di altre regioni come <strong>il</strong> Lazio e la<br />
Lombardia (14%), e scarti significativi anche con Piemonte ed Em<strong>il</strong>ia romagna<br />
(10%) e, in generale, un valore nazionale del 9%.<br />
58
5.2. I percorsi dei lavoratori temporanei 6<br />
Nel presente paragrafo esamineremo quali sono stati i percorsi<br />
dei lavoratori intervistati a partire dall’anno 000.<br />
Tra coloro che al 000 risultavano instab<strong>il</strong>i, nel 006 si è stab<strong>il</strong>izzato<br />
<strong>il</strong> 48% degli intervistati (41% con un contratto a tempo<br />
indeterminato e <strong>il</strong> 7% come lavoratore autonomo); <strong>il</strong> 0% è ancora<br />
flessib<strong>il</strong>e; <strong>il</strong> 14% è in cerca di lavoro; <strong>il</strong> 18% è uscito dalle<br />
forze di lavoro (<strong>il</strong> 9 % come studente e <strong>il</strong> 9% come casalinga)<br />
(Graf. 5.4).<br />
Grafico 5.4. Flessib<strong>il</strong>i al 2000 per condizione attuale. Valori %<br />
rispetto all’indagine del 004 7 dove, a distanza di quattro<br />
anni da un avviamento al lavoro instab<strong>il</strong>e, avevamo r<strong>il</strong>evato un<br />
tasso di stab<strong>il</strong>izzazione complessivo del 41% abbiamo un incremento<br />
di trasformazioni a tempo indeterminato e/o autonomo<br />
di 7 punti percentuali – <strong>il</strong> che significa un incremento medio<br />
annuo di 3,5 punti, decisamente inferiore al periodo precedente<br />
(oltre 10 punti medi annui) – e una percentuale più elevata di<br />
transizioni verso la disoccupazione (+3 punti).<br />
6 In questo paragrafo sono esclusi dall’analisi tutti coloro che, nel campione iniziale,<br />
risultavano al 000 aver un contratto a tempo indeterminato part-time, in<br />
quanto oggetto dell’analisi è in questo caso l’instab<strong>il</strong>ità del lavoro e gli effetti di<br />
quest’ultima a distanza di 4 e 6 anni. Per lo stesso motivo sono stati esclusi tutti<br />
coloro che sono risultati inab<strong>il</strong>i al lavoro (3 individui) e pensionati (9) al 006.<br />
7 Nell’indagine precedente (Giovani, 005), a distanza di quattro anni da un<br />
avviamento con tipologia contrattuale instab<strong>il</strong>e, risultava essersi stab<strong>il</strong>izzato<br />
<strong>il</strong> 41% degli intervistati (<strong>il</strong> 36% degli intervistati con un contratto a tempo indeterminato<br />
e <strong>il</strong> 5% con un’attività di tipo autonomo; <strong>il</strong> 4% risultava ancora<br />
flessib<strong>il</strong>e; l’11% era in cerca di lavoro; <strong>il</strong> 0,5% risultava uscito dalle forze di<br />
lavoro.<br />
59
Presumib<strong>il</strong>mente la causa di questa battuta di arresto<br />
va ricercata, in periodi di permanenza troppo lunghi in una<br />
condizione lavorativa instab<strong>il</strong>e (mediamente 6 anni), che<br />
hanno un’elevata probab<strong>il</strong>ità di avere come esito un “intrappolamento”<br />
in carriere lavorative discontinue, interrotte e<br />
instab<strong>il</strong>i (Barb<strong>ieri</strong>, Fullin, reyneri, 005), come confermato<br />
anche dalla crescita di sequenze occupazionali di tipo “job<br />
carousel”, caratterizzate dal susseguirsi di diverse esperienze<br />
di lavoro e non lavoro, condizione ulteriormente aggravata<br />
da una fase economica sicuramente non positiva.<br />
Come mostra <strong>il</strong> grafico 5.5, la componente femmin<strong>il</strong>e è risultata<br />
complessivamente svantaggiata rispetto a quella masch<strong>il</strong>e<br />
sia nei percorsi di stab<strong>il</strong>izzazione verso un lavoro dipendente<br />
(solo <strong>il</strong> 38% ha ad <strong>oggi</strong> un rapporto di lavoro a tempo indeterminato<br />
contro <strong>il</strong> 49% degli uomini) che autonomo (<strong>il</strong> 4% contro<br />
<strong>il</strong> 1 %). Inoltre, una quota più elevata di donne è alla ricerca di<br />
lavoro (<strong>il</strong> 15% contro l’11% degli uomini), e <strong>il</strong> 14% è uscita dalle<br />
forze di lavoro come casalinga.<br />
Grafico 5.5. Flessib<strong>il</strong>i al 2000 per condizione attuale e genere. Valori %<br />
I percorsi di transizione per età (Graf. 5.6) mostrano come<br />
sia più probab<strong>il</strong>e rimanere intrappolati in percorsi precari per<br />
gli ultra 35enni: tra <strong>il</strong> 000 e <strong>il</strong> 006 risultano infatti stab<strong>il</strong>izzati<br />
con un lavoro dipendente o autonomo <strong>il</strong> 44% degli over 35enni<br />
contro <strong>il</strong> 5 % dei più giovani; tra gli adulti sono inoltre molto<br />
più significative le quote di coloro che sono caduti nella disoccupazione<br />
(18% contro <strong>il</strong> 10,5% dei più giovani) e di uscite dal<br />
mercato del lavoro (18,5% di casalinghe contro <strong>il</strong> % della fascia<br />
di età dei più giovani). Sono soprattutto le donne adulte a sperimentare<br />
i tassi più bassi di stab<strong>il</strong>izzazione (38%), le più elevate<br />
probab<strong>il</strong>ità di uscita dal mercato del lavoro ( 5% come casalinga)<br />
e di disoccupazione (18%).<br />
60
Grafico 5.6. Flessib<strong>il</strong>i al 2000 per condizione attuale e per età. Valori %<br />
venendo poi al legame esistente tra livello di istruzione ed<br />
esiti di stab<strong>il</strong>izzazione (Graf. 5.7) si evidenzia come al femmin<strong>il</strong>e<br />
<strong>il</strong> valore dell’istruzione sia lineare: al più alto livello di istruzione<br />
corrisponde la più alta probab<strong>il</strong>ità di stab<strong>il</strong>izzazione (46%) dovuta<br />
in particolare alle più elevate probab<strong>il</strong>ità di sperimentare<br />
lavori in proprio (9,5% contro <strong>il</strong> 3% delle diplomate e l’1% delle<br />
senza titolo).<br />
Grafico 5.7. Flessib<strong>il</strong>i al 2000 per condizione attuale e per livello di scolarizzazione. Valori %<br />
Tale probab<strong>il</strong>ità decresce per le diplomate (44%) e per i soggetti<br />
con bassa istruzione (37%). Queste ultime hanno le probab<strong>il</strong>ità<br />
più elevate di trovarsi in uno stato di inoccupazione: come<br />
casalinghe ( 7%) o come disoccupate (18%) evidenziando come<br />
per donne con bassa istruzione, impiegate in lavori di bassa qua-<br />
61
lifica, sia più fac<strong>il</strong>e che la flessib<strong>il</strong>ità si coniughi con percorsi<br />
lavorativi di tipo “job carousel”. Le laureate sono invece coloro<br />
che hanno un minor rischio di cadere nella disoccupazione e di<br />
uscire dalle forze di lavoro, ma anche le probab<strong>il</strong>ità più alte di<br />
permanere nella flessib<strong>il</strong>ità (36,5% contro <strong>il</strong> 16,5% delle diplomate<br />
e <strong>il</strong> 19% delle senza titolo).<br />
Per i maschi la relazione è esattamente opposta: ai titoli più<br />
bassi corrispondono i più elevati tassi di stab<strong>il</strong>izzazione, mentre<br />
i laureati sperimentano i livelli più bassi. vediamo perché.<br />
I maschi dal livello di scolarizzazione basso sono più stab<strong>il</strong>izzati<br />
(68,5% contro <strong>il</strong> 63% dei diplomati e <strong>il</strong> 37% dei laureati), ma<br />
bisogna ricordare che hanno un’età media più elevata 8 e quindi<br />
da più tempo permangono nel mercato del lavoro. In questo senso<br />
un ruolo importante è stato svolto anche dal lavoro autonomo,<br />
in quanto in questo gruppo troviamo in assoluto la quota più elevata<br />
di coloro che si sono messi in proprio (16% contro <strong>il</strong> 10% dei<br />
diplomati e <strong>il</strong> 9,5% dei laureati). I maschi non scolarizzati sono<br />
anche coloro che sperimentano le maggiori probab<strong>il</strong>ità di cadere<br />
nella disoccupazione (18% contro <strong>il</strong> 7% dei diplomati e <strong>il</strong> 14% dei<br />
laureati) a conferma di quanto percorsi a rischio possano verificarsi<br />
soprattutto per figure di basso prof<strong>il</strong>o.<br />
Il risultato legato agli alti livelli di istruzione, che vede i<br />
maschi laureati stab<strong>il</strong>izzarsi meno degli altri e permanere più<br />
a lungo nella flessib<strong>il</strong>ità ( 6% è ancora flessib<strong>il</strong>e contro <strong>il</strong> 18%<br />
dei diplomati e <strong>il</strong> 14% dei senza titolo), che a prima vista può<br />
apparire controintuitivo, in realtà si inquadra pienamente nelle<br />
dinamiche occupazionali della forza lavoro istruita, che vede<br />
i laureati sperimentare performance lavorative ascendenti nel<br />
tempo e premianti nel lungo periodo, a partire però da livelli<br />
iniziali anche inferiori a quelli dei soggetti meno istruiti.<br />
Occorre a tal riguardo interrogarsi, infatti, da cosa dipenda<br />
la maggiore permanenza dei laureati e delle laureate nella flessib<strong>il</strong>ità.<br />
Un aspetto che si lega a quanto appena ricordato può<br />
dipendere, innanzi tutto, dall’età dei laureati che nel campione<br />
da noi analizzato sono caratterizzati da un’età media piuttosto<br />
bassa e quindi una bassa anzianità lavorativa che risulta spesa<br />
8 I maschi senza titolo hanno un’età media di 37 anni contro 30 dei diplomati e<br />
33 dei laureati. Anche le donne senza titolo hanno un’età più elevata rispetto<br />
alle altre (4 anni contro 34 delle diplomate e delle laureate). In questo caso la<br />
relazione è però diversa perché la donna, scarsamente scolarizzata e non più<br />
giovane, tende maggiormente ad uscire dal mercato del lavoro come casalinga.<br />
6
prevalentemente nell’ambito del lavoro flessib<strong>il</strong>e 9 . Ma la permanenza<br />
nella flessib<strong>il</strong>ità può anche dipendere dalla volontà del<br />
lavoratore in possesso di un elevato livello di istruzione: si permane<br />
nell’ambito dei lavori flessib<strong>il</strong>i per accumulare esperienze<br />
in attesa di trovare <strong>il</strong> lavoro desiderato, magari coerente con <strong>il</strong><br />
livello di istruzione posseduto (Mele, 005b). Una volta conseguito<br />
un dato livello di istruzione e quindi una volta formata una<br />
data aspirazione professionale, non basta trovare un’occupazione,<br />
ma occorre che questa sia coincidente con quella desiderata<br />
e quindi coerente con <strong>il</strong> livello di istruzione. In questo senso,<br />
quindi, la flessib<strong>il</strong>ità permette a tali soggetti di ut<strong>il</strong>izzare modalità<br />
contrattuali che consentono loro di accumulare esperienze<br />
professionali nell’attesa di trovare <strong>il</strong> lavoro “scelto” 10 .<br />
Una volta esaminata l’influenza delle caratteristiche individuali<br />
sui percorsi di transizione andiamo a verificare l’influenza<br />
di variab<strong>il</strong>i attinenti <strong>il</strong> tipo di attività svolto.<br />
Per quanto riguarda le tipologie contrattuali di partenza<br />
(Graf. 5.8) è soprattutto la causa mista (formazione lavoro e apprendistato),<br />
da sempre principale canale di ingresso dei giovani<br />
nel mercato del lavoro, che ha avuto i migliori esiti dal punto<br />
di vista della stab<strong>il</strong>izzazione, sia nel lavoro dipendente a tempo<br />
indeterminato (<strong>il</strong> 50% contro <strong>il</strong> 39% di coloro che al 000 avevano<br />
un contratto a tempo determinato), sia dal punto di vista dei<br />
percorsi di tipo autonomo (l’8% ha un’attività in proprio contro<br />
<strong>il</strong> 6% del tempo determinato). È in cerca di lavoro <strong>il</strong> 10% di chi<br />
aveva un contratto di questo tipo al 000 (contro <strong>il</strong> 15% dei tempo<br />
determinato).<br />
Particolarmente svantaggiata la situazione di chi risultava<br />
avviato con un part-time flessib<strong>il</strong>e che registra la più bassa percentuale<br />
di stab<strong>il</strong>izzazione nel lavoro dipendente (15%), la quota<br />
più elevata di coloro che permangono nella flessib<strong>il</strong>ità (38,5%<br />
9 Come abbiamo visto nella nota precedente i laureati hanno un’anzianità molto<br />
più bassa rispetto ai senza titolo ma uguale (nel caso della componente<br />
femmin<strong>il</strong>e) o superiore (per quella masch<strong>il</strong>e) rispetto ai diplomati. È evidente<br />
però che <strong>il</strong> laureato rispetto al diplomato ha intrapreso mediamente percorsi<br />
lavorativi più brevi.<br />
10 Come abbiamo visto anche nel paragrafo precedente tra quanti sono risultati<br />
ad <strong>oggi</strong> ancora instab<strong>il</strong>i, sono soprattutto coloro che hanno un’alta scolarizzazione<br />
a dichiarare di non avere avuto altra scelta (75% contro <strong>il</strong> 59% dei<br />
diplomati e <strong>il</strong> 5 % dei senza titolo) a conferma di come sia diffic<strong>il</strong>e soddisfare<br />
le proprie aspettative per i laureati, in un mercato del lavoro come quello<br />
toscano, fatto di piccola-media impresa, dove è particolarmente basso <strong>il</strong> fabbisogno<br />
da parte delle imprese di giovani usciti dall’Università.<br />
63
contro <strong>il</strong> 19,5% della media campionaria) e una percentuale r<strong>il</strong>evante<br />
di disoccupati ( 3%). L’unico dato positivo per questa<br />
categoria di lavoratori è la quota più significativa in assoluto<br />
di coloro che hanno intrapreso un percorso di tipo autonomo<br />
(15%).<br />
Per quanto riguarda i percorsi di transizione secondo <strong>il</strong> settore<br />
di attività avvenuti nel periodo 004- 006, la tabella 5.1 ci<br />
mostra come sia in particolare <strong>il</strong> settore delle attività manifatturiere/costruzioni<br />
quello dove le percentuali di esiti positivi, avvenute<br />
nell’ambito del settore di provenienza stesso sono risultate<br />
più elevate (40% di dipendenti stab<strong>il</strong>i e 4% di autonomi). Seguono,<br />
a notevole distanza, i servizi alle imprese ( 4% dipendenti<br />
stab<strong>il</strong>i e 8% autonomi) e <strong>il</strong> commercio ( 8% dipendenti stab<strong>il</strong>i).<br />
A ruota vengono i servizi alle persone ( 1% dipendenti stab<strong>il</strong>i e<br />
% autonomi) e gli alberghi e i ristoranti ( 1% dipendenti stab<strong>il</strong>i).<br />
È soprattutto in questo ultimo settore che è risultato particolarmente<br />
elevato <strong>il</strong> peso degli inoccupati ( 9%), a testimonianza<br />
di come tale ambito di attività rappresenti, come noto, possib<strong>il</strong>ità<br />
di lavoro stagionale e quindi favorisca percorsi di instab<strong>il</strong>ità<br />
caratterizzati da frequenti entrate e uscite dal mercato del lavoro,<br />
ma anche opportunità per i giovani o per le donne che non<br />
hanno possib<strong>il</strong>ità di lavorare continuativamente per tutto l’anno<br />
(impegni scolastici, carichi fam<strong>il</strong>iari, ecc.) 11 .<br />
Grafico 5.8. Tipologia contrattuale al 2000 per condizione occupazionale attuale. Valori %<br />
11 L’esercizio non è stato effettuato per <strong>il</strong> settore agricolo perché caratterizzato<br />
da numeri assoluti troppo bassi.<br />
64
tabella 5.1. Settore di attività al 2004 per condizione occupazionale attuale 12 . Valori %<br />
stab<strong>il</strong>izzati<br />
nello stesso<br />
settore<br />
Autonomi<br />
nello stesso<br />
settore<br />
65<br />
Altri<br />
occupati<br />
Inoccupati tOtALe<br />
Agricoltura 0,0 0,0 100,0 0,0 100,0<br />
Attività manifatturiere<br />
e<br />
Costruzioni<br />
40,0 4,4 46,7 8,9 100,0<br />
Commercio 7,6 0,0 51,7 0,7 100,0<br />
Alberghi e ristoranti 1,4 0,0 50,0 8,6 100,0<br />
Servizi alle aziende 4,0 8,0 68,0 0,0 100,0<br />
Servizi alle persone 1,0 1,6 6 ,9 14,5 100,0<br />
TOTALE 6, ,7 58,5 1 ,6 100,0<br />
5.3. La flessib<strong>il</strong>izzazione nei diversi sistemi locali<br />
Prioritario obiettivo conoscitivo dello studio che presentiamo<br />
è stato quello di analizzare i percorsi di transizione di lavoratori<br />
flessib<strong>il</strong>i al 000, appartenenti a sistemi economico locali<br />
rappresentativi dell’articolata struttura socioeconomica della<br />
<strong>Toscana</strong>, per verificare se l’esperienza lavorativa flessib<strong>il</strong>e ha<br />
assunto per i singoli protagonisti un “ponte per una professionalizzazione”<br />
o una “trappola” verso la marginalità e con quali<br />
peculiarità a livello territoriale.<br />
Abbiamo deciso di ragionare a livello di singolo sistema, ipotizzando<br />
una sorta di autocontenimento di questi ultimi, in virtù<br />
del fatto che i lavoratori appartenenti ai singoli sistemi locali al<br />
000, per la stragrande maggioranza, sono risultati ancora lavorare<br />
e risiedere nelle stesse aree di riferimento.<br />
Ma vediamo di seguito l’analisi per singolo sistema locale.<br />
• Firenze (Sistema urbano)<br />
Iniziamo la nostra analisi con Firenze, sistema urbano, caratterizzato<br />
da una struttura produttiva estremamente complessa,<br />
fortemente specializzata in tutte le componenti del terziario,<br />
ma che mostra anche elevati livelli di incidenza nelle attività<br />
industriali (in particolare la meccanica, ma anche prodotti in<br />
1 Dal calcolo sono esclusi gli inab<strong>il</strong>i e i pensionati e tutti coloro che al 004 non<br />
lavoravano. Tra gli altri occupati sono inclusi tutti coloro che lavoravano in un<br />
settore di attività diverso da quello del 004 sia in modo autonomo chedipendente<br />
(sia stab<strong>il</strong>e che flessib<strong>il</strong>e).
metallo, carta, stampa, editoria, chimica e farmaceutica). Area<br />
che notoriamente offre ampie opportunità occupazionali alla<br />
propria popolazione residente – e non solo, come confermano<br />
gli ingenti flussi pendolari in ingresso – dove i livelli di scolarizzazione<br />
sono elevati ed in cui la quota di giovani disoccupati<br />
appare inferiore alla media (Bacci, 001).<br />
Il campione di lavoratori intervistati appartenenti al sistema<br />
fiorentino possiede un livello di istruzione significativamente più<br />
alto del totale (<strong>il</strong> 78% ha un titolo di studio medio-alto contro <strong>il</strong><br />
66% della media campionaria). Il settore di attività (Graf. 5.9)<br />
è prevalentemente <strong>il</strong> terziario (77%) suddiviso in: commercio<br />
(18%), servizi alle imprese ( 0%) servizi alle persone (33%) e alberghi<br />
e ristoranti (7%). Le attività manifatturiere sono meno r<strong>il</strong>evanti<br />
rispetto alla media campionaria ( 1% contro <strong>il</strong> 5,5%).<br />
Grafico 5.9. Settore di attività dei lavoratori intervistati. Firenze. Valori %<br />
Dal punto di vista degli sbocchi occupazionali di coloro che<br />
al 000 risultavano instab<strong>il</strong>i (Graf. 5.10), è <strong>il</strong> sistema che sembra<br />
offrire le più elevate probab<strong>il</strong>ità di stab<strong>il</strong>izzazione: <strong>il</strong> 57% degli<br />
intervistati ha avuto un esito occupazionale positivo (contro <strong>il</strong><br />
48% del dato medio).<br />
In linea con la media campionaria la quota di coloro che<br />
sono rimasti flessib<strong>il</strong>i (19%). Il 1 % è in cerca di lavoro e una<br />
quota molto più bassa rispetto alla media è sfociata nelle non<br />
forze di lavoro (1 % contro <strong>il</strong> 19%).<br />
Degno di r<strong>il</strong>ievo che nell’area si registri in assoluto <strong>il</strong> più alto<br />
livello di donne stab<strong>il</strong>izzate (55% contro <strong>il</strong> 4 % del dato medio),<br />
ma anche <strong>il</strong> fatto che nel sistema urbano sia presente <strong>il</strong> minor<br />
dislivello tra opportunità offerte alla componente femmin<strong>il</strong>e e a<br />
quella masch<strong>il</strong>e (i maschi stab<strong>il</strong>izzati sono <strong>il</strong> 50%, quindi 5 punti<br />
percentuali in più rispetto alla componente femmin<strong>il</strong>e) contro<br />
66
un dato medio che invece fa emergere un notevole svantaggio<br />
per le donne (circa 19 punti percentuali). Nell’area urbana si<br />
r<strong>il</strong>eva inoltre la più bassa presenza di donne uscite dal mercato<br />
del lavoro come casalinghe (5% contro <strong>il</strong> 14% del dato medio).<br />
Grafico 5.10. Condizione del 2004 per condizione al 2006 per sistemi locali. Firenze. Valori %<br />
• Mugello (Sistema turistico industriale)<br />
Il sistema del Mugello, identificato dai comuni che rientrano<br />
nell’ambito dei servizi all’impiego di Borgo San Lorenzo, è<br />
caratterizzato da una discreta presenza turistica e residenziale<br />
e da una r<strong>il</strong>evante consistenza del settore delle costruzioni e<br />
dell’industria del metallo. I settori più r<strong>il</strong>evanti in termini occupazionali<br />
sono: le costruzioni, <strong>il</strong> commercio al dettaglio, la<br />
fabbricazione e lavorazione dei prodotti in metallo, gli alberghi<br />
e ristoranti, <strong>il</strong> commercio all’ingrosso, l’industria dell’abbigliamento<br />
e le pelli, cuoio e calzature.<br />
Si r<strong>il</strong>eva un quota di lavoro regolare inferiore alla media toscana<br />
grazie al peso dell’agricoltura, del commercio e della ricezione<br />
turistica, settori caratterizzati da una regolarità inferiore<br />
alla media e da un’elevata stagionalità.<br />
L’indice di occupazione è leggermente superiore alla media<br />
toscana, mentre la quota di giovani disoccupati sul totale è nettamente<br />
inferiore al valore regionale, grazie ad un precoce ingresso<br />
al lavoro della componente giovan<strong>il</strong>e che, nonostante la<br />
crescita dell’indice di istruzione, mantiene comunque valori più<br />
bassi rispetto alla media regionale (Bacci, 001).<br />
Il campione di lavoratori intervistati ha un livello di istruzione<br />
leggermente più basso del dato medio (<strong>il</strong> 36% ha un titolo di<br />
studio basso contro <strong>il</strong> 34% della media campionaria).<br />
I settori di attività prevalenti sono: l’industria ( 4%) e i servizi<br />
alle persone ( 8%) (Graf. 5.11).<br />
67
Dal punto di vista degli sbocchi occupazionali (Graf. 5.1 ) è<br />
<strong>il</strong> sistema che, subito dopo l’area fiorentina, sembra offrire le più<br />
elevate probab<strong>il</strong>ità di stab<strong>il</strong>izzazione (51%); inoltre è <strong>il</strong> sistema<br />
dove si r<strong>il</strong>evano le più basse possib<strong>il</strong>ità di caduta nella disoccupazione<br />
(7,5% contro <strong>il</strong> 14% del dato medio); in linea con la<br />
media la quota di coloro che sono rimasti flessib<strong>il</strong>i (19%).<br />
Grafico 5.11. Settore di attività dei lavoratori intervistati. Mugello. Valori %<br />
Grafico 5.12. Condizione del 2004 per condizione al 2006 per sistemi locali. Mugello. Valori %<br />
rispetto all’indagine del 004 <strong>il</strong> Mugello è sicuramente<br />
un’area che ha maturato migliori opportunità di stab<strong>il</strong>izzazione<br />
nel mercato locale del lavoro che si sono realizzate in modo<br />
particolare per la componente masch<strong>il</strong>e, che ha realizzato in assoluto<br />
la quota più elevata di occupati stab<strong>il</strong>izzati (73% contro <strong>il</strong><br />
61% della media). Per la componente femmin<strong>il</strong>e si registra invece<br />
un tasso di stab<strong>il</strong>izzazione notevolmente più basso di quello<br />
masch<strong>il</strong>e, ma in linea con la media campionaria (41%).<br />
68
• Santa Croce (Distretto industriale)<br />
Distretto industriale caratterizzato da una natura fortemente<br />
industriale con specializzazione produttiva nel settore della<br />
moda (concia delle pelli e del cuoio, calzature).<br />
Tale area presenta livelli occupazionali elevati ed una quota<br />
di giovani disoccupati nettamente inferiore alla media toscana.<br />
Non sorprende, quindi, <strong>il</strong> basso livello di istruzione, tipico di<br />
tutte le aree di piccola e media impresa dove la fac<strong>il</strong>ità nel trovare<br />
lavoro anche con livelli di istruzione medio-bassi tende a<br />
spiazzare la prosecuzione degli studi a vantaggio di un precoce<br />
ingresso nel mondo del lavoro (Bacci, 001).<br />
Il campione di lavoratori intervistati è ovviamente in linea<br />
con le caratteristiche che abbiamo appena delineato dell’area:<br />
ha un livello di istruzione significativamente più basso del totale<br />
(<strong>il</strong> 45% ha un titolo di studio basso contro <strong>il</strong> 34% del totale).<br />
Il settore di attività prevalente è quello dell’industria (40% contro<br />
<strong>il</strong> 5,5% del totale) (Graf. 5.13).<br />
Grafico 5.13. Settore di attività dei lavoratori intervistati. Santa Croce. Valori %<br />
Il distretto industriale di Santa Croce, che nell’indagine del<br />
004, insieme al sistema urbano fiorentino, era risultata una delle<br />
aree dove i tassi di transizione dalla flessib<strong>il</strong>ità verso modalità<br />
lavorative stab<strong>il</strong>i risultavano più elevati, a distanza di due anni<br />
risulta invece avere perso posizioni nelle opportunità di stab<strong>il</strong>izzazione<br />
offerte ai lavoratori, presumib<strong>il</strong>mente a causa della<br />
particolare fase di crisi attraversata dal sistema moda.<br />
La stab<strong>il</strong>ità del lavoro è stata raggiunta dal 51% degli intervistati<br />
(che rimane comunque una percentuale che è al di sopra<br />
della media campionaria, 48%), e, una quota in linea con la me-<br />
69
dia risulta ad <strong>oggi</strong> disoccupata (14%). Una percentuale più bassa<br />
rispetto alla media è rimasta flessib<strong>il</strong>e (1 % contro <strong>il</strong> 0%), ma<br />
un quota più elevata rispetto alla media campionaria è uscita<br />
dalle forze di lavoro ( 4% contro <strong>il</strong> 18%).<br />
Le opportunità di stab<strong>il</strong>izzazione della componente femmin<strong>il</strong>e<br />
sono notevolmente più basse di quelle masch<strong>il</strong>i, superiori<br />
però rispetto alla media campionaria (45,5% contro <strong>il</strong> 4 % del<br />
dato medio) (Graf. 5.14).<br />
Grafico 5.14. Condizione del 2004 per condizione al 2006 per sistemi locali. Santa Croce.<br />
Valori %<br />
• Follonica (Sistema turistico rurale)<br />
In questo sistema lo sv<strong>il</strong>uppo turistico ha assunto forme sfumate<br />
svolgendo anche una funzione di tipo residenziale basata<br />
sulle seconde case. La caratterizzazione turistica risulta evidente<br />
dall’importanza del settore terziario (in particolare commercio<br />
e pubblici esercizi).<br />
Tra i comparti produttivi non rientranti nella tipologia<br />
dei servizi una quota ingente è rappresentata dalle costruzioni,<br />
dall’industria chimica (in forte declino), e dal peso tuttora<br />
r<strong>il</strong>evante del settore agricolo. L’indice di occupazione si<br />
presenta al di sotto della media, mentre quello relativo alla<br />
disoccupazione giovan<strong>il</strong>e presenta valori elevati. In notevole<br />
crescita l’indice di istruzione che, comunque, si mantiene al<br />
di sotto della media regionale. Il mercato del lavoro locale si<br />
caratterizza inoltre per una quota leggermente superiore alla<br />
media di lavoro non regolare imputab<strong>il</strong>e principalmente alla<br />
consistenza del terziario turistico e dell’agricoltura, settori in<br />
cui, è noto, si riscontra solitamente un grado minore di regolarità<br />
(Bacci, 001).<br />
70
Il campione di lavoratori intervistati ha un livello di istruzione<br />
significativamente più basso del totale (<strong>il</strong> 45% ha un titolo di studio<br />
basso contro <strong>il</strong> 34% del dato medio). I settori di attività prevalenti<br />
sono i servizi alle persone ( 8%) e l’industria ( 8%). Superiore rispetto<br />
al dato medio la presenza nell’agricoltura (9% contro <strong>il</strong> 3%)<br />
e negli alberghi/ristoranti (11% contro l’8%) (Graf. 5.15).<br />
Grafico 5.15. Settore di attività dei lavoratori intervistati. Follonica. Valori %<br />
Dal punto di vista degli sbocchi occupazionali le probab<strong>il</strong>ità<br />
di stab<strong>il</strong>izzazione sono risultate inferiori alla media campionaria<br />
(<strong>il</strong> 40% contro <strong>il</strong> 48%) e una quota molto più elevata rispetto<br />
alla media è rimasta in una situazione di instab<strong>il</strong>ità (46% contro<br />
<strong>il</strong> 0%) (Graf. 5.16).<br />
Si registrano inoltre differenze significative tra la componente<br />
masch<strong>il</strong>e e quella femmin<strong>il</strong>e: solo <strong>il</strong> 37% delle donne si è stab<strong>il</strong>izzata<br />
contro <strong>il</strong> 6 ,5% degli uomini. Una quota significativamente<br />
più elevata di donne risulta disoccupata (19% contro <strong>il</strong> 15%) e una<br />
leggermente più alta rispetto alla media è risultata permanere nella<br />
flessib<strong>il</strong>ità ( % contro <strong>il</strong> 0%).<br />
Grafico 5.16. Condizione del 2004 per condizione al 2006 per sistemi locali. Follonica. Valori %<br />
71
• Rosignano (Sistema turistico)<br />
La forte vocazione turistica della zona è resa evidente dall’importanza<br />
del settore alberghi e ristoranti. È necessario però<br />
ricordare la tradizione industriale dell’area facendo riferimento<br />
al polo chimico degli stab<strong>il</strong>imenti Solvay, attorno ai quali è cresciuta<br />
e si è sv<strong>il</strong>uppata l’omonima frazione di rosignano Solvay.<br />
Il settore della chimica che, pur presentando un’importanza superiore<br />
a quella assunta nel complesso della regione sta subendo,<br />
ormai da tempo, un accentuato trend di ridimensionamento.<br />
Altri settori importanti dal punto di vista occupazionale sono<br />
<strong>il</strong> commercio al dettaglio e le costruzioni. L’indice di occupazione<br />
è inferiore a quello medio toscano, mentre quello relativo all’incidenza<br />
di giovani disoccupati è decisamente al di sopra della<br />
media. A ciò si accompagna un indice di istruzione leggermente<br />
inferiore al dato medio toscano. Come nel caso di Follonica,<br />
la significativa presenza del settore turistico e dell’agricoltura<br />
determinano una presenza significativa di lavoro non regolare<br />
(Bacci, 001).<br />
Il campione di lavoratori intervistati ha un livello di istruzione<br />
significativamente più basso del totale (<strong>il</strong> 45,9% ha un titolo<br />
basso contro <strong>il</strong> 34% del totale). Il settore di attività prevalente è<br />
quello dei servizi alle persone (30%), seguito dalle attività manifatturiere<br />
( 3%). Superiore rispetto alla media la presenza negli<br />
alberghi/ristoranti (15% contro l’8%) (Graf. 5.17).<br />
Sicuramente è <strong>il</strong> sistema in cui sono risultate più basse le<br />
possib<strong>il</strong>ità di stab<strong>il</strong>izzazione del lavoro: solo <strong>il</strong> 9,5% degli intervistati<br />
ha avuto un esito occupazionale positivo (contro <strong>il</strong> 48%<br />
del dato medio). Più alte rispetto alla media campionaria anche<br />
le quote di coloro che sono rimasti intrappolati nella flessib<strong>il</strong>ità<br />
( 4% contro <strong>il</strong> 0%) e di quanti sono usciti dal mercato del lavoro<br />
(31% contro <strong>il</strong> 18%).<br />
Solo <strong>il</strong> 6% delle donne si è stab<strong>il</strong>izzata contro <strong>il</strong> 4 % degli<br />
uomini. Inoltre, tra le donne si registra la quota in assoluto più<br />
elevata di uscite dalle forze di lavoro come casalinghe ( 5% contro<br />
<strong>il</strong> 14% del dato medio) (Graf. 5.18). Nei mercati più deboli,<br />
coerentemente con quanto avviene a scale territoriali più ampie,<br />
è soprattutto la componente femmin<strong>il</strong>e ad apparire svantaggiata<br />
e questo comporta un effetto scoraggiamento anche nella ricerca<br />
del lavoro. Mentre infatti la quota di disoccupate è risultata in<br />
linea con la media campionaria (15%), si registra in assoluto la<br />
quota più elevata di casalinghe ( 5% contro <strong>il</strong> 14% della media<br />
campionaria).<br />
7
Grafico 5.17. Settore di attività dei lavoratori intervistati. Rosignano Marittimo. Valori %<br />
Grafico 5.18. Condizione del 2004 per condizione al 2006 per sistemi locali. Rosignano Marittimo.<br />
Valori %<br />
5.4. Le sequenze occupazionali<br />
L’osservazione longitudinale dei percorsi tra occupazioni<br />
garantite e non garantite è necessaria per la ricostruzione delle<br />
traiettorie e gli esiti delle forme di impiego non standard in<br />
quanto è stato mostrato che carriere lavorative discontinue, interrotte<br />
e instab<strong>il</strong>i possono costituire un fattore di penalizzazione<br />
che accresce la probab<strong>il</strong>ità di restare intrappolati in un circuito<br />
di successive occupazioni non standard (Barb<strong>ieri</strong>, Fullin,<br />
reyneri, 005).<br />
Ma vediamo di capire meglio quali sono stati i percorsi delle<br />
intervistate e degli intervistati tra <strong>il</strong> 000, <strong>il</strong> 004 e <strong>il</strong> 006. Tra<br />
coloro che al 000 risultavano avere avuto un rapporto lavorativo<br />
non standard e al 004 risultavano essere caduti in uno stato<br />
di disoccupazione oltre la metà (51%) risulta ancora disoccupato;<br />
<strong>il</strong> 19% è tornato ad essere occupato di nuovo con modalità<br />
flessib<strong>il</strong>i; <strong>il</strong> 19% è occupato in modo stab<strong>il</strong>e e l’11% è uscito dalle<br />
73
forze di lavoro (<strong>il</strong> 7% come casalinga e <strong>il</strong> 4% come studente)<br />
(Graf. 5.19).<br />
Grafico 5.19. Flessib<strong>il</strong>i al 2000 disoccupati 2004 per condizione attuale. Totale.<br />
Valori %<br />
L’analisi di genere conferma la minore probab<strong>il</strong>ità da parte<br />
della componente femmin<strong>il</strong>e di permanere nella disoccupazione<br />
(<strong>il</strong> 53% è ancora disoccupata contro <strong>il</strong> 49% dei maschi) e le maggiori<br />
probab<strong>il</strong>ità di uscita dal mercato del lavoro (<strong>il</strong> 10% è casalinga).<br />
Questo comporta, ovviamente, minori probab<strong>il</strong>ità (Graf.<br />
5. 0) di stab<strong>il</strong>izzazione nel mercato del lavoro: sono occupate in<br />
modo stab<strong>il</strong>e <strong>il</strong> 15% delle donne contro <strong>il</strong> 4% dei maschi.<br />
Grafico 5.20. Flessib<strong>il</strong>i al 2000 disoccupati 2004 per condizione attuale e genere. Valori %<br />
vediamo invece gli esiti di chi, flessib<strong>il</strong>e al 000, risultava essere<br />
nella stessa condizione al 0 04: <strong>il</strong> 46% è ancora flessib<strong>il</strong>e; <strong>il</strong><br />
4 % è occupato in modo stab<strong>il</strong>e; <strong>il</strong> 9% è in cerca di occupazione<br />
e <strong>il</strong> rimanente è uscito dalle forze di lavoro (Graf. 5. 1).<br />
74
Grafico 5.21. Flessib<strong>il</strong>i al 2000 e 2004 per condizione attuale. Totale. Valori %<br />
Anche in questo tipo di percorso si conferma un’evidente<br />
svantaggio da parte della componente femmin<strong>il</strong>e che risulta essersi<br />
stab<strong>il</strong>izzata solo nel 38% dei casi (contro <strong>il</strong> 50% di quella<br />
masch<strong>il</strong>e) (Graf. 5. ).<br />
Grafico 5.22. Flessib<strong>il</strong>i al 2000 e 2004 per condizione attuale e genere. Valori %<br />
Tra coloro che invece al 004 risultavano avere raggiunto<br />
condizioni lavorative dipendenti e stab<strong>il</strong>i la stragrande maggioranza,<br />
sia della componente masch<strong>il</strong>e che di quella femmin<strong>il</strong>e è<br />
rimasta in tale condizione (88) (Graf. 5. 3).<br />
75
Grafico 5.23. Flessib<strong>il</strong>i al 2000, indeterminati al 2004 per condizione attuale e genere. Valori %<br />
Anche tra coloro che hanno intrapreso un percorso lavorativo<br />
di tipo autonomo si r<strong>il</strong>eva una quota maggioritaria di quanti<br />
al 006 sono risultati permanere nella stessa condizione lavorativa,<br />
soprattutto tra la componente masch<strong>il</strong>e (79% contro <strong>il</strong> 64%<br />
delle donne) (Graf. 5. 4).<br />
Grafico 5.24. Flessib<strong>il</strong>i al 2000, autonomi al 2004 per condizione attuale e genere. Valori %<br />
Gli ultimi due gruppi sono invece rappresentati da coloro che<br />
nel 004 risultavano essere inoccupati come studenti o come casalinghe<br />
13 . Per queste ultime l’avviamento al 000 con una tipologia<br />
contrattuale instab<strong>il</strong>e ha rappresentato un momento di incontro<br />
con <strong>il</strong> mercato del lavoro che nella stragrande maggioranza dei<br />
casi si è interrotto (l’80% al 006 è ancora in tale condizione) presumib<strong>il</strong>mente<br />
per mancanza di opportunità e/o per l’impossib<strong>il</strong>ità<br />
di conc<strong>il</strong>iare i tempi di lavoro con quelli di cura (Graf. 5. 5).<br />
13 Per ovvi motivi dall’analisi che presentiamo sono esclusi coloro che al 006<br />
risultavano ritirati dal lavoro.<br />
76
Grafico 5.25. Flessib<strong>il</strong>i al 2000, casalinghe al 2004 per condizione attuale. Valori %<br />
Nel caso degli studenti, invece, la flessib<strong>il</strong>ità ha consentito,<br />
nella gran parte dei casi di conc<strong>il</strong>iare gli studi con esperienze<br />
lavorative come evidenziato dalla maggior parte di coloro che al<br />
006 risultano ancora nella stessa condizione (59% dei maschi e<br />
7 % delle femmine) (Graf. 5. 6).<br />
Grafico 5.26. Flessib<strong>il</strong>i al 2000 studenti al 2004 per condizione attuale e per genere<br />
5.5. Riflessioni finali<br />
La fine del posto fisso è un evento epocale che comporta<br />
traiettorie più discontinue che, in alcuni casi, portano ad una<br />
stab<strong>il</strong>izzazione nel mercato del lavoro (con un lavoro autonomo<br />
o a tempo indeterminato), mentre in altri hanno come esito un<br />
intrappolamento nella precarietà.<br />
L’indagine, da questo punto di vista non sembra fornire un<br />
quadro tranqu<strong>il</strong>lizzante: a distanza di 6 anni da un avviamento<br />
al lavoro con tipologia contrattuale instab<strong>il</strong>e le trasformazioni in<br />
lavoro stab<strong>il</strong>i riguardano meno della metà del campione (48%).<br />
Siamo infatti di fronte ad una discreta persistenza di lavoratori<br />
77
non stab<strong>il</strong>i ( 0%), ad una riduzione dei passaggi al lavoro garantito<br />
(un incremento medio annuo di 3,5 punti nell’ultimo biennio<br />
contro gli oltre 10 punti medi annui dei quattro anni precedenti),<br />
e ad una crescita delle uscite verso la disoccupazione (dall’11%<br />
al 14%) che sembrano denunciare un aumento di coloro che non<br />
riescono a transitare da un lavoro a termine verso un impiego<br />
sicuro.<br />
Nel biennio i più stab<strong>il</strong>i sono risultati i lavoratori dipendenti<br />
con contratto a tempo indeterminato (circa 90 su 100 sono<br />
rimasti nella stessa posizione); seguiti dai lavoratori autonomi<br />
(73 su 100). Molto diversi gli esiti dei lavoratori dipendenti con<br />
tipologia contrattuali a termine che solo nel 4 % dei casi hanno<br />
avuto come esito una stab<strong>il</strong>izzazione nel mercato del lavoro<br />
(37% a tempo indeterminato e 5% autonomo). Ancor più problematiche<br />
le traiettorie di coloro che, a distanza di due anni da un<br />
avviamento al lavoro con tipologia contrattuale instab<strong>il</strong>e, sono<br />
caduti in uno stato di disoccupazione; a distanza di ulteriori due<br />
anni oltre la metà (51%) risulta ancora in cerca di occupazione.<br />
Il quadro viene ulteriormente aggravato dal fatto che, rispetto<br />
all’indagine precedente, diminuisce <strong>il</strong> già basso numero di<br />
coloro che hanno scelto la flessib<strong>il</strong>ità lavorativa e cresce la quota<br />
di coloro che vivono la flessib<strong>il</strong>ità come un’esperienza subita<br />
perché costretti dalle logiche del mercato.<br />
Sembrerebbe dunque che i percorsi di stab<strong>il</strong>izzazione<br />
subiscano una battuta d’arresto, trascorsi periodi di permanenza<br />
troppo lunghi in tale stato, come parrebbe confermato<br />
anche dalla crescita di sequenze occupazionali di tipo “job<br />
carousel”, caratterizzate dal susseguirsi di diverse esperienze<br />
di lavoro e non lavoro (Barb<strong>ieri</strong>, Fullin, reyneri, 005),<br />
che hanno un’elevata probab<strong>il</strong>ità di avere come esito un “intrappolamento”<br />
in carriere lavorative discontinue, interrotte<br />
e instab<strong>il</strong>i.<br />
Quali gli esiti per le persone coinvolte in traiettorie di questo<br />
tipo?<br />
L’indagine che presentiamo ha mostrato che i tassi di trasformazione<br />
sono molto diversi a seconda delle caratteristiche degli<br />
individui e della tipologia di attività svolta. Le donne, i “non più<br />
giovani”, coloro che hanno una bassa scolarizzazione, che vive<br />
in sistemi produttivi “deboli”, risulta infatti complessivamente<br />
avere intrapreso percorsi più precari, caratterizzati da ingressi e<br />
uscite, nel mercato del lavoro.<br />
Sembra dunque evidente che l’indagine non conforti la tesi<br />
secondo cui i lavori atipici abbiano un effetto trampolino verso<br />
78
<strong>il</strong> lavoro sicuro, soprattutto nei casi in cui si prolunghi oltre un<br />
certo limite la durata e/o la sequenza di impieghi instab<strong>il</strong>i nel<br />
proprio percorso 14 .<br />
Passare da un impiego all’altro non risulta un’operazione<br />
priva di costi per tutti, basti pensare alla discontinuità delle carriere<br />
e alla bassa copertura previdenziale che sicuramente segnalano<br />
la necessità di dare al welfare un prof<strong>il</strong>o maggiormente<br />
a misura delle nuove tipologie lavorative.<br />
È forse questo <strong>il</strong> punto su cui dobbiamo ulteriormente riflettere,<br />
cercando di immaginare un sistema di welfare universalistico<br />
in cui chi intraprende un percorso di flessib<strong>il</strong>ità possa<br />
essere coperto da efficaci meccanismi di protezione dai rischi,<br />
per far sì che <strong>il</strong> lavoratore involontariamente temporaneo non<br />
debba soltanto accollarsi rischi, costi e persino penalità, come<br />
mostrano stipendi percepiti mediamente più bassi dei lavoratori<br />
maggiormente tutelati 15 .<br />
14 Anche l’indagine l’Indagine longitudinale sulle famiglie italiane (Ilfi) mostra<br />
che se si entra nel mercato del lavoro con una sequenza di impieghi atipici<br />
diventa forte <strong>il</strong> rischio di intrappolamento in posti poco qualificati e a basso<br />
salario.<br />
15 Tra le varie proposte nel suo ultimo volume Accornero ben sintetizza alcune<br />
fra le principali tutele che dovrebbero essere previste per i lavoratori instab<strong>il</strong>i.<br />
“A chi ha reiterato più impieghi temporanei nella medesima impresa si possono<br />
accordare contribuzioni “figurative” per la pensione e un diritto di seniority<br />
nelle assunzioni stab<strong>il</strong>i. Si possono inoltre fissare – come in altri Paesi – dei<br />
limiti alle reiterazioni del contratto. Si può garantire una piena esigib<strong>il</strong>ità delle<br />
anzianità lavorative e delle credenziali assicurative maturate, anche ai fini<br />
della “totalizzazione” dei contributi recentemente approvati. Si possono prevedere<br />
un fondo per <strong>il</strong> mutuo casa a copertura delle garanzie bancarie, e dei<br />
contributi per l’affitto di un’abitazione. Si possono uniformare le aliquote contributive<br />
per tutti i rapporti di lavoro, come base materiale di una eguaglianza<br />
delle opportunità previdenziali. Si può predisporre una copertura finanziaria<br />
obbligatoria al di là delle singola durata contrattuale, per un’attività formativa<br />
che aiuti lo sv<strong>il</strong>uppo professionale e <strong>il</strong> riconoscimento delle competenze” (Accornero,<br />
006a).<br />
79
6.<br />
Le condizioni di lavoro:<br />
lavoratori stab<strong>il</strong>i e flessib<strong>il</strong>i<br />
a confronto<br />
6.1. Condizioni, tutele e prospettive contrattuali<br />
In questa sezione del rapporto ci occuperemo delle condizioni<br />
di lavoro degli occupati definiti “non standard” (occupati<br />
con un contratto diverso da quello a tempo indeterminato), e<br />
in particolare delle opinioni espresse quanto alle forme contrattuali,<br />
le tutele, gli orari e i contenuti del lavoro, confrontandole<br />
con i giudizi resi dai lavoratori occupati a tempo indeterminato<br />
e dagli occupati “autonomi” 16 .<br />
Oltre all’indagine <strong>il</strong> più possib<strong>il</strong>e sistematica delle condizioni<br />
oggettive dell’attuale impiego, e delle rappresentazioni sociali<br />
del lavoro che ne derivano, vi sono almeno due interrogativi cui<br />
preme tentare di dare una risposta. Il primo è se esista un trade-off<br />
tra flessib<strong>il</strong>ità del lavoro e qualità delle sue condizioni. Il<br />
secondo, speculare rispetto al precedente, è se i lavoratori un<br />
tempo flessib<strong>il</strong>i che hanno guadagnato la condizione di lavoratori<br />
stab<strong>il</strong>i abbiano effettivamente riscontrato un miglioramento<br />
nel lavoro, o se al contrario <strong>il</strong> raggiungimento del posto a tempo<br />
indeterminato abbia prefigurato <strong>il</strong> sacrificio di taluni aspetti,<br />
sulla cui r<strong>il</strong>evanza sembra convergere sempre più l’universo dei<br />
lavoratori, come per esempio la richiesta di un’occupazione con<br />
maggiori gradi di autonomia e possib<strong>il</strong>ità di autorealizzazione.<br />
Il perseguimento di queste aspirazioni o valori, d’altronde,<br />
non esclude che i lavoratori forniscano un giudizio nettamente<br />
negativo circa quella dimensione della flessib<strong>il</strong>ità che è quasi<br />
unanimemente considerata la meno soddisfacente: la “precarietà”.<br />
Così se, in questo paragrafo come nei seguenti, si r<strong>il</strong>eva<br />
tra gli intervistati con contratti temporanei una soddisfazione<br />
16 I lavoratori definiti “autonomi” sono costituiti per più dell’80% da liberi professionisti<br />
(in maggioranza donne) e lavoratori in proprio (prevalenti gli uomini),<br />
oltre che da imprenditori (14%) e, in numero estremamente esiguo, da<br />
coadiuvanti fam<strong>il</strong>iari ( %).<br />
81
elativa per alcuni aspetti connessi all’employment (possib<strong>il</strong>ità<br />
di autorealizzazione e di apprendimento, autonomia), passando<br />
ad un’ottica di life-cycle ut<strong>il</strong>ity, di traiettorie di vita, si manifestano<br />
invece i “costi umani” degli itinerari discontinui sperimentati<br />
sul lavoro, anzi tra i lavori: la percezione dell’insicurezza dell’attuale<br />
occupazione tende a vanificare la pur presente positività<br />
dei contenuti del lavoro, e come fanno notare anche i curatori<br />
dell’indagine Il lavoro che cambia, si fa stridente <strong>il</strong> contrasto tra<br />
“contenuti del lavoro che migliorano e tutele che peggiorano”<br />
(Carr<strong>ieri</strong>, Damiano, Ugolini, 005).<br />
Gli intervistati presenti nel campione con contratti instab<strong>il</strong>i<br />
sono 143, pari al 3% del totale 17 . Entrando più nel dettaglio delle<br />
forme contrattuali, si tratta di una maggioranza di individui<br />
assunti con un contratto a tempo determinato (68% del totale<br />
dei lavoratori “non standard”), di una minoranza che dispone di<br />
altre tipologie contrattuali di durata temporanea quali apprendistato,<br />
lavoro interinale, contratto stagionale e formazione-lavoro<br />
(<strong>il</strong> 10,5%), e di circa un quinto del totale che ha un contratto<br />
come co.co.co. o di collaborazione a progetto 18 .<br />
La disaggregazione per genere vede la prevalenza numerica<br />
delle donne (68% del campione), confermando come occasioni<br />
di lavoro instab<strong>il</strong>e siano più frequenti per <strong>il</strong> genere femmin<strong>il</strong>e<br />
che masch<strong>il</strong>e (Tab. 6.1).<br />
tabella 6.1. Lavoratori non standard: intervistati per tipologia contrattuale e genere.<br />
Valori assoluti e valori %<br />
tipologia<br />
contrattuale<br />
Valori assoluti Valori %<br />
maschi Femmine tOtALe maschi Femmine tOtALe<br />
Dipendente a tempo<br />
determinato<br />
30 67 97 66,7 68,4 67,8<br />
Collab. coord. e<br />
cont./collab. a progetto<br />
9 31 0,0 ,4 1,7<br />
Altri contratti dip.<br />
a termine (a)<br />
6 9 15 13,3 9,1 10,5<br />
TOTALE 45 98 143 100,0 100,0 100,0<br />
(a) Altri contratti dip. a termine: comprendono interinali, contratti di formazione-lavoro,<br />
di apprendistato e stagionali<br />
17 rimangono esclusi dalle elaborazioni qui presentate i lavoratori occasionali,<br />
comunque numericamente irr<strong>il</strong>evanti nel campione.<br />
18 Nel caso di più contratti si è fatto riferimento a quello principale (in particolare<br />
per i collaboratori).<br />
8
Il 43% dei lavoratori non standard è inserito nei servizi, <strong>il</strong><br />
16% nell’industria e nelle costruzioni, <strong>il</strong> 15% nei servizi alle imprese.<br />
Seguono alberghi e ristorazione (10%), commercio (9%),<br />
agricoltura (6%) e altri settori (1%).<br />
rispetto al totale del campione, i flessib<strong>il</strong>i risultano sottorappresentati<br />
nell’ambito del commercio e delle attività manifatturiere,<br />
e al contrario sovrarappresentati nel settore dei servizi alle<br />
persone (Tab. 6. ).<br />
tabella 6.2. Lavoratori non standard: intervistati per tipologia contrattuale e settore d’impiego.<br />
Valori %<br />
Agricoltura Attività<br />
manifatturiere e<br />
costruzioni<br />
Commercio Alberghi e<br />
ristoranti<br />
83<br />
servizi alle<br />
aziende<br />
servizi alle<br />
persone<br />
Altro tOtALe<br />
Valori assoluti<br />
Tempo Indeterminato 6 115 67 33 57 110 14 40<br />
Flessib<strong>il</strong>i 8 3 13 14 6 1 143<br />
Autonomi 7 16 10 4 13 7 59<br />
TOTALE 1 154 90 51 9 179 17 604<br />
Valori %<br />
Tempo Indeterminato 1,5 8,6 16,7 8, 14, 7,4 3,5 100,0<br />
Flessib<strong>il</strong>i 5,6 16,1 9,1 9,8 15,4 43,4 0,7 100,0<br />
Autonomi 11,9 7,1 16,9 6,8 ,0 11,9 3,4 100,0<br />
TOTALE 3,5 5,5 14,9 8,4 15, 9,6 ,8 100,0<br />
Secondo la mansione, i flessib<strong>il</strong>i sono leggermente sovrarappresentati<br />
nelle professioni medio-alte (7% contro <strong>il</strong> 4% degli<br />
indeterminati) e in quelle impiegatizie (4 % contro <strong>il</strong> 37%).<br />
Di conseguenza, la loro presenza tra gli operai, specializzati o<br />
meno, è inferiore rispetto a quella dei lavoratori standard (35%<br />
contro <strong>il</strong> 44%) (Graf. 6.1).<br />
Grafico 6.1. Lavoratori non standard: intervistati per tipologia contrattuale e mansione<br />
professionale. Valori %
Solo per <strong>il</strong> 18% degli instab<strong>il</strong>i la flessib<strong>il</strong>ità del lavoro è stata<br />
scelta (cfr. § 5.1), mentre nella stragrande maggioranza è subita<br />
(8 %), in particolare per le donne (+8% rispetto agli uomini) 19 .<br />
D’altronde, come testimoniato dalla letteratura in materia, la<br />
condizione di atipico 0 nella gran parte dei casi è tale solo per la<br />
diversa forma contrattuale, dal momento che sono la netta maggioranza<br />
coloro che lavorano per un unico committente in maniera<br />
pressoché continuativa, presso la sede di questo e in orari e<br />
con mansioni ordinarie, dunque con un prof<strong>il</strong>o lavorativo sostanzialmente<br />
assim<strong>il</strong>ab<strong>il</strong>e a quello di un dipendente subordinato.<br />
La flessib<strong>il</strong>ità è subita soprattutto dai lavoratori che lavorano<br />
per soggetti pubblici, dove la quota di coloro che “non hanno<br />
avuto altra scelta” raggiunge <strong>il</strong> 96%. Nel settore privato e nel<br />
terzo settore questi sono rispettivamente <strong>il</strong> 75% e <strong>il</strong> 67% degli<br />
intervistati, perciò, pur rimanendo largamente maggioritaria la<br />
quota di quanti hanno “subito” la flessib<strong>il</strong>ità, questa è significativamente<br />
inferiore a quella del settore pubblico.<br />
• La durata del contratto<br />
La prima informazione attinente alle condizioni oggettive del<br />
lavoro che interessa esplorare è la durata del contratto in essere.<br />
Escluse tipologie di brevissima durata, vale a dire inferiori a un<br />
mese (che sono in numero irr<strong>il</strong>evante e riguardano “missioni” di<br />
lavoratori interinali), <strong>il</strong> 39% degli intervistati dichiara di avere<br />
contratti di durata annuale e <strong>il</strong> 33% afferma di avere stipulato<br />
contratti di durata compresa tra i 4 e gli 11 mesi. Per <strong>il</strong> 13% i<br />
contratti non superano i 3 mesi. Contratti di durata superiore<br />
all’anno riguardano solo <strong>il</strong> 1 % del totale.<br />
Mentre la distinzione tra contratti da dipendente a termine<br />
e collaboratori non fa emergere significative differenze quanto<br />
alla durata 1 , è piuttosto la disaggregazione per genere (oltre che<br />
per settore di impiego) a mostrare differenze anche molto mar-<br />
19 Sebbene con risultati meno polarizzati, questo scenario è confermato anche<br />
da una recente ricerca su scala nazionale dell’Isfol ( 004): in questa la percentuale<br />
di quanti affermano di lavorare con un’occupazione temporanea “per<br />
mancanza di alternative”, infatti, è di poco oltre la metà.<br />
0 Si usa questa espressione nella sua accezione ristretta, dal momento che l’universo<br />
degli atipici è ben più ampio di quello dei lavori “instab<strong>il</strong>i”, o “flessib<strong>il</strong>i”<br />
(ISTAT, 005).<br />
1 Fatta salva una leggera tendenza a durate maggiori per i collaboratori, in parte<br />
attribuib<strong>il</strong>e alla presenza di lavoratori stagionali e interinali nel gruppo dei<br />
“dipendenti con contratti a termine”.<br />
84
cate. Le donne hanno in genere contratti più brevi, e soprattutto<br />
risultano da un lato nettamente sottorappresentate nei contratti<br />
di durata superiore ai 1 mesi (sono in questa situazione <strong>il</strong> %<br />
dei maschi e <strong>il</strong> 7% delle donne), e dall’altro sovrarappresentate<br />
nei contratti di durata fino a 3 mesi (16% contro <strong>il</strong> 9%) (Tab.<br />
6.3).<br />
tabella 6.3. Lavoratori non standard: durata del contratto in mesi per genere. Valori %<br />
durata maschi Femmine tOtALe<br />
Fino a 3 mesi 8,7 15,5 13,3<br />
Tra 4 e 11 mesi 6,1 37,1 33,6<br />
1 mesi 39,1 39, 39,<br />
Oltre 1 1,7 7, 11,9<br />
Non risponde 4,3 1,0 ,1<br />
TOTALE 100,0 100,0 100,0<br />
Guardando alla durata per settore (Tab. 6.4), si nota che:<br />
– nell’industria e nelle costruzioni sono relativamente di più i<br />
contratti di durata molto breve, ma anche e soprattutto quelli<br />
di durata superiore all’anno, <strong>il</strong> doppio della media generale.<br />
Si conferma così da un lato la tendenza all’uso di figure<br />
esterne all’azienda per sostituzioni, picchi produttivi, o per<br />
lo svolgimento di alcune fasi del lavoro presumib<strong>il</strong>mente a<br />
minore qualificazione; e dall’altro la disponib<strong>il</strong>ità a stab<strong>il</strong>izzare<br />
più di quanto non accada in altri settori la forza-lavoro<br />
alle proprie dipendenze, evidentemente considerata strutturalmente<br />
necessaria anche nel lungo periodo;<br />
– analoga tendenza, ma ancor più polarizzata, si riscontra nel<br />
commercio: sono di più della media sia i contratti brevi che<br />
quelli di durata maggiore (oltre l’anno);<br />
– nella ristorazione e nelle strutture alberghiere, al contrario,<br />
prevale di gran lunga la stagionalità delle occupazioni, e solo<br />
una minoranza oltrepassa gli 11 mesi di durata. Anche in<br />
agricoltura la maggior parte degli occupati non possiede un<br />
contratto superiore agli 11 mesi di contratto, e in nessun<br />
caso la durata è superiore ad un anno;<br />
– <strong>il</strong> contratto di durata annuale è prevalente nel caso delle<br />
aziende che offrono servizi alle imprese; è sim<strong>il</strong>e anche <strong>il</strong> risultato<br />
del settore dei servizi alla persona, salvo che per i<br />
contratti di durata superiore all’anno, che è di poco inferiore<br />
alla media.<br />
85
tabella 6.4. Lavoratori non standard: durata del contratto in mesi per settore. Valori %<br />
Agricoltura Attività<br />
manifatturiere e<br />
costruzioni<br />
Commercio Alberghi e<br />
ristoranti<br />
86<br />
servizi alle<br />
aziende<br />
servizi alle<br />
persone<br />
tOtALe<br />
Fino a 3 mesi 1 ,5 17,4 3,1 8,6 13,6 6,5 13,3<br />
Tra 4 e 11 mesi 6 ,5 30,4 3,1 4 ,9 18, 35,5 33,6<br />
1 mesi 5,0 6,1 30,8 8,6 50,0 46,8 39,<br />
Oltre 1 0,0 1,7 3,1 0,0 13,6 9,7 11,9<br />
Non risponde 0,0 4,3 0,0 0,0 4,5 1,6 ,1<br />
TOTALE 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0<br />
Si è anche proceduto a elaborare l’informazione sulla durata<br />
del contratto secondo la collocazione pubblica, privata o no-profit<br />
dell’occupazione: i risultati mostrano la maggiore propensione<br />
degli enti pubblici o parapubblici a stipulare contratti di durata<br />
tendenzialmente maggiore (<strong>il</strong> 57% supera gli 11 mesi, 49%<br />
<strong>il</strong> dato del settore privato), e contemporaneamente a contenere<br />
<strong>il</strong> ricorso a contratti di breve durata (10% contro <strong>il</strong> 17%). Nel settore<br />
privato, sono però leggermente più frequenti gli accordi di<br />
durata superiore all’anno (13% i privati, 10% in organizzazioni<br />
pubbliche).<br />
Nel terzo settore si assume con contratti non particolarmente<br />
brevi: sono assenti gli incarichi di durata inferiore ai 3 mesi;<br />
nel 50% dei casi i contratti risultano di durata media; nel 30%<br />
raggiungono i 1 mesi; infine per <strong>il</strong> 10% dei lavoratori di questo<br />
settore si supera la durata annuale. La distinzione tra contratto<br />
a termine e collaborazione non fa emergere significative differenze<br />
(Tab. 6.5).<br />
tabella 6.5. Lavoratori non standard: durata del contratto in mesi per soggetto pubblico/privato/no<br />
profit. Valori %<br />
durata soggetto pubblico soggetto privato terzo settore tOtALe<br />
Fino a 3 mesi 9,8 17,1 0,0 13,3<br />
Tra 4 e 11 mesi 31,4 3 ,9 50,0 33,6<br />
1 mesi 47,1 35,4 30,0 39,<br />
Oltre 1 9,8 13,4 10,0 11,9<br />
Non risponde ,0 1, 10,0 ,1<br />
TOTALE 100,0 100,0 100,0 100,0<br />
Ad una durata come si è visto tendenzialmente breve (annuale<br />
o addirittura inferiore), si associa un certo numero di con-
tratti stipulati in successione con la stessa azienda: per <strong>il</strong> 9%, i<br />
contratti accumulati con l’attuale committente sono più di tre,<br />
e alcuni collaboratori denunciano anche 9-10 contratti. Il 35%<br />
degli intervistati con assunzioni non standard risponde di avere<br />
avuto -3 contratti con l’attuale committente, e un altro 35%<br />
afferma di avere stipulato solo <strong>il</strong> contratto in essere.<br />
L’analisi per genere mostra ancora una volta lo svantaggio<br />
relativo delle donne, che sono molto più presenti dei colleghi di<br />
sesso masch<strong>il</strong>e tra coloro che indicano di avere avuto più di 3<br />
contratti con la stessa azienda ( % degli uomini contro <strong>il</strong> 3 %<br />
delle donne) (Tab. 6.6).<br />
tabella 6.6. Lavoratori non standard: numero di contratti avuti complessivamente con<br />
l’attuale committente (compreso quello in corso) per genere. Valori %<br />
Numero contratti maschi Femmine tOtALe<br />
1 39,1 34,0 35,7<br />
-3 37,0 34,0 35,0<br />
Oltre 3 1,7 3 ,0 8,7<br />
Non risponde , 0,0 0,7<br />
TOTALE 100,0 100,0 100,0<br />
La disaggregazione per settore pubblico/privato (e no-profit)<br />
fa r<strong>il</strong>evare la propensione del settore pubblico nel procedere a<br />
diversi rinnovi consecutivi. Mentre nel privato <strong>il</strong> 41% dei lavoratori<br />
flessib<strong>il</strong>i sono al primo contratto con l’attuale committente,<br />
o al massimo hanno avuto -3 rinnovi (4 %) e solo una minoranza<br />
fa r<strong>il</strong>evare un numero di contratti superiore a tre (11%),<br />
nel pubblico la situazione è rovesciata. La maggioranza assoluta<br />
degli intervistati afferma infatti di avere avuto più di tre incarichi<br />
con <strong>il</strong> medesimo committente (53%); nel 9% dei casi si<br />
tratta invece della prima esperienza lavorativa con lo stesso e<br />
per <strong>il</strong> 18% gli incarichi sono stati -3 (Tab. 6.7).<br />
tabella 6.7. Lavoratori non standard: numero di contratti avuti complessivamente con<br />
l’attuale committente (compreso quello in corso), per soggetto pubblico/privato/no profit.<br />
Valori %<br />
Numero contratti soggetto pubblico soggetto privato terzo settore tOtALe<br />
1 9,4 41,0 , 35,7<br />
-3 17,6 4 , 66,7 35,0<br />
Oltre 3 5 ,9 15,7 11,1 8,7<br />
Non risponde 0,0 1, 0,0 0,7<br />
TOTALE 100,0 100,0 100,0 100,0<br />
87
Nel terzo settore, infine, la maggior parte dei lavoratori ha ricevuto<br />
-3 incarichi dall’attuale committente, e gli occupati che<br />
hanno stipulato più di tre contratti risultano essere solo l’11%.<br />
Neanche in questo caso l’essere titolare di un contratto di<br />
collaborazione, anziché di un contratto a tempo determinato,<br />
cambia in maniera significativa <strong>il</strong> numero di incarichi sottoscritti<br />
col medesimo committente.<br />
• Le prospettive occupazionali<br />
Essere destinatari di un certo numero di contratti rinnovati<br />
senza soluzione di continuità può essere un costo ritenuto accettab<strong>il</strong>e<br />
nel caso vi sia, tra gli altri incentivi, la prospettiva di<br />
una stab<strong>il</strong>izzazione. Ma, a questo proposito, la percezione che<br />
gli intervistati hanno circa le loro prospettive occupazionali future<br />
non è risultata ottimistica; chiesto loro cosa prevedib<strong>il</strong>mente<br />
succederà alla scadenza dell’attuale contratto, solo <strong>il</strong> 13% ha<br />
risposto che sarà assunto a tempo indeterminato .<br />
Significativamente, questa risposta è stata fornita dal %<br />
degli uomini e solo dall’8% delle donne. Ben <strong>il</strong> 57%, invece,<br />
conta di veder rinnovato l’attuale contratto, nella medesima<br />
forma oppure con variazioni non sostanziali. Il 15% prevede<br />
la fine del rapporto di lavoro (anche in questo caso sono forti<br />
le differenze di genere: 19% delle donne contro <strong>il</strong> 9% degli uomini).<br />
L’8% dichiara la massima incertezza del proprio futuro<br />
(“non so/non ho idea”) e solo <strong>il</strong> % cambierà lavoro per scelta<br />
propria (Tab. 6.8).<br />
Gli intervistati si dimostrano del resto buoni profeti: come mostra un’indagine<br />
del Cnel ( 004), nell’arco del triennio 1998- 001 (dunque un periodo più favorevole<br />
alla conversione dei contratti dei lavoratori flessib<strong>il</strong>i in impieghi stab<strong>il</strong>i,<br />
anche grazie agli incentivi presenti in Finanziaria 001), la sorte degli occupati<br />
a tempo determinato è quantomeno contrastata, coincidendo in circa la metà<br />
dei casi in itinerari lavorativi ascendenti (soprattutto al Nord), nella permanenza<br />
nella condizione di instab<strong>il</strong>ità per un quarto del campione, nell’uscita dal mercato<br />
del lavoro di circa 1 lavoratore su 10, nel passaggio al lavoro autonomo del 4%<br />
degli occupati fixed terms, infine nel passaggio a lavori in nero nel 5% del totale.<br />
88
tabella 6.8. Lavoratori non standard: “Cosa pensa che le sarà proposto allo scadere del<br />
contratto?” per genere. Valori %<br />
89<br />
maschi Femmine tOtALe<br />
So già che non mi rinnoveranno <strong>il</strong> contratto 8,7 18,6 15,4<br />
Mi sarà rinnovato <strong>il</strong> contratto attuale 3 ,6 45,4 41,3<br />
Sarò assunto a tempo indeterminato 1,7 8, 1 ,6<br />
Per scelta cambierò lavoro , ,1 ,1<br />
Avrò un nuovo contratto ma sempre a termine 17,4 15,5 16,1<br />
Altro 6,5 3,1 4,<br />
Non so/Non ho idea 10,9 7, 8,4<br />
TOTALE 100,0 100,0 100,0<br />
Complessivamente <strong>il</strong> 75% degli intervistati, con una leggera<br />
prevalenza delle donne, afferma che nei prossimi 1 mesi svolgerà<br />
molto probab<strong>il</strong>mente ancora lavori con contratti non stab<strong>il</strong>i.<br />
Il 13% ritiene invece che potrà essere assunto con un tempo<br />
indeterminato, e l’11% non riesce a formulare nessuna previsione<br />
(Tab. 6.9).<br />
tabella 6.9. Lavoratori non standard: “pensando ai prossimi 12 mesi, lei prevede di poter<br />
svolgere un’attività lavorativa...” per genere. Valori %<br />
maschi Femmine tOtALe<br />
Sì, sempre con contratti non stab<strong>il</strong>i 71,7 76,3 74,8<br />
Sì, con un contratto a tempo indeterminato 17,4 11,3 13,3<br />
No, nei prossimi mesi non ha intenzione di lavorare<br />
(motivi di studio, famiglia..)<br />
, 0,0 0,7<br />
No, purtroppo non credo che troverò nuovi lavori 0,0 1,0 0,7<br />
Non so 8,7 11,3 10,5<br />
TOTALE 100,0 100,0 100,0<br />
Disporre di un contratto a termine invece che di una collaborazione<br />
fa la differenza, ma non in un unico senso: tra i<br />
collaboratori, sono infatti molti meno coloro che rispondono di<br />
avere ottime possib<strong>il</strong>ità di ottenere un’assunzione con contratto<br />
a tempo indeterminato (<strong>il</strong> 3%) rispetto alle previsioni dei dipendenti<br />
con contratto a termine (15%). D’altra parte, tra questi ultimi,<br />
sono di più anche quanti denotano una assoluta incertezza<br />
su ciò che potrà accadere alla scadenza naturale dell’attuale incarico<br />
(10% contro <strong>il</strong> 3% dei collaboratori).
Procedendo alla consueta disaggregazione per settore pubblico,<br />
privato o no-profit, emerge come solo nel settore privato<br />
e nel terzo settore vi sia una quota di una qualche consistenza<br />
degli intervistati che prevede di essere assunto, alla data della<br />
naturale scadenza del contratto in essere, con un tempo indeterminato:<br />
rispettivamente, <strong>il</strong> 19% e l’11%. Nel settore pubblico,<br />
invece, le prospettive di stab<strong>il</strong>izzazione si azzerano: solo <strong>il</strong> %<br />
dei lavoratori interpellati dichiara che sarà assunto con un contratto<br />
stab<strong>il</strong>e.<br />
Chi al contrario si dice ragionevolmente certo di non vedersi<br />
rinnovato <strong>il</strong> contratto è <strong>il</strong> 1 % dei lavoratori nel privato, <strong>il</strong> 15%<br />
degli occupati nel pubblico, e ben <strong>il</strong> 44% degli assunti nel terzo<br />
settore.<br />
Il 67% dei lavoratori del settore pubblico prevede un rinnovo<br />
del contratto; questa è anche la previsione del 53% dei lavoratori<br />
presso soggetti privati, e del 44% del no-profit (Tab. 6.10).<br />
tabella 6.10. Lavoratori non standard: “Cosa pensa che le sarà proposto allo scadere del<br />
contratto?”, per soggetto pubblico/privato/no profit. Valori %<br />
soggetto<br />
pubblico<br />
90<br />
soggetto<br />
privato<br />
terzo<br />
settore<br />
tOtALe<br />
So già che non mi rinnoveranno <strong>il</strong> contratto 15,7 1 ,0 44,4 15,4<br />
Mi sarà rinnovato <strong>il</strong> contratto attuale 66,6 53,0 44,0 57,4<br />
Sarò assunto a tempo indeterminato ,0 19,3 11,1 1 ,6<br />
Per scelta cambierò lavoro 0,0 3,6 0,0 ,1<br />
Altro 5,9 3,6 0,0 4,<br />
Non so/Non ho idea 9,8 8,4 0,0 8,4<br />
TOTALE 100,0 100,0 100,0 100,0<br />
• Gli aspetti retributivi<br />
Tra le condizioni contrattuali dei lavoratori, sia flessib<strong>il</strong>i sia<br />
di altro genere, che interessa verificare vi è senz’altro anche l’informazione<br />
relativa alla retribuzione 3 .<br />
Dalle risposte fornite emerge la collocazione dei “non standard”<br />
in fasce di reddito tendenzialmente basse, sia in assoluto,<br />
sia nel confronto con lavoratori stab<strong>il</strong>i o autonomi.<br />
3 È necessario ricordare che, nel caso dei collaboratori, non sono previsti né <strong>il</strong><br />
trattamento di fine rapporto né integrazioni usualmente associate ai rapporti<br />
di lavoro a tempo indeterminato (mens<strong>il</strong>ità ulteriori rispetto alle dodici annuali).
Il 47% dei lavoratori flessib<strong>il</strong>i guadagna meno di 900 euro<br />
al mese (40% <strong>il</strong> dato medio di tutti gli intervistati), <strong>il</strong> 41% ha<br />
uno stipendio compreso tra i 900 e i 1 00 euro (in linea con <strong>il</strong><br />
totale), e soprattutto solo <strong>il</strong> 4% va oltre i 1 00 euro, là dove la<br />
quota degli standard in questa fascia di reddito è del 10% (14%<br />
gli autonomi, 9% <strong>il</strong> dato medio) (Tab. 6.11).<br />
tabella 6.11. Intervistati per ammontare dell’ultimo salario netto mens<strong>il</strong>e e tipologia<br />
contrattuale. Valori %<br />
Fasce di reddito tempo Indeterminato Flessib<strong>il</strong>i Autonomi tOtALe<br />
Fino a 900 euro 39,0 46,9 5,4 39,5<br />
901-1. 00 euro 43,3 41,3 3 , 41,7<br />
Oltre 1. 00 euro 10,0 4, 13,6 8,9<br />
Non risponde 7, 7,7 5,4 9,1<br />
TOTALE 100,0 100 100 100<br />
Nel confronto per mansione professionale tra lavoratori flessib<strong>il</strong>i<br />
e con contratti standard, risultano più sfavoriti coloro che<br />
lavorano come impiegati e come operai, mentre tra i venditori<br />
e i commessi la relazione è inversa e gli occupati con contratti a<br />
durata temporanea sono complessivamente meglio retribuiti.<br />
Nelle professioni medio-alte e nelle professioni impiegatizie,<br />
lo svantaggio relativo degli atipici si risolve in uno schiacciamento<br />
verso <strong>il</strong> basso delle retribuzioni superiori ai 1 00 euro,<br />
cioè la fascia di reddito del 47% degli occupati stab<strong>il</strong>i e solo del<br />
10% degli instab<strong>il</strong>i.<br />
Per chi è occupato come venditore/commesso o come operaio,<br />
non si registra alcuna r<strong>il</strong>evante forbice retributiva. va tuttavia<br />
sottolineata la scarsa incidenza di assunti con retribuzioni<br />
alte, sia tra i flessib<strong>il</strong>i che tra i lavoratori standard (Tab. 6.1 ).<br />
tabella 6.12. Lavoratori con contratti standard e flessib<strong>il</strong>i: ammontare dell’ultimo salario<br />
netto mens<strong>il</strong>e secondo la tipologia contrattuale e la mansione professionale. Valori %<br />
Fasce di reddito Professioni medio alte Impiegati Venditori, commessi Operai specializzati e non<br />
tempo<br />
indet.<br />
Fles. tOtALe tempo<br />
indet.<br />
Fles. tOtALe tempo<br />
indet.<br />
91<br />
Fles. tOtALe tempo<br />
indet.<br />
Fles. tOtALe<br />
Fino a 900 euro 33,3 30,0 3 ,0 3 ,6 50,0 37,7 50,8 36,8 47,4 40,4 50,0 4 ,5<br />
901-1. 00 euro 0,0 60,0 36,0 45,6 40,0 44,0 39,0 5 ,6 4 ,3 46,0 34,0 43,4<br />
Oltre 1. 00 euro 46,7 10 3 14,3 3,3 11,1 3,4 5,3 3,8 5,7 4 5,3<br />
Non risponde 0,0 0,0 0,0 7,5 6,7 7, 6,8 5,3 6,4 8,0 1 ,0 8,8<br />
TOTALE 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
La debolezza economica dei lavoratori temporanei, unita all’incertezza<br />
del posto di lavoro, avvicina pericolosamente i lavoratori<br />
instab<strong>il</strong>i ad una condizione di “vulnerab<strong>il</strong>ità sociale”, specie<br />
in assenza di reti fam<strong>il</strong>iari che funzionino da argine rispetto<br />
al rischio di povertà.<br />
Si tratta di un aspetto forse sottovalutato dagli studi in materia,<br />
salvo le tesi di alcuni autori che recentemente hanno posto<br />
l’accento sulla relazione tra “società del rischio” e lavoro temporaneo<br />
(ranci, 00 ; Fullin, 003).<br />
E invece, in un sistema di protezione sociale come quello<br />
italiano che, contrariamente a molti degli altri contesti europei,<br />
non prevede alcuna forma di protezione sociale o di reddito minimo<br />
(vuoi “di inserimento”, “garantito”, “minimo” o di “ultima<br />
istanza”) rispetto ai “vuoti” retributivi che inevitab<strong>il</strong>mente<br />
costellano le carriere di buona parte dei lavoratori instab<strong>il</strong>i, vi<br />
sono alcuni categorie sociali per le quali si può a ragione parlare<br />
di “criticità” e “vulnerab<strong>il</strong>ità”. Sono in particolare gli adulti<br />
con contratti temporanei, ossia gli “intrappolati” nella flessib<strong>il</strong>ità,<br />
e i membri di famiglie senza alcun reddito stab<strong>il</strong>e (reyneri,<br />
005b).<br />
E, a questo proposito, va detto che tra gli intervistati, le situazioni<br />
in cui entrambi i coniugi siano inquadrati con contratti<br />
a termine sono tutt’altro che infrequenti. Nel 54% dei casi di chi<br />
ha un contratto a termine, <strong>il</strong> coniuge ha un contratto a tempo<br />
indeterminato, ma per l’11% (quasi <strong>il</strong> doppio della media generale)<br />
l’inquadramento contrattuale della persona cui si è legati<br />
affettivamente è quello del tempo determinato; nel 3% del totale<br />
<strong>il</strong> partner è in cerca di occupazione oppure non è attivo sul<br />
mercato del lavoro (comprendendo chi ne è uscito perché rassegnato<br />
all’impossib<strong>il</strong>ità di trovare un’occupazione), e nel 1 % dei<br />
casi svolge un lavoro autonomo (Tab. 6.13).<br />
tabella 6.13. Intervistati secondo la tipologia contrattuale e la condizione lavorativa<br />
del coniuge. Valori %<br />
tipologia contrattuale<br />
Occupato a tempo Occupato con<br />
indeterminato contratti a termine<br />
9<br />
Autonomo Inoccupato/<br />
inattivo<br />
tOtALe<br />
Tempo indeterminato 60,5 5,8 15,1 18,6 100,0<br />
Flessib<strong>il</strong>i 53,6 10,7 1 ,5 3, 100,0<br />
Autonomi 4 ,1 5,3 36,8 15,8 100,0<br />
TOTALE 57,5 6,9 16, 19,4 100,0
• Le tutele del lavoro<br />
Passiamo infine a valutare le tutele del lavoro in senso stretto,<br />
e in particolare i trattamenti pensionistici, cominciando col<br />
dire che solo <strong>il</strong> 17% del totale degli intervistati pensa di poter<br />
avere in futuro una pensione adeguata. La gran parte dei lavoratori<br />
(54%) non crede in questa possib<strong>il</strong>ità; tanti sono anche<br />
coloro che dicono di non saper valutare ( 8%).<br />
Sono soprattutto i lavoratori <strong>oggi</strong> flessib<strong>il</strong>i a ritenere impossib<strong>il</strong>e<br />
avere in futuro una pensione adeguata (60%), seguiti dai<br />
lavoratori autonomi. I lavoratori “standard”, infine, sono più<br />
degli altri incerti sul proprio futuro previdenziale; un giudizio,<br />
questo, sul <strong>quale</strong> pesano evidentemente le molte riforme (e annunci<br />
di riforme) del sistema pensionistico (Graf. 6. ).<br />
Grafico 6.2. “Pensa di avere una pensione adeguata per vivere quando smetterà di lavorare?”<br />
per tipologia contrattuale. Valori %<br />
All’interno del gruppo dei lavoratori flessib<strong>il</strong>i, la differenza<br />
tra l’opinione dei titolari di contratti di collaborazione, e coloro<br />
che sono assunti a tempo determinato, è r<strong>il</strong>evante: i primi credono<br />
all’adeguatezza del futuro trattamento pensionistico solo nel<br />
7% dei casi, per l’84% si dicono convinti che questa possib<strong>il</strong>ità<br />
non si realizzerà e per <strong>il</strong> 10% si mostrano incerti. Più equ<strong>il</strong>ibrate<br />
le opinioni dei lavoratori con contratto a termine, ma anche in<br />
questo caso sono sempre una netta maggioranza coloro che non<br />
credono di poter avere un giorno una pensione sufficiente per<br />
vivere (53%). Gli incerti rappresentano ben <strong>il</strong> 30%, e chi fornisce<br />
una risposta positiva <strong>il</strong> 19% (Graf. 6.3).<br />
93
Grafico 6.3. Dipendenti con contratti a termine e collaboratori: “Pensa di avere una pensione<br />
adeguata per vivere quando smetterà di lavorare?”. Valori %<br />
La disaggregazione per classe di età mostra che al crescere<br />
di questa sono in proporzione di più quelli che non credono alla<br />
possib<strong>il</strong>ità di una pensione adeguata. Su questo risultato pesa<br />
probab<strong>il</strong>mente la preoccupazione dei lavoratori più anziani<br />
quanto alla consistenza monetaria del trattamento pensionistico<br />
di spettanza, evidentemente stimata come insufficiente.<br />
In particolare, una sorta di effetto-soglia si riscontra oltre i<br />
35 anni, salvo <strong>il</strong> fatto che i lavoratori in età mediana (36-45 anni)<br />
si mostrano particolarmente incerti in materia (<strong>il</strong> 3 % risponde<br />
“non saprei”). D’altro canto, a rispondere di non saper fare una<br />
previsione, sono – oltre ai lavoratori quarantenni – anche i giovanissimi<br />
(con età inferiore ai 4 anni) (Graf. 6.4).<br />
Grafico 6.4. “Pensa di avere una pensione adeguata per vivere quando smetterà di lavorare?”<br />
per fascia di età. Valori %<br />
Il 77% dei lavoratori dispone della previdenza pubblica come<br />
tutela pensionistica, <strong>il</strong> 16% ha integrato quest’ultima con versamenti<br />
volontari per la pensione integrativa, e <strong>il</strong> 9% ha infine<br />
investito in fondi pensione. Si noti che l’11% degli intervistati,<br />
probab<strong>il</strong>mente percependo talmente debole la propria posizione<br />
pensionistica da ritenerla sostanzialmente inesistente, risponde<br />
di non disporre di nessuna tutela (Tab. 6.14).<br />
94
tabella 6.14. Forme di tutela previdenziale di cui si dispone (risposta multipla) per tipologia<br />
contrattuale. Valori %<br />
tempo<br />
indeterminato<br />
95<br />
Flessib<strong>il</strong>e Autonomo tOtALe<br />
Previdenza pubblica 8 ,6 7 , 55,9 77,4<br />
Fondi pensione 10,0 5,1 10, 8,7<br />
Previdenza privata individuale 14,7 16,5 30,5 16,6<br />
Nessuna 6,7 15,8 5,4 10,8<br />
Il confronto tra lavoratori stab<strong>il</strong>i e temporanei indica che<br />
i primi dispongono in misura maggiore sia di tutele derivanti<br />
da fondi pubblici (83%, +10% circa rispetto ai flessib<strong>il</strong>i), che<br />
dell’attivazione dei fondi pensione (10%, +5 punti percentuali<br />
rispetto ai lavoratori temporanei). Proprio i lavoratori con contratti<br />
a durata limitata, d’altra parte, cercano evidentemente di<br />
integrare, in misura superiore ai lavoratori con contratti a tempo<br />
indeterminato, la prevedib<strong>il</strong>e esiguità dei futuri trattamenti<br />
pensionistici mediante forme previdenziali individuali (16,5%);<br />
si tratta comunque solo di una minoranza del campione di occupati<br />
con contratti non standard.<br />
La “strategia” e <strong>il</strong> posizionamento previdenziale dei lavoratori<br />
autonomi è, rispetto alle altre due categorie di impiego esaminate,<br />
del tutto peculiare: se anche per questo gruppo la maggioranza<br />
dispone di una forma di previdenza pubblica, anche se<br />
in percentuale nettamente inferiore alla media (56% contro <strong>il</strong><br />
77%), nel medesimo tempo acquista una notevole consistenza <strong>il</strong><br />
ricorso alle forme di previdenza privata individuale, che copre <strong>il</strong><br />
30% circa degli intervistati con lavoro autonomo (+15% rispetto<br />
al dato del totale dei lavoratori).<br />
Approfondiamo ancora una volta la diversa situazione di<br />
collaboratori e dipendenti a termine. Posto che la distribuzione<br />
delle risposte è abbastanza sim<strong>il</strong>e, i collaboratori affermano di<br />
ricorrere più dei lavoratori a tempo determinato ai fondi pensione<br />
e alla previdenza integrativa. Quanto al numero di intervistati<br />
che risponde di non avere nessuna forma di previdenza, questi<br />
sono <strong>il</strong> 14% dei dipendenti a termine, e l’8% dei collaboratori<br />
(Graf. 6.5).
Grafico 6.5. Dipendenti con contratti a termine e collaboratori: forme di tutela previdenziale<br />
di cui si dispone (risposta multipla). Valori %<br />
Ma quali sono infine le politiche che nell’opinione dei lavoratori<br />
si rendono necessarie per quei soggetti che hanno un contratto<br />
temporaneo? La percezione delle possib<strong>il</strong>i azioni di intervento<br />
cambia solo leggermente secondo la tipologia contrattuale:<br />
sia per gli assunti stab<strong>il</strong>i che per gli occupati flessib<strong>il</strong>i, infatti,<br />
le prime tre risposte sono: innanzitutto, l’incremento delle assunzioni<br />
a tempo indeterminato (misura, questa, maggiormente<br />
indicata dai flessib<strong>il</strong>i); l’introduzione di tutele certe per quanto<br />
attiene alla malattia, alla maternità o in caso di infortunio (misura<br />
indicata soprattutto dai lavoratori con contratto stab<strong>il</strong>e);<br />
quindi l’aumento della retribuzione intesa <strong>quale</strong> tutela in vista<br />
di eventuali periodi di disoccupazione o per <strong>il</strong> miglioramento<br />
della propria posizione pensionistica.<br />
Quanto a quest’ultima policy, non è irr<strong>il</strong>evante notare che<br />
essa attira maggiori consensi della possib<strong>il</strong>e introduzione dell’indennità<br />
di disoccupazione; sembra emergere, cioè, una predisposizione<br />
alla monetizzazione delle tutele del lavoro. Si confida<br />
relativamente di meno nell’azione pubblica, e nello stesso tempo<br />
si individualizzano le strategie di contrasto ai rischi connessi alla<br />
perdita dell’occupazione o agli svantaggi dei trattamenti pensionistici,<br />
in un atteggiamento di implicita accettazione del “venire<br />
meno di un quadro di stab<strong>il</strong>ità” che non riguarda solo <strong>il</strong> mercato<br />
del lavoro, ma anche l’organizzazione del welfare (Carr<strong>ieri</strong>, Damiano,<br />
Ugolini, 005). La “scala delle preferenze” così ordinata<br />
non è però pienamente condivisa dai lavoratori flessib<strong>il</strong>i: sono<br />
infatti meno coloro che indicano la necessità di livelli retributivi<br />
più elevati (18% contro <strong>il</strong> 7% dei lavoratori standard) e contemporaneamente<br />
di più quanti ritengono fondamentale <strong>il</strong> riconoscimento<br />
dell’indennità di disoccupazione (16% contro <strong>il</strong> 6%)<br />
(Tab. 6.15).<br />
96
Infine, una minoranza dei lavoratori considera prioritario <strong>il</strong><br />
ricongiungimento dei contributi (13% circa per entrambi i gruppi);<br />
la formazione continua (più importante per i lavoratori standard<br />
che non per gli instab<strong>il</strong>i: la segnalano <strong>il</strong> 1 % dei primi contro<br />
<strong>il</strong> 6% dei secondi); la presenza di agenzie di collocamento di<br />
elevata qualità ed efficienza (9% degli stab<strong>il</strong>i, 5% dei flessib<strong>il</strong>i).<br />
tabella 6.15. “Quali sono secondo lei le politiche da attivare per i lavoratori a termine?” per<br />
tipologia contrattuale (risposta multipla max. 2 risposte). Valori %<br />
97<br />
tempo<br />
indeterminato<br />
Flessib<strong>il</strong>e tOtALe<br />
Incrementare <strong>il</strong> lavoro a tempo indeterminato 5 ,7 66,4 53,0<br />
ricongiungimento dei contributi 13,9 13,3 14,1<br />
Tutele certe (malattia, maternità, infortuni) 30,1 0,3 5,7<br />
Formazione continua 11,7 6,3 10,7<br />
Indennità di disoccupazione 6, 16,1 9,4<br />
Buone agenzie di collocamento 8,7 4,9 7,4<br />
Livelli retributivi più elevati (che permettano di<br />
affrontare periodi di non occupazione, farsi una<br />
pensione, ecc.)<br />
6,6 18, 4,4<br />
Altro , ,1 ,9<br />
Non so 3,5 ,8 3,6<br />
La distinzione tra collaboratori e dipendenti a termine marca<br />
differenze sostanziali nelle risposte su quali politiche debbano considerarsi<br />
prioritarie. Ad esempio, se per entrambe le categorie di lavoratori<br />
l’incremento dei contratti no fixed terms è la politica di cui<br />
più si avverte la necessità, vi sono differenze sostanziali tra <strong>il</strong> giudizio<br />
dei tempi determinati (70%) e quello dei collaboratori (55%) 4 . risulta<br />
invece relativamente meno importante l’aspetto retributivo: solo<br />
<strong>il</strong> 9% dei collaboratori dà questa indicazione, che invece è ritenuta<br />
molto importante dai dipendenti a termine ( 1%) (Tab. 6.16).<br />
4 Da questa evidenza empirica emerge dunque l’esistenza, per i collaboratori, di<br />
un’attitudine a concepire l’attuale inquadramento come un percorso orientato.<br />
Come vedremo meglio più avanti, tuttavia, la variab<strong>il</strong>e decisiva in tal senso è<br />
quella temporale.
tabella 6.16. Collaboratori e dipendenti a termine: “Quali sono secondo lei le politiche da<br />
attivare per i lavoratori a termine?” (risposta multipla max. 2 risposte)<br />
98<br />
Collaboratori dipendenti a<br />
termine<br />
Incrementare <strong>il</strong> lavoro a tempo indeterminato 54,8 69,6<br />
ricongiungimento dei contributi ,6 10,7<br />
Tutele certe (malattia, maternità, infortuni) 35,5 16,1<br />
Formazione continua 9,7 5,4<br />
Indennità di disoccupazione ,6 14,3<br />
Buone agenzie di collocamento 6,5 4,5<br />
Livelli retributivi più elevati (che permettano di affrontare<br />
periodi di non occupazione, farsi una pensione, ecc.)<br />
9,7 0,5<br />
Altro 3, 1,8<br />
Non so 3, ,7<br />
L’assenza di strumenti di tutela riferiti alla maternità e al rischio<br />
di infortuni o malattie, rende urgente, agli occhi dei collaboratori,<br />
l’introduzione di politiche che prendano in carico<br />
questi specifici aspetti (è l’opinione del 36% dei collaboratori,<br />
e “solo” del 16% dei dipendenti a termine); l’accentuata instab<strong>il</strong>ità<br />
delle esperienze lavorative e la discontinuità dei percorsi<br />
(più frequente l’alternanza tra periodi di occupazione e di disoccupazione)<br />
si riflette nella richiesta di indennità che li tutelino<br />
durante i periodi di non-lavoro ( 3% contro <strong>il</strong> 14% dei tempi<br />
determinati); la debolezza della posizione pensionistica fa sì che<br />
l’importanza del ricongiungimento dei contributi sia particolarmente<br />
“sentito” da questo gruppo di lavoratori più che dagli altri<br />
( 3% <strong>il</strong> dato dei flessib<strong>il</strong>i, 11% i dipendenti con contratto a tempo<br />
determinato).<br />
Le più recenti modifiche della normativa sul lavoro sono state<br />
apportate dalla Legge 30/ 003, che ha proceduto all’insegna<br />
di una sostanziale svolta in direzione di una maggiore flessib<strong>il</strong>ità<br />
nell’impiego.<br />
Poiché essa incide anche sulle tutele dei lavoratori, chiudiamo<br />
questo paragrafo approfondendo <strong>quale</strong> sia <strong>il</strong> giudizio dato in<br />
proposito da quest’ultimi.<br />
Innanzitutto, una buona parte dei lavoratori non conosce la<br />
Legge in questione 5 . Si tratta del 40% del totale degli intervistati,<br />
e nello specifico del 43% dei tempi indeterminati, del 3 % dei<br />
flessib<strong>il</strong>i, del 41% degli autonomi (Tab. 6.17).<br />
5 Così come avviene per le imprese che pure sono le principali beneficiarie del<br />
provvedimento.
tabella 6.17. “Come giudica la legge 30/2003 (cosiddetta Legge Biagi) sulla riforma del mercato<br />
del lavoro?” per tipologia contrattuale. Valori %<br />
tempo<br />
indeterminato<br />
99<br />
Flessib<strong>il</strong>e Autonomo tOtALe<br />
Non la conosce 4 ,5 3 ,3 40,7 39,7<br />
Ha portato/sta portando miglioramenti<br />
al mercato del lavoro<br />
Manterrà invariata la situazione<br />
occupazionale<br />
Ha peggiorato/peggiorerà le condizioni<br />
lavorative<br />
3,7 3,8 15,3 4,8<br />
6,5 1 ,7 6,8 8,1<br />
33,6 38,6 ,0 33,8<br />
La conosce ma non sa 13,7 1 ,7 15,3 13,6<br />
TOTALE 100,0 100,0 100,0 100,0<br />
Il 34% dà un giudizio negativo: per questi la Legge 30 del<br />
003 porta ad un peggioramento della situazione occupazionale.<br />
A dare una sim<strong>il</strong>e valutazione sono soprattutto quei lavoratori<br />
che sono più immediatamente coinvolti dalle innovazioni<br />
introdotte, ossia i lavoratori instab<strong>il</strong>i (39%).<br />
L’8% degli intervistati, infine, considera la normativa in questione<br />
ininfluente sulle condizioni lavorative (13% <strong>il</strong> dato dei<br />
flessib<strong>il</strong>i), e <strong>il</strong> 14% pur conoscendo <strong>il</strong> provvedimento non sa darne<br />
una valutazione; in quest’ultimo caso le opinioni dei lavoratori<br />
non variano al variare della tipologia contrattuale.<br />
6.2. Il tempo del lavoro<br />
Nella scala valoriale con cui i lavoratori intervistati ordinano<br />
per grado di importanza i vari aspetti delle condizioni del<br />
proprio impiego, l’orario di lavoro è giudicato meno r<strong>il</strong>evante<br />
di altri (cfr. § 6.3). Tuttavia, se dall’ambito delle dimensioni ritenute<br />
“più importanti” si passa all’individuazione delle sfere<br />
maggiormente “soddisfacenti”, cresce <strong>il</strong> numero di coloro che<br />
considerano l’orario, da un lato come <strong>il</strong> fattore che procura maggiori<br />
soddisfazioni (10% circa), e dall’altro l’elemento che meno<br />
soddisfa dell’attuale condizione (14%, con punte fino al 0% tra<br />
i lavoratori autonomi).<br />
La r<strong>il</strong>evanza del tempo del lavoro si misura ut<strong>il</strong>izzando<br />
due criteri: con <strong>il</strong> primo, si mette a tema la conc<strong>il</strong>iazione, talvolta<br />
del tutto funzionale (come nei part-timers volontari), talvolta<br />
difficoltosa, delle ore spese per l’impegno lavorativo con<br />
quelle extra-lavorative (“quel che resta del giorno”, secondo la
puntuale definizione dell’ISFOL), ed anche <strong>il</strong> livello di regolarità/irregolarità<br />
delle ore lavorate nell’arco della settimana,<br />
o del mese.<br />
Con <strong>il</strong> secondo, si focalizza l’attenzione sul fatto che <strong>il</strong> tempo<br />
lavorativo può rappresentare una “gabbia mal tollerata dalla<br />
<strong>quale</strong> non si può fuggire” (rampazi, 1989), di cui si soffre<br />
<strong>il</strong> carattere eterodiretto dall’esterno, se si stenta ad identificarsi<br />
con le attività normate dai tempi e dai ritmi lavorativi, non ritenendoli<br />
significativi per la propria esistenza. In questa prospettiva,<br />
<strong>il</strong> tempo del lavoro è potenzialmente tempo di qualità, se<br />
di qualità sono i contenuti del lavoro, perché questi esprimono<br />
la relazione positiva tra individuo e organizzazione sociale, e <strong>il</strong><br />
sentimento di adesione del primo rispetto alla seconda attraverso<br />
i significati del lavoro (Elias, 1986).<br />
Ma vediamo a quanto tempo corrisponde l’impegno di lavoro<br />
per i lavoratori del campione. Innanzitutto, <strong>il</strong> 19% dei dipendenti<br />
occupati con contratto fixed terms lavora con un part-time.<br />
In particolare si tratta del 1% dei dipendenti donne e del 14%<br />
degli uomini: dunque la forbice tra maschi e femmine è meno<br />
ampia di quella r<strong>il</strong>evab<strong>il</strong>e in genere nelle occupazioni “standard”<br />
( 1% contro 46%). Tra i collaboratori, per i quali si è stimata<br />
una soglia di massimo 5 ore settimanali per individuare un impegno<br />
di lavoro part-time, si sale fino ad un significativo 45% di<br />
lavoratori a tempo ridotto.<br />
riferendosi solo ai contratti a tempo determinato, <strong>il</strong> numero<br />
medio di ore lavorate nel caso di un part-time è pari a 19,6<br />
ore settimanali; nel caso di un contratto full time è di 37,8. Solo<br />
pochissimi dipendenti a termine lavorano oltre le 40 ore settimanali<br />
(5,4%, in linea con <strong>il</strong> numero di ore lavorate dai temi<br />
indeterminati) (Tab. 6.18).<br />
100
tabella 6.18. Dipendenti “non standard” con contratto a termine full time/part-time. Valori<br />
assoluti e valori %<br />
Orario Valori assoluti Valori %<br />
Dip. a tempo determinato<br />
A tempo pieno 91 81,3<br />
A tempo parziale 1 18,8<br />
TOTALE 11 100,0<br />
Collaboratori<br />
A tempo pieno 14 45,<br />
A tempo parziale 17 54,8<br />
TOTALE 31 100,0<br />
• Le preferenze per <strong>il</strong> tempo pieno o ridotto<br />
Tra quanti lavorano a tempo pieno, <strong>il</strong> 55% afferma che questo<br />
era <strong>il</strong> suo desiderio (6 % <strong>il</strong> dato dei lavoratori a tempo indeterminato),<br />
per <strong>il</strong> 31% è una scelta dettata da ragioni economiche<br />
(non vi sono differenze tra lavoratori standard e non standard),<br />
e solo pochi dichiarano di avere attivamente cercato un lavoro<br />
a tempo parziale senza trovarlo (3%, si tratta esclusivamente di<br />
lavoratrici di genere femmin<strong>il</strong>e).<br />
Al binomio desiderio/necessità di lavorare a tempo pieno,<br />
che sempre connota <strong>il</strong> tempo del lavoro tra aspirazione professionale<br />
e bisogno di risorse, fanno quindi riferimento le risposte<br />
fornite dal 90% degli intervistati (Tab. 6.19).<br />
tabella 6.19. Dipendenti con contratto a termine full time per motivo del perché lavora a<br />
tempo pieno. Valori assoluti e valori %<br />
Valori<br />
assoluti<br />
101<br />
Valori<br />
%<br />
Confronto:<br />
% espresse da occupati<br />
con contratti a tempo<br />
indeterminato<br />
Non ho trovato un lavoro part-time 3 3,3 3,0<br />
Desideravo lavorare a tempo pieno 50 54,9 61,9<br />
Ho bisogno di lavorare a tempo pieno/<br />
per motivi economici<br />
Il part-time avrebbe penalizzato la mia<br />
carriera<br />
8 30,8 30,4<br />
5 5,5 ,<br />
Altro 4 4,4 ,6<br />
Non risponde 1 1,1 0,0<br />
TOTALE 91 100,0 100,0<br />
Non può però dirsi lo stesso per chi è impiegato attualmente<br />
con contratti part-time, che solo in circa la metà dei casi risulta
una tipologia d’impiego scelta oppure funzionale a necessità di<br />
vario genere, come motivi di salute, esigenze di studio o di formazione<br />
professionale, ecc.<br />
Il 48% risponde infatti di non lavorare con un tempo pieno<br />
solo perché non è riuscito a trovarne la disponib<strong>il</strong>ità. In particolare,<br />
questa è la risposta fornita dal 60% degli uomini (contro <strong>il</strong><br />
44% delle donne), mentre tra le donne <strong>il</strong> part-time risulta -in proporzione<br />
all’altro sesso- necessario per prendersi cura dei figli o<br />
dei fam<strong>il</strong>iari non autosufficienti, motivazioni che sono del tutto<br />
escluse dagli uomini (Tab. 6. 0).<br />
tabella 6.20. Dipendenti con contratto a termine part-time per motivo del perché lavora a<br />
tempo parziale per genere. Valori %<br />
maschi Femmine tOtALe Confronto:<br />
% espresse<br />
da occupati con<br />
contratti a tempo<br />
indeterminato<br />
Perché non ha trovato un lavoro a<br />
tempo pieno<br />
60,0 43,8 47,6 34,1<br />
Perché non desidera lavorare a<br />
tempo pieno<br />
0,0 6,3 9,5 15,9<br />
Perché studia o segue corsi di<br />
formazione professionale<br />
0,0 6,3 9,5 3,0<br />
Per problemi di salute/per prendersi<br />
cura dei figli e dei fam<strong>il</strong>iari<br />
0,0 18,8 19,0 41,7<br />
Altri motivi 0,0 18,8 19,0 5,3<br />
TOTALE 100,0 100,0 100,0 100,0<br />
La percentuale di donne che, potendo disporre di un contratto<br />
a tempo indeterminato, risulta invece avere scelto <strong>il</strong> part-time per<br />
assolvere alla cura dei propri figli, è di fatto di più del doppio rispetto<br />
alle dipendenti con contratto a tempo determinato. Con questa<br />
tipologia contrattuale, cambiano notevolmente le motivazioni<br />
dell’orientarsi sul part-time (e anche sul full time): diminuiscono<br />
quanti lavorano a tempo ridotto per non avere trovato un impiego<br />
a tempo pieno, e al contrario aumenta <strong>il</strong> numero di chi deliberatamente<br />
ha scelto di voler lavorare per un numero di ore limitato.<br />
Per quanto attiene invece ai titolari di contratti di collaborazione,<br />
<strong>il</strong> tema dell’orario si pone nel senso della possib<strong>il</strong>ità di<br />
decidere in autonomia <strong>il</strong> proprio impegno lavorativo: la maggioranza<br />
dei collaboratori può effettivamente stab<strong>il</strong>ire come far<br />
fronte al carico di lavoro assegnato (58%), mentre una quota<br />
del 4 %, dunque consistente, è tenuta a rispettare orari imposti<br />
gerarchicamente. Gli uomini decidono autonomamente in un<br />
numero maggiore di casi rispetto alle donne (Tab. 6. 1).<br />
10
tabella 6.21. Collaboratori: autonomia sull’orario di lavoro. Valori assoluti e valori %<br />
103<br />
Valori assoluti Valori %<br />
Decide autonomamente l’orario 18 58,1<br />
Non decide l’orario 13 41,9<br />
TOTALE 31 100,0<br />
Per i dipendenti con contratto a termine, invece, l’orario di lavoro<br />
è prestab<strong>il</strong>ito in circa <strong>il</strong> 70% dei casi, oppure risulta flessib<strong>il</strong>e<br />
ma solo “entro certi limiti” ( 1%). Se l’orario è flessib<strong>il</strong>e in grado<br />
maggiore, questo accade soprattutto per esigenze dell’azienda<br />
(5%). va sottolineato anche che la flessib<strong>il</strong>ità è minore rispetto a<br />
quella dei lavoratori con contratti standard (Tab. 6. ).<br />
tabella 6.22. Dipendenti con contratto a termine: “Ha un orario di lavoro prefissato?”, per<br />
genere. Valori %<br />
maschi Femmine tOtALe Confronto:<br />
% espresse<br />
da occupati con<br />
contratti a tempo<br />
indeterminato<br />
Sì, ho un orario prefissato 67,6 73,3 71,4 65,<br />
In linea di massima devo seguire un<br />
orario ma ho una certa flessib<strong>il</strong>ità<br />
18,9 1,3 0,5 7,1<br />
Sono totalmente libero di scegliere<br />
quando lavorare<br />
,7 ,7 ,7 1,<br />
Ho un orario flessib<strong>il</strong>e che dipende<br />
dalle esigenze dell’azienda<br />
10,8 ,7 5,4 6,<br />
Altro 0,0 0,0 0,0 0,<br />
TOTALE 100,0 100,0 100,0 100,0<br />
• Gli straordinari e gli orari “socialmente svantaggiati”<br />
A tutti i lavoratori è stato chiesto anche se vi fosse un riconoscimento<br />
per <strong>il</strong> lavoro effettuato con ore di straordinario. Concentrandosi<br />
sugli occupati con contratto a termine, dall’indagine<br />
emerge che: <strong>il</strong> 9% non svolge alcun tipo di lavoro straordinario<br />
(30% i tempi indeterminati); per <strong>il</strong> 18% questo è assim<strong>il</strong>ato a<br />
“recupero ore” (9% <strong>il</strong> dato dei lavoratori standard); per circa la<br />
metà lo straordinario è correttamente riconosciuto e retribuito<br />
dall’azienda (47% per i dipendenti a tempo determinato, 55% i<br />
lavoratori a tempo indeterminato); solo in una ristretta minoranza<br />
di casi (6%) <strong>il</strong> lavoro straordinario non è riconosciuto (senza<br />
differenze in base alla tipologia contrattuale) (Tab. 6. 3).
tabella 6.23. Dipendenti con contratto a termine: “Gli straordinari le vengono riconosciuti?”<br />
per genere. Valori %<br />
maschi Femmine tOtALe Confronto:<br />
% espresse<br />
da occupati con<br />
contratti a tempo<br />
indeterminato<br />
Sì, come recupero di ore 10,8 1,3 17,9 8,5<br />
Sì, mi vengono pagati 54,1 44,0 47,3 55,0<br />
No 5,4 6,7 6,3 6,7<br />
Non faccio ore di lavoro straordinario 9,7 8,0 8,6 9,9<br />
TOTALE 100,0 100,0 100,0 100,0<br />
In assoluto, non emergono scostamenti r<strong>il</strong>evanti tra tempi determinati<br />
e indeterminati, al pari di quanto si r<strong>il</strong>evava nella precedente<br />
indagine sulla situazione dei lavoratori al 004 (Giovani, 005).<br />
Esaminiamo infine, sempre con riferimento ai contratti da dipendenti<br />
a termine, come si svolge l’impegno lavorativo giornaliero tra le<br />
diverse fasce orarie della giornata, e in particolare con quanta frequenza<br />
le modalità di svolgimento del lavoro coinvolgano anche la fascia<br />
serale (dalle 0), notturna, e le giornate di sabato e domenica, ossia<br />
orari definib<strong>il</strong>i come “socialmente svantaggiati” perché svolti in giorni<br />
o in parti della giornata abitualmente dedicate alla vita privata.<br />
L’irruzione del lavoro in questi ambiti – abituale nelle produzioni<br />
a ciclo continuo e in alcuni servizi di pubblica ut<strong>il</strong>ità, come<br />
la sanità – sta caratterizzando settori lavorativi sempre più ampi,<br />
provocando difficoltà di conc<strong>il</strong>iazione tra lavoro e non lavoro<br />
nella vita di un numero crescente di occupati (ISFOL, 004).<br />
Dalle risposte espresse dai lavoratori temporanei risulta che<br />
è molto raro l’impiego per <strong>il</strong> lavoro notturno (<strong>il</strong> 91% dei lavoratori<br />
non è mai occupato in questa fascia) e, per la gran parte,<br />
anche serale (78% coloro che hanno risposto di non lavorare<br />
“mai” dopo le 0; l’11% ha risposto “saltuariamente” e solo per<br />
<strong>il</strong> 1 % del totale l’impegno in questa fascia della giornata è da<br />
considerarsi come abituale). Questi risultati non si discostano<br />
da quelli relativi ai tempi indeterminati, a differenza di quanto<br />
accade per i festivi.<br />
La giornata del sabato è “tempo di lavoro” per <strong>il</strong> 37% degli intervistati<br />
atipici; in maniera saltuaria, lo è anche per un altro 14%<br />
dei lavoratori. Quanti non lavorano mai di sabato sono quindi<br />
“solo” circa la metà; si tratta di una percentuale superiore a quella<br />
r<strong>il</strong>evata per gli assunti con contratto a tempo indeterminato, i<br />
quali complessivamente lavorano di sabato nel 9% dei casi.<br />
104
Quasi un lavoratore temporaneo su cinque, inoltre, lavora<br />
abitualmente o più che abitualmente la domenica: anche in questo<br />
caso <strong>il</strong> confronto con i lavoratori “standard” fa registrare un<br />
certo svantaggio, anche se non di intensità eclatante, a sfavore<br />
dei dipendenti a termine (Tab. 6. 4).<br />
tabella 6.24. Dipendenti con contratto a termine: fasce orarie di lavoro serali/notturne<br />
e festivi. Valori %<br />
Orario sempre Abitualmente saltuariamente mai tOtALe<br />
Serale (Dalle 0 in poi) 4,5 7,1 10,7 77,7 100,0<br />
Notturno 1,8 3,6 3,6 91,1 100,0<br />
Sabato 6,8 9,8 14,3 49,1 100,0<br />
Domenica 10,7 7,1 8,9 73, 100,0<br />
Il genere incide sugli orari di lavoro dei dipendenti temporanei,<br />
ma con un impatto non univoco: gli uomini risultano maggiormente<br />
lavorare in parti della giornata usualmente riservate<br />
al riposo (lavoro notturno e serale), mentre tra le donne cresce<br />
la percentuale di coloro che lavorano nelle giornate di sabato e<br />
domenica (Tab. 6. 5).<br />
tabella 6.25. Dipendenti con contratto a termine, per genere: fasce orarie di lavoro<br />
serali/notturne e festivi. Valori %<br />
Orario sempre Abitualmente saltuariamente mai tOtALe<br />
Donne<br />
Serale (Dalle 0 in poi) 4,0 5,3 5,3 85,3 100,0<br />
Notturno 1,3 ,7 1,3 94,7 100,0<br />
Sabato 9,3 6,7 13,3 50,7 100,0<br />
Domenica 13,3 4,0 5,3 77,3 100,0<br />
Uomini<br />
Serale (Dalle 0 in poi) 5,4 10,8 1,6 6 , 100,0<br />
Notturno ,7 5,4 8,1 83,8 100,0<br />
Sabato 1,6 16, 16, 45,9 100,0<br />
Domenica 5,4 13,5 16, 64,9 100,0<br />
Incrociando infine <strong>il</strong> dato degli orari di lavoro “socialmente<br />
svantaggiati” con <strong>il</strong> settore di impiego, risulta una fortissima differenziazione<br />
secondo <strong>il</strong> tipo di lavoro svolto (Tab. 6. 6).<br />
I dipendenti a termine lavorano “sempre o spesso” in orario<br />
serale, soprattutto se occupati nella ristorazione e nel turismo<br />
(43%, contro una media dell’11%) e nel commercio (33%); in<br />
misura nettamente inferiore, se <strong>il</strong> settore di impiego è l’industria<br />
(costruzioni incluse), con un dato del 14%. Mai l’orario serale è<br />
105
tempo di lavoro per chi è occupato in agricoltura, o nei servizi<br />
alle imprese o alle persone.<br />
L’orario notturno è soprattutto appannaggio – nuovamente<br />
– del settore alberghiero e della ristorazione e dell’industria (14%<br />
in entrambi i casi, la media generale è invece del 5%), ma anche del<br />
settore dei servizi alle aziende (8%). Non risultano mai orari di questo<br />
tipo nel commercio, in agricoltura o nei servizi alle persone.<br />
Le giornate di sabato e domenica, che come si è visto vedono<br />
impegnate relativamente di più le donne anziché gli uomini,<br />
fanno riscontrare percentuali r<strong>il</strong>evanti <strong>il</strong> sabato nei settori del<br />
“commercio” (78%, 37% la media generale) “alberghi e ristoranti”<br />
(71%), e “servizi alle persone” (38%). Nettamente inferiore<br />
alle media risultano i settori dei servizi alle imprese (8%) e, entro<br />
una certa misura, delle attività agricole ( 5%).<br />
tabella 6.26. Dipendenti con contratto a termine, per settore: fasce orarie di lavoro<br />
serali/notturne e festivi. Valori %<br />
Orario Frequenza serale<br />
(dalle 20<br />
in poi)<br />
Agricoltura<br />
Attività manifatturiere<br />
e costruzioni<br />
Commercio<br />
Alberghi e ristoranti<br />
Servizi alle aziende<br />
Servizi alle persone<br />
TOTALE<br />
106<br />
Notturno sabato domenica<br />
Sempre/spesso 0,0 0,0 5,0 0,0<br />
Saltuariam./mai 100,0 100,0 75,0 100,0<br />
Sempre/spesso 14,3 14,3 14,3 4,8<br />
Saltuariam./mai 85,7 85,7 85,7 95,<br />
Sempre/spesso 33,3 0,0 77,8 33,3<br />
Saltuariam./mai 66,7 100,0 , 66,7<br />
Sempre/spesso 4 ,9 14,3 71,4 64,3<br />
Saltuariam./mai 57,1 85,7 8,6 35,7<br />
Sempre/spesso 0,0 8,3 8,3 8,3<br />
Saltuariam./mai 100,0 91,7 91,7 91,7<br />
Sempre/spesso ,1 0,0 38,3 1 ,8<br />
Saltuariam./mai 97,9 100,0 61,7 87,<br />
Sempre/spesso 11,6 5,4 36,6 17,9<br />
Saltuariam./mai 88,4 94,6 63,4 8 ,1<br />
La domenica, infine, non lavorano gli agricoli (0%), gli occupati<br />
nella manifattura (5%) e nei servizi alle aziende (ancora<br />
8%); negli altri settori, invece, si registra un impiego tutt’altro<br />
che irr<strong>il</strong>evante del lavoro nei festivi. È <strong>il</strong> caso del 13% degli occupati<br />
nei servizi alla persone, del 33% nel commercio, fino al 64%<br />
dei lavoratori del settore turistico e della ristorazione.
6.3. La soddisfazione del lavoro<br />
La soddisfazione espressa – nelle sue diverse dimensioni –<br />
per l’attuale occupazione è stata indagata interrogando gli intervistati<br />
principalmente su: la percezione del miglioramento/peggioramento<br />
della propria vita lavorativa (anche nello specifico<br />
di quali aspetti in particolare siano andati peggiorando/migliorando)<br />
rispetto alla condizione di un anno prima; la congruenza<br />
dell’attività svolta rispetto al percorso scolastico effettuato (titolo<br />
di studio); <strong>il</strong> giudizio di gradimento del lavoratore quanto<br />
alle condizioni d’impiego (retribuzione, sicurezza del posto di<br />
lavoro, orario eccetera), le possib<strong>il</strong>ità di accesso al “sapere” professionale,<br />
e ad un certo grado di autonomia nell’organizzazione<br />
delle proprie mansioni; la r<strong>il</strong>evazione di quali aspetti del lavoro<br />
siano considerati più importanti dai lavoratori.<br />
Le elaborazioni hanno permesso di individuare alcune variab<strong>il</strong>i<br />
che costituiscono elementi discriminanti ai fini dell’analisi<br />
sulla qualità del lavoro. Queste sono: l’attinenza del percorso<br />
scolastico rispetto al settore e alle mansioni di impiego, anche<br />
al di là del grado di scolarizzazione che comunque risulta anch’esso<br />
un fattore condizionante; la stab<strong>il</strong>ità contrattuale dell’occupazione;<br />
<strong>il</strong> grado di autonomia sul lavoro 6 ; <strong>il</strong> settore di<br />
impiego.<br />
Questi elementi, come si vedrà, combinandosi l’uno con l’altro<br />
configurano prof<strong>il</strong>i, o tipi, di approccio al lavoro, anche molto<br />
differenziati.<br />
• Qual è l’aspetto più importante del lavoro?<br />
Questa è la domanda che è stata posta ai lavoratori intervistati,<br />
i quali hanno risposto che è in assoluto la sicurezza del<br />
posto di lavoro l’elemento di maggior importanza. Si esprime<br />
così, infatti, ben <strong>il</strong> 41% del totale dei lavoratori. Sono soprattutto<br />
i lavoratori con contratti “standard” a indicare questo aspetto<br />
(47%), seguiti dai flessib<strong>il</strong>i (34%) e dagli autonomi ( %), per i<br />
quali è piuttosto la possib<strong>il</strong>ità di autorealizzazione – condizione<br />
e effetto dei percorsi di imprenditorialità – ad essere segnalata<br />
6 vale a dire, <strong>il</strong> bisogno soddisfatto di stab<strong>il</strong>ire con una certa libertà le condizioni<br />
immediate del proprio lavoro, di determinare autonomamente la propria<br />
condotta lavorativa (ISFOL, 004) e, infine, lo “sganciamento” dall’autorità<br />
aziendale gerarchicamente organizzata, che altre indagini mostrano essere<br />
uno degli aspetti che più riduce la qualità percepita del lavoro, in special<br />
modo nelle aziende di grande dimensione.<br />
107
più degli altri fattori (66%). D’altro canto, l’autorealizzazione è<br />
un aspetto tutt’altro che trascurato dai lavoratori dipendenti, dal<br />
momento che compare come seconda risposta sia per gli assunti<br />
a tempo indeterminato (15%) che per i flessib<strong>il</strong>i (19%).<br />
Per gli autonomi, <strong>il</strong> secondo fattore in ordine di importanza<br />
è invece proprio la sicurezza del posto ( %). Per tutti i lavoratori,<br />
<strong>il</strong> terzo elemento è la condizione retributiva: lo segnala <strong>il</strong><br />
1 % degli occupati standard, <strong>il</strong> 13% dei flessib<strong>il</strong>i, e <strong>il</strong> 19% degli<br />
autonomi.<br />
Meno importanti di altri aspetti sono considerati, in ordine,<br />
i rapporti con i colleghi e con i superiori (11%), la possib<strong>il</strong>ità<br />
di imparare cose nuove (4%), la possib<strong>il</strong>ità di carriera (3%), <strong>il</strong><br />
prestigio sociale della professione (3%), infine l’orario di lavoro<br />
( %) (Tab. 6. 7).<br />
tabella 6.27. L’aspetto della condizione di lavoro considerato “più importante” per tipologia<br />
contrattuale. Valori %<br />
tempo<br />
indeterminato<br />
Flessib<strong>il</strong>e Autonomo tOtALe<br />
Sicurezza del posto di lavoro 46,5 34, ,0 41,0<br />
Possib<strong>il</strong>ità di carriera 1,7 4,4 3,4 ,6<br />
rapporti con i colleghi/superiori 11,4 10,8 6,8 10,8<br />
Stipendio/reddito 11,7 1 ,7 18,6 1 ,6<br />
Possib<strong>il</strong>ità di autorealizzazione 14,9 19,0 35,6 17,9<br />
Possib<strong>il</strong>ità di imparare cose nuove 3,5 6,3 3,4 4,<br />
Orario di lavoro 1, 4,4 3,4 ,3<br />
Prestigio, stima degli altri 3,0 3, 0,0 ,7<br />
Non so 1,7 1,3 1,7 1,6<br />
Tutti 3,7 3, 3,4 3,6<br />
Nessuno 0,5 0,6 1,7 0,6<br />
TOTALE 100,0 100,0 100,0 100,0<br />
Gli aspetti maggiormente importanti del lavoro si risolvono<br />
dunque tra stab<strong>il</strong>ità dell’occupazione, aspirazioni all’autorealizzazione<br />
e alla gratificazione personale, e consistenza della retribuzione,<br />
che in tutti i casi sono le prime tre risposte date dai lavoratori<br />
al di là della tipologia contrattuale, come si può vedere<br />
dal prospetto seguente (Tab. 6. 8).<br />
108
tabella 6.28. Aspetti delle condizioni di lavoro: prime 3 risposte per numerosità per tipologia contrattuale<br />
tipologia<br />
contrattuale<br />
“… <strong>il</strong> più importante”<br />
Prima risposta seconda risposta terza risposta<br />
Tempo indeterminato Sicurezza del posto di lavoro Possib<strong>il</strong>ità di autorealizzazione Stipendio/reddito<br />
Flessib<strong>il</strong>i Sicurezza del posto di lavoro Possib<strong>il</strong>ità di autorealizzazione Stipendio/reddito<br />
Autonomi Possib<strong>il</strong>ità di autorealizzazione Sicurezza del posto di lavoro Stipendio/reddito<br />
“… <strong>il</strong> più soddisfacente”<br />
Tempo indeterminato rapporti con i colleghi/superiori Sicurezza del posto di lavoro Possib<strong>il</strong>ità di autorealizzazione<br />
Flessib<strong>il</strong>i rapporti con i colleghi/superiori Possib<strong>il</strong>ità di autorealizzazione Possib<strong>il</strong>ità di imparare cose nuove<br />
Autonomi Possib<strong>il</strong>ità di autorealizzazione rapporti con i colleghi/superiori Possib<strong>il</strong>ità di imparare cose nuove<br />
“… <strong>il</strong> meno soddisfacente”<br />
Tempo indeterminato “Nessuno” Stipendio/reddito “Non saprei”<br />
Flessib<strong>il</strong>i Sicurezza del posto di lavoro Stipendio/reddito Orario di lavoro<br />
Autonomi Stipendio/reddito Orario di lavoro “Nessuno”<br />
Le risposte fornite in particolare dai lavoratori flessib<strong>il</strong>i si<br />
concentrano, più di quelle date dai lavoratori assunti con contratti<br />
standard, sulle aspirazioni alla gratificazione personale e<br />
la qualità della professione. La sicurezza del posto di lavoro è<br />
comunque indicata da circa un lavoratore temporaneo su tre.<br />
Incrociando la variab<strong>il</strong>e sicurezza/insicurezza percepita del<br />
proprio lavoro con le risposte fornite circa gli aspetti che sono<br />
ritenuti più importanti, emergono alcuni importanti risultati,<br />
soprattutto per quanto riguarda i lavoratori flessib<strong>il</strong>i.<br />
In particolare, l’importanza assegnata alla sicurezza del posto<br />
di lavoro è correlata inversamente rispetto alla percezione<br />
della sua incertezza: tra i lavoratori flessib<strong>il</strong>i che sperimentano<br />
un posto di lavoro poco o per niente sicuro, sono relativamente<br />
di più quanti hanno indicato questo aspetto delle condizioni di<br />
lavoro come “<strong>il</strong> più importante” (39% contro <strong>il</strong> 31% dei lavoratori<br />
“sicuri” del posto”) (Tab. 6. 9).<br />
109
tabella 6.29. L’aspetto della condizione di lavoro considerato “più importante”, per tipologia<br />
contrattuale e grado di sicurezza percepita del posto di lavoro. Valori %<br />
L’aspetto più importante sicuro o abbastanza Poco sicuro o per niente<br />
tempo Flessib<strong>il</strong>i Auton. tOtALe tempo Flessib<strong>il</strong>i Auton. tOtALe<br />
indeterm. indeterm.<br />
Sicurezza posto di lavoro 46,3 31,4 16,3 40,8 48,5 39,3 30,8 41,<br />
Possib<strong>il</strong>ità di carriera 1,9 ,9 ,3 , 0,0 7,1 7,7 4,9<br />
rapporti con i colleghi/superiori 11,5 11,8 7,0 11, 9,1 8,9 7,7 8,8<br />
Stipendio 1 ,3 14,7 18,6 13,3 6,1 8,9 3,1 9,8<br />
Possib<strong>il</strong>ità di autorealizzazione 15,6 15,7 39,5 17,6 9,1 5,0 3,1 19,6<br />
Imparare cose nuove 3,6 5,9 ,3 3,9 3,0 7,1 7,7 5,9<br />
Orario di lavoro 0,8 5,9 4,7 , 6,1 1,8 0,0 ,9<br />
Prestigio, stima degli altri ,5 4,9 0,0 ,7 9,1 0,0 0,0 ,9<br />
Non so 1,1 ,0 ,3 1,4 6,1 0,0 0,0 ,0<br />
Tutti 3,8 3,9 4,7 3,9 3,0 1,8 0,0 ,0<br />
Nessuno 0,5 1,0 ,3 0,8 0,0 0,0 0,0 0,0<br />
TOTALE 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0<br />
Sempre considerando le risposte dei lavoratori con contratti<br />
temporanei, si r<strong>il</strong>eva che alla percezione di una maggiore sicurezza<br />
del posto di lavoro si accompagna invece una più elevata considerazione<br />
della qualità dei rapporti con colleghi e superiori (1 %<br />
<strong>il</strong> dato dei lavoratori più sicuri, 9% i più insicuri), dell’orario di<br />
lavoro (6% contro <strong>il</strong> %), e della retribuzione (15% contro <strong>il</strong> 9%).<br />
• Qual è l’aspetto più soddisfacente?<br />
È <strong>il</strong> rapporto con i colleghi/con i superiori l’elemento rispetto<br />
al <strong>quale</strong> i lavoratori (salvo gli autonomi) si dicono “più soddisfatti”<br />
– così risponde circa <strong>il</strong> 4% dei lavoratori. L’unica eccezione è<br />
rappresentata appunto dai lavoratori indipendenti, che indicano<br />
questa risposta solo nel 1 % dei casi. Il 19%, invece, dichiara<br />
di trovare maggiormente soddisfacente la “possib<strong>il</strong>ità di autorealizzazione”<br />
che l’attuale occupazione gli consente, con punte<br />
tra i lavoratori autonomi (48%), e un certo consenso anche tra<br />
i flessib<strong>il</strong>i ( 3%), mentre tra gli assunti a tempo indeterminato<br />
questo fattore sembra non pesare in misura così marcata (13%).<br />
Piuttosto, quest’ultimi apprezzano la certezza del posto (19%),<br />
esattamente al contrario – ovviamente – dei lavoratori con contratto<br />
“non standard”, che non ne dispongono (3%). Anche tra<br />
gli autonomi la sicurezza del posto di lavoro non è tra gli aspetti<br />
che più si considera soddisfacente, dal momento che solo <strong>il</strong> 5%<br />
lo indica come elemento di maggior soddisfazione dell’attuale<br />
110
condizione lavorativa – vedremo in seguito perché.<br />
Il 10% dei lavoratori standard e <strong>il</strong> 9% dei flessib<strong>il</strong>i indica<br />
anche l’orario di lavoro come fattore più soddisfacente; l’orario<br />
non è invece altrettanto considerato dagli autonomi (5%),<br />
che mostrano piuttosto di apprezzare – così come fanno i flessib<strong>il</strong>i<br />
– le possib<strong>il</strong>ità di apprendimento formale o informale (“la<br />
possib<strong>il</strong>ità di imparare cose nuove”), cioè uno degli elementi che<br />
insieme alla formazione, consentendo lo sv<strong>il</strong>uppo delle competenze<br />
personali, incrementa l’autopercezione della propria occupab<strong>il</strong>ità,<br />
ritenuta in misura crescente dalle giovani generazioni<br />
una valida difesa per l’incertezza lavorativa, talvolta più efficace<br />
delle tutele contrattuali (Tab. 6.30).<br />
tabella 6.30. L’aspetto della condizione di lavoro di cui si è “più soddisfatti” per tipologia<br />
contrattuale. Valori %<br />
tempo<br />
indeterminato<br />
111<br />
Flessib<strong>il</strong>e Autonomo tOtALe<br />
Sicurezza del posto di lavoro 19, ,5 5,1 13,6<br />
Possib<strong>il</strong>ità di carriera ,7 1,9 1,7 ,4<br />
rapporti con i colleghi/superiori 4,6 5,3 11,9 3,6<br />
Stipendio/reddito 5,7 7,6 3,4 6,0<br />
Possib<strong>il</strong>ità di autorealizzazione 13,4 ,8 47,5 19,1<br />
Possib<strong>il</strong>ità di imparare cose nuove 6,5 1 ,0 10, 8,<br />
Orario di lavoro 10,4 8,9 5,1 9,5<br />
Prestigio, stima degli altri 5,0 5,1 0,0 4,5<br />
Non so 4,7 7,0 5,1 5,3<br />
Tutti 4,0 3, 6,8 4,0<br />
Nessuno 3,7 3,8 3,4 3,7<br />
TOTALE 100,0 100,0 100,0 100,0<br />
Tra i lavoratori temporanei, possono inoltre distinguersi<br />
due differenti prof<strong>il</strong>i di approccio al lavoro, in base al grado<br />
di congruenza dell’attuale occupazione con <strong>il</strong> titolo di studio<br />
(Tab. 6.31).
tabella 6.31. Lavoratori flessib<strong>il</strong>i: l’aspetto del lavoro considerato “più soddisfacente” per<br />
congruenza dell’attuale occupazione rispetto al titolo di studio. Valori %<br />
sì, molto<br />
attinente<br />
11<br />
sì, ma solo<br />
in parte<br />
No, per<br />
niente<br />
totale<br />
Sicurezza del posto di lavoro 0,0 3,6 4,4 ,5<br />
Possib<strong>il</strong>ità di carriera 3,3 0,0 1,5 1,9<br />
rapporti con i colleghi/superiori 0,0 8,6 9,4 5,3<br />
Stipendio/reddito 1,7 10,7 11,8 7,6<br />
Possib<strong>il</strong>ità di autorealizzazione 33,3 1,4 14,7 ,8<br />
Possib<strong>il</strong>ità di imparare cose nuove 16,7 10,7 8,8 1 ,0<br />
Orario di lavoro 6,7 10,7 10,3 8,9<br />
Prestigio, stima degli altri 8,3 0,0 4,4 5,1<br />
Non so 3,3 10,7 7,4 7,0<br />
Tutti 3,3 3,6 1,5 3,<br />
Nessuno 3,3 0,0 5,9 3,8<br />
TOTALE 100,0 100,0 100,0 100,0<br />
Se si esamina la relazione tra attinenza della mansione professionale<br />
rispetto al percorso formativo e aspetti del lavoro<br />
considerati “più soddisfacenti”, gli occupati che affermano la<br />
maggiore congruenza del proprio lavoro rispetto a ciò per cui<br />
hanno studiato, apprezzano più dei lavoratori con un percorso<br />
per così dire “incoerente”, la “possib<strong>il</strong>ità di autorealizzazione”<br />
(33% contro <strong>il</strong> 15%), la “possib<strong>il</strong>ità di imparare cose nuove” (rispettivamente,<br />
17% e 9%), <strong>il</strong> prestigio sociale (8% contro <strong>il</strong> 4%),<br />
ed anche la possib<strong>il</strong>ità di carriera (3% contro l’1%), nonostante<br />
quest’ultima risposta sia in assoluto tra gli aspetti che meno soddisfano<br />
gli occupati non standard.<br />
viceversa, chi risponde “no, per niente” alla domanda sull’attinenza<br />
del titolo di studio, è in proporzione più soddisfatto del<br />
rapporto con i colleghi/superiori ( 9% contro <strong>il</strong> 0%), dell’orario<br />
di lavoro (10% contro <strong>il</strong> 7%), dello stipendio (1 % e %), e infine<br />
anche della sicurezza del posto di lavoro (4% contro nessuno<br />
degli occupati con una elevata congruenza).<br />
Anche l’incrocio tra grado di scolarizzazione e aspetti di<br />
maggiore soddisfazione del lavoro (con alcune eccezioni), fa registrare<br />
una divaricazione tra soggetti con titolo di studio più<br />
elevato (che apprezzano in particolare le possib<strong>il</strong>ità di carriera,<br />
di autorealizzazione, e di apprendimento offerte dall’attuale lavoro)<br />
e lavoratori con bassa scolarizzazione (per i quali al contrario<br />
sono aspetti maggiormente gratificanti la sicurezza del
posto di lavoro e i rapporti con i colleghi ed i superiori). Ne deriva<br />
l’impressione – come suffragato da altre elaborazioni – che<br />
i lavoratori più istruiti, qualificati e con alle spalle un percorso<br />
formativo coerente con l’attuale mansione, siano più attenti alle<br />
opportunità di lungo periodo di una carriera per la <strong>quale</strong> hanno<br />
studiato e che appare in grado di offrire loro una reale gratificazione<br />
personale, piuttosto che agli aspetti “materiali” del lavoro.<br />
I costi della flessib<strong>il</strong>ità, di cui peraltro la stragrande maggioranza<br />
è perfettamente cosciente, sono in qualche modo “scambiati”<br />
con <strong>il</strong> maggior valore delle aspirazioni individuali. In breve, con<br />
i contenuti del lavoro.<br />
Del resto, i lavoratori instab<strong>il</strong>i sono anche <strong>il</strong> gruppo che fa<br />
registrate in proporzione una maggiore attinenza dei contenuti<br />
del lavoro rispetto ai titoli di studio (Tab. 6.3 ).<br />
tabella 6.32. Lavoratori con contratti “standard” e flessib<strong>il</strong>i: congruenza dell’attuale<br />
occupazione rispetto al titolo di studio per tipologia contrattuale. Valori %<br />
tipologia contrattuale sì, molto<br />
attinente<br />
sì, ma solo<br />
in parte<br />
113<br />
No, per<br />
niente<br />
Non<br />
saprei<br />
totale<br />
Tempo Indeterminato 8,1 1,4 48,0 ,5 100,0<br />
Flessib<strong>il</strong>e 39,9 18, 40,6 1,4 100,0<br />
TOTALE 31, 0,6 46,1 , 100,0<br />
Infatti, <strong>il</strong> 40% degli occupati temporanei giudica “molto attinente”<br />
al proprio lavoro <strong>il</strong> titolo di studio di cui è in possesso,<br />
contro <strong>il</strong> 8% degli occupati con contratti standard. Contemporaneamente,<br />
sono in numero minore coloro che dichiarano<br />
l’assoluta incongruenza degli stessi: <strong>il</strong> 41% dei flessib<strong>il</strong>i, contro<br />
<strong>il</strong> 48% dei lavoratori assunti a tempo indeterminato.<br />
Il questionario permetteva anche di analizzare se, adottando<br />
un’ottica diacronica, le condizioni di lavoro fossero mutate nel<br />
breve periodo. Queste, rispetto ad un anno fa, nell’opinione di<br />
più della metà dei lavoratori flessib<strong>il</strong>i sono rimaste complessivamente<br />
stab<strong>il</strong>i (54%), mentre per <strong>il</strong> 30% si è registrato un miglioramento<br />
e, per una minoranza, un peggioramento (16%).<br />
rispetto alla media di tutti i lavoratori, tra i flessib<strong>il</strong>i sono di più<br />
quanti ritengono peggiorata la propria condizione (16% contro<br />
l’11% complessivo) (Tab. 6.33).
tabella 6.33. “Come considera la sua condizione lavorativa attuale rispetto a quella di un<br />
anno fa?” per tipologia contrattuale. Valori %<br />
tempo indeterminato Flessib<strong>il</strong>e Autonomo tOtALe<br />
Uguale 64,9 54,1 35,6 59,4<br />
Migliore 7,1 30,4 44,1 9,6<br />
Peggiore 8,0 15,5 0,3 11,0<br />
TOTALE 100,0 100,0 100,0 100,0<br />
In particolare, per i lavoratori flessib<strong>il</strong>i sono migliorate soprattutto<br />
le condizioni salariali (31%), l’itinerario di crescita<br />
professionale ( 8%), le possib<strong>il</strong>ità di avere accesso ad iniziative<br />
di formazione ( 5%) e <strong>il</strong> grado di autonomia con cui è svolto <strong>il</strong><br />
proprio lavoro ( 5%). D’altra parte, per ognuno di questi aspetti<br />
come per gli altri su cui si richiedeva un giudizio, la maggioranza<br />
assoluta ritiene sostanzialmente inalterate le condizioni di<br />
lavoro rispetto ad anno fa (Tab. 6.34).<br />
tabella 6.34. Lavoratori flessib<strong>il</strong>i: “come giudica i seguenti aspetti della condizione lavorativa<br />
rispetto ad un anno fa?”. Valori %<br />
migliorati Peggiorati Uguali Non so tOtALe<br />
Le condizioni salariali 31,1 8,8 58,8 1,4 100,0<br />
Possib<strong>il</strong>ità di recupero/riposo<br />
18,9 7,4 71,6 ,0 100,0<br />
Continuità del lavoro/<br />
sicurezza dell’impiego<br />
19,6 10,1 66,9 3,4 100,0<br />
Possib<strong>il</strong>ità di Formazione 5,0 3,4 64, 7,4 100,0<br />
Diritti sindacali<br />
(Malattia, maternità,<br />
paternità, ecc.)<br />
17,6 7,4 68, 6,8 100,0<br />
Possib<strong>il</strong>ità di crescita<br />
professionale<br />
7,7 8,8 58,1 5,4 100,0<br />
Autonomia del lavoro<br />
svolto<br />
5,0 4,7 65,5 4,7 100,0<br />
viceversa, la certezza della continuità del lavoro è risultata la dimensione<br />
che si ritiene essere peggiorata in maggior misura, anche<br />
se questo giudizio è dato “solo” da un lavoratore su 10, <strong>il</strong> che non<br />
esclude peraltro che per <strong>il</strong> 70% di quanti affermano la sua sostanziale<br />
“stab<strong>il</strong>ità”, si tratti di una stab<strong>il</strong>ità verso <strong>il</strong> basso, secondo una<br />
dinamica di cronicizzazione, o intrappolamento, nella flessib<strong>il</strong>ità 7 .<br />
7 “Chi ha un lavoro a tempo indeterminato e vuole cambiarlo sarà soddisfatto<br />
solo se quello nuovo è migliore, mentre chi ha un lavoro a tempo determinato<br />
in scadenza sarà già soddisfatto se non è peggiore” (Accornero, 006b).<br />
114
• E <strong>il</strong> meno soddisfacente?<br />
Passiamo agli aspetti che meno sono giudicati soddisfacenti:<br />
innanzitutto, è da notare e valutare con molta attenzione <strong>il</strong><br />
fatto che la maggioranza relativa ( 0%) dei lavoratori risponda<br />
che non c’è nessun aspetto dell’attività lavorativa che meriti la<br />
definizione di “non soddisfacente” (sebbene siano tanti i “non<br />
so”). Tuttavia questa valutazione è fortemente polarizzata tra<br />
tempi indeterminati/autonomi da un lato (rispettivamente, 3%<br />
e 19%), e flessib<strong>il</strong>i dall’altro (“solo” <strong>il</strong> 13%).<br />
Quest’ultimi si concentrano infatti sulla mancata certezza<br />
del posto di lavoro, con una percentuale del 7% che è sensib<strong>il</strong>mente<br />
superiore a quella media (9%) (Tab. 6.35).<br />
tabella 6.35. L’aspetto della condizione di lavoro di cui si è “più insoddisfatti” per tipologia<br />
contrattuale. Valori %<br />
tempo<br />
Flessib<strong>il</strong>e Autonomo tOtALe<br />
indeterminato<br />
Sicurezza del posto di lavoro , 7, 10, 9,4<br />
Possib<strong>il</strong>ità di carriera 6,5 6,3 0,0 5,8<br />
rapporti con i colleghi/superiori 8,0 5,1 3,4 6,8<br />
Stipendio/reddito 18,9 15, 7,1 18,7<br />
Possib<strong>il</strong>ità di autorealizzazione 6,5 3,8 0,0 5,<br />
Possib<strong>il</strong>ità di imparare cose nuove ,7 1,3 0,0 ,1<br />
Orario di lavoro 1 ,9 13,9 0,3 13,9<br />
Prestigio, stima degli altri ,0 3, 6,8 ,7<br />
Non so 14,4 7,0 10, 1 ,1<br />
Tutti 3,0 3,8 3,4 3,<br />
Nessuno ,9 13,3 18,6 0,0<br />
TOTALE 100,0 100,0 100,0 100,0<br />
L’insieme degli intervistati lamenta secondariamente la scarsità<br />
della retribuzione, ritenuto <strong>il</strong> fattore “meno soddisfacente”<br />
dal 19% di tutti i lavoratori, in special modo dagli autonomi<br />
( 7%) e, in misura inferiore, dai lavoratori con contratti standard<br />
(19%). Il dato relativo ai flessib<strong>il</strong>i, che come abbiamo visto<br />
hanno buste-paga mediamente più leggere degli altri lavoratori,<br />
è ciò nonostante più basso (15%).<br />
• L’incertezza del posto di lavoro<br />
Al di là della minore o maggiore importanza conferita, la<br />
percezione della sicurezza della propria occupazione è, come<br />
abbiamo visto, un elemento che convoglia su di sé le maggiori<br />
115
soddisfazioni come le insoddisfazioni. Nel caso dei lavoratori<br />
flessib<strong>il</strong>i, più di un terzo definisce la propria posizione lavorativa<br />
“poco o per niente” sicura (33% degli uomini, 37% delle donne),<br />
contro <strong>il</strong> 16,5% del totale di tutti i lavoratori (Graf. 6.6).<br />
Grafico 6.6. “Ritiene che <strong>il</strong> suo posto di lavoro sia…” per attuale tipologia contrattuale.<br />
Valori %<br />
Quali sono le ragioni di questa incertezza? Nel caso dei lavoratori<br />
flessib<strong>il</strong>i, per l’80% la motivazione va ricercata nel contratto<br />
di lavoro precario (nel caso dei collaboratori coordinati e continuativi<br />
la percentuale di questa risposta sale ulteriormente). Si<br />
tratta di una percentuale doppia della media (pari al 45%), che<br />
si discosta in modo marcato rispetto alle risposte fornite dagli<br />
autonomi, per i quali le cause dell’incertezza sono identificate<br />
nel fatto di “lavorare in un settore in crisi” (39%), e nella convinzione<br />
che “<strong>oggi</strong> nessun posto di lavoro è sicuro” (31%), e naturalmente<br />
dalle risposte date dai lavoratori con contratti standard<br />
a tempo indeterminato, per i quali l’insicurezza del posto di lavoro<br />
coincide essenzialmente con i timori di un’eventuale crisi<br />
di settore e/o aziendale 8 (Tab. 6.36).<br />
8 Secondo l’ISTAT, la probab<strong>il</strong>ità di perdere <strong>il</strong> lavoro nell’arco di un anno di un<br />
lavoratore con contratto standard è del 4%; per un lavoratore flessib<strong>il</strong>e è del<br />
14%.<br />
116
tabella 6.36. Lavoratori che hanno dichiarato “poco o per niente” sicuro <strong>il</strong> proprio posto di<br />
lavoro per tipologia contrattuale e ragione dell’incertezza. Valori %<br />
tempo<br />
indeterminato<br />
117<br />
Flessib<strong>il</strong>e Autonomo tOtALe<br />
Lavoro in un settore in crisi 18, 5,4 38,5 13,7<br />
Lavoro in un’azienda in difficoltà 4 ,4 1,8 0,0 14,7<br />
Ho un contratto di lavoro<br />
precario<br />
Oggi nessun posto di lavoro<br />
è sicuro<br />
0,0 80,4 7,7 45,1<br />
18, 10,7 30,8 15,7<br />
Altro 1, 1,8 3,1 10,8<br />
TOTALE 100,0 100,0 100,0 100,0<br />
Tra i lavoratori flessib<strong>il</strong>i, al contrario di quanto avviene tra<br />
gli assunti a tempo indeterminato, si sentono meno sicuri gli<br />
occupati del settore pubblico che non quelli del privato e del terzo<br />
settore: rispettivamente, sono poco o per niente sicuri della<br />
continuità del lavoro <strong>il</strong> 51% dei lavoratori del settore pubblico,<br />
<strong>il</strong> 9% del settore privato, <strong>il</strong> % del terzo settore.<br />
Tra gli occupati con contratti standard, pur nell’elevatissima<br />
quota di coloro che giudicano del tutto o abbastanza sicuro <strong>il</strong><br />
proprio impiego (9 %), vi sono delle differenze secondo <strong>il</strong> settore:<br />
si sentono poco o per niente sicuri più degli altri i lavoratori<br />
del privato (9%), quindi quelli dell’area del no-profit (6%), infine<br />
i lavoratori pubblici (4%) (Tab. 6.37).<br />
tabella 6.37. “Ritiene che <strong>il</strong> suo posto di lavoro sia…” , per attuale tipologia contrattuale e<br />
settore di impiego pubblico. Valori %<br />
settore sicuro o abbastanza sicuro Poco o per niente sicuro tOtALe<br />
Flessib<strong>il</strong>i<br />
Pubblico 49,0 51,0 100,0<br />
Privato 71,1 8,9 100,0<br />
Terzo settore 77,8 , 100,0<br />
TOTALE 63,6 36,4 100,0<br />
A tempo indeterminato<br />
Pubblico 96, 3,8 100,0<br />
Privato 90,6 9,4 100,0<br />
Terzo settore 94,3 5,7 100,0<br />
TOTALE 91,7 8,3 100,0
Se, considerando ancora una volta i lavoratori flessib<strong>il</strong>i, torniamo<br />
ad analizzare le risposte rese alla domanda sugli aspetti<br />
“meno soddisfacenti”, e distinguiamo quanti, al di là della posizione<br />
contrattuale “temporanea”, affermano di essere comunque<br />
moderatamente certi della continuità professionale, e quanti al<br />
contrario percepiscono una grande incertezza a questo proposito,<br />
l’ipotesi avanzata in precedenza di uno “scambio” tra sicurezza<br />
del posto di lavoro/aspirazioni professionali e del percorso<br />
lavorativo, va riesaminata.<br />
risulta infatti che ben <strong>il</strong> 54% degli “insicuri” del posto segnala<br />
come elemento “più insoddisfacente” proprio la sicurezza<br />
lavorativa, là dove i “sicuri” non indicano tale fattore se non nel<br />
13% dei casi.<br />
Anche all’interno del gruppo dei flessib<strong>il</strong>i, dunque, è palese<br />
l’esistenza di gradi differenti di insicurezza, che per taluni è oltremodo<br />
sofferta, e per altri continua invece ad essere considerata<br />
un fattore meno importante di altri.<br />
Questa forbice così ampia consente di considerare “discriminante<br />
e sineddotica” per la nostra analisi la variab<strong>il</strong>e “percezione<br />
della sicurezza dell’occupazione” (ISFOL, 004), e di distinguere,<br />
nel gruppo dei lavoratori instab<strong>il</strong>i, i “flessib<strong>il</strong>i” dai “precari”.<br />
Tra queste due categorie, che indubbiamente disegnano percorsi<br />
professionali molto diversi nell’esito – più che nell’iniziale<br />
approccio al lavoro – si dividono i lavoratori anche quando è<br />
chiesto loro se vorrebbero cambiare occupazione.<br />
• Vorrebbe cambiare lavoro?<br />
In complesso, <strong>il</strong> 60% del campione di tutti i lavoratori intervistati<br />
al di là della tipologia contrattuale, si dichiara soddisfatto<br />
della propria condizione lavorativa, tanto da dichiarare di non<br />
volerla cambiare, mentre <strong>il</strong> 5% vorrebbe cambiare lavoro e <strong>il</strong><br />
13% crede di non poter comunque trovare un’occupazione migliore<br />
di quella attuale.<br />
Per gli occupati con contratti stab<strong>il</strong>i (le cui risposte sono in<br />
linea con <strong>il</strong> totale del campione), le ragioni del cambiamento<br />
sono rappresentate innanzitutto dalla retribuzione, quindi da<br />
lavori con maggiori possib<strong>il</strong>ità di carriera e più formativi, oltre<br />
che più gratificanti. Gli autonomi, invece, nonostante tutto<br />
non sembrano aspirare ad un cambiamento (solo l’8% afferma<br />
di voler cambiare, mentre quasi l’80% risponde di essere soddisfatto).<br />
Quanto ai lavoratori con contratti “non standard”, questi<br />
sono più propensi degli altri, anche se non in misura molto mar-<br />
118
cata, a desiderare un’altra professione (lo afferma <strong>il</strong> 9% dei flessib<strong>il</strong>i<br />
contro <strong>il</strong> 4% della media complessiva), e di converso a<br />
dichiararsi meno soddisfatti dell’attuale occupazione (54% contro<br />
<strong>il</strong> 60% di tutti i lavoratori). Tra chi ritiene di essere convinto<br />
di non poter comunque trovare, al di là dei propri desideri, un<br />
altro lavoro (<strong>il</strong> 15% dei flessib<strong>il</strong>i, una percentuale in linea con<br />
la media generale delle risposte di tutti i lavoratori), le donne si<br />
trovano leggermente sovrarappresentate (Tab. 6.38).<br />
tabella 6.38. “Vorrebbe cambiare lavoro?”, per tipologia contrattuale e sicurezza percepita del<br />
posto di lavoro. Valori %<br />
sicuro o abbastanza Poco sicuro o per niente tOtALe<br />
tempo Fless. Auton. tOt. tempo Fless. Auton. tOt. tempo Fless. Auton. tOt.<br />
indet. indet. indet.<br />
Sì ,5 4,5 7,0 1,6 51,5 37,5 15,4 39, 4,6 9,1 8,5 4,<br />
No, sono soddisfatto 6 ,7 60,8 86,0 64,3 30,3 4 ,9 61,5 41, 60, 54,4 78,0 60,4<br />
Non credo di poter trovare<br />
un lavoro migliore<br />
13, 1 ,7 7,0 1 ,5 15, 17,9 3,1 17,6 13,4 14,6 11,9 13,6<br />
Non so 1,6 ,0 0,0 1,6 3,0 1,8 0,0 ,0 1,7 1,9 1,7 1,8<br />
TOTALE 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0<br />
A fare pesantemente la differenza nelle risposte fornite circa<br />
la volontà di cambiare occupazione o viceversa dirsi soddisfatti<br />
(o rassegnati) all’attuale posto di lavoro, non è tuttavia tanto la<br />
tipologia contrattuale di impiego, quanto – di nuovo – la certezza<br />
del lavoro.<br />
Questa variab<strong>il</strong>e infatti polarizza le risposte di tutte le categorie<br />
di lavoratori prese in considerazione, e non solo quelle dei<br />
lavoratori flessib<strong>il</strong>i: così, tra i tempi indeterminati <strong>il</strong> numero di<br />
coloro che sono disposti a cambiare occupazione sale fino a oltre<br />
la metà nel caso la sicurezza del posto di lavoro sia percepita<br />
come bassa o nulla (per ragioni di crisi aziendali o di settore).<br />
Analogamente, tra i lavoratori autonomi la percentuale – in sé<br />
abbastanza bassa – di chi vuole cambiare, praticamente raddoppia<br />
tra gli insicuri. E, infine, tra i lavoratori flessib<strong>il</strong>i, la forbice<br />
tra sicuri e insicuri dell’attuale occupazione si allarga notevolmente:<br />
se i primi sono soddisfatti nel 63% dei casi, i secondi<br />
lo sono soltanto per <strong>il</strong> 43% del totale; i “sicuri” sono rassegnati<br />
all’idea di non poter trovare un lavoro migliore nel 13% del totale,<br />
gli “insicuri” che danno questa risposta sono invece <strong>il</strong> 3%; e<br />
119
soprattutto, sale la percentuale di coloro che, incerti sulla continuità<br />
dell’occupazione, affermano di voler cambiare (38% contro<br />
una media del 9%).<br />
Concentrandosi ancora sui flessib<strong>il</strong>i, la volontà di cambiare<br />
lavoro è positivamente correlata all’attinenza dei percorsi scolastici<br />
e formativi (se questa è maggiore, risulta più elevato anche<br />
<strong>il</strong> desiderio di cambiare lavoro), e anche al titolo di studio. In<br />
questa distribuzione delle risposte emerge infatti la maggiore<br />
dinamicità sul mercato del lavoro dei soggetti più qualificati ed<br />
istruiti, ed anche un “effetto intrappolamento” di quanti possiedono<br />
un basso grado di scolarizzazione, che più degli altri “non<br />
credono di poter trovare un’altra occupazione”. Analogamente,<br />
chi lavora con mansioni che risultano incoerenti rispetto al proprio<br />
percorso formativo, non crede di poter reperire un lavoro<br />
migliore ( 1% contro una media del 15%) (Tabb. 6.39-6.40).<br />
tabella 6.39. Lavoratori flessib<strong>il</strong>i: “Vorrebbe cambiare lavoro?”, per attinenza del titolo di<br />
studio ai contenuti dell’attuale occupazione. Valori %<br />
sì, molto<br />
attinente<br />
1 0<br />
sì, ma solo<br />
in parte<br />
No,<br />
per niente<br />
tOtALe<br />
Sì 5,0 1,4 35,3 8,8<br />
No, sono soddisfatto di quello che ho 63,3 64,3 4 ,6 54,5<br />
No, non credo di poter trovare un<br />
lavoro migliore<br />
10,0 10,7 0,6 14,7<br />
Non so 1,7 3,6 1,5 1,9<br />
TOTALE 100,0 100,0 100,0 100,0<br />
tabella 6.40. Lavoratori flessib<strong>il</strong>i: “Vorrebbe cambiare lavoro?”, per grado di scolarizzazione.<br />
Valori %<br />
Basso medio Alto tOtALe<br />
Sì 6,8 4,7 40,0 9,1<br />
No, sono soddisfatto di quello che ho 53,7 59,7 45,0 54,4<br />
No, non credo di poter trovare un<br />
lavoro migliore<br />
19,5 11,7 15,0 14,6<br />
Non so 0,0 3,9 0,0 1,9<br />
TOTALE 100,0 100,0 100,0 100,0<br />
I venditori e i commessi sono più propensi ad un cambio di<br />
occupazione, seguiti dagli operai (specializzati e non), che più<br />
che altro dichiarano di non poter cambiare lavoro, perché convinti<br />
di “non riuscire a trovare un lavoro migliore”. I più restii a
mutare occupazione sono, com’era lecito attendersi, i lavoratori<br />
classificati come appartenenti alle “professioni di medio-alto livello”,<br />
e anche gli impiegati.<br />
Naturalmente, la volontà di cambiare lavoro è anche inversamente<br />
proporzionale alla retribuzione.<br />
Ma la variab<strong>il</strong>e maggiormente esplicativa della scelta tra preferenza<br />
per <strong>il</strong> posto attuale e volontà di cambiamento dell’attuale<br />
occupazione, è <strong>il</strong> settore di impiego.<br />
Come si può osservare, i giudizi sono in questo caso estremamente<br />
differenziati secondo <strong>il</strong> ramo di attività. Il 38% di chi lavora<br />
nel commercio e <strong>il</strong> 36% degli assunti nel settore dei servizi alle<br />
imprese desiderano cambiare; questi risultati si spiegano tuttavia<br />
con ragioni differenti. Tra i primi, infatti, pesa la congiunzione<br />
orari di lavoro prolungati-scarsa gratificazione-retribuzione non<br />
alta; per i secondi, <strong>il</strong> voler cambiare posto di lavoro è piuttosto<br />
un segno di dinamismo e di apertura che non per caso è correlato<br />
con livelli di scolarizzazione mediamente più alti.<br />
Gli intervistati che vogliono cambiare lavoro sono in numero<br />
nettamente più basso nei settori della manifattura, della ristorazione<br />
e del turismo, dei servizi alle persone (dove però molti sono<br />
anche convinti dell’impossib<strong>il</strong>ità di trovare un lavoro migliore).<br />
L’elemento che appare discriminante, in realtà, è la combinazione<br />
tra l’occupazione in un settore di impiego a scarsa gratificazione<br />
individuale e la percezione dell’incertezza della continuità<br />
lavorativa; quest’ultima, in particolare, determina tra gli<br />
occupati nei rami degli alberghi/ristoranti, delle attività manifatturiere/costruzioni,<br />
e del commercio, un orientamento netto<br />
al voler cambiare lavoro.<br />
Mentre nei settori dove più si danno opportunità di qualificazione<br />
e di apprendimento 9 , vale a dire l’area dei servizi alle<br />
imprese e alle persone, l’insicurezza del posto non sembra condizionare<br />
oltremisura la volontà di permanenza in un’occupazione<br />
che è sentita come propria, nei rimanenti settori 30 <strong>il</strong> doppio<br />
svantaggio di precarietà e bassa gratificazione professionale<br />
rende inaccettab<strong>il</strong>e l’idea dell’immob<strong>il</strong>ità occupazionale, e perciò<br />
si massimizza la propensione al cambiamento.<br />
Così, negli occupati negli alberghi e nei ristoranti <strong>il</strong> 9% è<br />
propenso a cambiare lavoro, ma tra gli incerti del posto la per-<br />
9 Il maggior numero di lavoratori che ha svolto attività formative si ritrova nei<br />
settori dei servizi alle aziende e alle persone.<br />
30 Esclusa l’agricoltura, per l’irr<strong>il</strong>evanza statistica dei risultati.<br />
1 1
centuale corrispondente sale al 100%; nel commercio, <strong>il</strong> 38%<br />
in media vuole cambiare occupazione ma – di nuovo – tra chi<br />
non è sicuro del posto le risposte di questo genere arrivano al<br />
50%. risultati analoghi si hanno per l’industria. Al contrario,<br />
nei servizi alle imprese, la quota di lavoratori decisi a cambiare<br />
occupazione sono <strong>il</strong> 36%, in linea con la percentuale di risposta<br />
espressa dagli insicuri (34%), così come accade per gli assunti<br />
nei servizi alle persone ( 6% <strong>il</strong> totale di chi vuole cambiare, 7%<br />
<strong>il</strong> dato degli incerti) (Tab. 6.41).<br />
tabella 6.41. Lavoratori flessib<strong>il</strong>i: “Vorrebbe cambiare lavoro?”, per settore e incertezza del<br />
posto di lavoro. Valori %<br />
Attività manifatturiere e<br />
costruzioni<br />
Commercio Alberghi e ristoranti servizi alle imprese servizi alle persone<br />
di cui incerti tOtALe di cui incerti tOtALe di cui incerti tOtALe di cui incerti tOtALe di cui incerti tOtALe<br />
Sì 60,0 6,1 50,0 38,5 100,0 8,6 33,3 36,4 6,7 5,8<br />
No, sono soddisfatto 0,0 60,9 50,0 38,5 0,0 64,3 66,7 54,5 46,7 54,8<br />
Non troverò un lavoro migliore 0,0 13,0 0,0 15,4 0,0 7,1 0,0 4,5 6,7 17,7<br />
Non so 0,0 0,0 0,0 7,7 0,0 0,0 0,0 4,5 0,0 1,6<br />
TOTALE 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0<br />
Ovviamente, l’aspirazione ad un cambiamento si risolve, dal<br />
punto di vista contrattuale, nel desiderio di disporre di un contratto<br />
a tempo indeterminato per la quasi totalità degli intervistati<br />
con contratti di lavoro flessib<strong>il</strong>e (Tab. 6.4 ).<br />
tabella 6.42. Lavoratori che desiderano cambiare l’occupazione: “Con <strong>quale</strong> tipo di contratto<br />
vorrebbe lavorare?” per tipologia contrattuale. Valori %<br />
tempo Indeterminato Flessib<strong>il</strong>i Autonomi tOtALe<br />
Un lavoro dipendente con un contratto a tempo indeterminato 79,8 91,3 40,0 8 ,0<br />
Un lavoro dipendente a tempo non indeterminato 1,0 , 0,0 1,3<br />
Un lavoro autonomo 9,1 , 0,0 7,3<br />
Collaborazione coordinata e continuativa 1,0 0,0 0,0 0,7<br />
Altro 7,1 0,0 0,0 4,7<br />
Non so ,0 4,3 40,0 4,0<br />
TOTALE 100,0 100,0 100,0 100,0<br />
Come abbiamo visto, vi sono dei fattori precisi sui quali si<br />
costruisce la soddisfazione del lavoro, e di contro anche degli<br />
elementi che intervengono quali criticità. Per i lavoratori flessi-<br />
1
<strong>il</strong>i in particolare, la soddisfazione dell’occupazione dipende dal<br />
tipo di lavoro svolto, dalle possib<strong>il</strong>ità di autorealizzazione e di<br />
apprendimento che questo consente o meno.<br />
Per mantenere inalterati quest’ultimi elementi, una parte dei<br />
lavoratori temporanei sembra disponib<strong>il</strong>e anche ad uno “scambio<br />
tra la qualità del lavoro, che migliora gradatamente, e <strong>il</strong><br />
rapporto di lavoro, che resta temporaneo senza però diventare<br />
-o essere necessariamente percepito- come precario” (Carr<strong>ieri</strong>,<br />
Damiano, Ugolini, 005). Chiesto loro cosa sarebbero disposti a<br />
sacrificare dell’attuale collocazione per avere un lavoro più stab<strong>il</strong>e,<br />
<strong>il</strong> numero di quanti non cambierebbero l’attuale lavoro per<br />
un altro con un contratto stab<strong>il</strong>e, è anzi r<strong>il</strong>evante: <strong>il</strong> 4 % degli<br />
occupati con contratto a tempo determinato, e <strong>il</strong> 3 % dei collaboratori<br />
(Tab. 6.43).<br />
tabella 6.43. Lavoratori con contratto a tempo determinato e collaboratori: “Per avere un<br />
lavoro stab<strong>il</strong>e lei sarebbe disposto a sacrificare qualcosa del suo attuale lavoro?”. Valori %<br />
dipendenti a termine Collaboratori<br />
Sì 48, 51,6<br />
No 4 ,0 3 ,3<br />
Non so 9,8 16,1<br />
TOTALE 100,0 100,0<br />
Gli aspetti che meno si è disposti a scambiare risultano proprio<br />
<strong>il</strong> fare un lavoro che “offra opportunità di carriera” (solo<br />
<strong>il</strong> 0% dei dipendenti a termine accetterebbe lo “scambio”, e <strong>il</strong><br />
13% dei collaboratori), o “opportunità formative” (<strong>il</strong> 15% dei<br />
dipendenti a contratto e <strong>il</strong> 19% dei collaboratori), e la gratificazione<br />
ricavata dalla propria occupazione (nessun collaboratore<br />
accetterebbe questo scambio, <strong>il</strong> 3 % dei lavoratori a termine lo<br />
accetterebbe).<br />
Il 48% dei dipendenti a termine e <strong>il</strong> 5 % dei collaboratori,<br />
invece, si dice disponib<strong>il</strong>e, soprattutto rinunciando alla flessib<strong>il</strong>ità<br />
degli orari (rispettivamente, 37% e 44%), ma anche a minori<br />
guadagni (33% e 44%) (Tab. 6.44).<br />
1 3
tabella 6.44. Lavoratori con contratto a tempo determinato e collaboratori: “Cosa sarebbe<br />
disposto a sacrificare?”. Valori %<br />
1 4<br />
dipendenti a<br />
termine<br />
Collaboratori<br />
Fare un lavoro con orari più rigidi 37,0 44,0<br />
Guadagnare meno 33,3 44,0<br />
Fare un lavoro meno gratificante 31,5 0,0<br />
Fare un lavoro che non offra opportunità di carriera 0,4 13,<br />
Fare un lavoro che non offre opportunità formative 14,8 19,1<br />
Altro 7,4 13,3<br />
TOTALE 100,0 100,0<br />
vi sono tuttavia dei fattori che complicano la linearità di<br />
questo asserto: nello schema riportato sotto si è tentato di rappresentarli,<br />
in parte riprendendo <strong>il</strong> diagramma proposto nella<br />
già citata indagine di Carr<strong>ieri</strong>, Damiano, Ugolini ( 005).<br />
Figura 6.1. Lavoratori flessib<strong>il</strong>i: i limiti dello scambio<br />
SODDISFAZIONE<br />
DEL LAvOrO<br />
SETTOrE DI IMPIEGO<br />
DUrATA DELLA PErMANENZA<br />
NELLA FLESSIBILITÀ<br />
CArrIErA E rETrIBUZIONE<br />
ATTINENZA DEI PErCOrSI FOrMATIvI<br />
CON IL LAvOrO SvOLTO<br />
TIPO DI LAvOrO<br />
In alcuni settori la flessib<strong>il</strong>ità è rigettata con decisione quando<br />
si combina con occupazioni che non si accompagnano a sv<strong>il</strong>uppi<br />
professionali nel senso della crescente autonomia e qualificazione.<br />
Anche la permanenza temporale nella flessib<strong>il</strong>ità oltre un<br />
certo limite porta a non voler più sostenere lo scambio contratto<br />
temporaneo vs. contenuti positivi del lavoro, a meno che non<br />
intervengano significativi percorsi ascendenti nelle prospettive<br />
di carriera o nella retribuzione.<br />
Infine, la congruenza dei percorsi formativi e scolastici rispetto<br />
all’occupazione svolta funziona come fattore di “resistenza”<br />
al cambiamento in direzione di lavori meno attinenti ma<br />
più stab<strong>il</strong>i, la cui valenza positiva, tuttavia, si perde nella durata<br />
eccessiva dell’instab<strong>il</strong>ità contrattuale.
6.4. Riflessioni finali<br />
Dai risultati dell’indagine emerge innanzitutto che le condizioni<br />
oggettive di lavoro degli occupati con contratti non standard<br />
sono mediamente peggiori di quelle dei lavoratori stab<strong>il</strong>i, e<br />
anche di quelle degli autonomi.<br />
La durata dei contratti dei lavoratori flessib<strong>il</strong>i è tendenzialmente<br />
non lunga (comunque per la maggior parte dei casi<br />
inferiore all’anno), sia per i collaboratori che per i dipendenti<br />
con contratto a tempo determinato; è preponderante, inoltre, la<br />
prassi del rinnovo per un numero indefinito di volte del medesimo<br />
contratto, soprattutto nella Pubblica Amministrazione.<br />
Essere destinatari di un certo numero di contratti rinnovati<br />
senza soluzione di continuità può essere un costo ritenuto accettab<strong>il</strong>e<br />
nel caso vi sia la prospettiva di una stab<strong>il</strong>izzazione. Ma, a<br />
questo proposito, la percezione che gli intervistati hanno circa<br />
le loro prospettive occupazionali future non è risultata ottimistica;<br />
chiesto loro cosa prevedib<strong>il</strong>mente succederà alla scadenza<br />
dell’attuale contratto, solo <strong>il</strong> 13% ha risposto che sarà assunto a<br />
tempo indeterminato.<br />
Nelle previsioni degli intervistati, dunque, <strong>il</strong> proprio futuro<br />
lavorativo è ancora da flessib<strong>il</strong>i, e ciò vale in particolare per i<br />
collaboratori.<br />
Sotto <strong>il</strong> prof<strong>il</strong>o della remunerazione, i lavoratori non standard<br />
guadagnano mediamente meno degli stab<strong>il</strong>i, e solo in rari<br />
casi si collocano nelle fasce di reddito più alte. Incertezza professionale,<br />
discontinuità del reddito e retribuzioni non elevate,<br />
avvicinano pericolosamente almeno una parte degli occupati<br />
flessib<strong>il</strong>i ad una condizione di “vulnerab<strong>il</strong>ità sociale” che non<br />
riguarda solo <strong>il</strong> presente ma coinvolge anche la visione del futuro:<br />
così, ben <strong>il</strong> 60% dei lavoratori temporanei immagina di non<br />
poter disporre un giorno di una pensione adeguata per vivere, e<br />
tale opinione sale fino all’84% tra i collaboratori.<br />
Infine, i lavoratori temporanei lavorano in orari “socialmente<br />
svantaggiati” più frequentemente degli occupati con contratti<br />
di lavoro standard. In particolare, gli uomini risultano essere<br />
impegnati sul lavoro in parti della giornata usualmente riservate<br />
al riposo (lavoro notturno e serale), mentre tra le donne è maggiore<br />
<strong>il</strong> numero di coloro che lavorano nelle giornate di sabato<br />
e domenica.<br />
Per quanto attiene alle condizioni di lavoro delle donne, queste<br />
fanno r<strong>il</strong>evare uno svantaggio relativo su più fronti: i loro<br />
contratti sono ancora più brevi, le prospettive occupazionali<br />
1 5
assai più incerte, gli stipendi risultano più bassi, <strong>il</strong> part-time è<br />
meno diffuso che tra le lavoratrici stab<strong>il</strong>izzate.<br />
Il quadro sin qui tracciato diviene ancora più significativo<br />
considerando che <strong>il</strong> prof<strong>il</strong>o dei lavoratori non standard si distingue<br />
da quello degli occupati con contratto a tempo indeterminato<br />
per una maggiore scolarizzazione e una più elevata coerenza<br />
dei percorsi scolastici e formativi rispetto all’attuale mansione<br />
professionale.<br />
Quest’ultimi elementi sono, insieme ad altri, all’origine delle<br />
rappresentazioni del lavoro tipiche di questo gruppo di lavoratori.<br />
Se anche per gli instab<strong>il</strong>i la sicurezza del posto di lavoro<br />
è l’aspetto che si ritiene più importante (al pari di quanto affermato<br />
dai lavoratori stab<strong>il</strong>i), nello stesso tempo risultano particolarmente<br />
apprezzati aspetti quali la possib<strong>il</strong>ità di autorealizzazione,<br />
dell’apprendimento, delle opportunità di carriera, e<br />
relativamente di meno le dimensioni più materiali delle condizioni<br />
di lavoro (rapporti con i colleghi e con i superiori, orario,<br />
retribuzione). Poiché questa scala valoriale è ancora una volta<br />
positivamente correlata con <strong>il</strong> grado di scolarizzazione e la congruenza<br />
dei percorsi professionali rispetto al titolo di studio, ne<br />
deriva l’ipotesi che i lavoratori più istruiti, qualificati e con alle<br />
spalle un percorso formativo coerente con l’attuale mansione,<br />
siano mediamente più attenti alle opportunità di lungo periodo<br />
di una carriera per la <strong>quale</strong> hanno studiato e che sia in grado di<br />
offrire loro una reale gratificazione personale. I costi della flessib<strong>il</strong>ità,<br />
di cui peraltro la stragrande maggioranza è perfettamente<br />
cosciente, sono in qualche modo “scambiati” con le aspirazioni<br />
individuali. In breve, con i contenuti del lavoro.<br />
Ciò non toglie che al di là della minore o maggiore importanza<br />
conferita, la percezione della sicurezza della propria occupazione<br />
sia un fattore su cui si concentrano le maggiori insoddisfazioni<br />
espresse dagli occupati temporanei. Anche tra coloro che<br />
tra flessib<strong>il</strong>ità e professionalizzazione “butterebbero giù dalla<br />
torre” la prima anziché la seconda, si r<strong>il</strong>eva infatti un’insoddisfazione<br />
di fondo per l’instab<strong>il</strong>ità occupazionale.<br />
La flessib<strong>il</strong>ità, perciò, è una condizione complessivamente<br />
subita più che scelta, nonostante talvolta sia considerata necessaria<br />
per <strong>il</strong> raggiungimento delle aspirazioni personali. E la<br />
dimensione in cui si muove quella quota dei lavoratori flessib<strong>il</strong>i<br />
che, pur incerti sulla continuità lavorativa, non desiderano<br />
mutare <strong>il</strong> proprio status per ottenere più stab<strong>il</strong>ità, è quella dello<br />
scambio: attori razionali, se si vuole, ma non liberi professionisti<br />
di se stessi che senza alcun contraccolpo, ed anzi con un<br />
1 6
uon grado di spregiudicatezza, si spostano indifferentemente<br />
da un impiego ad un altro (<strong>il</strong> successivo sempre migliore del<br />
precedente).<br />
L’incertezza del lavoro in particolare, permette di distinguere<br />
al di là del comune inquadramento contrattuale nell’ambito delle<br />
occupazioni “instab<strong>il</strong>i”, i flessib<strong>il</strong>i dai precari. Per quest’ultimi,<br />
la temporaneità dell’occupazione e la discontinuità dei percorsi<br />
professionali risultano un tutto che condiziona negativamente<br />
la soddisfazione per <strong>il</strong> proprio lavoro nel complesso; per quanti<br />
invece sono prioritariamente alla ricerca di un lavoro che offra<br />
gratificazione e possib<strong>il</strong>ità di professionalizzazione, la flessib<strong>il</strong>ità<br />
è un aspetto del lavoro meno discriminante. Con un limite:<br />
che la sua eccessiva durata nel tempo fa progressivamente venire<br />
meno la propensione allo scambio tra instab<strong>il</strong>ità e migliori<br />
contenuti del lavoro.<br />
1 7
7.<br />
Un approfondimento<br />
qualitativo: la flessib<strong>il</strong>ità<br />
del lavoro nella Pubblica<br />
Amministrazione toscana 31<br />
7.1. Introduzione<br />
A partire dall’inizio del decennio scorso, la Pubblica Amministrazione<br />
è entrata in una fase di profonda trasformazione. Con<br />
l’approvazione del D.Lgs. n. 9/1993 3 , si è avviato <strong>il</strong> processo<br />
di “privatizzazione”, che ha tentato di avvicinarne la disciplina<br />
a quella del lavoro subordinato nel settore privato, ponendo le<br />
premesse per l’estensione anche agli enti pubblici delle formule<br />
contrattuali flessib<strong>il</strong>i già in uso nelle imprese.<br />
Secondo i dati ricavati dal Conto Annuale dello Stato, risulta<br />
che nel triennio 001- 003 le Pubbliche Amministrazioni<br />
hanno attivato oltre 73m<strong>il</strong>a contratti di lavoro flessib<strong>il</strong>i<br />
(a tempo determinato e formazione-lavoro) e circa 180m<strong>il</strong>a<br />
lavoratori “estranei all’amministrazione” (interinali e lavoratori<br />
socialmente ut<strong>il</strong>i), ai quali vanno aggiunti i 173m<strong>il</strong>a<br />
contratti di collaborazione coordinata e continuativa, in<br />
sensib<strong>il</strong>e incremento tra <strong>il</strong> 00 e <strong>il</strong> 003 (+ 9%). Si tratta<br />
di cifre r<strong>il</strong>evanti e tanto più significative se inserite in un<br />
quadro complessivo di contrazione dell’occupazione a tempo<br />
indeterminato (-1%), causata dalle politiche di blocco delle<br />
assunzioni nel pubblico impiego.<br />
31 L’indagine è stata realizzata nei primi mesi del 006, all’in<strong>domani</strong> dell’approvazione<br />
della Legge Finanziaria per <strong>il</strong> 006, quindi l’analisi non tiene conto<br />
delle misure di stab<strong>il</strong>izzazione per alcune categorie di lavoratori atipici nel<br />
pubblico impiego previste dalla manovra finanziaria del 007 e, per quanto<br />
riguarda la <strong>Toscana</strong>, dalla Legge regionale n. 7 del 3 maggio 007.<br />
3 Il D.Lgs n. 9/1993, poi modificato dal D.Lgs n. 80 del 1998, dispone che le<br />
pubbliche amministrazioni “si avvalgono delle forme contrattuali flessib<strong>il</strong>i di<br />
assunzione e di impiego del personale previste dal codice civ<strong>il</strong>e e dalle leggi<br />
sui rapporti di lavoro subordinato nell’impresa”.<br />
1 9
Le forme flessib<strong>il</strong>i di lavoro si ritrovano in tutte le tipologie<br />
di amministrazioni, con punte sensib<strong>il</strong>mente più elevate rispetto<br />
alla media (4,5%) nell’Università e nel comparto regioni e<br />
Autonomie locali, dove la quota di lavoratori a termine è pari<br />
rispettivamente al 16% e al 14%.<br />
Per quanto concerne la realtà degli Enti locali, nonostante<br />
abbiano la facoltà di dimensionare e gestire le proprie risorse<br />
umane, nell’ambito dell’autonomia organizzativa e normativa<br />
attribuita dal D.Lgs. n. 67/ 000, tuttavia negli ultimi anni Province,<br />
Comuni e Comunità montane si sono trovati a rispettare<br />
vincoli crescenti nelle dotazioni organiche imposti dal Governo<br />
centrale, determinando un incremento nel ricorso a tipologie di<br />
impiego non-standard.<br />
La Finanziaria del 006, però, con le stringenti limitazioni<br />
previste per la spesa del personale 33 , potrebbe avere conseguenze<br />
negative sulla continuità lavorativa di questi lavoratori.<br />
Taluni rappresentanti sindacali parlano di una riduzione tra i<br />
90 e i 1 0m<strong>il</strong>a nel triennio 006- 008. Ovviamente, dal lato dei<br />
lavoratori, la questione si pone in maniera grave in termini di<br />
instab<strong>il</strong>ità dei posti di lavoro; ma <strong>il</strong> problema diventa r<strong>il</strong>evante<br />
anche per le stesse Pubbliche Amministrazioni in termini di precarizzazione<br />
dei servizi rivolti ai cittadini: negli anni precedenti<br />
l’ampio ricorso a queste tipologie contrattuali si è verificato in<br />
molti casi non per esigenze specifiche e contingenti legate alla<br />
realizzazione di un singolo progetto, ma per garantire lo svolgimento<br />
ordinario delle funzioni essenziali – e quindi stab<strong>il</strong>i – dell’Ente<br />
pubblico.<br />
Alla luce di queste considerazioni, abbiamo ritenuto opportuno<br />
compiere un approfondimento specifico relativo ai lavoratori<br />
occupati nella Pubblica Amministrazione con contratti non<br />
standard.<br />
In questo capitolo, dopo aver inquadrato dal punto di vista<br />
quantitativo la diffusione della flessib<strong>il</strong>ità del lavoro nel pubblico<br />
impiego attraverso i dati del Conto Annuale del personale<br />
degli Enti locali e della regione <strong>Toscana</strong> (§ 7. ), riportiamo i risultati<br />
di un’indagine diretta svolta attraverso la realizzazione<br />
di cinque focus group, che hanno coinvolto circa 50 lavoratori<br />
impiegati presso Enti decentrati e agenzie collegate dell’area<br />
fiorentina e pratese, di cui abbiamo cercato di analizzare non<br />
33 Dal 006 le amministrazioni pubbliche potranno ricorrere a forme di lavoro<br />
non a tempo indeterminato, ma solo nel limite del 60% della spesa analoga<br />
sostenuta nel 003.<br />
130
solo le problematiche relative al lavoro, ma anche le evidenti<br />
implicazioni che la flessib<strong>il</strong>ità determina nel vissuto quotidiano<br />
degli individui 34 (§ 7.3).<br />
7.2. Le dimensioni del lavoro flessib<strong>il</strong>e nella Pubblica<br />
Amministrazione toscana 35<br />
In un quadro generale caratterizzato da politiche occupazionali<br />
restrittive, determinate sia dai vincoli stringenti introdotti<br />
dalle Leggi Finanziarie a carico degli Enti decentrati, sia<br />
dalle modifiche previdenziali volte alla posticipazione dell’età<br />
pensionab<strong>il</strong>e, una delle poche forme di movimento nell’ambito<br />
del personale è rappresentata dal ricorso alle tipologie di lavoro<br />
flessib<strong>il</strong>e.<br />
Complessivamente nel 004 su poco meno di 38m<strong>il</strong>a occupati<br />
negli Enti locali, i lavoratori a termine sono circa 3m<strong>il</strong>a, pari<br />
all’8% sul totale del personale, pressoché in linea con <strong>il</strong> dato r<strong>il</strong>evato<br />
a livello nazionale per <strong>il</strong> comparto regioni ed autonomie<br />
locali (7,8%).<br />
I livelli minimi sono registrati nelle Comunità montane e nelle<br />
Amministrazioni provinciali (tra <strong>il</strong> 5% e <strong>il</strong> 6%), ma con tassi di<br />
crescita significativi; nei Comuni l’8,3% dei dipendenti è impiegato<br />
con un contratto atipico; in regione <strong>Toscana</strong> si passa dal<br />
6% del 001 all’8,5% nel 004.<br />
Nel quadriennio esaminato si osserva una crescita generalizzata<br />
delle forme di lavoro flessib<strong>il</strong>e in tutte le tipologie di ente<br />
analizzate (a parte la flessione del 00 registrata a carico delle<br />
Amministrazioni comunali) (Tab. 7.1).<br />
In generale la forma di impiego più diffusa è <strong>il</strong> tempo determinato<br />
(89%); le forme di lavoro atipiche meno tradizionali<br />
continuano a rappresentare un’esigua minoranza: modesto <strong>il</strong><br />
ricorso sia al lavoro interinale (6%), sia alla formazione lavoro<br />
34 L’approfondimento relativo al settore pubblico fa parte di un percorso di ricerca<br />
più ampio sulla flessib<strong>il</strong>ità del lavoro in <strong>Toscana</strong>, avviato nel 003 e<br />
promosso dal Consiglio regionale. La ricerca si è svolta agli inizi del 004,<br />
all’in<strong>domani</strong> dell’approvazione della Legge 30/ 003, e in quell’occasione ha<br />
coinvolto 100 collaboratori di vari enti pubblici, in particolare regione e<br />
Agenzie regionali, Autonomie locali, Enti ministeriali (cfr. Savino, 005).<br />
35 Questo paragrafo riprende parte del contributo “Flessib<strong>il</strong>ità e stab<strong>il</strong>ità del lavoro<br />
negli Enti decentrati” in La finanza locale in <strong>Toscana</strong>, a cura di S. Lorenzini<br />
( 006), IrPET, Firenze.<br />
131
(5%). Tuttavia, nel periodo analizzato va r<strong>il</strong>evata la crescita numerica<br />
di queste due tipologie contrattuali, in particolare nelle<br />
Amministrazioni comunali, e soprattutto l’incremento della loro<br />
incidenza rispetto al più tradizionale lavoro a termine; probab<strong>il</strong>mente<br />
su questa evoluzione incidono i vincoli sulle nuove assunzioni<br />
che dalla Finanziaria del 00 gravano sui rapporti di<br />
lavoro a tempo determinato, da cui invece rimangono esclusi i<br />
lavoratori interinali: sul totale dei dipendenti atipici, i lavoratori<br />
con contratti di formazione passano da meno dell’1% al 5% nel<br />
004, i lavoratori interinali da meno del 3% al 6% (Tab. 7. ).<br />
tabella 7.1. Lavoratori con contratti flessib<strong>il</strong>i e totale dipendenti negli Enti locali e in <strong>Regione</strong><br />
<strong>Toscana</strong>. 2001-2004. Valori assoluti e valori %<br />
dip. con contratti flessib<strong>il</strong>i tOtALe dIPeNdeNtI % flessib<strong>il</strong>i sul totale<br />
Province<br />
001 1 1 4.698 ,6<br />
00 03 4.993 4,1<br />
003 8 4.993 4,6<br />
004 3 5.118 6,3<br />
Comunità montane<br />
001 19 538 3,5<br />
00 558 3,9<br />
003 9 595 4,9<br />
004 30 56 5,3<br />
Comuni<br />
001 .478 33.603 7,4<br />
00 .157 33.056 6,5<br />
003 .503 33. 54 7,5<br />
004 .671 3 . 38 8,3<br />
Enti locali<br />
001 .618 38.839 6,7<br />
00 .38 38.607 6,<br />
003 .760 38.84 7,1<br />
004 3.0 3 37.918 8,0<br />
<strong>Regione</strong><br />
001 16 .646 6,1<br />
00 176 .803 6,3<br />
003 08 .834 7,3<br />
004 48 .917 8,5<br />
Fonte: nostre elaborazioni su dati Conto Annuale del personale<br />
13
tabella 7.2. Lavoratori con contratti flessib<strong>il</strong>i per tipologia di contratto negli Enti locali. 2001-<br />
2004. Valori assoluti e valori %<br />
Valori assoluti Valori %<br />
Interinale tOtALe<br />
Formazione<br />
lavoro<br />
Interinale tOtALe tempo<br />
determinato<br />
Formazione<br />
lavoro<br />
tempo<br />
determinato<br />
Province<br />
001 111 0 10 1 1 91,7 0,0 8,3 100,0<br />
00 190 9 4 03 93,6 4,4 ,0 100,0<br />
003 16 1 0 8 94,7 5,3 0,0 100,0<br />
004 310 11 1 3 96,3 3,4 0,3 100,0<br />
Comunità montane<br />
001 16 0 3 19 84, 0,0 15,8 100,0<br />
00 17 0 5 77,3 0,0 ,7 100,0<br />
003 1 6 9 7 ,4 6,9 0,7 100,0<br />
004 4 3 3 30 80,0 10,0 10,0 100,0<br />
133<br />
Comuni<br />
001 .407 15 56 .478 97,1 0,6 ,3 100,0<br />
00 1.997 46 114 .157 9 ,6 ,1 5,3 100,0<br />
003 . 17 119 167 .503 88,6 4,8 6,7 100,0<br />
004 .346 141 184 .671 87,8 5,3 6,9 100,0<br />
Enti locali<br />
001 .534 15 69 .618 96,8 0,6 ,6 100,0<br />
00 . 04 55 1 3 .38 9 ,5 ,3 5, 100,0<br />
003 .454 133 173 .760 88,9 4,8 6,3 100,0<br />
004 .680 155 188 3.0 3 88,7 5,1 6, 100,0<br />
Fonte: nostre elaborazioni su dati Conto Annuale del personale
Complessivamente nel quadriennio considerato la diminuzione<br />
occupazionale nelle Autonomie locali è dovuta alla forte riduzione<br />
di dipendenti con contratti a tempo indeterminato nelle Amministrazioni<br />
comunali, che solo in parte la crescita delle forme<br />
atipiche di lavoro è riuscita ad attutire. Negli altri Enti <strong>il</strong> trend<br />
positivo dell’occupazione sembra essere imputab<strong>il</strong>e al contributo<br />
del lavoro a tempo indeterminato, sostenuto in buona misura<br />
anche dalla crescita del lavoro a termine (Graf. 7.1).<br />
Grafico 7.1. Contributo alla crescita dei dipendenti negli Enti locali e in <strong>Regione</strong> <strong>Toscana</strong>.<br />
2001-2004. Valori assoluti<br />
Fonte: nostre elaborazioni su dati Conto Annuale del personale<br />
L’analisi fin qui condotta non include le collaborazioni coordinate<br />
e continuative, la cui r<strong>il</strong>evazione purtroppo, così come<br />
quella degli incarichi di studio, ricerca o consulenza, sconta ancora<br />
molti limiti, in quanto <strong>il</strong> dato – laddove disponib<strong>il</strong>e – fa riferimento<br />
esclusivo al numero di contratti attivati, senza alcuna<br />
informazione sul numero di lavoratori coinvolti e sulla durata di<br />
tali rapporti di lavoro.<br />
Si ipotizza che le collaborazioni abbiano incontrato un notevole<br />
favore tra le Amministrazioni pubbliche, che spesso ne<br />
hanno usufruito ben oltre i limiti previsti per questa tipologia<br />
contrattuale dalle norme speciali vigenti per <strong>il</strong> lavoro pubblico<br />
(art. 7 comma 6 D.Lgs. n. 165/ 001). Si tratta, infatti, di un contratto<br />
che richiede pochi adempimenti e al <strong>quale</strong> non si applicano<br />
le norme in materia di accesso agli impieghi nelle Pubbliche<br />
amministrazioni.<br />
Per la sola regione <strong>Toscana</strong>, l’unico ente per <strong>il</strong> <strong>quale</strong> disponiamo<br />
dei dati relativi agli ultimi quattro anni, i contratti di collaborazione<br />
attivati nel 004 sono oltre un centinaio, a fronte di<br />
circa la metà r<strong>il</strong>evati nel biennio precedente. Complessivamente<br />
134
la spesa sostenuta dall’amministrazione raddoppia nel giro di<br />
un biennio, partendo da circa 800m<strong>il</strong>a euro e attestandosi nei<br />
tre anni successivi attorno a 1,8 m<strong>il</strong>ioni di euro, con un’incidenza<br />
sul totale del costo del lavoro che rimane sostanzialmente invariata<br />
nel triennio 001-03 (1,6%), in lieve flessione nell’ultimo<br />
anno di osservazione (1, %).<br />
Per quanto concerne gli Enti locali, complessivamente la<br />
spesa sostenuta per l’attivazione di collaborazioni è pari a oltre<br />
34 m<strong>il</strong>ioni di euro, in sensib<strong>il</strong>e crescita nel quadriennio di osservazione.<br />
Il trend positivo riguarda tutti i livelli di governo, sia in<br />
termini di livelli di spesa, sia in termini di incidenza sul totale<br />
del costo del lavoro (Tabb. 7.3-7.4).<br />
tabella 7.3. Spesa per collaborazioni coordinate e continuative negli Enti locali e in <strong>Regione</strong><br />
<strong>Toscana</strong>. 2001-2004<br />
2001 2002 2003 2004<br />
135<br />
Var. %<br />
2004-2001<br />
Province 3.747. 74 4.7 .606 5.603. 63 6. 70.084 67,3<br />
Comuni 13.518.9 4 18.769.071 .774.774 6.983. 44 99,6<br />
Comunità montane 496. 89 539.55 900. 78 1.047.894 111,1<br />
Enti locali 17.76 .488 4.031. 9 9. 78.315 34.301. 93,1<br />
regione 83 .363 1.750.560 1.8 .69 1.735.613 108,5<br />
Fonte: nostre elaborazioni su dati Conto Annuale del personale<br />
tabella 7.4. Incidenza della spesa per collaborazioni coordinate e continuative sul costo del<br />
lavoro negli Enti locali e in <strong>Regione</strong> <strong>Toscana</strong>. 2001-2004<br />
2001 2002 2003 2004<br />
Province 3,0 3, 3,7 3,5<br />
Comuni 1,4 ,0 ,3 ,5<br />
Comunità montane 3,3 3,3 4,3 4,8<br />
regione 1,6 1,6 1,6 1,<br />
Fonte: nostre elaborazioni su dati Conto Annuale del personale<br />
7.3. I risultati dell’indagine<br />
• L’ingresso da flessib<strong>il</strong>e nella Pubblica Amministrazione:<br />
l’opportunità della vita!<br />
L’avvio della “carriera” di lavoratore flessib<strong>il</strong>e, in generale,<br />
non è mai risultato come frutto di una scelta di una particolare<br />
condizione contrattuale da parte del soggetto, ma nella maggio-
anza dei casi le persone si sono trovate a dover accettare tale<br />
condizione, perché <strong>il</strong> mercato non offriva alternative e/o perché<br />
per svolgere una certa professione non esistevano altre opportunità<br />
se non quella di lavorare con contratti atipici (Magatti,<br />
Fullin, 00 ; Giovani, 005).<br />
Tanto più vero nell’accesso al pubblico impiego dove, in assenza<br />
di concorsi per posti a tempo indeterminato, i contratti<br />
atipici rappresentano l’unico modo per entrare in contatto con<br />
la Pubblica Amministrazione.<br />
La porta di accesso all’impiego nel settore pubblico, seppure<br />
con rapporti di lavoro a termine, ha comunque rappresentato<br />
per molti dei nostri intervistati <strong>il</strong> raggiungimento di un importante<br />
traguardo sotto molteplici punti di vista.<br />
In primo luogo, perché l’occasione di lavoro è stata associata<br />
alla protezione e alla sicurezza dell’impiego che, almeno fino a<br />
pochi anni fa, <strong>il</strong> pubblico garantiva: <strong>il</strong> posto in una Pubblica Amministrazione<br />
è stato visto come un ambito di lavoro regolare,<br />
dove poter godere di tutte le forme di tutela e che, soprattutto<br />
per le donne, poteva consentire di adottare strategie più agevoli<br />
di conc<strong>il</strong>iazione con le esigenze fam<strong>il</strong>iari. Di fronte all’opportunità<br />
di intraprendere un percorso che si riteneva avrebbe portato<br />
in poco tempo alla stab<strong>il</strong>ità lavorativa, si era anche disponib<strong>il</strong>i<br />
a rinunciare a maggiori livelli retributivi che, invece, un impiego<br />
analogo nel privato poteva garantire.<br />
Per me entrare in questa amministrazione sei anni fa è stata<br />
l’occasione della vita, una cosa veramente incredib<strong>il</strong>e, una grossissima<br />
opportunità e ne sono stata felice per molti anni. Per me era<br />
veramente tanto. Mi sono fatta allettare dall’idea di rimanere nel<br />
pubblico, perché comunque era una soluzione che non ti permetteva<br />
di guadagnare grandi soldi, ma sicuramente è più sicura del<br />
privato (laureata in Architettura, 38 anni).<br />
Inoltre, taluni hanno sottolineato <strong>il</strong> prestigio connesso al<br />
lavoro in un ente pubblico: anche in presenza di occasioni di<br />
lavoro a termine e con remote prospettive di assunzione, l’idea<br />
di lavorare per una Pubblica Amministrazione, magari r<strong>il</strong>evante<br />
sul territorio, ha rappresentato un’opportunità ugualmente attraente,<br />
soprattutto perché, come molti hanno evidenziato, in<br />
questo settore hanno ottenuto la possib<strong>il</strong>ità di svolgere un’attività<br />
coerente con <strong>il</strong> proprio titolo di studio. A questo proposito<br />
bisogna ricordare come questi lavoratori svolgano spesso professioni<br />
di carattere intellettuale e tecnico di medio ed elevato<br />
136
livello: dalle professioni legate alle scienze umane (ricercatori,<br />
docenti, formatori, archivisti, addetti stampa) a quelle tecniche<br />
nell’ambito delle scienze fisiche (informatici, programmatori,<br />
geometri, ingegneri, fisici, statistici) (Savino, 005).<br />
Sono “giovani adulti” (in genere trentenni), soprattutto donne,<br />
che hanno studiato più a lungo rispetto alla generazione dei<br />
padri. L’investimento in capitale umano comporta <strong>il</strong> desiderio di<br />
svolgere un lavoro soddisfacente, sia in termini di attinenza delle<br />
competenze acquisite nella fase di formazione, sia in termini<br />
economici e di prospettive di carriera. Questo si scontra con un<br />
mercato del lavoro come quello toscano – caratterizzato da un<br />
profondo squ<strong>il</strong>ibrio tra le caratteristiche dell’offerta (giovane e<br />
altamente scolarizzata) e quelle richieste dalle imprese (attestate<br />
su bassi livelli di qualificazione) – che offre poche prospettive,<br />
soprattutto al femmin<strong>il</strong>e, per chi è in possesso di elevati titoli di<br />
studio 36 .<br />
In questo scenario la precarietà della propria posizione occupazionale<br />
è stata vissuta come inevitab<strong>il</strong>e ed è stata percepita<br />
persino come una condizione priv<strong>il</strong>egiata, che, anche in assenza<br />
di riconoscimenti sul piano economico e contrattuale, ha consentito<br />
di ottenere una propria realizzazione professionale e<br />
personale. Si tratta di una componente di lavoratori che, per<br />
lungo tempo, è stata disposta ad accettare i costi delle condizioni<br />
contrattuali, a patto di salvaguardare i contenuti, le modalità<br />
di gestione e <strong>il</strong> riconoscimento sociale dell’attività svolta.<br />
I miei amici, che si sono laureati con me e che ora lavorano<br />
nel privato, mi dicono che sono fortunata, perché, anche se con<br />
contratti così, lavoro in Comune; metti mano su cose molto importanti,<br />
che un libero professionista non si sogna neanche di poter<br />
fare. Indipendentemente dallo stipendiuccio mens<strong>il</strong>e, si tratta<br />
proprio di soddisfazione personale (laureata in Architettura, 34<br />
anni).<br />
Lavorare per un istituto che ha un nome, è un istituto serio.<br />
Ha un prestigio e non è da poco che, anche se sei flessib<strong>il</strong>e, puoi<br />
lavorare in un ente importante. Mi piaceva, mi dava soddisfazione<br />
(laureata in Scienze politiche, 36 anni).<br />
36 Secondo i dati Excelsior relativi alle previsioni di assunzione per <strong>il</strong> 005 da<br />
parte degli imprenditori toscani, <strong>il</strong> titolo di studio meno richiesto continua a<br />
essere quello universitario (7,6%) a fronte di una quota r<strong>il</strong>evante di occupazione<br />
potenziale per la <strong>quale</strong> è sufficiente l’obbligo scolastico (35%).<br />
137
Io non ho chiaramente scelto di fare la collaboratrice coordinata<br />
e continuativa. Avrei preferito essere una dipendente, avere<br />
tutti gli oneri sociali dei dipendenti. Ma mi ero appena laureata<br />
e trovare un lavoro di quel genere, che mi permetteva di sfruttare<br />
la mia laurea in lingue, di conoscere i vari istituti europei, per me<br />
era in quel momento lì una gran fortuna, e l’ho preso con grande<br />
entusiasmo (laureata in Lingue, 38 anni).<br />
Noi tutti facciamo un lavoro che ci piace molto. E quindi per<br />
assurdo, pur essendo precari, siamo dei priv<strong>il</strong>egiati. Almeno mi<br />
sono sempre vista così. Subito dopo la laurea sono approdata all’assessorato.<br />
Mi è piaciuto subito ed è quello che voglio fare da<br />
grande. Da un certo punto di vista è stato un colpo di fortuna<br />
(laureata in Scienze Politiche, 3 anni).<br />
Solo in pochi hanno sottolineato come <strong>il</strong> loro ingresso nel<br />
mercato del lavoro attraverso tipologie contrattuali atipiche sia<br />
frutto di una scelta consapevole. Si tratta soprattutto di uomini,<br />
impegnati in professioni tecniche (come l’architetto o l’ingegnere),<br />
maggiormente orientati verso un futuro da liberi professionisti,<br />
che percepiscono <strong>il</strong> mercato come fonte di opportunità più<br />
che di rischi. Apprezzano nella flessib<strong>il</strong>ità del lavoro le opportunità<br />
che offre di costruirsi un percorso autonomo, ut<strong>il</strong>izzando<br />
la propria professionalità, le proprie competenze e i contatti per<br />
ottenere una posizione competitiva forte nel mercato. L’incarico<br />
con l’Amministrazione pubblica è vissuto come uno dei tanti,<br />
che non è destinato necessariamente alla stab<strong>il</strong>izzazione presso<br />
l’ente.<br />
La flessib<strong>il</strong>ità per me è una scelta personale, non è stata una<br />
imposizione. Mi sto sempre più indirizzando verso una professione<br />
del tutto individuale, quindi la flessib<strong>il</strong>ità per me sarà <strong>il</strong> pane<br />
quotidiano dei prossimi anni. La flessib<strong>il</strong>ità è un bene che ci sia<br />
per me, nel senso che <strong>il</strong> mio obiettivo è quello non di avere una<br />
professione da dipendente. A me piace <strong>il</strong> mio lavoro, piace spaziare<br />
nei vari rami nel mio settore, quindi stare un’ora in più o due ore<br />
in più in ufficio non è un problema (laureato in Ingegneria, 7<br />
anni).<br />
Uno magari all’inizio della carriera ambisce al posto sicuro e all’inquadramento<br />
a tempo indeterminato. Io, invece, appena laureato, sono<br />
entrato in una società, dove, dopo avere fatto un periodo di prova, ho<br />
iniziato a gestire progetti. Gestire progetti significa tante cose, significa<br />
138
tenere i rapporti con <strong>il</strong> committente, fare attività di elaborazione dei dati,<br />
definire una linea strategica e quindi questo ti porta ad avere orari anche<br />
non precisissimi Quello che sono riuscito a fare nella società poi l’ho messo<br />
a frutto per i colloqui con gli enti pubblici. A livello professionale, mi<br />
piace un sacco, perché poi mi organizzo i tempi, riesco a incastrare varie<br />
cose, per cui non fai la stessa cosa tutti i giorni che vai al lavoro e non ti<br />
passa mai e stai a guardare l’orologio. Faccio cose molto diverse, per cui<br />
da questo punto di vista è perfetto (laureato in Geologia, 30 anni).<br />
• Da flessib<strong>il</strong>e a precario: la mob<strong>il</strong>ità dei lavoratori nel pubblico<br />
impiego<br />
La valutazione relativa al proprio percorso professionale,<br />
che è emersa durante i focus group, nella maggioranza dei casi<br />
non è affatto positiva. Le testimonianze dei lavoratori evidenziano<br />
una traiettoria contrassegnata da una fase iniziale di forte<br />
entusiasmo e di “innamoramento” per <strong>il</strong> lavoro svolto, oltre che<br />
di identificazione con l’ente pubblico, ad una successiva di forte<br />
delusione e dis<strong>il</strong>lusione rispetto alle proprie aspettative future di<br />
stab<strong>il</strong>izzazione e di crescita professionale.<br />
Dopo anni, in alcuni casi anche molti, impiegati presso lo<br />
stesso ente, transitando di rinnovo in rinnovo in condizioni contrattuali<br />
e livelli di tutela diversi, la sensazione per molti è quella<br />
di essere rimasti intrappolati.<br />
Inizialmente l’instab<strong>il</strong>ità è stata concepita come una risorsa,<br />
nella misura in cui ha fac<strong>il</strong>itato l’ingresso nel mercato del lavoro,<br />
soprattutto in un settore come quello pubblico altrimenti non<br />
accessib<strong>il</strong>e, ha consentito processi di formazione e di acquisizione<br />
di competenze e, in alcuni casi, ha concesso elevati margini<br />
di autonomia nella gestione del proprio lavoro. Ma alla lunga <strong>il</strong><br />
senso di libertà che questa condizione lavorativa può trasmettere<br />
ha teso a tramutarsi in una trappola, facendo emergere tutto<br />
<strong>il</strong> peso dell’incertezza, anche alla luce del percorso compiuto,<br />
delle prospettive future e delle fasi del ciclo di vita attraversate.<br />
La percezione di non essere più a rischio di precarietà, ma di<br />
essere completamente entrati in tale dimensione, ben evidente<br />
nelle parole di questa collaboratrice, è paradigmatica dell’esperienza<br />
di molti lavoratori ascoltati.<br />
La flessib<strong>il</strong>ità è stata un ottimo canale per entrare. E usi questo<br />
termine: flessib<strong>il</strong>e, flessib<strong>il</strong>e, flessib<strong>il</strong>e. Dopo tre anni usi più spesso<br />
<strong>il</strong> termine precario, è proprio la sensazione che cambia. All’inizio<br />
ho pensato che la flessib<strong>il</strong>ità fosse un ottimo strumento e ne ho fatto<br />
anche una scelta consapevole. Ero contenta di essere flessib<strong>il</strong>e,<br />
139
ero contenta di non avere orari, ero contenta di non dovere rendere<br />
conto a qualcuno se non al responsab<strong>il</strong>e del progetto. Mi ha fatto<br />
piacere ed è stata un’ottima esperienza. Però, dopo tre anni, uno<br />
ha davvero bisogno di una prospettiva che dia un pochino di più<br />
quella famosa sicurezza. Quando capisci che quella prospettiva si<br />
allontana sempre di più e che probab<strong>il</strong>mente non arriverà mai, ti<br />
senti, tutto ad un tratto, precario. Proprio quel vecchio precariato…<br />
C’è nel pubblico e c’è nel privato, lo vedo dappertutto. Per me<br />
è stato tremendo. Io lo vivo in questo periodo ed è molto destab<strong>il</strong>izzante<br />
rispetto alle scelte che devi fare, o meglio che vorresti fare per<br />
la tua vita privata (laureata in Scienze politiche, 36 anni).<br />
Ma da dove deriva la sensazione di intrappolamento, che traspare<br />
dai contributi di molti dei lavoratori interpellati?<br />
Per molti l’attuale condizione contrattuale non è una situazione<br />
di passaggio, né tanto meno una forma di ingresso<br />
nel mercato del lavoro. Si tratta di lavoratori che hanno alle<br />
spalle percorsi mediamente lunghi nell’ambito del lavoro flessib<strong>il</strong>e<br />
(prevalentemente come collaboratori) e di rapporti duraturi<br />
(almeno tre anni) con l’ente presso <strong>il</strong> <strong>quale</strong> attualmente<br />
sono impiegati. Sono lavoratori ben inseriti all’interno delle<br />
organizzazioni degli enti committenti; hanno pochi margini<br />
di autonomia nella scelta del luogo di lavoro, che in genere è<br />
la sede del committente, e nella organizzazione del tempo di<br />
lavoro. In genere svolgono funzioni essenziali per <strong>il</strong> funzionamento<br />
ordinario dell’ente presso <strong>il</strong> <strong>quale</strong> prestano servizio,<br />
e in molti casi <strong>il</strong> loro impiego non è affatto determinato da<br />
esigenze specifiche e contingenti, legate alla realizzazione di<br />
un singolo progetto.<br />
In molti casi, usufruendo di più rinnovi contrattuali, si sono<br />
creati rapporti di lavoro duraturi, che hanno determinato per <strong>il</strong><br />
lavoratore (ma anche per l’ente) una continuità professionale.<br />
Si tratta, tuttavia, di una condizione non assim<strong>il</strong>ab<strong>il</strong>e alla stab<strong>il</strong>ità,<br />
perché rappresenta spesso <strong>il</strong> prolungamento nel tempo<br />
di una condizione vissuta e percepita come instab<strong>il</strong>e. La lunga<br />
durata è in questo caso un indicatore di intrappolamento in<br />
una condizione, dalla <strong>quale</strong> diventa sempre più diffic<strong>il</strong>e uscire,<br />
man mano che passano gli anni e si cresce dal punto di vista<br />
dell’età anagrafica. Inoltre, la continuità del rapporto con l’ente<br />
consente l’instaurarsi di una relazione con <strong>il</strong> committente, con<br />
i colleghi, con l’intero ambiente lavorativo che alimenta la speranza<br />
del raggiungimento del traguardo: l’assunzione a tempo<br />
indeterminato.<br />
140
Forse è stata un po’ anche colpa mia, ma io mi sono sentita<br />
ancorata all’ente, perché speravo… ma non soltanto io, anche i<br />
miei dirigenti mi hanno fatto sperare che ci fosse un futuro in<br />
questo percorso. Poi, di fatto questo futuro non c’è stato. Se anche<br />
ora ci dovesse essere e dovessi entrare, è stato un tale calvario e a<br />
questo punto non so se sarei soddisfatta più di tanto (laureata in<br />
Architettura, 38 anni).<br />
Io mi sono anche un po’ lasciata <strong>il</strong>ludere dal dirigente con<br />
cui lavoravo che mi diceva: “Guarda, non ti dico ora, ma nel<br />
giro di breve tempo faremo i concorsi anche perché la struttura<br />
ha bisogno di essere stab<strong>il</strong>e”. E quindi io mi sono fermata anche<br />
mentalmente e non ho cercato altro. Non sono andata a guardare<br />
se c’erano concorsi per me o opportunità anche nel privato… A<br />
un certo punto, però, arrivi a un punto che non sei più trasversale.<br />
Nel momento in cui entri in un settore… Io ho 33 anni, mi<br />
sono laureata nel 2000. Ormai è dal ’98 che lavoro tra una cosa e<br />
un’altra. Questa cosa è spiazzante (laureata in Scienze dell’Educazione,<br />
33 anni).<br />
La sensazione di essere rimasti intrappolati emerge anche<br />
nelle parole di coloro che ritengono di aver avuto delle carriere<br />
bloccate, la concentrazione sul rinnovo del contratto spesso ha<br />
fatto perdere di vista gli aspetti professionalizzanti del proprio<br />
percorso di lavoro.<br />
Il problema è che sono stata per sei anni nello stesso posto di<br />
lavoro, dove non sono cresciuta professionalmente, dove ho fatto<br />
dal primo giorno in cui sono entrata fino ad <strong>oggi</strong>, sempre <strong>il</strong> medesimo<br />
lavoro, affiancata sempre dalla medesima persona, senza<br />
avere la minima possib<strong>il</strong>ità di crescere. Sono rimasta la borsista di<br />
sei anni fa. È stata una scelta che poi però è risultata penalizzante,<br />
anche dal punto di vista professionale. È una cosa che mi pesa,<br />
anche perché ho 38 anni e sono nell’età in cui potrei dare veramente<br />
… e però, insomma, non ne ho neanche venti. Sono in un<br />
momento per cui o do ora oppure… insomma, la vedo dura anche<br />
mettersi in marcia per crescere. Mi sento ingessata, ecco (laureata<br />
in Architettura, 38 anni).<br />
L’investimento fatto ha consentito di sv<strong>il</strong>uppare competenze<br />
e professionalità che in molti casi sono spendib<strong>il</strong>i solo nel pubblico<br />
o, ancor peggio, solo presso l’ente committente.<br />
Il settore in cui ho fatto esperienza finora è spendib<strong>il</strong>e nel pub-<br />
141
lico; non c’è verso, nel privato non è spendib<strong>il</strong>e. E devo dire che<br />
è andata avanti un po’ per caso questa cosa, quando sei lì, poi<br />
impari anche. Se dovessi spendermi da un’altra parte, io dovrei<br />
ricominciare daccapo. Ma lo farò, sicuramente lo dovrò fare, mi<br />
dovrò rimettere completamente in gioco. Il problema poi è che lo<br />
puoi fare fino a una certa età, se lo fai a 24 anni, ci puoi stare,<br />
ma a 30 o 32 anni la cosa diventa già più complicata (laureata in<br />
Scienze della formazione, 7 anni).<br />
In effetti è emersa anche la consapevolezza da parte di molti<br />
di essere manodopera troppo qualificata per le richieste, invece,<br />
di basso prof<strong>il</strong>o provenienti dal sistema produttivo regionale.<br />
Nel tentativo, intrapreso in alcuni casi, di cercare un’altra occupazione,<br />
rivolgendosi anche al settore privato, l’ostacolo dell’elevata<br />
qualificazione è risultato particolarmente evidente.<br />
Ho mandato curriculum, ho cercato, però non ho trovato niente,<br />
niente… anche perché appunto le mie competenze da una parte<br />
sono molto alte, ma anche molto specifiche, non c’è molto mercato<br />
in Italia per queste cose. Forse cercando all’estero avrei avuto<br />
qualche possib<strong>il</strong>ità in più però, per un motivo o per un altro, non<br />
mi sentivo pronta a fare una scelta del genere. Il problema è che<br />
siamo un po’ troppo qualificati per <strong>il</strong> mercato del lavoro ordinario.<br />
Oltre che essere troppo qualificata, io sono anche troppo vecchia:<br />
ho 38 anni e, quando vedi le domande, cercano personale anche<br />
qualificato massimo trentacinquenne, massimo trentenne, ma anche<br />
ventenne (laureata in Lingue, 38 anni).<br />
Anche io ho sempre tenuto d’occhio in maniera più o meno<br />
continuativa gli annunci. Il problema è che sono arrivata a un<br />
punto in cui ho una certa necessità di trovare qualcosa di alternativo<br />
e non trovo. Non trovo lavoro alternativo nei contenuti, perché<br />
la ricerca si fa qui e si fa da altre poche parti. A questo punto<br />
mi sono detta: qualsiasi lavoro pur di non stare a casa a girarmi<br />
i pollici. Il problema è che ho mandato diverse domande, cercando<br />
anche delle possib<strong>il</strong>ità in cui potessi riciclare l’esperienza di<br />
ricerca, e ho trovato veramente <strong>il</strong> vuoto, nessuno mi ha risposto.<br />
Effettivamente <strong>il</strong> fatto di fare un lavoro particolare ti penalizza nel<br />
momento in cui vuoi fare valere la tua esperienza da altre parti.<br />
Anch’io sono laureata in economia e commercio, per cui bene o<br />
male un contratto da segretaria o sim<strong>il</strong>e lo troverò probab<strong>il</strong>mente.<br />
Non mi piace, ma a fronte di stare a casa e non avere altro, lo prenderò<br />
(laureata in Economia e commercio, 9 anni).<br />
14
La scelta di indirizzarsi verso <strong>il</strong> pubblico impiego si è rivelata<br />
per più ragioni controproducente rispetto alle aspettative di<br />
stab<strong>il</strong>izzazione che in molti nutrivano inizialmente e, paradossalmente,<br />
l’attuale percezione è quella di essere meno tutelati<br />
rispetto a chi, invece, opera nel settore privato.<br />
C’è la consapevolezza di un uso non certo virtuoso delle tipologie<br />
contrattuali atipiche, soprattutto nel caso delle collaborazioni,<br />
che sono state attivate per colmare le lacune del personale<br />
dipendente, per aspetti di convenienza da parte dell’ente (primo<br />
fra tutti <strong>il</strong> minor costo), per svolgere attività non certo connotate<br />
dal carattere della straordinarietà, e che sono state reiterate per<br />
anni, alimentando nei lavoratori aspettative di assunzioni nel<br />
breve periodo, che tuttavia non ci sono state e che, alla luce degli<br />
attuali vincoli previsti dalle disposizioni nazionali a carico del<br />
pubblico impiego, potrebbero non esserci ancora per un lungo<br />
periodo.<br />
Emerge, inoltre, la frustrazione di chi è consapevole di svolgere<br />
lo stesso lavoro e le stesse funzioni del dipendente, a fronte<br />
di un’immeritata disparità nell’accesso a tutele e diritti.<br />
Nel privato, c’è un discorso di costo aziendale: un co.co.pro.<br />
gli costa la metà di un dipendente; quindi c’è una logica, ancorché<br />
sbagliata, comunque c’è una logica aziendale. Nel pubblico è un<br />
po’ prendere in giro le persone, perché la flessib<strong>il</strong>ità va a sopperire<br />
alle mancanze dell’organico, perché loro non possono assumere le<br />
persone. Perché non ti prendono per la tua specificità, per le tue<br />
competenze. Tu a partita IVA dovresti essere come un professionista,<br />
invece no: loro hanno <strong>il</strong> vantaggio che possono avere delle<br />
persone che lavorano <strong>il</strong> doppio di quanto lavora un dipendente<br />
pubblico, che è inamovib<strong>il</strong>e. L’handicap più grosso è comunque<br />
che tutto questo è finalizzato al niente. Perché un <strong>domani</strong> i concorsi<br />
sono aperti a tutte le persone e quindi non è da dire, aspetti un<br />
concorso e poi c’entri anche te, non è vero (laureato in Economia<br />
aziendale, 33 anni).<br />
Il problema della Pubblica Amministrazione, quanto a maggiori<br />
tutele rispetto al privato, in realtà non è affatto vero per un<br />
atipico, perché non ha neppure <strong>il</strong> rapporto diretto con <strong>il</strong> datore<br />
di lavoro che ha libertà di assumere. Il dirigente del pubblico ha<br />
sempre e comunque la scusa, <strong>il</strong> pretesto o anche concretamente è<br />
vero che non ha <strong>il</strong> potere di assumerti. Inoltre, è certamente più<br />
probab<strong>il</strong>e che fallisca un’azienda privata piuttosto che un’amministrazione<br />
pubblica; un’amministrazione non chiude però ti la-<br />
143
scia a casa. Indipendentemente dal fatto che <strong>il</strong> tuo lavoro sia stato<br />
indispensab<strong>il</strong>e, che tu abbia reso una prestazione che nel privato<br />
ti avrebbe dato gli estremi per fare una vertenza. Quindi, dal punto<br />
di vista stretto della tutela, della maggiore garanzia che ti dà <strong>il</strong><br />
pubblico rispetto al privato, non è assolutamente vero (laureata in<br />
Statistica, 35 anni).<br />
La sicurezza la dà ai dipendenti a tempo indeterminato però<br />
agli atipici no. Anzi io, avendo lavorato come co.co.co. per un privato,<br />
lì cioè veramente godevo di tutti i diritti di flessib<strong>il</strong>ità, di<br />
maggiore libertà e anche di professionalizzazione (laureata in Lettere,<br />
35 anni).<br />
• La stab<strong>il</strong>ità, ma a quali condizioni?<br />
La maggioranza degli intervistati ha avuto, fin da subito, un<br />
percorso orientato verso <strong>il</strong> lavoro stab<strong>il</strong>e: hanno apprezzato l’ambiente<br />
di lavoro e <strong>il</strong> tipo di attività, vi hanno investito energie,<br />
per lungo tempo non hanno pensato di cambiare lavoro, anche<br />
di fronte ad offerte di lavoro a tempo indeterminato, nutrendo la<br />
speranza di essere alla fine assunti presso l’ente come dipendenti,<br />
conc<strong>il</strong>iando così l’aspirazione alla stab<strong>il</strong>ità con la possib<strong>il</strong>ità<br />
di realizzarsi professionalmente.<br />
Una volta mi è capitato di avere una proposta di assunzione a<br />
tempo indeterminato e l’ho rifiutata: era una casa editrice ed era<br />
un lavoro di tipo amministrativo, una cosa molto amministrativa.<br />
Io all’epoca – e ora mi viene da ridere – erano cinque o sei<br />
anni che facevo la co.co.co. e speravo in una qualche sistemazione,<br />
ma… <strong>il</strong> lavoro che facevo mi piaceva, mi dava soddisfazione,<br />
era stimolante e poi c’era lavoro sempre di più, voglio dire, perché<br />
l’ente non deve assumere le persone che tutto sommato lavorano<br />
bene, che sono riconfermate tutti gli anni? Quindi uno continua a<br />
sperare che forse… (laureata in Lingue, 37 anni).<br />
In passato, ho avuto l’opportunità di avere un contratto a tempo<br />
indeterminato, la famigerata assunzione. Era anche un lavoro<br />
abbastanza attinente a quello che faccio, però ero appena arrivata<br />
qui, mi piaceva l’ambiente, avevo tutta una serie di speranze e<br />
anche di aspirazioni, di idee forse anche un po’ romantiche sul<br />
tipo di lavoro, e non mi andava di rinchiudermi in una logica<br />
aziendale in cui devi produrre, produrre, produrre per <strong>il</strong> profitto. E<br />
quindi ho rifiutato anche se si era parlato di assunzione a tempo<br />
indeterminato (laureata in Lingue, 38 anni).<br />
144
Ma dopo un così lungo periodo vissuto nell’instab<strong>il</strong>ità, molti<br />
evidenziano la propria disponib<strong>il</strong>ità a rinunciare ad alcuni vantaggi<br />
del proprio attuale impiego in cambio di un posto di lavoro<br />
stab<strong>il</strong>e.<br />
In primo luogo, la condizione di (apparente) priv<strong>il</strong>egio in cui<br />
si trovano per <strong>il</strong> fatto di svolgere un lavoro coerente con <strong>il</strong> proprio<br />
percorso formativo e fonte di grandi soddisfazioni: in molti<br />
sarebbero disposti a barattare la soddisfazione con la sicurezza<br />
dell’impiego, soprattutto tra le donne. Molti sono pronti a<br />
scendere a compromessi, perché consapevoli delle forti barriere<br />
all’ingresso nel settore pubblico determinate dal blocco delle assunzioni<br />
degli ultimi anni, che rendono sempre più remota la<br />
possib<strong>il</strong>ità di accedere al posto sicuro, protetto e compatib<strong>il</strong>e,<br />
soprattutto per le donne, alla realizzazione di progetti fam<strong>il</strong>iari.<br />
varcata abbondantemente la soglia dei trent’anni, oltre alla<br />
dimensione professionale, assumono centralità anche le possib<strong>il</strong>ità<br />
di realizzazione, fino a questo momento rimandate, nell’ambito<br />
della sfera privata.<br />
Se mi proponessero un posto con maggiore garanzia di stab<strong>il</strong>ità,<br />
sarei flessib<strong>il</strong>e sul contenuto del lavoro. È chiaro che nei<br />
miei sogni c’è <strong>il</strong> lavoro stab<strong>il</strong>e e nelle cose in cui sono più formata,<br />
però penso che comunque la precarietà investa tutta la vita,<br />
l’incapacità di fare progetti a lungo termine (laureata in Lettere,<br />
30 anni).<br />
Il mio lavoro mi dava una enorme soddisfazione, però ora lo<br />
baratto volent<strong>ieri</strong> con un po’ di stab<strong>il</strong>ità, anche perché cerco di fare<br />
delle scelte, noi siamo flessib<strong>il</strong>i, ma <strong>il</strong> resto del mondo chiede altre<br />
forme di garanzie stab<strong>il</strong>i (laureata in Scienze politiche, 36 anni).<br />
Due anni fa potevo fare anche un discorso del genere: non mi<br />
interessa vendere niente a nessuno, voglio fare qualcosa che mi<br />
piaccia, va bene anche se precario. Però più in là che vai con l’età,<br />
le cose cambiano tantissimo, specialmente per una donna. Alla<br />
fine dell’anno, quando al telegiornale ti elencano le cose per cui gli<br />
italiani spendono la tredicesima, l’assicurazione della macchina,<br />
<strong>il</strong> mutuo… e io pensavo: “Che fortuna io non ce l’ho tutte queste<br />
cose, sì però non ho nemmeno la tredicesima!” Mi ricordo che<br />
mi feci da sola questa battuta. Allora non aveva importanza per<br />
me, poi ad un certo punto inizi ad averne abbastanza (laureata in<br />
Scienze Politiche, 3 anni).<br />
145
La stab<strong>il</strong>ità non è sembrato essere un obiettivo desiderab<strong>il</strong>e<br />
sempre e comunque. Per alcuni intervistati la stab<strong>il</strong>izzazione è<br />
una meta importante, per la <strong>quale</strong> tuttavia non rinuncerebbero<br />
alla possib<strong>il</strong>ità di svolgere un lavoro adeguato alle proprie competenze<br />
e che sia fonte di soddisfazione.<br />
Io non potrei fare un lavoro che non mi dà un senso di soddisfazione<br />
nel fare qualcosa che mi piace. Poi mi ritroverò a dover<br />
sfamare una famiglia e cambio idea, però, al momento, è più importante<br />
sapere che per otto ore al giorno fai qualcosa che ti dà un<br />
senso (laureata in Scienze della Formazione, 7 anni).<br />
Se i contenuti del lavoro rappresentano un limite invalicab<strong>il</strong>e,<br />
altri sono gli aspetti sui quali i lavoratori contratterebbero<br />
per ottenere un impiego stab<strong>il</strong>e: in primo luogo la flessib<strong>il</strong>ità<br />
nella gestione del proprio orario di lavoro.<br />
Rispetto ai contenuti del lavoro non so se riuscirei a concedere<br />
tantissimo. Lasciare la precarietà per un lavoro d’ufficio o di ragioneria?<br />
Penso che non lo farei. Forse perché è una scelta che ho<br />
fatto prima e non tornerei indietro. Rispetto alla situazione che<br />
vivo ora, concederei <strong>il</strong> discorso dell’organizzazione degli orari e dei<br />
tempi, quello sì. Penso sia inevitab<strong>il</strong>e. Io sono abbastanza libero di<br />
gestirmi <strong>il</strong> tempo come credo, quindi questa sarebbe la concessione<br />
che farei (laureato in Economia e Commercio, 35 anni).<br />
Solo in pochi casi è emersa anche la disponib<strong>il</strong>ità a trasferirsi,<br />
come unica soluzione alla possib<strong>il</strong>ità di proseguire <strong>il</strong> proprio<br />
percorso lavorativo, che garantisca anche margini di crescita<br />
professionale:<br />
Il mio lavoro è fantastico, però se devo ragionare… vorrei fare<br />
comunque un lavoro sim<strong>il</strong>e e per mantenere un’attività sim<strong>il</strong>e a<br />
quella attuale dovrei spostarmi su un orizzonte non troppo lontano…<br />
Roma, M<strong>il</strong>ano…, però dentro a una struttura che mi prenda<br />
ora e che mi dia la sicurezza di farmi salire nel giro di pochi anni<br />
(laureato in Economia Ambientale, 31 anni).• Lavoratori precari<br />
e dipendenti a confronto: le relazioni nei luoghi di lavoro<br />
Nonostante i lavoratori flessib<strong>il</strong>i dichiarino di essere sostanzialmente<br />
soddisfatti delle relazioni con i dipendenti standard<br />
nei luoghi di lavoro, comunque dalle testimonianze raccolte traspare<br />
una generale consapevolezza dell’esistenza di una linea di<br />
demarcazione piuttosto netta tra “loro” e gli “altri”.<br />
146
Il discorso del rapporto fra i collaboratori e i dipendenti fissi<br />
è delicatissimo. È proprio un discorso di prestigio, come dire, io<br />
sono assunto… è un po’ un gioco all’esclusione. Gli assunti di fatto<br />
hanno una posizione diversa dalla nostra, soprattutto nel pubblico,<br />
dove vale la regola che, se sei assunto, non c’è verso di essere<br />
buttato fuori (laureata in Scienze politiche, 36 anni).<br />
I lavoratori a termine provano una sorta di deprivazione<br />
relativa rispetto ai colleghi dipendenti, ponendo attenzione soprattutto<br />
al tema della disparità in termini di tutele e di livelli<br />
retributivi.<br />
In primo luogo, viene sollevata l’incapacità da parte del dipendente<br />
di comprendere <strong>il</strong> gap esistente tra la propria condizione<br />
di lavoratore a tempo indeterminato nel pubblico, in<br />
possesso dei massimi livelli di tutele e di garanzie, e quella del<br />
lavoratore a termine, collocato, invece, nella cosiddetta periferia<br />
dei diritti.<br />
Uno degli ambiti di incomprensione è rappresentato dal livello<br />
retributivo che, come sottolineano ad esempio i collaboratori<br />
coordinati e continuativi, nel loro caso è solo apparentemente<br />
più elevato, perché non inclusivo di tutte le garanzie, di cui invece<br />
possono usufruire i dipendenti (ferie, malattie, contributi<br />
previdenziali ecc.).<br />
È pesante doversi confrontare sempre con la persona che ti sta<br />
accanto di scrivania, ci passi tutto <strong>il</strong> giorno e questa persona pensa<br />
che te stai lì, fai la stessa cosa che fa lei e quella pensa che io guadagno<br />
tanti soldi. E sai questa idea non gliela levi. Però se loro hanno<br />
<strong>il</strong> raffreddore, stanno a casa una settimana… Io sono venuta a lavorare<br />
in delle condizioni… (laureata in Scienze politiche, 3 anni).<br />
È diffic<strong>il</strong>e combattere con la mentalità del dipendente. Devi stare<br />
costantemente a contatto con una persona che ha fatto un concorso<br />
e che, nella maggior parte dei casi, non fa un tubo dalla mattina<br />
alla sera. Io ho una retribuzione pagata su undici mesi invece<br />
che su dodici, questa è l’unica cosa che siamo riusciti a ottenere<br />
in due anni di litigi e, secondo loro, io con questo mese mi pago le<br />
ferie, quindi, <strong>il</strong> dipendente è convinto che io prenda più di lui. Ma<br />
come? Non si rende conto che io mi pago tutto da sola? C’è questo<br />
grosso divario di mentalità, con cui combatti tutti i giorni e mi<br />
rinfacciano se ho preso mezz’ora per <strong>il</strong> pranzo. Mi dovrò pur cibare<br />
anch’io, no? (laureata in Scienze della formazione, 7 anni).<br />
147
In alcuni casi sono emerse situazioni di forte isolamento rispetto<br />
ai colleghi, da cui scaturisce un diffuso senso di malessere<br />
di fronte alle difficoltà di ottenere un riconoscimento del<br />
proprio ruolo e del proprio spazio lavorativo.<br />
In tanti anni di lavoro non mi hanno mai trattata come una<br />
dipendente, non mi hanno mai fatto sentire parte del gruppo. Mi<br />
hanno sempre trattata come una persona giovane, per loro sono<br />
sempre giovane, io e <strong>il</strong> mio collega ci chiamano “quei ragazzi”. Basta!<br />
Dopo dieci anni non puoi più trattarmi come la ragazzina che<br />
è entrata con la borsa di studio, tutte le volte che arrivo mi sembra<br />
sempre di essere quella che viene da fuori e non una di loro. Te sei<br />
quello diverso, che <strong>domani</strong> non c’è più. Se al posto tuo viene un<br />
altro, non c’è problema (diplomata, 33 anni).<br />
Come ha r<strong>il</strong>evato Accornero ( 000), in contesti di questo tipo<br />
possono verificarsi rischi di divaricazione fra i lavoratori: da un<br />
lato un nucleo più o meno ristretto di dipendenti stab<strong>il</strong>i (i core<br />
workers), dall’altro la manodopera temporanea (i contingency<br />
workers), che tuttavia, spesso, non rappresenta un gruppo al<br />
proprio interno omogeneo, composto da lavoratori con forme<br />
contrattuali diversificate (tempo determinato, collaborazioni,<br />
collaborazioni con partita IvA, borse di studio ecc.). La pluralizzazione<br />
delle forme di lavoro produce, infatti, un’ulteriore segmentazione<br />
della forza lavoro, non solo nei confronti dei lavoratori<br />
standard, ma anche all’interno dei lavoratori atipici stessi,<br />
per cui <strong>il</strong> pericolo è che si venga a creare una situazione conflittuale<br />
tra lavoratori operanti in un stesso contesto lavorativo<br />
sulla base di modalità contrattuali diverse, derivante da nuove<br />
forme di gerarchizzazione basate sulla maggiore o minore stab<strong>il</strong>ità<br />
dei lavoratori.<br />
L’altro aspetto r<strong>il</strong>evante è che nei contesti da noi analizzati<br />
i lavoratori instab<strong>il</strong>i spesso costituiscono la componente che,<br />
nonostante l’atipicità delle condizioni contrattuali, contribuisce<br />
oppure è persino responsab<strong>il</strong>e del core business degli enti di<br />
appartenenza, occupandosi prioritariamente dello svolgimento<br />
delle funzioni ordinarie e stab<strong>il</strong>i di tali organizzazioni, che in<br />
molti casi altrimenti non verrebbero svolte.<br />
L’approvazione della Legge Finanziaria per <strong>il</strong> 006 è stato un<br />
interessante banco di prova rispetto alla questione della tenuta<br />
della coesione sociale nell’ambito del lavoro. Le stringenti limitazioni<br />
per la spesa del personale imposte agli Enti decentrati<br />
ha avuto, in alcuni casi, conseguenze negative sulla continuità<br />
148
lavorativa della componente flessib<strong>il</strong>e del personale, che, oltre a<br />
vedere sfumare le aspettative di stab<strong>il</strong>izzazione attraverso l’assunzione,<br />
ha rischiato – e tuttora rischia – anche in termini di<br />
rinnovo del contratto e quindi l’opportunità di continuare a svolgere<br />
<strong>il</strong> proprio lavoro anche in qualità di collaboratore. Dire cosa<br />
è successo dopo la Finanziaria non è cosa agevole, anche perché<br />
non è stata individuata alcuna linea comune a livello regionale,<br />
ma ciascun ente, a seconda della propria situazione interna, si è<br />
organizzato autonomamente. Si riscontrano casi in cui si sono<br />
effettivamente verificati mancati rinnovi dei contratti, in altri<br />
casi l’intero personale dell’ente, tutti collaboratori, sono stati<br />
mantenuti. In altri casi ancora le soluzioni individuate passano<br />
attraverso procedure di outsourcing, con forti implicazioni in<br />
termini di qualità e costi dei servizi, oltre che in relazione alle<br />
condizioni dei lavoratori coinvolti.<br />
A questo proposito emblematico è quanto verificatosi nel Comune<br />
di Prato, all’in<strong>domani</strong> della presentazione delle disposizioni<br />
contenuti nella Finanziaria.<br />
Alla fine del 005 la Giunta comunale ha approvato una delibera<br />
in relazione ai provvedimenti relativi all’applicazione della<br />
Legge Finanziaria per quanto concerne le spese per <strong>il</strong> personale.<br />
Per rispettare <strong>il</strong> vincolo richiesto del taglio dell’1% delle spese<br />
per <strong>il</strong> personale, l’Amministrazione pratese aveva ipotizzato una<br />
manovra che fosse in grado di salvaguardare l’occupazione per<br />
180 collaboratori, che integrano un organico insufficiente e inferiore<br />
rispetto a Comuni analoghi dal punto di vista delle dimensioni<br />
demografiche, e la funzionalità dei servizi 37 . La delibera<br />
prevedeva un “patto di solidarietà” tra lavoratori, basato su un<br />
piano di risparmi che sarebbero andati ad incidere sulla parte<br />
variab<strong>il</strong>e del salario dei dipendenti di ruolo (come ad esempio<br />
l’accesso ai fondi di produttività), oltre a minori spese derivanti<br />
dalla razionalizzazione dei servizi 38 .<br />
37 “Tagliare l’1% delle spese per <strong>il</strong> personale – si legge nel comunicato dell’ufficio<br />
stampa del Comune – è un’operazione di due m<strong>il</strong>ioni di euro, che avrebbe<br />
comportato una riduzione drastica del personale precario. In pratica mandare<br />
a casa i circa 180 co.co.co., con conseguenze gravi sui servizi e sulla funzionalità<br />
del Comune. Detto in altro modo sarebbero scomparse non poche sezioni<br />
di scuola materna, pregiudicata l’attività dell’Assessorato alla multiculturalità<br />
in una città a forte presenza di immigrati, ridotti i servizi informatici che ormai<br />
fanno girare la macchina comunale”.<br />
38 Nel dettaglio si proponeva: la rinuncia da parte del personale di ruolo a 400<br />
m<strong>il</strong>a euro complessivi del fondo dei dipendenti, per i dirigenti a 50 m<strong>il</strong>a euro;<br />
la decurtazione del 10% per <strong>il</strong> funzionamento degli organi istituzionali. Al-<br />
149
La proposta ha sollevato non poche reazioni da parte sia dei lavoratori<br />
dipendenti che delle organizzazioni sindacali, che hanno<br />
portato prima al congelamento della delibera, poi al ridimensionamento<br />
dell’entità finanziaria della manovra fino ad arrivare all’esclusione<br />
del fondo di produttività nel concorrere ai risparmi. I lavoratori<br />
flessib<strong>il</strong>i di Prato interpellati sull’evento hanno sottolineato<br />
un’evidente presa di distanza non solo da parte dei propri colleghi<br />
dipendenti, ma anche delle stesse organizzazioni sindacali.<br />
La vicenda è tanto più <strong>il</strong>luminante se teniamo presente <strong>il</strong> contesto<br />
di riferimento, ossia un’area distrettuale, dove <strong>il</strong> lavoro per<br />
decenni è stato fonte di integrazione e <strong>il</strong> dialogo sociale prassi<br />
consolidata nelle relazioni industriali. In particolare <strong>il</strong> metodo<br />
concertativo ha rappresentato uno dei punti di forza del sistema<br />
locale, soprattutto nei suoi momenti più diffic<strong>il</strong>i, che ha reso Prato<br />
un modello di riferimento non solo per <strong>il</strong> dinamismo imprenditoriale,<br />
i livelli di crescita economica e di benessere, ma anche per<br />
la qualità delle relazioni tra gli attori pubblici e privati nell’area.<br />
Questo rapporto fra dipendenti e collaboratori mi ha colpito in<br />
questi ultimi periodi. Con la Finanziaria c’è stata questa netta divaricazione<br />
fra chi è assunto e chi non lo è. La Legge praticamente<br />
scaricava sui collaboratori tutte le crisi finanziarie e tutte le spese.<br />
Nessuno chiaramente rinuncia ai diritti acquisiti, per quanto<br />
riguarda lo stipendio, ma forse anche altro. E si è sentita la netta<br />
divaricazione fra lo status di collaboratore esterno e quello di dipendente<br />
interno (laureato in Economia e Commercio, 35 anni).<br />
Passare per i corridoi e vedere le persone che si girano e che<br />
ti guardano male, come dire te mi stai rubando un euro. A noi è<br />
successo così (laureata in Architettura, 34 anni).<br />
Il mio punto di vista è che è molto diffic<strong>il</strong>e toccare dei priv<strong>il</strong>egi<br />
di chi già è assunto. È chiaro che scatena, io lo capisco benissimo,<br />
che scatena delle enormi resistenze. Al tempo stesso, riconosco che<br />
c’è un divario tra chi è collaboratore rispetto a un dirigente, ma<br />
lo stesso fra un dipendente e un dirigente, ci sono delle differenze<br />
che sono andate un po’ troppo verso <strong>il</strong> modello privato. In un ente<br />
pubblico devi fare una cosa proprio grave, ma grave, grave, grave<br />
per essere mandato via. Mentre in una azienda privata <strong>il</strong> dirigente<br />
tre riduzioni potevano derivare dalla razionalizzazione sui servizi (300 m<strong>il</strong>a<br />
euro), dalla diminuzione dello stanziamento per le trasferte dei dipendenti<br />
(1 0 m<strong>il</strong>a euro), dal congelamento degli straordinari (50 m<strong>il</strong>a euro), ecc.<br />
150
che fa due cavolate, ciao ciao. Tu hai quei soldi lì, hai quei benefici<br />
lì, però te li devi meritare fino in fondo, no? Io parlo in generale.<br />
Credo che nel pubblico ci siano alcuni percorsi sim<strong>il</strong>i, però non<br />
giustificati poi dal rendimento (laureato in Sociologia, 38 anni).<br />
In generale dalle testimonianze raccolte non sembra emergere<br />
un rapporto semplice tra i lavoratori flessib<strong>il</strong>i e le organizzazioni<br />
sindacali. Ad esempio, è significativo <strong>il</strong> fatto che, nel<br />
raccontare le loro storie professionali e nell’esprimere le proprie<br />
lamentele, i collaboratori non abbiano mai citato i soggetti<br />
sindacali, né le categorie direttamente coinvolte, se non quando<br />
direttamente stimolati in materia.<br />
La principale difficoltà del sindacato nasce dall’esistenza nei<br />
luoghi di lavoro di una stratificazione non solo tra le varie tipologie<br />
contrattuali, ma anche tra le figure accomunate dalla<br />
medesima condizione contrattuale (ma spesso con condizioni<br />
di lavoro, posizioni sociali e aspettative diversificate), che rende<br />
complicato individuare un solo modello di rappresentanza. Il<br />
processo di differenziazione delle condizioni e delle esperienze<br />
di lavoro porta spesso i lavoratori a percepirsi come soggetti<br />
individuali, rendendo diffic<strong>il</strong>e l’identificazione con un gruppo e<br />
ostacolando l’organizzazione di qualsiasi azione collettiva.<br />
Quello che io ho r<strong>il</strong>evato è una grossa difficoltà da parte dei<br />
comparti tradizionali del sindacato a entrare in contatto con questo<br />
nuovo mondo. Non puoi tu, da sindacalista, andare a parlare<br />
a un’assemblea di atipici con le stesse parole e con la stessa formazione<br />
che hai quando ti rivolgi a delle persone che sono dipendenti<br />
pubblici. È tutto un altro pianeta, <strong>il</strong> sindacalista che si deve rivolgere<br />
ai precari deve appunto ritornare all’Ottocento, in un certo<br />
senso... Il sindacalista tradizionale può dire: “No, se io comincio<br />
a fare gli accordi e comincio ad aiutare i precari, legittimo la precarietà”.<br />
Questo è <strong>il</strong> nodo politico. È una cosa che in tasca non<br />
ce l’ha nessuno, <strong>quale</strong> sia la strategia migliore per difendere i lavoratori…<br />
se costruire, e in che modo costruire una rete di tutela,<br />
rinforzando la condizione dell’atipico oppure fare una lotta frontale<br />
per eliminare completamente… e con quali strumenti… per<br />
eliminare completamente <strong>il</strong> problema del lavoro atipico (laureata<br />
in Statistica, 35 anni).<br />
Noi abbiamo gli interni comandati dalla scuola, gli assunti a<br />
tempo determinato, i collaboratori che lavorano su progetto, quelli<br />
151
che lavorano con partita IVA, i consulenti, gli stagisti. Quindi c’è<br />
tutta questa galassia di figure che noi stessi facciamo fatica, nel<br />
senso che certe volte vediamo delle facce nuove e ci chiediamo e<br />
questo chi è? (laureata in Lingue, 38 anni).<br />
La cosa più strana è che non abbiamo diritto nemmeno alla<br />
definizione di categoria. Vorrei sapere cosa abbiamo in comune<br />
noi con <strong>il</strong> povero pony express, eppure apparteniamo teoricamente<br />
allo stesso gruppo. Non saremo mai una lobby. Non avremo mai<br />
una massa critica, io penso che, in buona parte, nei lavori più<br />
um<strong>il</strong>i, non lo sanno neanche che ci sono dei diritti (diplomata,<br />
44 anni).<br />
Nonostante le difficoltà, è emersa una forte domanda di tutele<br />
e garanzie, che dovrebbero compensare la preoccupazione<br />
per la precarietà dei rapporti di lavoro e che costituiscono <strong>il</strong> terreno<br />
ideale per lo sv<strong>il</strong>uppo di azioni di tipo collettivo. Si tratta<br />
di richieste relative ad una legislazione più protettiva in materia<br />
di diritti, di tutele contrattuali relative alle retribuzioni e alle<br />
condizioni costitutive del rapporto di lavoro, oltre che quelle di<br />
maggiori prestazioni nel campo delle politiche sociali, in particolare<br />
sul versante della maternità e della previdenza.<br />
Il diritto a poter usufruire del periodo di malattia, la maternità,<br />
l’indennità di disoccupazione nei momenti di stacco da un<br />
contratto a l’altro. Se ho un contratto di ruolo, ho <strong>il</strong> diritto all’indennità<br />
nel momento in cui passo da un contratto all’altro; e non<br />
cambia la situazione se sono precaria. Anzi, a maggior ragione. Io<br />
scendo a patti di avere un lavoro flessib<strong>il</strong>e, di mettermi in gioco, di<br />
poterlo cambiare o non averlo da qui a un anno… almeno vorrei<br />
la parte acquisita dei diritti. Però ormai la flessib<strong>il</strong>ità è di norma;<br />
è diventata un sostituto contrattuale né più né meno, visto che <strong>il</strong><br />
lavoro che fai è lo stesso del tuo collega a tempo indeterminato, gli<br />
orari che fai sono quelli. Allora diventa tutto equivalente, ad eccezione<br />
dei diritti dei lavoratori (laureata in Lingue, 30 anni).<br />
Io aggiungerei anche <strong>il</strong> riconoscimento della professionalità.<br />
Nella Pubblica Amministrazione significherebbe <strong>il</strong> livello: te hai<br />
lavorato a quel livello lì, e quindi non solo ricevi un’indennità di<br />
disoccupazione adeguata al livello, ma attesto anche che tu sei in<br />
grado di svolgere quel tipo di lavoro, per quel livello e questo ti può<br />
fac<strong>il</strong>itare nell’avere un contratto con un altro committente (laureata<br />
in Lingue, 38 anni).<br />
15
I diritti fondamentali sono la malattia, la maternità e anche un<br />
po’ di ferie. E poi ci vorrebbe anche un minimo di diritto alla continuità,<br />
nel senso che ci vorrebbe un diritto ad avere una prelazione,<br />
nel caso in cui venga ripreso del personale per prof<strong>il</strong>i analoghi<br />
al tuo. E poi ci vorrebbe <strong>il</strong> diritto a sapere non l’ultimo giorno di<br />
contratto, anzi <strong>il</strong> giorno dopo che ti è scaduto, se ti verrà rinnovato.<br />
Non è una cosa dignitosa per un lavoratore (laureata in Fisica,<br />
35 anni).<br />
Il sapere qual è <strong>il</strong> giorno in cui riscuoti… a me non dispiacerebbe<br />
sapere quando riscuoto (laureata in Scienze Politiche, 3<br />
anni).<br />
E poi un ultimo elemento, e cioè che, secondo me, i lavori atipici<br />
dovrebbero costare di più del lavoro a tempo indeterminato.<br />
In questo modo voglio vedere come ci si mette (laureata in Lettere,<br />
3 anni).<br />
Ed in effetti molte di tali richieste hanno trovato spazio nell’ambito<br />
di accordi che le organizzazioni sindacali sono riuscite<br />
a stipulare in vari enti locali toscani, prevedendo, in assenza di<br />
un quadro normativo nazionale di riferimento sul lavoro atipico,<br />
<strong>il</strong> riconoscimento di retribuzioni equiparate a quelle dei dipendenti,<br />
degli anni di servizio prestati come collaboratori presso<br />
Pubbliche Amministrazioni in caso di partecipazione a procedure<br />
concorsuali, del diritto alle ferie retribuite, dei diritti sindacali,<br />
delle tutele per maternità, gravidanza a rischio, allattamento,<br />
adozione, malattia e infortunio, per le quali la copertura delle<br />
spese avviene in molti casi attraverso l’attivazione da parte degli<br />
enti committenti di apposite assicurazioni private.<br />
Il problema che semmai è emerso dai nostri colloqui con i<br />
lavoratori è, da un lato, la scarsa conoscenza di tali accordi, e<br />
quindi la scarsa consapevolezza da parte dei collaboratori di essere<br />
in possesso di diritti, che ad <strong>oggi</strong> sono esigib<strong>il</strong>i; dall’altro,<br />
l’assenza di forme di controllo sulla reale applicazione di tali accordi.<br />
Senza contare <strong>il</strong> fatto che esistono categorie di lavoratori,<br />
per i quali alcune di queste tutele non sono affatto contemplate,<br />
come i collaboratori con partita IvA, i collaboratori occasionali<br />
o i titolari di borsa di studio.<br />
Mi pare che qualche accordo ci sia anche a Prato.. ci dovrebbe<br />
essere qualcosa (laureanda in Economia e Commercio, 9<br />
anni).<br />
153
Che io sappia, anzi diciamo che non lo so e questo dovrebbe<br />
spiegare già molto del rapporto che c’è fra i precari e <strong>il</strong> sindacato<br />
(laureata in Lettere, 35 anni).<br />
Il problema grosso è che questi accordi sindacali dipendono<br />
dalla buona volontà del singolo amministratore, perché quando<br />
l’amministratore cambia, come nel nostro caso, può decidere di<br />
strafregarsene. Questa è la considerazione che traggo dalla nostra<br />
esperienza: forse ce li ridaranno in futuro questi diritti ora non ce<br />
l’abbiamo (laureata in Fisica, 35 anni).<br />
• Vivere flessib<strong>il</strong>mente<br />
Nonostante le profonde trasformazioni degli ultimi decenni<br />
del secolo scorso, <strong>il</strong> lavoro continua ad essere una dimensione<br />
centrale nella vita di ciascun individuo, poiché da un lato garantisce<br />
la sopravvivenza e l’indipendenza economica, dall’altro<br />
rappresenta <strong>il</strong> più efficace dispositivo di integrazione nella vita<br />
adulta e nella società, <strong>il</strong> fattore che influisce maggiormente sulla<br />
stratificazione sociale, conferendo dunque identità sociale,<br />
influendo sull’autostima individuale e sulla considerazione da<br />
parte degli altri.<br />
Pertanto parlare di flessib<strong>il</strong>ità vuol dire introdurre questioni<br />
che riguardano non solo la sfera del lavoro, ma tutte le dimensioni<br />
della vita personale del singolo, e che toccano l’intera organizzazione<br />
della società. Una r<strong>il</strong>evante parte della letteratura<br />
in materia si è concentrata proprio sull’analisi delle implicazioni<br />
nel vissuto quotidiano dell’essere flessib<strong>il</strong>e, sui r<strong>il</strong>evanti oneri<br />
che i lavori instab<strong>il</strong>i tendono ad imporre a carico dell’individuo,<br />
della famiglia e della comunità (Gallino, 001).<br />
Nell’ambito della nostra indagine, <strong>il</strong> fenomeno della flessib<strong>il</strong>ità<br />
ha una precisa caratterizzazione generazionale, coinvolgendo<br />
“giovani adulti”, che, proprio nella fase della vita caratterizzata<br />
dalle scelte cruciali per <strong>il</strong> destino – non solo professionale ma<br />
anche personale – vivono l’esperienza della flessib<strong>il</strong>ità con l’inquietudine<br />
del futuro e l’incapacità di progettarne uno proprio.<br />
Ciò che colpisce è che stiamo parlando non di lavoratori a qualificazione<br />
medio-bassa, ma di soggetti con elevati titoli di studio,<br />
che svolgono nella maggioranza dei casi professioni intellettuali<br />
e tecniche con elevati livelli di specializzazione.<br />
La precarietà dell’impiego e la percezione di importanti vincoli<br />
organizzativi ed economici connessi a tale condizione contribuiscono<br />
a creare un contesto particolarmente diffic<strong>il</strong>e per<br />
154
chi si trova a dover affrontare scelte importanti per <strong>il</strong> proprio<br />
futuro.<br />
Come è emerso dalle testimonianze raccolte durante i focus<br />
group, molti continuano a vivere con i genitori, perché non hanno<br />
un reddito sufficiente per pagare l’affitto o per comperare<br />
la casa. Oppure, se usciti da casa, continuano a dover far riferimento<br />
alla rete fam<strong>il</strong>iare per affrontare la vita da soli o in<br />
compagnia di un partner che, sempre più spesso, è anch’esso un<br />
lavoratore temporaneo.<br />
Anche decisioni meno importanti, ma che comunque si presentano<br />
nel corso della vita, come l’acquisto di un’auto o qualsiasi<br />
altro acquisto con pagamento rateale, risentono in maniera<br />
negativa dell’incertezza lavorativa.<br />
Noi si vive in questo stato di limbo, per cui rimani figlio fino a<br />
quaranta anni (laureata in Architettura, 38 anni).<br />
Io sono andata via di casa e vivo attualmente da sola, però con<br />
<strong>il</strong> grosso apporto dei miei genitori, perché altrimenti… Mi sostengo<br />
quasi totalmente da sola, ma non totalmente. Non riesco ancora<br />
(laureata in Scienze forestali, 35 anni).<br />
Per la mia esperienza quotidiana la flessib<strong>il</strong>ità pesa, pesa eccome.<br />
Non pesa nei primi anni. Ora, invece, a 36 anni, mi sta<br />
cominciando a pesare parecchio. Il mondo intorno gira in maniera<br />
opposta a come giro io e non ci capisco più niente. È un<br />
po’ complicato. Bisognerebbe che anche tutte le altre cose cominciassero<br />
ad allinearsi un po’; oppure, ancora meglio, mi auguro<br />
che <strong>il</strong> prossimo Governo ci assuma tutti. Nelle scelte private per<br />
me la flessib<strong>il</strong>ità lavorativa ha pesato. Ad esempio, non mi sono<br />
mai potuta permettere di pagare un affitto da sola, ma ho sempre<br />
dovuto condividere con qualcun altro, come sto facendo ora; mi<br />
pesa adesso che vorrei acquistare una casa, perché non so se mi<br />
finanzieranno. Poi c’è tutta la richiesta della rete sociale che ti sta<br />
intorno, la famiglia e così via… non ti senti mai completamente<br />
autonoma e mai completamente libera. Mi pesa (laureata in<br />
Scienze politiche, 36 anni).<br />
Anche a me dà fastidio che noi si vada in una direzione e <strong>il</strong><br />
mondo vada da un’altra parte. Io non ho mai dovuto chiedere un<br />
mutuo, però vorrei comprare una macchina, visto che ora vado a<br />
piedi, e <strong>il</strong> finanziamento sarà un problema. Non so se me lo daranno,<br />
e non è un mutuo chiaramente. Devo fare affidamento ancora<br />
su mio padre, perché se non firma lui non mi danno niente… Io<br />
sono stata un anno in affitto in una casa e non ho potuto prender-<br />
155
la io, perché la proprietaria ha voluto la firma di un genitore. Io<br />
ho 27 anni! Non riesci a emanciparti. Questa flessib<strong>il</strong>ità, parlando<br />
di prospettive future, sicuramente è un handicap forte perché non<br />
mi permette di vedere al di là del mio naso. A me sicuramente<br />
pesa una cosa del genere (laureata in Scienze della formazione,<br />
7 anni).<br />
L’incertezza relativa al proprio percorso professionale, la<br />
conseguente instab<strong>il</strong>ità e/o inadeguatezza, della fonte di reddito<br />
individuale, rappresentano in generale condizionamenti r<strong>il</strong>evanti<br />
sulle scelte di transizione dei giovani, tanto più r<strong>il</strong>evanti<br />
soprattutto in presenza di un sistema di welfare di tipo fam<strong>il</strong>istico<br />
(Esping-Andersen, 00 ) come quello italiano, che esclude<br />
strumenti di sostegno al reddito (sussidi per disoccupazione o<br />
sociali, ma anche per studio e formazione). In presenza di un<br />
sistema centrato sulla protezione del lavoratore subordinato<br />
standard (in genere <strong>il</strong> capofamiglia, maschio e adulto), che non<br />
prevede tutele collettive per i lavori non stab<strong>il</strong>i, la strategia più<br />
frequentemente adottata è rappresentata dal ricorso a dispositivi<br />
di protezione per via fam<strong>il</strong>iare.<br />
Fino a adesso si è dato per scontato che la famiglia costituisse<br />
<strong>il</strong> più efficace strumento di assorbimento dei rischi connessi<br />
alla flessib<strong>il</strong>ità, ma questo fino a quando?<br />
In primo luogo, come hanno notato i nostri intervistati, non<br />
necessariamente tutti i soggetti si trovano nelle condizioni di<br />
poter usufruire delle rete fam<strong>il</strong>iare e, in tal caso, non esistono<br />
protezioni alternative offerte dal sistema di welfare. Ma, ancor<br />
più r<strong>il</strong>evante, è <strong>il</strong> fatto che non necessariamente tutti i soggetti<br />
vogliano continuare ad essere figli fino a 40 anni, molti esprimono<br />
<strong>il</strong> desiderio di affrancarsi dalla propria condizione di dipendenza<br />
dalla solidarietà delle generazioni adulte.<br />
L’altro aspetto r<strong>il</strong>evante riguarda i progetti di fecondità; solo<br />
in pochi hanno figli e nella maggioranza dei casi le coppie hanno<br />
posticipato la decisione di avere figli con la prospettiva di ottenere<br />
una stab<strong>il</strong>ità occupazionale ancora non arrivata.<br />
Una che ha la partita IVA, un figlio non lo fa. Tutti mi chiedono<br />
perché non faccio un bambino e io rispondo perché non so come<br />
fare a fare un bambino… insomma non me lo posso permettere…<br />
Non solo a chi lo lasci… Ma non è detto che una abbia una gravidanza<br />
perfetta che fino a nove mesi puoi andare a lavorare con la<br />
pancia… C’è chi, al secondo mese, deve stare a letto e io non me lo<br />
posso permettere (laureata in Scienze politiche, 3 anni).<br />
156
Come donna, è fortemente penalizzante <strong>il</strong> fatto di aspettare la<br />
stab<strong>il</strong>ità per costruire una famiglia e fare un figlio. Io non ho figli.<br />
Se potessi tornare indietro, probab<strong>il</strong>mente farei una scelta diversa.<br />
Ritrovarsi a questa età e aver rinunciato a una cosa importante,<br />
sinceramente è abbastanza grave. Ho un sentimento di rabbia nei<br />
confronti di questa condizione che, per carità, in qualche maniera<br />
mi sono anche scelta, nel senso che ho voluto continuare su questa<br />
strada. Questa flessib<strong>il</strong>ità lavorativa è stata fortemente condizionante<br />
per me (laureata in Architettura, 38 anni).<br />
È evidente come la carenza di tutele per maternità, particolarmente<br />
accentuata nel caso delle collaboratrici con partita<br />
IvA, rappresenta un forte condizionamento nella decisione di<br />
avere un figlio, così come <strong>il</strong> timore di uscire da un mercato del<br />
lavoro con poche opportunità adeguate e la possib<strong>il</strong>ità, per niente<br />
remota, di non riuscire a rientrarci dopo un’interruzione per<br />
maternità.<br />
In effetti, per le lavoratrici a termine, soprattutto per le collaboratrici,<br />
la maternità rappresenta una scelta diffic<strong>il</strong>e, perché<br />
l’interruzione per maternità e <strong>il</strong> conseguente rallentamento nei<br />
ritmi di lavoro implicano minori livelli reddituali, decurtazione<br />
dei risparmi e soprattutto uscire dal giro, allontanarsi da quella<br />
comunità professionale, da quella rete di rapporti che consentono<br />
la permanenza nel mercato del lavoro.<br />
Anche se viene raggiunta una posizione forte all’interno del<br />
settore di riferimento, si ha una professionalità elevata e riconosciuta<br />
dai committenti, si intrattengono più rapporti di lavoro,<br />
tuttavia la sicurezza economica deriva unicamente dalla capacità<br />
di lavorare, pertanto qualsiasi interruzione può far scivolare <strong>il</strong><br />
lavoratore in una condizione di estrema vulnerab<strong>il</strong>ità.<br />
Nel momento in cui io vorrò avere una famiglia e dei figli, questa<br />
cosa della partita IVA potrà avere dei lati positivi, ma ne avrà<br />
anche tanti negativi. La partita IVA mi potrà dare la possib<strong>il</strong>ità di<br />
fare <strong>il</strong> lavoro a casa, se fossi una partita IVA come dovrei essere…<br />
Ma con la maternità… a parte che stai a casa e non becchi una<br />
lira, ma una volta che esci da un circuito, poi non ci rientri (laureata<br />
in Scienze della formazione, 7 anni).<br />
Ma nella scelta di avere dei figli preoccupano anche le condizioni<br />
con le quali si può affrontare <strong>il</strong> periodo successivo alla<br />
nascita. La conc<strong>il</strong>iazione dei tempi di lavoro con quelli di vita<br />
rappresenta un problema pressante anche per chi, almeno in<br />
157
teoria, dovrebbe avere la possib<strong>il</strong>ità di usufruire di una flessib<strong>il</strong>ità<br />
oraria. Il problema in realtà è che <strong>il</strong> lavoro flessib<strong>il</strong>e spesso<br />
non ha un orario flessib<strong>il</strong>e, perché è quello rigido del dipendente,<br />
perché comunque è richiesta la presenza quotidiana, perché,<br />
soprattutto in casi di collaborazioni con più committenti, in certi<br />
periodi richiede ritmi di lavoro intensi, che mal si conc<strong>il</strong>iano<br />
con le esigenze fam<strong>il</strong>iari quotidiane.<br />
Il problema è che poi, quando diventi mamma, non hai più<br />
tutto quel tempo da dedicare alle relazioni per trovare contatti e<br />
nuovi lavori. A questo si sommano poi tutte le ansie del fatto che<br />
comunque ci sono tante collaborazioni, perciò la tensione è costante…<br />
e la maternità è stata un dramma… insomma, e se ti<br />
ammali e succede qualcosa…(laureata in Statistica, 35 anni).<br />
Come tutte le lavoratrici, diventa prioritario avere una rete<br />
di supporto (genitori), che sopperisca alle carenze di offerta dei<br />
servizi per l’infanzia (as<strong>il</strong>i nido, scuole materne, centri ricreativi,<br />
ecc,) e alle rigidità di un sistema, in cui l’organizzazione<br />
degli orari e dei tempi non è ancora tale da rispondere ad esigenze<br />
di supporto sempre più articolate, flessib<strong>il</strong>i e personalizzate<br />
espresse dalle famiglie.<br />
Di fronte ad un contesto di questo tipo i lavoratori flessib<strong>il</strong>i<br />
preferiscono spesso evitare di fare programmi di lungo periodo,<br />
concentrandosi sul presente e ponendosi obiettivi di breve periodo,<br />
per avere una maggiore probab<strong>il</strong>ità di raggiungerli. Questo<br />
tipo di atteggiamento comporta anche <strong>il</strong> non fare i conti con<br />
quello che sarà <strong>il</strong> proprio futuro, soprattutto in termini previdenziali,<br />
non tanto per una mancata presa di coscienza rispetto<br />
al fatto che <strong>il</strong> proprio lavoro non garantirà un reddito adeguato<br />
al termine della carriera lavorativa, ma piuttosto perché spesso<br />
non possono permettersi di ut<strong>il</strong>izzare parte della propria retribuzione<br />
da investire in fondi pensionistici integrativi.<br />
La flessib<strong>il</strong>ità è la condizione buona per vivere alla giornata<br />
ma, se uno guarda con una prospettiva futura, allora crea dei<br />
problemi. La flessib<strong>il</strong>ità sembra un’esigenza diffusa nel sistema e<br />
ovunque, poi, in realtà, uno individualmente regge <strong>il</strong> carico da<br />
solo o comunque con le persone nella sua stessa situazione. Quando<br />
vai in banca, <strong>il</strong> mutuo te lo negano. Se hai l’esigenza di affittare<br />
una casa o una stanza in città devi sempre porti <strong>il</strong> problema di<br />
quanto ti durerà ancora <strong>il</strong> contratto. Oltre a questi aspetti, quello<br />
che mi preoccupa ancora di più è l’aspetto previdenziale. Se penso<br />
158
a me fra trenta anni, mi vedo come un poveraccio. Non so come<br />
potrò campare. Per ora ho <strong>il</strong> supporto di chi mi sta alle spalle e che<br />
mi sostiene. Fra trent’anni, quando non hai più l’aiuto fam<strong>il</strong>iare,<br />
sarai un problema sociale (laureato in Economia e commercio,<br />
35 anni).<br />
7.4. Riflessioni finali<br />
Il reiterato blocco delle assunzioni imposto agli Enti decentrati<br />
dal Governo centrale attraverso le ultime Leggi Finanziarie,<br />
a fronte di maggiori impegni e più ampie competenze conferite<br />
ai livelli locali di governo nell’ambito del processo di decentramento,<br />
ha determinato nel corso degli ultimi anni un progressivo<br />
incremento della quota di lavoratori flessib<strong>il</strong>i nella Pubblica<br />
Amministrazione.<br />
Le diverse forme di lavoro non standard (dal tradizionale<br />
contratto a tempo determinato alla collaborazione coordinata e<br />
continuativa) sono state ut<strong>il</strong>izzate per colmare evidenti carenze<br />
dell’organico, per garantire la funzionalità ordinaria degli enti,<br />
oltre che per ampliarne i servizi per <strong>il</strong> cittadino, e ovviamente<br />
per contenere la spesa del personale.<br />
Tale trend ha subito una battuta d’arresto con l’ultima Legge<br />
Finanziaria, che con l’imposizione di stringenti vincoli alla spesa<br />
del personale, ed in particolare a tutte le tipologie contrattuali a<br />
termine, ha determinato conseguenze negative sulla continuità<br />
professionale di molti lavoratori, lasciandone dis<strong>il</strong>luse non solo<br />
le aspettative “massime” di stab<strong>il</strong>izzazione attraverso l’assunzione,<br />
ma anche quelle “minime” di rinnovo del contratto e quindi<br />
lavoratore atipico.<br />
La job insecurity, sempre più diffusa sia tra lavoratori dipendenti<br />
che autonomi (Accornero, 006a; Carr<strong>ieri</strong>, Damiano, Ugolini,<br />
005), va a colpire anche un ambito che ha tradizionalmente<br />
rappresentato i massimi livelli di tutela e sicurezza del posto<br />
di lavoro: con la diffusione delle tipologie flessib<strong>il</strong>i del lavoro,<br />
l’immagine associata alla Pubblica Amministrazione appare<br />
sempre più lontana da quella tradizionale del posto di lavoro<br />
sicuro, protetto e, soprattutto per le donne, compatib<strong>il</strong>e con le<br />
esigenze di cura della famiglia.<br />
È proprio dall’immagine tradizionale del pubblico impiego<br />
che è partita la carriera professionale della maggioranza dei lavoratori<br />
atipici da noi intervistati nell’ambito dell’indagine: lavoratori<br />
giovani, con elevati livelli di scolarizzazione, con gran-<br />
159
di ambizioni di realizzazione professionale, che hanno trovato<br />
nell’ente pubblico la possib<strong>il</strong>ità di svolgere attività coerenti con<br />
la propria formazione, coniugata all’opportunità di vedere soddisfatte<br />
le proprie aspirazioni alla stab<strong>il</strong>ità.<br />
L’instab<strong>il</strong>ità della propria posizione occupazionale è stata<br />
vissuta inizialmente come una situazione di passaggio inevitab<strong>il</strong>e<br />
ed è stata persino percepita come una condizione priv<strong>il</strong>egiata,<br />
che, anche in assenza di riconoscimenti sul piano economico e<br />
contrattuale, ha consentito di ottenere una propria realizzazione<br />
professionale e personale.<br />
Si tratta di una componente di lavoratori che, per lungo tempo,<br />
è stata disposta ad accettare i costi delle condizioni contrattuali,<br />
a patto di salvaguardare i contenuti, le modalità di gestione,<br />
<strong>il</strong> riconoscimento sociale dell’attività svolta, oltre che le prospettive<br />
di inserimento stab<strong>il</strong>e attraverso l’assunzione a tempo<br />
indeterminato.<br />
A distanza di qualche anno, in alcuni casi anche molti, sembra<br />
essersi conclusa la fase iniziale di innamoramento per <strong>il</strong><br />
lavoro svolto, oltre che di identificazione con l’ente pubblico,<br />
mentre prevale un sentimento di profonda insoddisfazione che<br />
sfocia nell’amara constatazione della ristrettezza delle proprie<br />
prospettive di stab<strong>il</strong>izzazione e di crescita professionale.<br />
Se in passato <strong>il</strong> lavoro a termine nella Pubblica Amministrazione<br />
è stato ut<strong>il</strong>izzato come un avvicinamento a tappe all’obiettivo<br />
della stab<strong>il</strong>izzazione, adesso <strong>il</strong> legame precario con <strong>il</strong> posto di<br />
lavoro sembra rappresentare una condizione di lunga permanenza.<br />
Infatti, in molti casi, usufruendo di più rinnovi contrattuali,<br />
si sono creati rapporti di lavoro duraturi, che hanno determinato<br />
per <strong>il</strong> lavoratore (ma anche per l’ente) una continuità professionale.<br />
Si tratta, tuttavia, di una condizione non assim<strong>il</strong>ab<strong>il</strong>e alla<br />
stab<strong>il</strong>ità, perché rappresenta spesso <strong>il</strong> prolungamento nel tempo<br />
di una condizione vissuta e percepita come instab<strong>il</strong>e. La lunga<br />
durata è in questo caso un indicatore di intrappolamento in una<br />
condizione, dalla <strong>quale</strong> diventa sempre più diffic<strong>il</strong>e uscire, man<br />
mano che passano gli anni e si cresce dal punto di vista dell’età<br />
anagrafica. Inoltre, la continuità del rapporto con l’ente consente<br />
l’instaurarsi di una relazione con <strong>il</strong> committente, con i colleghi,<br />
con l’intero ambiente lavorativo che alimenta la speranza del raggiungimento<br />
del traguardo: l’assunzione a tempo indeterminato.<br />
Ma la percezione di essere rimasti intrappolati è determinata<br />
anche dalla consapevolezza da parte di questi lavoratori di aver<br />
intrapreso un percorso professionale fortemente orientato, rispetto<br />
al <strong>quale</strong> molto è stato investito in termini di risorse, tem-<br />
160
po e dedizione, oltre che in termini di costruzione della propria<br />
identità personale, un percorso tuttavia che ha caratteristiche,<br />
competenze ed ab<strong>il</strong>ità che spesso lo rendono poco spendib<strong>il</strong>e<br />
al di fuori del settore pubblico o addirittura del singolo ente.<br />
Pertanto, non solo rimangono irrealizzate e irrealizzab<strong>il</strong>i, se non<br />
per pochi, le prospettive di stab<strong>il</strong>izzazione, ma diventa anche<br />
diffic<strong>il</strong>e rimettersi in gioco, spesso in età non così giovane (per<br />
alcuni è stata superata abbondantemente la soglia convenzionale<br />
dei 35 anni di ingresso nell’età adulta), in un mercato del lavoro<br />
come quello toscano caratterizzato da una domanda di lavoro<br />
attestata su bassi livelli di qualificazione dei prof<strong>il</strong>i richiesti, con<br />
conseguenti difficoltà di assorbimento dei soggetti in possesso<br />
di elevati titoli di studio.<br />
Tra le altre principali dimensioni di insoddisfazione dei lavoratori<br />
intervistati, è emersa anche la frustrazione derivante dall’immeritata<br />
disuguaglianza di trattamento rispetto ai colleghi<br />
dipendenti, sia nel caso in cui svolgano le stesse attività, e ancor<br />
più nel caso in cui ricoprano incarichi niente affatto straordinari<br />
e non svolti da nessun altro.<br />
Si tratta, infatti, di una forza lavoro che, seppure a termine,<br />
è consapevole di essere una componente tutt’altro che marginale<br />
per la Pubblica Amministrazione, vista l’entità e le caratteristiche<br />
delle attività svolte, ma che si percepisce (e si trova) in un vuoto<br />
di cittadinanza. La tipicità dell’attività svolta è, infatti, associata<br />
all’atipicità della condizione contrattuale, che li relega nella condizione<br />
di lavoratori di serie B, inclusi solo temporaneamente nelle<br />
tutele (come i lavoratori a tempo determinato), oppure esclusi<br />
(parzialmente o totalmente) dalle principali tutele (come collaboratori,<br />
titolari involontari di partita IvA, borsisti ecc.).<br />
È emersa, a questo proposito, una forte domanda di tutele<br />
e garanzie, che dovrebbero compensare la preoccupazione per<br />
la precarietà dei rapporti di lavoro e che costituiscono <strong>il</strong> terreno<br />
ideale per lo sv<strong>il</strong>uppo di azioni di tipo collettivo. Si tratta di<br />
richieste relative ad una legislazione più protettiva in materia<br />
di diritti, di tutele contrattuali relative alle retribuzioni e alle<br />
condizioni costitutive del rapporto di lavoro, oltre che quelle di<br />
maggiori prestazioni nel campo delle politiche sociali, in particolare<br />
sul versante della maternità e della previdenza.<br />
Un primo segnale positivo di accoglimento di tali richieste<br />
è ravvisab<strong>il</strong>e nel tentativo compiuto in varie amministrazioni<br />
pubbliche toscane di ampliare ed integrare <strong>il</strong> sistema delle tutele<br />
per i lavoratori non standard attraverso la stipula di accordi<br />
sindacali.<br />
161
Ovviamente tali interventi a livello locale, dai quali non si<br />
può prescindere, devono comunque far riferimento ad una revisione<br />
del quadro normativo nazionale in materia di lavoro, che<br />
conduca alla costruzione di un sistema di sicurezza sociale in<br />
grado di rispondere al diffuso senso di precarietà collegato alle<br />
trasformazioni introdotte nel mercato del lavoro. La garanzia<br />
di una continuità di cittadinanza del lavoro (Accornero, 006a)<br />
passa attraverso <strong>il</strong> riconoscimento di una base minima di diritti<br />
equivalenti per tutti i lavoratori e l’individuazione di strumenti<br />
di tutela che rendano la flessib<strong>il</strong>ità sostenib<strong>il</strong>e, anche per chi ha<br />
intrapreso percorsi lavorativi nel pubblico impiego.<br />
16
Conclusioni<br />
La prima indagine longitudinale sul lavoro flessib<strong>il</strong>e in <strong>Toscana</strong><br />
mostra innanzitutto come la presenza del lavoro a termine sia<br />
sempre più r<strong>il</strong>evante e diffusa in modo cap<strong>il</strong>lare in tutta la regione:<br />
dal 4,4% del 1993 al 1 ,5% del 006, dato che si pone comunque<br />
al di sotto di quello nazionale (13,1%) ed europeo (14,4%).<br />
Ma come valutare questa crescita? Quali gli esiti per le persone<br />
coinvolte in traiettorie di questo tipo? Quale la qualità del<br />
lavoro attivato? Queste le principali domande che <strong>il</strong> gruppo di<br />
lavoro si è posto nelle varie fasi della ricerca. Ecco, in sintesi, le<br />
principali risposte a tali quesiti.<br />
La prima conclusione è che la diffusione di figure lavorative<br />
atipiche non è cresciuta solamente tra le generazioni in ingresso<br />
sul lavoro ma anche tra le fasce adulte di uomini e donne, segnalando<br />
come siano sempre più elevate le probab<strong>il</strong>ità di rimanere<br />
intrappolati nella precarietà.<br />
Ma l’elemento fondamentale per valutare i lavori a termine è<br />
comprendere se questi ultimi stiano segmentando <strong>il</strong> mercato del<br />
lavoro in lavoratori di serie A e lavoratori di serie B, i primi con<br />
<strong>il</strong> massimo delle tutele e garanzie, i secondi poco o per niente<br />
protetti dal nostro sistema di welfare.<br />
È stato per questo ritenuto cruciale, ed è la novità assoluta<br />
di questo studio, adottare un approccio longitudinale al fine di<br />
“seguire” la situazione di un gruppo di lavoratori, per un periodo<br />
di tempo di sei anni, con l’obiettivo di comprendere in che<br />
misura i lavori temporanei finiscano per trasformarsi in occupazioni<br />
stab<strong>il</strong>i all’interno delle traiettorie dei singoli lavoratori.<br />
L’indagine mostra in modo evidente come le probab<strong>il</strong>ità di<br />
stab<strong>il</strong>izzazione non aumentino in modo lineare con <strong>il</strong> passare<br />
del tempo, anzi. Trascorso un certo numero di anni da un avviamento<br />
al lavoro con tipologia contrattuale instab<strong>il</strong>e crescono,<br />
al contrario, le possib<strong>il</strong>ità di rimanere invischiati in quelle che<br />
sono state definite sequenze occupazionali di tipo “job carousel”<br />
163
(Barb<strong>ieri</strong>, Fullin, reyneri, 005), con passaggi fra occupazioni e<br />
stati occupazionali diversi, dentro e fuori <strong>il</strong> mercato del lavoro,<br />
o peggio ancora di uscire dalla condizione di occupato verso la<br />
disoccupazione o l’inattività. I principali risultati dell’indagine<br />
non sembrano fornire un quadro tranqu<strong>il</strong>lizzante: a distanza di<br />
sei anni da un avviamento al lavoro con tipologie contrattuali<br />
flessib<strong>il</strong>i le trasformazioni in lavori stab<strong>il</strong>i riguardano meno di<br />
metà del campione (48%).<br />
Da evidenziare, inoltre, che nell’ultimo biennio si assiste ad<br />
una riduzione dei passaggi verso <strong>il</strong> lavoro garantito (un incremento<br />
medio annuo di 3,5 punti negli ultimi due anni contro<br />
gli oltre 10 punti medi annui dei quatro anni precedenti) mostrando<br />
come per coloro che non sono riusciti a “stab<strong>il</strong>izzarsi”<br />
entro un certo lasso di tempo si incrementino le probab<strong>il</strong>ità di<br />
rimanere intrappolati nel “carosello” dei lavori precari, o peggio<br />
ancora di divenire disoccupati o inattivi.<br />
Sembra dunque evidente che i lavori atipici non abbiano<br />
avuto un effetto trampolino (verso <strong>il</strong> lavoro stab<strong>il</strong>e) efficace allo<br />
stesso modo per tutti e ovunque. Il rischio di intrappolamento è<br />
risultato particolarmente elevato per le donne, i non più giovani,<br />
i meno scolarizzati, coloro che vivono in sistemi locali poco<br />
strutturati e dinamici, ma soprattutto nei casi in cui si prolunghi<br />
oltre un certo limite la durata e/o la sequenza di impieghi instab<strong>il</strong>i<br />
nel proprio percorso.<br />
La presenza di una frattura tra condizioni lavorative di lavoratori<br />
stab<strong>il</strong>i e instab<strong>il</strong>i è risultata evidente sotto diversi punti di<br />
vista. Innanzitutto la flessib<strong>il</strong>ità risulta sempre di più una condizione<br />
non scelta ma subita, nonostante talvolta sia considerata<br />
necessaria per <strong>il</strong> raggiungimento delle aspirazioni personali,<br />
in particolare per i lavoratori più istruiti, qualificati e con un<br />
percorso congruente con l’attuale mansione. Ulteriori svantaggi<br />
consistono in stipendi più bassi degli stab<strong>il</strong>i e in lavori che si<br />
svolgono più frequentemente in orari “socialmente svantaggiati”.<br />
Ciò che appare più drammatico però è <strong>il</strong> fatto che anche le<br />
prospettive occupazionali future non siano giudicate in modo<br />
ottimistico dagli intervistati, che dichiarano di non riuscire ad<br />
intravedere un futuro diverso e migliore.<br />
Emblematica, da questo punto di vista, la condizione dei<br />
lavoratori instab<strong>il</strong>i del settore pubblico dove i reiterati blocchi<br />
alle assunzioni adottati per frenare <strong>il</strong> disavanzo pubblico hanno<br />
generato una schiera di lavoratori precari che svolgono lo stesso<br />
lavoro e le stesse funzioni dei dipendenti a fronte di un’immeri-<br />
164
tata disparità nell’accesso a tutele e diritti. Dopo anni di impiego<br />
presso lo stesso ente (mediamente almeno tre anni), svolgendo<br />
funzioni essenziali per <strong>il</strong> funzionamento ordinario della struttura<br />
presso la <strong>quale</strong> prestano servizio, la sensazione che hanno in<br />
molti è quella di essere rimasti intrappolati in una condizione<br />
di precarietà dalla <strong>quale</strong> diventa sempre più diffic<strong>il</strong>e uscire in<br />
quanto l’investimento fatto ha consentito di sv<strong>il</strong>uppare competenze<br />
e professionalità che, in molti casi, sono spendib<strong>il</strong>i solo<br />
nel pubblico o, ancor peggio, solo presso l’ente committente.<br />
A questo diffuso senso di scarsa fiducia verso <strong>il</strong> futuro lavorativo<br />
si accompagnano anche le incertezze relative al welfare 39 :<br />
solo una minoranza degli intervistati si aspetta infatti di percepire<br />
in futuro una pensione adeguata. È ovvio che questa mancanza<br />
di prospettive può spingere all’insofferenza o all’abbattimento<br />
alimentando un malessere sociale che influenza e condiziona i<br />
comportamenti individuali e collettivi, frustrando gli stimoli a<br />
intraprendere, ad affermarsi, a creare (Accornero, 006a).<br />
Ma che cosa possiamo fare per superare la divisione dei lavoratori<br />
in serie A e B? Qual è la ricetta da seguire affinché i giovani<br />
coinvolti (ma non solo), che rappresentano <strong>il</strong> motore della<br />
dinamicità sociale, possano ritrovare quella risorsa che sappiamo<br />
essere indispensab<strong>il</strong>e per lo sv<strong>il</strong>uppo e l’avvenire della nostra<br />
comunità, la fiducia?<br />
Innanzitutto attivare una rete di protezione universale e decorosa<br />
che al tempo stesso non disincentivi lo sforzo di ricerca<br />
del lavoro. Il concetto è quello di “welfare delle opportunità”, in<br />
luogo del welfare della protezione passiva che viene dal passato.<br />
I suoi capisaldi dovrebbero essere rappresentati dall’istruzione,<br />
39 Il senso di precarietà e di sfiducia ha del resto le sue valide ragioni di esistere.<br />
Nonostante sia trascorso un bel po’ di tempo da quando, nel nostro<br />
paese, sono stati introdotti elementi di flessib<strong>il</strong>ità riguardanti le modalità di<br />
ingresso nel lavoro (varati dal centro-sinistra nel 1997 con <strong>il</strong> cosiddetto “pacchetto<br />
Treu” e ulteriormente ampliati dal successivo governo di centro-destra<br />
con Legge 30 del 003), non è ancora stata impostato un sistema di sicurezza<br />
sociale che tuteli i lavoratori nei confronti dei cambiamenti introdotti. Una<br />
delle caratteristiche peculiari del sistema di welfare italiano è infatti l’assenza<br />
di una prestazione di tipo assistenziale che intervenga a sostenere <strong>il</strong> reddito<br />
dei disoccupati quando termina <strong>il</strong> diritto a percepire le prestazioni di tipo<br />
assicurativo. All’esigenza di una safety net di ultima istanza, si è risposto in<br />
modo né equo, né trasparente estendendo eccessivamente la durata di alcune<br />
prestazioni assistenziali (Cig e mob<strong>il</strong>ità), la platea dei beneficiari di altre prestazioni<br />
(pensioni di invalidità e pensioni agli invalidi civ<strong>il</strong>i), i requisiti per la<br />
concessione di prepensionamenti, pensioni di anzianità, ecc.<br />
165
dalla formazione professionale, dalle politiche attive del lavoro<br />
e dell’occupazione. Solo accompagnando la proclamazione dei<br />
diritti con l’erogazione di servizi per l’occupab<strong>il</strong>ità, si può assicurare<br />
ai lavoratori la tutela e la valorizzazione del loro capitale<br />
umano, e quindi la loro libertà negoziale, lungo l’intero arco della<br />
vita lavorativa.<br />
Bisogna, inoltre, ridisegnare la cittadinanza sociale, tramite<br />
politiche che allarghino le possib<strong>il</strong>ità di ingresso e di crescita dei<br />
giovani nel mercato del lavoro, limitando la precarietà connessa<br />
alla flessib<strong>il</strong>ità, riattivando i meccanismi di promozione sociale,<br />
abbassando le barriere di ingresso alle professioni e alle nicchie<br />
protette della società, ampliando <strong>il</strong> reclutamento di giovani in<br />
posizioni di responsab<strong>il</strong>ità nelle invecchiate gerarchie della vita<br />
politica, economica, sociale (Livi Bacci, 005).<br />
Solo così potremo dare vita a una società futura caratterizzata<br />
da un ricambio generazionale più armonioso e una struttura<br />
demografica più sostenib<strong>il</strong>e dal punto di vista economico.<br />
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178
Allegato 1<br />
COstRUzIONe deL CAmPIONe e PIANO dI CAmPIONAmeNtO<br />
Il campione di intervistati è stato ripreso da un precedente campione<br />
di lavoratori intervistati dall’IrPET tra Dicembre 004 e<br />
Gennaio 005 che deriva dalla seguente procedura di campionamento.<br />
Tramite l’analisi discriminante sono stati costruiti dei gruppi di<br />
Centri per l’Impiego che abbiamo chiamato distretti, caratterizzati<br />
da una forte omogeneità al loro interno ed eterogeneità tra<br />
loro. All’interno di ciascun distretto sono stati selezionati singoli<br />
Centri per l’Impiego che abbiamo convenzionalmente chiamato<br />
sezioni (dal termine sezioni di collocamento).<br />
Le sezioni rappresentative di ciascun distretto che sono state<br />
selezionate sono:<br />
– Firenze per <strong>il</strong> distretto numero 1.<br />
– Mugello per <strong>il</strong> distretto numero .<br />
– S. Croce per <strong>il</strong> distretto numero 3.<br />
– rosignano per <strong>il</strong> distretto numero 4.<br />
– Follonica per <strong>il</strong> distretto numero 5.<br />
La scelta di tali sezioni è stata in parte casuale, in parte motivata<br />
dalla disponib<strong>il</strong>ità all’invio degli archivi necessari all’indagine<br />
telefonica. La sezione estratta rappresenta, con una affidab<strong>il</strong>ità<br />
statistica dipendente dai risultati dell’analisi discriminante, tutti i<br />
Centri per l’Impiego appartenenti al medesimo distretto.<br />
A ciascuna sezione selezionata è stato richiesto l’archivio degli<br />
avviati al 000 relativo alle seguenti tipologie contrattuali:<br />
– Avviati a tempo indeterminato.<br />
– Avviati a tempo determinato.<br />
– Avviati part-time.<br />
– Avviati causa mista.<br />
I campi richiesti sono stati i seguenti:<br />
– Nome.<br />
– Cognome.<br />
– Sesso.<br />
– Data di avviamento.<br />
– Tipologia contrattuale.<br />
– Numero di telefono.<br />
– Comune di residenza.<br />
– Codice fiscale.<br />
– Data di nascita.<br />
179
Il piano di campionamento ut<strong>il</strong>izzato è di tipo casuale semplice<br />
stratificato in modo proporzionale con limitazione superiore<br />
della numerosità campionaria negli strati. Le variab<strong>il</strong>i di stratificazione<br />
sono le seguenti:<br />
• Sezioni (Centro per l’Impiego)<br />
Da ciascuno dei 5 distretti ottenuti dall’analisi discriminante è<br />
stato estratto un Centro per l’Impiego (Sezione): la variab<strong>il</strong>e Sezione<br />
è dunque formata da 5 modalità che sono i 5 Centri per<br />
l’Impiego estratti e precisamente:<br />
– Firenze.<br />
– Borgo San Lorenzo (Mugello).<br />
– S. Croce.<br />
– rosignano.<br />
– Follonica.<br />
• Genere<br />
Ovviamente rappresentato da strati:<br />
– Maschi.<br />
– Femmine.<br />
• Tipologie contrattuali<br />
Sono state prese in considerazione 3 tipologie di contratti:<br />
– Tempo determinato.<br />
– Part-time (qualsiasi tipologia contrattuale).<br />
– Causa mista (contratto di formazione lavoro e apprendistato).<br />
Complessivamente, gli strati formati dall’intersezione delle tre<br />
variab<strong>il</strong>i categoriche, mostrati nella tabella 1, sono risultati 30,<br />
per ciascuno è stato eseguita una estrazione casuale semplice<br />
senza ripetizione con numerosità proporzionale alla dimensione<br />
dello strato, ma limitata ad un numero massimo di unità campionarie<br />
pari a 100. La numerosità campionaria complessiva è<br />
stata posta pari a 000.<br />
180
tabella 1. Numerosità campionaria<br />
distr. sezione sesso Contratto strati<br />
181<br />
Pop.<br />
distretti<br />
Pop.<br />
sezioni<br />
Archivio<br />
totale<br />
Archivio<br />
senza<br />
telefono<br />
Archivio<br />
con<br />
telefono<br />
1 Firenze M Determinato 1 5.403 7.519 1.608 318 1 90 100<br />
1 Firenze M Part-time 3.303 1. 70 709 15 557 100<br />
1 Firenze M Causa mista 3 7. 6 .766 577 35 54 100<br />
1 Firenze F Determinato 4 8.560 9.515 1.649 160 1489 100<br />
1 Firenze F Part-time 5 8.943 3.316 1.864 19 167 100<br />
1 Firenze F Causa mista 6 5.701 .587 451 41 410 100<br />
Mugello M Determinato 7 17.178 1.433 1 8 19 109 38<br />
Mugello M Part-time 8 .0 0 144 5 5 47 17<br />
Mugello M Causa mista 9 5.150 436 100 6 94 33<br />
Mugello F Determinato 10 15.769 1.33 153 7 146 51<br />
Mugello F Part-time 11 5.78 51 16 7 09 73<br />
Mugello F Causa mista 1 3.006 40 74 7 5<br />
3 S. Croce M Determinato 13 19.198 1.441 05 1 184 65<br />
3 S. Croce M Part-time 14 .8 4 175 8 3 5 9<br />
3 S. Croce M Causa mista 15 9.440 6 6 111 8 103 36<br />
3 S. Croce F Determinato 16 16.633 634 5 10 15 75<br />
3 S. Croce F Part-time 17 6.965 198 134 5 1 9 45<br />
3 S. Croce F Causa mista 18 6.3 4 49 10 4 98 34<br />
4 rosignano M Determinato 19 10. 06 1. 67 05 5 153 54<br />
4 rosignano M Part-time 0 1.851 4 9 104 0 84 30<br />
4 rosignano M Causa mista 1 3.6 5 69 158 8 130 46<br />
4 rosignano F Determinato 1 .459 1.818 5 17 35 8<br />
4 rosignano F Part-time 3 4.731 1.13 400 50 350 100<br />
4 rosignano F Causa mista 4 .938 544 171 1 159 56<br />
5 Follonica M Determinato 5 7.068 1.403 1.5 4 81 1 43 100<br />
5 Follonica M Part-time 6 561 160 160 5 155 54<br />
5 Follonica M Causa mista 7 .103 367 350 15 335 100<br />
5 Follonica F Determinato 8 5.679 1. 71 995 39 956 100<br />
5 Follonica F Part-time 9 1.966 471 6 8 6 60 100<br />
5 Follonica F Causa mista 30 1.178 31 0 18 77<br />
Le successive variab<strong>il</strong>i della tabella 1 rappresentano le numerosità<br />
complessive degli archivi per strato ed indicano relativamente<br />
al 000:<br />
– La popolazione degli avviati per strato nei distretti da cui<br />
sono stati estratte le sezioni (Pop. Distretti).<br />
– La popolazione degli avviati per strato nei Centri per l’Impiego<br />
selezionati dai distretti (Pop. Sezioni).<br />
– La popolazione che figura negli archivi dei singoli Centri per<br />
l’Impiego (Archivio totale).<br />
– La popolazione degli archivi dei Centri per l’Impiego per i<br />
quali non è disponib<strong>il</strong>e <strong>il</strong> numero telefonico (Archivio senza telefono).<br />
– La popolazione degli archivi dei Centri per l’Impiego per i<br />
quali è presente un numero telefonico (Archivio con telefono).<br />
– La numerosità campionaria per strato (Camp.).<br />
Camp.
Il coefficiente di riporto all’universo è stato determinato come<br />
rapporto tra numerosità campionaria dello strato e numero dei<br />
record dell’Archivio totale (che comprende tutti i record non<br />
doppi con e senza numero telefonico). Dalla numerosità campionaria<br />
dipende la precisione o più tecnicamente parlando l’efficienza<br />
degli stimatori, tale efficienza può essere misurata in<br />
molti modi, due tra i più diretti indici per misurare la bontà delle<br />
stime sono l’errore relativo percentuale della stima err% e l’errore<br />
assoluto della stima ass. Se Θ è <strong>il</strong> parametro da stimare e Θ<br />
è <strong>il</strong> suo stimatore indichiamo questi indici nel seguente modo:<br />
err% = |Θ-θ| / θ<br />
ass = |Θ-θ|<br />
In genere l’errore relativo percentuale si può calcolare per le variab<strong>il</strong>i<br />
quantitative e l’errore assoluto per le variab<strong>il</strong>i qualitative.<br />
• Precisione della stima per le variab<strong>il</strong>i quantitative<br />
Quando si osservano, su un campione estratto da una popolazione,<br />
variab<strong>il</strong>i quantitative è possib<strong>il</strong>e per esse calcolare (sia<br />
nel campione che nella popolazione) la media e la varianza di<br />
tali variab<strong>il</strong>i.<br />
L’errore percentuale di una stima della media dipende dalla media<br />
della popolazione (µ), dalla varianza della popolazione (σ )<br />
e dalla numerosità campionaria (n), in base alla seguente formula:<br />
⎛ σ<br />
⎜<br />
⎝ µ<br />
err% = 1,96 ⋅<br />
⎞<br />
⎟<br />
⎠<br />
n<br />
18<br />
= 1,96 ⋅ CV<br />
n<br />
Aggregando media e varianza nel coefficiente di variazione (Cv),<br />
si può vedere come cambia l’errore percentuale della stima al<br />
variare appunto<br />
€<br />
del coefficiente di variazione e della numerosità<br />
(Tab. ). È chiaro che <strong>il</strong> parametro µ per calcolare l’errore<br />
percentuale sia diverso da 0 altrimenti l’errore percentuale<br />
dovrebbe essere sostituito dallo scarto assoluto, come misura<br />
dell’efficienza dello stimatore.
tabella 2. Errori % al 95% di confidenza<br />
Numerosità/cv 0,1 0,4 0,7 1 1,3 1,6 1,9 2,2 2,5 2,8 3,1 3,4 3,7 4<br />
0 4,4 17,5 30,7 43,8 57,0 70,1 83,3 96,4 109,6 1 ,7 135,9 149,0 16 , 175,3<br />
40 3,1 1 ,4 1,7 31,0 40,3 49,6 58,9 68, 77,5 86,8 96,1 105,4 114,7 1 4,0<br />
60 ,5 10,1 17,7 5,3 3 ,9 40,5 48,1 55,7 63,3 70,8 78,4 86,0 93,6 101,<br />
80 , 8,8 15,3 1,9 8,5 35,1 41,6 48, 54,8 61,4 67,9 74,5 81,1 87,7<br />
100 ,0 7,8 13,7 19,6 5,5 31,4 37, 43,1 49,0 54,9 60,8 66,6 7 ,5 78,4<br />
1 0 1,8 7, 1 ,5 17,9 3,3 8,6 34,0 39,4 44,7 50,1 55,5 60,8 66, 71,6<br />
140 1,7 6,6 11,6 16,6 1,5 6,5 31,5 36,4 41,4 46,4 51,4 56,3 61,3 66,3<br />
160 1,5 6, 10,8 15,5 0,1 4,8 9,4 34,1 38,7 43,4 48,0 5 ,7 57,3 6 ,0<br />
180 1,5 5,8 10, 14,6 19,0 3,4 7,8 3 ,1 36,5 40,9 45,3 49,7 54,1 58,4<br />
00 1,4 5,5 9,7 13,9 18,0 , 6,3 30,5 34,6 38,8 43,0 47,1 51,3 55,4<br />
0 1,3 5,3 9,3 13, 17, 1,1 5,1 9,1 33,0 37,0 41,0 44,9 48,9 5 ,9<br />
40 1,3 5,1 8,9 1 ,7 16,4 0, 4,0 7,8 31,6 35,4 39, 43,0 46,8 50,6<br />
60 1, 4,9 8,5 1 , 15,8 19,4 3,1 6,7 30,4 34,0 37,7 41,3 45,0 48,6<br />
80 1, 4,7 8, 11,7 15, 18,7 ,3 5,8 9,3 3 ,8 36,3 39,8 43,3 46,9<br />
300 1,1 4,5 7,9 11,3 14,7 18,1 1,5 4,9 8,3 31,7 35,1 38,5 41,9 45,3<br />
3 0 1,1 4,4 7,7 11,0 14, 17,5 0,8 4,1 7,4 30,7 34,0 37,3 40,5 43,8<br />
340 1,1 4,3 7,4 10,6 13,8 17,0 0, 3,4 6,6 9,8 33,0 36,1 39,3 4 ,5<br />
360 1,0 4,1 7, 10,3 13,4 16,5 19,6 ,7 5,8 8,9 3 ,0 35,1 38, 41,3<br />
380 1,0 4,0 7,0 10,1 13,1 16,1 19,1 ,1 5,1 8, 31, 34, 37, 40,<br />
400 1,0 3,9 6,9 9,8 1 ,7 15,7 18,6 1,6 4,5 7,4 30,4 33,3 36,3 39,<br />
4 0 1,0 3,8 6,7 9,6 1 ,4 15,3 18, 1,0 3,9 6,8 9,6 3 ,5 35,4 38,3<br />
440 0,9 3,7 6,5 9,3 1 ,1 15,0 17,8 0,6 3,4 6, 9,0 31,8 34,6 37,4<br />
460 0,9 3,7 6,4 9,1 11,9 14,6 17,4 0,1 ,8 5,6 8,3 31,1 33,8 36,6<br />
480 0,9 3,6 6,3 8,9 11,6 14,3 17,0 19,7 ,4 5,0 7,7 30,4 33,1 35,8<br />
500 0,9 3,5 6,1 8,8 11,4 14,0 16,7 19,3 1,9 4,5 7, 9,8 3 ,4 35,1<br />
Una volta estratto <strong>il</strong> campione, possiamo stimare l’errore percentuale<br />
commesso stimando preventivamente per la variab<strong>il</strong>e<br />
di studio <strong>il</strong> coefficiente di variazione ut<strong>il</strong>izzato tramite la formula:<br />
^<br />
CV = S2<br />
X<br />
• Precisione della stima per le variab<strong>il</strong>i qualitative<br />
Molte delle variab<strong>il</strong>i sono variab<strong>il</strong>i qualitative relative a domande<br />
che richiedono € una risposta su k modalità. È importante in<br />
questo caso poter stimare efficientemente la proporzione di ciascuna<br />
modalità nella popolazione. Lo stimatore di tale proporzione<br />
usualmente ut<strong>il</strong>izzato è la proporzione campionaria:<br />
P<br />
∧<br />
= Y<br />
n = Numero di osse rvazioni che presentano la modalità<br />
Numerosità camp ionaria<br />
183
In questo caso non è possib<strong>il</strong>e stimare efficacemente l’errore<br />
percentuale della stima rispetto alla proporzione vera in quanto,<br />
essendo la proporzione vera un valore compreso tra 0 ed 1<br />
può avvicinarsi anche molto allo 0 rendendo l’errore percentuale<br />
smisuratamente elevato (anche quando le stime sono buone).<br />
In questo caso si calcola semplicemente lo scarto assoluto tra<br />
stima e parametro. Considerando che la distribuzione della proporzione<br />
campionaria è una Binomiale relativa con media p e<br />
varianza p(1-p)/n e notando che tale distribuzione tende asintoticamente<br />
ad una normale lo scarto assoluto può essere calcolato<br />
nel seguente modo:<br />
ass = 1,96 ⋅<br />
Nella tabella 3 si mostrano gli errori assoluti calcolati al variare<br />
della numerosità e del parametro p.<br />
€<br />
tabella 3. Errori assoluti al 95% di confidenza<br />
184<br />
P ⋅ (1 - P)<br />
n<br />
Numerosità/p 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7 0,8 0,9<br />
10 18,6 4,8 8,4 30,4 31,0 30,4 8,4 4,8 18,6<br />
0 13,1 17,5 0,1 1,5 1,9 1,5 0,1 17,5 13,1<br />
40 9,3 1 ,4 14, 15, 15,5 15, 14, 1 ,4 9,3<br />
60 7,6 10,1 11,6 1 ,4 1 ,7 1 ,4 11,6 10,1 7,6<br />
80 6,6 8,8 10,0 10,7 11,0 10,7 10,0 8,8 6,6<br />
100 5,9 7,8 9,0 9,6 9,8 9,6 9,0 7,8 5,9<br />
150 4,8 6,4 7,3 7,8 8,0 7,8 7,3 6,4 4,8<br />
00 4, 5,5 6,4 6,8 6,9 6,8 6,4 5,5 4,<br />
50 3,7 5,0 5,7 6,1 6, 6,1 5,7 5,0 3,7<br />
300 3,4 4,5 5, 5,5 5,7 5,5 5, 4,5 3,4<br />
350 3,1 4, 4,8 5,1 5, 5,1 4,8 4, 3,1<br />
400 ,9 3,9 4,5 4,8 4,9 4,8 4,5 3,9 ,9<br />
450 ,8 3,7 4, 4,5 4,6 4,5 4, 3,7 ,8<br />
500 ,6 3,5 4,0 4,3 4,4 4,3 4,0 3,5 ,6<br />
550 ,5 3,3 3,8 4,1 4, 4,1 3,8 3,3 ,5<br />
600 ,4 3, 3,7 3,9 4,0 3,9 3,7 3, ,4<br />
650 ,3 3,1 3,5 3,8 3,8 3,8 3,5 3,1 ,3<br />
La variab<strong>il</strong>ità massima si ottiene quando P = 0,5, dunque ass =<br />
0,98/n. La seguente tabella mostra per diverse numerosità campionarie<br />
e diversi valori di p l’errore assoluto che si può commettere<br />
nella stima della proporzione con la probab<strong>il</strong>ità del 95%.
• Gli intervistati<br />
L’Osservatorio longitudinale, nel suo primo anno di attività, si è<br />
posto quindi l’obiettivo di re-intervistare soggetti colti all’interno<br />
del campione di intervistati che al 004 erano risultati ancora<br />
flessib<strong>il</strong>i o che invece erano all’epoca usciti dalle forze di lavoro<br />
(esclusi i pensionati).<br />
Prioritario obiettivo conoscitivo è stato quello di analizzare gli<br />
sbocchi occupazionali di questi lavoratori per cogliere, a distanza<br />
di altri due anni, qual è la loro posizione nel mercato del<br />
lavoro, e se questa è scelta oppure subita. Lo scopo di questa r<strong>il</strong>evazione<br />
(e delle successive) è dunque quello di seguire nel tempo<br />
i percorsi lavorativi di lavoratori atipici, distinti per settore<br />
di attività e sistema locale di appartenenza, per comprendere se<br />
le tipologie contrattuali flessib<strong>il</strong>i rappresentano un trampolino<br />
verso la stab<strong>il</strong>izzazione nel mercato del lavoro o un intrappolamento<br />
nella precarietà.<br />
Nel campione è stato deciso di intervistare, come gruppi di controllo,<br />
anche coloro che al 004 si erano stab<strong>il</strong>izzati con un contratto<br />
a tempo indeterminato o con un lavoro di tipo autonomo.<br />
Nelle tabelle 4 e 5 sono riportati gli esiti degli oltre 1.800 contatti<br />
telefonici, avvenuti tra <strong>il</strong> 4 gennaio e <strong>il</strong> 13 febbraio 006, che<br />
hanno portato al risultato finale di 900 interviste.<br />
tabella 4. Esito numeri contattati<br />
185<br />
VA %<br />
Numero inesistente/sbagliato 1 7 7,0<br />
Accetta intervista 900 49,3<br />
richiamare (è stata effettuata almeno 1 telefonata) 504 7,6<br />
rifiuta 109 6,0<br />
Non è mai rintracciab<strong>il</strong>e/Ha cambiato abitazione 147 8,0<br />
Interotto 40 ,<br />
TOTALE 1.8 7 100,0
tabella 5. Interviste realizzate per strato<br />
Condizione al 2004 Universo Intervistati Incidenza %<br />
Disoccupato 07 116 56,0<br />
Casalinga 133 80 60,<br />
Studente 173 89 51,4<br />
Tirocinante 8 3 37,5<br />
Altra condizione non occupato 44 16 36,4<br />
NON OCCUPATO 565 304 53,8<br />
Dipendente a tempo indeterminato 75 351 46,7<br />
Lavoratore autonomo 91 39 4 ,9<br />
LAvOrATOrE STABILE 843 390 46,3<br />
Co.co.co./a progetto 48 1 43,8<br />
Interinale 4 50,0<br />
Lavoratore stagionale 5 6 1 0,0<br />
Socio lav. Coop. 1 4 33,3<br />
Contratti occasionali 15 8 53,3<br />
Formazione lavoro 17 4 3,5<br />
Apprendistato 77 33 4 ,9<br />
Lavori senza contratto 1 10 47,6<br />
Altro occupato 19 9 47,4<br />
Dipendente a tempo determinato 01 109 54,<br />
LAvOrATOrE FLESSIBILE 419 06 49,<br />
TOTALE 1.8 7 900 49,3<br />
• L’intervista e <strong>il</strong> questionario<br />
L’intervista, di tipo telefonico, con metodo CATI, è stata focalizzata<br />
su alcuni nodi tematici, in particolare sui percorsi della<br />
flessib<strong>il</strong>ità, gli esiti, i costi, le aspettative. Un’attenzione particolare<br />
è stata dedicata ai contenuti e alle condizioni di lavoro: tipologia<br />
dell’attività svolta, luoghi, tempi di lavoro, soddisfazione<br />
nei confronti di vari aspetti del lavoro. È stato, inoltre, indagato<br />
circa i possib<strong>il</strong>i rischi di precarizzazione, facendo riferimento<br />
alle tutele di welfare e ai bisogni espressi in termini di rappresentanza<br />
(vedi Allegato ).<br />
186
Allegato 2<br />
QUestIONARIO<br />
Nel 2004 ci risulta che lei fosse nella condizione di:<br />
Inoccupato<br />
Disoccupato<br />
Casalinga<br />
Studente<br />
Lavoratore stagionale<br />
Tirocinante<br />
Altra condizione<br />
Dipendente a tempo determinato<br />
Co.co.co.<br />
Interinale<br />
Socio lav. coop.<br />
Contratti occasionali<br />
Formazione lavoro<br />
Apprendistato<br />
Lavori senza contratto<br />
Altro<br />
Lavoro autonomo<br />
Dipendente a tempo indeterminato<br />
Che durata aveva <strong>il</strong> contratto?<br />
1-3 mesi<br />
4-11 mesi<br />
1 mesi<br />
Più di 1 mesi<br />
Non ricordo<br />
In <strong>quale</strong> settore?<br />
Agricoltura<br />
Attività manifatturiere e Costruzioni<br />
Commercio<br />
Alberghi e ristoranti<br />
Servizi alle aziende<br />
Servizi alle persone<br />
Non ricordo<br />
Altro<br />
187
Quale era la categoria professionale?<br />
Dipendente come:<br />
Dirigente<br />
Direttivo/quadro<br />
Impiegato intermedio<br />
Operaio subalterno e assim<strong>il</strong>ati<br />
Apprendista<br />
Lav. a domic<strong>il</strong>io per imprese<br />
Autonomo come:<br />
Imprenditore<br />
Libero professionista<br />
Lavoratore in proprio<br />
Coadiuvante nell’azienda di un fam<strong>il</strong>iare<br />
Socio di cooperativa<br />
Quanti addetti aveva l’azienda per la <strong>quale</strong> lavorava (tutti i<br />
lavoratori compresi titolari e soci)?<br />
1-3<br />
4-9<br />
10-19<br />
0-49<br />
50-100<br />
101- 49<br />
50 e oltre<br />
Non ricorda<br />
L’azienda per la <strong>quale</strong> lavorava era di proprietà prevalentemente:<br />
Pubblica<br />
Privata<br />
Terzo settore (cooperative sociali, associazioni, volontariato,<br />
fondazioni)<br />
Nel 2000 era occupato con la seguente tipologia<br />
contrattuale?<br />
Tempo determinato<br />
Formazione lavoro<br />
Apprendistato<br />
Tempo indeterminato<br />
188
Da quando ha cominciato a lavorare <strong>quale</strong> genere di rapporto ha<br />
intrattenuto prevalentemente?<br />
Dipendente a tempo indeterminato<br />
Tempo pieno<br />
Part-time<br />
Dipendente a tempo determinato<br />
Tempo pieno<br />
Part-time<br />
Lavoro interinale<br />
Tempo pieno<br />
Part-time<br />
Collaborazione coordinata e continuativa<br />
Con partita IVA<br />
Senza partita IVA<br />
Socio lavoratore delle cooperative<br />
Contratti occasionali<br />
Formazione lavoro<br />
Apprendistato<br />
Lavoro autonomo<br />
Lavori senza contratto<br />
Con varie tipologie di contratto<br />
Stagionale<br />
Non ricordo/ non sa<br />
Altro<br />
Qual è attualmente la sua condizione professionale?<br />
Occupato<br />
Non occupato<br />
In cerca di occupazione<br />
Casalinga<br />
Studente<br />
In servizio di leva o in servizio civ<strong>il</strong>e sostitutivo<br />
Inab<strong>il</strong>e al lavoro<br />
ritirato dal lavoro<br />
Lavoratore stagionale (al momento inoccupato)<br />
Tirocinante/corsista/stagista<br />
Altra condizione<br />
Non risposto<br />
189
PeR COLORO CHe LAVORANO<br />
Tipologia e caratteristiche dell’attività lavorativa principale<br />
Adesso le porrò alcune domande relative alle caratteristiche<br />
del suo lavoro. Se r. svolge più di un lavoro consideri quello<br />
principale, cioè quello a cui dedica più ore. Se svolge più lavori<br />
ai quali dedica lo stesso tempo consideri quello che ritiene più<br />
importante (maggior guadagno, stab<strong>il</strong>ità del lavoro, ecc.)<br />
Lei lavora come:<br />
Lavoratore dipendente<br />
A tempo indeterminato<br />
Contratto di formazione lavoro sono scaduti<br />
Contratto di apprendistato<br />
Contratto a termine inquadrato in un contratto collettivo<br />
Contratto con agenzia di lavoro interinale<br />
Altro tipo di contratto a termine<br />
Lavoratore con contratti di:<br />
Collaborazione coordinata e continuativa senza partita IVA<br />
Collaborazione coordinata e continuativa con partita IVA<br />
Prestazione d’opera occasionale senza partita IVA<br />
Prestazione d’opera occasionale con partita IVA<br />
Autonomo come:<br />
Imprenditore<br />
Libero professionista<br />
Lavoratore in proprio<br />
Coadiuvante nell’azienda di un fam<strong>il</strong>iare<br />
Socio di cooperativa<br />
190
PeR COLORO CHe LAVORANO A temPO<br />
INdeteRmINAtO O IN mOdO AUtONOmO<br />
Il passaggio da un lavoro a termine ad un lavoro più<br />
stab<strong>il</strong>e (con contratto a tempo indeterminato o autonomo)<br />
ha avuto costi o benefici?<br />
Ha avuto dei costi<br />
Ho dovuto rinunciare ad un lavoro più interessante<br />
Guadagno meno<br />
Ho meno tempo libero<br />
Ho meno autonomia<br />
Ho meno possib<strong>il</strong>ità di carriera<br />
Non ritengo affatto <strong>il</strong> lavoro attuale stab<strong>il</strong>e<br />
Altro<br />
Ha avuto dei benefici<br />
Ho un lavoro più interessante<br />
Guadagno di più<br />
Ho più tempo libero<br />
Ho più autonomia<br />
Ho più possib<strong>il</strong>ità di carriera<br />
Ho maggiori tutele (pensione, malattia, ferie, ecc.)<br />
Altro<br />
sOLO AI CO.CO.CO.<br />
Lei lavora per una sola azienda e/o cliente o per più di una<br />
azienda e/o clienti?<br />
Per una sola azienda/cliente<br />
Per più aziende/clienti<br />
se LAVORA CON PIÙ dI UNA PeRCHé?<br />
Non ho altra scelta<br />
Mi garantisco una certa continuità del lavoro<br />
Mi è ut<strong>il</strong>e per crescere professionalmente<br />
Ho maggiore autonomia<br />
Altro<br />
191
se LAVORA PeR UNA sOLA PeRCHé?<br />
Non ho altra scelta<br />
Ho scelto di lavorare per l’azienda che mi garantisce possib<strong>il</strong>ità<br />
di stab<strong>il</strong>izzazione futura<br />
Ho scelto di lavorare per l’azienda che mi garantisce possib<strong>il</strong>ità<br />
di crescita professionale<br />
Ho scelto <strong>il</strong> committente che mi garantiva di lavorare con più<br />
autonomia<br />
se HA LA PARtItA IVA<br />
La decisione di prendere la partita IVA<br />
È stata una scelta sua<br />
È stata una scelta imposta dall’azienda<br />
Abitualmente decide dove lavorare o è tenuto a lavorare<br />
presso l’azienda e/o <strong>il</strong> cliente?<br />
Decide dove lavorare<br />
Lavora presso l’azienda/cliente<br />
sOLO PeR COLORO CHe HANNO UN CONtRAttO A<br />
teRmINe INCLUsI CO.CO.CO.<br />
Qual è la durata complessiva in mesi dell’attuale<br />
contratto?<br />
Meno di un mese<br />
N. mesi<br />
Il lavoro è a termine perché si tratta di:<br />
Periodo di formazione<br />
Periodo di prova<br />
Lavoro stagionale<br />
Lavoro occasionale (comprese supplenze nella scuola o<br />
sostituzione di un lavoratore)<br />
Lavoro per la realizzazione di un progetto<br />
Occupare un posto vacante (incarico a termine nella scuola,<br />
nella sanità, ecc.)<br />
Altro<br />
Non sa<br />
di che tipo di contratto a termine si tratta?<br />
Contratto di formazione lavoro<br />
Contratto di apprendistato<br />
Contratto a termine inquadrato in un contratto collettivo<br />
Contratto con agenzia di lavoro interinale<br />
19
Altro tipo di contratto<br />
Quali sono le motivazioni che la inducono in questo<br />
momento a lavorare con forme contrattuali a termine?<br />
È una scelta<br />
Non ho avuto altra scelta<br />
se È stAtA UNA sCeLtA<br />
Perché ha scelto di lavorare con forme contrattuali<br />
flessib<strong>il</strong>i?<br />
Per avere autonomia<br />
Per la flessib<strong>il</strong>ità degli orari<br />
Perché era l’unico modo di svolgere <strong>il</strong> lavoro desiderato<br />
Per integrare <strong>il</strong> reddito fam<strong>il</strong>iare<br />
Per fare un’esperienza formativa<br />
PeR COLORO CHe HANNO PIÙ dI UN CONtRAttO<br />
RIFeRIRsI semPRe A QUeLLO PRINCIPALe dAL<br />
PUNtO dI VIstA deL GUAdAGNO e/O deLLe ORe<br />
LAVORAte, O COmUNQUe A QUeLLO CHe I. RItIeNe<br />
PIÙ ImPORtANte.<br />
Qual è la durata del suo ultimo contratto (in mesi)?<br />
Quanti sono i contratti che ha avuto complessivamente con<br />
l’attuale committente?<br />
(Conteggiare anche contratti avuti diversi da quello in corso)<br />
Pensando ai prossimi 12 mesi lei prevede di poter svolgere<br />
un’attività lavorativa?<br />
Sì, sempre con contratti non stab<strong>il</strong>i<br />
Sì, con un contratto a tempo indeterminato<br />
No, nei prossimi mesi non ha intenzione di lavorare (motivi di<br />
studio, famiglia..)<br />
No, purtroppo non credo che troverò nuovi lavori<br />
Non so<br />
ORARIO dI LAVORO<br />
Lei ha un contratto a tempo pieno o part-time?<br />
A tempo pieno<br />
A tempo parziale<br />
Altro<br />
193
sOLO PeR I PART-TIMERS<br />
Per <strong>quale</strong> motivo lavora part-time?<br />
Perché non ha trovato un lavoro a tempo pieno<br />
Perché non desidera lavorare a tempo pieno<br />
Perché studia o segue corsi di formazione professionale<br />
Per problemi di salute/ personali<br />
Per prendersi cura dei figli<br />
Per prendersi cura di fam<strong>il</strong>iari non autosufficienti<br />
Altri motivi<br />
PeR COLORO CHe deVONO PReNdeRsI CURA deI<br />
FIGLI O dI FAmILIARI<br />
se avesse a disposizione dei servizi pubblici o privati<br />
adeguati (per orari, vicinanza, personale specializzato, costi<br />
del servizio, etc.) cui affidare la cura dei figli e/o dei fam<strong>il</strong>iari<br />
vorrebbe lavorare a tempo pieno?<br />
Sì, perché:<br />
vorrei guadagnare di più<br />
vorrei un lavoro più coinvolgente e impegnativo<br />
Altro<br />
No, perché:<br />
penso che in ogni caso vorrei avere tempo per la famiglia<br />
penso che in ogni caso vorrei avere tempo per me<br />
Altro<br />
sOLO PeR COLORO CHe LAVORANO A temPO PIeNO<br />
Per <strong>quale</strong> motivo lavora a tempo pieno?<br />
Non ha trovato un lavoro part-time<br />
Desideravo lavorare a tempo pieno<br />
Ho bisogno di lavorare a tempo pieno/ per motivi economici<br />
Il part-time avrebbe penalizzato la mia carriera<br />
Altro<br />
194
PeR tUttI I LAVORAtORI dIPeNdeNtI e A teRmINe,<br />
INCLUsI CO.CO.CO.<br />
Il suo orario contrattuale quante ore prevede la settimana?<br />
Gli straordinari Le vengono riconosciuti?<br />
Sì, come recupero di ore<br />
Sì, mi vengono pagati<br />
No<br />
PeR tUttI I LAVORAtORI (anche autonomi)<br />
solitamente quante ore lavora?<br />
< 1<br />
1- 7<br />
8-35<br />
36-39<br />
40<br />
Oltre 40<br />
Non risponde<br />
Ha un orario di lavoro prefissato?<br />
Sì, ho un orario prefissato<br />
In linea di massima devo seguire un orario ma ho una certa<br />
flessib<strong>il</strong>ità<br />
Sono totalmente libero di scegliere quando lavorare<br />
Ho un orario flessib<strong>il</strong>e che dipende dalle esigenze dell’azienda<br />
modalità di svolgimento del lavoro<br />
Serale<br />
(dalle 0 in poi)<br />
Notturno<br />
Di sabato<br />
Di domenica<br />
sempre Abitualmente saltuariamente mai<br />
195
Lei è solito lavorare<br />
Nel comune in cui risiede<br />
In un altro comune della stessa provincia<br />
In un’altra provincia della toscana<br />
Fuori regione<br />
Non ha un luogo abituale di lavoro<br />
Per iniziare questo lavoro ha dovuto trasferirsi da un altro<br />
comune?<br />
Sì, da un altro comune della stessa provincia<br />
Sì, da un’altra provincia<br />
Sì, da fuori regione<br />
Può descrivermi con precisione in che cosa consiste <strong>il</strong> suo<br />
lavoro e dirmi <strong>il</strong> nome della sua professione?<br />
Può dirmi la sua categoria professionale?<br />
Dipendente come:<br />
Dirigente<br />
Direttivo/quadro<br />
Impiegato intermedio<br />
Operaio subalterno e assim<strong>il</strong>ati<br />
Apprendista<br />
Lav. a domic<strong>il</strong>io per imprese<br />
In modo autonomo come:<br />
Imprenditore<br />
Libero professionista<br />
Lavoratore in proprio<br />
Coadiuvante nell’azienda di un fam<strong>il</strong>iare<br />
Socio di cooperativa<br />
196
CARAtteRIstICHe AzIeNdA<br />
settore di attività<br />
Agricoltura<br />
Attività manifatturiere e Costruzioni<br />
Commercio<br />
Alberghi e ristoranti<br />
Servizi alle imprese<br />
Servizi alle persone<br />
Altro<br />
Non risponde<br />
L’azienda dove lavora è di proprietà prevalentemente<br />
Pubblica<br />
Privata<br />
Terzo settore (cooperative sociali, associazioni, volontariato,<br />
fondazioni)<br />
Numero di addetti azienda attuale<br />
1-3<br />
4-9<br />
10-19<br />
0-49<br />
50-100<br />
101- 49<br />
50 e oltre<br />
Non risponde<br />
da quanti mesi è occupato nell’azienda in cui lavora<br />
attualmente<br />
Non più di 6 mesi<br />
Da 7 a 1 mesi<br />
Da 13 a 4 mesi<br />
Oltre 4 mesi<br />
Non risponde<br />
se AUtONOmO<br />
In che anno ha cominciato questa attività?<br />
197
PeR tUttI I LAVORAtORI dIPeNdeNtI, A teRmINe,<br />
AUtONOmI<br />
Attraverso quali azioni ha trovato <strong>il</strong> lavoro che svolge<br />
attualmente?<br />
(È possib<strong>il</strong>e dare più modalità di risposta)<br />
Iscrizione Centri per l’Impiego (ex Ufficio di collocamento)<br />
vincita di un concorso (pubblico o privato)<br />
Iscrizione ad un’agenzia privata di collocamento o interinale<br />
Tramite segnalazione al datore di lavoro da parte di parenti<br />
Tramite segnalazioni di amici e/o conoscenti<br />
Segnalazione a possib<strong>il</strong>i datori di lavoro ottenuta tramite <strong>il</strong><br />
centro di formazione professionale o i centri di orientamento<br />
professionale<br />
Tramite tirocinio in impresa<br />
Segnalazioni a possib<strong>il</strong>i datori di lavoro da parte dei sindacati/<br />
partiti<br />
Ha risposto/messo inserzioni sui giornali o inviato curricula ad<br />
aziende<br />
Ha avviato un’attività in proprio<br />
Si è inserito nell’azienda fam<strong>il</strong>iare<br />
Ha cercato su Internet<br />
Tramite la scuola<br />
Altro<br />
CONdIzIONI dI LAVORO<br />
Come considera la sua condizione lavorativa attuale<br />
rispetto a quella di un anno fa?<br />
Uguale<br />
Migliore<br />
Peggiore<br />
198
ed ora esamini alcuni dei principali aspetti attinenti la sua<br />
condizione lavorativa e ci dica se rispetto ad un anno fa sono<br />
Le condizioni salariali<br />
Possib<strong>il</strong>ità di recupero/riposo<br />
Continuità del lavoro/sicurezza dell’impiego<br />
Formazione<br />
Malattia/infortuni<br />
Diritti sindacali<br />
Maternità/paternità<br />
Possib<strong>il</strong>ità di crescita professionale<br />
Possib<strong>il</strong>ità di formazione<br />
Autonomia del lavoro svolto<br />
199<br />
migliorati Peggiorati Uguali<br />
sOLO PeR COLORO CHe HANNO UN CONtRAttO A<br />
teRmINe INCLUsI CO.CO.CO.<br />
Cosa pensa che le sarà proposto allo scadere dell’attuale<br />
contratto?<br />
So già che non mi rinnoveranno <strong>il</strong> contratto<br />
Mi sarà rinnovato <strong>il</strong> contratto attuale<br />
Sarò assunto a tempo indeterminato<br />
Per scelta cambierò lavoro<br />
Avrò un nuovo contratto ma sempre a termine<br />
PeR tUttI I LAVORAtORI ANCHe AUtONOmI<br />
dal 2004 ad <strong>oggi</strong> ha seguito qualche attività formativa, in<br />
particolare:<br />
Corso di formazione professionale<br />
Sì<br />
No<br />
Quali?<br />
Corso di formazione professionale organizzato e/o riconosciuto<br />
dalla <strong>Regione</strong><br />
Corso finanziato dall’azienda o ente in cui lavora<br />
Altro corso di formazione professionale<br />
Altro tipo di attività formativa
sOddIsFAzIONe NeI CONFRONtI deL LAVORO<br />
Il lavoro che svolge è attinente come contenuti al suo titolo<br />
di studio?<br />
Sì, molto attinente<br />
Sì, ma solo in parte<br />
No, per niente<br />
Non saprei<br />
Adesso le elenco alcuni aspetti considerati importanti per<br />
l’attività lavorativa. Ci indichi <strong>quale</strong> è l’aspetto per lei più<br />
importante; quello di cui si ritiene più soddisfatto e quello<br />
di cui si ritiene più insoddisfatto<br />
Sicurezza posto di lavoro<br />
Possib<strong>il</strong>ità di carriera<br />
rapporti con i colleghi/superiori<br />
Stipendio/reddito<br />
Possib<strong>il</strong>ità di autorealizzazione<br />
(esprimere le proprie capacità)<br />
Possib<strong>il</strong>ità di imparare cose nuove<br />
Orario di lavoro<br />
Prestigio, stima degli altri<br />
Più<br />
importante<br />
Ritiene che <strong>il</strong> suo posto di lavoro sia<br />
Sicuro<br />
Abbastanza sicuro<br />
Poco sicuro<br />
Per niente sicuro<br />
00<br />
Più<br />
soddisfatto<br />
Più<br />
insoddisfatto
se poco o per niente sicuro, per <strong>quale</strong> ragione?<br />
Lavoro in un settore in crisi<br />
Lavoro in un’azienda in difficoltà<br />
Ho un contratto di lavoro precario<br />
Oggi nessun posto di lavoro è sicuro<br />
Vorrebbe cambiare lavoro?<br />
Si<br />
No, sono soddisfatto di quello che ho<br />
No, non credo di poter trovare un lavoro migliore<br />
Che tipo di lavoro desidera?<br />
Un lavoro dipendente con un contratto a tempo indeterminato<br />
Un lavoro dipendente a tempo non indeterminato<br />
Un lavoro autonomo<br />
Collaborazione coordinata e continuativa<br />
sarebbe disposto a muoversi dal suo comune di residenza<br />
se Le venisse offerto un buon lavoro?<br />
No<br />
Sì<br />
In qualunque luogo, anche all’estero<br />
Entro i confini nazionali<br />
Entro i confini regionali<br />
Entro un raggio che mi consenta di mantenere la mia residenza<br />
attuale<br />
Non so<br />
01
sOLO PeR COLORO CHe HANNO UN LAVORO A temPO<br />
INdeteRmINAtO/AUtONOmO<br />
Lei sarebbe disposto a scambiare la sicurezza di un posto<br />
di lavoro sicuro per<br />
Un lavoro più gratificante<br />
Un lavoro che le consente maggiore flessib<strong>il</strong>ità degli orari<br />
Un lavoro che le offre maggiori guadagni<br />
Un lavoro che le offre migliori opportunità formative<br />
Un lavoro che le offre migliori opportunità di carriera<br />
sOLO PeR COLORO CHe HANNO UN LAVORO A<br />
teRmINe<br />
Per avere un lavoro stab<strong>il</strong>e lei sarebbe disposto a<br />
sacrificare qualcosa del suo attuale lavoro?<br />
No<br />
Sì<br />
Guadagnare meno<br />
Fare un lavoro meno gratificante<br />
Fare un lavoro con orari più rigidi<br />
Fare un lavoro che non offra opportunità di carriera<br />
Fare un lavoro che non offre opportunità formative<br />
Altro<br />
0<br />
sì No Non so
PeR GLI INOCCUPAtI<br />
sta cercando un lavoro?<br />
Sì<br />
No, perché:<br />
Penso di riprendere gli studi<br />
Perché non vedo nessuna opportunità in giro<br />
Perché non ci sono lavori adeguati alla mia preparazione<br />
Per problemi personali<br />
Per questioni attinenti alla famiglia (cura dei figli, anziani, ecc.)<br />
Perché non sono interessato<br />
Perché svolgo un lavoro stagionale<br />
da quanti mesi sta cercando lavoro?<br />
Meno di 7 mesi<br />
Da 7 a 1 mesi<br />
Da più di 1 mesi<br />
Non risponde<br />
Che tipo di lavoro sta cercando prevalentemente?<br />
(anche se ne sta cercando piu’ di uno indicare <strong>il</strong> principale/<br />
preferito)<br />
Un lavoro dipendente con un contratto a tempo indeterminato<br />
Un lavoro dipendente a tempo non indeterminato<br />
Un lavoro autonomo<br />
Collaborazione coordinata e continuativa<br />
Con <strong>quale</strong> tipo di orario vorrebbe lavorare?<br />
A tempo pieno<br />
Part-time<br />
Senza preferenze<br />
sarebbe disposto a muoversi dal suo comune di residenza<br />
se Le venisse offerto un buon lavoro?<br />
Sì<br />
In qualunque luogo, anche all’estero<br />
Entro i confini nazionali<br />
Entro i confini regionali<br />
Entro un raggio che mi consenta di mantenere la mia residenza<br />
attuale<br />
Non so<br />
No<br />
Non sa<br />
03
Negli ultimi sei mesi <strong>quale</strong> di queste azioni di ricerca ha<br />
intrapreso?<br />
Ha avuto contatti con i Centri Pubblici per l’Impiego (ex Ufficio<br />
di collocamento)<br />
Ha sostenuto le prove di un concorso (pubblico o privato)<br />
Ha inviato una domanda per partecipare ad un concorso<br />
pubblico<br />
Ha avuto contatti con un’agenzia privata di collocamento o<br />
interinale<br />
Ha sostenuto un colloquio di lavoro (una selezione) presso<br />
privati<br />
Ha esaminato offerte di lavoro sui giornali<br />
Ha cercato su Internet<br />
Ha messo inserzioni o ha risposto ad annunci sui giornali<br />
Ha fatto domande di lavoro e/o inviato <strong>il</strong> curriculum a privati<br />
Ha chiesto a parenti, amici e conoscenti<br />
Ha chiesto permessi, licenze, finanziamenti per avviare<br />
un’attività<br />
Ha cercato terreni, locali, attrezzature per avviare un’attività<br />
Altro<br />
In generale pensa nei prossimi anni per lei trovare <strong>il</strong> lavoro<br />
desiderato sarà:<br />
Molto diffic<strong>il</strong>e<br />
Diffic<strong>il</strong>e<br />
fac<strong>il</strong>e<br />
Molto fac<strong>il</strong>e<br />
Non so<br />
Sarebbe disponib<strong>il</strong>e a studiare (proseguire gli studi) per<br />
ottenere <strong>il</strong> lavoro desiderato?<br />
Sì<br />
No<br />
Non so<br />
se sÌ<br />
Che tipo di studio/formazione ulteriore intenderebbe<br />
intraprendere?<br />
Proseguire studi scolastici (scuola secondaria, università…)<br />
Corsi di formazione professionale<br />
Esperienze di studio all’estero<br />
Esperienze di formazione lavoro all’estero<br />
04
Corsi di lingue straniere<br />
Corsi di Informatica<br />
Altro<br />
Non so<br />
sOLO PeR COLORO CHe LAVORANO A teRmINe,<br />
INCLUsI CO.CO.CO.<br />
La Legge 30/2003 (cosiddetta Legge Biagi) sulla riforma<br />
del mercato del lavoro<br />
Non la conosce<br />
Ha portato/sta portando miglioramenti alla sua condizione<br />
lavorativa<br />
Manterrà invariata la sua condizione lavorativa<br />
Ha peggiorato/peggiorerà la sua condizione lavorativa<br />
PeR tUttI ANCHe GLI INOCCUPAtI eCCettO I<br />
FLessIBILI<br />
La Legge 30/2003 (cosiddetta Legge Biagi) sulla riforma<br />
del mercato del lavoro<br />
Non la conosce<br />
Ha portato/sta portando miglioramenti al mercato del lavoro<br />
(fatto crescere l’occupazione, dato maggiori tutele ai lavoratori,<br />
ecc.)<br />
Ha mantenuto invariate la situazione occupazionale<br />
(l’occupazione non è cresciuta quantitativamente e non è<br />
migliorata qualitativamente)<br />
Ha peggiorato le condizioni lavorative<br />
05
PeR tUttI I LAVORAtORI dIPeNdeNtI, A teRmINe,<br />
AUtONOmI<br />
Pensa di avere una pensione adeguata per vivere quando<br />
smetterà di lavorare?<br />
Sì<br />
No<br />
Non so<br />
di quali forme di tutela previdenziale dispone?<br />
Previdenza pubblica<br />
Fondi pensione<br />
Previdenza privata individuale<br />
Nessuna<br />
Quali sono secondo lei le politiche da attivare per i<br />
lavoratori a termine?<br />
Incrementare <strong>il</strong> lavoro a tempo indeterminato<br />
ricongiungimento dei contributi<br />
Tutele certe (malattia, maternità, infortuni)<br />
Formazione continua<br />
Indennità di disoccupazione<br />
Buone agenzie di collocamento<br />
Livelli retributivi più elevati (che permettano di affrontare<br />
periodi di non occupazione, farsi una pensione, ecc.)<br />
06
INFORmAzIONI sULL’INteRVIstAtO<br />
sesso<br />
Maschio<br />
Femmina<br />
Anno di nascita<br />
Luogo di socializzazione, dove è vissuto prevalentemente<br />
fino a 18 anni<br />
Luogo dove vive attualmente<br />
Con chi abita attualmente?<br />
Da solo<br />
Coniuge/ Convivente<br />
Figli (Se si, quanti?) Età dei figli<br />
Fratelli/Sorelle (Se si, quanti?)<br />
Genitori, suoceri (Se si, quanti?)<br />
Altri parenti (Se si, quanti?)<br />
Amici, conoscenti (Se si, quanti?)<br />
escluso lei, quanti percepiscono regolarmente un reddito<br />
(da lavoro o da pensione) nella sua famiglia?<br />
Può dirmi <strong>il</strong> titolo di studio massimo conseguito?<br />
Nessun titolo<br />
Licenza elementare<br />
Licenza media inferiore<br />
Diploma di scuola media superiore<br />
Maturità liceale<br />
Liceo scientifico<br />
Liceo classico<br />
Liceo linguistico<br />
Liceo artistico<br />
Diploma di maturità (4-5 anni)<br />
Istituto professionale<br />
Istituto tecnico<br />
Istituto magistrale<br />
Scuola magistrale<br />
Istituto d’arte<br />
Diploma di qualifica ( -3 anni)<br />
Istituto professionale<br />
07
Scuola magistrale<br />
Istituto d’arte<br />
Diploma terziario non universitario (Accademia di belle arti,<br />
Perfezionamento del conservatorio musicale, ecc.)<br />
Diploma universitario<br />
Gruppo scientifico (matematica, fisica, chimica, farmacia,<br />
biologia, geologia)<br />
Gruppo medico<br />
Gruppo ingegneria<br />
Gruppo architettura<br />
Gruppo agrario<br />
Gruppo economico-sociale (economia, scienze statistiche, scienze<br />
politiche, sociologia)<br />
Gruppo giuridico<br />
Gruppo letterario (lettere, f<strong>il</strong>osofia, lingue, psicologia, scienza<br />
dell’educazione)<br />
Gruppo educazione fisica<br />
Altri diplomi universitari<br />
Laurea triennale<br />
Gruppo scientifico (matematica, fisica, chimica, farmacia,<br />
biologia, geologia)<br />
Gruppo medico<br />
Gruppo ingegneria<br />
Gruppo architettura<br />
Gruppo agrario<br />
Gruppo economico-sociale (economia, scienze statistiche, scienze<br />
politiche, sociologia)<br />
Gruppo giuridico<br />
Gruppo letterario (lettere, f<strong>il</strong>osofia, lingue, psicologia, scienza<br />
dell’educazione)<br />
Gruppo educazione fisica<br />
Altro<br />
Laurea quadriennale o specialistica<br />
Gruppo scientifico (matematica, fisica, chimica, farmacia,<br />
biologia, geologia)<br />
Gruppo medico<br />
Gruppo ingegneria<br />
Gruppo architettura<br />
Gruppo agrario<br />
Gruppo economico-sociale (economia, scienze statistiche, scienze<br />
politiche, sociologia)<br />
Gruppo giuridico<br />
Gruppo letterario (lettere, f<strong>il</strong>osofia, lingue, psicologia, scienza<br />
08
dell’educazione)<br />
Gruppo educazione fisica<br />
Altro<br />
Condizione lavorativa del coniuge<br />
Occupato a tempo indeterminato<br />
Occupato flessib<strong>il</strong>e<br />
Autonomo<br />
Non occupato<br />
Può dirci, a quanto ammonta <strong>il</strong> suo ultimo salario netto<br />
mens<strong>il</strong>e (guadagno medio mens<strong>il</strong>e per lavoratori in<br />
proprio)? (euro)<br />
Fino a 500<br />
501-700<br />
701-900<br />
901-1000<br />
1001-1 00<br />
1 01-1500<br />
Oltre 1500<br />
Non risponde<br />
È iscritto/a ad un sindacato lavoratori?<br />
Sì<br />
No, perché:<br />
Non le interessa<br />
Pensa di farlo in futuro<br />
Altro<br />
09
Allegato 3<br />
tRACCIA deL focuS gRouP CON I LAVORAtORI<br />
“A teRmINe” deLLA PUBBLICA AmmINIstRAzIONe<br />
1. Percorsi ed esiti<br />
Poiché uno degli obiettivi dell’indagine è quella di seguire le<br />
traiettorie compiute da lavoratori flessib<strong>il</strong>i nel mercato del lavoro<br />
e cogliere gli esiti che esperienze di lavoro non stab<strong>il</strong>i hanno<br />
sui percorsi di lavoro ma anche sul vissuto personale, vi chiederei<br />
di <strong>il</strong>lustrare <strong>il</strong> vostro percorso professionale, evidenziando i<br />
cambiamenti (tipo di lavoro, settore, tipologia contrattuale, motivazioni<br />
che vi hanno indotto a cambiare), eventuali periodi di<br />
disoccupazione e/o uscite dal mercato del lavoro.<br />
Qual è la vostra attuale condizione professionale? ritenete che<br />
sia provvisoria o definitiva?<br />
State cercando un altro lavoro? Per quali motivi? Che tipo di<br />
lavoro state cercando? Pensate che sia diffic<strong>il</strong>e trovare lavoro?<br />
Quali sono i vostri progetti per <strong>il</strong> futuro? Che tipo di lavoro vorreste<br />
fare? Con quali modalità contrattuali?<br />
Per quali aspetti del lavoro sareste disponib<strong>il</strong>i a scambiare la<br />
sicurezza del lavoro?<br />
2. Vincoli e opportunità della flessib<strong>il</strong>ità<br />
In generale <strong>il</strong> lavoro tende ad essere <strong>oggi</strong> più flessib<strong>il</strong>e e meno<br />
garantito: cosa ne pensate?<br />
Alcuni sostengono che la flessib<strong>il</strong>ità crei occupazione. Quale è<br />
la vostra opinione al riguardo alla luce anche della vostra esperienza:<br />
ritenete che la flessib<strong>il</strong>ità vi abbia agevolato nell’ingresso<br />
e nella permanenza nel mercato del lavoro oppure avreste comunque<br />
lavorato e magari con un contratto a tempo indeterminato?<br />
Lavorare con un contratto di collaborazione rappresenta/ha rappresentato<br />
per voi un problema oppure può rappresentare/ha<br />
rappresentato anche un’opportunità? Perché?<br />
Proviamo a fare un elenco dei principali aspetti positivi e di<br />
quelli negativi relativi alla condizione di collaboratore.<br />
11
3. Le collaborazioni nella Pubblica Amministrazione alla<br />
luce della Legge 30/2003 (Legge Biagi) e della finanziaria<br />
2006<br />
Uno degli aspetti della Legge 30/ 003 che ha suscitato maggiore<br />
interesse è stata l’introduzione della collaborazione a progetto.<br />
Pensate che con l’introduzione del contratto a progetto vi siano<br />
stati dei miglioramenti oppure no nella condizione dei collaboratori?<br />
Anche se la normativa non si applica al pubblico impiego, vi<br />
sono state conseguenze nel vostro ente successivamente all’emanazione<br />
della Legge?<br />
La Finanziaria per <strong>il</strong> 006 prevede disposizioni fortemente restrittive<br />
relative al ricorso alle collaborazioni da parte degli enti<br />
pubblici. Quale è la vostra opinione in merito? Quale situazione<br />
vi è stata prospettata nell’ambito del vostro ente di appartenenza?<br />
Quale sarà l’esito per la condizione vostra e, più in generale,<br />
quella dei collaboratori della Pubblica Amministrazione?<br />
vi è stata chiesta la partita IvA? Pensate che vi sarà chiesta?<br />
4. diritti e rappresentanza<br />
ritenete di avere/aver avuto maggiori garanzie e tutele per <strong>il</strong> fatto<br />
di essere/essere stati co.co.co. nell’ambito della PA?<br />
Molti enti pubblici toscani (comuni, province, regione, agenzie<br />
regionali) hanno stipulato accordi con le organizzazioni sindacali<br />
in riferimento alla questione dei collaboratori, in cui si prevedono,<br />
tra le altre, iniziative per potenziare la formazione e la<br />
qualificazione di questi lavoratori, convenzioni con assicurazioni<br />
in caso di malattia, <strong>il</strong> riconoscimento del diritto ad un periodo<br />
di riposo psicofisico, <strong>il</strong> riconoscimento professionale dei periodi<br />
di collaborazione per i concorsi ecc. Ne siete a conoscenza?<br />
Esiste un accordo di questo tipo anche nell’ente presso <strong>il</strong> <strong>quale</strong><br />
lavorate/lavoravate? Ne avete usufruito? E/o vi siete mossi anche<br />
autonomamente stipulando polizze assicurative, fondi pensione<br />
ecc.?<br />
Quali sono secondo voi i diritti che devono comunque essere<br />
garantiti sempre ad ogni lavoratore, a prescindere dal tipo di<br />
contratto?<br />
Quali sono secondo voi le politiche da attivare nei confronti dei<br />
lavoratori flessib<strong>il</strong>i?<br />
vi siete mai rivolti alle organizzazioni sindacali? Per quali mo-<br />
1
tivi? Avete all’interno del vostro ente una rappresentanza sindacale?<br />
Quale è la vostra valutazione relativa all’operato del sindacato<br />
in merito alle tutele per i collaboratori e i lavoratori flessib<strong>il</strong>i in<br />
generale?<br />
5. Condizione fam<strong>il</strong>iare e prospettive<br />
Nella passata indagine, è emerso come la maggioranza dei collaboratori<br />
viveva con i propri genitori e solo pochi avevano assunto<br />
responsab<strong>il</strong>ità fam<strong>il</strong>iari e, ancor meno, genitoriali.<br />
Quale è la vostra condizione fam<strong>il</strong>iare? Il fatto di vivere in famiglia,<br />
di essere sposati/conviventi, di aver dei figli, di vivere da soli<br />
rappresenta un vincolo, una risorsa, una protezione?<br />
In <strong>quale</strong> misura l’instab<strong>il</strong>ità lavorativa pesa/ha pesato sulle vostre<br />
scelte personali (andare a vivere da soli, matrimonio/convivenza,<br />
acquisto della casa, fare figli….)?<br />
Immaginate la vostra vita fra cinque/dieci anni? Che cosa cambierà?<br />
Che tipo di lavoro svolgerete? Quale sarà la vostra condizione<br />
fam<strong>il</strong>iare? Immaginate che <strong>il</strong> vostro tenore di vita sarà<br />
uguale/migliore/peggiore?<br />
13
Allegato 4<br />
LA LeGGe 30/2003<br />
Con la Legge 14 febbraio 003, n. 30, nota anche come “Legge<br />
Biagi” (Delega al Governo in materia di occupazione e mercato<br />
del lavoro) <strong>il</strong> Parlamento ha autorizzato <strong>il</strong> governo ad emanare,<br />
nell’arco dei prossimi anni, alcuni decreti legislativi contenenti<br />
misure volte a riformare <strong>il</strong> mercato del lavoro. Gli obiettivi e i<br />
principi guida di questa riforma sono stati chiaramente indicati<br />
nel “Libro Bianco sul mercato del lavoro in Italia” (ottobre<br />
00 ), e successivamente condivisi dalle trentanove organizzazioni<br />
sindacali e datoriali firmatarie del “Patto per l’Italia” (luglio<br />
00 ). Al fine di dare attuazione a tali principi, recepiti dalla<br />
Legge n. 30, è stato emanato <strong>il</strong> Decreto legislativo 10 settembre<br />
003, n. 76, in vigore dal 4 ottobre 003. Il Titolo I – “Disposizioni<br />
generali” – si occupa di puntualizzare le finalità e <strong>il</strong> campo<br />
di applicazione del D.Lgs. n. 76/ 003 e di dettare le definizioni<br />
di alcuni termini che vengono poi analiticamente esaminati,<br />
istituto per istituto, dal decreto. Innanzitutto si precisa che non<br />
rientrano nel campo di applicazione della riforma le pubbliche<br />
amministrazioni ed <strong>il</strong> loro personale, per le quali si continuano<br />
ad applicare le norme precedenti all’entrata in vigore del D.Lgs.<br />
n. 76/ 003.<br />
La normativa si “autodefinisce” attuativa delle direttive contenute<br />
nella Legge delega (Legge n. 30/ 003), ed espressamente si<br />
colloca all’interno degli orientamenti comunitari in materia di<br />
occupazione e apprendimento permanente e dichiara le proprie<br />
finalità nell’aumentare l’occupazione e promuovere la qualità e la<br />
stab<strong>il</strong>ità del lavoro, nel rispetto delle disposizioni relative alla libertà<br />
e dignità del lavoratore (di cui allo Statuto dei lavoratori)<br />
e alle disposizioni sulla parità dei sessi. Le finalità enunciate dall’articolo<br />
1 si ispirano, quindi, alle indicazioni delineate a livello<br />
comunitario, nell’ambito della cosiddetta “Strategia europea per<br />
l’occupazione” e riguardano da un lato l’incremento dei livelli<br />
occupazionali attraverso la creazione di un mercato del lavoro<br />
efficiente e trasparente, dall’altro la necessità di introdurre nuove<br />
“misure” flessib<strong>il</strong>i di svolgimento dell’attività lavorativa che<br />
consentano di adattare l’organizzazione del lavoro ai mutamenti<br />
dell’economia ed all’esigenza delle imprese di competere sul<br />
mercato internazionale.<br />
Si è ritenuto, inoltre, che attraverso l’introduzione di nuovi con-<br />
15
tratti di tipo “flessib<strong>il</strong>e”, imprese e lavoratori avrebbero potuto<br />
“scegliere” forme di attività che per modalità di esecuzione,<br />
orario di lavoro o altre caratteristiche avrebbero dovuto meglio<br />
adattarsi alle esigenze di ciascuno e favorire, quindi, l’ingresso<br />
nel mondo del lavoro di persone che hanno bisogno di coniugare<br />
i tempi lavorativi con quelli dedicati alla famiglia, all’apprendimento<br />
o ad altri scopi.<br />
vediamo ora più in dettaglio quali sono le novità introdotte dalla<br />
riforma.<br />
1. La somministrazione di lavoro<br />
Il contratto di somministrazione di lavoro è un contratto mediante<br />
<strong>il</strong> <strong>quale</strong> un soggetto – somministratore – mette a disposizione<br />
di un altro soggetto – ut<strong>il</strong>izzatore – uno o più lavoratori che<br />
prestano la propria attività nell’interesse e sotto la direzione ed<br />
<strong>il</strong> controllo dell’ut<strong>il</strong>izzatore stesso.<br />
Come si può desumere si tratta di ipotesi in cui <strong>il</strong> tradizionale<br />
rapporto tra datore di lavoro e lavoratore viene sostituito da un<br />
più complesso rapporto “tr<strong>il</strong>aterale” tra datore di lavoro/somministratore,<br />
lavoratore e azienda ut<strong>il</strong>izzatrice delle prestazioni.<br />
Questo schema non è una novità in quanto già con <strong>il</strong> precedente<br />
“pacchetto Treu” (Legge n. 196/1997) era stato legittimato <strong>il</strong> c.d.<br />
lavoro interinale. Tuttavia <strong>il</strong> lavoro temporaneo era caratterizzato<br />
da un’intrinseca transitorietà oltre che dal necessario riferimento<br />
a casi specifici – previsti dalla legge e dalla contrattazione<br />
collettiva – che ne consentivano la stipula.<br />
Ora, invece, <strong>il</strong> contratto di somministrazione può essere stipulato<br />
a termine (come avveniva con “vecchio” lavoro interinale) a<br />
fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo<br />
o sostitutivo, ma anche a tempo indeterminato (c.d. staff leasing)<br />
nei casi tassativamente previsti dalla legge (salva l’apertura alla<br />
contrattazione collettiva) ed elencati nell’art. 0, comma 3 del<br />
D.Lgs. n. 76/ 003. Si tratta, in linea di massima, di una serie<br />
di attività che non costituiscono <strong>il</strong> “core business” dell’azienda e<br />
che – sino all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 76/ 003 – sono state<br />
spesso oggetto di appalti di servizi, con tutti i limiti di cui alla<br />
Legge n. 1369/1960 (“divieto di interposizione di manodopera”),<br />
legge la cui abrogazione (art. 85 comma 1) costituisce un altro<br />
dato saliente dell’intervento riformatore. Lo scopo che si intende<br />
perseguire attraverso l’introduzione di tali modifiche normative<br />
è quello attribuire al sistema produttivo nuove possib<strong>il</strong>ità di<br />
16
“esternalizzazione” di alcune attività e quindi di una maggiore<br />
flessib<strong>il</strong>ità ed elasticità della struttura dell’impresa.<br />
In continuità con la previgente normativa sul lavoro interinale<br />
risulta, invece, confermata la scelta di identificare in modo preventivo<br />
e non derogab<strong>il</strong>e la “professionalità” dei fornitori di manodopera.<br />
Non si può trattare di imprese qualunque: somministratori<br />
di lavoro possono essere soltanto strutture aziendali, denominate<br />
Agenzie per <strong>il</strong> lavoro, munite di apposita autorizzazione<br />
e requisiti specifici previsti dalla legge. A tale proposito è <strong>il</strong> caso<br />
di ricordare che, nel quadro delle novità introdotte dal D.Lgs. n.<br />
76/ 003 e riguardanti la disciplina del mercato del lavoro in generale,<br />
le “Agenzie per <strong>il</strong> lavoro” si differenziano rispetto a quelle<br />
di cui alla Legge n. 196/1997 (pacchetto Treu) per l’ampliamento<br />
delle attività facoltizzate, non più limitate al solo lavoro interinale,<br />
ma estese ad ogni forma di somministrazione di lavoro. Le<br />
Agenzie per <strong>il</strong> lavoro sono soggetti che possono operare a tutto<br />
campo, poiché, ottenute le necessarie autorizzazioni, potranno<br />
svolgere attività di somministrazione a tempo indeterminato e<br />
determinato, di intermediazione tra domanda e offerta di lavoro<br />
(collocamento), di ricerca e selezione del personale, di supporto<br />
alla ricollocazione del personale (c.d. outplacement).<br />
2. Il lavoro part-time<br />
Uno degli obiettivi del D.Lgs. n. 76/ 003 è quello di rendere più<br />
flessib<strong>il</strong>e la disciplina del lavoro a tempo parziale – già radicalmente<br />
riformata dal D.Lgs n. 61/ 000 e poi integrata dal D.Lgs.<br />
n. 100/ 001 – così da aumentare la diffusione di tale tipologia di<br />
lavoro e incrementare l’occupazione femmin<strong>il</strong>e, dei giovani e dei<br />
soggetti di età compresa tra i 55 e i 65 anni.<br />
Si è ritenuto, infatti, che la precedente normativa rendeva difficoltoso<br />
<strong>il</strong> ricorso al lavoro part-time a causa di numerose “rigidità”<br />
e “formalismi” nella stessa contenuti.<br />
Il decreto legislativo non abroga né sostituisce integralmente la<br />
previgente disciplina, limitandosi ad apportare alcune modifiche<br />
nell’ambito della preesistente struttura.<br />
In particolare, è stato liberalizzato <strong>il</strong> ricorso al “lavoro supplementare”<br />
(lavoro reso oltre l’orario concordato nel contratto<br />
individuale ma entro <strong>il</strong> limite del tempo pieno): secondo la formulazione<br />
originaria del D.Lgs. n 61/ 000, <strong>il</strong> datore di lavoro<br />
poteva ricorrere al lavoro supplementare soltanto “previo consenso<br />
dell’interessato” e unicamente nel caso in cui questa facol-<br />
17
tà fosse prevista nel contratto collettivo applicato in azienda. La<br />
nuova normativa permette espressamente al datore di lavoro di<br />
richiedere <strong>il</strong> lavoro supplementare, anche in assenza di specifica<br />
previsione nel contratto collettivo, a condizione che vi sia <strong>il</strong> consenso<br />
del lavoratore. A fronte, dunque, del consenso del dipendente<br />
ed in assenza di specifiche disposizioni collettive pare che<br />
<strong>il</strong> datore di lavoro possa ricorrere in modo del tutto <strong>il</strong>limitato al<br />
lavoro supplementare, concordando con <strong>il</strong> lavoratore l’ammontare<br />
della maggiorazione per l’ulteriore attività prestata.<br />
Inoltre, la normativa <strong>oggi</strong> modificata aveva introdotto per la<br />
prima volta la possib<strong>il</strong>ità per <strong>il</strong> datore di lavoro di variare la distribuzione<br />
dell’orario di lavoro a tempo parziale. Tale facoltà<br />
era, però, subordinata al consenso del lavoratore, al riconoscimento<br />
a favore dello stesso di una maggiorazione economica,<br />
a un preavviso di 10 giorni riducib<strong>il</strong>e a 48 ore dalla contrattazione<br />
collettiva, <strong>il</strong> tutto nell’ambito dei limiti e delle condizioni<br />
espressamente previsti dagli stessi contratti collettivi. Tutto ciò<br />
unitamente al fatto che soltanto pochi contratti collettivi avevano<br />
regolamentato tali clausole e al fatto che era espressamente<br />
consentita la sola modifica della collocazione temporale e non<br />
anche quella della durata della prestazione di lavoro, rendeva<br />
estremamente diffic<strong>il</strong>e avvalersi delle c.d. clausole elastiche. La<br />
nuova normativa cerca, quindi, di liberalizzare ulteriormente<br />
l’ut<strong>il</strong>izzo di dette clausole, operando, tra l’altro, una distinzione<br />
tra clausole flessib<strong>il</strong>i (che consentono di modificare la collocazione<br />
temporale della prestazione lavorativa) e clausole elastiche<br />
(che permettono la variazione in aumento della prestazione<br />
lavorativa).<br />
Il D.Lgs. n. 76/ 003 prevede, infatti, che <strong>il</strong> datore di lavoro può<br />
concordare direttamente con <strong>il</strong> dipendente l’apposizione di tali<br />
clausole anche in assenza di specifiche disposizioni dei contratti<br />
collettivi e pur nel rispetto dei limiti previsti dallo stesso decreto<br />
legislativo.<br />
Ulteriori novità riguardano la trasformazione del rapporto di lavoro<br />
part-time. Infatti, è ora possib<strong>il</strong>e trasformare <strong>il</strong> rapporto di<br />
lavoro da tempo pieno a tempo parziale a fronte di un accordo<br />
scritto tra le parti convalidato esclusivamente dalla competente<br />
Direzione provinciale del lavoro, senza più bisogno di assistenza<br />
da parte di un componente della rSA (rappresentanza sindacale<br />
aziendale). viene, poi, abolito l’obbligo per <strong>il</strong> datore di convertire<br />
<strong>il</strong> rapporto di lavoro dei dipendenti a tempo parziale che avessero<br />
fatto apposita domanda di trasformazione a tempo pieno,<br />
in caso di nuove assunzioni (<strong>il</strong> c.d. diritto di precedenza).<br />
18
3. Il lavoro ripartito<br />
Il lavoro ripartito (c.d. job sharing) è una tipologia contrattuale<br />
nata negli Stati Uniti d’America nel corso degli anni ’60 per far<br />
fronte ad esigenze di flessib<strong>il</strong>ità del mercato del lavoro.<br />
In seguito lo job sharing si è diffuso in Europa (in particolare nel<br />
Nord), dove la regolamentazione è, però, sempre stata soggetta a<br />
vincoli rigidi ovvero ha rappresentato una soluzione alternativa<br />
“difensiva” nel caso di crisi aziendale.<br />
In Italia <strong>il</strong> lavoro ripartito, già previsto dalla contrattazione collettiva<br />
del settore terziario, è stato disciplinato per la prima volta<br />
dalla circolare ministeriale n. 43 del 1998 che, allo scopo di legittimare<br />
una prassi diffusa nel mercato del lavoro, ne riconosceva<br />
la compatib<strong>il</strong>ità con l’ordinamento italiano anche in assenza di<br />
una disciplina specifica, rimandando a quella generale in materia<br />
di lavoro subordinato (nei limiti di compatib<strong>il</strong>ità), ovvero<br />
alla contrattazione collettiva.<br />
Ora <strong>il</strong> D.Lgs. n. 76/ 003 – Titolo v artt. 41/45 – definisce <strong>il</strong> lavoro<br />
ripartito come “uno speciale contratto di lavoro mediante <strong>il</strong><br />
<strong>quale</strong> due lavoratori assumono in solido l’adempimento di un’unica<br />
e identica obbligazione lavorativa”. Pertanto, i contraenti sono<br />
da una parte <strong>il</strong> datore di lavoro e dall’altra non un unico lavoratore<br />
ma due: ciascuno di essi svolge una “quota di lavoro”,<br />
ma resta direttamente e personalmente responsab<strong>il</strong>e dell’adempimento<br />
dell’intera prestazione. Ai prestatori di lavoro è inoltre<br />
attribuita la facoltà di decidere, un<strong>il</strong>ateralmente ed in qualsiasi<br />
momento, di effettuare sostituzioni tra di loro, nonché di modificare<br />
consensualmente la collocazione temporale dell’orario di<br />
lavoro. In sostanza, i lavoratori sono liberi di determinare come<br />
e quando ripartirsi la prestazione lavorativa, con <strong>il</strong> solo obbligo<br />
di garantire l’esecuzione dell’intera obbligazione e di informare<br />
<strong>il</strong> datore di lavoro (con cadenza almeno settimanale) dell’orario<br />
cui ciascuno di essi è tenuto.<br />
Il modello adottato dal legislatore nel disciplinare tale tipologia<br />
contrattuale è quello di una sorta di regolamentazione quadro<br />
della fattispecie, la cui definizione degli aspetti specifici è demandata<br />
alle parti, non solo in sede di contrattazione collettiva,<br />
ma anche e soprattutto come espressione della volontà dei contraenti<br />
(datore di lavoro e coobbligati).<br />
19
4. Il lavoro intermittente<br />
Il lavoro intermittente o a chiamata trova la sua origine nell’esperienza<br />
statunitense, dove è particolarmente diffuso nel settore<br />
terziario e della Pubblica Amministrazione.<br />
In Europa <strong>il</strong> solo paese in cui ha trovato diffusione è l’Olanda<br />
dove assume la denominazione di “job on call” o “stand-by<br />
workers”.<br />
In Italia <strong>il</strong> primo approccio a tale figura contrattuale è stato<br />
frutto della contrattazione collettiva; in seguito, pur in assenza<br />
di una specifica disciplina, si è fatto ricorso a forme di lavoro<br />
intermittente, soprattutto nel settore terziario, per sopperire a<br />
esigenze temporanee e occasionali, estranee dal normale ciclo<br />
produttivo, ovvero per sostituzione di personale.<br />
Il D.Lgs. n. 76/ 003 definisce <strong>il</strong> lavoro intermittente come quella<br />
tipologia contrattuale nella <strong>quale</strong> <strong>il</strong> lavoratore si pone, a tempo<br />
determinato o indeterminato, a disposizione del datore di lavoro,<br />
<strong>il</strong> <strong>quale</strong> può usufruire della sua prestazione lavorativa “chiamandolo”<br />
di volta in volta a eseguire una determinata attività,<br />
nel rispetto di un periodo minimo di preavviso (un giorno).<br />
Il lavoro intermittente è caratterizzato da: “discontinuità o intermittenza”<br />
delle prestazioni svolte dal lavoratore e la c.d. “indennità<br />
di disponib<strong>il</strong>ità” che compensa la disponib<strong>il</strong>ità del prestatore<br />
di lavoro per <strong>il</strong> periodo concordato.<br />
La finalità di tale tipologia contrattuale è, dunque, quella di soddisfare<br />
esigenze lavorative “temporanee”, come avviene per la<br />
“somministrazione di lavoro” e per <strong>il</strong> contratto di lavoro a tempo<br />
parziale.<br />
rispetto al primo, <strong>il</strong> lavoro intermittente si caratterizza per la<br />
b<strong>il</strong>ateralità del rapporto (nel lavoro interinale si ha un rapporto<br />
tr<strong>il</strong>aterale tra somministratore, ut<strong>il</strong>izzatore, lavoratore). Si differenzia,<br />
invece, dal part-time per l’assenza di una predeterminazione<br />
del periodo lavorativo: nel lavoro a chiamata, infatti, la<br />
disponib<strong>il</strong>ità del dipendente è “continua” perché la prestazione<br />
lavorativa richiesta è connessa alle necessità dell’assetto produttivo<br />
o organizzativo ed è, quindi, assolutamente “incerta”.<br />
5. Il lavoro a progetto<br />
I rapporti di collaborazione coordinata e continuativa (co.co.co.)<br />
hanno rappresentato in questi ultimi anni un elemento di grande<br />
flessib<strong>il</strong>ità nel mercato del lavoro italiano.<br />
0
Superando gli schemi tipici dei rapporti di lavoro subordinato,<br />
infatti, essi hanno consentito a imprese ed enti pubblici di far<br />
fronte a molteplici esigenze organizzative con costi più bassi e<br />
procedure più fac<strong>il</strong>i da gestire.<br />
Così nel corso del 00 sono stati quasi due m<strong>il</strong>ioni e mezzo gli<br />
iscritti all’apposita Gestione separata costituita presso l’INPS (ai<br />
sensi dell’art. Legge n. 335/1995) per tutti i collaboratori coordinati<br />
e continuativi non coperti da altre forme di previdenza.<br />
In questo contesto si inserisce la c.d. riforma Biagi, che si propone<br />
di rivedere la disciplina del lavoro “parasubordinato” (definizione<br />
che ricomprende la generalità dei rapporti di collaborazione<br />
che si concretino in una “prestazione di opera continuativa<br />
e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere<br />
subordinato” ai sensi dell’art. 409 cod. procedura civ<strong>il</strong>e),<br />
muovendo dall’intento di correggere l’uso ritenuto distorto che<br />
di tale strumento era stato fatto “ in funzione elusiva o frodatoria<br />
della legislazione posta a tutela del lavoro subordinato” (così<br />
si legge nel Libro bianco sul mercato del lavoro in Italia, pubblicato<br />
nell’ottobre 001).<br />
Lo spirito “repressivo” della riforma si riflette, pertanto sulla<br />
nuova disciplina dettata dal D.Lgs. n. 76/ 003, così che “i<br />
rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, prevalentemente<br />
personale e senza vincolo di subordinazione, di cui all’art.<br />
409, n. 3 c.p.c. (codice di procedura civ<strong>il</strong>e) devono essere<br />
riconducib<strong>il</strong>i a uno o più progetti specifici o programmi di lavoro<br />
o fasi di esso” pena la loro trasformazione in rapporti di lavoro<br />
subordinato a tempo indeterminato. Pertanto, la prestazione<br />
del collaboratore non può più essere genericamente ricondotta<br />
all’attività del committente o a un ramo di essa (ad esempio:<br />
consulenza per lo sv<strong>il</strong>uppo delle attività commerciali della società<br />
committente), ma deve riferirsi a uno specifico progetto o<br />
programma di lavoro o fasi di essi “determinati dal committente<br />
e gestiti autonomamente dal collaboratore in funzione del risultato”<br />
(ad esempio: sv<strong>il</strong>uppo di uno specifico prodotto, implementazione<br />
di una particolare metodologia di lavoro).<br />
Per quanto concerne la durata del rapporto essa dovrà essere<br />
“determinata” o “determinab<strong>il</strong>e” (art. 6 D.Lgs. n. 76/ 003) in<br />
relazione allo sv<strong>il</strong>uppo del progetto; in mancanza di un termine<br />
preciso, quindi, i rapporti di collaborazione a progetto “si<br />
risolvono al momento della realizzazione del progetto o del programma<br />
o della fase che ne costituisce oggetto” (art. 67, comma<br />
1). vengono, inoltre, dettate una serie di disposizioni riguardanti<br />
i requisiti di forma del contratto, la risoluzione del rappor-<br />
1
to, la successione di contratti, le modalità di determinazione<br />
del corrispettivo e infine i diritti e doveri del collaboratore. Di<br />
particolare interesse, la disciplina dettata per le ipotesi di gravidanza,<br />
malattia o infortunio. In tali casi <strong>il</strong> rapporto rimane<br />
sospeso, senza erogazione del corrispettivo per tutta la durata<br />
della sospensione. In caso di malattia o infortunio, tuttavia, la<br />
sospensione del rapporto non comporta la proroga della durata<br />
del contratto, che si estingue comunque alla scadenza prestab<strong>il</strong>ita.<br />
In caso di gravidanza, invece, è prevista anche una proroga<br />
della scadenza pattuita per un periodo di 180 giorni.<br />
6. Contratti a “causa mista” – apprendistato e contratto di<br />
inserimento<br />
Il nostro ordinamento riconosceva due schemi contrattuali<br />
aventi contenuto formativo: <strong>il</strong> contratto di apprendistato e <strong>il</strong><br />
contratto di formazione e lavoro. Accanto ai due contratti di lavoro<br />
subordinato sopra menzionati, dobbiamo segnalare anche<br />
altre iniziative aventi contenuto formativo – che però non costituiscono<br />
veri rapporti di lavoro – indirizzate esclusivamente<br />
all’acquisizione di conoscenze da parte del lavoratore: i contratti<br />
di inserimento in azienda senza retribuzione e a fini di tirocinio<br />
formativo e di orientamento (c.d. stage), regolati attualmente<br />
dall’articolo 18 della Legge n. 196/1997 e dal D.M. n. 14 /1998.<br />
Questo istituto non è stato intaccato dalla riforma anche se l’articolo<br />
60 del D.Lgs. n. 76/ 003 inserisce una nuova tipologia di<br />
“stage”, <strong>il</strong> tirocinio estivo di orientamento che va ad aggiungersi<br />
ai tirocini già esistenti.<br />
Per quanto riguarda, invece, l’apprendistato ed <strong>il</strong> contratto di<br />
formazione e lavoro, la loro regolamentazione è stata oggetto di<br />
r<strong>il</strong>evanti modifiche che muovono dall’intento di operare una più<br />
netta distinzione tra la funzione formativa vera e propria e quella<br />
di inserimento o reinserimento nel mercato del lavoro.<br />
7. Apprendistato<br />
Il contratto di apprendistato era disciplinato, sotto <strong>il</strong> prof<strong>il</strong>o generale,<br />
dagli artt. 130- 134 del codice civ<strong>il</strong>e e, sotto <strong>il</strong> prof<strong>il</strong>o<br />
speciale, dalla Legge n. 5/1995 (modificata ed integrata da interventi<br />
legislativi successivi). L’art. della legge citata definisce<br />
l’apprendistato come “uno speciale rapporto di lavoro, in for-
za del <strong>quale</strong> l’imprenditore è obbligato ad impartire, nella sua<br />
impresa, all’apprendista assunto alle sue dipendenze, l’insegnamento<br />
necessario perché possa conseguire la capacità tecnica<br />
per diventare lavoratore qualificato, ut<strong>il</strong>izzandone l’opera nella<br />
medesima impresa”. In linea generale, al “vecchio” contratto di<br />
apprendistato si applicavano le norme applicab<strong>il</strong>i al rapporto<br />
di lavoro subordinato che non fossero esplicitamente derogate<br />
dalle leggi speciali.<br />
All’interno della riforma sono rinvenib<strong>il</strong>i tre tipologie di contratto<br />
di apprendistato alle quali corrispondono specifiche finalità e<br />
diversi limiti di età:<br />
1) contratto di apprendistato per l’espletamento del dirittodovere<br />
di istruzione e formazione (per giovani che abbiano<br />
compiuto 15 anni di età);<br />
) contratto di apprendistato professionalizzante con finalità di<br />
acquisizione di una specifica qualifica attraverso formazione<br />
sul lavoro e apprendimento tecnico-professionale (per soggetti<br />
di età compresa tra 18 e 9 anni);<br />
3) contratto di apprendistato mirato al conseguimento di un<br />
titolo di studio di livello secondario, ovvero di un titolo di<br />
studio universitario, ovvero di un percorso di alta formazione<br />
(per soggetti di età compresa tra 18 e 9 anni).<br />
Al di là del rinvio alle regioni per la regolamentazione pratico-operativa,<br />
si è comunque ritenuto che sotto un prof<strong>il</strong>o generale<br />
la definizione di apprendistato resta quella fissata dall’art.<br />
, comma 1, della Legge n. 5/1995. Infatti l’art. 85 del decreto<br />
legislativo abroga solo <strong>il</strong> comma dell’art. e l’art. 3 della Legge<br />
n. 5/1995. Per <strong>il</strong> resto, tutte le norme sull’apprendistato rimangono<br />
in vigore, come specifica l’ultimo comma dell’art. 47, quantomeno<br />
sino all’introduzione delle regolamentazioni regionali.<br />
8. Contratto di inserimento<br />
Il contratto di inserimento sostituisce integralmente <strong>il</strong> “vecchio”<br />
contratto di formazione e lavoro (Cfl), che era stato introdotto<br />
in Italia dalla Legge 19 dicembre 1984, n. 863. La natura del<br />
c.f.l. era quella di un c.d. contratto a “causa mista”: comprensiva<br />
cioè di un periodo di lavoro e di un periodo di formazione<br />
e apprendimento. Si trattava di un contratto a tempo determinato<br />
<strong>il</strong> cui fine doveva essere quello di favorire l’inserimento al<br />
lavoro dei giovani. Le norme sul Cfl sono state successivamente<br />
modificate e integrate da una serie di interventi normativi: Leg-<br />
3
ge n. 113/1986, Legge n. 407/1990, Legge n.169/1991, Legge n.<br />
451/1994; Legge n. 196/1997. Il limite di età, originariamente<br />
fissato a 9 anni e poi elevato a 3 , poteva poi essere aumentato<br />
a discrezione regionale. In via preliminare è <strong>il</strong> caso di precisare<br />
che <strong>il</strong> D.Lgs n. 76/ 003 non contiene alcuna previsione esplicita<br />
di abrogazione delle precedenti norme che disciplinavano <strong>il</strong> Cfl.<br />
È comunque possib<strong>il</strong>e dedurne un’abrogazione implicita, dalle<br />
disposizioni contenute nella seconda parte dell’art. 86 comma 9,<br />
dove si afferma che “la vigente disciplina in materia di contratti<br />
di formazione e lavoro trova applicazione esclusivamente nei<br />
confronti della Pubblica Amministrazione”. L’art. 54 del D.Lgs.<br />
n. 76/ 003 definisce <strong>il</strong> contratto di inserimento come “un contratto<br />
di lavoro diretto a realizzare, mediante un progetto individuale<br />
di adattamento delle competenze professionali del lavoratore<br />
a un determinato contesto lavorativo, l’inserimento ovvero<br />
<strong>il</strong> reinserimento nel mercato del lavoro” di una serie di soggetti<br />
specificamente individuati (art. 55). Con l’introduzione del contratto<br />
di inserimento si è inteso, quindi, priv<strong>il</strong>egiare l’elemento<br />
dell’inserimento occupazionale piuttosto che la finalità formativa.<br />
Infatti, i soggetti che potranno ricorrere a questa figura contrattuale<br />
non sono più soltanto i giovani (fino a un certo limite<br />
di età), ma tutti i soggetti elencati nell’art. 55 del decreto ovvero:<br />
a) persone di età compresa tra i 18 e i 9 anni; b) disoccupati<br />
di lunga durata da 9 fino a 3 anni; c) lavoratori con più di 50<br />
anni di età che siano privi di un posto di lavoro; d) lavoratori che<br />
desiderino riprendere una attività lavorativa e che non abbiano<br />
lavorato per almeno due anni; e) donne di qualsiasi età residenti<br />
in un’area geografica in cui <strong>il</strong> tasso di occupazione femmin<strong>il</strong>e<br />
sia inferiore almeno del 0% di quello masch<strong>il</strong>e o in cui <strong>il</strong> tasso<br />
di disoccupazione femmin<strong>il</strong>e superi del 10% quello masch<strong>il</strong>e f)<br />
persone riconosciute affette da grave handicap fisico, mentale o<br />
psichico.<br />
4
Indice<br />
Presentazione pag. 5<br />
1. Introduzione « 7<br />
1.1. Premessa « 7<br />
1. . Alcune anticipazioni sul contenuto del rapporto « 9<br />
PARte PRImA<br />
Il quadro regionale e nazionale<br />
2.<br />
Il lavoro flessib<strong>il</strong>e in toscana: un quadro di sintesi « 19<br />
.1. Più flessib<strong>il</strong>ità, più occupazione? « 19<br />
. . L’ut<strong>il</strong>izzo delle diverse tipologie contrattuali « 4<br />
3.<br />
La flessib<strong>il</strong>ità del lavoro in toscana: un confronto<br />
con <strong>il</strong> quadro nazionale « 9<br />
3.1. Qualche osservazione congiunturale « 9<br />
3. . Le caratteristiche personali dei lavoratori instab<strong>il</strong>i « 3<br />
3.3. Transizione, intrappolamento ed effetto isteresi « 38<br />
3.4. Una flessib<strong>il</strong>ità sempre meno scelta e sempre<br />
più subìta « 43<br />
PARte seCONdA<br />
Le indagini dirette<br />
4.<br />
Il percorso di ricerca « 47<br />
4.1. Il disegno della ricerca « 47<br />
4. . Le caratteristiche degli intervistati « 49<br />
4.3. La condizione attuale « 50<br />
5.<br />
I percorsi nella flessib<strong>il</strong>ità « 55<br />
5.1. Flessib<strong>il</strong>ità del lavoro: scelta o costrizione? « 55<br />
5. . I percorsi dei lavoratori temporanei « 59<br />
5.3. La flessib<strong>il</strong>izzazione nei diversi sistemi locali « 65<br />
5
5.4. Le sequenze occupazionali « 73<br />
5.5. riflessioni finali « 77<br />
6.<br />
Le condizioni di lavoro: lavoratori stab<strong>il</strong>i e flessib<strong>il</strong>i<br />
a confronto « 81<br />
6.1. Condizioni, tutele e prospettive contrattuali « 81<br />
6. Il tempo del lavoro « 99<br />
6.3 La soddisfazione del lavoro « 107<br />
6.4 riflessioni finali « 1 5<br />
7.<br />
Un approfondimento qualitativo: la flessib<strong>il</strong>ità del lavoro<br />
nella Pubblica Amministrazione « 1 9<br />
7.1 Introduzione « 1 9<br />
7. Le dimensioni del lavoro flessib<strong>il</strong>e nella<br />
Pubblica Amministrazione toscana « 131<br />
7.3 I risultati dell’indagine « 135<br />
7.4 riflessioni finali « 159<br />
Conclusioni « 163<br />
Riferimenti bibliografici « 167<br />
Allegati<br />
1. Costruzione del campione e piano di campionamento « 179<br />
. Questionario « 187<br />
3. Traccia del focus group con i lavoratori “a termine”<br />
della Pubblica Amministrazione « 11<br />
4. La Legge 30/ 003 « 15<br />
6
Finito di stampare nel mese di Novembre 2007<br />
presso le Industrie Grafiche della Pacini Editore S.p.A. - Pisa<br />
per conto di EdIzIoNI PluS - università di Pisa