ONOFRI TIPIzzAzIONE DELL’ORIGINE DI COLTIVAzIONE DELLA PATATA pubblica nel 2010 la prima sequenza del genoma <strong>di</strong> <strong>patata</strong> 4. Poiché sia il bree<strong>di</strong>ng sia l’analisi genetica della <strong>patata</strong> sono rese <strong>di</strong>fficili dal fatto che per lo più le <strong>varietà</strong> commerciali sono tetraploi<strong>di</strong> <strong>di</strong> recente origine, che la <strong>patata</strong> è una specie altamente eterozigote e che tollera male l’inbree<strong>di</strong>ng, il PGSC ha deciso <strong>di</strong> ottenere le sequenze genomiche a partire da materiali <strong>di</strong>ploi<strong>di</strong>, in particolare ottenendo la gran parte delle sequenze da un’accessione doppio monoploide (DM) ottenuta tramite coltura <strong>di</strong> antere e successivo raddoppiamento cromosomico (e quin<strong>di</strong> omozigote a tutti i loci), appartenente al gruppo Phureja <strong>di</strong> S. tuberosum, e successivamente integrando in questa bozza sequenze ottenute da una bree<strong>di</strong>ng line eterozigote ma anch’essa <strong>di</strong>plode, e appartenente al gruppo tuberosum. Infine, al lavoro <strong>di</strong> sequenziamento del genoma, è stato affiancata, ed è in continuo sviluppo, un’indagine <strong>di</strong> “deep transcriptome sequencing”: 31 Gb <strong>di</strong> sequenziamento del trascrittoma, il cui RNA proveniva da varie accessioni, e da tutti i tipi <strong>di</strong> tessuto, sta<strong>di</strong> <strong>di</strong> sviluppo e con<strong>di</strong>zioni ambientali <strong>di</strong> stress biotico e abiotico. Ne sono risultati circa 39000 geni co<strong>di</strong>ficanti per proteine, i geni cioè che maggiormente contribuiscono ai fenotipi cui sono particolarmente interessati i breeder, presiedendo per esempio alla sintesi <strong>di</strong> molecole che influenzano la qualità dei tuberi quali glicoalcaloi<strong>di</strong> o carotenoi<strong>di</strong>; oppure proteine che me<strong>di</strong>ano resistenze a fattori <strong>di</strong> stress, o strutturali, coinvolte nella consistenza, tessitura e comportamento alla cottura del tubero, e così via. Un dato interessante che è emerso dal sequenziamento del trascrittoma <strong>di</strong> <strong>patata</strong>, è che oltre 9000 geni, cioè il 25% del totale, esibisce il fenomeno dello “splicing alternativo”, in seguito al quale uno stesso gene co<strong>di</strong>fica per due o più isoforme proteiche. Considerando che questi dati sono stati ottenuti su genomi <strong>di</strong>ploi<strong>di</strong>, si può supporre che le <strong>varietà</strong> tetraploi<strong>di</strong> <strong>di</strong> <strong>patata</strong>, e le specie selvatiche <strong>di</strong> Solanum, contengano un tasso <strong>di</strong> variabilità genetica ancora sconosciuto e non sfruttato, ben al <strong>di</strong> là del mero numero <strong>di</strong> geni identificati. Si può prevedere che saranno moltissime le ricadute del recente completamento <strong>di</strong> una bozza della sequenza completa del genoma <strong>di</strong> <strong>patata</strong> 5. Oltre alla possibilità <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare per molti geni <strong>di</strong> rilevanza agronomica varianti più o meno interessanti nel germoplasma <strong>di</strong> Solanum, si potrà cominciare a comprendere la base <strong>di</strong> caratteri <strong>di</strong> grande importanza ma che sono fino ad oggi sfuggiti in parte all’analisi genetica tra<strong>di</strong>zionale a causa del loro determini- smo multifattoriale. Si può inoltre prevedere che la <strong>di</strong>sponibilità della sequenza genomica della <strong>patata</strong> porterà, ed in parte ha già portato, allo sviluppo <strong>di</strong> strumenti nuovi per la ricerca e per il bree<strong>di</strong>ng. Fra le ricadute della conoscenza della sequenza del genoma <strong>di</strong> <strong>patata</strong>, c’è certamente poi l’identificazione dei geni che co<strong>di</strong>ficano per proteine enzimatiche o strutturali, della loro variazione nel germoplasma, e la possibilità <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>arne il funzionamento in relazione a situazioni specifiche della pianta, quale lo sta<strong>di</strong>o <strong>di</strong> sviluppo, l’organo, le con<strong>di</strong>zioni ambientali, l’attacco <strong>di</strong> patogeni, ecc. Questo immenso campo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> è oggi più alla portata dei ricercatori, grazie alla <strong>di</strong>sponibilità <strong>di</strong> “microarrays” sia commerciali che ottenibili “su misura” da alcune fra le principali aziende biotecnologiche mon<strong>di</strong>ali. I microarrays, strumento <strong>di</strong> analisi del trascrittoma I microarrays sono strumenti analitici high-throughput (cioè che generano gran<strong>di</strong> quantità <strong>di</strong> informazioni in maniera automatizzabile e informatizzata, attraverso procedure spesso robotizzabili) e genome-wide (cioè capaci <strong>di</strong> estrarre dati dall’intero complemento <strong>di</strong> geni, o da una sostanziale frazione <strong>di</strong> esso), la cui origine risale alla prima metà degli anni ’90, quando furono sviluppati da Mark Schena et al. alla Stanford University 6. Si possono definire come matrici or<strong>di</strong>nate (ad es. organizzato in colonne e file) <strong>di</strong> elementi microscopici (ad es. brevi segmenti <strong>di</strong> DNA) posizionati su un substrato solido e planare (ad es. vetrini), e che consentono il bin<strong>di</strong>ng specifico <strong>di</strong> geni o prodotti genici (es. mRNA). I primi esperimenti con microarray per lo stu<strong>di</strong>o dell’espressione genica utilizzavano spot a cDNA, tipicamente <strong>di</strong> lunghezza 500-2000 bp, che consente forti segnali <strong>di</strong> ibridazione data la estesa complementarietà con l’mRNA-sonda in soluzione marcato con un fluorocromo. I microarray a oligonucleoti<strong>di</strong>, invece, trovano applicazioni oltre che negli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> profiling dell’espressione genica, anche nella geno<strong>tipizzazione</strong>. Gli oligonucleoti<strong>di</strong> che vengono fissati al vetrino sono <strong>di</strong> 15-70 bp, e ottenuti me<strong>di</strong>ante sintesi chimica; il segnale <strong>di</strong> ibridazione ha alta intensità e specificità dopo ibridazione all’mRNA-sonda. Il principio <strong>di</strong> funzionamento dei chip genici è schematizzato in Figura 1. Oltre allo sviluppo <strong>di</strong> tecniche fotolitografiche, 12 MINERVA BIOTECNOLOGICA Marzo 2012
TIPIzzAzIONE DELL’ORIGINE DI COLTIVAzIONE DELLA PATATA ONOFRI CAMPIONE RIFERIMENTO Inferenza statistica Estrazione RNA o DNA Amplicazione e marcatura Ibridazione Scansione Processing dati Figura 1. — Schema del funzionamento del microarray con la tecnica “one-color” della Agilent. Ibridazione Analisi immagine Vol. 24 - Suppl. 1 al N. 1 MINERVA BIOTECNOLOGICA 13